lunedì 21 febbraio 2011

VI domenica del tempo ordinario


Dal libro del Siràcide 15, 15-20
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

Salmo 118 - Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 6-10
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere"; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio"; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».




Commento



Cari fratelli e care sorelle, la Scrittura oggi ci parla della Sapienza di Dio, e lo fa, in tutte e tre le letture che abbiamo ascoltato, sottolineando come essa non sia qualcosa di astratto, come la conoscenza di qualche mistero o dei segreti del mondo. No, la Sapienza di cui parla Dio e che, per meglio dire, costituisce uno dei modi stessi con il quale Dio si manifesta a noi, è il suo agire e, di conseguenza, l’agire che propone anche a noi. Conoscere, sapere per la Scrittura non riguarda pertanto la sfera intellettuale o dell’intelligenza, ma piuttosto quella dell’agire bene. Per questo anche il più ignorante, la persona semplice e umile, davanti a Dio è sapiente, se acquista la Sapienza di Dio e agisce secondo essa. Proviamo allora a farci guidare dalla Scrittura per entrare più in profondità nella mente di Dio che si esprime nel modo di agire che chiede a noi suoi figli.
Innanzitutto il libro del Siracide, che è uno di quelli chiamati “sapienziali”, proprio perché si occupano principalmente proprio di questo tema, parla di una scelta dell’uomo, cioè della sua responsabilità di fronte al proprio agire: “Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.” L’autore Ben Sira, ispirato da Dio, sottolinea come davanti a ciascuno di noi c’è sempre la possibilità di scegliere per il bene o per il male, per ciò che è buono o ciò che è negativo, e ciascuno fa suo ciò che dimostra di preferire, o l’uno o l’altro. Viene così eliminata ogni idea di destino, cioè che le cose vanno in un certo modo perché qualcuno ha deciso per me, o perché era scritto nelle cose stesse. L’agire di ciascuno è libero e responsabile: “A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.” Cioè non potremo mai incolpare Dio o il destino se qualcosa è andato verso il male, ma ogni volta esso è ilo frutto della scelta di chi lo ha compiuto, o lo ha lasciato libero di agire.
In secondo luogo l’apostolo Paolo sottolinea un altro aspetto di questa “Sapienza dell’agire” che Dio ci insegna: essa non è di questo mondo, cioè non è il frutto dell’esperienza o della cultura che ci viene dal nostro vivere. Spesso noi pensiamo che è dalla vita che facciamo che dobbiamo trarre gli insegnamenti, ed in parte questo è vero, ma stiamo molto attenti a non far sì che sia il mondo a farci da maestro, cioè il “come tutti fanno”. Ben amara è la sapienza di chi crede di aver capito l’uomo o la vita perché ha visto come ci si comporta nella maggioranza dei casi. Trarremmo così insegnamento dal male e dal peccato, che, purtroppo, molto spesso si impasta con la vita umana. No, per imparare dalla vita dobbiamo imparare a guardarla sì con molta attenzione e curiosità, ma con lo sguardo di Dio, cioè per trarne l’insegnamento fondamentale, e cioè che senza l’aiuto di Dio la nostra natura ci spinge a scegliere per il male e che solo seguendo l’esempio del Signore Gesù realizziamo la natura veramente umana che egli è venuto ad incarnare: mite, umile, misericordiosa e benigna, ricca di benevolenza. Dice infatti l’apostolo Paolo: “tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.” Apparentemente domina e ha successo chi impara la lezione della sapienza di questo mondo, chi prevale e si fa strada con arroganza, ma delle sue conquiste non resta nulla, sono effimere illusioni di un potere che non dà la vera sicurezza e la salvezza che dura. Lo sappiamo bene: quante volte abbiamo visto cadere nella disperazione o nella tristezza estrema proprio chi in virtù del suo benessere o della propria forza pensava di non dover temere nessun male? Paradossalmente “Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.” Dice Paolo. Sì proprio quelli che ci sembrano dominare nel pieno delle forze e avere successo non agiscono secondo la vera “Sapienza dell’agire” di Dio, proprio perché chi è nel dominio e nel potere toglie di mezzo Cristo dalla sua vita, cioè colui che ci viene incontro nella’umiltà e la piccolezza. Sono loro che l’hanno crocefisso sul Golgota a Gerusalemme, e continuano a farlo ancora oggi, perché disprezzano ciò che ricorda loro il fondamento incrollabile di cui vogliono a tutti i costi fare a meno: l’amore per gli uomini e la dipendenza da Dio.
Infine l’evangelista Matteo ci offre un ulteriore squarcio su questo tema, mostrando come il male non risiede nell’azione malvagia in sé, ma c’è già prima e, diremmo, persiste in maniera ben più radicata e prepotente, anche dopo di essa, poiché occupa il cuore di chi la compie. Il male non c’è solo quando si vede, quando esplode con cieca violenza, quando mostra tutto l’orrore e la cattiveria dell’azione malvagia, ma c’è fin da quando lo accettiamo come normale, magari con la nostra indifferenza, quando lo giustifichiamo; quando ne sminuiamo la portata, perché “fanno tutti così”; quando lo attutiamo con le giustificazioni o lo camuffiamo con le maschere innocue. Quando facciamo così in realtà il male si è già propagato e ha preso dimora in noi.
Fratelli e sorelle, la Scrittura ci insegna oggi la vera Sapienza, e cioè che il male va estirpato dal nostro cuore e da quello dei fratelli appena se ne vede il minimo cenno, la pianticella ancora piccola, senza lasciare che cresca e dia i suoi frutti amari. E d’altro canto dobbiamo seminare il bene che si esprime nelle azioni che compiamo. E’ questa la vera Sapienza, è così che il Signore Gesù ha agito, è questa l’unica garanzia di una vita felice e piena di frutti. Mettiamoci alla scuola della Scrittura e della vera Sapienza, prima che il mondo divenga nostro maestro e ci porti a sprecare il dono prezioso della vita.




