venerdì 20 aprile 2012

Chi ci legge

III domenica del tempo di Pasqua

Icona etiopica della crocifissione e resurrezione di Gesù


Dagli Atti degli Apostoli 3, 13-15. 17-19

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».



Salmo 4 - Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! +
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.




Dalla prima Lettera dell’Apostolo Giovanni  2, 1-5

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.



Alleluia, alleluia alleluia.
Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 24, 35-48

In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Commento

Ancora una volta il vangelo torna questa domenica a porci la domanda fondamentale su come si fa a credere nella resurrezione, su cosa vuol dire credere che Gesù è morto e poi risorto con il suo corpo. Infatti è più facilmente accettabile questa storia se la consideriamo come un mito, una leggenda simbolica e figura di realtà spirituali. Sarebbe più facile credere che Gesù mori simbolicamente, passò indenne attraverso la passione e la croce e poi il suo spirito apparve ai discepoli. In fondo la fisicità di Gesù, della sua passione e morte, così come la corporeità della sua resurrezione ci suscita molti problemi.

Ma Gesù è risorto con il suo corpo e la sua resurrezione prepara e in qualche modo rende possibile la stessa resurrezione dei nostri corpi. Lo sconcerto dei discepoli ad accettare questa realtà è lo stesso nostro. Infatti se Gesù fosse apparso loro come una nube scintillante e un tuono potente, forse avrebbero accettato più facilmente la sua manifestazione. Pietro e Giovanni quando Gesù si era mostrato loro trasfigurato, con le vesti sfolgoranti e avvolto in una nube luminosa avevano detto “è bello per noi stare qui” e volevano restarci per sempre (Mt 17,4). Ma ora Gesù torna ferito e senza appariscenti segni di gloria. Anzi come segno distintivo della propria resurrezione mostra proprio le mani e i piedi trafitti sulla croce, cioè i segni del suo dolore e morte. Sono questi i segni della gloria di Gesù risorto, perché sono quelli che dimostrano che il suo amore è più forte del dolore e della morte: è tornato da loro per amore, nonostante tutto, nonostante il loro peccato e la durezza della sua passione.

Quanto è difficile per i discepoli accoglierlo! Eppure dovrebbe essere la cosa più naturale e alla loro portata. E come è difficile per noi accogliere un Gesù che non si accontenta di dare qualche direttiva, di affermare alcuni valori come la giustizia, l’onestà, la fedeltà, la rettitudine, ecc… che non si limita a qualche momento forte di entusiasmo o esaltazione, ma pretende invece di entrare nella carne della nostra vita con i segni della passione che noi facciamo di tutto per evitare e non prendere nemmeno in considerazione, e di farla risorgere tutta intera, carne e spirito, desideri e peccato, debolezza e forza, gioia e dolore, ecc… I discepoli, proprio come noi, non credono e non capiscono, sono sconcertati, spaventati e felici, ma increduli,

Gesù però non si arrende e insiste: mangia con loro e, soprattutto, parla con loro. Ancora una volta Gesù non prende la scorciatoia di convincerli con l’eccezionalità di segni straordinari. Gesù non è un mago che trae credibilità per i suoi portenti. Ancora una volta Gesù rivela che la sua unica forza è la Parola. Lui che è il Verbo, cioè la Parola di Dio, e che come tale si è manifestato fin dall’inizio della creazione, quando Dio disse e le cose iniziarono ad esistere, così ora, Gesù è innanzitutto Parola che si esprime, che spiega, che mette insieme le persone e le unisce a sé e che vuole comunicare agli uomini la forza stessa della sua resurrezione.

È quello che Gesù continua a fare con noi. Ci raccoglie la domenica e ci parla, ci spiega, ci comunica la realtà della sua resurrezione, si fa presente col suo corpo e sangue che viene in mezzo a noi per la forza delle parole del vangelo pronunciate. E la parola è allo stesso tempo fisica, proferita da una persona reale, in una lingua specifica, con un tono e un volume concreto, ma è anche portatrice di un contenuto che va oltre la fisicità e tocca le corde profonde del cuore, dona spirito, apre visioni, illumina e scalda cuori e menti.

Gesù dice: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” cioè ricorda che aveva già annunciato loro cosa doveva avvenire, ma essi non avevano ritenuto credibili quelle parole, le avevano tralasciate come qualcosa di trascurabile e non essenziale. Sono le parole della Scrittura. Nel momento in cui tutto andava bene, in cui erano circondati da fama e successo le parole con cui Gesù parlava di passione, morte e resurrezione non erano risultate credibili per loro. E lo stesso è per noi: la Parola di Dio ci parla ogni domenica della realtà profonda del nostro vivere, ci rivela che oltre la realtà così presente del male c’è la prospettiva della resurrezione che lo vince con l’amore, ma tutto questo ci sembra qualcosa di trascurabile e poco rilevante, perché facciamo a meno di entrare in tali questioni. Per questo poi, quando veramente viene il momento in cui si fa dolorosamente  presente nella nostra vita e il male, restiamo increduli e sconcertati, perché non abbiamo ritenuto necessario conservare quelle parole e dargli fiducia. Eppure i discepoli avevano anche avuto la testimonianza verbale delle donne che avevano visto il sepolcro vuoto o i discepoli che lo avevano riconosciuto sulla via di Emmaus non era stata sufficiente. Ma le parole non sembrano bastare loro.

Fratelli e sorelle non trascuriamo di dare fiducia e di conservare come un tesoro prezioso le Parole che Dio ci rivolge nella sua Scrittura. Sono indicazioni preziose, come dice anche Giovanni: “Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.” Gesù ci dice che non ha altre armi per convincerci della forza straordinaria della sua resurrezione. Sì sono parole semplici e umili, che non hanno la forma di prodigi straordinari, ma possiedono una profondità unica, perché sono vere e di salvezza. Con la sua Parola Gesù si fa presente fra noi e comunica la forza della sua resurrezione. Non basta sapere, non basta conoscere, come dicevamo già domenica scorsa, bisogna incontrare Gesù, e noi lo possiamo fare ogni volta che egli ci parla.



