venerdì 28 dicembre 2012

Domenica della Santa Famiglia - 30 dicembre 2012


 
 La Sacra Famiglia in fuga in Egitto

Dal primo libro di Samuele 1,20-22.24-28

Al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, «perché - diceva - al Signore l'ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre». Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.

 

Salmo 83 - Beato chi abita nella tua casa, Signore.

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.


Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.

 
Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-2.21-24

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Pa­dre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi coman­damenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In que­sto conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, abbiamo da poco ricevuto l’annuncio del Natale, annuncio di una nuova vita che nasce per tutti gli uomini. E’ una buona notizia di cui c’è un grande bisogno, perché va contro le tante cattive notizie di questo tempo buio, come dicevamo nella notte di Natale. Va contro l’idea che la nostra sicurezza e salvezza sta nell’essere ben difesi dalle mura delle nostre case, dalle abitudini e dalla forza, perché si manifesta prima di tutti ai pastori che vegliavano nella notte. Va contro l’idea che i poveri siano un ingombro fastidioso per le nostre città, perché sceglie di nascere proprio in una povera stalla, senza un posto che lo accolga. Il Natale è insomma un annuncio che sconvolge tante idee scontate su come va il mondo e su come va la vita e che ci chiede di scegliere di uscire dall’abitudinarietà di una vita sempre uguale per affrontare la vita all’aperto, in mezzo alla gente e davanti al monto vasto e problematico.

Il Natale infatti è una rivoluzione dei pensieri e dei modi di agire abituali che però non si impone con clamore. Sì, l’annuncio del Natale del Signore Gesù è affidato a ciascuno di noi come un bambino appena nato, piccolo e indifeso, che non sa neanche parlare. Non si impone, eppure ha il potere di cambiare i cuori, perché vi entra dentro, e con la forza del suo volerci bene convince anche noi, nonostante la nostra durezza e indifferenza. La Parola di Dio che ascoltiamo ogni domenica è come quel bambino che cerca di nascere dentro di noi, ci chiede spazio giorno per giorno in noi, ma non con la prepotenza, ma con la debolezza e la semplicità di un bambino piccolo.

Il Natale del Signore non è una occasione in più per mettere al centro se stessi, per auto-festeggiarsi nel vortice dello stordimento consumista, ma l’occasione per avviarsi, come i pastori ad incontrare un bambino. Gesto ingenuo ed inutile, per la logica comune, tempo sprecato, sottratto al culto di se stessi: con tutto quello che c’è da fare a Natale, figurarsi se abbiamo tempo da perdere a vagare nel buio per cercare un bambino.

Ma se proviamo ad ascoltare con disponibilità l’annuncio del Natale ci ritroviamo davanti Dio fattosi bambino, sentiamo che a Natale quel bambino è affidato a ciascuno di noi perché cresca suscitando in noi una vita nuova, nuova speranza, nuovi sentimenti. Con questo neonato fra le braccia ci avviamo verso un nuovo anno che sta per aprirsi. Forse ci si può sentire un po’ impacciati, goffi, non siamo tanto abituati a trattare con qualcuno di così fragile e indifeso. Nella vita ci si abitua ad avere a che fare con gente dura, ad affilare le unghie, a difendersi o aggredire: come possiamo farlo con un neonato fra le braccia? Questo è il Natale: vivere con un neonato fra le braccia, di cui prendersi cura, da accudire e proteggere. E’ il bambino del voler bene di cui il mondo e noi stessi abbiamo così necessità, bisognoso di essere protetto e custodito. E’ quel bambino che sono i deboli e i poveri, affidati alle nostre cure perché non siano travolti dalla vita. Stiamo attenti a non dimenticarcelo, presi dagli affanni della vita quotidiana! 

È facile dimenticare Gesù dopo aver ricevuto l’annuncio della sua nascita. Accadde anche alla famiglia di Nazareth. Dal Vangelo non conosciamo molto della vita di Maria e Giuseppe con Gesù, non ci sono tanti miracoli, né fatti straordinari. E’ una famiglia normale, come noi siamo gente comune, eppure porta dentro di sé il tesoro straordinario che Dio fattosi uomo per stare con noi. E’ lui il loro tesoro, se ne rendono conto bene, e questo li fa vivere felici e con più affetto. Ecco perché la Famiglia di Nazareth è Santa, non perché è migliore delle altre, né perché è unita e felice come quelle delle pubblicità. E’ Santa  perché è incentrata su Gesù. Ogni famiglia è santa se ha al centro Gesù, anzi tutti gli uomini formano una famiglia santa se hanno al centro Gesù. Così il Signore stesso ci ha insegnato quando un giorno, venendo Maria e gli altri parenti a cercarlo dice indicando quelli che gli stanno tutto intorno per ascoltarlo: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre". (Mt 12,47-50)

Eppure, nonostante ciò, quando Maria e Giuseppe vanno a Gerusalemme per il pellegrinaggio annuale ripartono e dimenticano Gesù. I genitori pensavano che Gesù anche se non stava con loro era comunque vicino, magari con qualche altro parente. Detto così ci sembra una cosa assurda. Come può una madre e un padre non accorgersi per un giorno intero di non avere più con sé il proprio figlio, ancora abbastanza piccolo?

