domenica 26 febbraio 2012

I domenica di Quaresima



Dal libro della Gènesi 9,8-15

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».


Salmo 24 - Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

 
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 3,18-22

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.


Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Marco 1,12-15

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».


Commento

Cari fratelli e care sorelle, si è aperto mercoledì con il segno delle ceneri il tempo di Quaresima di cui oggi celebriamo la prima liturgia domenicale. In queste settimane che ci preparano alla Pasqua siamo chiamati a riflettere con serietà su cosa vogliamo fare della nostra vita. Infatti questo è il significato di questo tempo. Non è, di per sé, un tempo triste, perché si avvia ad incontrare la gioia della Resurrezione di Cristo, ma è un tempo utile a considerare qual è la situazione del nostro vivere e verso chi e che cosa vogliamo indirizzarlo. Questo è il significato di ciò che la tradizione consiglia, circa il lasciare meno spazio ad una spensieratezza sciocca o alla leggerezza di un agire che non prende sul serio il valore di ciò che si fa e di cosa si vuole costruire. E proprio per meglio fare questo la liturgia di oggi, subito dopo aver varcato la soglia della Quaresima, ci chiede di considerare la proposta di Dio che vuole stabilire un’alleanza con noi: “Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi”.

Queste parole innanzitutto ci aiutano a renderci meglio conto di qualcosa di importante, e cioè che la vita dell’uomo ha, fondamentalmente, una dimensione di lotta. In essa infatti si volge continuamente lo scontro fra le forze del bene che vogliono imporre le loro ragioni suggerendoci le azioni buone, i sentimenti umani e le scelte in favore del prossimo e di noi stessi, e quelle del male, che vogliono resistere alla realizzazione di tutto ciò e ci suggeriscono mille ostacoli e impedimenti, un senso di impossibilità e di sfiducia, l’idea dell’inutilità e dell’inopportunità di lottare perché il bene si affermi. Sono i mille pensieri giustificatori che ci fanno rimandare a domani le scelte o cedere con arrendevolezza a quello che ci viene più facile e istintivo. È quel regno della naturalezza a cui siamo così legati, che domenica scorsa chiamavamo il “carattere” o l’ “indole”. Esso ci fa ritenere accettabile la rinuncia a lottare e la resa alle forze del male che, nel mondo, sembrano sempre le più forti e largamente prevalenti. Sì, la dimensione della lotta è qualcosa che sentiamo “innaturale”, perché ci chiede di non arrenderci a ciò che sentiamo connaturato alla nostra vita, per costruire la nostra umanità non con la prima cosa che ci capita tra le mani e nei modi che troviamo più facilmente, ma piuttosto con i materiali e secondo i disegni scelti alla luce di una decisione presa responsabilmente e con fatica. Chi di noi, infatti, volendosi costruire la casa in cui abitare non sceglierebbe con attenzione i materiali giusti e il progetto migliore? Ben più di una casa vale la nostra vita e non possiamo affidare la sua costruzione al caso o all’istinto.

I materiali necessari a costruire la vita sono le nostre scelte, il cemento che li fa stare insieme è lo spirito con cui le decisioni sono prese, e il progetto di costruzione sono gli scopi per cui spendiamo la nostra esistenza. La Quaresima proprio tutte queste cose ci chiede di soffermarci a considerare, soppesando la validità del materiale, se non valga la pena trovarne di migliore, più solido e resistente alle intemperie; la qualità del cemento che lo lega, perché non si sgretoli alle prime scosse e ci crolli tutto in testa; la bellezza del disegno, perché non ci renda impossibile e infelice la nostra vita futura.

Davanti alla serietà di questo impegno di Quaresima, come dicevo prima, non siamo lasciati soli. Il Signore ci propone un’alleanza. Sì, la lotta fra bene e male infatti non si svolge solo sugli scenari drammatici e lontani di cui veniamo a sapere attraverso i mass media, ma passa dentro ciascuno di noi. E noi il più delle volte non abbiamo le armi giuste o la forza sufficiente per non soccombere a questa lotta e cedere al male. Per questo Dio si propone a noi come alleato nella lotta perché vincano le decisioni di bene in ogni momento della nostra vita. Sono decisioni a volte difficili e impegnative, ma che danno materiale solido al nostro edificio. Questa alleanza, dice Dio a Noè, è rappresentata da un arco che unisce la terra al cielo, cioè la fragilità della nostra decisione e forza all’onnipotenza invincibile di Dio: “Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne.” Questo arco che unisce terra e cielo è la Parola di Dio che realizza l’alleanza del Signore con noi. È come un ponte gettato sotto i nostri piedi perché non vacillino nel cammino incerto, è come un fascio di luce che ci rischiara il passo a volte malfermo, è come il consiglio buono che incoraggia e scalda il cuore di chi è indeciso e insicuro, se ne sta fermo e non sa che strada prendere. La Parola di Dio è tutto ciò e ci viene gettata incontro perché noi camminando nel suo sentiero ci avviamo verso di lui, per incontrarlo al termine di questa Quaresima Risorto e vincitore sul male e sulla morte. È la sua alleanza che ci ispira uno Spirito buono, il suo Spirito santo, con cui cementare l’una all’altra le scelte della vita fatte alla luce della sua Parola. E allora diverrà più facile farlo, ne avremo la forza e il coraggio. Non vinceranno più le tentazioni di ritenere inutile o impossibile scegliere per il bene e spendere per esso le nostre energie.

Il Vangelo di oggi ci racconta come anche Gesù fu sottoposto alla tentazione di dare ragione allo spirito del mondo che gli suggeriva di costruire con i materiali che tutti hanno sottomano: il potere del ruolo, la forza della ricchezza, la soddisfazione dei bisogni immediati come unico e ultimo scopo della vita. Gesù però resistette alla forza della tentazione e scelse per la costruzione di una vita buona nello Spirito del Padre. Lo fece, ci dice il Vangelo di Matteo nei passi paralleli (Mt 4,1-11), rispondendo al diavolo con le parole della Scrittura. Cioè Gesù accolse l’alleanza col Padre e mosse i suoi passi con sicurezza sul terreno solido di quel ponte gettato da Dio per unire la terra al cielo. Così facendo egli vinse la forza della tentazione, così frequente anche per noi, e dimostrò, una volta per sempre, che chi accoglie la proposta di alleanza di Dio ha una forza di bene che la forza del male non potrà mai vincere.

