sabato 27 agosto 2011

XXII domenica del tempo ordinario

Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce



Dal libro del profeta Geremia 20, 7-9
Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

Salmo 62 - Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco.
Ha sete di te l’anima mia, +
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 1-2
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini il nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 16, 21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».


Commento


Cari fratelli e care sorelle, abbiamo sentito l’Apostolo Paolo esortare i cristiani di Roma a dedicarsi ad un “culto spirituale”, e ci chiediamo, in questa ultima domenica di Agosto, che vuol dire? La comunità dei cristiani di Roma, a cui Paolo rivolge queste parole, avevano sotto gli occhi, nella città capitale dell’Impero, un numero enorme di culti, templi e religioni che offrivano alla gente ognuno il proprio credo e i propri riti. Religioni tradizionali, religioni orientali, i cosiddetti “misteri”, le filosofie, le varie forme di magia, ecc… Ma a ben guardare la situazione nostra oggi non è molto diversa. Il mondo, lo sappiamo bene, ci propone un gran numero di culti come risposta ai piccoli e ai grandi problemi della vita. Il culto del proprio benessere, fisico e psicologico, salute e serenità, a cui si sacrifica tutto e che viene prima di tutto; il culto del benessere, i soldi, vero e proprio idolo a cui si è pronti a vendere letteralmente l’anima, pur di ottenerne i favori; il culto della bellezza fisica a cui, specialmente in estate, si dedica tempo e fatica (diete, ginnastica, cure estetiche, ecc…); il culto della propria tranquillità individuale, che ci fa tagliare i ponti con tutte le situazioni problematiche e difficili, anche all’interno della famiglia stessa, come nel caso degli anziani; ecc… Insomma il mondo attraverso la televisione, i modelli sociali, il “si sa” e il “si dice” ci bombarda di mille culti a cui dedicare tutto se stesso. Paolo ai romani di ieri e a quelli di oggi, cioè noi, propone invece un unico culto, che si differenzia da tutti per il suo essere un “culto spirituale”. Infatti, a ben vedere, tutti i culti che ci propone il mondo hanno in comune il fatto di essere figli di una certa dittatura del materialismo: si insegue infatti un benessere che è solo fisico (salute, bellezza), economico (ricchezza, possesso di beni), materiale (autosufficienza, libertà di scegliere cosa mi conviene di più, mancanza di limiti e freni), scambiando questo per la propria felicità. Ma cosa è il culto di cui parla Paolo? Lo spirituale non ha molto mercato nel mondo di oggi: non si compra e non si vende, non si quota in borsa, non si pesa e non si misura, non si insegna, in una parola non vale niente. Ma allora a che vale addirittura rendergli culto? Non è fatica sprecata o roba per gente sfortunata e che non ha di meglio di cui occuparsi?
Eppure vediamo quanto nel mondo di oggi si senta un gran bisogno di “spiritualità”, perché l’inseguimento sfrenato del benessere materiale, prima o dopo, lascia svuotati e insoddisfatti. Il problema è che se per una vita intera non ti sei occupato che di cose materiali è difficile poi ad un certo punto dedicarsi a quelle spirituali: al massimo si è capaci solo di desiderarne dei surrogati. Allora al vuoto di sentimenti autentici si cerca di rimediare con un romanticismo melenso; alla mancanza di rapporti di amore sincero e altruista si rimedia con la ricerca di soddisfazione col primo che capita, aspettando che capiti quello giusto, ma senza illudersi troppo; alla mancanza di qualcuno a cui voler bene si risponde con le fissazioni iperprotettive od ossessive con i figli a cui non far mancare nulla, da bombardare di esperienze e oggetti, perché il voler bene gratuito e non fatto di cose non si sa cosa sia; al deserto di amicizia vera si cerca rimedio moltiplicando le occasioni sociali o salottiere; ecc… Cari fratelli e care sorelle il mondo ci offre ogni giorno lo spettacolo triste e drammatico di tanti che non solo vivono il fallimento del benessere materiale cercato con pervicacia ma mai raggiunto e che talvolta, troppo tardi, si accorgono che non basta, ma che non sanno nemmeno cosa è la felicità vera, cioè quella spirituale, perché non l’hanno mai cercata e non gli hanno mai dato importanza, anzi l’hanno disprezzata e presa in giro negli altri.
Preziosa è allora l’esortazione dell’apostolo Paolo ad imparare al più presto, con urgenza, le parole, i gesti, i sentimenti di un “culto spirituale” che può restituire l’anima ad un uomo ed una donna occidentali ricchi di beni, sazi di esperienze ma depressi e infelici. C’è urgenza di imparare la lingua e la grammatica di questo culto diverso da quelli del mondo, l’unico che può dare pienezza e senso alla nostra vita. Paolo spiega bene come farlo: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.”
Paolo propone cioè un culto che è ricerca della perfezione, che non è però la perfezione di questo mondo. Per il mondo infatti è perfetto chi incarna il modello di successo ambito e desiderato da tutti a partire dal modo di vestirsi alla moda, o di esprimersi con spregiudicatezza e aggressività, fino ai propri giudizi sprezzanti e duri con chi non ce la fa, come i più poveracci, a chi possiede le doti più ammirate che è sapersi far strada sgomitando, saper prevalere sugli altri, non aver mai bisogno di aiuto, ecc… Questo è l’idolo a cui si rende culto nei moderni templi che sono i centri commerciali o il tempio virtuale ma frequentatissimo che è la televisione. Ma Paolo dice di “Non conformarsi a questo mondo,” di seguire cioè l’unico modello vero, capace di renderci uomini spirituali e felici: Gesù. Occorre vigilanza, cioè chiederci spesso, ogni volta che scegliamo e decidiamo, a quale modello ci stiamo conformando. Guai ad agire istintivamente o con naturalezza e abitudine, perché così possiamo essere sicuri che stiamo seguendo il modello del mondo, cioè il più facile e che viene spontaneo.
Nel brano di Matteo che abbiamo ascoltato Gesù descrive il modello di uomo che egli incarna e propone a noi uomini: “Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.” Pietro si arrabbia e rimprovera Gesù: ma dove crede di arrivare con un simile modello? È roba da vinti e sconfitti dalla vita, non è accattivante, chi vorrà seguirlo? È quello che pensiamo anche noi, quando edulcoriamo il Vangelo facendone un polpettone moralistico di buone maniere, senza la radicalità e rivoluzionarietà che Gesù intendeva e ha vissuto.
Eppure, se lo consideriamo bene, è un modello vincente: è vero, subisce condanna e riprovazione, è disprezzato e umiliato, perseguitato e addirittura messo a morte, ma il terzo giorno risorge! I modelli del mondo si sa che vanno incontro ad un declino inevitabile: hai voglia a cercare salute e bellezza, forza e benessere, col tempo tutto passa, i casi della vita sono imprevedibili e irrimediabili. Si illude chi finge di non saperlo. Invece il modello di Gesù sì, passa attraverso la passione, ma è l’unico che garantisce la vittoria finale, vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, della gioia sulla tristezza, ecc… Il culto spirituale di Paolo allora è fatto di gesti, parole, sentimenti che imitano quel modello, che passano anche attraverso la durezza della vita, senza evitarla, ma alla fine vincono! Per questo vale la pena essere cristiani, e la proposta del vangelo non è per gente votata alla sconfitta o che non ha nulla da perdere. La vita del cristiano non può che passare attraverso la croce, che è simbolo di passione, ma anche di vittoria sulla morte. Lo spiega bene Gesù: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.” Come dice S. Paolo prendere la croce è rinnegare se stesso, cioè cambiare il modo scontato di vivere all’inseguimento degli idoli del mondo, per assumere il modello di Gesù crocifisso, cioè di colui che ha speso la propria vita per gli altri e non l’ha risparmiata avaramente conservandosela per se stesso, ma proprio per questo l’ha ricevuta più forte e bella, piena di significato e resa eterna e vittoriosa dalla resurrezione.
È la strada che oggi il Vangelo ci indica, non per deprimerci o rattristarci. Spesso sentiamo dire “bisogna prendere la propria croce” come una condanna alla rassegnazione e alla sconfitta. No, tutt’altro, è l’inizio della via che porta alla vera vittoria: chi dona tutto se stesso per gli altri, come ha fatto Gesù sulla croce, vince, perché salva se stesso nel mentre che si dà da fare per salvare gli altri, compie quel culto spirituale che ogni domenica riviviamo qui durante la messa, nel corpo e sangue di quel primo e supremo sacrificio che ci ha salvato una volta per tutte. Fratelli e sorelle, non accontentiamoci di meno: facciamo fin da subito della nostra vita un culto spirituale e non un vano rincorrere se stessi e un benessere finto e passeggero. Confidiamo in ciò che non passa, in quell’amore, quell’amicizia, quella generosità solidale e che non chiede niente in cambio con cui Gesù ha amato lui per primo. Troveremo la vittoria di una vita vera e che non finisce.