Eppure care sorelle e cari fratelli, non capita così anche a noi? Abbiamo accolto solo pochi giorni fa, commossi e pieni di tenerezza, quel bambino in fasce che ci viene affidato a Natale, per poi dimenticarcene solo qualche giorno dopo? Non per rinnegarlo, solo perché pensiamo che tanto è sempre possibile ritrovarlo con facilità, proprio come credono Maria e Giuseppe quel giorno partendo da Gerusalemme. Pensano che qual bambino non può andare lontano, perché è piccolo e ha bisogno di loro. Invece non si rendono conto che sono loro a non doversi staccare da lui, perché sono loro ad aver bisogno della salvezza che viene da lui. Anche noi pensiamo che possiamo lasciar andare Gesù, perché è lui che ci raggiungerà, ma poi ci ritroviamo soli e disperati. L’assenza di Dio rende quella famiglia nata attorno alla sua parola preda della paura e dell’angoscia.

Infatti quando Giuseppe e Maria si accorgono che Gesù non è più con loro sono presi dall’angoscia.

Chi non ha più Gesù con sé perde la gioia, la felicità, non sa più essere sereno, sente nella sua vita il vuoto di umanità che accompagna sempre l’assenza di Dio. Per questo corrono indietro, si affannano, cercano il centro della loro vita che ora non hanno più. Dovrebbe essere la stessa nostra angoscia quando ci accorgiamo di avere perduto Gesù, quando non ascoltiamo la sua Parola da tanto tempo, quando ci accorgiamo che per la nostra distanza da lui il bambino del Natale è dimenticato e deperisce in abbandono.

La ricerca di Giuseppe e Maria ha successo: Gesù si fa trovare da chi lo cerca con impegno, anche se solo poco prima era stato dimenticato in mezzo alla confusione. Alla fine i genitori lo trovano, ma non fra i loro parenti, ma nel Tempio dove stava ad insegnare. Lì c’era gente che lo stava ad ascoltare ed era attenta alla sua parola, lì stava la sua vera famiglia, proprio come insegnerà un giorno, da adulto.

I genitori lo rimproverano, vorrebbero insegnare a Gesù di chi si deve prendere cura, con chi deve stare, è rivendicano il loro diritto a essere considerati loro la famiglia di Gesù. Il Signore però non è prigioniero delle logiche di questo mondo, né si fa rinchiudere nei confini angusti delle abitudini familiari. Per Gesù, e lo dice a parole e con i suoi atteggiamenti, la propria famiglia è ben più larga di quella di sangue. Ne fanno parte innanzitutto i tanti poveri verso i quali ha un amore e una cura privilegiata, e poi tutti quelli che sono disposti ad ascoltarlo e a mettere in pratica le sue parole. Sono infatti queste due categorie le uniche che Gesù nei Vangeli apostrofa come i “miei fratelli”.

Anche noi siamo un po’ come quei dottori nel Tempio, figli adottati da una predicazione che il Signore vuole raggiunga tutti, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nel brano che abbiamo ascoltato, anche quelli che non farebbero parte “naturalmente” della sua cerchia familiare. Figli adottivi, resi familiari di Gesù dalla Parola che lui ci rivolge.

Alle soglie di un nuovo anno la Parola di Dio ci rinnova l’invito a far parte di quella famiglia, resa Santa dalla presenza del Signore, a prenderci cura dei suoi figli più piccoli e indifesi, la pace, i poveri. Nazareth diviene oggi la patria di ogni discepolo, anche la nostra, se non ci facciamo prendere dalla “carovana” confusionaria delle nostre occupazioni ordinarie, ma conserviamo il bambino che ci è stato affidato debole, ancora in fasce, ma capace di trasformare la nostra vita e del mondo intero.


Preghiere

Ti preghiamo o Signore Gesù, renderci capaci di portare sempre con noi l’annuncio della tua nascita che abbiamo ricevuto a Natale. Fa’ che uscendo dal chiuso delle nostre abitudini ti cerchiamo per le vie del mondo,

Noi ti preghiamo


Accordaci o Signore di tenerti con noi come un Padre che ci guida e come un Dio bambino del quale aver cura. Rendici figli del Vangelo e custodi gelosi di ogni tua parola,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio ogni uomo e ogni donna che ti cercano. Aiutali a trovarti non nella forza e nella potenza, ma nella debolezza di un amore vulnerabile e generoso, tenero e fragile come un bambino,

Noi ti preghiamo

Accoglici o Signore Gesù nella famiglia dei tuoi discepoli, rendici figli e fratelli tuoi, attenti al tuo insegnamento e desiderosi di metterlo in pratica,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre misericordioso tutti i tuoi figli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che sono poveri e bisognosi di aiuto. Sostienili nelle difficoltà e proteggili da ogni pericolo,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che hanno dimenticato di essere tuoi figli e per questo non sanno più voler bene ai propri fratelli e alle proprie sorelle, ai padri e alle madri, ai figli e figlie. Suscita il tuo Spirito che ci riunisce in una Famiglia vera, resa Santa dalla tua presenza,

Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Padre misericordioso i tuoi figli, specialmente quelli che sono minacciati dalla violenza e dalla persecuzione. Sostienili in ogni parte del mondo e fa’ sentire loro l’affetto della grande famiglia dei discepoli di Cristo,

Noi ti preghiamo

Da’ forza e coraggio o Dio a quanti annunciano la tua Parola, perché la vita di ciascuno sia un Vangelo di pace e di amore e susciti nel cuore di chi incontrano il desiderio di conoscerti,

Noi ti preghiamo

 

 

 

mercoledì 26 dicembre 2012

Natale del Signore


Dal libro del profeta Isaia 62,11-12

Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Li chiameranno Popolo santo, Redenti del Signore. E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata».