Preghiere

O Signore Gesù che torni fra noi con i segni della passione, fa’ che incontrandoti riconosciamo in te l’amore che vince la morte,

Noi ti preghiamo


Perdona o Signore la nostra incredulità. Cancella il peccato che chiude gli occhi del nostro cuore e non ci fa credere che tu sei risorto,

Noi ti preghiamo


O Dio che non hai disprezzato il corpo del tuo Figlio Gesù ma lo hai fatto risorgere nella carne, proteggi i corpi deboli e sofferenti dell’umanità, perché risorgiamo un giorno nella tua gloria,

Noi ti preghiamo


Accogli o Dio le preghiere di chi è nel dolore ed esaudisci la domanda del debole. Fa’ che la tua resurrezione sia per essi inizio di vita nuova,

Noi ti preghiamo


O Padre misericordioso accogli tutti quelli che si presentano a te da questo mondo, perché nulla li separi dal tuo amore e sia cancellata in essi ogni ombra di male e di peccato,

Noi ti preghiamo


Guida con amore i nostri passi o Signore, perché incontrandoti povero e malato sappiamo sempre riconoscerti e volerti bene,

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che sono minacciati e nel pericolo. Dona pace e salvezza al mondo intero e vita piena dove essa è offesa e umiliata,

Noi ti preghiamo


Benedici o Dio, la famiglia dei tuoi discepoli che ogni domenica si riunisce nel tuo nome. Donaci la tua grazia che ci rafforza nella fede,

Noi ti preghiamo








sabato 14 aprile 2012

II Domenica del Tempo di Pasqua




Dagli Atti degli Apostoli 32-35

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

Salmo 117 - Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 5, 1-6

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.


Alleluia, alleluia alleluia.
Perché mi hai visto, Tommaso, hai creduto;
beati quelli che crederanno senza aver visto
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 20, 19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, ci dice il Vangelo che “Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa ... Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».” Oggi sono otto giorni dopo la resurrezione di Gesù e anche noi ci siamo riuniti in questa casa. Abbiamo ricevuto, domenica scorsa, l’annuncio che Gesù è risorto, dopo aver vissuto con lui le ore drammatiche della sua passione e morte. Sì, qualcuno ce lo ha detto: le donne hanno riferito ai discepoli di averlo visto resuscitato dai morti, e anche a noi il loro racconto contenuto nel vangelo ce lo ha fatto sapere. Eppure non è bastato sapere della resurrezione di Gesù, anche se da una fonte sicura e amica, come il Vangelo e le discepole, perché la vita dei discepoli e quella nostra siano liberate dalla paura che la passione e morte di Gesù ci hanno risvegliato dentro. Veramente quei fatti così drammatici ci mettono di fronte, in maniera forte e inequivocabile, alla nostra debolezza che ci spaventa così tanto: se così hanno trattato il Maestro, un uomo rispettabile e onesto, se ha fatto questa fine addirittura il Figlio di Dio, figuriamoci quale sarà il nostro destino! Molto probabilmente erano questi i pensieri dei discepoli che, come ci dice il Vangelo, se ne stavano ben nascosti per paura dei giudei. Gesù sa bene che l’uomo vive spesso prigioniero delle sue paure e proprio per questo per ben due volte, appena vede i suoi amici, offre loro innanzitutto la pace rasserenante che libera dalle paure, dicendo: “Pace a voi”.

Come accadde ai discepoli, anche a noi la paura tante volte ci spinge a chiuderci dentro, al riparo. Spesso la nostra vita è fortemente condizionata dalle paure: paura del futuro, in questo tempo dalle prospettive così incerte; paura degli altri, spesso fonte di ansia e di inquietudine; paura del mondo così disordinato e poco rassicurante; paura di restare da soli; paura di non ottenere quello che desideriamo; paura di essere delusi da quelli a cui vogliamo bene; paura di ingannarci, di illuderci, di restare fregati dalla vita, di pentirci di non aver fatto qualcosa o di restare senza quello che ci serve. Chi di noi non ha queste paure, o altre? E allora la cosa più naturale è restarsene al chiuso, in un luogo protetto in cui ci sentiamo a nostro agio, proprio come fecero i discepoli. Eppure, potremmo obiettare, le donne avevano già detto loro che Gesù era risorto, e questo non poteva bastare per incoraggiarli e far loro vincere la paura? No, non basta sapere della resurrezione, per vincere le paure ed essere nella pace bisogna incontrarlo risorto di persona. È nell’incontro con lui che riceviamo in dono la pace che placa gli animi agitati dalla paura. Anche noi, dopo la Pasqua in cui abbiamo ricevuto la notizia della resurrezione del Signore, non siamo forse tornati alla vita di sempre che con la sua rassicurante ripetitività è come un recinto chiuso nel quale riusciamo a convivere con le nostre paure senza troppi scossoni?

Anche noi, fratelli ne sorelle, per vincere la paura dobbiamo incontrare di persona quel Signore risorto, non basta averne sentito parlare.

Ma cosa significa incontrarlo? Dove, come possiamo trovarlo?

È questa la domanda chiave di questo tempo dopo Pasqua, da cui non possiamo sfuggire soffocandola nel ritmo frenetico e affollato di preoccupazioni delle nostre giornate.

Per provare a rispondere a queste domande bisogna innanzitutto dire che incontreremo il Signore risorto solo se lo desideriamo. Ce lo dimostra il caso di Tommaso. Egli non solo non crede alle parole dei discepoli, ma ha quasi una reazione stizzita al loro insistere che veramente Gesù è risorto e lo hanno incontrato. Infatti le sue parole sono provocatorie: “Se proprio Gesù vuole convincermi che veramente è risorto deve sottostare alle mie condizioni” dice più o meno. Sembra che farsi credere risorto sia un problema di Gesù e non suo! Tommaso non cerca più Gesù, come forse un tempo, ma lo considera morto e passato, ed è stizzito perché sta al Signore dimostrargli il contrario, nel modo che decide lui. Infatti nemmeno si rammarica di non essere stato presente quanto è venuto, ma è anzi infastidito da quella sua pretesa di stargli troppo vicino, di volergli troppo bene, e quasi in segno di sfida gli rinfaccia proprio la forza del male a cui si è sottoposto senza ribellarsi e maledire: le piaghe delle mani, dei piedi e del costato. Quello è il suo scandalo! Tommaso rimprovera Gesù perché si era fidato di lui, gli aveva dato tutto se stesso finché era famoso e vincitore, ma poi si sente come tradito dalla sua arrendevolezza davanti al male, tanto da subire la morte.

In fondo anche noi non siamo spesso infastiditi da un Signore che si fa troppo vicino, invadente e che non rispetta i nostri tempi e le nostre esigenze e vorrebbe invece imporre le sue? Un Gesù che viene quando noi siamo occupati in altro, che non si presenta come noi lo aspettiamo, che non dice quello che noi vogliamo sentire, ecc… E la cosa che più ci indispone, e che gli rinfacciamo spesso, è l’accusa a Dio di lasciarci in balia del male. Questo è il problema di Tommaso e il nostro, come se, primo, fosse interesse di Gesù convincerci a lasciarci voler bene da lui, e poi, secondo, che se proprio ci vuole amare deve farlo come noi vogliamo, e cioè eliminando il male che tanto ci spaventa dal mondo!