Preghiere


O Dio, nostro Signore e Maestro, fa’ che seguiamo sempre la via che tu ci indichi e non resistiamo alla tua volontà di bene. Rendici docili agli insegnamenti del Vangelo e pronti a seguire l’esempio del tuo Figlio Gesù,
Noi ti preghiamo

O Signore nostro che hai scelto di percorrere con umiltà e pazienza la via del nostro cuore per insegnarci la volontà del Padre, fa’ che diamo ascolto alla tua Parola, come l’unica che insegna ciò che è bene e vero,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, aiutaci a resistere alla tentazione di rendere culto agli idoli del mondo: la salute fisica, la ricchezza materiale, la bellezza esteriore, per dedicare invece il nostro tempo e le nostre energie all’unico culto spirituale che dona la vita piena che è compiere la tua volontà e cercare il bene,
Noi ti preghiamo

O Signore Gesù, tu ci hai indicato nella croce la via per salvarci. Sostienici nella fatica di vincere le nostre abitudini e nella difficoltà ad abbandonare i falsi modelli di felicità, perché non ci scoraggiamo e non rinunciamo ad entrare per la porta stretta che conduce alla salvezza,
Noi ti preghiamo




Senza il tuo aiuto, o Signore nostro Gesù Cristo, non possiamo fare nulla di buono e di bello. Aiutaci allora a essere fedeli al tuo esempio, perché quello che hai insegnato tu lo hai vissuto per primo,
Noi ti preghiamo

Solleva, o Dio del cielo, l’indigente dalla polvere e innalza il misero dall’umiliazione e dal dolore. Proteggi chi ti invoca e salva chi non ha nessuno a cui chiedere aiuto. Dona consolazione e guarigione a chi soffre,
Noi ti preghiamo.