 

Salmo 96 - Oggi la luce risplende su di noi.

Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Annunciano i cieli la sua giustizia
e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Una luce è spuntata per il giusto,
una gioia per i retti di cuore.
Gioite, giusti, nel Signore,
della sua santità celebrate il ricordo.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 3,4-7

Figlio mio, quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini, che egli ama.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,15-20

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

 

Commento

Abbiamo ascoltato il profeta Isaia proclamare al popolo: “Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore”. Lo fa nel tempo del pericolo e della paura, quando Israele era minacciato dai nemici, e si rivolge al popolo che aveva dimenticato il loro  Dio e lo aveva abbandonato, per affidare la propria salvezza alla forza delle armi e agli idoli. In qualche modo con la sua promessa fatta per bocca del profeta, Dio evidenzia proprio la sua assenza dal mondo che lo ha rifiutato. Sì, il Natale ci rivela la nascita di un Dio che si fa presente in mezzo agli uomini, ma paradossalmente, proprio per questo rivela che senza il suo abbassamento fino a condividere la condizione umana, il mondo è vuoto di Dio. La sua presenza infatti, lo accennavamo già domenica scorsa, non è scontata. Dio non è uno spirito soffuso che soffia sulla terra, comunque e dovunque, e siamo noi, facendoci caso, a rivelarne la presenza. È questo spesso il nostro atteggiamento con il quale, con scontatezza, diamo per ovvia la presenza e la vicinanza di Dio a noi.

E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata”, prosegue il profeta Isaia. Sì, è vero, Dio ricerca gli uomini e non li abbandona, ma noi ci facciamo trovare da lui che viene?

Nei Vangeli della nascita di Gesù questa idea è presente nella sottolineatura che la prima esperienza che Gesù fa dell’incontro con gli uomini è proprio il rifiuto: “Egli venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” dice Giovanni, e Luca narra: “Marialo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

Che posto c’è nel mondo oggi per Dio che vuole nascere? Che posto c’è nella mia vita?

Per questo la Chiesa, con molta sapienza, ci dona un lungo tempo di preparazione al Natale, il tempo di Avvento, proprio per fare spazio a Dio che viene, in vite ingombre di ciò che non vale e non serve. Per questo abbiamo ascoltato l’invito di Giovanni battista a riempire burroni e spianare montagne, proprio per fargli spazio.

Il Natale in un certo senso si avvicina in questo al Sabato santo in cui la terra sperimenta con tragico realismo l’assenza di Dio: ucciso e sepolto egli è assente dalla storia degli uomini che lo hanno voluto eliminare.

Che posto c’è per Dio, ci chiediamo oggi, in una città che ha rifiutato con durezza solo poche settimane fa’ che si aprisse un luogo di ospitalità per chi è senza casa e dorme per strada?

Il posto in cui Dio vuole nascere non sono le vetrine scintillanti, le strade addobbate o il sentimentalismo melenso delle tradizioni natalizie, piene di ubriacatura consumista. Gesù nasce, sì, anche in questo Natale, ma fuori della città, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Gesù nasce fuori dalla città e muore ed è sepolto fuori della città. Gesù piange su Gerusalemme, la grande città “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23,37) Quelle di Gesù sono parole dure, ma ancora più dura è l’inospitalità della grande città.

Eppure, qualcuno ha accolto Gesù: “i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. I pastori vivevano fuori della città, erano i più disprezzati perché coabitavano con le bestie, e per questo, per gli ebrei, erano impuri. Non dormono il sonno dolce e sereno dei cittadini, pieno di rassicuranti sogni su di sé, ma vegliano, la notte, gli animali di cui hanno cura. Lì, all’aperto, nel buio nella veglia, li coglie l’annuncio dell’angelo che li invita ad andare a conoscere Dio che nasce. Nella loro vita c’è spazio per Dio che nasce: non hanno ruoli né interessi da difendere, ma solo la speranza di trovare chi li liberi dal freddo, dal buio, dalla durezza della loro condizione servile.  

Cari fratelli e care sorelle, questo viene a dirci oggi l’annuncio del Natale: c’è bisogno di uscire dalle rassicuranti città difese dalle mura dei nostri interessi e di intraprendere la via che ci conduce fuori, all’aperto. Lì c’è il freddo, ma anche il calore di un bambino appena nato; lì c’è il buio, ma anche la luce sfolgorante di Dio bambino; lì ci sono gli odori forti, le realtà ruvide e scomode della campagna, delle stalle, ma anche la dolcezza infinita della compagnia di Dio.

Il Natale allora non è una realtà scontata, non viene da solo, per automatismo, ma il Natale è innanzitutto una scelta: la scelta di uscire dalla città e di incontrare la vita vera, così come è, senza il filtro psicologizzante delle nostre sensazioni, senza l’ammorbidimento del torpore dei nostri cuori. Il Natale è la festa di un bimbo che pone una scelta decisiva: buio o fulgore? Amore o indifferenza? Il freddo del vento gelato o il caldo dei cuori?

Non temiamo le tinte forti del Natale, quelle della vita vera. Ce le ricordano i volti dei poveri che incontriamo per strada nella nostra città, perché non hanno un posto dove riposare, come Gesù. I loro volti sono arrossati, pieni di rughe, le mani callose, i vestiti sgualciti, ma loro dove nasce Gesù ci sono: per strada. La città li rifiuta e li respinge, come ha fatto con Gesù. La loro presenza turba la città, come fece Gesù a Erode e ai sapienti di Israele. Le loro parole appaiono ai cittadini vaneggiamenti di ubriachi, come i discorsi di Pietro e degli apostoli pieni di Spirito Santo dopo la Pentecoste.

