sabato 24 dicembre 2011

Natale del Signore



Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Commento

La scena del Vangelo di Natale si svolge in un contesto di grande concitazione. L’evangelista Luca ci racconta che in quei giorni si svolgeva il censimento generale della Palestina e molta gente si doveva spostare da una regione all’altra per registrarsi nel paesi di provenienza. Possiamo immaginare le difficoltà, visti anche i tempi e i mezzi di trasporto di allora: tanta gente in viaggio, strade affollate, case piene di ospiti di passaggio, ecc…

Possiamo vedere in questi tratti anche il clima di queste giornate di festa in cui la città si è mostrata concitata e affannata, con le strade affollate, la gente per le strade a fare compere, un senso di agitazione collettiva. E’ normale, è così ogni anno, di che cosa stupirci?

In situazioni così è facile che chi non ha i mezzi per imporsi passi in secondo piano. Maria e Giuseppe sono due giovanissimi sposi provenienti da un paesetto di una zona di provincia, come era la Galilea. A quel tempo ci si sposava presto, possiamo immaginarci due quindicenni o sedicenni spauriti in quella grande confusione. Per Giuseppe era la prima occasione di assumersi la responsabilità di quella famiglia appena nata, di farsene carico come capofamiglia; per Maria, in più, si compivano i giorni del parto. Sono due poveri esseri sballottati nella confusione distratta della folla. Chi si accorge di loro? Chi può farci caso? Tutti avevano un gran da fare, c’era da organizzare, da preparare, da comprare e da vendere, da viaggiare, ecc… Possiamo dire: è normale, e infatti il vangelo dice che non c’era posto per loro, non che non li hanno voluti accogliere per cattiveria. Però a causa di questa normalità Gesù è nato per strada.

Quanti si saranno trovati nella stessa situazione di Giuseppe e Maria in questi scorsi giorni convulsi di preparazione del Natale nella nostra città? Quanti anche oggi sono sballottati dalla vita, sperduti, isolati, senza sostegno e aiuto? Gente alla deriva nel flusso caotico della città. E chi si accorge di loro, con tutto quello che abbiamo avuto da fare nei giorni passati: le compere, gli auguri, le visite ai parenti, la preparazione della cena e dei regali, oltre al lavoro e alle occupazioni abituali.

Qualcuno però si accorse di Maria e Giuseppe e del loro bambino appena nato. Sono i pastori, gente periferica, che allora non contava molto, come anche oggi. Gente che viveva all’aperto, in campagna, abituati alle durezze della vita. Loro sono gli unici che si accorgono che Gesù è nato perché sono gli unici che hanno dato ascolto alla voce dell’angelo che li invita ad andare a vedere. Quell’angelo tutta la gente indaffarata che stava in città non l’ha sentito. Ce ne stava molta più del solito, ma erano tutti presi dall’occupazione a sistemare le proprie cose. La grande maggioranza della gente non si è accorta nemmeno che è nato Gesù.

L’angelo anche questa sera torna ad annunciare la nascita del Signore Gesù. Chi lo starà a sentire? Ma nemmeno basta sentirlo, come facciamo noi qui stasera, ma bisogna anche andargli incontro, fuori. Infatti quei pastori stavano fuori e dopo aver udito l’angelo si avviarono e andarono verso Gesù, e solo dopo un cammino, più o meno lungo e più o meno difficile, poterono stare con lui.

L’angelo dice loro: “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. “Per voi” dice l’angelo, non per gli altri, per chi ne ha bisogno. Ma chi, onestamente, sente il bisogno di essere salvato? E poi da che cosa? Qualche anno fa si sentiva l’emergenza sicurezza: si temeva di essere sopraffatti dalla criminalità e dal terrorismo e il salvatore allora era una politica di controllo e chiusura nella fortezza assediata, con il respingimento degli immigrati. Oggi è la crisi economica ad avere la priorità nelle nostre preoccupazioni e sentiamo il bisogno che un economista risani la finanza, che le banche siano meno esose, che un politico onesto ci restituisca un certo benessere, la possibilità di spendere. Ma poi il grande salvatore oggi nella crisi economica è pensare a sé e a garantirsi un futuro migliore. Pensare agli altri, preoccuparsi di chi sta peggio, in tempo di crisi, è un lusso che non ci si può permettere. Ma poi domani chissà quale sarà quello che ci farà paura e di chi sentiremo il bisogno per essere salvati.

Ma poi in ogni tempo l’uomo, spaventato da una realtà che appare complessa e minacciosa, in fondo al suo cuore sente il bisogno di essere salvato dai cambiamenti della realtà e l’aspirazione profonda è quella che la nostra situazione resti il più a lungo così com’è, e di un salvatore che venga a mutare la situazione non ne sentiamo il bisogno.

Poniamoci seriamente la domanda su chi è il nostro salvatore e da cosa ci viene a salvare, che è la domanda del Natale, perché il vangelo ci fa vedere come solo i pastori furono felici di sentire la notizia della nascita di un salvatore della loro vita e si incamminarono e lo trovarono. Gli altri restarono con le greggi, magari imprecando contro il freddo, o recriminando perché non potevano starsene in città invece che all’aperto della campagna. Tutti questi Gesù non lo incontrarono, anche se avevano ascoltato l’angelo.