Ti invochiamo o Dio del cielo, manda la pace nelle terre in cui infuriano guerra e violenza: in Libia, in Terra Santa, in Afghanistan, in Somalia e ovunque la miseria e la fame mietono vittime. Apri per ogni popolo l’orizzonte di un futuro nuovo,
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per i popoli del Nord del mondo, ricco e sazio di beni. Apri i loro occhi sul bisogno dei tanti che non hanno di che vivere, perché il loro grido di aiuto non sia per essi la condanna a perdere in eterno la vita,
Noi ti preghiamo

venerdì 19 agosto 2011

XXI domenica del tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaia 22, 19-23
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

Salmo 137 - Signore, il tuo amore è per sempre.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, in questo scorcio di mezzo agosto, in un tempo di vacanza e di distrazione dalle cose serie della vita, il lavoro, lo studio, i ritmi normali della vita quotidiana, ci sentiamo rivolgere una domanda forte e impegnativa: «chi dite che io sia?» Il Signore si trova a dover fare i conti con i risultati della sua missione: ha parlato molto, ma quanto è riuscito a comunicare del suo Vangelo? Ha fatto miracoli e guarigioni, ha sfamato le folle, ma chi ha capito che il vero miracolo chiesto a tutti è la conversione del cuore alla sua Parola? Ha suscitato entusiasmo e ha fatto scalpore, ha radunato folle e sollevato invidie, ma chi ha capito perché fa tutto questo? Molti lo hanno frainteso, molti hanno un’idea sbagliata di lui e della sua missione. Quelle di Gesù sono domande accorate e piene di preoccupazione, con le quali egli cerca di capire cosa ne è della sua missione. La prima domanda è volta capire cosa ha capito la gente: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» La risposta è deludente: tutti pensano di lui che è qualcuno di già conosciuto: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». È la tentazione di ricondurre la novità del Vangelo di Gesù a qualcosa di già conosciuto, di vecchio e scontato. “Sì, lo sappiamo – diciamo noi - bisogna essere più buoni, me lo diceva già mia nonna”, e in queste parole sentiamo la soddisfazione amara di chi dice che tanto è inutile provarci perché nessuno c’è riuscito. È la reazione istintiva, di fastidio, di superiorità, di estraneità che suscita l’incontro col Vangelo. Lo vediamo in questi giorni in cui migliaia di giovani sono a Madrid per la GMG, col papa. Molti adulti guardano queste masse di ragazzi con sufficienza, se non con fastidio, come chi la sa lunga e ha capito come va la vita: quelli ancora si illudono di cercare qualcosa di importante per sé e per il mondo, ma ormai noi lo sappiamo bene che niente è possibile cambiare veramente. È il vangelo amaro di questo mondo di cui noi troppo spesso ci facciamo colpevoli annunciatori, con scontatezza e banalità. Lo so io come vanno le cose! Dopo duemila anni che viene annunciato, che vuoi che possa cambiare il Vangelo di Gesù, se non c’è riuscito fino ad oggi? È la nostra tentazione: puntare al basso, non illudersi, vivere sconfitti, anche senza ammetterlo.
Forse i discepoli nel riferire quel “sentito dire” pensavano di fare pure un favore a Gesù: in fondo la gente lo paragonava ai personaggi più famosi e di successo di tutta la storia di Israele: Elia, Giovanni, Geremia. Gesù poteva anche essere onorato della fama ottenuta. Anche noi oggi siamo felici di vedere che la religione è rispettata e anche un po’ esaltata. Nel disorientamento generale seguito alla fine delle ideologie e, oggi, alla crisi economica generale, fa piacere sapere che la Chiesa regge, i suoi valori sono riconosciuti, le radici cristiane sembrano venire alla luce, ecc… Ma a Gesù di tutto questo sembra non importare nulla: lui vuole sapere chi lo ha capito e conosciuto veramente e non chi pensa bene di lui, senza essere interessato a sapere bene chi sia.
Dopo la prima domanda Gesù chiede ai discepoli stessi chi pensano loro che lui sia. A questo punto Pietro ha come un guizzo affettivo e riconosce chi è davvero Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». La risposta di Pietro non è giusta, come Gesù gli riconosce, perché azzecca e coglie nel segno, ma perché Pietro ha veramente conosciuto il Maestro. Sa dire chi è perché sa chi è. Gesù capisce in questa risposta un atto di fede, perché avere fede significa non esaltare Gesù o ritenerlo qualcosa di già conosciuto e scontato, ma avere un rapporto vero, vivo con lui.
Pietro definisce Gesù Figlio del “Dio vivente”, cioè un Dio non morto, ma che si fa vita di chi lo conosce e ha un rapporto con lui. L’Apostolo Paolo esprimerà questo stesso concetto con le parole: “Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo.” Gesù non è un vecchio messaggio morale, una legge e regole da osservare, per assurdo, conoscere ed amare Gesù non è nemmeno essere irreprensibili e perfetti, ma essere “il tempio del Dio vivente”, cioè accogliere nella propria vita Gesù affinché egli parli, agisca, senta con le nostre parole, azioni e sentimenti.
Per questo Gesù riconosce a Pietro il suo stesso potere: aprire chiudere, legare, sciogliere, avere le chiavi del Regno dei cieli.
Fratelli e sorelle, in questa giornata afosa di estate anche a noi è posta la domanda «chi dite che io sia?» Noi la sfuggiamo, bofonchiamo cose già sapute e scontate: che bisogno c’è di rispondere di nuovo quello che già si sa? Ma la vera risposta è rendere ragione della nostra fede, cioè dichiarare con la nostra vita che il suo fondamento è il nostro rapporto personale con Gesù, che non si esaurisce in un codice morale (questo si può fare, questo no), non si esaurisce nel conoserlo una volta per tutte, non ci pone al riparo dal rispondere ogni giorno a quella domanda fondamentale. Se così è vinceremo la tentazione del pessimismo impotente, del senso di scontata e amara disillusione, di cui accennavo all’inizio, per scoprire invece il potere che Dio da ai suoi figli, quello di detenere le chiavi del Regno. Rinunciare a questo potere è una scelta e una responsabilità. Non osiamo poi lamentarci di ciò che non va, non recriminiamo per la nostra impotenza e debolezza: è la scelta dell’uomo della donna di oggi, di essere arroganti e impotenti allo stesso tempo. Preferiamo l’umiltà di Pietro, servo fedele e figlio affezionato del suo Maestro e, per questo, detentore delle chiavi del Regno. Di lui ciascun discepolo è il successore se seguendo il suo esempio sappiamo mettere al centro della nostra vita Gesù e non altro.
Preghiere