Preghiere




O Dio nostro padre, donaci la vera Sapienza perché ad essa ci ispiriamo nel nostro agire. Fa’ che seguendo gli insegnamenti del Vangelo impariamo ad essere come te, miti ed umili di cuore,
Noi ti preghiamo


Scaccia o Signore dal nostro cuore ogni sentimento di malevolenza e invidia, arroganza e orgoglio, perché purificati dall’amore e rafforzati dalla mitezza possiamo deporre nel mondo semi di bene,
Noi ti preghiamo


O Signore guarda con amore questo nostro mondo, estirpa le radici di male che sembrano avvolgere le vite di molti e che producono i frutti amari della violenza e dell’ingiustizia. Dona pace e salvezza a tutti,
Noi ti preghiamo


Ispira o Dio nei cuori e nelle menti di tutti gli uomini la tua Sapienza, perché docili ai suoi insegnamenti sappiamo realizzare il regno di bene che Gesù ha inaugurato in mezzo a noi,
Noi ti preghiamo


Nel giorno in cui la Chiesa ricorda i malati, ti preghiamo, guarda con bontà o Padre del cielo a tutti coloro che ti invocano: i malati, i moribondi, i sofferenti, i soli e gli abbandonati. Accogli il loro grido di aiuto e vieni in loro soccorso,
Noi ti preghiamo


Alla vigilia della festa del Santo Valentino, vescovo di questa città e martire per la sua fede in te, ti preghiamo, o Dio, per Terni, perché il volto di questa città sia trasformato dal tuo amore e divenga luogo accogliente per chi è debole e pacifico per tutti,
Noi ti preghiamo.


Guida col tuo Spirito santo o Dio i tuoi figli ovunque dispersi, perché riuniti nel tuo nome ti sappiano rendere il culto a te gradito dell’amore per i fratelli e della lode del tuo Nome santo,
Noi ti preghiamo


Accogli con bontà o Padre tutti coloro che sono morti. Ricordati del bene che hanno compiuto in vita e cancella il male dalle loro anime. Fa’ che possano tutti godere della tua misericordia infinita,
Noi ti preghiamo

VII domenica del tempo ordinario







Dal libro del Levitico 19, 1-2. 17-18
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Salmo 102 - Il Signore è buono e grande nell'amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3, 16-23
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 38-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Commento



Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura ascoltati oggi contengono tutti e tre l’invito ad essere santi. Lo dice esplicitamente il libro del levitico (prima lettura): “[Dio disse a Mosè] Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi”; poi Paolo riprende: “santo è il tempio di Dio, che siete voi.” E infine l’evangelista Matteo ci riporta le parole di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Ma cosa vuol dire essere santi? Non è qualcosa al di fuori della nostra portata?
Noi abbiamo presente alcune figure di santi che ci sono più familiari o care. Il loro ricordo ci deve far sentire più vicina la perfezione, o santità, di cui parla Gesù, perché con il loro esempio dimostrano che anche noi, uomini come loro, possiamo diventare santi: se è stato possibile per loro, lo è anche per noi oggi. Infatti spesso si ha una idea deformata della santità, come l’essere senza difetti o mancanze. No, non è questa la perfezione di cui parla l’apostolo Paolo: non è la perfezione di questo mondo, quella teorica della figure geometriche, ma è essere come Dio, e Giovanni ci dice che Dio è amore.
Proviamo allora ad entrare, attraverso i brani ascoltati, dentro la perfezione o santità di cui ci parla la Scrittura. Il libro del levitico pone la santità come l’obiettivo della vita di tutti i membri del popolo di Israele, scelto da Dio come suoi figli. Infatti per esso essere santi corrisponde ad essere un ebreo, e non un superuomo, qualcuno dalle doti straordinarie. L’ebreo infatti non solo crede in Dio, ma è invitato ad assomigliargli: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.” Cioè: siate come me! Per questo per gli Ebrei era così importante mantenere la diversità dei loro comportamenti rispetto a tutti gli altri popoli, perché da questi si poteva riconoscere la santità del popolo e quindi del singolo membro. Il Levitico dunque dipinge una sorta di ritratto dell’ebreo, descrivendo tutto quello che lo rende diverso dagli altri popoli e dalle altre fedi. Ma poiché Dio sa che non sempre si riesce ad assomigliare al modello proposto, propone allo stesso tempo anche le vie con cui ottenere il perdono di Dio e tornare sulla strada buona dopo che ci si è avventurati su quella sbagliata. Essere santi infatti non significa non sbagliare mai, ma saper riconoscere il proprio errore e chiederne perdono per tornare a camminare seguendo le orme di Dio.
L’apostolo Paolo continua sulla stessa strada, ma va un po’ oltre. Per lui infatti l’uomo non può raggiungere la santità solo se si comporta nei modi prescritti dalla legge, che lui da buon fariseo conosceva perfettamente, ma se fa entrare Dio nella sua vita in modo così forte che è come se lui stesso cominciasse a vivere in sé: “Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? … santo è il tempio di Dio, che siete voi.” La consuetudine con il Signore, la conoscenza delle sue Parole, la compagnia costante con lui e il conservarne fedelmente la memoria ci rendono così intimi che lui e il suo Spirito vengono ad abitare dentro di noi e a vivere nella nostra vita. E’ come dire: fidati e credi nella sua Parola ed essa, quasi senza che te ne accorgi, diventa il tuo modo di vivere, cioè la tua vita parlerà di essa.
Infine l’evangelista Matteo ci riporta alcune parole di Gesù che ci richiamano il discorso della montagna e le sue beatitudini. Il Signore parla infatti della perfezione dell’uomo prendendo a modello quella di Dio: essa consiste infatti per Gesù sostanzialmente nel dare a chi abbiamo accanto, cioè all’altro, la priorità assoluta, prima persino del ragionevole o del proprio interesse. E’ quello che ha fatto Gesù: è nato, vissuto, morto e finalmente risorto non per suo interesse, anzi contro di esso, ma per l’interesse esclusivo di noi uomini. Gesù fa degli esempi concreti, che ci sono assai familiari: “se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. ecc…” Come già dicevamo alcune settimane fa’ a proposito delle beatitudini, sono affermazioni inspiegabili e contro ogni logica, che si possono non capire, ma gustare ed apprezzare nella loro bellezza solo se uno prova a viverle.
Tanto altro si potrebbe dire su questo tema, ma non certo ora. Piuttosto vorrei pormi con voi la domanda che a questo punto sorge spontanea: la Scrittura ci parla di santità, ci invita a perseguirla e ci mostra anche delle vie concrete da seguire. Lo sappiamo, e conosciamo anche molti di questi consigli, ma ci chiediamo: perché dovremmo seguirli e applicare a noi quella logica illogica e paradossale della perfezione evangelica e delle beatitudini?
Non è una domanda retorica, ma è la domanda su cui si gioca tutta la vita, perché determina la scelta di come spenderla. E’ la domanda che sta alla base del fatto che pur conoscendo tante volte il Vangelo non lo viviamo.
Io non credo che ci sia una risposta razionale a questa domanda: perché vivere così? L’unica risposta possibile infatti è “perché mi fido, di Dio e di chi l’ha già vissuto”, e “perché intuisco, e forse talvolta ho sperimentato, che è il modo migliore di vivere.” Altri motivi non ce ne sono. Per questo dobbiamo essere grati alla testimonianza dei santi, cioè di coloro che ci hanno preceduto e hanno fatto, prima di noi, un tratto di quella strada indicata dal vangelo. Ci hanno raccontato di cosa è significato per loro, e ce lo raccontano i testimoni della loro vita. Non è stato un sacrificio e una rinuncia, ma la scoperta di quella perla preziosa che, scoperta nel campo, qualcuno vende tutto per poterla acquistare. Sì la santità è una perla preziosa, il modo più prezioso di vivere, e la intravediamo semi sepolta nel campo della vita. Vale veramente la pena allora vendere tutto quello che non vale altrettanto, lasciare la sapienza del mondo di cui parla il vangelo che ci fa calcolare i rischi e le convenienze e determina le scelte della vita sulla base della logica dell’evidenza. Vendiamo tutto questo che davanti al valore di quella perla rivela tutta la sua vanità inconsistente. Arricchiamoci allora dell’unica cosa che vale, la sapienza del Vangelo che ci guida a spendere la vita per gli altri, guadagnando il tesoro.

