venerdì 17 settembre 2010

Festa patronale: Esaltazione della Santa Croce

Dal libro dei Numeri 21, 4b-9
In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippési 2, 6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Commento

Cari fratelli e care sorelle festeggiamo oggi con solennità la Santa Croce del Signore, una festa antica che unisce Oriente e Occidente e affonda le sue radici nel IV secolo, quando la moglie dell’Imperatore Costantino, Elena, volle riconoscere in un legno antico trovato a Gerusalemme nei pressi del luogo che la tradizione indicava come quello della crocifissione di Gesù la “vera croce”. Da allora il giorno 14 settembre si celebra questa memoria in ogni chiesa del mondo, tanto più nella nostra Parrocchia che ne porta il titolo: “Santa Croce”.
La croce, fratelli e sorelle, è un segno contraddittorio. In antichità era un segno infamante, simbolo della condanna a morte per crimini gravissimi. Ma poi nella storia è diventata addirittura un segno di dominio in nome del quale si è fatta la guerra e si è ucciso. La croce ancora oggi è paradossalmente allo stesso tempo un banale fregio da portare appeso al collo senza dargli troppo peso, ma anche qualcosa da togliere dalla vista perché disturba.
Ci chiediamo oggi allora in questa occasione festiva: cosa rappresenta la croce per noi?
Innanzitutto è un segno che ci ricorda che la sofferenza fa parte della vita dell’uomo. Non c’è uomo che non lo sperimenti, in alcuni casi più intensamente e in modo più drammatico, talora ne siamo spettatori attoniti e sgomenti.
Il popolo d’Israele durante il viaggio nel deserto che lo portava verso una terra accogliente, lasciandosi alle spalle la schiavitù in Egitto, si lamenta con Mosè perché deve affrontare le difficoltà del lungo cammino. Quella gente vive come affogata nel lamento per l’oggi, tanto da dimenticare cosa c’è stato prima (la schiavitù) e qual è la prospettiva futura (la terra promessa). In questa stagnazione in un presente pieno di recriminazioni e vittimismo le piaghe si allargano, se ne creano di nuove e le vecchie si infettano di sempre nuovi motivi di insoddisfazione e tristezza, sensi di rivalsa contro qualcuno, rancori, scontentezza. Sono quei serpenti che mordono Israele nel deserto. Quante volte anche noi viviamo così da non riuscire a vedere altro che il proprio star male, le proprie sofferenze e insoddisfazioni, fino a giungere ad innamorarci della nostra situazione, a compatirci ma a non desiderare nemmeno più tanto di uscirne. E più ci lamentiamo più la piaga si allarga, fino a portare alla morte lenta che significa non riuscire più a sperare e cercare una via di superamenti di questa situazione.
Come se ne esce? Dio disse a Mosè di innalzare un serpente di bronzo e chi lo guardò guarì dalle proprie piaghe. Quel serpente innalzato è la croce, ci dice Gesù: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.” Sì, la guarigione viene dall’alzare lo sguardo da sé per fissarlo sul dolore del mondo, sul crocifisso. Siamo talmente abituati a contemplare solo il nostro stare male che facciamo fatica ad accorgerci della sofferenza altrui. Siamo così presi dal rimuginare su di noi che tutto il resto non ci interessa e ci sentiamo giustificati nel nostro egocentrismo. La salvezza viene dal rompere questo cerchio e fissare lo sguardo sul dolore di un altro, sulle croci piantate lungo le strade e negli angoli del mondo. Nel fissarsi infatti sul nostro star male ci giustifichiamo della nostra insensibilità e ci sentiamo in diritto di occuparci solo di noi stessi: “già soffro tanto io!” In realtà così ci condanniamo a vivere senza un futuro migliore, come Israele, e dimenticando la storia di amore con cui Dio ci ha accompagnato finora. Ma “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” dice l’evangelista Giovanni. Sì la croce di Gesù ci salva perché ci libera dalla schiavitù di un egocentrismo in cui siamo interessati solo a noi stessi e ci rende capaci di vivere la compassione per un altro e il desiderio di condividere e alleviarne il dolore. E’quello che Gesù fece sulla croce: amare i suoi tanto da affrontare la morte per non abbandonarli a se stessi, ed è quello che sperimentarono Francesco d’Assisi, Padre Pio e tutti quelli che fissando il loro sguardo sulla croce ne assunsero il dolore fin nella carne stessa, attraverso i segni delle stimmate. Da queste essi furono liberati dalla schiavitù dell’autocommiserazione e dell’egocentrismo e ricevettero il dono della salvezza di un amore grande e largo per tutti i crocefissi che incontravano: il lebbroso, gli umili, i poveri, i malati, i senza padre e madre, ecc... Impararono, come Gesù, a farne proprio il dolore compatendo e sollevandoli da un peso che da soli è insopportabile. Si caricarono del giogo soave sollevando le vite abbattute dei fratelli e delle sorelle e scoprirono, facendolo, che alla fine è Gesù che se ne assume il peso.
Facciamoci anche noi segnare, almeno un po’, dalle stimmate del dolore dei crocefissi che incontriamo in carne e ossa nei poveri. Facciamo uscire qualche goccia di sangue dalle nostre membra talvolta esauste dal servire solo a noi stessi. Ci ritroveremo non tristi e appesantiti, ma liberi dall’angustia dell’orizzonte ristretto del mio io, con la prospettiva di un futuro diverso per cui lottare, con la gioia di una passione che vuol dire sì sofferenza, ma anche sentimenti caldi e profondi.
Cari fratelli e care sorelle, per questa festa abbiamo voluto adornare la porta della nostra chiesa e l’immagine della croce dell’altare con il verde dei rami ed il rosso dei fiori proprio per significare che il legno della croce porta in sé il germoglio di una vita rinnovata, che chi si accosta ad esso diviene capace di far sbocciare nuovi sentimenti e nuova generosità. Dove verdeggiano le foglie si apre un futuro di speranza, dove c’è aridità l’erba dissecca e vince la morte.
Con animo grato allora non fuggiamo i crocifissi di carne che il Signore mette lungo la nostra via, ma riconoscendo in essi il volto del Cristo della passione attendiamo con essi la resurrezione e diverremo testimoni e partecipi della salvezza che Gesù ha portato “perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Preghiere

