sabato 30 luglio 2011

XVIII domenica del tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaia 55, 1-3
Così dice il Signore: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide».

Salmo 144 - Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 35. 37-3
Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Alleluia, alleluia alleluia.
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 14, 13-21
In quel tempo, avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Commento

Il profeta Isaia nel brano che abbiamo ascoltato poco fa ci prospetta una situazione a dir poco fuori dal comune. Egli si rivolge a gente che spende molto per comprare ciò che non serve a saziare e dissetare. Perché questa follia?
Eppure, se ci pensiamo bene, non è forse la stessa frenesia consumista che spinge l’uomo e la donna moderna a spendere per comprare l’ultimo prodotto uscito, il modello più alla moda, l’oggetto di cui non si può fare a meno, non per un bisogno reale, ma, il più delle volte, per il puro piacere di comprare e di possedere cose? Così facendo ci illudiamo di trovare quella soddisfazione che altrimenti sembra sempre frustrata e delusa. Ma quanto dura questa felicità del consumo? Fino a quando non esce un nuovo modello o un nuovo oggetto che ancora non possediamo e che, di nuovo, sentiremo il bisogno irrefrenabile di acquistare. La fame e sete di soddisfazione e di benessere non riesce mai ad essere placata per quanto ci affanniamo a comprare e consumare, proprio come dice il profeta Isaia. Ma questo atteggiamento consumista non si manifesta solo nell’uso delle cose, ma è un modo di vivere in senso più globale: è un modo di concepire sé e i propri rapporti, gli interessi, gli impegni, le responsabilità. Pronti a impossessarci di persone e situazioni, per poterne ottenere la massima soddisfazione possibile, ma poi, quando non ci danno più quello che desideriamo, siamo pronti a buttarli via come cose inutili e fuori moda, per rivolgerci ad altro. In fondo, lo sappiamo, non conviene riparare alcuni oggetti, costa meno buttarli e ricomprarli nuovi. Così è delle persone: costa più fatica e sacrificio “riparare” un rapporto deteriorato, piuttosto che buttarlo via e cercarsene uno nuovo.
Ma questo modo di vivere con l’illusione di poter sempre ottenere di più cercando altrove non ci fa costruire qui e ora qualcosa di duraturo e di solido, solo rapporti e situazioni di facciata, fragili ed effimere, pronte a crollare al primo scossone. La sete di umanità autentica, di rapporti veri, di qualcosa che resta non riesce mai a essere appagata e resta un senso di insoddisfazione di fondo che degenera in quella che è la malattia del momento: depressione, tristezza, mancanza di senso della vita.
Il profeta Isaia però non solo si stupisce della follia di chi spende per ciò che non vale niente, ma offre a quelle stesse persone cibo succulento e bevande buone senza alcuna spesa. Questo cibo è nientedimeno che una parola annunciata: “Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.” È Dio stesso che si offre come la risposta vera a quella fame e sete di vita buona e umanità vera che tanti cercano di soddisfare con ciò che non vale, e Dio ha scelto di farsi conoscere dagli uomini proprio come una Parola pronunciata e, con Gesù, una Parola incarnata. E sempre come Parola è rimasto con noi definitivamente, affidataci come un Testamento di salvezza.
All’uomo consumista e alla donna che cerca la propria soddisfazione nell’effimero delle esperienze passeggere, Dio torna allora oggi a proporre la felicità vera, solida e duratura, che non passa e non si consuma che è contenuta in quella Parola che ci è ancora una volta annunciata per incontrare Dio stesso.
Eppure in un mondo dominato dall’economia e dal commercio, come il nostro, tutto ciò ci sembra assurdo. Per noi vale solo quello che si compra e ha un prezzo: cosa valgono le parole? Con le parole non si fanno le manovre finanziarie e non si salvano i mercati dalla crisi economica che attanaglia i nostri paesi occidentali. Le parole non si quotano in borsa né si accumulano in banca.
Quanto le parole potessero valere lo capivano invece molto bene le folle che seguivano Gesù. Abbiamo ascoltato dal vangelo di Matteo come il Signore, dopo aver saputo dell’uccisione del Battista, cerchi di isolarsi a pregare un momento, ma non ci riesce perché la gente, intuito dove andava, lo precede e si affolla attorno a lui. Cercano le parole che li salvano, che li guariscono, gli ridanno speranza e futuro, li liberano dall’angoscia, li rendono umani, persone nuove. Per loro quelle parole valgono più di tutto e affrontano disagi e fatica per ascoltarle. Sono il loro tesoro, ed è elargito abbondantemente a tutti senza dover pagare. È una parola autentica e credibile, perché cambia veramente la realtà delle loro povere vite, sazia la loro fame di bene e sete di giustizia, chiedendo innanzitutto a loro stessi di fare spazio nel loro cuore al bene e alla giustizia di cui c’è così bisogno.
Quanto quella parola sia il vero pane e la vera bevanda di cui parla Isaia, che sazia e disseta gratuitamente, lo conferma il miracolo che Gesù compie: sfama tutta la folla moltiplicando il poco che avevano i discepoli e distribuendolo gratuitamente, come aveva appena fatto con le sue parole.
Davanti a questa scena i discepoli restano scettici. Anche loro sono vittime della mentalità del calcolo e della convenienza che sta alla base della nostra cultura. Si fanno un po’ di conti: quante persone, quanto cibo, quanto denaro serve? Troppo. La risposta spontanea al rapido calcolo è: ciascuno pensi a se stesso: “congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. Sì, la mentalità economica e calcolatrice del consumismo fa cercare il proprio benessere e ha come unica soluzione che ciascuno pensi a sé e risolva con le proprie forze i propri problemi.
Gesù, forse un po’ ingenuamente, prova a contraddire questa mentalità, e dice loro: “voi stessi date loro da mangiare”. Cioè: “vivete una logica diversa, fatevi carico voi stessi del bisogno degli altri, non rispondete alla fame e alla sete di bene, di felicità, di vita nuova e più autentica dicendo: arrangiatevi!, ma trovate voi la risposta, che è la Parola di Dio accolta e vissuta, pane che sfama ogni uomo”.
I discepoli hanno paura. Perché pensano, molto banalmente, che se devono mettere in comune con tanta gente il cibo che hanno poi loro resteranno senza. È quello che tutti pensiamo: se mi occupo degli altri come faccio poi a pensare a me? Se do del mio agli altri, cosa resta per me?
I discepoli conoscevano il brano di Isaia, sapevano che Dio stesso, a chi glielo chiede, offre cibo gratis, ma non si fidano. C’è bisogno dell’insistenza di Gesù che li forza a distribuire il poco cibo che hanno perché questo, miracolosamente, si moltiplichi. È quello che accade ogni volta che ci fidiamo della Parola di Dio e la mettiamo in pratica: “voi stessi date loro da mangiare”. Date affetto, date parole, date tempo, date risorse, largamente e gratuitamente, e tutto questo verrà moltiplicato, basterà per loro e per voi stessi. Gesù, in un altro momento, dirà loro: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.” (Mt 19,29). I discepoli non solo sfamano cinquemila persone, ma loro stessi si saziano e avanza molto cibo che non va sprecato. Cinque pani e due pesci non sarebbero bastati a sfamare nemmeno Gesù e i discepoli, ma il centuplo sazia tutti.
Fratelli e sorelle, non abbiamo paura ad essere controcorrente, non per spirito di contraddizione, ma perché la cultura consumista e calcolatrice del mondo ci lascia affamati e assetati. Nutriamoci del cibo buono che è la Parola di Gesù che oggi ci è annunciata. Lasciamoci forzare da Gesù che ci invita a non avere paura di rimetterci o di perdere qualcosa per noi, doniamo tutto e lo vedremo moltiplicato sulla sua parola. Risponderemo così al bisogno di tanti, ma anche sazieremo la nostra fame e sete di vita buona e di felicità.
Preghiere
O Signore Gesù vieni nelle nostre vite a forzare l’egoismo e l’avarizia, perché imparando a donare troviamo la vera ricchezza che soddisfa ogni bisogno, sfama e disseta noi e le folle.
Noi ti preghiamo