È la proposta che ci viene fatta in questo inizio di Quaresima: usiamo questi giorni per ricordare e meditare sulla Parola di Dio, usiamo il foglio che abbiamo tra le mani per rileggere a casa la Scrittura ascoltata qui in chiesa e la sua spiegazione. È un modo concreto per allearci a Dio e indirizzare il cammino della nostra vita sul terreno solido e sicuro del suo santo Spirito.


Preghiere


O Dio che sei nostro Padre, unisci la forza del tuo amore alla fragilità della nostra decisione con l’arco pieno di colori della tua Parola. Fa’ che ricevendola nel cuore la viviamo fiduciosamente,

Noi ti preghiamo


Suggerisci o Signore a ciascuno di noi le scelte buone nella vita di ogni giorno. Manda il tuo santo Spirito a illuminarci il cammino e a scaldarci il cuore,

Noi ti preghiamo


Non lasciare o Dio che costruiamo la nostra esistenza con il materiale che non vale e secondo il disegno di questo mondo. Fa’ che ci fondiamo sulla roccia del Vangelo per innalzare un edificio solido e duraturo,

Noi ti preghiamo


Perdona o Padre misericordioso tutti quelli che assecondano nella propria vita le decisioni del male, chiamandole carattere o indole. Aiutali a resistere alla tentazione e a decidere per il bene,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre chi è più debole. Aiuta chi è maggiormente esposto alla durezza della vita e ne subisce le ingiurie. Guarisci chi è malato,

Noi ti preghiamo



In questo tempo di Quaresima suscita sentimenti di carità e solidarietà nei cuori dei tuoi discepoli, perché nell’amore per i fratelli troviamo tutti la strada che conduce all’incontro con te risorto,

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre i tuoi figli ovunque dispersi. Dona coraggio e tenacia a chi è incerto e raccogli attorno alla tua mensa tutta la famiglia umana,

Noi ti preghiamo


Dona coraggio e amore a chi annuncia il vangelo a chi non ti conosce. Fa’ che la vita dei tuoi discepoli sia sempre una buona notizia di pace e salvezza per tutti,

Noi ti preghiamo

mercoledì 22 febbraio 2012

Preghiera del Mercoledì delle ceneri



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,20-6,2

Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo giunti alle soglie di questo tempo di Quaresima che si apre oggi con il gesto solenne e austero delle ceneri. È Dio stesso che ci invita ad ascoltarlo; dice Paolo infatti: “per mezzo nostro è Dio stesso che esorta.” L’uomo moderno si caratterizza per il suo fare. Ci si definisce per quello che si fa, e anche nella fede noi ci definiamo per quello che facciamo: vengo a Messa, partecipo a questa attività, mi occupo di quello, ecc… Questo ci dà l’impressione di fare già molto, di sforzarci, di impegnarci. In realtà Paolo sottolinea come sia Dio che prende l’iniziativa e si rivolge a noi con insistenza e fedeltà. Ci parla attraverso la Scrittura, ci si fa vicino attraverso i poveri che incontriamo, i fratelli che frequentiamo e tutte le situazioni della vita nelle quali ci chiede di scegliere come comportarci. Tutto ciò lo diamo per scontato, come “dovuto”, mentre in realtà è proprio nella gratuità di questo interesse di Dio per noi, così grande e immeritato, che si trova la straordinarietà di amore dal quale siamo interpellati. Dio si occupa di noi, si preoccupa del nostro stare bene, che la nostra vita non sia sprecata per ciò che non vale o, addirittura, per favorire il male che cerca di farvisi strada. Questo è qualcosa di straordinario: la sua grandezza immensa si fa piccola tanto da occuparsi di un niente che io sono! È questo il punto di partenza di tutto nella nostra fede, ma noi abbiamo sotto gli occhi solo quanto io mi sforzo, quanto io faccio, quanto io mi impegno, e dalla lente di questo egocentrismo leggiamo la realtà per scoprirci trascurati, poco capiti e assecondati. Ci meravigliamo di non ottenere tutto quello che chiediamo o che i nostri progetti e desideri non sono realizzati così come noi vorremmo.

È questo, fratelli e sorelle il modo con cui noi allontaniamo Dio dalla nostra vita. Non perché lo odiamo o gli chiudiamo esplicitamente la porta in faccia, ma semplicemente perché un “io” cresciuto a dismisura ci nasconde Dio dagli occhi, quello che fa per noi, quello che dice, come e quanto cerca di stare con noi.

Per questo oggi l’Apostolo, rivendica con forza di parlare per conto di Dio. Ci sembra quasi una pretesa eccessiva, di chi vuole farsi più grande di quello che è. In realtà Paolo ha capito bene come siamo fatti e ci esorta, anzi dice “Vi supplichiamo in nome di Cristo”, proprio perché lui ha sperimentato per primo la grandezza e profondità dell’iniziativa di amore di Dio, un amore che lo ha fatto cadere dalla sua vita di prima ed ha accecato la visione di sé come uomo autorevole e forte, per fargli conoscere la sua fragilità e il suo bisogno di incontrare veramente Dio. È questo il senso della cenere che riceviamo sul capo oggi. Infatti Paolo era un autorevole giudeo, sapiente e pieno di iniziative: faceva molto, si dava da fare con zelo e scrupolo. Ma in questo attivismo aveva perso di vista per chi faceva tutto ciò, e cioè Dio. Egli era sicuro che il suo fare fosse buono e lo mettesse dalla parte giusta, ma in realtà rifiutava di incontrare proprio quello per il quale credeva di darsi da fare così tanto.