Seguiamo i poveri e troveremo il posto dove Gesù è nato, stiamo vicini a loro e riconosceremo il Dio bambino, così diverso da quello delle illustrazioni natalizie. La loro presenza nella città è la sua unica speranza di salvezza, altrimenti si perderà per sempre. Diffidiamo dalle case ben spazzate e i saloni ben riscaldati e addobbati, perché oggi Dio è nato sul marciapiede.

 
Preghiere

O Signore Gesù in questo giorno reso santo dalla tua nascita aiutaci a sgombrare la nostra vita da tutto ciò che non vale e non serve perché anche in noi tu possa trovare un posto per restare,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio per la nostra città, inospitale e dura di cuore. Non abbandonarla al suo destino, ma fa’ che i poveri trovino in essa volti accoglienti e mani generose che aiutano,

Noi ti preghiamo


Donaci o Padre  il desiderio di uscire da noi stessi e di cercare te. Riempi il vuoto delle nostre vite, da’ senso e valore alle nostre giornate, colma del tuo amore i nostri cuori,

Noi ti preghiamo


Sostienici o Dio nel nostro incerto cammino verso di te, perché non ci disperdiamo per sentieri che non conducono a niente, ma, seguendo le parole dell’angelo, giungiamo assieme ai poveri e agli umili alla tua presenza,

Noi ti preghiamo


Guida o Signore quanti ti cercano e non sanno dove trovarti, quanti ti invocano e non sanno come rivolgersi a te, quanti hanno bisogno del tuo aiuto e non sanno come raggiungerti. Fatti trovare o Signore, salvatore delle nostre vite,

Noi ti preghiamo

Raggiungi o Gesù i cuori di chi è inospitale e freddo. Disarma l’arroganza di chi rifiuta di incontrarti in chi è povero. Sciogli la durezza della nostra città e manda angeli di pace a suscitare una vita rinnovata dal tuo amore,

Noi ti preghiamo.


Proteggi e sostieni o Padre quanti in questo giorno ti pregano e si affollano in ogni parte del mondo attorno alla stalla di Betlemme. Dona anche a noi di far parte della tua famiglia sconfinata,

Noi ti preghiamo

 
Guida o Signore Gesù quanti nel mondo annunciano a tutti gli uomini che tu hai voluto eliminare la distanza che ci separa da te. Fa’ che con le parole e la vita portino la gioia di Natale a chi ancora non ti conosce,

Noi ti preghiamo

 

Notte di Natale


 
Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,  hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
 

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.


Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, nel buio della notte siamo usciti dalle nostre case e siamo convenuti in questo luogo. Cosa siamo venuti a cercare? Il profeta Isaia descrive: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.”

Eppure, fratelli e sorelle, nella nostra vita quotidiana non ci sembra di vivere al buio. Ciascuno di noi ha i suoi punti di riferimento; ha il chiarore, forse flebile ma sufficiente, della propria esperienza, e poi siamo abituati a muoversi in ambienti che ci sono familiari, dove non abbiamo bisogno di luce per orizzontarci. Anche al buio in fondo ci troviamo bene, basta farci l’abitudine. Infatti anche Isaia afferma che il popolo già “camminava nelle tenebre” e, in un certo senso, si è reso conto di ciò solo quando “ha visto una grande luce”.

È il buio di questo tempo di crisi, con le sue contraddizioni e le paure per il futuro, ma anche il buio della difficoltà che incontriamo spesso nei rapporti, in famiglia, con gli amici. Spesso si procede a tentoni e nel buio il volto di chi ci sta accanto resta sconosciuto, è impossibile conoscersi a fondo. Nel buio vediamo solo un breve tratto di strada davanti a noi, le lunghe prospettive ci sono oscure. Nel buio il panorama attorno ci è estraneo e ostile e preferiamo facilmente concentrarci su noi stessi, su quello che proviamo al nostro interno, sulle nostre reazioni, sui malesseri, le insoddisfazioni.

In queste situazioni si verificano talvolta momenti di chiarezza, come dei lampi di luce che in qualche modo ci fanno essere coscienti che sì, il buio ci avvolge. È un dolore improvviso e inatteso che ci coglie senza risorse, oppure un incontro, una persona, una storia che ci colpisce. Accade che allora ci interroghiamo e ci rendiamo conto che sì, al buio si sta male e che abbiamo un grande bisogno di luce nella nostra vita personale.

Per questo abbiamo attraversato la notte buia, le strade deserte, per venire qui, dove il Vangelo ci annuncia che una luce è venuta, e non solo per un lampo improvviso e passeggero, ma per restare con noi. È il Vangelo del Natale che abbiamo ascoltato.

L’evangelista Luca narra infatti come accanto al luogo dove nacque Gesù “C’erano … alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.” Essi furono i primi testimoni di quell’evento straordinario: Dio è nato per stare con noi, ha eliminato ogni divisione e distanza, ha riempito il vuoto di Dio che rende scura e fredda la terra.

Ma come mai si manifesta proprio a quei pastori? Il Vangelo azzarda un perché: “pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.” I pastori sono raggiunti dal chiarore della nascita di Dio perché stavano all’aperto e vegliavano. Sì, la luce del Natale non penetra dentro le stanze delle case, non entra nei portoni blindati e nelle finestre chiuse. C’è bisogno di uscire dai luoghi riparati e nascosti nei quali spesso ci rinchiudiamo, per vivere nelle strade dove si incontra la gente, dove siamo posti di fronte ai piccoli e grandi drammi della vita. Ma spesso noi rifuggiamo dall’essere coinvolti da questo e preferiamo il chiuso.