martedì 15 febbraio 2011

Scuola del Vangelo 2010/11 - XIV incontro: Gesù e le folle



Come la folla reagisce alle parole e alle opere di Gesù


Dopo aver visto l’altro giorno come le folle cercano l’incontro col Signore e lo seguono numerose, continuiamo oggi chiedendoci come esse reagivano alle parole e alle opere di Gesù.

Venti volte circa i Vangeli ce le mostrano reagire in modo positivo e dodici negativamente (ovvamente è un conteggio approssimativo e ha valore solo relativo). Assai raramente la reazione è indifferente o fredda. E questo è il caso in cui Gesù esprime la sua condanna più dura, per la gente che non reagisce alle sue parole:

Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere”.
Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. E tu, Cafarnao,sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!».
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.”
(Mt 11,16-26).

Gesù pronuncia queste parole durissime dopo aver parlato alla folla di Giovanni il battista e della sua missione di preparazione di una strada al Signore che veniva. Giovanni si trova in carcere, la sua voce è messa a tacere, e Gesù sembra voler sottolineare, con questo suo giudizio, come l’invito del battista a convertirsi sia stato respinto dai suoi ascoltatori, rimasti freddi e insensibili: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.” Gesù accomuna subito dopo anche la sua predicazione a quella di Giovanni, unite dallo stesso insuccesso: “È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.”

Le due reazioni pur essendo apparentemente opposte, la prima contro l’eccessivo rigorismo di Giovanni, la seconda scandalizzata dal lassismo di Gesù, sono entrambe espressione del desiderio di non confrontarsi con le parole rivolte a sé e di restare pertanto indifferenti ad esse, come è espresso dal detto popolare che viene citato da Gesù: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Segue la condanna durissima contro coloro che hanno un tale comportamento indifferente: “Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. E tu, Cafarnao, … [Sodoma] Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!” Ricordiamo che Sodoma era stata distrutta da Dio con una pioggia di fuoco poiché era inospitale allo straniero. Cafarnao dimostra di meritare lo stesso giudizio di Dio perché non accoglie le parole di Gesù, che suonano alle loro orecchie ‘straniere’ alla loro cultura e modo di pensare.

Sembra l’ammissione del fallimento totale: né Giovanni né Gesù, pur con un modo di predicare così diverso, sono riusciti a far breccia nelle vite dei loro ascoltatori.

Gesù però prosegue con un’affermazione che non si accorda con un senso di fallimento: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.” Gesù dà lode al Padre perché la predicazione è stata sì rifiutata, ma solo da coloro che si ritengono sapienti e intelligenti, mentre è stata accolta dai piccoli, gli umili che non si credono già sapienti. Riecheggiano le parole del Magnificat (Lc 1, 51-53):

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote
.”

Ecco allora un primo elemento con cui confrontarci: l’annuncio del Vangelo raggiunge le folle, ma poi solo una parte di esse lo accoglie e il motivo è interiore e personale, cioè se si è “piccoli” e non “sapienti e intelligenti”, se si è affamati della sua Parola e non ricchi e sazi.

Questo costituisce un’indicazione preziosa anche per noi oggi. E cioè che nel parlare del Vangelo e di Gesù non conta tanto cercare il “successo”, accattivandosi la simpatia della gente o annacquando il messaggio con qualcosa di attraente, ma è essenziale l’autenticità di una comunicazione diretta e fedele della Parola di Gesù. È quanto afferma di avere fatto Paolo:

Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.” (1Cor 2,1-5)

Certo parlare di Gesù non vuol dire solo proclamare il Vangelo come uno slogan, ma richiede necessariamente uno sforzo di comunicatività che significa trovare un linguaggio comprensibile agli interlocutori, creare le situazioni più adatte per parlargliene, ecc… Che è ben diverso però dal cercare argomenti più facilmente accettabili.
Come reagiscono le folle
La maggior parte delle volte la folla manifesta stupore nell’incontrare Gesù:

La folla udendo ciò era stupita dal suo insegnamento” (Mt 22,33);

Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore” (Lc 11,14);

Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento” (Mc 11,18) ecc…

Bisogna subito sottolineare come lo stupore non sia solo per i miracoli come in Lc 11,14, che sarebbe già più comprensibile, ma anche per le parole di Gesù (cf. Mt 22,33), e non si tratta solamente di una reazione superficiale e istintiva davanti a qualcosa che non ci si aspettava, perché è accompagnata da parole e cambia le persone e le situazioni. Questo stupore è qualcosa di profondo, di interiore, e rivela in chi lo prova quell’essere “piccolo” di cui parlavamo prima. Chi è sapiente e intelligente, come i capi dei sacerdoti e gli scribi di Mc 11,18, non si stupisce, rimane scettico e banalizza sminuendo, vuole togliere di mezzo quella Parola che suscita stupore nella folla. È interessante il passo di Marco perché ci mostra come i sapienti del mondo hanno paura che la gente si stupisca, perché lo stupore mette in crisi il sistema su cui si regge il loro potere e il controllo che hanno sulla gente e la realtà. Chi si stupisce è interiormente libero dagli schemi che incasellano tutto e lo rendono scontato, è capace di fermarsi e commuoversi, di avere pietà. Per questo vogliono uccidere Gesù che suscita così tanto stupore.