O Padre buono perdona quando cerchiamo la felicità nelle cose, nel possesso dei beni e delle perone. Aiutaci a convertire il nostro cuore sulla via della generosità, perché scopriamo la vera gioia che è: vivere il Vangelo.
Noi ti preghiamo

Moltiplica o Signore Gesù il pane di cui tanti affamati oggi hanno bisogno in Somalia, Kenya, Etiopia, ma soprattutto apri i cuori degli uomini perché offrano almeno il loro superfluo a chi non ha il necessario per vivere.
Noi ti preghiamo

Troppe volte, o Padre misericordioso, siamo spaventati dalla radicalità del Vangelo che ci sembra eccessivo e pericolosamente ingenuo. Fa’ che fidandoci almeno un po’ scopriamo che sono le uniche parole vere, che donano la salvezza dal male e la libertà dalla paura.
Noi ti preghiamo

Fa’ o Dio che le folle affamate di affetto e di attenzione non cerchino la loro felicità nel possesso delle cose e nello sfruttamento degli altri. Aiuta tutti noi a non contentarci delle soddisfazioni a buon mercato, ma a cercare sempre la vera gioia che dà il Vangelo.
Noi ti preghiamo

O Padre di eterna bontà, mostra sempre al mondo il tuo volto benigno perché ciascuno sappia rivolgersi a te con fiducia e affetto. Insegnaci le parole per pregare e chiederti il bene della pace di cui il mondo ha così bisogno.
Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Signore tutti quelli che offrono i pochi pani e pesci della loro vita perché sia sfamato il bisogno delle folle. Per gli annunciatori del Vangelo, per gli operatori di pace, per chi ha cura dei poveri e vive la carità.
Noi ti preghiamo

Guarisci o Dio chi è malato, salva chi è nel pericolo, guida chi è disperso, suscita sentimenti di misericordia in chi è prigioniero del peccato, venga presto il tuo Regno di pace e di giustizia,
Noi ti preghiamo

mercoledì 27 luglio 2011

XVII domenica del tempo ordinario

bambina zingara ungherese
Dal primo libro dei Re 3, 5. 7-12
In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».