E poi quei pastori vegliano, cioè non dormono. È il sonno con cui spesso noi preferiamo rinchiuderci in noi, cullandoci nei sogni individuali, che passano facilmente ma sono semplici e rassicuranti, meglio dello spettacolo della realtà, dura e inquietante.

Perché il bagliore di un attimo o di una situazione diventi allora un fascio di luce costante c’è bisogno di vivere come i pastori, all’aperto e con gli occhi aperti davanti a mondo, con le sue bellezze e le sue brutture, con le sue domande e i suoi enigmi. Dentro casa tutto sembra più semplice, ma solo perché c’è buio. Tante volte vivere nel ristretto ambito della propria famiglia, ignorando gli altri e rinchiudendosi nelle mura casalinghe ci fa illudere di avere la pace, ma gli uomini sono gli stessi e la vita è la stessa che fuori, solo che nel buio possiamo far finta di niente, ignorarla e pensare solo a noi stessi.

E solo all’aperto, per le strade e in mezzo alla moltitudine, non solo si sente il freddo della notte, ma si incontrano anche gli angeli. Essi non sono, come già dicevamo domenica scorsa, solo quegli esseri paffuti e fanciulleschi delle illustrazioni natalizie, ma le persone e le situazioni che ci parlano di Dio. Essi non bussano alle porte delle case, ma si rivolgono a chi accetta di incontrare gli altri. Gli angeli nella nostra vita sono i poveri, nei quali Dio stesso parla. Dice Gesù: “avevo fame e mi avete dato a mangiare, avevo sete, ero straniero, ero carcerato, ecc…” (Mt 25). Proprio nei più poveri Gesù, nato povero in una stalla, ci si rivolge con lo sguardo, con la parola, con la semplice presenza che ricorda quanto bisogno c’è di qualcuno che voglia bene. Sì, noi possiamo farne a meno, abbiamo le nostre risorse, ma chi è povero senza qualcuno che gli voglia bene e lo aiuti non ce la fa a vivere. Pensiamo a chi è senza casa, come Gesù appena nato, a chi è emigrato e fugge dalla miseria e dalla guerra, come Gesù profugo in Egitto perché Erode vuole ucciderlo, pensiamo a chi è perseguitato, torturato, disprezzato, come Gesù nella sua passione.

Ecco allora che questo Natale è un’occasione che ci viene offerta per uscire dal buio: perché continuare a sopportare una vita diminuita e vissuta a metà? Perché non cercare quella luce che è Gesù che chiede di nascere anche nella nostra vita e ci si rivolge con la sua Parola proclamata qui, nella sua casa, e con la richiesta di aiuto dei poveri?

Forse siamo venuti qui solo per una pia abitudine, per una tradizione che ripetiamo stancamente. Ma qui abbiamo trovato la luce vera, quel Gesù che è Dio che vuole stare con noi, che ci illumina il vostro dei fratelli e la strada su cui camminiamo. Allora, come fecero i magi, torniamo a casa da un’altra strada, cioè iniziamo un cammino nuovo che ci riporta alle nostre case ma rinnovati dentro. Ora lo sappiamo, la luce esiste, non possiamo più fingere di non riconoscere nei poveri quel Gesù che in questa notte ci si è rivelato indifeso, debole, bisognoso di protezione e aiuto come un bambino appena nato. La luce del Signore ci si è mostrata, cerchiamola da oggi ogni giorno della nostra vita, ed essa ci guiderà verso quella pace vera di cui Cristo è re e Signore.

Preghiere


Ti preghiamo o Signore Gesù, illumina la nostra vita al buio, scalda i nostri cuori e rendici partecipi della notizia sconvolgente della tua presenza in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

Fa’ o Padre misericordioso che non preferiamo restare al buio delle nostre stanze chiuse, ma uscendo per la strada incontriamo i fratelli e le sorelle, le loro domande e le loro gioie per giungere insieme ad incontrarti,

Noi ti preghiamo

Aiuta o Dio chi ha bisogno di sostegno e consolazione: chi è nel dolore e in affanno, chi è schiacciato dal male e porta i segni della povertà. In questa notte dona loro pace e salvezza,

Noi ti preghiamo

Sostieni con la tua forza o Dio quanti si incamminano verso il luogo della tua nascita e ti cercano nonostante il freddo e il buio. Aiutali a giungere presto ad incontrarti e a gioire della tua vicinanza,

Noi ti preghiamo

sabato 22 dicembre 2012

IV domenica di avvento - 23 dicembre 2012

in attesa di liberazione

Dal libro del profeta Michea 5,1-4a

Così dice il Signore: «E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!».

 
Salmo 79 - Fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Tu, pastore d'Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.

 Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo, vedi e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell'uomo che per te hai reso forte.

 Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

 Dalla lettera agli Ebrei 10,5-10

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà"». Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

 
Alleluia, alleluia alleluia.
Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle porte del Natale. In queste settimane di Avvento la Liturgia ci ha invitato a porci le domande dell’Avvento, cioè a chiederci: “cosa ci aspettiamo dalla novità del Natale?

Sì, perché a Natale il Signore viene sempre come una novità nella vita degli uomini. Il Natale non può non essere accompagnato dallo stupore, come esprime bene il brano del profeta Michea che abbiamo ascoltato: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele.” Il Natale è la vita di Dio che irrompe nella vita degli uomini, come un evento straordinario che prende piede nella loro piccolezza umile e ordinaria.