Ebbene Gesù con infinita pazienza si lascia forzare. Non era forse stato lui stesso a insegnarci a chiedere a Dio di liberarci dal male, nella preghiera del Padre nostro: “Liberaci dal male”? Ma Dio ci vuole insegnare quale è la vera liberazione dal male: non fuggirlo, restando prigionieri della paura, ma affrontarlo con la forza dell’amore per gli altri. Il male infatti non vince se lo viviamo senza che questi riesca a farci smettere di amare. Il male vince l’uomo quando lo umilia al punto da togliergli la sua risorsa più grande, cioè rendendolo incapace di voler bene. Gesù vince il male non evitandolo, ma affrontandolo senza smettere di voler bene, anzi intensificando il suo amore per chi gli sta attorno: ama persino chi lo sta uccidendo: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”, e poi consola Giovanni e Maria sua madre, unendoli in una nuova famiglia; salva il ladrone che non lo maledice ma si affida a lui, ecc…

Questa è la vittoria di Gesù sul male, e questo fa sì che la morte non lo sconfigga ma anzi sia lei a risultare vinta. Gesù lo vuol far sapere ai suoi e torna da loro e da noi. In un certo senso cede alle pretese nostre e di Tommaso: torna e mostra proprio quelle piaghe, nonostante le quali non si autocommisera vittimisticamente, non rinfaccia ai discepoli il loro tradimento, anche a causa del quale ha subito tanto male, ma porta invece la pace ai discepoli spaventati. Ma come, è lui che avrebbe dovuto essere consolato, sostenuto, festeggiato dai discepoli e invece, ancora una volta è Gesù che dona loro pace, e fa soffiare uno spirito di amore dove regna la paura e la freddezza disillusa.

Ecco allora come e dove possiamo incontrare il Signore Gesù risorto: ogni volta che il male è vinto con la forza del voler bene. E questo si realizza quando qualcuno ama chi è nella sofferenza, portando consolazione e strappando dalla morsa del male il fratello e la sorella nel dolore, e quando qualcuno riesce a voler bene agli altri nonostante i motivi di sofferenza sua, vera o immaginaria che sia.

Fratelli e sorelle, questo tempo dopo Pasqua in cui la Scrittura nella liturgia ci fa soffermare sulla comunità dei discepoli dopo la resurrezione sia anche per noi occasione per cercare di incontrare il Signore risorto, facendoci liberare dalle nostre paure, uscendo dal chiuso di una vista sempre uguale e riconoscendo nelle sue piaghe vissute con amore e subite per amore degli altri la prova più grande che sì, il bene vince e l’amore è più forte del male e della morte. Ma non basta dirlo o ascoltarlo, bisogna sperimentarlo, e la nostra vita non sarà più la stessa di prima.

Preghiere

O Signore Gesù, ti preghiamo, torna in mezzo a noi perché riconoscendo i segni della tua sofferenza capiamo meglio la forza del tuo amore.

Noi ti preghiamo

Gesù, tu che dalla croce non hai maledetto chi ti faceva dal male e non sei fuggito davanti al dolore, insegnaci a vivere con ancor più intensità l’amore dove il male è più forte,

Noi ti preghiamo

Come Tommaso anche noi restiamo sfiduciati e freddi davanti all’annuncio della resurrezione. Donaci o Signore la pace vera che placa gli animi e suscita in noi uno spirito di amore per riconoscerti risorto e vivo in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

Gesù, sciogli i vincoli della paura che ci fa’ rinchiudere in noi stessi, apri il nostro cuore ad uno spirito di fiduciosa disponibilità a voler bene ai fratelli e a lasciarci amare da te

Noi ti preghiamo

Come i discepoli incerti e dubbiosi anche noi viviamo spesso senza incontrarti. Donaci o Signore Gesù di riconoscerti ogni volta che il bene vince e l’amore abbatte le mura che circondano chi soffre,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio nostro padre per tutti coloro che sono schiacciati dal dolore: i malati, gli anziani, i prigionieri, i profughi, chi è in guerra. Liberali dal male,

Noi ti preghiamo.

Sciogli o Signore i legacci del dubbio e dell’incertezza che ci frena dal voler bene con larghezza a chi abbiamo accanto. Suscita fra tutti i tuoi figli uno spirito di amore fraterno che abbracci il mondo intero,

Noi ti preghiamo

Proteggi o Padre misericordioso chi è nel pericolo per la sua fede, chi testimonia la forza del tuo amore in situazioni di difficoltà e chi crede nella resurrezione della vita dove essa è disprezzata e perseguitata,

Noi ti preghiamo





mercoledì 11 aprile 2012

Preghiera dell'11 aprile 2012 (I del tempo di Pasqua)



Marco 16, 9-18

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".



Commento

Abbiamo da pochissimo celebrato la Santa settimana di passione, morte e resurrezione di Gesù durante la quale lo abbiamo seguito passo passo nel cammino che fece a Gerusalemme. Ci siamo fatti compagni, quasi fisicamente, del Signore, nel cenacolo dove lasciò la consegna del suo amore “fino alla fine” e assicurò che non avrebbe lasciato i suoi da soli ma si sarebbe fatto presente col suo corpo e sangue. Poi lo abbiamo visto patire per mano dei giudei e dei romani, in quel cammino doloroso che lo ha portato fino alla croce. Ma poi, finalmente, abbiamo ascoltato l’annuncio gioioso di un angelo che ci ha mostrato la tomba vuota: il Signore Gesù è risorto.

La Resurrezione è la sconfitta della morte e l’imporsi con potenza di una vita nuova che non finisce e non è più schiava della paura e del male. Certo, questo è vero, ma la Resurrezione non cancella tutto quello che c’era stato prima. Il Signore risorge, ma porta i segni della sua passione. E così per noi la celebrazione della Pasqua non è come una parentesi che chiude un periodo cupo e ci riapre alla vita di sempre. Niente è più lo stesso dopo Pasqua, anche se tutto sembra rimasto uguale.

Anche i discepoli vivono dopo Pasqua la tentazione della continuità: tutto è come sempre, sottoposto alla legge della durezza della vita, alle regole dell’impossibilità. A nulla è valso illudersi con Gesù che tutto fosse diverso, ora l’ultima parola è stata detta.

Non a caso, fratelli e sorelle, l’annuncio della resurrezione è stato fatto alle donne andate al sepolcro. Sì, per loro, a differenza dei discepoli uomini, non era tutto finito, e tornano al sepolcro. Cioè non tornano alla vita di sempre, non riprendono le attività ordinarie, ma sono ancora tutte prese da quello che è successo. Compiono i gesti della pietà perché per loro Gesù è ancora il sofferente crocefisso. Per i discepoli sono gesti inutili, senza senso. Alle donne invece la compassione di Gesù ha lasciato come un segno indelebile: non possono fare a meno di continuare a compatire quel corpo martoriato.