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché continui a interrogarci su di te e ci chiedi di esserti amici e di conoscerti in ogni tempo della nostra vita. Fa’ che continuiamo sempre a cercarti,
Noi ti preghiamo

O Padre del cielo che hai mandato il tuo Figlio per farti conoscere di persona da noi uomini, aiutaci a riconoscere in lui il Dio vivente, che agisce e si fa presente in mezzo a noi,
Noi ti preghiamo
O Gesù, amico e maestro di ogni uomo, vinci l’arroganza del nostro lamento. Fa’ che conoscendoti e amandoti facciamo nostro il potere di aprire e chiudere le porte del Regno di cui il mondo intero ha così bisogno,
Noi ti preghiamo
Fa’ o Signore che non vinca in noi la rassegnazione di accettare l’impotenza e l’impossibilità. Rendici operatori potenti della tua volontà che vince ogni resistenza del male,
Noi ti preghiamo

Accompagna o Dio tutti i tuoi figli più piccoli nel cammino della vita. Guida chi è nel bisogno perché trovi consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo

Accompagna o Signore dall’alto i tanti giovani che vivono in questi giorni alla scuola del Vangelo nella GMG di Madrid. Dona loro la sapienza del cuore e la forza di resistere al male,
Noi ti preghiamo.

Sconfiggi o Dio del cielo la predicazione sorda e tenace del vangelo di questo mondo che proclama impossibile far vincere il bene e trasformare il mondo. Fa’ che con la forza della fede sappiamo proclamare il vangelo della resurrezione, vittoria sulla morte,
Noi ti preghiamo

Guida e sostieni o Signore Gesù tutti coloro che ti cercano, fa’ che i loro passi siano sorretti dai tuoi discepoli che, come buoni compagni di viaggio, incoraggiano e consolano.
Noi ti preghiamo

lunedì 15 agosto 2011

Assunzione di Maria Ss.ma (15 agosto 2011)



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 11, 19a; 12, 1-6a.10ab
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».

Salmo 44 - Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Dietro a lei le vergini, sue compagne, +
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15, 20-27
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

Alleluia, alleluia alleluia.
Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 39-56