Ma cosa trovarono quelli che andarono? “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” Un bambino, come può salvarci?

Il vangelo spesso è una grande delusione: sembra infantile e ingenuo, roba da bambini. L’uomo e la donna moderni sono molto sicuri di sé, la sanno lunga e hanno le idee chiare su cosa li salva: il benessere, la fortuna, la salute fisica. A questo anche noi affidiamo la nostra felicità e in tempo di scarsità di risorse, ciascuno si tiene stretto quello che ha. Ma sono certezze che ben presto rivelano la loro debolezza: basta una ventata di crisi economica e il benessere vacilla, basta un niente, o anche solo il passare del tempo, e la salute si incrina: quello a cui affidiamo la nostra salvezza mostra prima o dopo tutta la sua debolezza. La nostra vita è troppo preziosa per affidarla a ciò che non resiste alla tempesta della vita. Se ci rendiamo conto di questo allora sì che sentiremo il bisogno di qualcuno che ci salvi, allora sì che ci incammineremo verso la meta indicata dall’angelo per incontrare il salvatore che l’angelo annuncia.

Non resteremo delusi. Sì è solo un bambino, ma ha la forza di un amore talmente grande che non verrà mai meno, fino alla morte in croce e alla resurrezione. Sì è di umile famiglia, ma la nobiltà del suo animo farà accorrere da lui folle di gente assetata di parole vere e di gesti umani. Sì è un uomo come tutti, ma ha la potenza di Dio che tutto può, a cui nulla è impossibile.

Fratelli e sorelle incontrare il bambino Gesù non è solo la commozione passeggera di una sera ma vuol dire aprire la pagina del Vangelo e farsi toccare tutti i giorni dal suo amore, dalla sua nobiltà, dal suo potere. Facciamolo a partire da questa sera, dalla domanda del Natale su chi ci salverà. Troveremo in quelle pagine che sono proclamate durante la Messa e che ciascuno può leggere un tesoro così prezioso che mai potremo più farne a meno, perché in esse scorgeremo la salvezza per la nostra vita.

Don Roberto
Preghiere

O Signore che nasci in una stalla perché nella confusione della città nessuno ti lasciava spazio, aiutaci a sgombrare il nostro cuore dagli affanni e dall’egoismo, perché ci sia posto per te.

Noi ti preghiamo

O Cristo, a noi che confidiamo nel benessere, nella salute e nella fortuna come mezzi per garantirci una salvezza sicura, insegnaci a non disprezzare la salvezza che tu ci porti. Fa’ che imparare da te l’amore che ci rende umani e ci salva dal male e dal peccato.

Noi ti preghiamo

O Padre che hai mandato il figlio unigenito perché il mondo conoscesse il tuo amore, aiutaci a trovarti quando ti fai vicino a noi e a cercare la strada che il Vangelo ci indica per restare sempre in tua compagnia.

Noi ti preghiamo

O Cristo che non ti sei vergognato di nascere nella miseria di una stalla, fa’ che tutti noi sappiamo essere umili come te nel servizio ai fratelli e premurosi come Maria e Giuseppe con chi è piccolo.

Noi ti preghiamo

O Signore che sei stato accolto solo dai pastori, e non hai trovato attenzione nella città dei benestanti, fa’ che sappiamo chinarci su chi è misero e riconoscere in lui la tua presenza che si fa vicina alla nostra vita.

Noi ti preghiamo

Cristo Gesù, aiutaci ad ascoltare l’angelo che annuncia la venuta della nostra salvezza e ad incamminarci verso di te, aprendo il nostro cuore alle tue parole e rendendo grazie per l’amore che ci insegni.

Noi ti preghiamo

O Signore che hai radunato l’umanità non attorno alla gloria del benessere e del potere ma accanto all’umiltà di una stalla, fa’ che noi tuoi discepoli siamo fedeli al Vangelo, perché con la forza al tuo amore trasformiamo il mondo intero.

Noi ti preghiamo

O Gesù che hai conosciuto la durezza della vita senza casa, proteggi tutti coloro che vivono per la strada: i poveri, gli zingari, chi è solo e disprezzato. Fa’ che noi sappiamo essere per loro casa, famiglia e protezione.

Noi ti preghiamo



martedì 20 dicembre 2011

Preghiera del 21 dicembre 2011 (IV di Avvento)



Dal libro del profeta Amos 5,4-15

Poiché così dice il Signore alla casa d'Israele:
"Cercate me e vivrete!

Cercate il Signore e vivrete,
altrimenti egli, come un fuoco,
brucerà la casa di Giuseppe,
la divorerà e nessuno spegnerà Betel!

Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione,
cambia il buio in chiarore del mattino
e il giorno nell'oscurità della notte,
colui che chiama a raccolta le acque del mare
e le riversa sulla terra,
Signore è il suo nome.
Egli fa cadere la rovina sull'uomo potente
e fa giungere la devastazione sulle fortezze.
Essi odiano chi fa giuste accuse in tribunale
e detestano chi testimonia secondo verità.
Poiché voi schiacciate l'indigente
e gli estorcete una parte del grano,
voi che avete costruito case in pietra squadrata,
non le abiterete;
voi che avete innalzato vigne deliziose,
non ne berrete il vino.
So infatti quanto numerosi sono i vostri misfatti,
quanto enormi i vostri peccati.
Essi sono ostili verso il giusto,
prendono compensi illeciti
e respingono i poveri nel tribunale.
Perciò il prudente in questo tempo tacerà,
perché sarà un tempo di calamità.
Cercate il bene e non il male,
se volete vivere,
e solo così il Signore, Dio degli eserciti,
sarà con voi, come voi dite.
Odiate il male e amate il bene
e ristabilite nei tribunali il diritto;
forse il Signore, Dio degli eserciti,
avrà pietà del resto di Giuseppe.

Commento

Siamo alla vigilia del Natale e la voce antica della Scrittura, per bocca del profeta Amos, ci esorta ancora una volta a cercare il Signore. Sì, il Natale non viene come una data qualunque del calendario. Il Natale è un appuntamento che il Signore ci dà perché noi possiamo incontrarlo. Per questo ci è stato dato un lungo tempo di preparazione, l’Avvento, per trovarci pronti all’incontro.

Infatti Gesù non viene nei luoghi ordinari della nostra vita. Gesù non viene dove sto io e non si sottomette al capriccio del mio egocentrismo. È vero, è lui a compiere la parte più grande e impegnativa del cammino verso il luogo dell’incontro, scende dal cielo e si china fino a incarnarsi nella nostra debolezza, ma chiede anche a noi di incamminarci verso di lui.

Cercate il Signore e vivrete

È necessario che ci mettiamo in ricerca di Lui affinché egli ci dia la vita. Ma che vuol dire, noi già abbiamo la vita! Cosa può darci in più quel Signore?

La nostra vita è come spenta di calore e di forza. È la vita che si ripete ed ha bisogno dell’esaltazione di un momento per trovare il suo senso, ma poi ripiomba nella tristezza. È la vita che si auto esalta nell’innalzamento di sé, che trova forza nell’imporsi con violenza sugli altri, nell’arroganza, nella sopraffazione. Ma che vita è quella che ha bisogno di schiacciare l’altro per sentirsi vera e forte? Che vita è quella che fa il vuoto attorno a sé per esaltare se stesso?

La vita che il Signore è la vita vera. Gesù non si esalta, né si impone. La sua presenza a Natale non è arrogante né sopraffazione. È piccolo e umile come un bimbo, e proprio per questo ci comunica la vita vera. È questa la sua forza più grande che sconfigge i poteri forti degli uomini di questo mondo:

Egli fa cadere la rovina sull'uomo potente
e fa giungere la devastazione sulle fortezze.
Essi odiano chi fa giuste accuse in tribunale
e detestano chi testimonia secondo verità.
Poiché voi schiacciate l'indigente
e gli estorcete una parte del grano,
voi che avete costruito case in pietra squadrata,
non le abiterete;
voi che avete innalzato vigne deliziose,
non ne berrete il vino.”

 L’uomo potente si sente come in una fortezza, poiché ha tutto: benessere, salute, vigore, successo, ecc… Si sente protetto da una casa fatta di pietre squadrate, ma quelle pietre sono macigni che pesano sugli umili e su chi è indifeso. Per questo la solidità di quella casa è un’illusione pericolosa, perché si fonda sull’umiliazione dell’altro e poggia sulla forza che passa. È l’illusione dell’uomo che accumula e si affida al proprio privilegio e si illude che questa sia la forza che lo salva. In verità non abiteranno a lungo in quelle case destinate a crollare e non gusteranno il vino di quelle vigne perché daranno aceto imbevibile o vino annacquato e insapore.

Cercate il bene e non il male,
se volete vivere”

insiste il profeta Amos: non è questa la vita vera, ma quella che ottiene chi si fa cercatore del bene.

Ma dove trovare il bene? Nella confusione dell’oggi abbiamo uno sguardo corto che vede solo attorno a sé, ed è facile scambiare il bene con la propria convenienza o la salvezza nel guadagno. Ma a Natale il Signore viene nello splendore che illumina la realtà di una luce nuova:

“Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione,
cambia il buio in chiarore del mattino
e il giorno nell'oscurità della notte.”

Il Vangelo ci narra della luce che la nascita di Gesù porto in quell’angolo di mondo. Ma chi se ne accorse? Chi era lì, chi era uscito dalla casa di pietre squadrate e finestre e porte chiuse, chi si era messo in cammino e aveva accettato di vincere la paura del buio, di quella situazione in cui si perdono i punti di riferimento abituali e tutto sembra più incerto e sconosciuto. Ma lì, in quel buio incontriamo la luce che ci fa vedere la realtà così come è veramente.

“Cercate il bene e non il male,
se volete vivere,
e solo così il Signore, Dio degli eserciti,
sarà con voi, come voi dite.
Odiate il male e amate il bene
e ristabilite nei tribunali il diritto;
forse il Signore, Dio degli eserciti,
avrà pietà del resto di Giuseppe.”

Sì, Gesù nasce fuori dalle case di pietra e dalle fortezze delle nostre vite ben corazzate e sicure. Maria e Giuseppe faticano a trovare un posto nelle case normali per far nascere Gesù ed egli sceglie per venire al mondo un tetto incerto e un giaciglio rimediato. Lì vuole che noi lo troviamo. Lì ci dà appuntamento e ci invita a recarci da lui, come fecero i pastori.