Dio infatti non è già nel mondo, ma deve nascervi! La sua presenza non è scontata e non fa parte dell’ordine naturale delle cose, la sua nascita è un evento straordinario che abolisce la normalità, un fatto che deve avvenire, anche quest’anno, anche oggi. E la presenza di Dio nella vita non lascia niente come prima: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”, afferma Dio nel libro dell’Apocalisse, quando si compie la sua venuta definitiva (Ap 21,5).

Per questo la nascita di Dio avviene sempre fuori dagli schemi, fuori dai luoghi comuni, fuori da come e dove ce lo aspettiamo. È il Natale, che viene oggi, come 2000 anni fa, per cambiare l’esistenza di chi lo incontra.

Purtroppo l’abitudine e l’attitudine conservatrice degli uomini ha trasformato il Natale in un cumulo di abitudini e di tradizioni, come proprio per spegnere il senso di novità, di stupore per qualcosa di straordinario e imprevedibile. Il Natale è diventato la festa della ripetitività e della scontatezza. È raro infatti che per Natale ci si aspetti qualcosa di nuovo che spiazzi e sconvolga i piani, anzi tutto è programmato da lungo tempo e gli imprevisti sono sgraditi perché rovinano la festa.

Anche per Maria l’annuncio del Natale di Gesù giunse imprevisto e sconvolgente: un angelo venne e le parlò. Nella storia della nascita di Gesù gli angeli hanno uno spazio tutto particolare: un angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù, un angelo consiglia a Giuseppe di non ripudiare Maria, gli angeli si affollano a Betlemme e richiamano l’attenzione dei pastori, un angelo avverte i Magi di tornare per un’altra strada dopo aver incontrato il Signore, un angelo infine appare in sogno a Giuseppe per invitarlo a portare via Gesù dalla Palestina perché Erode vuole ucciderlo. Gli angeli, cari fratelli e care sorelle, non sono degli esseri fantasiosi per i bambini, ma sono il modo con cui Dio parla agli uomini. Anche nella nostra vita ci sono angeli che si fanno presenti e ci parlano, insistentemente e con tenacia, suggerendoci le parole di Dio sulla nostra vita e mostrandoci i suoi segni. La liturgia della domenica è un angelo che ci riferisce le parole di Dio; i fratelli e le sorelle, con le loro domande sono angeli che ci chiedono di far entrare gli altri nella nostra vita; i poveri sono angeli che ci annunciano il vangelo dell’amore che Dio ci dona per offrirlo a chi ne ha bisogno; ecc…

Anche questo Natale viene come un angelo che ci parla. Lo ascolteremo? Dipende da noi e da cosa ci aspettiamo dalla vita.

Lo sappiamo, ce lo siamo detti più volte, l’avvento è il tempo dell’attesa della venuta di Dio che nasce. Ma cosa vuol dire? Se ci aspettiamo qualcosa che sappiamo già, che già conosciamo e che avviene da sé stesso, se ci aspettiamo la ripetizione e, al massimo, la rievocazione di qualcosa di vecchio e scontato, la conferma che tutto è come sempre e va’ come già si sa che vada, allora significa che l’angelo ci ha parlato, ma non lo abbiamo ascoltato.

Maria dopo aver ascoltato l’annuncio del Natale dall’angelo capisce che deve aspettarsi cose nuove e grandi dalla sua vita. Sarà un tempo difficile? Sì, forse sarà difficile, ma pieno di gioia. Si aspetta che da lei provenga la risposta alle attese di tutto il popolo; si aspetta che dalla sua vita, semplice e umile, sorgerà la liberazione di tanti dall’oppressione, il motivo di sperare per chi non sa più farlo; si aspetta che da lei sorga la pace per un mondo di guerra. Si aspetta che il suo piccolo sia allargato dalla venuta di Dio in un orizzonte sconfinato che abbraccia l’umanità e il mondo intero. Maria si aspetta che si realizzi attraverso di lei la profezia di Malachia: “partorirà colei che deve partorire  … Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!

Facciamoci anche noi, assieme a Maria, cogliere dallo stupore: da un villaggio così piccolo può venire una speranza così grande? Da un’esistenza umile può venire una forza di liberazione così grande? Da un sogno piccolo, solo per sé, può nascere una visione sconfinata?

Sì, l’angelo le dice che da lei può nascere tutto questo, e lo stesso viene a dire a noi, oggi, invitandoci ad aspettarci molto dalla nostra vita.

Per questo Maria, abbiamo ascoltato, esce di corsa, sale sulla montagna, suscita con la sua presenza il sussulto gioioso di chi ancora deve nascere, la profezia piena di Spirito di un’anziana che sembrava ormai spenta dagli anni. Riporta vita, fiducia, futuro dove tutto questo sembrava spento. E le parole di Elisabetta sono un inno gioioso e pieno di fiducia perché, finalmente, qualcuno ha creduto alla forza di rinnovamento del mondo che la Parola di Dio suscita in chi la prende sul serio: “beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

Cari fratelli e care sorelle, anche noi possiamo vivere tutto ciò. Questo è l’annuncio sconvolgente del Natale!