Lo stupore è destabilizzante, infatti sottintende la capacità di accorgersi della novità e di accoglierla come qualcosa di positivo, di cui gioire. È questo ciò che rende lo stupore di quelle folle qualcosa di così significativo: il Vangelo infatti viene sempre a portare un elemento di novità nella vita, non lascia niente come prima, o almeno ci prova. Cambia la realtà, con i miracoli, ma anche cambia gli uomini che lo ascoltano, con le parole. Stupirsi vuol dire accorgersene e accettare che la novità della vita proposta dal Signore ci coinvolga. Al contrario non stupirsi vuol dire che la novità è ignorata, o guardata con fastidio e rifiutata, cioè chiudersi al Vangelo.
Si potrebbe dire che esistono anche novità negative e non sempre il nuovo è cosa buona. Certamente, ma anche in questo caso l'indifferenza vuol dire accettarlo acriticamente, farsene spettatori indifferenti e lasciare libero il campo al male per il suo diffondersi. Anche in questo caso bisogna stupirsi, e fronteggiare la novità negativa.

Per questo anche oggi la cultura dominante ha fastidio che ci si stupisca per le parole e le opere buone e vuole sminuirle o eliminarle, svolgendo il ruolo “normalizzante” e banalizzante: si cerca il male anche nel bene, cosa c’è dietro, ci si compiace a mostrare che anche ciò che sembra buono nasconde qualcosa di negativo, si critica di “buonismo” come se essere buoni o fare cose buone sia una colpa, ecc… Lo stupore è segno che la Parola ha toccato il cuore. Chi non si stupisce è refrattario a tutto e non si fa toccare dal Vangelo. Stupirsi fa parte di quel “tornare bambini” di cui parla Gesù, condizione necessaria per entrare nel Regno dei cieli:
Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l'accoglie un bambino, non entrerà in esso". (Lc 18,16-17)
La cultura contemporanea giudica negativamente l’ingenuità infantile capace di stupirsi, perché ha paura di essa in quanto segno di debolezza; al contrario ci vuole tutti un po’ scettici e saccenti, sapienti che hanno già capito tutto, che sanno spiegare tutto, che la sanno lunga e non si fanno ingannare facilmente, che non restano mai senza sapere che dire.

Anche la folla stupita non resta muta, ma in modo diverso dai sapienti. Parla, ma non di sé o delle proprie convinzioni. Non spiega, ma dà testimonianza, rende lode a Dio, acclama Gesù profeta e maestro buono:

Allora la gente, visto il segno che aveva compiuto [la moltiplicazione dei pani e dei pesci] diceva: ‘Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!’” (Gv 6,14);
E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano “è buono!” (Gv 7,12);
La folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele” (Mt 15,31);

La folla rispondeva: ‘Questi è il profeta Gesù, da Nazareth di Galilea’” (Mt 21,11);
Tutta la folla era sbalordita e diceva: ‘Che non sia costui il figlio di Davide?’” (Mt 12,23).
Cioè lo stupore della folla è il primo passo che porta al desiderio di confermare e rafforzare la propria fede in Dio e di comunicarla: “Intanto la folla, che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo resuscitò dai morti, gli dava testimonianza” (Gv 12,17). Nelle parole e nei segni compiuti da Gesù chi ha un animo da “piccolo”, cioè è umile e ingenuo, trova la manifestazione di qualcosa che trascende le semplici forze naturali e le capacità umane, e cioè la grandezza di Dio, e di questo si rallegra.

Ci chiediamo allora: quanto noi siamo interiormente “piccoli” davanti alla Parola e ai segni che Dio opera in mezzo a noi. Ce ne accorgiamo? Li notiamo con stupore e gioia? O non preferiamo piuttosto un tono grigio in cui tutto scorre con scontata banalità e nulla più suscita meraviglia?
E poi chiediamoci se noi mostriamo ad altri i segni e le parole di Gesù perché anche altri possano stupirsi.

Infine un ultimo brano di Matteo ci fa comprendere meglio come dobbiamo imparare a non aver paura della nostra piccolezza perché è solo a partire da essa che possiamo scoprire la grandezza di Dio che ci dà forza: “Le folle vedendo questo [la guarigione di un paralitico] furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.” (Mt 9,8).

Sì, perché è vero che scoprirci “piccoli” ci fa’ paura, e viene istintivo negarlo e pensarci piuttosto come “grandi”. Ma accettare la nostra vera dimensione è anche la nostra salvezza, perché ci fa scoprire da dove possiamo trarre la nostra vera forza e grandezza. Al contrario chi è grande non ha bisogno né cerca altra forza che non sia la propria, come dice bene Paolo: “Il Signore mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,9-10).

venerdì 11 febbraio 2011

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la giornata del malato 2011


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO


11 FEBBRAIO 2011



Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24)

Cari fratelli e sorelle!


Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti "la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana" (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: "dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: "Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede" (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: "Mio Signore e mio Dio!", seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: "Dio non può patire, ma può compatire". Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il "sì" di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a "vedere" e a "incontrare" Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), "simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: "Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi" (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall'abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: "Ecco tuo figlio" (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes, 15 settembre 2008).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.

A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell'Universo.

BENEDICTUS PP XVI

giovedì 10 febbraio 2011

Scuola del Vangelo 2010/11 - XIII incontro: Gesù e le folle




Dopo i discepoli, di cui abbiamo già parlato all’inizio dei questi nostri incontri, la presenza più rilevante accanto a Gesù, nei vangeli, è quella delle folle. Queste sono come la prospettiva nella quale si inserisce l’operato di Gesù, lo sfondo di tutti i Vangeli: Gesù vive, parla, opera per le folle, davanti alle folle. È l’ambito naturale della predicazione e dell’azione di Gesù.
Questo elemento è significativo perché indica come Gesù abbia come scopo preciso raggiungere le folle, ma è altrettanto vero che sono le folle a cercare Gesù. Lo vedremo meglio in seguito. Per ora vorrei proporre un po’ di dati che ci aiutano a capire.
La folla è presentata assieme a Gesù circa 125 volte nei Vangeli (contro le circa 180-190 volte dei discepoli). Matteo è l’evangelista che lo sottolinea con maggior frequenza (40 volte), poi Marco (35) e Luca (34). Giovanni, pur essendo il Vangelo più esteso, presenta Gesù assieme alle folle solo in 16 passi.
Il tipo di rapporto di Gesù con le folle è descritto dai Vangeli in 8 modi diversi: quattro sono atteggiamenti e azioni della folla verso Gesù, e quattro descrivono l’attitudine di Gesù verso la folla.