Paolo ci chiede proprio questo: anche noi, tanto presi dal nostro fare e pieni di orgoglio per quanto ci sforziamo, non vediamo più colui per il quale pretendiamo di essere impegnati, cioè il Signore Gesù. Viviamo come un divorzio pratico della nostra vita da quella del Signore Gesù. Per questo Paolo ci scongiura di lasciarci “riconciliare” con lui. Cioè riconoscere la sua iniziativa di amore e di attenzione per noi, farci toccare dalla sua preoccupazione per il nostro bene e seguirne i consigli perché la nostra vita sia piena di senso. Insiste Paolo: non lasciamo che l’iniziativa di amore di Dio sia resa inutile dalla nostra cecità, incapaci di riconoscerla.

Conclude l’Apostolo: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” Sì, la Quaresima è un momento favorevole e un tempo di salvezza. Siamo favoriti ad accostarci a Dio con umiltà e senza sentirci a posto per il nostro fare, tanto o poco che sia, perché nel tempo che viene giungiamo alla meta di incontrare il Signore risorto, cioè vivo e pieno di misericordia per noi, lasciando da parte almeno un po’ quello che ci allontana da lui e ci rinchiude in un piccolo universo di abitudini e cose da fare. È l’impegno che ci è chiesto per la Quaresima, dono di un tempo utile in cui cadere giù, come Paolo, dal nostro ordinario agire abituale, che tanto ci gratifica e ci fa sentire così impegnati e buoni, per imparare a guardare con occhi nuovi la vita, noi stessi, il mondo. Scopriremo che poca cosa è il nostro fare e grande è invece l’amore di Dio che ci interpella.

VII domenica del tempo ordinario




Dal libro del profeta Isaia 43,18-19.21-22.24b-25

Così dice il Signore: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi. Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele. Tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità. Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati».



Salmo 40 - Rinnovaci, Signore, col tuo perdono
Beato l'uomo che ha cura del debole: +
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
Il Signore veglierà su di lui,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà in preda ai nemici.

Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
tu lo assisti quando giace ammalato.
Io ho detto: «Pietà di me, Signore,
guariscimi: contro di te ho peccato».

Per la mia integrità tu mi sostieni
e mi fai stare alla tua presenza per sempre.
Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 18-22

Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria. È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.



Alleluia Alleluia Alleluia

Il Signore mi ha mandato
a portare ai poveri il lieto annuncio,
Alleluia Alleluia Alleluia.



Dal vangelo secondo Marco 2, 1-12

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».



Commento



Cari fratelli e care sorelle, con questa liturgia si conclude il tempo ordinario e si apre la settimana che ci prepara all’inizio del tempo di Quaresima. Mercoledì prossimo riceveremo il segno della cenere con cui si segna il capo e il cuore di chi inizia a prepararsi a ricevere l’annuncio della Resurrezione del Signore Gesù. Sì, questa notizia è talmente decisiva che bisogna prepararsi a riceverla, per non rischiare di lasciarla cadere nella confusione della vita ordinaria e di non dargli l’importanza che invece ha. Per questo c’è bisogno di un tempo di preparazione, la Quaresima, che ci guida a passare attraverso la vita di tutti i giorni riscoprendo il bisogno che abbiamo noi e il mondo intero di riascoltare l’annuncio della vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, del perdono sul peccato, della gioia sulla tristezza. Le letture di oggi in un certo senso ci accompagnano alla soglia della Quaresima che sono le ceneri mostrandoci la situazione in cui ci troviamo. 

Il profeta Isaia alza un grido: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” Con queste parole egli smaschera la radice dalla quale si nutre e si sviluppa nella nostra vita la pianta del male a cui spesso diamo benevola ospitalità: la tenacia con cui conserviamo noi stessi rifuggendo dal cambiamento che è fare nostra la novità del vangelo. Sì, siamo attaccati alle nostre abitudini, ai nostri modi di pensare e agire che ci sono così spontaneamente connaturati. Ci sembra impossibile rinunciarci, siamo convinti di avere sempre agito così, tanto da non poterne ormai più fare a meno, e lo chiamiamo “carattere” o “personalità” pretendendo che siano qualcosa di genetico, come il colore dei nostri occhi o dei capelli, invece di riconoscere che sono modi di fare e di pensare che abbiamo appreso nel corso della nostra vita, che ci sono stati trasmessi e ai quali ci siamo abituati sentendoli irrinunciabilmente nostri.

Ma Dio, per bocca del profeta, ci richiama alla vera natura di questo nostro modo di essere gelosi “conservatori” di sé, che non è semplice naturalezza o spontaneità innocua, ma peccato: “tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele. Tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità” prosegue infatti Isaia. Per questo ci invita a disfarcene, perché rendono la nostra vita come una terra arida, un deserto di umanità. Sì, il Signore smaschera il nostro atteggiamento conservatore e di rifiuto a cambiare, e non solo ci “dice” o ci “comanda” di vivere qualcosa di nuovo, ma lo plasma lui stesso e lo fa germogliare nella nostra vita. Ma un germoglio è delicato e basta il freddo o l’aridità per farlo seccare definitivamente. Tante volte crediamo che la nostra vita non è più nella stagione dei germogli, oppure che questo nostro tempo non è adatto per dare nuovi getti così delicati e vulnerabili. Per questo ci rattrappiamo nella conservazione di noi così come siamo, nella ripetizione di un passato sempre più ingrigito e stanco. Il Signore ci vuole liberare da questo deserto in cui ci costringiamo da soli: “Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” è la sua promessa, ed è la strada nella quale la Quaresima ci vuole condurre. Il suo inizio però è in questa coscienza che a volerci conservare così come siamo ci si perde. Se non partiamo da questo non potremo mai percorrere la via che conduce alla libertà dal male e dalla morte che è la Resurrezione, la Pasqua.