Così fratelli e sorelle è anche per noi. Se non ci lasciamo segnare intimamente dalla compassione di Gesù che per amore degli uomini ha assunto su di sé una montagna così grande di dolore non suo, non meritato né cercato, l’annuncio che quel dolore è stato sconfitto e non ha vinto su di lui, ma è risorto saranno parole vane. Così è per i discepoli, che non credono all’annuncio della resurrezione che gli portano le donne e li giudicano solo vaneggiamenti femminili.

Quelle donne invece credono perché nel loro gesto di compassione c’è già il germe della resurrezione.

La compassione per il dolore altrui ci permette di condividere anche la gioia della resurrezione. La chiusura dei cuori, di cui Gesù rimprovera i discepoli, una volta tornato fra loro “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore”, ci rende invece incapaci di compatire col fratello e per questo nemmeno di gioire con lui per la notizia lieta della sua resurrezione.

Ogni volta che nel mondo vince la solidarietà, l’amore e il lavoro per la pace e la concordia è un annuncio di resurrezione che viene proclamato, ma quante volte noi non ci crediamo e non lo giudichiamo invece una ingenua illusione? Invece se ne accorge e ci crede chi è umile, bisognoso di quella buona notizia, capace di patire col fratello e la sorella, come le donne al sepolcro, e ne gioisce e comunica questa sua gioia.

Sì, chi crede veramente alla resurrezione di Gesù diventa capace di segni straordinari, ma non per magia, ma perchè vuol dire che si è lasciato segnare intimamente dal dolore compassionevole di Gesù e ora la sua umanità diventa capace di risollevare i tanti che sono nella stessa situazione di sofferenza. Dice infatti Gesù ai discepoli increduli: “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno Sono i segni straordinari di cui è capace chi vive la compassione di Gesù: guarire dal male, scacciare i demoni della divisione e dell’odio, parlare la lingua dell’amore e dell’amicizia, rendere inoffensivi le parole e i gesti che avvelenano la vita del mondo.


martedì 10 aprile 2012

Pasqua




Dal libro dell’Èsodo 14,15 - 15,1

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.  Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:



Es 15,1b-6.17-18 - Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

«Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.


Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!

Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome.
ha scagliato nel mare i carri del faraone e il suo esercito
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.

Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra.
La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico.

Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità,
luogo che per tua dimora, Signore, hai preparato,
santuario che le tue mani hanno fondato.
Il Signore regni in eterno e per sempre!». 



Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani 6, 3-11

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.



Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Alleluia, alleluia, alleluia.



Dal vangelo secondo Marco16,1-7

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto"».



Commento

Cari fratelli e care sorelle, stanotte ci siamo radunati in questa casa attraversando il buio della città. Un buio non solo fisico, ma anche interiore. Venerdì, giorno in cui ricordiamo la morte del Signore Gesù, durante il rito austero e solenne dell’adorazione della croce, abbiamo ricordato il buio del male che in quel giorno tragico ha oscurato la terra. Buio dell’assenza di giustizia: che senso aveva quella morte senza motivo, Gesù non aveva compiuto reati, e Pilato lo riconosce esplicitamente, ma anche buio della disumanità, quanta cattiveria e violenza inferta sul povero corpo di Gesù, buio dell’assenza della ragione, i discepoli fuggono e abbandonano il loro Maestro pieni di una paura irrazionale. Ogni volta che il male vince viene un gran buio sulla terra. Tutto si oscura e perde il colore, diventa freddo e irriconoscibile. Quante volte ancora vediamo squarci di buio aprirsi accanto a noi, qui a Terni, quando l’ingiustizia e la cattiveria vincono e schiacciano ora l’uno, ora un altro?

Istintivamente, davanti al buio, noi ci ritraiamo: ci fa paura. Come i discepoli in quella notte buia di morte e violenza ebbero una grande paura e Pietro, ci racconta il Vangelo, cerca di scaldarsi fuori dal Sinedrio, mentre dentro si decide la morte di Gesù. Ma quel fuoco non lo scalda, anzi proprio davanti al fuoco rinnega tre volte Gesù. Sì, i focherelli che ci accendiamo a volte nella nostra vita per sfuggire allo sgomento e al freddo davanti alla forza del male non scaldano e anzi, ci lasciano freddi dentro, come Pietro dal cuore duro e congelato. Sono i fuochi delle sicurezze a cui affidiamo la nostra vita, la salute, il benessere, la tranquillità indifferente, il pensare a se stessi. Sì, come i discepoli e come Pietro anche noi davanti al buio del male ci ritraiamo spaventati e proviamo ad accendere dei fuochi, ma non scaldano né diradano il buio della notte del male e ci lasciano un freddo dentro.

Come vincere allora questo buio, come vincere la paura del male che ci fa fuggire?

A Pietro il cuore si riscalda solo quando sente il gallo cantare, perché ricorda Gesù, quello che gli aveva detto: “prima che il gallo canti tu mi rinnegherai tre volte”. Sì anche noi per riscaldarci il cuore  e per uscire dal buio abbiamo bisogno di ricordare e riascoltare le parole di Gesù, le uniche che scaldano e illuminano la nostra vita. Per questo abbiamo vinto la naturale ritrosia ad uscire dai luoghi conosciuti delle nostre case e siamo arrivati fin qui a vegliare in attesa che quelle parole di Gesù risuonino di nuovo anche per noi. Altrove non ve ne sono di simili.

Ed entrando in chiesa ci siamo accostati alla tomba di Gesù, come quelle donne che  Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro”. Che senso ha tornare al sepolcro? Il male sembra aver vinto anche su Gesù. La folla inferocita, i capi dei Giudei, Pilato, i soldati romani, tutti si sono accaniti contro di lui, per motivi diversi: invidia, paura, fastidio, persino per il divertimento di vedere uno spettacolo insolito. Sì, c’è chi mentre Gesù è già sulla croce lo prende in giro e si prende l’ultima amara soddisfazione di sbeffeggiare un morente.

Davanti ad una morte così viene spontaneo chiedersi: ma perché Gesù si è lasciato uccidere? Lui che era figlio di Dio poteva evitarlo? È quello che gli rimproverano alcuni, perché quella morte se l’è cercata. E pure Pilato gli voleva a tutti i costi offrire una scappatoia, ma Gesù la rifiuta. Pietro glielo aveva detto “Questo non ti accadrà mai” quando Gesù gli aveva rivelato cosa gli sarebbe dovuto succedere. Gesù non fugge il male che lo bracca e lo insegue. Gesù non evita la forza distruttrice del male, ma anzi vi entra dentro. Gesù non si rifiuta di farsi avvolgere dal buio livido di quella notte di violenza bestiale e cieca disumanità. Gesù sa che questo è l’unico modo per vincere il male, caricarselo sulle spalle come una croce pesante. Pietro e gli altri lo fuggono, ma ne restano schiavi. Credono di mettersi in salvo, ma restano al buio e al freddo di quella notte in cui il male è vittorioso. Gesù invece no: sembra soccombere e sicuramente il suo dolore fu forte, ma abbiamo appena ascoltato che quella che sembrava una sconfitta è stata in realtà la sua vittoria sulla morte e sul male!