O Signore che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, accogli dalla croce noi peccatori e bisognosi del tuo perdono, perché, come hai fatto tu, sappiamo legarci al giogo soave di una vita spesa per gli altri.
Noi ti preghiamo

Signore Gesù, che sei venuto a portarci con la croce la libertà dalla schiavitù dell’egocentrismo, insegnaci a non vivere nel lamento di chi vede solo se stesso, ma a compatire i fratelli nel dolore e a lavorare per la loro salvezza.
Noi ti preghiamo

O Padre buono che hai mandato il tuo unigenito a vivere e morire in croce per salvare il mondo, fa’ che il vangelo della morte e resurrezione del Cristo giunga presto a tutti.
Noi ti preghiamo

Accogli con amore o Dio la nostra preghiera quando ci facciamo carico del male e del dolore degli altri. Fa’ che per la forza del tuo amore la loro vita sia salvata e il nostro cuore riempito di gioia.
Noi ti preghiamo

Guarda con bontà o Dio del cielo il mondo intero, sconvolto da calamità e guerre. Dona pace e salvezza a tutti, in modo particolare alle vittime dell’alluvione in Pakistan.
Noi ti preghiamo

Guarisci o Padre buono tutti coloro che alzano lo sguardo da sé per invocare il tuo nome. Fa’ che come nel deserto siano anch’essi salvati dal morso velenoso del maligno che vuole la loro morte.
Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché ispirati dal tuo amore sappiamo essere testimoni autentici del Vangelo.
Noi ti preghiamo

Soccorri o Padre buono tutti i poveri, perché possano trovare in te la consolazione ad ogni sofferenza e nei fratelli e le sorelle il sostegno che salva dal naufragio.
Noi ti preghiamo

venerdì 3 settembre 2010

XXIII domenica del tempo ordinario - anno C - 5 settembre 2010


Dal libro della Sapienza 9, 13-18
Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza.