1. La folla cerca Gesù (cioè segue, interroga, chiede guarigione, ecc…)
2. La folla reagisce positivamente alle parole e alle opere di Gesù (loda, dà testimonianza, esulta , si stupisce, ecc…)
3. La folla è ostile a Gesù (critica, minaccia, ecc…)
4. La folla rende difficile l’incontro con Gesù

5. Gesù ha compassione della folla
6. Gesù insegna alla folla
7. Gesù fa miracoli alla folla (sfama, guarisce)
8. Gesù congeda la folla


Vediamo ora questi punti uno per uno, cercando di trarne alcune indicazioni utili per la nostra vita.

La folla cerca Gesù


Il dato che emerge di frequente dai vangeli è che tanta gente va incontro a Gesù, lo segue, lo cerca. Di conseguenza incontriamo Gesù quasi sempre attorniato dalla folla. Tanto che a volte deve fare fatica per avere un momento di solitudine per pregare
(Lc 4,42: “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via.”,

Lc 9, 10-11: “Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono.” ecc…)

o per stare con i discepoli in disparte

(cfr. Gv 6,24: “Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.”

Mc 3,7 : ”Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea.” ecc…).
Eppure anche in questi momenti in cui è circondato, come assediato dalla moltitudine, Gesù non si nega e la incontra volentieri

(Lc 9,11: “Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure” ecc…).
Emerge una domanda irrefrenabile della folla, che è disposta a camminare molto, a restare a lungo fuori casa (Mc 8,2: “ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare.”), ad affrontare innumerevoli difficoltà pur di incontrarlo e stare con lui. Questo bisogno è riassunto efficacemente nella frase di Luca: “Gesù fu accolto dalla folla, perché tutti erano in attesa di lui.” (Lc 8,40). Questa espressione va al di sopra del fatto contingente di una volta o dell’altra, ma sta ad indicare una attesa di tutta l’umanità, il bisogno di qualcosa che le manca e che solo lui può darle.
Cosa attendono, cosa cercano? Si può riassumere la domanda della folla in tre cose: parole, guarigione, (Lc 5,15: “folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie”; a cui corrisponde Lc 9,11: “le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure”; Lc 6,19: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”),
vedere i segni compiuti (Gv 12,18: “Anche per questo la folla gli era andata incontro, perché aveva udito che egli aveva compiuto questo segno [cioè la resurrezione di Lazzaro]”; Gv 6,2: “lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi.”;; Lc 8,35: “La gente uscì per vedere l'accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l'uomo dal quale erano usciti i demòni”).
Forse anche noi dovremmo imparare a vivere come Gesù con le folle sullo sfondo della nostra vita. Cioè accorgersi ed essere sensibili alla realtà di tanta gente che ha bisogno e cerca. Noi già facciamo fatica ad accorgerci dei singoli che sono davanti a noi e a dargli importanza, figuriamoci delle folle, che nella loro sfocata presenza non si impongono, anzi. A noi ciò che è largo fa paura e suscita subito il desiderio di fuggire dietro la giustificazione che i problemi troppo larghi ci superano e non ci riguardano.
Dovremmo imparare a confrontarci con la domanda larga che viene da un popolo, con una prospettiva ampia, anche perché come dice il Vangelo “tutti siamo in attesa di lui”.
Dovremmo imparare a riflettere sulla nostra città, ad averla sullo sfondo della nostra vita e preoccupazioni, ad avvertirne l’inquietudine, a sentirne le domande profonde, a soffrire dei suoi dolori e gioire delle sue gioie. Dovremmo fare nostre le parole del Concilio: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (Gaudium et Spes, 1). Non è facile, anche perché la folla non si esprime sempre in modo chiaro, spesso lo fa in modo scomposto e contraddittorio. Vediamo la follia di certi fenomeni, purtroppo largamente presenti anche a Terni, come la droga, lo sballo del sabato sera, lo struscio serale di tanti giovani, il bullismo nelle scuole, ecc… Ma anche tanta solitudine, la fragilità del legami familiari e di amicizia, ecc… Dovremmo sentire con dolore l’assurdità di queste che sono espressioni patologiche di una ricerca di una vita diversa, di emozioni non grigie e banali, del desiderio di stare con gli altri, desideri buoni ma che non trovano la via per essere soddisfatti.
Pensiamo ad esempio al caso della protesta giovanile che a dicembre ha infuocato il centro di Roma: sono espressioni di rabbia per un futuro incerto in una vita dal cielo chiuso, che si esprime anche nella vita quotidiana nella piccola violenza o in una spietatezza esibita di fronte a chi è più debole.
Ci sono poi anche le folle nascoste che non riescono ad uscire di casa, come ad esempio gli anziani, specialmente quelli in istituto, una vera folla di disperati di solitudine in attesa della morte.
Ma poi l’orizzonte potrebbe essere ancora più largo e contenere anche le folle di tutto il mondo, che in qualche modo la globalizzazione ci porta a conoscere e incontrare. Pensiamo agli immigrati: sono rappresentanti del dolore di mondi ontani, della solitudine delle famiglie lasciate dalle badanti, o portano con sé l’eco delle guerre e delle miserie di Africa e Asia, ecc…
Gesù così viveva: sempre con la folla attorno, presente, viva, piena di domande, e non la fuggì, né si nascose dietro l’impotenza.
Dicevo all’inizio che Gesù vive per la folla e con la folla, è come proteso verso di essa, ma anche che è la folla che lo cerca, perché sente che da lui può aspettarsi una risposta alle sue domande e problemi. E’ il bisogno dell’uomo che cerca e si incontra con la salvezza che è il Signore: è questo il lieto annuncio, il Vangelo che Gesù è venuto a portare.
Chiediamoci allora: come mai le folle non cercano noi cristiani, ma si buttano a capofitto su risposte fasulle alle loro domande e problemi? Forse perché noi nascondiamo il Vangelo che ci è stato comunicato, oppure perché nemmeno noi ci crediamo tanto e, di conseguenza, non lo viviamo. Infatti la folla cerca, allora come ancora oggi, parole e segni di salvezza-guarigione. Non ascoltandone di vere e non vedendone di autentici si accontenta di quello che gli assomiglia di più: la moda, lo sballo, la salvezza individuale, il successo, il benessere, ecc…
C’è bisogno che noi impariamo a parlare come faceva Gesù: non con slogan, o frasi fatte; non in modo paternalista, come chi sa già tutto e insegna le soluzioni; non facendosi ripetitori dei maestri della sapienza del mondo, la televisione, i giornali, la saggezza comune, ecc… Per poterlo fare bisogna avere familiarità col Vangelo e imparare a parlare come Gesù: più si sta in sua compagnia, più si legge e si medita il Vangelo e più il nostro parlare si conformerà ad esso. Bisogna imparare ad avere parole di speranza che aprono prospettive nuovo e ridanno il futuro a chi lo vede chiuso.
Bisogna imparare a parlare con le parole della propria vita, perché le parole traggono forza e credibilità se accompagnate dal viverle in prima persona, come dice Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità” (1Gv 3,18-19).
Chi è disorientato non ha bisogno di consigli, ma di qualcuno che sia disposto a camminare con lui nella direzione giusta: “E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.” (Mt 5,41).
C’è bisogno che noi compiamo i segni di Gesù: le guarigioni, la liberazione dai demoni, le resurrezioni …
La folla accorre da Gesù per vedere Lazzaro tornato in vita (Gv 12,9): chiamare col suo nome chi è morto per tutti è restituirgli la vita: “Lazzaro, vieni fuori”. Pensiamo ai poveri o agli anziani che sono soli e nessuno li chiama per nome.
La gente accorre per vedere l’indemoniato guarito: “La gente uscì per vedere l’accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni, vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù” (Lc 8,35). Quanta gente è come posseduta dal demone dell’agitazione per sé e fa cose assurde per obbedire al padrone del mondo che li sconvolge. L’amore guarisce e ridona la pace e la veste. Chi lo vede resta colpito, e si fa lui compagno del malato verso Gesù: “La gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati” (Mt 14,35). La guarigione spesso è già nel farsi compagni di Gesù: “Molta gente lo seguì e là egli li guarì” (Mt 19,2).
Dice l’evangelista Luca che “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti” (Lc 6,19). C’è una forza che il cristiano può comunicare, la forza del Vangelo vissuto con fiducia in Gesù: “Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.” (Mt 10,1); “A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1,12).