Salmo 118 - Quanto amo la tua legge, Signore!
La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 28-30
Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 13, 44-52
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Commento
L’Evangelista Matteo ci riporta le parole che concludono il lungo discorso che Gesù fece alle folle dalla barca, perché la moltitudine, che stava a riva ad ascoltarlo, era molto vasta. A tutta questa gente radunatasi per ascoltarlo Gesù si rivolge con sette parabole nelle quali parla del regno di Dio: la parabola del seminatore, quella della zizzania, del granello di senape, del lievito, e le tre di oggi sul tesoro, la perla preziosa e la rete.
Tutta quella gente era andata da Gesù per ascoltare i suoi insegnamenti, probabilmente molti cercavano la guarigione dalle loro malattie, alcuni forse erano i curiosi di vedere quel personaggio di cui si parlava molto in giro. Tanti motivi, persone diverse, eppure a tutte Gesù fa un solo discorso, e per di più un discorso difficile, tanto che i discepoli per capire devono chiedere spiegazioni al Maestro, e molto esigente. A gente che voleva vedere e risolvere i propri problemi immediati il Signore, niente di meno, propone di sollevare il proprio sguardo fino, addirittura, a contemplare la realtà definitiva e ultima che è il Regno di Dio. Ci chiediamo: non è forse eccessivo Gesù? Non pretende troppo? Non punta troppo in alto per quei contadini ignoranti di Galilea?
In realtà è quello che Gesù fa ogni volta che parla alle folle. Anche a noi che oggi siamo qui riuniti, una folla più sparuta di quella di quel giorno; ognuno di noi ha nel cuore e nella mente i propri problemi, cerca le proprie soluzioni, ha i propri dubbi, si presenta con le proprie debolezze, ecc… Eppure anche a noi non ci parla di come superare queste difficoltà, ed in fondo questa è l’impressione che spesso ci portiamo in fondo al cuore dopo aver ascoltato il vangelo a Messa: Gesù non mi ha capito, Gesù non risponde alle mie esigenze, le sue parole puntano troppo in alto, o troppo lontano, mentre io ho bisogno di soluzioni pratiche di più immediata utilità. Una legge più precisa, un giudizio chiaro, una risposta definitiva. Il Signore in realtà non ci parla così come vorremmo, ma non perché disprezza i nostri problemi o ritiene superfluo ascoltarci e risolverli, ma sa che l’unico modo per uscirne fuori è accettare di vivere una prospettiva diversa e più alta, quella del Regno. È nell’accogliere questa visuale, a volte radicalmente diversa, fino ad essere invertita, rispetto a quella ordinaria, che noi possiamo sperare di uscire dalla nebbia dei dubbi e dalla palude delle situazioni difficili, spesso ripetitive e bloccate. C’è bisogno di entrare nella prospettiva di chi cerca il Regno di Dio, e le risposte ai dubbi e le soluzioni ai problemi verranno mentre ci incamminiamo.
Ci dice infatti l’Apostolo Paolo: “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.” Tutto è ordinato al bene in chi si preoccupa di realizzare il disegno di amore che Dio prepara per ciascuno. A volte però questo ci sembra secondario, come se prima dovessimo risolvere le nostre difficoltà personali per poterci, solo dopo, dedicare ad aspirazioni più elevate, quasi che queste fossero un lusso per gente risolta e senza problemi. Salomone, abbiamo ascoltato, messo in età giovane di fronte alle responsabilità soverchianti del nuovo ruolo di re del popolo d’Israele, chiede a Dio non forza o ricchezza con cui esercitare il potere, ma qualcosa che sembra molto meno utile ai suoi scopi: la sapienza di saper riconoscere e realizzare il bene. Egli sa che , arricchito di questa capacità, potrà affrontare le sfide e i pericoli di una situazione così difficile, certo che agirà secondo il volere di Dio e che così otterrà frutti buoni per sé e la sua gente.
La stessa cosa fa il contadino che scopre un tesoro prezioso là dove non credeva di trovarlo: nel campicello che arava da sempre. Fa di tutto per entrarne in possesso e garantirsi il benessere per il suo futuro. Così fa anche il mercante che trova la perla più preziosa che abbia mai visto. Non ha dubbi: vende tutto il resto, anche cose utili e necessarie, perché sa che con quella perla otterrà molto di più.
Lo stesso è del Vangelo. Spesso lo ascoltiamo come qualcosa di bello ma irrealizzabile: un tesoro nascosto chissà dove, una perla straordinaria ma impossibile da raggiungere. Per questo viviamo chini sui nostri problemi, senza saper dove trovare la via d’uscita. Ma Gesù oggi viene a dirci: guarda che il tesoro è nascosto nel campo della tua vita, basta faticare un po’ a scavare e spendere tutte le tue risorse e sarà tuo; alza gli occhi, ecco la perla preziosa, sono le mie parole e il mio esempio, rinuncia alle abitudini vecchie e ai modi di fare di sempre, spendi tutto te stesso per acquistarla, e sarà tua per sempre.
Sì, ci sembra troppo difficile, un impegno che non ci sentiamo di prendere. È vero, si fa fatica e ci vuole una scelta definitiva, ma è in gioco la salvezza: non ne vale forse la pena? Non ci accada come nella terza e ultima parabola, quella della pesca. La vita passa per i fondali del mondo e raccoglie pesci di ogni tipo, ma non tutti buoni. Ci sono quelli che hanno saputo realizzare la vocazione ad essere buoni e di giovamento a tanti, altri invece spinosi o corazzarti di placche indurite o forse anche dalle carni avvelenate dalla tristezza e dall’inutilità. Questi non hanno futuro, sono destinati a essere gettati via, i primi invece saranno il frutto prezioso della pesca di Dio per il suo Regno.
Prepariamoci allora fin da subito, non facciamo scorrere invano il tempo e le occasioni, perché il tesoro e la perla non restino offuscati o dimenticati ma possano risplendere nelle nostre vite dando lustro e splendore ad ogni nostra parola ed azione.
Preghiere
Ascolta, o Dio nostro, la preghiera che ti presentiamo: rendici cercatori appassionati del tesoro più prezioso della nostra vita, che è la realizzazione della tua volontà. Non farci accontentare di niente di meno utile e importante, perché giungiamo alla salvezza che hai preparata per noi.
Noi ti preghiamo