Cari fratelli e care sorelle, come è facile difronte a questo invito reagire con un naturale atteggiamento di scetticismo furbo, di distacco che ci fa ritenere impossibile cambiare qualcosa del modo di vivere. È questo l’atteggiamento degli scribi che assistono alla scena di Gesù che libera dal peccato con la forza delle sue parole. Quei sapienti sono seccati dalla pretesa del Signore di rompere la schiavitù del male da cui è imprigionato quel malato e aprirgli una nuova strada perché la sua vita potesse cambiare. Tante volte anche a noi viene spontaneo provare fastidio per le parole di Gesù che ci invitano a guardare alla vita con uno sguardo nuovo, libero dall’egoismo e dall’individualismo che ci fa interessare solo di noi stessi. È una novità fastidiosa, che pretende di cambiare atteggiamenti, pensieri, modi di agire consolidati nel tempo e accettati da tutti come normali. In nome di chi e di cosa il vangelo pretende di farlo? Scetticismo e senso di superiorità sono il nostro modo con cui rivendichiamo l’impossibilità a cambiare anche il più piccolo dettaglio del nostro modo di vivere. Gesù non si fa intimidire e non cede davanti a questo atteggiamento falsamente realistico: col miracolo della guarigione del corpo Gesù dimostra che è possibile vincere il male, anche se è sempre stato presente, come può esserlo una malattia fin dalla nascita.

Fratelli e sorelle, il Signore nel deserto apre una strada, a noi imboccarla e lasciarci guidare fino ad incontrarlo risorto, vivo e più forte del male e della morte. È questa la vera salvezza a cui il Vangelo ci chiama, la buona notizia che vuole far giungere a ciascuno noi. Diamo ascolto all’invito del profeta e proteggiamo con cura il germoglio di vita nuova che Dio vuole far nascere in questa Quaresima dal nostro tronco. Si svilupperà e porterà frutti se lo proteggeremo dal gelo dell’indifferenza e dall’aridità dell’incredulità scettica. Il mondo ha bisogno di gente che porti frutti generosi di bene e di pace e non possiamo rifiutarci restando sterili ed inutili.



Preghiere



O Signore Gesù, ti ringraziamo perché fai nascere nelle nostre vite un germoglio nuovo di bene e di generosità. Fa’ che lo proteggiamo dal freddo e dall’aridità perché cresca e dia frutti buoni per molti,

Noi ti preghiamo



Aiutaci o Dio a non avere paura di cambiare atteggiamenti e giudizi, perché seguendo il tuo esempio sappiamo essere misericordiosi e benevoli con tutti,

Noi ti preghiamo



Ti ringraziamo o Signore per il dono del tempo di Quaresima che si sta per aprire. Fa’ che lo viviamo ricercando in noi la novità del vangelo che vieni a portarci,

Noi ti preghiamo



Sostieni, o Padre misericordioso, lo sforzo di quanti ti cercano con fatica e impegno. Fa’ che non ci scoraggiamo per la fragilità e la debolezza della nostra volontà ma cerchiamo sempre la tua compagnia,

Noi ti preghiamo



Proteggi o Padre di eterna bontà quanti soffrono per la malattia del corpo e la schiavitù del peccato. Fa’ che il tuo amore li liberi e li guarisca,

Noi ti preghiamo



Offri riparo o Signore Gesù a chi è indifeso e debole: agli anziani, ai malati, a chi è senza casa e famiglia, a chi è disoccupato, ai prigionieri. Dona a tutti salvezza e pace,

Noi ti preghiamo.







Guida tutti i cristiani del mondo che si accingono a vivere il tempo di Quaresima. Perché sia per tutti occasione di conversione e rinnovamento della vita,

Noi ti preghiamo



Proteggi dal male quanti sono nel pericolo, minacciati dalla violenza e dalla guerra. Dona la pace a tutti i popoli del mondo,

Noi ti preghiamo




martedì 14 febbraio 2012

VI domenica del tempo ordinario




Dal libro del Levìtico 13,1-2.45-46

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: "Impuro! Impuro!". Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento».



Salmo 31 - La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia.
Beato l'uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,31 - 11,1

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. 



Alleluia, alleluia alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Marco 1, 40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.



Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di questa domenica ci offrono l’occasione per soffermarci su un tema difficile e che spesso evitiamo, proprio per paura di dovercisi misurare. È la realtà della malattia che colpisce l’uomo, spesso in modo inaspettato e totalizzante, fino a impadronirsi dell’ esistenza umana fino alla radice.

Talora questo tema viene anche proposto dalla cronaca che presenta i casi di persone famose e di successo, oppure giovani e piene di speranze, all’improvviso costrette a una vita ridotta alle minime funzioni vitali. Proprio in questi casi eclatanti emerge spesso la polemica di coloro che vorrebbero porre fine alla vita indebolita dalla malattia e resa, così si dice, “inutile” e “insopportabile” a chi sta accanto ai malati e alle vittime stesse del male. Per comprendere i termini di questa questione, difficile e non risolvibile con una risposta generica o superficiale, sia in un senso che nell’altro, bisogna partire da qualcosa che la Scrittura che abbiamo ascoltato oggi esprime molto bene. E cioè il fatto che la malattia non solo è un fardello pesante di dolore fisico e psicologico, ma spesso porta con sé anche la rarefazione dei rapporti umani. Abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro del Levitico come nell’antico Israele chi si ammalava di lebbra era costretto a gridare “Impuro! Impuro” per far allontanare chiunque gli si avvicinasse e a vivere fuori dai centri abitati. Alla durezza della malattia si aggiunge l’allontanamento di tutti e l’abbandono. Se nel caso di Israele tali misure si spiegano anche per l’arretratezza della medicina e l’incapacità di curare, vediamo però ch purtroppo ancora oggi spesso si verificano situazioni simili. Nonostante il progresso scientifico abbia reso tante malattie curabili o non più pericolose come un tempo, rimane l’idea che chi è malato sia portatore di una tristezza contagiosa, vada evitato come qualcuno la cui compagnia impedisce la gioia. È normale che i sani preferiscano la compagnia dei sani e che i malati restino da soli.

Ma questa fuga da chi con il solo proprio aspetto ci ricorda la realtà della malattia in realtà è una fuga da ciò che costituisce una dimensione profonda e costitutiva dell’uomo, e cioè la debolezza. Il rifiuto di essa apparentemente ci provoca gioia, perché ci illude di essere destinati ad un benessere senza fine, ma in realtà ci costringe ad un rifiuto di qualcosa di fondamentale nella nostra natura. Anzi, il Vangelo ci viene a dire che proprio questa radice di debolezza insita nella natura umana, e che si esprime anche nella malattia, costituisce un elemento che, se accettato e vissuto senza paura, può divenire un richiamo ad avere fiducia non solo in sé stesso, ma in qualcun altro che è Dio e i fratelli. Sì, l’uomo che rifiuta di ammettere la propria debolezza rifiuta anche il bisogno dell’altro, la dipendenza da esso, la necessità di voler bene a qualcuno e di essere amato. Chi nega la fragilità e ne fugge ogni espressione esterna, come la malattia, si preclude la strada a quel sentimento di bisogno che è fondamento di ogni vera amicizia e rapporto di amore. Così facendo, paradossalmente, credendo di fuggire da ciò che crediamo ci renda tristi in realtà si fugge dalla possibilità di essere felici. San Paolo infatti dice: “quando sono debole, è allora che sono forte”.