Salmo 89 - Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi, +
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi: +
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: +
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Dalla lettera a Filèmone 9b-10. 12-17
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 14, 25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Commento

Cari fratelli e care sorelle, dopo la pausa estiva riprendiamo oggi il cammino di un anno con il Signore, cammino che è accompagnato fedelmente dalla sua Parola e dal dono della Santa Liturgia domenicale. Come una compagna amica questa ci indica la strada per vivere bene e non incamminarci per vie pericolose e perderci.
Per questo inizio d’anno l’evangelista Luca ci mostra Gesù che si rivolge alla folla numerosa che lo seguiva con un discorso di una certa durezza. Saremmo portati a pensare che con quella folla che dimostrava il suo interesse per Gesù seguendolo non era il caso di essere troppo esigenti, magari bastava qualche esortazione più benevola.
Gesù però a quella gente, proprio perché si mostra interessata a lui, desidera fin da subito mettere in chiaro cosa vuol dire seguirlo e farsi suo discepolo. Sì, non si può seguire Gesù nella folla, in una massa indistinta e senza volto, anonima e mutevole negli umori, ma come un discepolo nella famiglia degli amici di Gesù.
E la differenza fra le due cose sta proprio nell’essere raccolti non da una legge o un interesse comune, ma dall’amare una persona, Gesù. Neppure i vincoli naturali, quelli che i sembrano i più solidi proprio perché spontanei e connaturati, come quelli familiari, possono venire prima di quell’amore sincero, gratuito e incondizionato che ci fa discepoli. L’amore di Gesù e per Gesù è infatti un amore, come ci dice Paolo nel biglietto a Filemone, che sconvolge i vincoli sociali e familiari più consolidati, quelli che ci appaiono i più naturali e indiscutibili, per fondare una nuova famiglia, quella dei discepoli che vogliono bene a Gesù. L’Apostolo infatti rimanda a Filemone il suo schiavo fuggito per stare con lui e lo accompagna con queste parole: “Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.” Per l’epoca questa proposta di Paolo era del tutto rivoluzionaria e inimmaginabile: uno schiavo, che è una “cosa” posseduta, può diventare mio fratello, cioè sangue del mio sangue?
Sì, perché la logica dell’amore di Gesù scavalca ogni convenzione e persino il vincolo familiare. Mette da parte ogni logica di contraccambio o di merito, rompe gli steccati e le barriere, rende possibile ciò che sembra assurdo: è la logica dell’amore rappresentato dalla croce: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.” La croce che Gesù ci invita a prendere su di noi quindi non rappresenta tanto la sofferenza da dover patire, quanto piuttosto la gratuità e la fedeltà fino all’estremo dell’amore da vivere.
Davanti a questo invito di Gesù, così esigente, ci viene spontanea la domanda se ne saremo mai capaci. Ad essere onesti ci rendiamo conto subito della piccola misura del nostro voler bene, della facilità a dimenticare il fratello, della difficoltà a perdonare la sorella, del nostro poco interesse e disponibilità per gli altri, figurarci amarli fino alla croce!
Sapendo tutto ciò il Signore per questo prosegue dicendo come l’amore non è qualcosa di spontaneo: o c’è o sennò niente, ma qualcosa che si costruisce, come una torre, ed ha bisogno del desiderio nostro di innalzarci verso l’alto, come una torre, appunto, ma anche di un progetto, per sapere da dove cominciare e come procedere, poi di tempo, risorse e fatica e, magari, dell’aiuto di tanti altri compagni. Così è l’amore: prefiggiamoci lo scopo di imparare a voler bene e costruiamolo, gradualmente, con sforzi alla nostra portata, cominciando dal poco, con fatica, ma anche entusiasmo.
Se cominciamo a farlo piano piano scopriremo che non siamo soli a farlo. Dio è con noi: ci da il materiale, ci sostiene nel desiderio di farcela, ci consiglia sui modi migliori per farlo. Così abbiamo ascoltato dal libro della Sapienza: “Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito”. Il volere di Dio è che diveniamo discepoli della famiglia del Signore Gesù, di questa Chiesa santa, umile e forte del suo amore. Chiediamogli allora di conoscere sempre meglio questo volere e la forza di realizzarlo, e lui non ci farà mancare il suo Spirito di consolazione e di amore.
Ecco che allora comprendiamo perché Gesù si rivolge così alla folla che lo segue: se non usciamo dalla folla infatti non potremo mai divenire suoi discepoli. Saremo seguaci e simpatizzanti alla lontana, ma liberi di tornare indietro e di organizzarci come meglio crediamo. Seguiamo allora il consiglio della Scrittura che da questa prima liturgia dell’anno ci invita a camminare accanto a Gesù come un figlio e un fratello che lo ama. La nostra vita sarà trasformata e il mondo stesso non sarà più quello di prima.
Preghiere
O Dio del cielo donaci il desiderio e la tenacia di venirti incontro, perché sappiamo innalzarci dalla banalità e dalla piccolezza del nostro poco amore verso la bellezza del tuo voler bene.
Noi ti preghiamo