Il Vangelo splende o Signore più di ogni perla preziosa e tu ce la offri in dono. Fa’ che non la disprezziamo, ma rinunciamo volentieri a tutte le illusioni di benessere e felicità che ci distraggono dalla ricerca dell’unico vero bene.
Noi ti preghiamo

Guidaci o Padre di eterna bontà nel cammino della nostra vita, perché non ci chiniamo solo sul nostro particolare problematico, ma sappiamo alzare lo sguardo a scorgere la bellezza del futuro che desideri per noi. Sostieni la nostra capacità di sperare e di sognare perché ci salvi il tuo amore.
Noi ti preghiamo

Rivolgi il tuo sguardo misericordioso a noi tuoi figli peccatori o Dio, perché la durezza di cuore e l’indecisione a seguirti non paralizzi ogni nostro desiderio rivolgendo i nostri interessi solo a noi stessi. Allarga l’orizzonte del nostro sguardo al fratello e alla sorella, ai popoli e alle folle che ci circondano.
Noi ti preghiamo

Guarda con amore o Padre a tutti coloro che sono nel bisogno, perché il male da cui sono schiacciati non li vinca definitivamente. Solleva chi è umiliato e innalza il povero dimostrando così la tua signoria sulla storia dell’umanità.
Noi ti preghiamo

Dona la tua pace ai popoli che sono in guerra, rafforza la volontà di bene in chi oggi si combatte, guarisci le piaghe dei feriti e l’odio di chi è stato colpito. Riconcilia, o Dio, i cuori di tutti gli uomini.
Noi ti preghiamo.

Rendi potente e credibile o Signore Gesù l’annuncio di chi proclama il Vangelo vivendolo con fede. Fa che in ogni angolo della terra sia glorificato il tuo nome santo come l’unico che porta salvezza.
Noi ti preghiamo

Rafforza o Dio chi è incerto e dubbioso, sostieni chi inciampa nella fragilità dei propri propositi e si scoraggia di fronte alle difficoltà del bene. Dona a tutta la Chiesa la forza del tuo amore.
Noi ti preghiamo


XVI domenica del tempo ordinario



Dal libro della Sapienza 12, 13. 16-19
Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti. Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini; inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi.

Salmo 85 - Tu sei buono, Signore, e ci perdoni.
Pietà di me, Signore, a te grido tutto il giorno. +
Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.

Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;
grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio.

Signore, Dio di pietà, compassionevole +
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,
volgiti a me e abbi misericordia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 26-27
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.

Alleluja, alleluia, alleluia
Il Signore getta nel nostro cuore
il seme buono del Vangelo.
Alleluja, alleluia, alleluia