Nel vangelo ascoltato oggi infatti vediamo come proprio la debolezza di quel lebbroso, ammessa e quasi urlata in quella sua invocazione, lo spinge a voler rompere il muro di separazione che lo divide dagli altri. Quello che per chi è sano sembra essere una difesa e una garanzia, cioè il tenere gli altri ad una certa distanza, in quel malato si rivela nel suo vero volto di condanna alla solitudine e all’infelicità. Per questo quel grido di ribellione del lebbroso è l’avvio alla sua salvezza: «Se vuoi, puoi purificarmi!». La salvezza viene per il malato, e per ciascun uomo che porta dentro di sé il marchio della debolezza e fragilità, sia che lo ammetta, sia che lo rifiuti, da quell’affidarsi alla volontà di amore di Dio. E non a caso il primo gesto di guarigione è che quell’isolamento è rotto: dice il Vangelo infatti che Gesù “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse…” Sono come i tre passi del cammino della vittoria sul male: la compassione, che rende possibile l’incontro umano e ricuce lo strappo che isola ogni uomo da solo. La paura della malattia e della debolezza è vinta con la partecipazione profonda a quel dolore, quasi un contagio voluto, perché il male condiviso perde la sua forza e diventa meno duro e si può sconfiggere. Poi c’è il gesto concreto che annulla la distanza fisica e ricostruisce quella fraternità reale dell’abbraccio fraterno, perché l’amore non è mai solo un sentimento, ma si fa concretezza di gesti; e infine la parola che mette in comunicazione i cuori, consola e guarisce, il mezzo con cui i cuori si uniscono e le forze si moltiplicano per vincere il male.

Cari fratelli e care sorelle, in fondo quella malattia che isola e fa stare male non è anche la nostra malattia, che è la paura di riconoscerci deboli e bisognosi degli altri, la fuga dalla nostra fragilità che ci rende bisognosi del perdono del Signore e del suo amore misericordioso? E la guarigione non viene anche per noi proprio dal grido di quando, ammessa la nostra infermità, chiediamo a Dio la guarigione e la salvezza da questa paura e da questa fuga che ci isola e ci rende meno umani?

Questo spiega anche i tanti che proprio perché terrorizzati dalla malattia come fonte di solitudine e disperazione, prospettano la morte come soluzione del problema. E la cronaca tante volte ci proporne i casi di chi ha preferito la morte dei propri cari o la propria, pur di non affidare a Dio e ai fratelli la guarigione dall’isolamento e dalla solitudine che troppo spesso accompagna il malato sprofondandolo nella perdita di ogni speranza.

Gesù completa la sua guarigione insegnando al malato la necessità di essere grati per il bene ricevuto e per quello che ciascuno è messo in grado di fare per gli altri: “va’, invece, … e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Anche per noi questa è una buona scuola per vincere la paura della debolezza e rivestirsi di quella forza di cui parla San Paolo che ci rende capaci di voler bene e di essere amati al di là della radice di debolezza che abbiamo dentro. Anzi proprio essa ci spinge a confidare non solo in se stessi, perché del bisogno dell’altro si nutre l’amore e del desiderio di rispondervi l’amicizia che rende l’uomo felice.
 

Preghiere

Ti preghiamo o Signore perché la tua volontà di bene si realizzi presto per tutti gli uomini. Fa’ che chi è malato riceva consolazione e cura, chi è solo compagnia, chi è debole sostegno e conforto.

Noi ti preghiamo


O Dio che non hai avuto timore di mostrarti a noi nella debolezza della sofferenza fisica, della persecuzione e del rifiuto da parte di tutti, fa’ che mai nessun uomo sia disprezzato perché fragile nel corpo e nella mente, perché povero, straniero o senza casa.

Noi ti preghiamo

O Cristo che hai attraversato il mondo guarendo i malati e scacciando gli spiriti cattivi dalla vita degli uomini, ti preghiamo per tutti coloro che sono colpiti dal male. Dona la grazia della guarigione, il conforto nel dolore e la salvezza da ogni male.

Noi ti preghiamo


O Padre clemente e misericordioso, perdona la durezza dei nostri cuori quando giudichiamo una vergogna aver bisogno del tuo aiuto o disprezziamo chi ci chiede il nostro. Fa’ che la preghiera di chi è bisognoso di sostegno venga esaudita.

Noi ti preghiamo


O Signore, accogli tutti quelli che soffrono da soli, senza la vicinanza affettuosa di persone amiche. Fa’ che tutti coloro che non possono più esprimere la loro volontà di vivere abbiano qualcuno che al loro fianco infonda fiducia e speranza.

Noi ti preghiamo


O Padre che scruti nei cuori di ciascuno, perdona la paura che ci fa fuggire davanti alla debolezza e alla malattia nostra e dei nostri fratelli. Fa’ che anche noi, come il lebbroso del Vangelo, invochiamo te affidandoci alla tua volontà di bene per guarire il nostro corpo e il nostro cuore.

Noi ti preghiamo


O Cristo amico degli uomini, sostieni i cristiani in tutto il mondo perché la loro vita sia testimonianza della guarigione che il Vangelo opera nella vita dei discepoli del Signore. Sostiene la Chiesa in tutti i luoghi, specialmente dove è debole e perseguitata.

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore per la testimonianza dei santi che, come Valentino, hanno saputo vivere non per se stessi e obbedendo solo alla propria volontà, ma come figli e discepoli del Vangelo. Fa che lo Spirito santo scenda su tutti noi come amore generoso e senza fine.