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi che celebra Maria assunta in cielo e, in seguito a questo evento, regina dell’Universo accanto al re, suo Figlio, si apre con una visione grandiosa di questa ragalità: “Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle”. Ci chiediamo allora oggi: da dove nasce questa gloria regale? Maria non era un’umile ragazza di Nazareth? Questa che si presenta come un’apparente contraddizione in realtà ci dice molto della natura di Dio. Dice infatti l’Apostolo Paolo come Gesù, “pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo.” (Fil 2,6-7) Questa realtà profonda dell’Incarnazione di rivela fin dall’inizio nella persona di Maria, che, in un certo senso, percorre l’itinerario inverso: dall’umiltà alla gloria di Dio in cielo. È la realizzazione di quel principio della teologia orientale che afferma che “Dio si è fatto uomo come noi, perché noi potessimo diventare come Lui”.
Ascoltiamo infatti dal Vangelo di Luca che Maria, immediatamente dopo aver ricevuto l’annuncio della sua miracolosa gravidanza, esce di corsa per recarsi da Elisabetta, sua parente, anch’essa rimasta incinta in età avanzata. Maria, pur essendo stata profondamente turbata dall’annuncio dell’angelo, non resta bloccata dalla paura, ma si muove, anzi corre in aiuto di un’altra debole come lei, un’anziana. È infatti l’amore per il fratello e la sorella, specialmente il povero, che ci libera dalla paura che paralizza. Anche per Maria: non è il coraggio, né la forza, ma il gesto generoso un po’ da ragazzina ingenua che l’aiuta a superare lo spavento per tutto quello che si stava realizzando nella sua piccola vita.
Appena giunta nel villaggio di montagna è Elisabetta che le va incontro. Ci colpisce come la vicenda terrena di Dio, l’incarnazione dell’Onnipotente ci si presenti fin da subito sotto il segno della debolezza e dell’umiltà. Infatti Dio non sceglie per manifestarsi la forza degli uomini, ma la debolezza delle donne, non la sicurezza e né la grandiosità, ma la piccolezza di un umile angolo alla periferia del mondo. Nell’abbraccio delle due donne, i cui destini sono stati così prepotentemente trasformati da Dio, si manifesta il segno della sua potenza.
Questa immagine rappresenta bene il modo di operare di Dio: potente e forte, ma mai senza la partecipazione profonda degli uomini e delle donne coinvolte nel suo disegno di amore per l’umanità. C’è stato bisogno dell’assenso di Maria e della preghiera di Elisabetta perché Dio potesse nascere fra gli uomini e svolgere il suo ministero preparato da Giovanni battista, che Gesù definì “il più grande fra i nati di donna”.
Il Vangelo di Luca ci dice come l’incontro fra le due debolezze di Maria ed Elisabetta suscitò il soffio potente dello Spirito che le sostenne e le riempì dell’amore che rende forti, che una cosa ben diversa dalla forza del mondo. Infatti, di nuovo, non è privilegiato chi è intelligente o sapiente, nemmeno chi è particolarmente giusto o pio, ma chi si affida a Dio perché sa di essere debole e non confida nella propria forza. È quello che avviene ogni volta che nel nome dell’amore di Dio gli umili discepoli del Signore e i poveri si incontrano. Ciascuno scopre la propria debolezza, ma non ne ha paura, perché lo Spirito dona la forza dell’amore e il coraggio del riconoscersi figli di Dio.
Lo Spirito scioglie la lingua delle due donne e ispira loro le parole della Sapienza di Dio rivelata agli umili nella Scrittura. Quelle donne infatti non usano i ragionamenti raffinati della sapienza filosofica o le argomentazioni dei teologi, ma si esprimono con le parole della Scrittura riconoscendole realizzate nella loro vita.
Elisabetta dapprima esprime il senso di gratitudine perché incontra colei che Dio ha scelto come madre del suo Figlio: lei donna matura e moglie di un uomo di alto rango religioso non ha timore di umiliarsi perché riconosce nell’altra un tramite benedetto con cui Dio si fa presente alla sua vita: “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?” Ma in fondo, non dovremmo anche noi sempre riconoscere nell’altro che Dio ci fa incontrare un tramite attraverso il quale Egli si fa presente alla nostra vita? Attraverso il fratello e la sorella Dio ci provoca alla generosità, alla solidarietà, all’amicizia, ma noi ne facciamo, il più delle volte, occasione per riaffermare la banalità scontata del nostro egocentrismo o l’indifferenza o il fastidio. Nell’altro anche noi possiamo riconoscere colui che porta nel grembo Gesù, cioè colui che ha riposto nel suo intimo il seme buono dell’amore di Dio perché ciascuno può essere fecondo dei frutti buuono che Egli h preparato per noi, e noi possiamo aiutarlo a produrre questi frutti buoni, utili anche alla nostra vita.
Ma poi Elisabetta continua e sottolinea come non solo Maria è stata benedetta dalla benevolenza di Dio ma che essa è felice (beata) perché “ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Ecco di nuovo che dalla bocca di Elisabetta ci giunge un messaggio prezioso: la vera felicità, quella che da un senso e uno scopo alla vita dell’uomo non è la ricerca del successo e del benessere, quello che si definisce il “farsi da sé”, ma nella scelta di credere che ciò che Dio dice si realizzi, ovvero il “farci fare da Lui”. La felicità cioè è per tutti, dipende dalla scelta di credere o meno. Questo è un principio straordinario e sconvolgente. Nessuno si può lamentare della propria sorte, come se l’infelicità fosse causata da motivi esterni, quali il caso o il destino. L’infelicità è frutto della scelta di legare il proprio destino a ciò che non vale, a quello che illude e che delude. È quella fede umile che ieri abbiamo ascoltato dal vangelo, e che Gesù riconosce nella donna pagana siro-fenicia e che rende possibile il miracolo della guarigione. Di nuovo dall’umiltà di una donna anziana impariamo il segreto della felicità, che nessuna sapienza del mondo ci può insegnare né nessun benessere assicurarci.
Infine Maria prorompe nel canto con cui esprime non turbamento né paura, ma la gioia profonda di essere stata scelta da Dio per portare a compimento il suo progetto di salvezza degli uomini. Lo fa, come dicevo, richiamando i passi della Scrittura che lei conosceva bene e che vede realizzarsi nella sua vita: in sé vede compiuta la storia di salvezza voluta da sempre. Come le ha detto Elisabetta, il canto di Maria è felice perché la forza di Dio si è manifestata nella sua umiltà.
Fratelli e sorelle, sia il Magnificat anche il canto della nostra vita, cioè la meraviglia felice di chi vede che veramente, le parole di Dio si realizzano se noi docilmente ci facciamo trascinare da esse verso il destino glorioso preparato da Dio. È stata l’esperienza di Maria, oggi regina dell’universo perché umile non ha contrapposto a Dio la propria forza e sapienza ma ha accettato la semplicità del Vangelo.
Preghiere

O Maria, umile regina del cielo, ti preghiamo perché tu ci aiuti in ogni momento a farci portare docilmente dal Signore dove lui vuole. Dacci la sapienza del cuore e la mitezza per non resistere,
Noi ti preghiamo

O Signore Gesù, che dopo essere stato accolto fra le braccia amorevoli di Maria hai accolto Lei in cielo come una tua figlia prediletta, ti preghiamo, accogli un giorno anche noi come tuoi figli piccoli e sottomessi,
Noi ti preghiamo
Dio Padre Onnipotente che guardi all’umiltà dei tuoi servi per dispensare i doni del tuo amore, sii benevolo con tutti gli uomini che ti cercano, perché la loro attesa non sia vana,
Noi ti preghiamo

Accogli con amore o Dio l’invocazione di tutti i poveri che ti rivolgono la preghiera nel bisogno. Ricolmali della tua benevolenza e consola chi è nel dolore,
Noi ti preghiamo

Realizza presto o Signore la giustizia che hai promesso, perché il mondo sia trasformato in un luogo di pace e di solidarietà,
Noi ti preghiamo

Guida con amore o Padre misericordioso tutti coloro che vagano sperduti sulle strade della violenza e dell’odio, dell’indifferenza e della durezza di cuore, perché ascoltando l’annuncio della tua salvezza convertano la loro vita in un canto di lode al tuo Nome,
Noi ti preghiamo.