Sì, Gesù è schiacciato, ma non vinto dal male, è perseguitato e offeso, ma non sconfitto, è inchiodato ad una croce, reso impotente e messo a morte, ma è risorto!

È questo, fratelli e sorelle, il messaggio che ci spinge ad attraversare il buio di questa notte in cui il mondo è immerso per venire qui in chiesa ad ascoltare di nuovo il Vangelo di Pasqua: chi si carica del male, chi non lo evita, chi non fugge via spaventato lasciando soli gli altri, non è sconfitto, ma vince il male.

Questa può essere anche la nostra esperienza. Non fuggiamo più di fronte al fratello nel dolore, non evitiamo con indifferenza la sorella minacciata e vinta dal male, facciamoci carico con compassione, cioè soffrendo insieme al sofferente, di almeno un po’ del suo dolore che ci circonda e saremo vittoriosi sul male.

Sì, la morte è stata vinta, cioè la parola definitiva di vittoria del male è stata cancellata dal vocabolario della storia.

Gesù posto nel sepolcro sembra impotente e sconfitto, ma invece, lo affermiamo nel Credo, scende negli inferni del mondo per risollevare tutti quelli che vi sono prigionieri e farli risorgere con lui. È l’esperienza di quando una volta ci siamo fermati accanto a un sofferente senza fuggire via e senza fare finta di niente: ci siamo ritrovati più forti, più vivi, ripieni della forza della resurrezione di Cristo.

Allora fratelli e sorelle, oggi usciamo da questa chiesa con una forza in più, non perché siamo diventati più coraggiosi e impavidi, ma perché abbiamo scoperto che nessun fuoco ci può scaldare dal freddo del male se non quello della compassione che ci rende partecipi del male sofferto da tanti, e proprio per questo risultiamo vittoriosi su di esso.



Preghiere



O Signore nostro Gesù ti rendiamo gloria perché con la tua resurrezioni ci rendi vittoriosi sul male,

Noi ti preghiamo



Ti ringraziamo o Signore, perché riceviamo qui nella tua casa l’annuncio gioioso della Pasqua. Rendi anche noi uomini e donne risorti in te,

Noi ti preghiamo



O Cristo re della vita e Signore dell’universo, rendi anche noi capaci di caricarci del male che incontriamo e di essere vittoriosi su di esso per la tua resurrezione

Noi ti preghiamo



Scendi o Signore Gesù negli inferni di questa terra e risolleva tutti gli uomini che sono nel dolore, perché trovino nella tua resurrezione la pace e la salvezza che attendono,

Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio del cielo per tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi che questo giorno ti proclamano risorto. Fa’ che possiamo presto riunirci in unità,

Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio perché tutti gli uomini che ancora non ti conoscono possano presto udire l’annuncio del Vangelo di resurrezione e divenire tuoi discepoli,

Noi ti preghiamo.



Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che ti annunciano risorto. Proteggili e sostienili nelle difficoltà,

Noi ti preghiamo



O Dio, rendi piane le strade a chi reca pace dove c’è conflitto e rivalità, perché la concordia che tu porti regni ovunque

Noi ti preghiamo

Venerdì Santo - Adorazione della S. Croce




Dal libro del profeta Isaia 52, 13 - 53, 12

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?

È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.


Salmo 30 - Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.

Ma io confido in te, Signore; +
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.


Dalla lettera agli Ebrei 4, 14-16; 5, 7-9

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. [ Cristo, infatti, ] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.



Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
Per questo Dio lo ha esaltato
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!


Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

Gv 18, 1-19, 42



Commento



Cari fratelli e care sorelle, ci troviamo raccolti in questa serata livida. Anche il cielo, oscurato dalle nubi, sembra partecipare di un dolore grandissimo. Il Signore Gesù è stato messo a morte in modo ingiusto e atroce.

Il racconto del suo arresto, de processo fino alla crocifissione è come un affresco affollato di persone. E come succede sempre , quando tanti sono coinvolti in un avvenimento, sembra che nessuno ne abbia la responsabilità: di chi è la colpa della morte di Gesù?

I farisei e i capi dei Giudei? No, come loro stessi affermano non hanno il potere di mettere a morte nessuno, non sono loro i responsabili.

Pilato e i romani? No, egli stesso afferma che Gesù è innocente, ma è messo alle strette enon può fare a meno di consegnarlo alla folla inferocita.

La folla? La folla è mutevole, non ha volto, fa’ quello che gli dicono, non gli si può dare colpa.

Giuda? Ma egli è solo uno strumento usato da altri, anche senza di lui potevano arrestare Gesù.

Pietro e i discepoli che lo abbandonano e rinnegano? Beh, non ci fanno una bella figura, m nemmeno si può dire che sono responsabili della sua morte.

Gesù muore per colpa di nessuno, e questo sembra aggiungere ancora assurdità ad una morte così ingiusta e immotivata. Egli aveva beneficato tanti, parlato di pace, predicato giustizia e amore: perché ucciderlo?

Ma, fratelli e sorelle, non è così ogni volta che il male vince? Il male non ha volto, non è in un luogo preciso, non si identifica. È pervasivo: entra dentro i cuori e nemmeno ci si accorge. Di chi è la colpa dei mali di oggi? Chi è responsabile della crisi economica che tanto fa soffrire e che in questi ultimi giorni ha spinto, ad esempio, decine di persone a uccidersi?

Chi ha colpa delle guerre che insanguinano ancora così tanti paesi?

Chi è la causa delle ingiustizie ancora così gravi che caratterizzano il nostro mondo, pensiamo all’assurdità del fatto che le10 persone più ricche d’Italia possiedono quanto 3 milioni dei più poveri e che l’80% della ricchezza del mondo è in mano a l 20 % della popolazione che ne gode.

Ma la colpa, ancora, non è di nessuno. Il mondo va così, le situazioni si presentano e stabiliscono da sé.

È il paradosso e l’assurdo di questa sera della morte di Gesù.

Anche noi, fratelli e sorelle non siamo migliori né peggiori di tutta quella folla che attornia Gesù nel grande affresco della sua passione. Ci sentiamo come spettatori impotenti del male che travolge la vita di Gesù come quella di tanti altri uomini e donne dei nostri tempi, ma allo stesso tempo non ci sentiamo responsabili. Questo proprio no.

Come uscire da questa situazione assurda: il male c’è ma nessuno è responsabile e nessuno può farci nulla.