Noi ti preghiamo

giovedì 9 febbraio 2012

V domenica del tempo ordinario




Dal libro di Giobbe b 7, 1-4. 6-7

Giobbe parlò e disse: «L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? Come lo schiavo sospira l'ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d'illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?". La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. I miei giorni scorrono più veloci d'una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».


Salmo 146 - Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro, +
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi  9, 16-19.22-23

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.


Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia, alleluia alleluia.
 

Dal vangelo secondo Marco  1, 29-39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.  Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la prima lettura di oggi ci ha fatto ascoltare la voce di Giobbe che dice: “I miei giorni … svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.” Giobbe ha esaurito le sue energie: è stato messo duramente alla prova nel corpo e nello spirito, ed ora confessa con tristezza che non ha più prospettive e la sua vita scorre senza poter sperare nel futuro. Queste parole, fratelli e sorelle, mi sembra che descrivano bene anche lo stato d’animo delle nostre società contemporanee, alla presa con la grave crisi economica, ma non solo, direi quasi affogate in una più profonda crisi di senso, che significa assenza di visioni per le quali possa sembrar valere la pena di spendere la vita, cioè, come dice Giobbe, le nostre società occidentali si trovano “senza un filo di speranza.” Il Nord del mondo sta vivendo infatti una stagione scarica di energie vitali, e non basta a spiegare questo fatto l’attuale crisi economica, visto che in altre stagioni crisi ancor più gravi sono state l’occasione per uno scatto vitale e l’avvio della costruzione di un futuro migliore. Pensiamo al dopoguerra: un’Italia distrutta dalla guerra, prostrata dalla sconfitta e sfibrata da decenni di un regime autoritario, velleitario e inconcludente, come quello fascista, seppe trovare le energie per ricominciare a costruire un nuovo futuro e ciò avvenne grazie all’impegno di tutti, fino allo sviluppo conosciuto dagli anni ’60 in poi.

Ma oggi proprio queste energie sembrano mancare, e la crisi economica, spesso presentata come la causa della fine delle speranze, mi sembra piuttosto essere essa stessa la conseguenza di una rinuncia, avvenuta già prima del suo esplodere, a desiderare e costruire un futuro migliore, cioè di una assenza di speranza. O piuttosto, una ricerca di futuro c’era, ma solo del proprio individuale vantaggio, senza riuscire a guardare oltre di sé con uno sguardo largo e condiviso, che comprendesse tanti, il nostro popolo, il mondo intero. Numerosi sono stati i segnali di questa mentalità dei tanti “io individuali”, ciascuno alla ricerca della propria affermazione. Pensiamo, solo un anno fa, alla resistenza profonda a festeggiare i 150 anni di storia italiana, cioè della storia comune di un popolo. Si è cercato in tanti modi di rinnegare questa storia che ci ha uniti, preferendo esaltare il particolarismo delle comunità locali, in contrapposizione le une alle altre. Oppure pensiamo alla classe politica così miseramente fallita, tanto da non essere in grado oggi nemmeno di esprimere un governo, poiché è divenuta incapace di cercare il bene comune, interessata solo al tornaconto individuale e della propria formazione, perdendo completamente d’occhio la responsabilità di amministrare e reggere il presente di tutti e di gettare le basi per il futuro delle generazioni a venire. In questo contesto la crisi economica è stata il frutto, maturato dopo anni di lenta crescita dell’albero di questo modo di vivere di società scariche di una visione larga per il futuro e delle energie ideali per realizzarla, cioè, in una parola, di speranza.

Potremmo dire: Ma noi che c’entriamo? Non siamo politici né economisti, che ci possiamo fare?

Ma la malattia della “mancanza di speranza” di cui parla Giobbe non attacca solo la società, ma anche le nostre vite personali. È un’illusione puerile infatti credere che chiudendoci nel nostro piccolo mondo ne restiamo immuni, come difesi dalle mura delle nostre case. E tanti sono i mezzi con cui facciamo finta di essere al sicuro, distraendoci dal vuoto di speranza con mille piccoli espedienti. La crisi dei legami familiari, (cioè proprio quelli che nella mentalità comune dovrebbero essere i più solidi e quelli che ci mettono al riparo dagli imprevisti della vita), la ricerca di ampie parti della società di evasioni a buon mercato nelle nuove sostanze stupefacenti chimiche, la “virtualizzazione”, specie nei più giovani, delle relazioni umane che sono affidate sempre più ai social network piuttosto che all’incontro umano reale, ecc.. sono i tanti sintomi del fatto che  ognuno di noi è affetto dalla mancanza di una visione allargata, nella quale costruire il proprio futuro in un ambito in cui ci sia posto per altri che non siamo noi stessi, soli e disperati. Quale può essere la via d’uscita da questa situazione bloccata?

San Paolo scrivendo ai Corinzi esprime la sua convinzione che esiste un futuro che coinvolge tutti gli uomini, compreso se stesso, e il progetto per realizzarlo è il Vangelo. Sì, il Vangelo è la proposta che viene fatta anche a noi di un futuro nuovo da costruire assieme e per quale ciascuno è necessario, tanto che l’Apostolo afferma la necessità di conquistare tanti facendosi “tutto a tutti”. Il vangelo infatti è una prospettiva che libera l’uomo dal suo isolamento individualistico e gli restituisce la speranza che un futuro migliore è possibile e non riguarda solo me stesso. Per questo  Paolo esorta quelli che lui per primo ha conquistato, cioè i cristiani di Corinto, a farsi instancabili annunciatori di quel Vangelo a tutti. Infatti, dice l’Apostolo, solo assieme ci si salva dalla mancanza di speranza, solo conquistando giorno per giorno nuovo terreno al Vangelo anche noi entreremo in quella buona terra che esso è, liberata dalla mancanza di speranza che tutto fa ammalare e morire. E infatti la dimensione delle comunità fondate da Paolo hanno sempre una dimensione cittadina. Egli scrive a cristiani che hanno imparato a vivere con l’orizzonte di una comunità più larga della propria piccola cerchia o famiglia, l’orizzonte della città, che , per l’epoca, era forse il più largo che i mezzi limitati consentivano. È quello che anche noi oggi dovremmo fare: imparare a pensare al futuro comprendendo l’orizzonte nel quale siamo inseriti, fosse, almeno come minimo, quello cittadino. In questo orizzonte il Vangelo diventa la buona notizia: un futuro migliore si può desiderare e costruire per l’uomo, ed io ci sono dentro: “tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io” dice Paolo. Sì, darsi da fare per realizzare nella vita il Vangelo e per farlo crescere dentro di sé e nei cuori di chi ci sta accanto fa crescere una nuova speranza per il futuro del mondo e ci permette di divenirne anche noi partecipi.