Fratelli e sorelle utilizziamo questi ultimi nostri giorni prima di Natale per uscire dalla fortezza delle abitudini, di quello che abbiamo sempre fatto e che ci sembrano proteggere dal buio dell’incertezza. Andiamo per la strada dove c’è buio, sì, ma anche dove viene la luce vera e la vita vera. Forse Dio avrà pietà di noi e, nonostante il nostro peccato e la nostra paura, ci rivolgerà il suo sguardo paterno e affettuoso, ci riempirà di quella consolazione e fiducia che ci permetterà di non cercare più la fortezza ma di restargli accanto, per le strade dove, una volta grande, incontrerà le folle, guarirà i malati, moltiplicherà il pane e annuncerà la salvezza di chi lo segue.

Sia questo il nostro Natale. Amen.










domenica 18 dicembre 2011

IV domenica del tempo di Avvento




Dal secondo libro di Samuele 7, 1-5.8b-12.14a.16

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Salmo 88 - Canterò per sempre l'amore del Signore.
Canterò in eterno l’amore del Signore, +
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 16, 25-27.
Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 26-38
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Luca ci descrive il momento in cui inizia la storia dell’esistenza terrena del Signore Gesù. E’ un inizio che si presenta subito con i caratteri dello straordinario: un angelo appare e sconvolge l’ordinarietà della vita di una ragazza. L’incontro, possiamo immaginare, avviene in casa mentre Maria era intenta nelle faccende abituali della sua vita quotidiana di ragazza. Era in procinto di sposare Giuseppe, la sua vita stava per aprirsi ad un futuro di moglie e madre. In questo contesto di ordinaria normalità avviene un incontro straordinario. L’angelo messaggero di Dio le rivolge la parola e le annuncia un futuro diverso da quello che si stava preparando. Non dice che quello che Maria si aspetta dalla vita è sbagliato o cattivo, annuncia solo che il futuro che Dio pensa per lei è migliore, qualcosa di molto di più grande rispetto a quanto si aspettava.

Maria resta turbata, è dubbiosa e incerta se lasciarsi sconvolgere la vita da quell’annuncio: perché dovrebbe mettere in gioco il suo futuro, proprio ora che le cose sembravano procedere secondo i suoi desideri, perché non continuare con la rassicurante vita di sempre? È questo il senso, mi sembra, di quel suo turbamento profondo.

È lo stesso turbamento che vediamo cogliere un altro giovane a cui, in questo caso, è Gesù stesso a proporre un cambiamento radicale: “Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.” (Mc 10,21-22). Anche a quel giovane Dio fa una proposta analoga a quella fatta a Maria: cambiare prospettiva per la propria vita, accogliere un disegno diverso, lasciare ciò che sembra garantire un futuro sereno e tranquillo.

La risposta di Maria e quella del giovane furono esattamente il contrario: Maria accettò la proposta di Dio, il secondo invece rifiutò e se ne andò via. Questa diversità di scelta determinò il futuro delle loro vite, che fu anch’esso molto diverso. Dal vangelo sappiamo che il giovane che rifiutò se ne andò triste e da solo, mentre sappiamo che la scelta di Maria aprì un futuro di salvezza per sé e per l’umanità intera.

Il vangelo si rivolge anche a noi con la stessa intensa decisività con cui l’angelo si rivolse a Maria e con la quale Gesù parlò al giovane ricco; ci dice: “qualcosa di nuovo può nascere nella tua vita, lo vuoi?

Qual è il nostro atteggiamento davanti a questa domanda che ci viene dal vangelo? Spesso, dobbiamo ammetterlo, l’atteggiamento più diffuso è non dare ascolto alla domanda. Lo si capisce dal fatto che il più delle volte ascoltando il vangelo noi non ci sentiamo affatto turbati. Sì, quelle parole risuonano impegnative e decisive a chi, come Maria e il giovane ricco, se le sente rivolgere personalmente, mentre a noi il più delle volte risuonano come domande retoriche, o rivolte ad altri oppure, e ciò è ancora più grave, nemmeno ci sembrano domande. Proviamo oggi a sentire questa domanda, a porcela seriamente: accetto io che a Natale nasca in me una vita nuova che mette in discussione quello che mi aspetto e mi programmo per il futuro?

E’ una domanda difficile e impegnativa, ce lo dice il vangelo stesso. Abbiamo visto nei due brani del vangelo che sia Maria che il giovane rimasero turbati, poiché presero l’interrogativo  sul serio e ci rifletterono su: questo è il senso di quel loro turbamento, ma la loro risposta fu diversa. La vera differenza che è all’origine delle due diverse scelte ce la dice il vangelo stesso: il giovane ricco davanti alla proposta di Gesù di lasciare il suo futuro e seguirlo se ne andò via, Maria invece davanti alla stessa proposta scelse di restare a parlare con l’angelo, portavoce di Dio. Si aprì infatti un dialogo fra Maria timorosa e incerta che domanda all’angelo come è possibile, espone i suoi timori, e l’angelo le risponde, la rassicura che l’aiuto di Dio non le mancherà: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.” Questo dialogo scioglie il turbamento di Maria e lo trasforma in fiducia. Quando ci facciamo porre una domanda dalla Scrittura e dialoghiamo con la voce di Dio che attraverso di essa ci parla, avviene il miracolo: quello che sembrava impossibile si realizza, ciò che faceva paura diviene alla nostra portata e la novità del Vangelo nasce nella nostra vita come una vita nuova. Ma poi l’angelo dice a Maria un’altra cosa molto bella e umana: le propone l’esempio di un’altra donna, Elisabetta, che ha seguito la volontà di Dio, e nonostante l’età avanzata è stata in grado di concepite una nuova vita, dopo un’esistenza  fino ad allora sterile. Sì l’esempio di una persona che ha accettato che Dio le chiedesse di fare suo un futuro diverso da quello che si aspettava e si preparava per sé aiuta Maria a dire di sì all’angelo.