Sorreggi o Padre misericordioso tutti coloro che vacillano nel dubbio e rinunciano a compiere il bene. Fa’ che siano rafforzati dall’esempio dei fratelli e sostenuti dal tuo perdono,
Noi ti preghiamo

Manda o Dio il tuo Spirito a scaldare i cuori ed illuminare le menti, perché il nostro parlare e il nostro agire sia conforme al Vangelo di Gesù,
Noi ti preghiamo



venerdì 12 agosto 2011

XX domenica del tempo ordinario



Dal libro del profeta Isaia 56, 1.6-7
Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Salmo 66 - Popoli tutti, lodate il Signore.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 1, 13-15.29-32
Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti? Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù predicava la buona novella del Regno
e curava ogni sorta di infermità nel popolo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Commento
Il vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci fa incontrare Gesù in viaggio fuori da Israele. Una donna lungo la strada lo riconosce e implora il suo aiuto per la figlia malata. I discepoli nel sentire quella donna gridare invitano Gesù a mandarla via: usano la stessa espressione che avevano usato per la folla che aveva seguito Gesù ed era rimasta senza cibo e lontana da casa: “Mandali via perché vadano a procurarsi il cibo da qualche parte!” I discepoli esprimono il fastidio per le richieste pressanti e gridate troppo forte, è lo stesso fastidio che ancora oggi proviamo per l’eccessiva grandezza di certe grida di aiuto che giungono a noi, quali, ad esempio, il grido degli affamati del Corno d’Africa dove in questi giorni si sta consumando una vera e propria strage di innocenti, specialmente bambini. Anni di guerra e la siccità improvvisa hanno provocato in Kenya, Somalia e Etiopia la perdita dei raccolti e la conseguente carestia. “Lasciali andare” dice l’opinione pubblica mondiale, che ha da occuparsi di altro, in questo tempo di crisi economica così grave per l’Occidente, compresi gli Stati Uniti. Lì manca il necessario per vivere, qui da noi rischiamo di dover rinunciare al superfluo. E poi ci stupiamo che proprio da quella regione del mondo partano tanti disperati che affrontano viaggi pericolosi e durissimi per giungere alle coste dell’Italia e spesso morire in mezzo al mare! Ma noi, come i discepoli diciamo “Mandali via, lasciali stare, vadano a procurarsi il cibo da qualche altra parte!” Gesù invece, come vedremo meglio, non lascia inascoltato quel grido.
Questa volta però Gesù non dice ai discepoli “Date voi stessi da mangiare” ma risponde in modo molto più duro: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele.” Perché Gesù rifiuta il miracolo della guarigione alla figlia di quella povera donna? Perché Gesù non manda almeno un discepolo a consolarla e magari a guarire la giovane? Sembra un atteggiamento troppo duro e sprezzante. In realtà Gesù non fa che confermare ciò che anche già altre volte aveva affermato, e cioè che il miracolo non è una magia che viene eseguita a comando, ma è il frutto della fede. Infatti al lebbroso guarito il Signore dice “La tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19) e lo stesso al cieco di Gerico che torna a vedere (Mc 10,52). E ricordiamo anche cosa avvenne a Nazareth dove la gente si scandalizzava per le parole di Gesù: “E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità” (Mt 13,58). La mancanza di fede in quella regione straniera in cui Gesù si trova gli rende impossibile a di esaudire la richiesta della donna siro-fenicia.
Ma ecco che, ancora una volta, come già domenica scorsa, sentiamo levarsi il grido disperato che Pietro emise quando cominciò ad affondare mentre camminava sulle acque verso Gesù: «Signore, aiutami!». Questa volta a pronunciare questa invocazione è una donna pagana, che non ha la fede nel Dio d’Israele. Ed anche a Pietro Gesù rimprovera la mancanza di fede: “gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14,31) «Signore, aiutami!» è la preghiera di chi riconosce di non avere fede. E come per Pietro la richiesta di aiuto porta la salvezza dalla tempesta che lo sommergeva (“Gesù stese la mano, lo afferrò”), così l’umile invocazione della donna pagana fa sì che il Signore si fermi con lei. È solo un inizio, ma nel dialogo con Gesù la donna esprime tutta la sua fiducia in lui, assieme all’umiltà di chi non pretende nulla, ma si accontenta anche di una briciola di attenzione per sé. Fiducia ed umiltà: in esse Gesù riconosce la grandezza della fede, e le dice: “Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri”.
Fratelli e sorelle, questo episodio un po’ sconcertante della vita di Gesù ci rivela una grande verità, e cioè che quello che noi chiediamo non si realizza non perché Dio è indifferente o lontano, ma perché pretendiamo, accampiamo diritti o ci stanchiamo subito di chiedere. È quello che ci insegna l’apostolo Giacomo: “Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.” (Gc 4,2-3) Impariamo la fiducia e l’umiltà di quella donna e otterremo che la realtà si trasformi secondo la volontà di Dio, che spesso noi travisiamo e non vogliamo seguire, preferendo che Dio assecondi le nostre pretese o sensazioni passeggere.
Gesù afferma che quella donna, una pagana!, ha una grande fede. Lo stesso aveva detto del centurione (Lc 7,9), un altro pagano!. Sono gli unici casi in cui il Signore esprime una così grande cosiderazione. Questo ci fa capire meglio come il Signore non si fermi a giudicare le apparenze o l’esteriorità, ma penetra nei cuori per giudicare chi si trova di fronte. In entrambi questi casi gli stranieri pagani mostrano di avere una fiducia incrollabile che la realtà, anche quella che sembra più immutabile e definitiva, come la morte, può cambiare se ci affidiamo con umiltà a Dio. Tutti e due infatti credono che da soli non possono nulla. Non ripongono infatti la loro fiducia nelle proprie forze, ma si affidano a Gesù, perché credono che lui può veramente cambiare le situazioni. È la fede semplice ma profonda di una povera donna e di un soldato romano a cui Gesù cambia la vita, impariamo da loro ad aver fiducia e umiltà perché, imparando a chiedere, anche la nostra preghiera sia esaudita.
Preghiere