Anche dal villaggio umile e sperduto della nostra vita può nascere la forza di liberazione e di amore che cambia la vita nostra e di molti. Basta che “crediamo nell’adempimento”, cioè nella possibilità di realizzare in noi quelle parole che l’angelo della Parola d Dio viene ad annunciarci. Allora aspettiamoci che da noi possa sgorgare una fontana di amore per gli altri, aspettiamoci che le nostre parole divengano capaci di guarire le ferite della solitudine, della disperazione del dolore di molti; aspettiamoci cose grandi, sogni sconvolgenti, visioni ambiziose di bene e di salvezza di tutti, perché è Dio venga a nascere in noi e la sua presenza faccia nuove tutte le cose, a partire da me.

Fidiamoci dell’angelo che c’invita a “non temere” e non soffochiamo la sua voce nella ripetitività abitudinaria del non aspettarci più nulla di nuovo e dall’umiltà di una vita normale potrà sorgere la straordinarietà della vita dell’Emmanuele, Dio con noi.

 

 Preghiere
 
O Signore sostieni il nostro spirito debole e aiutaci ad aspettarci molto dall’incontro con te e con la tua Parola. Fa’ che siamo capaci di sognare un futuro straordinario di pace per tutti e a costruire un mondo nuovo,

Noi ti preghiamo

 
Fa’, o Signore Gesù, che non rinunciamo ad aspettare la tua venuta, ma scrutando i segni dei tempi sappiamo leggere negli uomini e nelle loro storia il bisogno che tu nasca presto e viva insieme a noi,

Noi ti preghiamo


Aiutaci o Dio ad essere ascoltatori attenti della tua Parola, fiduciosi che essa compie cose straordinarie e fa nuove tutte le cose. Rendici degni discepoli del Vangelo di Natale e pronti ad incamminarci verso il luogo della tua nascita nel mondo,

Noi ti preghiamo

 
Perdona, o Padre misericordioso, la durezza dei nostri cuori, sordi all’annuncio dell’angelo e distratti alla tua Parola. Fa’ che sappiamo vincere il timore, rinunciare alla ripetitività abitudinaria, scegliere per l’ascolto docile del Vangelo,

Noi ti preghiamo
 

Aiuta o Padre clementissimo tutti coloro che si trovano nel bisogno: i poveri, gli affamati, chi soffre per la violenza e l’ingiustizia, i malati, i prigionieri, chi è senza casa e protezione. La tua venuta porti consolazione e aiuto a chi ti invoca,

Noi ti preghiamo

 
Sostieni o Signore Gesù tutti quelli che ti cercano. Aiutali a trovare la via che porta a te e ad incontrare nei tuoi discepoli compagni di strada premurosi e attenti,

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Dio tutti coloro che annunciano il vangelo e lo testimoniano con la loro vita. Fa’ che trovino la via che giunge al cuore degliuomini, perché il tuo nome sia amato e invocato ovunque,

Noi ti preghiamo

 
Sostieni o Padre del cielo tutti coloro che sono nel pericolo e affrontano disagi e rischi nel tuo nome. Fa’ che chi oggi disprezza i tuoi figli e li ostacola possa scoprire la bellezza del vangelo e l’umanità piena del tuo volto,

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

giovedì 20 dicembre 2012

feria di avvento - 20 dicembre 2012



Dal libro del profeta Isaia

In quei giorni, il Signore parlò ad Àcaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

Salmo 23 - Ecco, viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.


Dal vangelo secondo Luca  1, 26-38

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle porte del Natale. In queste settimane di Avvento la Liturgia ci ha invitato con la Scrittura a porci le domande dell’Avvento, cioè a chiederci: “cosa ci aspettiamo dalla novità del Natale”. Sì, perché a Natale il Signore viene come una novità e non può essere soffocato dalla stanca ripetitività. È la nascita di una nuova vita, che avviene oggi, come 2000 anni fa, per cambiare l’esistenza di chi lo incontra.

Abbiamo visto nelle domeniche passate Giovanni il battista dal quale le folle andavano, nel deserto, per porgli quella domanda ripetuta, nel Vangelo di Luca, tre volte consecutive: “Che cosa dobbiamo fare?” A quella domanda, dice sempre Luca, Giovanni rispondeva “evangelizzando”, cioè riferendo la buona notizia che qualcuno sarebbe venuto presto a dare una risposta e ad indicare una via. È questo anche il senso della domanda che ha aperto l’avvento con la prima domenica, nella quale è risuonata forte la richiesta di Dio all’uomo appena creato: “Dove sei?”. Sì, le domande dell’avvento ci chiedono dove siamo, che cosa ci aspettiamo, in che situazione e con quali attese viviamo il tempo fino alla venuta del Signore Gesù.

Anche oggi il profeta Isaia ci parla dell’invito di Dio a porre una domanda: “il Signore parlò ad Àcaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio»” ma ad esso Àcaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. È il rifiuto spontaneo e naturale a porsi una domanda forte, che vada oltre la ripetitività ritualistica e abitudinaria con cui spesso le nostre vite procedono.

Acaz era re d’Israele e in quel momento gli eserciti nemici minacciavano Gerusalemme. Dice Isaia: “il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento.” La paura agita i anche i nostri cuori perché viviamo un clima di timore per il futuro e d’incertezza per la crisi. In questa situazione Dio invita Acaz a chiedere un segno che indichi la strada per uscire dalla situazione di paura, ma il timore consiglia di fidarci solo di noi stessi, di far conto sulle proprie forze, di difenderci. In tempo di crisi non ci si pongono domande sul futuro. È la reazione che spesso anche a noi viene spontanea. Cosa aspettarsi da questo tempo difficile? Quali segni, quali indicazioni cercare? L’orizzonte chiuso sconsiglia di alzare lo sguardo alla ricerca di segni di speranza: meglio un sano e prudente realismo.