Possiamo dire che la scelta di Elisabetta incoraggia Maria e l’aiuta ad accettare di far nascere in lei il Salvatore del mondo. Il giovane ricco se ne va, non accetta di esporre a Gesù i suoi dubbi e paure, Maria invece si apre a Dio e accoglie il suo sostegno e la testimonianza di una sorella.

Quanto sarebbe bello anche per noi poter essere come Elisabetta, capaci di sostenere i fratelli e le sorelle col nostro esempio che dimostra che è vero quello che dice la Scrittura: “nulla è impossibile a Dio.” E come sarebbe bello che anche noi vedendo gli altri sapessimo coglierne i segni di una vita nuova che sboccia, di una nuova generosità, e di un nuovo amore per sentirci incoraggiati a fare altrettanto!

In questo ultimo scorcio di tempo che ci separa dal Natale di Gesù proviamo ad essere anche noi come Elisabetta che dopo tanti anni di sterilità, di pensare a sé, di concentrarsi sul proprio futuro, si apre ad una vita nuova. Accogliamo un figlio, una decisione nuova, una vita diversa dal solito, un gesto nuovo. Non solo noi saremo felici, ma tanti, vedendoci, penseranno che è possibile fare nostro il futuro pensato da Dio, che Egli può tutto, se addirittura noi, con tutti i nostri limiti, siamo riusciti a divenire uomini e donne diverse. L’invito della Scrittura è in questi ultimi giorni di Avvento a chiederci cosa è nella mia vita concreta, nelle mie giornate, nel mio modo di pensare e di vivere la novità che il vangelo fa nascere: sarà un gesto di generosità, un aiuto da offrire, un’attenzione maggiore a chi soffre. Entriamo in dialogo con la Scrittura, facciamo sì che essa parli al nostro cuore e susciti in noi una risposta generosa. Vedremo così nascere la novità di cui noi e il mondo intero ha così bisogno, e chi ci vede si rafforzerà nel credere che veramente Dio può tutto. 

Preghiere 
O Padre del cielo che hai mandato a Maria un angelo per annunciare la nascita di Gesù, fa’ che accogliamo anche noi con gioia la buona notizia che anche la nostra vita può cambiare. Aiutaci ad accettare la proposta di farci portatori del Signore a tutti quelli che non lo conoscono.
Noi ti preghiamo
O signore aiutaci a rivolgerci a te quando ci sembra troppo difficile seguirti e fare la tua volontà; perché, come l’angelo ha detto a Maria, anche noi riceviamo l’aiuto dello Spirito e il sostegno della potenza di Dio.
Noi ti preghiamo
O Gesù che vieni a portarci la novità del vangelo, fa’ che non induriamo il nostro cuore, ma lo accogliamo con gioia e gratitudine
Noi ti preghiamo
O Signore che a Maria turbata hai indicato l’esempio di Elisabetta, fa’ che anche noi nei momenti di incertezza ci facciamo forti dell’esempio di chi, seguendo il vangelo, ha trovato la forza di accogliere la tua volontà.
Noi ti preghiamo
 O Signore che torni in questo mondo distratto e affannato per sé, fa’ che i nostri cuori ti accolgano e ascoltino la tua parola come una domanda seria e impegnativa per la nostra vita. Come Maria fa’ che ci turbiamo ascoltando il vangelo e ci chiediamo come divenire tuoi discepoli.
Noi ti preghiamo
Aiuta o Padre santo, tutti coloro che sono nel dolore: i malati, i sofferenti, i miseri, chi è solo e nell’angoscia. Fa’ che la nascita del Signore porti salvezza e conforto a tutti.
Noi ti preghiamo
O Cristo Gesù vieni presto in questo mondo percorso da correnti di odio e di violenza. Ti preghiamo per le vittime dei recenti episodi di violenza razzista a Firenze e a Torino. Consola chi è rimasto colpito nel corpo e nello spirito e accogli nel tuo amore chi è morto,
Noi ti preghiamo
Ti preghiamo o Signore per tutti i cristiani che vivono nel mondo, perché i loro sforzi di testimoniare il vangelo producano buoni frutti di pace e conversione dei cuori in chi li incontra.
Noi ti preghiamo.

giovedì 15 dicembre 2011

Preghiera del 14 dicembre 2011 (III di Avvento)



Dal libro del Profeta Isaia 9, 1-6



Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Madian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Commento

Come già abbiamo avuto modo di sottolineare, in questo tempo di Avvento risuona forte l’invito della Scrittura alla gioia. Lo abbiamo udito domenica scorsa dalla lettera di Paolo ai Tessalonicese “Siate sempre lieti”, ma anche oggi lo riceviamo dal profeta Isaia in questo passo che la tradizione della Chiesa fin dai primi tempi ha letto come una profezia della nascita del Signore.