Eppure una strada per vincere il male c’è, e, paradossalmente, proprio Gesù ce la mostra. Lui che è veramente l’unico innocente non è spettatore impotente della congiura. Non si tira indietro reclamando la propria estraneità ai fatti. Il suo modo per vincere il male è farsene carico. Ci dice il profeta Isaia, parlando della figura del servo sofferente che rappresenta in modo mirabile la figura di Gesù,: “egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.” Sì, Gesù ha vinto il male facendosene carico in prima persona, anche se non era colpa sua, lui si è addossato la forza del male. E dal male Gesù si è lasciato schiacciare, fino alla morte, ma non è vinto. Nel Credo affermiamo come Gesù, una volta sepolto discende agli inferi. Sì, egli vuole completare la sua missione e farsi carico del peso del dolore di tutti gli inferni del mondo, di tutti gli abissi di male e di sofferenza.

Per questo Gesù non è vinto. Sì agli occhi del mondo è vinto, sulla croce e nella tomba, ma noi sappiamo che la sua vita gli è stata restituita ancora più forte, eterna e vittoriosa, nella resurrezione.

Fratelli e sorelle, questa stessa via si apre per noi. La via di vincere il male facendocene carico. Non basta mantenersi giusti; Pilato lo era; non basta tenersi alla larga i discepoli se ne vanno subito; non basta lamentarsi, come le donne sulla via verso il Calvario; non basta sentirsi a posto, i Giudei applicavano la legge; ecc… Tutti sono schiavi della forza del male e tutti se ne fanno partecipi e collaboratori. Solo uno lo vince e non ne diviene schiavo, perché non lo evita e non lo sfugge, ma se lo fa entrare dentro, portandone il peso sulle spalle, come la croce.

Fratelli e sorelle questa è la strada che la croce indica anche a noi: possiamo vincere il male se non lo fuggiamo. Quando incontriamo un fratello o una sorella, una situazione, un luogo, in cui il male pesa e schiaccia, non fuggiamo via sentendoci onesti e non responsabili, ma entriamo dentro quelle vite, sopportiamone il peso con amore. È la “compassione”, cioè la capacità di soffrire assieme al fratello. Sì, forse ci sembrerà all’inizio di restare schiacciati da quel peso così forte, ma in realtà è il Signore a portarlo. Ci sembrerà una croce insopportabile, ma, come dice Gesù stesso, se ce la poniamo almeno un po’ anche noi sulle nostre spalle sentiremo che il peso è Gesù a portarlo e anzi ne saremo sollevati e tirati avanti con lui: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero". (Mt 11,29-30)

È questo il mistero che siamo chiamati stasera a contemplare, un mistero di una morte senza colpevoli  e di una vittima che caricandosi della croce ha vinto il male più grande, la morte.


giovedì 5 aprile 2012

Giovedì Santo. Messa in Coena Domini e lavanda dei piedi


Dal libro dell’Esodo 12, 1-8. 11-14
«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».

Salmo - Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi 1 Cor 11, 23-26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Gloria e lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
Gloria e lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni 13, 1-15
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Giovanni racconta come Gesù, dopo essere entrato trionfalmente a Gerusalemme, tra due ali di folle che lo osannavano, si raccolse in disparte con i dodici: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” Egli sa, ci dice Giovanni, che il suo tempo sta per finire e per questo vuole dimostrare ai suoi il suo amore “fino alla fine”.

Gesù ha l’idea che il tempo della sua vita è limitato e non va sprecato, e per questo lo spende con intensità speciale. Noi in genere abbiamo un’idea dilatata, direi quasi infinita del nostro tempo. C’è sempre un domani a cui rimandare, un tempo che sarà più adatto per impegnarci, un futuro eterno in cui avremo possibilità illimitate. È il modo moderno di dire “no”. È raro infatti che oggi si dica “no” a qualcuno o a qualcosa, si dice piuttosto, vedremo, un’altra volta, magari in futuro. Infatti dire “no”, così come dire “sì” è comunque impegnativo, indica una scelta decisa e irrevocabile, ha il sapore della definitività. Invece rimandare a un domani indefinito ci da l’illusione che non abbiamo detto di no, e forse un domani, si vedrà, c’è sempre tempo….

Ma la vita non sempre può aspettare, o quanto meno il nostro tempo non è infinito. Impariamo che davanti alla domanda del fratello e della sorella, rimandare equivale a dire no, perché è ora che lui ha bisogno, è oggi che lo incontro, è adesso, subito che posso e devo rispondere. Il tempo per Gesù ha il valore e il sapore dell’ora, e non del domani indefinito e incerto. Anche per questo l’uomo di oggi non è mai soddisfatto, perché non sa vivere nell’oggi la felicità vera né il dolore vero, ma lo proietta in un futuro dal contorno incerto e improbabile. Aspetta l’occasione giusta, il momento propizio, la situazione adatta per fare quello che in realtà, in cuor suo, ha già deciso di non fare. E si può vivere una vita intera in questo stato di indefinita sospensione del presente.

Gesù invece vive nell’oggi e sapeva che “era venuta la sua ora”. Impariamo da Gesù a sentire che viene anche la nostra ora e che nell’oggi egli ci parla e ci invita a decidere, come fece lui, di voler bene ai suoi “fino alla fine”.

Ma cosa vuol dire “amare fino alla fine” ?

Ce lo dimostra con le sue azioni. Infatti si alza e lava i piedi ai suoi discepoli. Giovanni sottolinea, molto opportunamente, che “il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo”. Cioè l’amore di Gesù è fino alla fine perché è un amore gratuito, rivolto a tutti senza chiedere nulla in cambio, senza giudicare chi lo merita e chi no. Addirittura Gesù insiste con Pietro che, da grande orgoglioso che era, rifiuta il gesto d’amore di Gesù, e discute con lui fino a convincerlo di lasciarsi voler bene.

Sì l’amore di Gesù è “fino alla fine” perché è rivolto anche a chi non lo merita e a chi lo rifiuta. Infatti Gesù riesce a voler bene anche a gente come noi, traditrice e orgogliosamente sicura di non averne bisogno.

Oggi fratelli e sorelle, in questo giovedì santo di passione del Signore Gesù siamo chiamati a ricordare il gesto che egli compi nell’ultima cena con i suoi. Ce lo racconta l’Apostolo Paolo: prese il pane e lo offrì ai suoi: questo è il mio corpo. E poi prese il calice del vino e lo offrì: questo è il mio sangue. Un gesto estremo, di uno che ama fino alla fine, che dà tutto se stesso. Ma è un gesto che capiremo solo se impariamo da lui quella gratuità dell’amore che egli dimostra nella lavanda dei piedi.