O Signore Gesù, fa’ che ti ascoltiamo con fiducia e umiltà, senza confidare nelle nostre forze e capacità, ma affidando a te il nostro bisogno,
Noi ti preghiamo

Donaci, o Dio Padre nostro, la fede semplice e profonda di chi confida in te e si affida alla tua bontà. Tu che conosci ciò di cui noi abbiamo bisogno, vieni in nostro aiuto e non far mancare a nessuno la tua misericordiosa vicinanza,
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio, non far mancare mai il cibo necessario alla vita dei tuoi figli. In modo particolare dona il pane ai popoli colpiti dalla carestia in Kenya, Somalia ed Etiopia, e suscita la generosità di noi popoli del benessere, perché il grido dei miseri non sia la nostra condanna,
Noi ti preghiamo
Ferma la violenza, o Signore, in Gran Bretagna e nei paesi in cui gli umiliati e gli oppressi cercano la loro liberazione attraverso la violenza. Suscita sentimenti di solidarietà e compassione perché a chi non riesce ad avere fiducia per il futuro sia data la possibilità di sperare in un tempo migliore,
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Padre del cielo per tutti coloro che non ti conoscono e non hanno mai udito il Vangelo. Fa’ che li raggiunga presto l’annuncio della tua salvezza e del Regno promesso ai giusti e ai retti di cuore,
Noi ti preghiamo

Guida, o Signore, i passi di chi cerca la pace perché possa trovare la via per raggiungere i cuori di tanti. Suscita sentimenti di perdono e riconciliazione in chi oggi odia e desidera vendetta,
Noi ti preghiamo.

Proteggi o Dio tutti coloro che sono oppressi dal bisogno e dalla miseria: i malati, gli anziani, gli immigrati, i senza casa, i prigionieri, i soli. Dona loro consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo

Fa’ o Signore Gesù che i giovani che fra pochi giorni si troveranno a Madrid con il Santo Padre per la Giornata Mondiale della Gioventù sperimentino nella loro vita la profondità della tua amicizia che non abbandona mai nessuno. Rafforza la loro fede perché divengano annunciatori del tuo Regno a chi non crede e non spera.
Noi ti preghiamo

sabato 6 agosto 2011

XIX domenica del tempo ordinario



Dal primo libro dei Re 19,9a.11-13
In quei giorni, Elia, essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 9, 1-5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io spero, Signore. Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 14, 22-33
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»