La gioia è un sentimento che sembra fuori luogo in questi tempi di crisi e i recenti fatti di volenza razzista con l’incendio di un campo di nomadi a Torino e a Firenze, ieri, l’uccisione di due giovani senegalesi ci ripropone la forza di un odio che copre come una cappa pesante la vita del nostro Paese ed esplode in modo incontrollato e assurdo. È una violenza antica, come quella di cui ci parla il profeta, quando evoca il giogo dell’oppressione, il bastone dell’aguzzino, la calzatura del soldato, il mantello intriso di sangue.

C’è una riserva di odio, serbatoi di violenza, pronti ad esplodere, frutto della predicazione irresponsabile di insofferenza per chi è diverso, ma anche dell’indifferenza e dell’egoismo di tanti che lasciano accumulare attorno a sé materiale così pericoloso senza rendersi conto delle possibili conseguenze.

Davanti a questo scenario Isaia però guarda con uno sguardo più lungo al futuro e scende più in profondità nel cuore della storia degli uomini. Per questo sa scorgere un segno di novità: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda.” Sì, nelle tenebre di un male sordamente sottostante la vita ordinaria il profeta scorge un segno di novità. Anzi, forse proprio perché il presente è buio Isaia cerca i segni di questa novità. È l’atteggiamento dell’uomo dell’Avvento, cercatore nel buio di un barlume della luce che viene a cambiare la storia.

Ma noi cosa cerchiamo? Cosa ci aspettiamo dal futuro?

In realtà troppo spesso noi cerchiamo solo il nostro personale privato futuro e ci aspettiamo solo il nostro personale privato bene. Quello mio e della mia piccola cerchia, del mio piccolo mondo. Per questo i segni del male sono giudicati il più delle volte come un fastidio da cui distogliere lo sguardo. Meglio evitare di soffermarcisi, meglio dire che sono cose che non ci riguardano, perché non possiamo farci nulla, perché fanno paura, perché non ne ho responsabilità. È il modo comune di vivere nascondendoci nell’affanno del quotidiano, dei piccoli affari ordinari, le cose da fare oggi, le priorità che non vanno oltre il salotto, la cucina e il supermercato, al massimo, con grande sacrificio, arrivano fino alla chiesa. Perfino il Natale è diventato un affare privato, da giocare fra me e la mia famiglia, il piccolo consumismo, le soddisfazioni private di un salotto addobbato e una tavola imbandita per me e i miei.

Chi vive così si illude di poter chiudere fuori dalla porta il male, ma in realtà chi vive così coltiva in sé le ragioni per cui il male si accumula ed esplode, in certe situazioni, con conseguenze imprevedibili. Chi chiude la porta crede di potersi difendere dall’assalto della violenza, dell’aggressività, della tristezza che serpeggia, del malcontento, dell’insoddisfazione, della brama di prevalere e di esercitare potere sugli altri. In realtà questi sentimenti e queste tentazioni non sono fuori della porta, ma dentro i nostri cuori e chiudendo la porta li imprigioniamo in modo definitivo.

Non è un caso che Gesù è nato all’aperto, fuori delle case e delle città, perché per incontrarlo bisogna uscire dalla propria casa, dal salotto addobbato e dalla tavola imbandita, dal proprio angolo visuale e dalla prospettiva abituale, dai giudizi soliti e dalle abitudini scontate.

Ma se usciamo da noi cosa troveremo? Non è pericoloso, non è disorientante, non rischiamo troppo?

Isaia dice: “un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.” Dio nasce bambino, mite ed indifeso e a lui siamo chiamati per trovare la luce nelle tenebre.

I cristiani in ogni tempo sono chiamati a cercare e fare propria la luce di quel Signore che con la sua mitezza e umiltà di cuore ha attraversato le strade del suo mondo per svuotare i depositi di odio e di violenza accumulati dagli uomini. Sì, l’arma che il Signore ha usato e ci dona per vincere il male è la mitezza. È “l’arma” debole del Natale. A nulla vale infatti contrapporre odio a odio o aggressività ad aggressività, non serve ad altro che ad aumentare i cumuli di violenza che dividono gli uomini e li isolano rendendoli come bestie rabbiose che non sanno più nemmeno riconoscere il volto del fratello.

Oggi allora capiamo di più l’invito a vivere la gioia, perché siamo in un tempo di tenebre ma intravediamo in questo Avvento avvicinarsi la luce capace di rischiararla. È questa certezza che, pur nel dolore per quanto è successo, ci permette di guardare con fiducia e speranza al futuro. Qualcosa di nuovo può nascere, una luce nuova sta per rischiarare l’orizzonte su cui si sono addensate in pochi giorni cumuli di nuvole oscure, e questa speranza e questo futuro è una persona, Gesù. Usciamo a cercarlo, e lo troveremo, perché Dio si fa trovare da chi lo cerca!