Insegnaci o Signore ad amare come tu hai fatto. Fa’ che non ci spaventiamo della profondità e tenacia di un voler bene che ci porta lontano da noi stessi.
Noi ti preghiamo

Sostieni, o Dio di misericordia, i nostri passi incerti nella costruzione di noi stessi come uomini e donne che sanno amare. Donaci la forza e indicaci il modo per non restare sempre uguali a noi stessi.
Noi ti preghiamo

Apri i nostri occhi e i nostri cuori perché sappiamo sempre riconoscere in chi incontriamo un fratello da amare e una sorella da sostenere. Fa’ che nessuna differenza e distanza possa allontanarci da loro a cui tu ci leghi col vincolo santo della fraternità cristiana.
Noi ti preghiamo

Donaci abbondante o Dio il tuo perdono per il peccato della nostra vita. Fa’ che pentìti sappiamo incamminarci verso di te che sei un padre buono ed accogliente.
Noi ti preghiamo

Accogli o Padre misericordioso tutti quelli che oggi si rivolgono a te per implorare il tuo aiuto e sostegno. Guarisci i malati, sostieni i deboli, guida tutti verso di te.
Noi ti preghiamo.

Fa’ o Dio che in ogni luogo risuoni alta la voce del Vangelo e che il tuo nome sia sempre amato e onorato dai tuoi discepoli. Aiutaci ad essere fedeli ascoltatori della parola e annunciatori a tutti del tuo amore.
Noi ti preghiamo

Guida o Padre buono tutti coloro che cercano una via per la loro vita. Fa’ che come un angelo buono i tuoi discepoli li conducano a te.
Noi ti preghiamo