Vivere il Vangelo significa fare spazio dentro di sé alla vita di tanti altri, a partire proprio dai più deboli, con le loro difficoltà, le gioie, le qualità e i difetti. È quello che Gesù fece lui per primo fin da quei primi passi descritti da Marco nel Vangelo di oggi. Come lui, anche noi dobbiamo imparare a guardare al futuro con dentro le necessità di tanti. Questo vince l’isolamento e rende capaci di sperare, sostenuti dal desiderio di futuro degli altri.

Non è facile spiegare perché, ma è così: se lo proverai a vivere scoprirai che è così. Il Signore ci guarisce dalla malattia che è la mancanza di speranza, come fece con la suocera di Pietro: “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.” La febbre la lascia mentre inizia a servire gli altri. Una vita bloccata si libera mentre fa spazio dentro di sé agli altri a cui può essere utile. L’egoismo, l’indifferenza, si sciolgono man mano che si comincia a desiderare e costruire un futuro per “noi” e non solo per “me”. È questa la risposta alla mancanza di speranza che inquina le vite delle società e spegne i cuori delle persone. È una risposta che ciascuno può far sua, a partire dalla sua vita quotidiana e pian piano diffonderla attorno a sé. Siamo noi i primi ad averne bisogno, per non essere schiavi, come ci ricorda l’Apostolo: “è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!



Preghiere



O Signore ti preghiamo oggi per tutti noi, perché impariamo a vivere una speranza più larga di noi stessi e ci mettiamo al servizio del Vangelo per costruire un futuro per tutti,

Noi ti preghiamo



Perdona o Signore l’egoismo con cui spesso abbiamo vissuto, cercando solo il nostro personale vantaggio. Aiutaci a vivere con un orizzonte più largo, dove ci sia posto per il bisogno di tanti,

Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Signore per questa nostra città, perché conosca una nuova stagione libera dall’incertezza e dal vuoto di prospettive ed impari ad essere un luogo accogliente e solidale con tutti, a partire dai più deboli.

Noi ti preghiamo



Proteggi o Signore tutti quelli che non trovano un riparo nelle nostre città, affannate dalla ricerca del proprio benessere e basta. Apri i cuori perché si allarghino i luoghi dell’amicizia con i poveri, 

Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Signore per i Paesi in cui infuria la guerra. Dona pace e salvezza dove oggi regna la violenza.

Noi ti preghiamo



Proteggi o Dio misericordioso tutti quelli che sono esposti al freddo di questa stagione così rigida. Salva la vita di coloro che sono senza casa e fa’ che trovino riparo,

Noi ti preghiamo.



Guida e sostieni o Dio Padre onnipotente tutti coloro che annunciano il Vangelo e conquistano, giorno per giorno, spazio al tuo amore misericordioso. Fa’ che presto tutti gli uomini della terra ti conoscano e possano invocare il tuo nome,

Noi ti preghiamo



Fa’ o Signore che la tua Chiesa sia sempre più il luogo in cui la presenza del tuo amore diventa buona notizia per tanti. Indica a ciascuno di noi la via per restarti più vicini,

Noi ti preghiamo

IV domenica del tempo ordinario




Dal libro del Deuteronomio 18, 15-20

Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: "Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia". Il Signore mi rispose: "Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire"».


Salmo 94/95 - Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio +
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
pur avendo visto le mie opere».
 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 7, 32-35

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.

Alleluia, alleluia alleluia.
 

 Dal vangelo secondo Marco 1, 21-28

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.


Commento

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo di Marco ci introduce oggi all’inizio della vita pubblica di Gesù. È la prima volta che egli partecipa con un ruolo protagonista al culto del sabato nella sinagoga. Già prima aveva proclamato l’inizio di un tempo nuovo alle folle lungo le strade della Galilea, come abbiamo ascoltato domenica scorsa. Ma ora il suo annuncio si pone nel cuore della fede di Israele, a stretto contatto e in prosecuzione della tradizione spirituale del popolo, animata e ravvivata nel corso dei secoli dalla voce dei profeti, oltre che dagli interventi potenti di Dio nella storia. La voce di Dio torna a mescolarsi con quella degli uomini, a farsi sentire, sottolinea l’evangelista Marco, con autorità proprio lì dove gli ebrei si raccolgono per ascoltarla. Questo stupisce i fedeli che si sono radunati per il culto del sabato nella sinagoga.

Quando Dio parla non lascia indifferenti e lo stupore è il primo segno del fatto che quelle parole hanno il segno della divinità. Non vengono infatti a confermarci o a rassicurarci, ma “pretendono” con forza di muovere i cuori e le vita su strade diverse e con itinerari nuovi. Gli ascoltatori di Gesù riconoscono infatti subito la differenza che c’è fra il suo parlare e quello degli scribi. Questi erano esperti della legge e conoscevano molto bene la scrittura tanto da saper giudicare se ogni minimo aspetto della vita delle persone era conforme alle prescrizioni legali o meno.

È una certa idea della fede e del messaggio delle Scritture che ancora oggi a volte si impone, e cioè che la salvezza dell’uomo viene dal suo essere irreprensibilmente conforme alle regole, di comportarsi cioè secondo i modelli e le norme di comportamento che si pretende riassumano il volere di Dio. Il buon credente, secondo questa mentalità, se si attiene a questi modelli si garantisce la salvezza, sennò cade nel peccato e rischia di perdersi. Ovvero si salva da se stesso, con la propria forza di volontà ed esercizio di disciplina. L’attenzione si concentra quindi tutta sull’importanza di esporre e far conoscere sempre meglio i dettagli di queste leggi perché ciascuno vi si possa adeguare.