Ma nonostante questo Dio non si arrende alla reazione infastidita di Acaz. Egli offre a lui e a tutto il popolo molto, perché da loro si aspetta molto: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.”

Come Acaz anche noi preferiamo non chiedere e non aspettarci molto da Dio e dalla vita, perché abbiamo paura di sentirci dire che lui da noi si aspetta molto, che vede nel nostro futuro, col suo sguardo penetrante e buono, la possibilità di vivere cose grandi: sentimenti forti, una generosità operosa, un amore vero, un sogno largo in cui c’è posto per molti, specialmente chi oggi è povero e senza prospettive.

Anche a noi, nonostante la sfiducia che spesso dimostriamo per lui e per le nostre possibilità di essere migliori, in questo Natale Dio ci manda un segno che è un segno di contraddizione, cioè esattamente il contrario di quello che ci aspetteremmo. Cosa può fare un bambino davanti all’esercito nemico? A cosa serve la debolezza del vangelo per vincere la durezza della vita, l’ingenuità dell’amore e la fragilità della generosità per fronteggiare l’arroganza? È quello che pensiamo anche noi  abitualmente davanti alla semplicità del Vangelo: non è troppo ingenuo? non rischieremmo di mettere a repentaglio la nostra sicurezza con qualcosa di così poco prudente?

Ma un angelo viene e parla. Nella storia della nascita di Gesù gli angeli hanno uno spazio tutto particolare: un angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù, un angelo consiglia a Giuseppe di non ripudiare Maria, gli angeli si affollano a Betlemme e richiamano l’attenzione dei pastori, un angelo avverte i Magi di tornare per un’altra strada dopo aver incontrato il Signore, un angelo infine appare in sogno a Giuseppe per invitarlo a portare via Gesù dalla Palestina perché Erode vuole ucciderlo. Gli angeli, cari fratelli e care sorelle, non sono degli esseri fantasiosi per i bambini, ma sono il modo con cui Dio parla agli uomini. Anche nella nostra vita ci sono angeli che si fanno presenti e ci parlano, insistentemente e con tenacia, suggerendoci le parole di Dio sulla nostra vita e mostrandoci i suoi segni. Questo Natale che viene è un angelo che ci parla.

Oggi l’angelo ci dice, assieme a Maria: “non temere”, lo stesso invito che sempre gli angeli rivolgono ai pastori stupiti nel coro notturno che li invitava ad andare verso Betlemme: “Non abbiate timore!

Sì, il coraggio di cercare un segno che ci indichi la strada del nostro futuro e di non fuggire, il coraggio per rispondere a Dio che si aspetta molto da noi e non si accontenta di poco,  non ci viene se ci induriamo e ci facciamo forti. L’agitazione del timore non lo vinciamo mettendoci al riparo dietro le corazze resistenti. La paura ci nasce da dentro, non la vinciamo difendendoci dall’esterno.

Il coraggio viene dall’ascolto dell’angelo che ci dice: “Non temere!” Non aver paura dei consigli che la Parola di Dio ti rivolge. Sì, come a Maria, ci sembrano a volte impossibili  o eccessivi. Vanno contro i nostri progetti, scombussolano il nostro senso comune e la prudenza che ci viene dalla nostra esperienza. Chiedono di squilibrarci pericolosamente verso gli altri. Sì, è vero, il vangelo che ci è proposto sembra irragionevole, come quella proposta assurda rivolta a Maria di divenire madre di Dio. E non c’è nessuna garanzia preventiva che tutto andrà bene. Ma se lo viviamo scopriamo che è la strada migliore per noi stessi.

Poniamoci allora le domande dell’Avvento: cosa mi aspetto dalla vita? Cosa si aspetta Dio dalla mia vita? Posso accontentarmi del poco che sono disposto a dare? Vale la pena vivere per ciò che non vale? Posso seguire sempre i soliti consigli di prudenza e risparmio di sé che sembrano rassicurarmi ma solo fanno vivere poco? O invece posso aspettarmi molto dalla vita, come fa Dio? Oggi l’angelo ci propone di accogliere Dio che sta per nascere anche nella nostra vita. È il segno del natale che Acaz rifiuta di chiedere, spaventato.

Facciamo allora spazio al bambino che lo Spirito santo suscita in noi. E’ il bambino della tenerezza per chi sta male, è il bambino che ha fiducia nel Padre buono che ci guida, è il bambino che è felice di stare con gli altri e non è diffidente e scontroso, ma pronto ad aiutare.

Sì, il Signore vuole nascere e stare con noi, lui che è l’Emmanuele, “Dio con noi” e in questo ultimo scorcio di Avvento che resta ci invita ad attendere il Natale tornando bambini, cioè a rinascere dall’alto, come Gesù invita Nicodemo a fare, a non far vincere un senso di scontatezza da adulto che la sa lunga e per questo è pessimista e disilluso e che crede impossibile ogni cambiamento e bolla le grandi visioni di bene sul mondo come delle pericolose utopie da sfatare.

Se faremo così incontreremo come quella folla, Giovanni nel deserto che ci parla di Dio, gli angeli che ce lo indicano e ci mettono in guardia dal restare sordi e freddi ai suoi consigli. È questa l’unica forza che ci mette al riparo da ogni paura e ci comunica il coraggio della fiducia per cercare per noi e per gli altri un futuro pieno di bene.