Anzi è lui che ci cerca, perché ha bisogno di un luogo dove nascere. Gesù non si rende presente per magia o per imposizione. Non c’è bisogno di molto, basta una mangiatoia, una stalla, umili poveri pastori, perché Gesù possa nascere. Ma dove trovare questo luogo? Ci chiediamo allora oggi: la mia vita assomiglia alla semplicità accogliente di una mangiatoia, con la paglia della mitezza d’animo, o non ci sentiamo piuttosto persone piene di ragioni davanti alla vita e agli altri, pronti a rivendicare i torti subiti e ad accampare i diritti di essere accettati così come siamo, ingombranti e spigolosi come un roveto? Ci troviamo anche noi in quella stalla, luogo frequentato da pastori e animali, spazio di umiltà e poca considerazione, senza la pretesa di imporsi agli altri ma di servire e essere utile dando riparo e un tetto a chi non ce l’ha, come Maria e Giuseppe? Sono le domande dell’Avvento, perché solo se ci sapremo fare così piccoli, miti e umili ci accorgeremo che sì, veramente la luce è arrivata e rischiara il buio, Che sì, finalmente “un bambino ci è stato dato” e non siamo più orfani e abbandonati a noi stessi.

È questo il motivo della gioia profonda, sommessa, ma reale, che ci permette, pur nel dolore del presente tragico, di non sprofondare nella disperazione o di non chiudere gli occhi volgendoli solo su noi stessi vinti dalla tentazione della rassegnazione e della tristezza.

Eppure, fratelli e sorelle, è così difficile vivere questa gioia vera. Noi preferiamo l’esaltazione che ci viene quando riusciamo a imporre noi stessi, l’ubriacatura del sentimentalismo facile ed effimero, oppure il torpore della tranquillità grigia della penombra del nostro angoletto nascosto. Non sia così per noi, non rischiamo di far passare invano il Natale, mentre siamo indaffarati a farci i fatti nostri, sul palcoscenico della nostra piccola vita sul quale siamo sempre protagonisti. Chiniamoci invece umilmente fino a terra, per adorare la mangiatoia, portiamo la paglia della mitezza per preparare il giaciglio di Gesù, stringiamoci ai poveri, pastori e gente di campagna, che ci guidano fino alla stalla di Betlemme. Scopriremo che lì, in quello scenario squallido e che istintivamente ci respinge troviamo il re della pace, nostra e del mondo, colui che “viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia”. E allora diamoci da fare fin da ora a scaricare i sentimenti di avversione e divisione accumulati nei nostri cuori, a scaricare i serbatori di odio e violenza che vediamo quotidianamente accumularsi attorno a noi, contro i più deboli, come la gente che incontriamo qui il mercoledì pomeriggio o il sabato sera alla stazione. È il modo semplice e concreto di vivere l’attesa della venuta del Signore, che non si impone con la forza o l’evidenza, ma cerca un posto disposto ad accoglierlo.



sabato 10 dicembre 2011

III domenica del tempo di Avvento



Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.



Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28
 
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Commento


Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento si propone a tutti i cristiani come un richiamo alla gioia. In tutte le chiese del mondo risuonano infatti le parole di Paolo ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!”, anche nei luoghi più sperduti, quelli colpiti dal dolore, anche ai popoli oppressi dalla guerra e a quelli sofferenti per la fame e la miseria. Ma quale è il senso di questo invito? La gioia non è forse un segno di debolezza, un atteggiamento pericoloso davanti alla durezza della vita? Non sarebbe meglio corazzarsi con atteggiamenti più combattivi e di contrapposizione per vincere le tante forme di male che colpiscono l’umanità?

E poi che senso ha gioire, quando si sta male, non è un’ipocrisia?

Sono le considerazioni che ci vengono spontanee in questo tempo di crisi economica e di incertezza sul futuro. La proposta della liturgia di oggi ci sembra una pericolosa ingenuità in un tempo in cui chi è debole soccombe o, al massimo, l’invito ad un atteggiamento ipocritamente falso.

Sono domande che è giusto porsi, ma soprattutto che mostrano una certa idea di gioia che è quella che il mondo ci insegna. Cioè la gioia come assenza di preoccupazioni, soddisfazione di tutti i propri bisogni, assenza di difficoltà e ostacoli. Ma è facile rendersi conto come questa idea sia un’amara illusione, perché non è mai realizzabile, vuoi perché nella vita qualcosa che va storto c’è sempre, ma anche perché poi sorge sempre un’ulteriore esigenza, ci si sente privi di qualcosa a cui ambiamo, ecc… Insomma la gioia che il mondo ci insegna sembra proprio essere fatta apposta… per renderci infelici. È la gioia del consumismo, legata al possesso delle cose, ma che genera insoddisfazione perché per quanto abbiamo manca sempre qualcosa. È la gioia della falsa pace che viene dall’ignorare i problemi degli altri chiudendosi in un mondo piccolo e angusto, senza porte né finestre, e che assomiglia piuttosto ad una prigione. È la falsa gioia di un Natale che ci viene proposto dalla tv e dai mercati come l’occasione per non pensare, per immergerci nel consumismo, per chiudersi in famiglia e farsi ciascuno gli affari propri. Se ci pensiamo bene niente di tutto ciò è presente nella descrizione del Natale che i Vangeli ci fanno. Non c’è possesso di cose, né chiusura in famiglia, né ubriacatura di sentimentalismi ed emozioni forti. Eppure avvertiamo come in quel Natale del Vangelo c’è gioia, e tanta, ma è diversa.