XVIII domenica del tempo ordinario - anno C - 1 agosto 2010

Dal libro del Qoèlet 1,2; 2,21-23

Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

Salmo 89 - Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi 3,1-5. 9-11

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli..
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 12,13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Commento
Cari fratelli e care sorelle, anche questa domenica il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato si apre con una domanda. È l’atteggiamento che anche noi dobbiamo avere davanti alla Scrittura: come l’uomo della folla di questa domenica, o come il dottore della legge di qualche domenica fa’, come i discepoli, come tanti altri, anche noi non possiamo stare davanti a Gesù senza porgli e lasciarci porre una domanda. Non c’è incontro con il Signore che non sia segnato da una domanda, e la domenica è l’occasione propizia per fermarci e chiederci cosa abbiamo da domandare al Signore e cosa Egli ci chiede con le sue parole.
Nel Vangelo di Luca abbiamo ascoltato la domanda di un tale che chiede a Gesù che intervenga per dirimere una lite fra fratelli per la divisione di un’eredità. E’ una domanda apparentemente corretta: c’è una lite, qualcuno ha ragione e l’altro ha torto, è lecito che venga ristabilito il diritto. Gesù però si sottrae e non risponde, anzi reagisce energicamente: “Chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”
Sì, perché quella domanda in realtà viene da uno che pensa già di conoscere la risposta e vuole “usare” Gesù per ottenere quello che non riesce ad avere da solo. Tante volte questo è anche il nostro atteggiamento nell’ascoltare la Scrittura: lo facciamo non tanto con l’atteggiamento di chi vuole imparare dal Vangelo come vivere, ma come chi sa già cosa è giusto e cosa è sbagliato, come agire e cosa pensare; il Signore può solo benedire e confermare quello che già l’esperienza o la saggezza comune ci ha insegnato. Quanta più forza ha infatti quest’ultima rispetto alla debolezza del Vangelo! Quanto ci sembrano solidi e indiscutibili certi convincimenti che ci siamo formati sulla base delle nostre esperienze o di quelle degli altri; il Vangelo, d’altro canto, quasi sempre sembra invece così poco ragionevole, così lontano dal senso comune, dalla sapienza che nel mondo tutti condividono in modo spontaneo e naturale. E’ quella “sapienza del mondo” di cui spesso il Vangelo ci parla, in contrapposizione con una “sapienza di Dio o del Vangelo” che il Signore Gesù è venuto ad insegnarci.
Ne abbiamo un esempio evidente nelle parole di Gesù che seguono immediatamente dopo, quando dice: “Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Ma come? Facciamo tanti sforzi per garantirci un futuro sereno per la nostra vita e cosa più della sicurezza economica e familiare ce la possono garantire? E’ la filosofia con cui il mondo ci insegna a progettare la nostra vita e con cui segue passo passo i nostri sforzi per realizzarla. E’ il ragionamento di quell’uomo ricco che il Signore prende ad esempio: l’annata è stata abbondante, ha guadagnato molto e si preoccupa di progettare un futuro sicuro per sé e la sua famiglia: “Dirò a me stesso: anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi, divertiti.” Cosa c’è di male? Non ha rubato, non ha fatto male a nessuno, perché non può godersi la meritata serenità frutto del benessere ottenuto? Sappiamo come termina la storia: quella sera stessa la morte annulla i progetti di quell’uomo.
Ma, secondo me, non è tanto questo ciò su cui dobbiamo soffermare la nostra attenzione.
La stessa cosa, infatti, poteva accadere a chiunque, e accade nella realtà, ma sul fatto che ciò che sembrava una solida sicurezza si rivela qualcosa di vano, di cui non rimane nulla. Gesù si chiede: “E quello che hai preparato di chi sarà?” La morte quel ricco in fondo fa emergere, come uno specchio, la consistenza della sua vita: una vita spesa ad accumulare per sé ciò che il mondo lo ha convinto a ritenere come solido e duraturo si rivela come vano sforzo di coprire con un velo appariscente il vuoto che nasconde. E’ la situazione che presenta Qoèlet: “Vanità delle vanità: tutto è vanità. … Quale guadagno viene all’uomo per tutta la sua fatica con cui si affanna sotto il sole?
Sembra un’amara condanna, ma come sfuggire ad essa? Una certa religiosità cristiana direbbe che bisogna disprezzare tutto ciò che è di questo mondo,rinunciare a trovare soddisfazione o gioia nella vita su questa terra per desiderare solo il premio dell’aldilà. Io non credo che sia questo quello che Gesù vuole dire con quelle sue parole, anzi. Egli ci dice che a nulla vale cercale la solidità apparente di quello che il mondo indica come tesori inestimabile, una vita soddisfatta di sé e sazia di benessere, per trovare invece qualcosa di solido su cui fondare la vita, qualcosa che non passa fugace senza lasciare traccia, un vero tesoro che si può accumulare, come conclude Gesù, per “arricchirsi presso Dio” dove, dice altrove il Vangelo non c’è ruggine o insetti capaci di rodere e rendere vano tutto ciò per cui si è vissuto.
Lo dice Gesù poche righe oltre: “Cercate piuttosto il suo regno e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.” La proposta del Vangelo non è dunque quella di una vita triste e senza soddisfazioni e gioie, ma queste vengono solo se i nostri sforzo sono per realizzare quel regno di amicizia e amore. Nulla ci mancherà, se stabiliamo ciò come la nostra priorità. Viviamo la generosità, delle nostre risorse materiali e umane, e nulla ci mancherà. Tratteniamo tutto per noi nello sforzo affannato di accumulare e andremo incontro alla vanità di una vita spesa per ciò che non vale e non resta.
Fratelli e sorelle, La logica del vangelo spiazza ogni ragionevolezza, ma racchiude in sé la verità della sapienza umana e divina. Lasciamoci andare alle sua paradossalità e ci accorgeremo subito che ciò che sembra solido e duraturo è in realtà illusorio e vano. Cerchiamo il bene, la pace, la realizzazione di quell’amore che Gesù per primo realizzò nella sua vita, e sentiremo la solidità di una vita che non scorre invano, ma che accumula un tesoro di umanità prezioso per sé e per chi ci sta accanto.
Preghiere