mercoledì 2 febbraio 2011

V domenica del tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaìa 58, 7-10
Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio».

Salmo 111 - Il giusto risplende come luce.
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 1-5
Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la luce del mondo, dice il Signore;
chi segue me, avrà la luce della vita.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il mondo moderno è sempre più complesso e regolato da meccanismi che sfuggono alla nostra comprensione. La politica, l’economia, la società globale sembrano obbedire a leggi che sovrastano l’individuo e lo rendono il più delle volte un piccolo ingranaggio trascinato da un sistema più vasto e imperscrutabile. Pensiamo solo alla crisi economica che ha così pesantemente influito sulla vita di migliaia di famiglie italiane, di cui molte anche a noi vicine, causando la perdita di lavoro e l’impoverimento di tante di esse. Essa è stata originata per l’eccessivo indebitamento di molte famiglie americane per l’acquisto della casa e la speculazione di alcune agenzie della finanza mondiale. Per una serie di oscure reazioni a catena quel danno è giunto fino a noi. O basti pensare ai conflitti che insanguinano tanti angoli del mondo e dei quali ci sfuggono i motivi, anche quando ci coinvolgono direttamente, come ad esempio in Afghanistan. Insomma tutto ci porta a dire che io non conto niente e a malapena riesco a seguire gli eventi che mi riguardano più da vicino; neanche più riusciamo a controllare la vita dei nostri figli che con internet e i social network vivono collegati ad una rete di rapporti di cui è impossibile riuscire ad avere una visione chiara, figuriamoci tirarne le fila.
Eppure abbiamo ascoltato poco fa le parole di Gesù che sembrano affermare l’esatto contrario: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo.” Gesù sembra sopravvalutare i suoi interlocutori, infatti non parlava a gente speciale, ma a degli umili ex-pescatori di una regione periferica come la Galilea, ed oggi a noi, gente comune senza un grande potere. Sì, Gesù afferma che ogni uomo, per quanto semplice e ordinario, può avere un grande potere capace di dare sapore e luce al mondo intero. E’ il potere di realizzare il bene che Dio ha preparato: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.” C’è una forza nello spendere la vita per il bene che va ben al di là della singola azione o dell’ambito limitato della singola scelta. Il vangelo ci dice che orientare la propria vita al bene la rende una forza trasformatrice della storia: una luce che rivela al mondo il vero valore per cui vale la pena vivere e un sale che restituisce senso all’esistenza umana altrimenti sballottata dagli eventi e trascinata alla deriva dalle correnti del mondo.
A questo grande potere il mondo contrappone l’azione corrosiva dello scetticismo e del realismo pessimista, due elementi che cercano di sminuire la forza invincibile dell’uomo che vive il vangelo. E purtroppo spesso i cristiani stessi accettano questa logica e circoscrivono la forza trasformatrice del bene vissuto in un angolo secondario, credendo invece che le vere battaglie sono su altri scenari.
Il Signore per bocca del profeta Isaia esprime con forza l’invito a mettere al primo posto l’impegno a praticare il bene verso gli altri, a partire dai più deboli, perché ai suoi occhi esso viene ancor prima di tutte le altre espressioni religiose, come ad esempio il digiuno: “Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora” e prosegue mettendo ancora più in evidenza come da questo deriva la possibilità per l’uomo di fede di divenire “luce del mondo”, come dice il vangelo: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.” Sì, l’amore compassionevole per il debole viene prima, come dice l’Apostolo, anche della fede: “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1Cor 13,13).
Eppure a noi il semplice aiutare i poveri, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, ecc … sembra qualcosa di secondario, se non addirittura una perdita di tempo e di risorse da dedicare a scopi che diano maggiori risultati: si sa, con i poveracci non ci si guadagna, anzi ci si infila in un ginepraio di problemi.
Non sarebbe più importante battersi per un maggior ruolo, politico e sociale, del cristianesimo nella società, per il riconoscimento del ruolo della Chiesa, per una maggior visibilità dei simboli e della presenza? Pensiamo alla questione del riferimento alle radici cristiane nello Statuto dell’Europa o all’esposizione dei crocefissi: tutte cose buone, ma troppo spesso ci sembrano queste le battaglie per dare forza al cristianesimo, mentre fanno mettere da parte la vera forza che nessun potere del mondo può vincere che è quella del bene vissuto e messo in pratica. Eppure l’Apostolo nel brano della lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato sottolinea come lui si sia presentato non con i mezzi di persuasione di questo mondo, ma con la debolezza della fede vissuta: “La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.” Sì l’amore vissuto per gli altri, a partire dai più piccoli, manifesta la potenza dello Spirito e offre un fondamento solido che fa nascere e crescere la fede in chi lo incontra. E’ la storia delle Chiese nate e cresciute sulla predicazione di Paolo, e non sugli statuti o i simboli appesi al muro, e l’esperienza che ancora oggi facciamo ogni volta che il vangelo è annunciato insieme alla testimonianza di un amore profondo per i poveri. Lo hanno fatto molti santi, come S. Francesco, S. Vincenzo de’ Paoli, Madre Teresa, ecc… che hanno imposto una svolta alla storia e nutrito la fede dei cristiani del loro tempo partendo dall’amore per i poveri e sono universalmente riconosciuti, anche da chi non è cristiano o non credente, come esempi luminosi di umanità, persone che hanno saputo dare un sapore forte alla vita.
Qualcuno potrebbe dire che questa ambizione di rivestirsi della forza del Vangelo per cambiare la storia non è una via per tutti, ma solo per pochi che la trovano confacente alla propria indole. Non tutti ne sono capaci o sono tenuti a viverla. In fondo ognuno ha talenti e predisposizioni diverse e può trovare più consoni altri modi più umili di vivere la fede nella piccolezza della propria vita privata e familiare. In realtà il vangelo di Matteo pone un’alternativa molto radicale: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.” Se non si ambisce ad essere luce e sale del mondo la propria vita non serve a niente, è inutile e sprecata, cioè si perde.
Cari fratelli e care sorelle, assumiamo con coraggio e responsabilità l’ambizione che il vangelo ci chiede: essere protagonisti della storia e capaci di immettere in essa il bene che la trasforma secondo il piano di Dio. Si tratta di porsi umilmente al servizio del Vangelo, di prenderlo sul serio e di viverlo, come dicevamo la settimana scorsa parlando delle beatitudini, di compiere con passione il bene che ci indica. Se ci incammineremo su questa strada l’aiuto di Dio ci si farà incontro, perché, come dice Isaia,: “Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!” Sì il Signore soccorre coloro che non sprecano la vita che hanno ricevuto in dono, ma la mettono a frutto per affrettare la realizzazione del fine della storia umana, quel compimento del Regno di pace e di giustizia che il Signore è venuto a inaugurare.
Preghiere