Dal vangelo secondo Matteo 13, 24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla una parabola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste" fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda! ».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, la Scrittura che abbiamo ascoltato oggi ci parla del potere di Dio. Lo sappiamo, e lo proclamiamo ogni domenica a messa: Dio è onnipotente. Il suo potere è assoluto e illimitato. Nelle chiese orientali l’immagine del Signore “pantocrator”, cioè onnipotente, troneggia nel punto più elevato, in genere nel catino dell’abside o nella cupola, proprio a testimoniare il suo dominio sull’universo delle creature, a cominciare dalla sua ultima, l’uomo.
Ma tutto ciò non ci dice molto su che potere è quello che Dio esercita sull’uomo. In genere noi pensiamo che il potere sia la possibilità di fare tutto quello che si vuole, ma questa evidentemente non è una risposta, perché allora ci chiediamo: cosa vuole Dio?
Il libro della Sapienza abbozza una prima risposta: “La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti.” La forza di Dio è la giustizia, ed ecco allora già un primo tratto: Dio vuole innanzitutto realizzare ciò che è giusto per l’uomo. Ma nemmeno questo basta, è troppo limitato. L’idea di giustizia, che spesso anche noi utilizziamo per misurare i nostri rapporti con gli altri, porta a dire infatti che l’attenzione di Dio bisogna in qualche modo meritarsela, che la sua benevolenza è commisurata ai nostri meriti. Si arriva a dire che chi si comporta bene ha diritto al favore di Dio, con tutto ciò che ne consegue in rivendicazioni e lamentele: “io ho fatto tanto, non ho mai fatto il male, e Dio mi ripaga così o non mi concede ciò che io chiedo?”
Ma Dio non solo è giusto, ma è indulgente cioè misericordioso. Continua il libro della Sapienza: “Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi.” Strano, il potere e la forza non sono una giustizia inflessibile e inesorabile? In Dio esse si piegano nella mitezza e nell’indulgenza, che sembrano quasi fare ingiustizia, applicando misure diverse a seconda dei casi. L’onnipotenza di Dio sembra così l’atteggiamento di qualcuno incapace ad esercitare il potere con fermezza.
La parabola del seme buono e della zizzania ci offre un ulteriore spunto per capire qualcosa in più. Nel mondo ci sono buoni e cattivi, ci spiega Gesù stesso, ma il Signore non ripaga ciascuno con la ferrea logica della giustizia come i servi (che poi saremmo noi discepoli, i cristiani) suggeriamo e vorremmo: togliamo i cattivi di mezzo, prima che ci possano nuocere. Gesù sa però che nessuno è tutto e solo cattivo: estirpando il malvagio se ne tronca anche la parte buona che magari è nascosta o atrofizzata dalla prevalente cattiveria. Gesù lascia crescere e come un buon contadino, cerca di far venire su le parti migliori, quelle che danno più frutto, come il potatore fa con la pianta, eliminando i rametti sterili per far sviluppare meglio quelli fruttiferi. È molto più faticoso. Ci vuole molta più pazienza, e tanto amore e attenzioni, ma alla fine, al momento del raccolto, perché non sperare che la zizzania sia rimasta soffocata dalle piante buone che hanno preso il sopravvento? In fondo quel seme di senape è un granellino minuscolo, che affidamento può darci sul suo futuro e la sua utilità? Eppure l’amore paziente del coltivatore gli consente di crescere e svilupparsi come una pianta grande e utile a tanti.
Come ci comportiamo noi? Quanto è facile stroncare il fratello e la sorella con un giudizio netto e senza appello. Quanto è facile disprezzare la debolezza o l’esilità delle capacità altrui o delle loro possibilità di farcela. La Scrittura oggi ci dimostra che però questo atteggiamento che può sembrare giusto, perché segue criteri di oggettività e realismo, o comunque è quello di chi sa il fatto suo ed esercita assennatamente il potere che ha (di stroncare o di lascar crescere), in realtà è di chi si accontenta di poco e non ha a cuore che il raccolto sai abbondante: gli è sufficiente che basti per sé. Dio no, vuole che il raccolto sfami tutti, le folle, i popoli, il mondo intero. E per sfamare il mondo della sua fame di vita e di bene ce ne vuole! Per questo vuole trarre il massimo da ogni pianta, per quanto malvagia o gracile: da tutti cerca di far emergere il frutto buono di cui sono capaci. Questo atteggiamento, così estraneo alle logiche spietate del mondo dell’efficienza e del profitto, sono quella “dolce speranza” di cui parla la Sapienza, che Dio concede a tutti, meritevoli o meno, colpevoli o meno, fruttiferi o meno che siamo.
Facciamo nostro allora anche noi lo stesso potere di Gesù, potere ben più forte di quello di stroncare ed estirpare, che è il potere di sostenere e di far emergere e prevalere in ogni persona e in ogni situazione il massimo del bene possibile. Godremmo di una forza invincibile, dell’onnipotenza di Dio stesso, che può tutto perché spera, dà fiducia ed è giusto ma con misericordia. Anche noi se saremo così potremo tutto e anche le realtà che ci sembrano irrecuperabili si piegheranno col nostro aiuto verso la realizzazione del bene che Dio prepara per noi tutti.
Preghiere

O Signore che semini con abbondanza nei nostri cuori il seme buono del Vangelo, fa che lo accogliamo con gioia e lo facciamo fruttificare .
Noi ti preghiamo

Perdona o Signore Gesù perché nella nostra vita abbondano le piante cattive dei pensieri e delle azioni malvagie. Fa che sappiamo convertirle e salvarci dal male,
Noi ti preghiamo
Donaci, o Padre del cielo, la pazienza e la tenacia del coltivatore che cura con amore il terreno perché dia frutto abbondante. Aiutaci a non giudicare gli altri con durezza e ad aiutarli tutti ad essere tuoi discepoli,
Noi ti preghiamo

Rendici o Signore appassionati ascoltatori del vangelo perché facciamo nostro il tuo potere che è misericordia e perdono. Rendici ricchi della buona speranza che ci apre le porte di un futuro migliore,
Noi ti preghiamo

Perdona o Dio del cielo il nostro peccato, perché liberi da ogni impaccio e animati dalla forza del tuo perdono sappiamo sempre lodare il tuo nome e annunciare le tue meraviglie.
Noi ti preghiamo

Proteggi ogni uomo che vive minacciato dalla violenza o dalla guerra, perché in ogni luogo regni la pace, la giustizia prevalga dove oggi regna l’odio.
Noi ti preghiamo.