O Signore nostro Dio, dona alla nostra vita la solidità del vangelo vissuto nell’amore, perché non sprechiamo la nostra vita nel vano affanno per noi stessi.
Noi ti preghiamo

O Cristo, amico degli uomini, insegnaci a fondare ogni nostro desiderio e ogni nostra decisione sulla roccia solida della tua Parola. Fa’ che ci lasciamo interrogare dalla semplicità del Vangelo e dall’esempio dei fratelli che lo vivono.
Noi ti preghiamo
O Signore che conosci il cuore di ogni uomo, fa’ che non scegliamo di vivere per noi stessi, accumulando sicurezze che non ci possono salvare, ma donaci la libertà di offrire generosamente tutta la nostra vita per affrettare la venuto del tuo regno.
Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio per la salvezza di tutti i popoli, specialmente quelli che sono in guerra, nella miseria e per l’Africa tutta. Fa’ che venga presto il giorno in cui si realizzi la pace e la gioia per tutta l’umanità.
Noi ti preghiamo

Come figli umili, o Signore, ti chiediamo il perdono dei nostri peccati. Non guardare alla durezza dei nostri cuori, ma accoglici come un padre buono e misericordioso.
Noi ti preghiamo

Estendi, o Dio del cielo, la tua protezione a tutti coloro che sono deboli e indifesi. In modo particolare ti raccomandiamo le vittime della violenza e del terrorismo, i malati, gli anziani, chi è senza casa e famiglia. Aiutali e sostienili.
Noi ti preghiamo

Guida e proteggi o Signore la tua Chiesa ovunque diffusa, specialmente dove è in difficoltà, perseguitata o indebolita dal peccato. Fa’ che ogni tuo discepolo sia un annunciatore del Vangelo audace e credibile.
Noi ti preghiamo

Ogni discepolo del Vangelo, o Signore, è chiamato a vivere sempre e ovunque la priorità del voler bene. Fa’ che, in modo particolare, chi ha la responsabilità di guidare i fratelli e le sorelle verso di te viva la preoccupazione di realizzare con la sua vita i tuoi insegnamenti.
Noi ti preghiamo