O Signore ti ringraziamo perché ci inviti a vivere con ambizione e coraggio e a non accontentarci di ciò che già sappiamo fare. Donaci la forza di essere all’altezza della nostra vocazione.
Noi ti preghiamo
Aiutaci o Padre del cielo ad assaporare con gioia il sale del vangelo perché anche la nostra vita sia ricca di sapore e piena di significato,
Noi ti preghiamo
O Cristo che sei la vera luce, fa’ che sappiamo anche noi illuminare il cammino perché gli uomini orientino i loro passi verso di te.
Noi ti preghiamo
Con insistenza ti preghiamo o Signore misericordioso, perché non vinca in noi la rassegnazione e il realismo, ma con audacia guardiamo a te per conoscere la misura da raggiungere.
Noi ti preghiamo
Guarda con amore o Dio a noi tuoi figli, perché sia cancellato il nostro peccato e la nostra vita possa essere pura e buona come tu vuoi.
Noi ti preghiamo
Aiutaci o Signore a fuggire le occasioni di peccare e aiutaci a compiere con decisione le opere buone che tu hai preparato per noi.
Noi ti preghiamo.
Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che sono nel bisogno: per i prigionieri, i malati, gli anziani, chi è senza casa e famiglia. Dona loro guarigione e salvezza dal male.
Noi ti preghiamo
Proteggi i tuoi discepoli o Dio, ovunque essi siano dispersi. Dona loro coraggio e proteggili perché il vangelo sia annunciato ovunque e il tuo nome benedetto in ogni Paese.
Noi ti preghiamo

martedì 1 febbraio 2011

IV domenica del Tempo Ordinario

Dal libro del profeta Sofonia 2,3; 3, 12-13
Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l'umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore. Farò restare in mezzo a te, Israele, un popolo umile e povero; confiderà nel nome del Signore il resto d'Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti.

Salmo 145 - Sono beati i poveri in spirito.
Il Signore è fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Egli libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge lo straniero.

Egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 26-31
Considerate la vostra vocazione, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: "Chi si vanta si vanti nel Signore".

Alleluia, alleluia, alleluia
Rallegratevi ed esultate,
grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Alleluia, alleluia, alleluia