Proteggi o Padre del cielo tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che soffrono per la persecuzione e la violenza. Fa’ che la loro testimonianza sia inizio di un nuovo tempo di pace e di riconciliazione.
Noi ti preghiamo

Dai forza e coraggio a tutti coloro che annunciano il Vangelo e guidano il popolo dei tuoi figli. Per il papa, i pastori e tutti coloro che con la loro testimonianza sono di esempio e guida a molti.
Noi ti preghiamo

martedì 12 luglio 2011

XV domenica del tempo ordinario





Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11
Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata».

Salmo 64 - Visita la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini.

Così prepari la terra:
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli.

I prati si coprono di greggi, +
di frumento si ammantano le valli;
tutto canta e grida di gioia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23
Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». (…) Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».




Commento








Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di questa domenica ci offrono come un grande quadro che rappresenta Dio presente in mezzo a noi. Lo fanno indicando il modo più immediato e comune con cui si realizza questa presenza, cioè attraverso la sua Parola.
Tante volte gli uomini sentono Dio lontano, indifferente ai propri drammi, oppure lo cercano nelle esperienze più strane, nelle emozioni forti. Oppure, e questo forse è il caso più frequente, non lo cercano affatto, perché non ne sentono il bisogno. Agli uni e agli altri oggi la liturgia viene incontro e dice che Dio ci sta vicino, più di quanto ci rendiamo conto e nel modo più semplice e diretto, cioè parlandoci, rivolgendoci la sua Parola. E’ questo infatti il modo più umano che esiste per essere amici, per volersi bene. E’ il modo con cui anche noi costruiamo i nostri rapporti, proprio a partire dalla parola, affettuosa, interessata. Ascoltando le parole di una persona ci rendiamo conto che ci ama, e ciascuno di noi, se ci pensa, può trovare molti esempi nella sua storia personale, di quando una frase, un discorso ci hanno colpito il cuore e ci hanno fatto sentire quanto qualcuno ci amava. Dio sceglie questo mezzo umile ed efficace: non fulmini o tuoni, né stranezze misteriose, ma parole belle, profonde, da amico. Esse irrorano la nostra vita, come una benefica pioggia, ci dice nella prima lettura il profeta Isaia e sono donate a tutti. Dio non ha paura di essere rifiutato né pretende che sia l’altro a compiere il primo passo per accettare di avere un rapporto. E’ lui a rivolgersi a noi per primo, anche quando siamo sordi perché arrabbiati, delusi, spaventati. Sta a noi prestare ascolto e rispondergli. Ma poi Isaia continua e ci dice che non solo questa Parola è abbondante e data a tutti, ma che è anche efficace. Sì, perché di parole inutili ne ascoltiamo e ne diciamo molte. Se facessimo un conto delle parole che pronunciamo e ascoltiamo in una giornata quante sono vere e piene di significato? Tante sono solo parole formali che non significano niente, per riempire il silenzio. Oppure sono parole false, che nascondono sentimenti d’inimicizia. A volte sono parole dette per ingannare e per guadagnare qualcosa, come quelle delle pubblicità o dei politici. Invece la Parola di Dio è sempre buona. Dio non ha nulla da guadagnare da noi, non ne ha bisogno, né si diverte a prenderci in giro, ci ha dimostrato che è pronto a pagare di persona per le sue parole, fino alla morte. Se le ascoltiamo, come dice Isaia, sentiamo che sono parole che dissetano le nostre vite spesso aride, riarse dal sole accaldato della vita: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto.” Se dopo aver ascoltato la Parola, a Messa o dovunque ci capita, restiamo uguali a come eravamo prima, è perché non l’abbiamo ascoltata, non l’abbiamo fatta scendere sul terreno della nostra vita, ma ci siamo riparati da essa con l’ombrello dei nostri pregiudizi. Quante volte accusiamo Dio di non ascoltarci, quando siamo noi a non voler ascoltare lui che ci parla!
La Parola di Dio cambia in modo radicale il nostro modo di vivere, ma non solo perché cambiano le situazioni, anche, ma soprattutto perché cambiamo noi. L’Apostolo Paolo ce lo fa comprendere. Nel brano della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato infatti ci parla delle “sofferenze del momento presente”. Anche noi vediamo attorno a noi tanto dolore, che talvolta ci tocca e ci opprime. Paolo ci fa capire che il dolore del mondo non è una condanna da espiare o qualcosa di insensato che ci si abbatte sul capo e ci schiaccia. Il dolore è sempre un male, questo sì, nessuno vuole negarlo, ma Paolo dice che va considerate come le doglie che accompagnano sempre la nascita di una vita nuova. L’Apostolo dice questo non per nascondere l’ingiustizia di tanti dolori nel mondo, ma per dire che essi devono essere vissuti come la premessa per far nascere qualcosa di nuovo, una vita rinnovata. Il male che subiamo può essere occasione per rafforzare il bene che è in noi per far nascere sentimenti di perdono, di benevolenza. Il dolore che vediamo attorno a noi può divenire motivo per far nascere nuovi desideri di bene e un nuovo impegno per realizzarlo. Se facciamo irrigare la nostra vita dalla Parola di Dio germoglierà il seme della speranza, come dice il Vangelo, ma sempre ogni nuova nascita è accompagnata dal dolore delle doglie. Vorrei dire di più: se non si prova il dolore delle doglie non nascerà mai niente di buono nella nostra vita. Questo non significa che bisogna augurarsi disgrazie, ma che il dolore comunque sia esiste, ma noi lo fuggiamo spaventati quando lo vediamo attorno a noi, o sappiamo solo maledire quando si abbatte su noi. Anche Gesù ha subito il dolore della passione e crocifissione, un male ingiusto e immeritato. Ma non ha maledetto Dio né è fuggito via, e poteva farlo, ma dalle doglie del suo dolore ha fatto nascere la vita nuova della resurrezione per donarcela. Anche noi se ci fermiamo davanti a chi soffre e ci facciamo carico del loro dolore, scopriamo che la sofferenza che condividiamo fa nascere in noi una umanità nuova, più vera, più profonda e soprattutto cristiana. Vorrei dire che il cristiano nasce dalle doglie, anche noi dobbiamo rinascere ogni giorno nella nostra fede non fuggendo il dolore e neppure vivendolo con la rassegnazione del mondo. Gesù ci insegna a guardarlo con i suoi occhi come dolore che accompagna la nascita di qualcosa di nuovo e più bello.
Fratelli e sorelle, accogliamo il seme della parola di Dio come un dono prezioso. Quanto ne facciamo cadere a vuoto, quanto ne facciamo seccare per la nostra aridità o soffocato dalle spine del nostro pensare solo a noi stessi. Allarghiamo il cuore invece per accogliere quanto più pioggia possibile, perché ogni goccia spenga la nostra sete e renda la nostra vita terreno fertile ricco di frutti buoni.