Commento

Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù disse ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre lui avrebbe continuato a parlare con la folla. Colpisce la notazione del Vangelo: “finché non avesse congedato la folla.” Che vuole sottolineare come Gesù abbia un rapporto personale con la folla: per lui non sono una massa indistinta di persone anonime, ma come non si lascia una persona senza salutarla, così il Signore non lascia tutta quella gente che lo aveva seguito fin laggiù senza salutarla in modo personale e affettuoso. Potremmo definire questa immagine l’icona della misericordia: Gesù solo con la folla che lo attornia, a cui ha parlato, che ha sfamato e che ora saluta. Ma segue subito un’altra icona, o meglio l’altra faccia della stessa icona: Gesù, sul monte, di sera, se ne sta da solo davanti al Padre. Direi che è impossibile separare queste due immagini: esse fanno parte della stessa icona; l’una rende ragione dell’altra. Nell’immagine di Gesù solo davanti a Dio è rappresentato il suo rapporto intimo e filiale che lo lega al Padre. Da quel rapporto con il Padre sgorga l’amore per la folla vissuto quel giorno sulla riva del lago. Ma anche dall’incontro con quella folla, nasce in Gesù l’esigenza di restare solo col Padre. Questo è vero anche per noi suoi discepoli: non c’è amore per i fratelli e le sorelle senza un’amicizia filiale con Dio, ma il bisogno di rivolgerci a lui nella preghiera personale e di stare in sua compagnia è come indotto dal rapporto con gli altri, dall’incontro con la loro fame, dal loro bisogno di essere amati ed aiutati. L’incontro con Dio, cioè, non si realizza nell’ascesi individuale di uno spirito solitario, ma è sempre frutto di un’immersione appassionata e misericordiosa nella folla di tutti quelli che ci circondano.
Anche i discepoli sono soli, si trovano in mezzo alle acque: sono soli con loro stessi. Quanto sono diverse queste due solitudini: quella di Gesù, sul monte alla presenza di Dio e quella dei discepoli, sulle acque agitate. L’evangelista sembra quasi suggerire che è normale, quando si è soli con se stessi, che sorgano tempeste. I discepoli, del resto, avevano già sperimentato una situazione analoga (Mt 8, 23-27) in mezzo al lago mentre Gesù dormiva; figuriamoci ora che è assente. Quando si è soli con se stessi non è possibile sottrarsi alla tempesta della vita. I discepoli passano così quella notte: nella paura e nella lotta contro le onde agitate e il vento contrario. È l’esperienza di tanti momenti di sconforto e angoscia, di smarrimento e di paura che attraversano la nostra vita. Quando si è soli, senza la compagnia di Dio né della folla a cui voler bene rischiamo di restare sommersi dai flutti e vinti dal buio della notte. Ma proprio in questi momenti è il Signore stesso che ci viene incontro: quasi all’alba, Gesù, camminando sulle acque, si avvicina verso quella barca che lotta tra gravi difficoltà.
I discepoli, al vederlo, hanno paura: pensano sia un fantasma. La paura delle onde infatti impedisce di riconoscerlo come una persona in carne ed ossa, una presenza reale, sembra piuttosto un fantasma, incapace di portare conforto, ma solo ancora più paura. Sì, nei momenti difficili o nel dubbio, pressi dalla necessità di far fronte alla tempesta della vita, è difficile riconoscere la presenza di Gesù accanto a noi, lo vediamo come un fantasma che fa paura. Egli stesso deve intervenire per rassicurarli: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. È una voce rassicurante, sentita tante volte. Eppure la loro paura è più forte; e il dubbio persiste. Perché la paura sia vinta, la tempesta sedata e Gesù riconosciuto nella sua amorevole bontà per noi c’è bisogno di un salto: la fede. Pietro infatti supera la paura e l’angoscia, ma non perché è più coraggioso o sprezzante del pericolo, ma perché si fida di Gesù. Infatti non chiede al Signore di raggiungerlo, ma di poter andare lui fino al Maestro. È questo il segno più profondo e autentico della fede di Pietro: non aspetta di essere raggiunto da Gesù, ma intravistolo a distanza obbedisce all’invito “Vieni!” e scende dalla barca in mezzo alla tempesta. Pietro è un pazzo: non bastano le tante difficoltà di quella navigazione così travagliata per buttarsi anche in un’impresa disperata e senza senso? Eppure quel gesto ridona a Pietro la salvezza e lo fa camminare al di sopra di tutte le difficoltà. Sì, per essere salvati dalla paura e dallo sconforto c’è bisogno di incamminarci noi verso Gesù che si mostra e ci viene incontro. La fede è credere che quell’ultimo pezzo di strada che ci separa da lui può essere colmato, nonostante le difficoltà e le avversità oggettive. C’è bisogno di scendere dalla barca. Quel mezzo che ci sembra la salvezza e la sicurezza nelle tempeste va abbandonato, bisogna lasciare le abitudini di sempre e la certezza di avere noi il mezzo per metterci al sicuro, bisogna affrontare a piedi nudi il terreno insidioso che ci separa dal Signore.
Ma la salvezza non è il gesto di una volta, magari anche coraggioso e audace. Il dubbio e la paura, sono radicati nel nostro cuore, prendono il sopravvento anche nell’animo di Pietro che viene di nuovo travolto dalle onde. A questo punto, davvero disperato, Pietro grida: “Signore, salvami!”. Due sole parole, gridate forse in modo scomposto, ma piene di speranza. “Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” È una scena che descrive bene chi è il discepolo. Il dubbio, in effetti, non è vinto per sempre nella vita di chi ha fede. Anzi, come il Vangelo stesso ci ricorda, ne scandisce spesso la vita. Tutti possiamo sentirci simili a Pietro, riconoscerci nei suoi dubbi, nelle sue incertezze e nelle sue paure. Infatti la certezza della fede non la si deve cercare dalla parte dell’uomo; noi tutti siamo deboli, fragili, dubbiosi ed anche traditori. La certezza va cercata dalla parte di Dio: egli non ci abbandonerà al nostro destino triste, non ci lascerà travolgere dal mare impetuoso del male, non permetterà che le onde della cattiveria ci inghiottano. Quel che conta - e in questo dobbiamo imitare Pietro - è gridare come lui: “Signore, salvami!”. In questa semplice preghiera è nascosto il mistero semplice e profondo della fede: Gesù è l’unico che può salvarci.


Preghiere


O Signore Gesù vieni incontro a noi nei momenti difficili, perché rassicurati dalla tua presenza possiamo scendere dalla barca e venirti incontro. Donaci la fede necessaria per vincere la paura e affidarti la nostra vita,
Noi ti preghiamo

O Dio, il mondo è sconvolto da innumerevoli tempeste e le onde di violenza e miseria sembrano travolgere folle intere. Vieni presto a salvare chi oggi rischia di essere travolto dalla guerra, la fame, la povertà,
Noi ti preghiamo

Salva o Dio di misericordia i tanti che attraversano il Mediterraneo ostile e chiuso per trovare nelle nostre coste un approdo sicuro. Salva chi è in viaggio, proteggi la vita di chi è debole e fa che tutti trovino scampo e salvezza dal pericolo,
Noi ti preghiamo

Fa’ o Signore Gesù che non ti lasciamo mai, perché da soli siamo deboli e in balia delle onde incerte della vita. Aiutaci a restarti sempre accanto e a riconoscerti vicino e attento al nostro bisogno.
Noi ti preghiamo

Ti supplichiamo o Padre di eterna bontà, manda il tuo Spirito a scaldare i cuori e a suscitare in ciascuno di noi sentimenti di misericordia e perdono. Fa’ che riconoscendo il nostro peccato diveniamo più indulgenti con quello dei nostri fratelli.
Noi ti preghiamo

In questo tempo estivo ti preghiamo o Signore per tutti coloro che soffrono di più per le condizioni del tempo: per gli anziani, i malati, i prigionieri. Dona loro sollievo e conforto, compagnia nelle prove più difficili.
Noi ti preghiamo.

Sostieni nelle difficoltà o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi. In modo particolare ti preghiamo per coloro che soffrono per l’oppressione e la mancanza di libertà. Dona pace e salvezza al mondo intero,
Noi ti preghiamo

Sostieni o Signore Gesù il papa e tutti coloro che annunciano il Vangelo e ne testimoniano la forza di pace e di bene. Rafforza la fede di quanti proclamano con la loro vita la grandezza del tuo amore.
Noi ti preghiamo