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12
In quel tempo: vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, questi tempi sono segnati da una grande confusione. Lo vediamo attorno a noi, è come se le cose che dovessero darci sicurezza e rappresentare la solidità a cui aggrapparsi si stiano sgretolando.
A livello politico assistiamo ad una zuffa di tutti contro tutti, e non per un ideale o un progetto politico di società, ma per strappare un pezzetto di potere in più, un posto, e alla fin fine, un po’ di soldi, senza tenere conto se questo poi causa danni alla gente.
A livello sociale emerge e diventa famoso chi sgomita di più, chi sa farsi strada dado calci: conta chi guadagna molto, chi ostenta più benessere, chi può fare a meno di tutti e magari chi sfruttando gli altri arricchisce.
A livello internazionale vediamo come poche nazioni più ricche possono imporre il loro potere su tutti, mascherando i propri interessi con nobili ideali mentre si disinteressano delle situazioni in cui c’è guerra o miseria se da esse non c’è niente da guadagnaci.
Sono cose che tutti noi vediamo e sappiamo, e davanti a questa situazione la nostra tentazione è quella di diventare nostalgici del passato, come se un tempo tutto andasse bene. Fratelli e sorelle, le difficoltà del tempo presente non si risolvono volgendosi al passato, ma guardando al futuro con lo sguardo del Vangelo. Sì, troppe volte noi ci lamentiamo del presente in modo vittimistico, coltivando un senso pessimista di impotenza che, in realtà, è la scusa per dire che, come fanno tutti, è meglio che anche noi ci facciamo i fatti nostri perché tutto va a rotoli. Davanti alle difficoltà del tempo presente, al disorientamento, all’egoismo diffuso vince anche in noi cristiani il desiderio di approfittare, di seguire la corrente che trascina verso un destino che sembra ormai inevitabile: la legge della giungla in cui tutti sono contro tutti e ciascuno cerca di approfittare degli altri per trarne il maggior guadagno.
Ma chiediamoci, è questo il futuro che desideriamo per noi e per i nostri figli? È questa l’eredità che vogliamo lasciare alle generazioni future? Vogliamo essere ricordati come quelli che dimenticando cosa vuol dire essere uomini si sono azzannati gli uni con gli altri come belve ?
Come sempre la Scrittura è uno scrigno prezioso dal quale ogni domenica possiamo estrarre il tesoro della sapienza di Dio. Sì la Parola illumina il cammino, facendocela vedere con occhi diversi, occhi appassionati e buoni, non nostalgici del passato e pessimisti, ma pieni di speranza.
La liturgia oggi ci fa ascoltare la voce antica del profeta Sofonia che ci mostra una visione grandiosa e ci indica una via per la nostra salvezza: “confiderà nel nome del Signore il resto d'Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti”. Sofonia mostra come il riposo del popolo, la nostra sicurezza, non sta nel trasformarci in un branco di lupi rapaci che si azzannano ma nel vivere con semplicità e concretezza la fiducia nel Signore, smettendo di vivere all’insegna del profitto a tutti i costi (Non commetteranno più iniquità ), evitando la falsità dell’apparire e dell’ipocrisia (non proferiranno menzogna), dando alla parola il suo ruolo vero di modo per legarsi agli altri e non per approfittare e sfruttare (non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta). Sono cose così semplici che ci possono sembrare troppo ingenue, inutili davanti a un mondo difficile eppure sono l’unico modo per restituire a ciascuno la un volto umano, tante volte sfigurato dalla nevrosi dalle invidie e dagli odi. E’ quello che dice l’Apostolo: troviamo la nostra vera dimensione che è di gente umile e poveraccia senza voler apparire chissà cosa e senza voler essere arroganti e imporci sugli altri e saremo felici: “Considerate la vostra vocazione, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti”. Sì perché la vera beatitudine non è nel sentirsi forti del benessere o del ruolo sociale, di tutte quelle cose che ci fanno credere di poter fare a meno degli altri, ma piuttosto troviamo il nostro vanto nel vivere secondo la Parola del Signore, che è l’unica che ci garantisce la sicurezza vera, quella della protezione benevola di DIo: “Chi si vanta si vanti nel Signore”, dice infatti l’Apostolo.
Ci chiediamo: vivere in questo modo non ci getta in balia della tempesta che sconvolge il mondo? Non rischiamo così di restare travolti dalla vita, senza difese e risorse?
E’ il dubbio che forse Gesù lesse negli occhi della folla che lo stava ad ascoltare un giorno sulla montagna. Era gente semplice, non ricchi o potenti, e nella loro debolezza cercavano qualcosa a cui aggrapparsi, ma dove trovarlo? Nella violenza, nel benessere, nel mostrarsi e credersi forti e autosufficienti? A questa domanda che è anche la nostra in questo tempo difficile Gesù rispose indicando la vera beatitudine.
Conosciamo bene quelle parole e ogni volta che le ascoltiamo non possiamo non restare sconcertati perché ci propongono di trovare la vera felicità proprio nel contrario di quello che normalmente viene indicato come beatitudine.
C’è un segreto in queste parole che non trovano una spiegazione razionale. E’ inutile moltiplicare le parole e cercare spiegazioni. Come tutto il Vangelo, l’unico modo per capire queste parole è viverle. Sì, se proverai a metterti dalla parte dei poveri di spirito e degli afflitti, se vivrai la mitezza, cercherai la pace, userai misericordia con gli altri, vivrai la giustizia ti troverai a fare una vita beata, e capirai perché il Signore disse quelle parole. Se ti fiderai di lui capirai. Se lo vivrai scoprirai perché è vero. E’ questo il senso della fede che anche se piccola come un granello di senape smuove le montagne e spiana la strada della felicità vera, della beatitudine piena. Quelle beatitudini, se ci pensiamo bene, sono il ritratto di Gesù, lui per primo ha vissuto così e imitarlo ci consente la felicità più piena.
Fratelli e sorelle, non viviamo questo nostro tempo confuso trascinati dalla corrente del “così fan tutti”, reagiamo all’arroganza, all’egoismo, al pensare solo al proprio tornaconto volgendo lo sguardo al futuro per trovare in esso la realizzazione della vera felicità. Solo così sapremo preparare per noi e per tutti un futuro migliore vantandoci che sì, abbiamo seguito l’esempio e gli insegnamenti del Signore e veramente il mondo è la nostra vita non è più la stessa.


Preghiere

O Dio padre nostro che continui a convocarci perché come un popolo solo ci incamminiamo tutti assieme verso il futuro che ci prepari, fa’ che non vincano le nostre divisioni e rivalità, ma come figli di una sola famiglia ci amiamo gli uni gli altri con affetto sincero.
Noi ti preghiamo
O Signore che sei nato nel buio della notte, rischiara anche le tenebre di questo nostro tempo, perché dove sembra vincere il male e la durezza di cuore, sappiamo far spazio al Vangelo che illumina e scalda la vita.
Noi ti preghiamo

O Signore che sei nato povero e piccolo, fa’ che non ci spaventiamo della nostra umile dimensione, ma ne facciamo la forza che ci spinge a cercare in te, e non altrove, la forza e la grandezza.
Noi ti preghiamo
Riempi o Padre santo i nostri occhi delle visioni e dei sogni del vangelo. Fa’ che non vinca in noi il realismo triste e rassegnato che accetta il mondo così come è, ma con ambizione e perseveranza fa’ che viviamo a partire da noi stessi la forza trasformatrice del Vangelo
Noi ti preghiamo
O Signore Gesù fa’ che non manchi mai il sostegno necessario ai poveri e ai bisognosi. Ascolta il grido di chi invoca da te l’aiuto che non trova dai fratelli e dalle sorelle.
Noi ti preghiamo
Ti preghiamo o Padre misericordioso per tutti coloro che soffrono: i malati, gli anziani, i deboli, chi è senza casa, i prigionieri, le vittime della guerra e della violenza. Dona a tutti loro pace e salvezza.
Noi ti preghiamo.
Guarda con amore o Dio di ogni bontà a tutti quelli che ci hanno lasciato per raggiungerti in cielo. Non guardare al loro peccato, ma alla fede di quanti ti invocano perché splenda su tutti loro la luce perpetua della tua misericordia.
Noi ti preghiamo
Guida o Signore Gesù i passi di coloro che annunciano il vangelo. Fa’ che con la loro testimonianza piena di amore e di bontà rivelino a chi non ti conosce il vero volto di Dio.
Noi ti preghiamo