Preghiere







O Signore Gesù che parli alla nostra vita con amore e vicinanza, fa’ che ascoltando l’annuncio del vangelo diveniamo esecutori fedeli della tua volontà di salvezza.
Noi ti preghiamo


Guidaci sempre o Dio Padre del cielo perché camminiamo sulla tua strada, affrontando le difficoltà che incontriamo senza perderci d’animo e scoraggiarci.
Noi ti preghiamo




Illumina le nostre menti e apri i cuori dei tuoi discepoli, perché ogni volta che sentiamo la difficoltà di vivere il Vangelo e di mettere in pratica la tua Parola ti invochiamo e chiediamo il tuo aiuto per esservi fedeli.
Noi ti preghiamo


O Dio nostro aiuto e sostegno, non lasciarci accontentare di una vita spesa male e con poco senso. Indicaci la via per la quale anche nella fatica e nella sofferenza possiamo far nascere una vita rinnovata dal vangelo.
Noi ti preghiamo




Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che hanno bisogno del tuo sostegno. Guarisci i malati, libera i prigionieri, proteggi chi è solo, consola i sofferenti. Libera tutti dal male,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio chi, nel tuo nome, annuncia e testimonia il Vangelo. Fa’ che liberi da impacci e pericoli possiamo accompagnare verso di te chi ancora non ti conosce.
Noi ti preghiamo.



Illumina o Spirito Santo la mente e il cuore di chi accompagna il gregge dei discepoli e lo guida verso di te. Dai coraggio e profondità ai loro cuori
Noi ti preghiamo


Fa scendere il dono della tua Pace in ogni luogo, o Dio nostro Padre. Perché cessi la violenza e la guerra,
Noi ti preghiamo








martedì 5 luglio 2011

XIV domenica del tempo ordinario



Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10.
«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode o Padre,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».