Tutto ciò è esattamente il contrario di quello che proclama e fa’ Gesù. Egli infatti non dà norme di comportamento che poi ciascuno va ad applicare per conto proprio, ma offre come unico modello se stesso e l’unica via per imitarlo è seguirlo standogli vicino. La legge infatti allontana, separa con il giudizio e isola l’individuo nella sua solitudine davanti alla verità impersonale e fredda della norma. Ciascuno si giudica da sé o, se non lo sa fare o si rifiuta, è giudicato dagli altri e come cristallizzato nel giudizio che lo qualifica e lo identifica.

Gesù però non applica un codice etico né le prescrizioni della legge per giudicare. Gesù, paradossalmente non è “giusto” né “imparziale”, perché i suoi giudizi sono sempre influenzati dalla misericordia che supera la legge e da un amore che lo fa pendere immancabilmente dalla parte del suo interlocutore. Tante volte infatti il vangelo ci sembra contradditorio e chiede cose che non si conciliano fra loro. È vero, perché la vita lo è, e talvolta ci pone di fronte a esigenze diverse e alle quali non possiamo e non sappiamo come rispondere. Il cristiano, sembra dirci Gesù con il suo esempio, non è l’uomo che ha sempre le risposte giuste per ogni situazione, e il suo scopo non è giudicare ogni persona e ogni situazione in modo giusto. Questo infatti è il sistema con cui gli uomini cercano di allontanarsi dagli altri, di porli al di fuori della nostra vita: una volta espresso il giudizio il caso è chiuso e non mi riguarda più. Gesù invece fa entrare l’altro nella sua vita, se ne assume il carico, facendosi ferire delle sue stesse ferite. La malattia, la miseria, il dolore e persino il peccato del suo interlocutore diventa il suo stesso. Per questo non è indulgente, cioè non lascia che le cose corrano via come seno sempre andate, anzi, cerca di troncare la radice del male che si manifesta e opprime l’uomo in tanti modi. Il suo modo di farlo è caricarsene e combatterlo in prima persona.

Così ha fatto sulla croce: per salvarci dalla morte ha accettato la morte, per salvarci dall’ingiustizia l’ha subita, per liberarci dalla forza del male si è sottoposto lui stesso alla tentazione. Il suo non è un giudizio dal di fuori in base ad una legge esterna che sta al di sopra di tutto e tutti, la salvezza che offre è innanzitutto lasciarsi ferire dal male. È questa la prima risposta di Gesù alla domanda che gli fanno le persone che incontra.

Ecco qual è la differenza che subito al gente avverte fra il suo parlare e il giudizio tagliente e oppressivo del mondo. E lì, fra la gente pia, radunata per la preghiera si fa strada il grido di chi non solo sente la novità del parlare di Gesù ma esprime tutta l’insofferenza per quella sua pretesa di caricarsi del cumulo di cattiva vita, di sbagli e di peccato che ci opprime. Sì, perché Gesù volentieri se ne fa carico, ma bisogna che noi per primi lo ammettiamo e ci presentiamo a lui così come siamo. Invece lo spirito di orgoglio e di autosufficienza pretende di far da sé anche nel giudicarsi e nel condannarsi o assolversi, purché ciascuno possa essere giudice unico di se stesso. Quell’uomo di cui parla l’evangelista Marco infatti grida: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Pur ammettendo che Gesù è Dio non tollera che venga a intromettersi nella sua vita, a rovinare l’isolamento con cui, anche in modo pio e religioso, si autogestisce la propria coscienza e il proprio equilibrio. Ecco che Gesù allora libera quell’uomo dallo spirito che lo possiede, che è la separazione dagli altri, il rifiuto a far entrare e a entrare nelle vite altrui.

E la salvezza che porta il Signore è proprio questa: la potenza di una parola che, se accolta e vissuta, abbatte le barriere di difesa e lascia libera circolazione alla vita dei fratelli e delle sorelle, senza che il giudizio su di loro e l’autogiudizio su di sé ci isoli in una gabbia impenetrabile.

È questa l’autorità di Gesù che stupisce tutti: l’autorità che viene non dal desiderio di dominare col giudizio sugli altri, come il mondo desidera, ma dal lasciarsi ferire e caricare dalla vita altrui. Sì, solo se imiteremo Gesù e ci rivestiremo anche noi di questa autorità di amore e servizio la nostra vita sarà salvata, e non per la forza della legge che giudica, ma della misericordia di Dio che ci lega al suo giogo per trascinarci con lui verso il Regno.

 
Preghiere

O Signore ti ringraziamo perché ci inviti a vivere imitandoti e a non giudicare. Donaci di essere all’altezza della nostra vocazione a divenire tuoi seguaci da vicino.
Noi ti preghiamo

Aiutaci o Padre del cielo ad assaporare con gioia il sale del vangelo perché anche la nostra vita sia ricca di sapore e piena di significato,
Noi ti preghiamo

O Cristo che sei la vera luce, fa’ che sappiamo anche noi illuminare le strade del mondo perché gli uomini orientino i loro passi verso di te.
Noi ti preghiamo

Con insistenza ti preghiamo o Signore misericordioso, perché non vinca in noi la rassegnazione e il realismo, ma con audacia guardiamo a te per conoscere come dobbiamo voler bene.
Noi ti preghiamo

Guarda con amore o Dio a noi tuoi figli, perché sappiamo far entrare la vita dei fratelli in noi, senza giudizio né condanna, ma con la misericordia e la disponibilità a comprendere e voler bene,
Noi ti preghiamo

Aiutaci o Signore a fuggire le occasioni di peccare e aiutaci a compiere con decisione le opere buone che tu hai preparato per noi.
Noi ti preghiamo.

Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che sono nel bisogno: per i prigionieri, i malati, gli anziani, chi è senza casa e famiglia. Dona loro guarigione e salvezza dal male.
Noi ti preghiamo

Proteggi i tuoi discepoli o Dio, ovunque dispersi. Dona loro coraggio e proteggili perché il vangelo sia sempre annunciato e il tuo nome benedetto in ogni Paese.
Noi ti preghiamo