Allora, in questa terza domenica di Avvento, la Scrittura ci invita a riflettere, per comprendere cosa è la vera gioia, perché a Natale possiamo gustarla e non perdere l’occasione ubriacandoci dei surrogati che il mondo ci fornisce a basso costo.

La vera gioia innanzitutto si fonda sulla “pretesa” di Dio di modificare la situazione in cui viene ad essere presente. Egli infatti ha una forza di trasformazione delle persone e delle realtà che non può essere annientata da nessun’altro potere malvagio. Noi a volte lo scambiamo per quelle divinità pagane che avvolgevano tutto il mondo in un’aura indistinta e ineffabile, come uno spiritello presente ovunque. Dio è una persona, e come tale ci incontra e si fa incontrare. Per questo la forza della sua presenza non si esercita al di sopra di noi o senza bisogno della nostra partecipazione e presenza. Ma perché questa forza si eserciti Egli deve essere accolto. Infatti la forza di trasformazione del Vangelo si realizza solo se l’uomo attraverso la Parola fa entrare nei cuori il Signore e, attraverso di essi, egli passa nella vita. Allora la sua forza diviene invincibile.

Dice infatti Paolo: “siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.” Cioè la gioia del cristiano non è un atteggiamento di sciocca superficialità o esteriorità ipocrita, ma è la felicità di ospitare nella propria vita una forza che è lo Spirito annunciato dalle profezie. Quanto è facile però che noi spegniamo questo Spirito perché esso ci chiede di andare nel profondo, di non restare alla superficie delle emozioni o dei risentimenti o del lamento, per entrare nella vita dei fratelli e del mondo, e imparare ad amarli così come sono. Quanto è facile disprezzare le profezie, cioè quell’annuncio che viene da lontano per rivelarci una realtà straordinaria e sconvolgente: Dio ci cerca con così grande passione da farsi piccolo e umile pur di incontrarci. Noi però evitiamo di incontrarlo, perché ci si presenta sotto spoglie troppo poco attraenti: un mendicante, un immigrato, uno zingaro, un anziano, una persona problematica, una realtà difficile.

Per questo fratelli e sorelle la vita di oggi è troppo triste, arrabbiata, scontrosa, aggressiva: perché non c’è la gioia dell’incontro con l’altro. Infatti incontrando l’altro incontriamo Dio, amando il povero, riceviamo la forza dello Spirito, aprendo porte e finestre sul mondo e le sue complessità entra il soffio di quello spirito che dà gioia e forza.

Sì, perché l’uomo che ha la vera gioia è un uomo forte. Dice il libro di Neemia: "Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza". (Ne 8,10)

A cosa è attaccato il nostro cuore? Quale tipo di gioia cerchiamo per noi?

L’Avvento ci propone la figura di Giovanni battista come uomo dell’Avvento. È l’uomo che non fa strada a se stesso, ma apre una strada agli altri: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore ». È l’uomo che non pretende di essere guida di se stesso, ma cerca una luce che non ha in sé: “Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”. È uomo che fa tesoro della profezia, cioè della Scrittura, e la vive: “…come disse il profeta Isaia”. Ma soprattutto è l’uomo che attende che si realizzi con potenza la presenza di Dio che si avvicina, si prepara ad accoglierlo, non lo fugge né lo teme: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Per questo Giovanni è un uomo felice. Non teme le difficoltà di una vita dura, incontra le folle, ha parole di incoraggiamento per tutti, aiuta i tanti che lo cercano a liberarsi dallo sporco di una vita brutta, lavandoli con acqua di misericordia e di perdono. Per questo Giovanni è anche un uomo forte: non teme di essere contro corrente o di avere nemici, non teme di dire cose troppo esigenti a chi lo cerca, e di non assecondare la volontà di tanti.

Cari fratelli e care sorelle, impariamo da Giovanni la gioia vera, la gioia dell’attesa di un futuro nuovo che nasce dall’incontro col Signore. Non ci ritraiamo spaventati o confusi dalla proposta semplice di Dio: “vengo, sto per nascere, mi incontrerai? Mi riconoscerai nella confusione della folla?” È la domanda dell’Avvento, di prepararci a riconoscerlo e ad accoglierlo e di ricevere da lui la gioia vera che rende forti e cambia la vita. Non accontentiamoci della gioia a buon mercato, che emoziona ma poi passa e lascia tanta amarezza. Cerchiamo la gioia dell’incontro con Dio che viene a cercarci.


Preghiere

 
O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,

Noi ti preghiamo

Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,

Noi ti preghiamo

Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei re della pace,

Noi ti preghiamo

 
Aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo che annuncia la tua imminente venuta,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano proclamare la potenza del tuo braccio,

Noi ti preghiamo

Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole seguirti,

Noi ti preghiamo.

Sostieni o Dio gli sforzi di chi ti segue e realizza il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla fame e dalla miseria, in Africa e nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,

Noi ti preghiamo