A niente vale infatti la nostra fede, l’Eucarestia, la Liturgia, se non impariamo prima a chinarci come lui, sui piedi dei nostri fratelli, anche quelli di chi non lo merita, come Giuda, anche quelli di chi rifiuta in malo modo il nostro affetto, come Pietro. Impariamo alla dolce scuola dell’amore gratuito a voler bene fino alla fine, e allora sì, l’Eucarestia sarà un nutrimento sostanzioso e ci rafforzerà nel corpo e nello spirito.

L’Apostolo Paolo mette in guardia i cristiani di Corinto: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.” (1Cor 11,27) Sì, mangia e beve in modo indegno chi non sa riconoscere in Gesù l’amore fino alla fine della lavanda dei piedi e non cerca di viverlo anche lui. Prosegue l’Apostolo: “perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.” (1Cor 11,29) non riconoscere l’amore gratuito di Gesù è una condanna, perché se nemmeno quello ci tocca e ci spinge a decidere oggi, cosa ci potrà salvare?

Fratelli e sorelle, oggi abbiamo compiuto il gesto umile e semplice della lavanda, perché anche noi impariamo ad “amarci l’un l’altro come lui”, cioè in modo gratuito, largo e generoso, senza chiedere nulla in cambio e senza giudicare. Pieni di commozione per questo affetto fino alla fine ci accostiamo dunque all’altare per ripetere l’altro gesto di Gesù: l’offerta di tutto se stesso, corpo e sangue. Non ci trovi il Signore duri di cuore, pronti a rimandare a domani il momento buono per voler bene agli altri. Sarebbe per noi la condanna perché ci escluderemmo da noi stessi dalla sua salvezza.

Preghiere

O Signore Gesù che ti chini sui piedi dei tuoi discepoli, insegnaci la tua umiltà
Noi ti preghiamo

O Cristo che ami i tuoi fino alla fine, aiutaci a voler bene in modo gratuito e senza condizioni
Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore perché ci inviti a nutrirci del tuo corpo e sangue per ottenere la salvezza, fa’ che ci accostiamo al tuo altare con animo puro
Noi ti preghiamo

Sostienici nella nostra debolezza o Dio, fa’ che ti restiamo accanto come discepoli desiderosi di imparare da te ad amare fino alla fine
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio del cielo per tutti gli uomini, perché in questi giorni della tua passione e morte attendano la tua resurrezione con speranza
Noi ti preghiamo

Guarisci o Signore chi è malato, sostieni chi è debole e indifeso, salva l’oppresso,
Noi ti preghiamo.

Proteggi o Dio del cielo tutti i tuoi figli ovunque dispersi, in modo particolare chi è minacciato dalla violenza e dalla guerra,
Noi ti preghiamo

Donaci o Signore il tuo amore, perché come figli ti restiamo vicini fin sotto la croce e non fuggiamo impauriti,
Noi ti preghiamo



domenica 1 aprile 2012

Domenica delle palme


Dal libro del profeta Isaia 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,

per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.


Lettura della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo
dal Vangelo secondo Marco
Commento

Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi con questa liturgia dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme la Santa settimana di Passione. La liturgia inizia con la festa dell’entrata del Signore in città, momento che fu accompagnato, come recita il vangelo di Marco che abbiamo ascoltato all’inizio della liturgia, dalle grida di Osanna del popolo e dal festoso agitare di rami e mantelli. È stato l’ingresso di un re, accompagnato dalla gioia e dalla festa di tutti. Abbiamo ripetuto quei gesti e abbiamo gioito anche noi. E i rametti di ulivo che ancora abbiamo fra le mani stanno proprio a significare che anche noi c’eravamo e siamo stati testimoni di quell’ingresso di un nuovo re nella nostra vita e nel mondo.

Sì, il Signore è entrato nella nostra vita, lo abbiamo ascoltato in tante occasioni e lo abbiamo riconosciuto re, ma poi, come dice il Vangelo, egli si confonde, un po’ anonimo, nelle strade di Gerusalemme mescolato alla folla. Va nel tempio, come tanti altri, parla, spiega a quelli che lo incontrano, incontra tanti. Cioè Gesù non si chiude nel palazzo del re, non esercita il suo potere come un signore di questo mondo, dando ordini e imponendosi col timore. Egli vuole esercitare la sua Signoria di re del mondo mescolandosi alla vita, entrando nelle pieghe anche più nascoste e apparentemente senza valore dell’esistenza quotidiana. Sì il Signore Gesù non è un re inarrivabile e invisibile, che si mostra solo in rare occasioni accompagnate da entusiasmo, ma è il re del quotidiano, si piega fino all’umiltà della nostra vita banale, ci parla di noi, di quello che facciamo, di cosa ci rende tante volte schiavi di altri padroni malvagi che rovinano la vita. Ci propone di essere suoi discepoli, infatti, e non sudditi. A Giuda che lo tradisce con un bacio dice “Amico”, e agli apostoli dice “Vi ho chiamato amici, non servi”. Gesù entra a Gerusalemme e nella nostra vita come un re amico, un Signore paterno e buono.

Proprio questo però infastidisce molti. Quelli stessi che lo hanno acclamato re e hanno cantato “Osanna” agitando rami di ulivo in segno di giubilo, ora sono infastiditi da questa presenza troppo vicina, che pretende di invadere tante aree della nostra vita privata, nella quale noi siamo gli unici signori assoluti. Gesù pretende di parlare di cose che non lo riguardano, sulle quali sono io a decidere, esige di insegnare a me che già la so lunga. Per questo tanti, ancora con gli ulivi in mano cominciano a pensare come fare per farlo fuori, farlo tacere per sempre.

Anche noi tante volte facciamo lo stesso: ancora con gli ulivi in mano che testimoniano che lo abbiamo accolto come un re, o messi in bella mostra nelle nostre case, già pensiamo fra noi stessi di farlo tacere, di renderlo inoffensivo e di farlo fuori dalla nostra vita. È la storia della passione: il complotto dei servi che vogliono uccidere colui che si presenta loro come un re e un Signore-amico, mite, buono e paterno, ma che parla e non accetta di farsi richiudere in un palazzo lontano dalla vita.  

E allora con questa celebrazione festosa dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme si apre la Settimana chiamata “Santa”, perché ricorda gli eventi più importanti della vita di Gesù e quelli che contengono tutto il messaggio della salvezza dell’umanità: oggi il suo ingresso nella città santa di Gerusalemme, poi l’ultima cena con i discepoli, il tradimento e il processo davanti a Pilato e ai sommi sacerdoti, e infine il cammino della croce fino al Calvario. E’ un tempo speciale e allo stesso tempo pieno di contraddizioni. Sì, mentre la vita della città continua normale con i suoi ritmi abituali, noi invece siamo chiamati, nei giorni che vengono, a rivivere proprio questi momenti importanti.