Commento



Cari fratelli e care sorelle, il tempo che ci si apre davanti è una stagione fuori dal normale. Siamo infatti in tempo di vacanze estive: i ritmi della vita ordinaria cambiano, anche lo scenario delle nostre giornate muta, o perché si parte per andare fuori, o perché, per chi resta, il clima caldo e pesante e lo svuotamento della città ne cambiano il volto e la vita. Ma se questo appartiene ad un normale avvicendamento delle stagioni, allo steso tempo mi sembra che un tratto di questo tempo si rivela particolarmente pericoloso, soprattutto perché si presenta in modo subdolo sotto le vesti di un’apparente normalità. Cioè il fatto che l’estate è, in sostanza, il tempo in cui essere più pienamente se stessi. Ciò si esprime nel dedicare il proprio tempo e occupazioni a sé, senza distrazioni, applicarsi alla soddisfazione dei propri desideri, quelli che magari durante l’anno non possiamo esprimere, dimenticare il resto del mondo, e così via. Insomma mettere il più possibile al centro se stessi senza doversi occupare di altro. Si definisce questo libertà, l’espressione più autentica di sé, e come tale la viviamo magari in tanti piccoli aspetti quotidiani.
Ma rendiamoci conto, fratelli e sorelle di quanto triste sia una tale concezione: è accettabile essere liberi solo per 15 giorni? Si può essere se stessi solo quando si sta lontani dalle persone e i luoghi abituali della nostra vita? È concepibile essere felici perché scarichi di responsabilità e di occupazioni? Mi sembra una situazione ben triste che se vera vuol dire che per la maggior parte della nostra vita siamo schiavi e infelici. Perché accontentarsi di così poco e non ambire ad una felicità sempre, ad una libertà duratura? In fondo è questa la lezione che la generazione che ci segue sta imparando meglio da noi adulti, e cioè che la felicità è qualcosa di circoscritto a pochi lembi di vita, per questo bisogna sballare, rinchiudersi nei paradisi finti delle esperienze estreme che con i lampi di luce della discoteca del sabato sera coprono il grigiore e il non-senso degli altri sei giorni della settimana.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato Gesù parla di gente infelice e schiacciata da un peso, alla quale offre la libertà dall’oppressione e la felicità del ristoro: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.” Ma questa non passa attraverso un allontanarsi dalla preoccupazione per gli altri o il dedicarsi tutto e solo a sé, ma dal legarci a un giogo soave: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” La vera libertà cioè è nel legarsi ancora più strettamente al Signore Gesù, e farsi letteralmente “portare” da lui. Sembra un paradosso: come si fa a essere liberi e felici se si è legati e non si può andare dove ci pare? Usando le parole di S. Paolo nel suo rivolgersi ai Romani, potremmo dire: come posso essere felice se non posso essere me stesso, come il mio carattere mi impone, come l’istinto mi fa essere, come il gusto, la passione, l’umore del momento mi suggerisce? Paolo chiama tutto ciò “il dominio della carne” cioè quello che ci sembra proprio nostro e di cui non possiamo fare a meno, come la carne che ricopre le nostre ossa. Possiamo eliminare cose che ci sembrano così intime e la cui piena espressione ci sembra darci la felicità e la soddisfazione suprema? Ma noi, continua Paolo, non siamo stati concepiti come figli della carne, ma dello Spirito. Cioè noi non siamo figli solo dell’umore, dell’ambiente in cui siamo nati e cresciuti, delle tradizioni culturali della nostra terra, delle reazioni istintive che chiamiamo “carattere” o “indole”, ma siamo figli di qualcuno ben più grande e bello, ma soprattutto che non finisce con il passare delle stagioni e non va fuori moda, costringendoci a continue rincorse dei modelli di successo. Perché rinunciare al carattere di figli di Dio che ci è stato impresso al momento della creazione, in cui Dio ci volle a sua immagine e somiglianza, per essere invece imitatori sguaiati e penosi dei modelli irraggiungibili della pubblicità?
Potremmo dire che questo è troppo difficile e pesante, che costa troppa fatica e rinuncia, che non siamo pronti, ecc… ci sono mille scuse per preferire la vita piccola e misera invece della grandezza della vocazione a cui il Vangelo ci chiama. Ma piuttosto chiediamoci cosa vale più la pena costruire per il nostro futuro: l’esaltazione di un breve periodo e la frustrazione quotidiana oppure la libertà vera e il ristoro del Vangelo? Infatti sì è vero, bisogna legarsi a un giogo e accettare con umiltà la diminuzione della nostra autonomia e indipendenza, ma poi una volta legati al Signore sarà a lui a portare il peso maggiore e a sollevarci dalla fatica vuota di un vivere falsamente libero. Il vangelo ce ne indica la via, ma bisogna farsi piccoli e umili: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.” Fintanto che saremo sicuri delle nostre convinzioni e forti del nostro seguire “la carne” il vangelo non ci parla: sì, ne sentiamo le parole, ma non parla al cuore e non cambia la vita, ma se impariamo l’umiltà di ritenerci piccoli diverremo figli di una sapienza più grande che viene dalla benevolenza di Dio e dal dono del suo Spirito.
Fratelli e sorelle, non contentiamoci in questo tempo delle piccole soddisfazioni della falsa libertà di chi si dedica a se stesso, ma ambiamo anche in questo tempo a are nostri i doni dello Spirito che sono un senso alto e ambizioso della nostra vita che acquista senso e valore proprio dal non essere spesa solo per se stessi. Scopriremo così che il giogo soave del Vangelo non è qualcosa per pochi o per gente che non sa godersi la vita, ma la vera felicità che non passa e non finisce.