C’è un contrasto e una lotta fra il Signore che, come dirà ai discepoli prima dell’ultima cena, “Desidera ardentemente di stare con noi” e noi che lo vogliamo far fuori dalla nostra vita rivendicando con tenacia e strenuamente il nostro diritto a essere e a fare come diciamo noi e a stracene per conto nostro.

È il contrasto e la lotta fra il vangelo di Gesù che pretende di esercitare la sua Signoria sulla nostra vita, cioè di contare e cambiare la vita, e la nostra resistenza sorda e passiva a lasciarci raggiungere da lui. Noi spesso nascondiamo questa lotta, mascherandola dietro lo scorrere banale delle nostre giornate piene di impegni e di cose da fare. Ci mascondiamo dietro la domanda “che male c’è?” e non ci preoccupiamo di chiederci invece “che c’è di bene?” nella mia vita.

Questa settimana santa viene proprio a spezzare la catena della banalità scontata che ci tiene imprigionati e a suscitare la domanda cruciale ed essenziale: “che c’è di bene nella mia vita? in cosa, in quale modo costruisco qualcosa di buono? Dove e come allargo i confini del terreno su cui regna la giustizia, la pace vera, il bene?  Queste domande ce le pone questa santa settimana di passione, morte e resurrezione di Gesù. Gli eventi di cui facciamo la memoria viva in queste giornate sono come un sentiero che ci guida a trovare le risposte giuste e vere a queste domande.
Questo settimana è allora una scuola che ci insegna a vivere come discepoli di Gesù e non di noi stessi, per questo innanzitutto ci chiede di fermarci, di lasciare il ritmo affannato e frettoloso con cui normalmente viviamo, per fare nostro il passo del Signore, un passo lento e appesantito dal peso della croce.

La lettura della scrittura ci accompagna nelle tappe di questa settimana santa e ci aiuta a prendere il passo di Gesù, a seguirlo, a non dimenticarlo. E infatti, a ben vedere, in questi giorni noi non facciamo altro che ripetere i gesti di Gesù. Come fecero davanti a lui, anche noi oggi abbiamo agitato le palme per accoglierlo, e poi giovedì santo, attorno alla tavola della cena, ripeteremo il gesto dello spezzare il pane e del mangiare il suo corpo e sangue, poi ci laveremo i piedi come fece Gesù ai discepoli e infine ci ritroveremo sotto la croce a contemplare la realtà sconvolgente della sua morte e alla tomba vuota a ricevere l’annuncio dell’angelo di Dio della sua resurrezione.

Sì, come bambini vogliamo ripetere i gesti, diventare contemporanei dei fatti che avvennero a Gerusalemme e riviverli con Gesù.

Ma a che serve?, ci potremmo chiedere. Sono cose che appartengono al passato. A che serve rivivere fatti così lontani?

In realtà il discepolo si riconosce proprio da questo, dal fatto che non va dritto per la sua strada, ma segue un altro e non lo dimentica, anche se è passato tanto tempo. Isaia dice: “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli.” E’ il fatto di essere discepoli a renderci capaci di porci le domande vere e che hanno il potere di indirizzare la nostra vita in un cammino che ha un senso, che ci permette di ascoltare e non essere sordi. Per questo vale la pena esserci, ritornare a Gerusalemme, ogni anno, in compagnia della scrittura, a rivivere i fatti della santa settimana di passione morte e resurrezione del Signore Gesù. E’ quello che abbiamo cominciato a fare oggi, e il ramo di ulivo che teniamo fra le mani lo testimonia, e attesta che noi c’eravamo, abbiamo visto e ascoltato Gesù.

Pensiamo in questi giorni al grande privilegio che abbiamo. A differenza di tanti, anche in questa nostra città, noi non siamo lasciati a noi stessi. Abbiamo un maestro buono da cui imparare, un Signore-amico da imitare. Quanta gente impazzisce correndo dietro a se stessa, alle mode, alle smanie passeggere? Quanta gente si riempie dell’orgoglio delle proprie capacità e rimane vuota dell’unica cosa che vale, il voler bene? Ma noi invece siamo discepoli di colui che “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.” In questi giorni fissiamo il nostro sguardo su di lui e non su noi stessi, viviamo contemporanei e partecipi di quegli avvenimenti e non solo dei nostri fatti privati. Scopriremo che non è fuggendo e nascondendosi che ci si tiene al sicuro dal male, come pensarono anche i discepoli, ma nel vivere assieme al Signore per lasciarci trascinare dalla forza della sua umanità autentica e piena ad essere testimoni della Resurrezione.





Preghiere



O Signore Gesù ti preghiamo di aiutarci in questi giorni a seguirti fino a Gerusalemme per essere testimoni del tuo amore. Fa’ che non fuggiamo spaventati e distratti, presi da noi stessi e dai ritmi abituali, ma come discepoli seguiamo te, nostro unico maestro buono.

Noi ti preghiamo





O Padre misericordioso apri il nostro cuore all’ascolto della Scrittura. Fa che sappiamo farla scendere nel nostro cuore e diventare contemporanei dei fatti che descrive, vicini a Gesù e testimoni del suo amore senza fine.

Noi ti preghiamo



O Gesù che non hai considerato un privilegio l’essere simile a Dio, ma ti sei fatto uomo come noi, fa’ che impariamo dalla tua umiltà e sappiamo vivere come servi attenti ad ogni fratello e sorella.

Noi ti preghiamo



O Cristo che torni ad ammaestrarci perché non vuoi che noi perdiamo la nostra vita su strade che non portano a niente, ìndicaci in questi giorni della santa settimana come vivere un amore appassionato e fedele come il tuo.

Noi ti preghiamo



Padre, perdona la nostra dimenticanza, non guadare alla durezza del nostro cuore, non ti scandalizzare perché siamo distratti e attenti solo a noi stessi. Aiutaci a concentrare la nostra attenzione su te perché impariamo a vivere la passione per gli uomini.

Noi ti preghiamo



O Dio della pace, dona salvezza e consolazione a tutti coloro che ne hanno bisogno. Ti preghiamo per i malati, per chi soffre, per chi è solo e dimenticato. Fa’ che uniti alla tua passione trovino anche la vita nuova della resurrezione.

Noi ti preghiamo.



Vogliamo ricordarti o Padre buono, tutti gli uomini della terra che ancora non ti conoscono. Sii buono e svèlati anche a loro, perché possano ricevere presto l’annuncio del Vangelo della Resurrezione.

Noi ti preghiamo



O Dio ti ricordiamo tutti coloro che in questa settimana si raccoglieranno per ascoltare il Vangelo della passione e per pregarti. In comunione con tutti i cristiani del mondo invochiamo protezione per quelli che sono minacciati, audacia per quelli che sono timidi, e per tutti la benedizione di una vita santa.

Noi ti preghiamo