mercoledì 27 febbraio 2013

Preghiera del 27 febbraio 2013, II di Quaresima


Lc 13,22-35

Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".

In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere".

Egli rispose loro: "Andate a dire a quella volpe: "Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme".

Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".

Commento

Gesù è in cammino verso Gerusalemme. Continua il suo esodo che lo porta ad uscire dal mondo di sempre, con le sue contraddizioni e brutture, per giungere alla gloria della resurrezione. Come dicevamo nelle scorse domeniche, è un cammino lungo e difficoltoso, ma anche l’unica strada che ci dona salvezza e gioia.

Quel cammino ci dice l’evangelista Luca è segnato dall’incontro con tanti. Il cammino di Gesù non è di un uomo isolato, di un eroe, ma quello di un popolo che Gesù vuole come trascinarsi dietro, coinvolgendo tutti quelli che incontra nel suo stesso esodo.

Qualcuno gli pone la domanda sulla salvezza: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". A volte anche noi ci poniamo questa domanda. La salvezza è roba da eroi, da gente dalla fede granitica, perfetti nei loro comportamenti?  

Gesù però sposta il tiro della domanda: non è questione di sapere quanto è difficile salvarsi, ma quanto io lo desidero. Questa è la vera discriminante. Chi si ferma prima a fare i calcoli se gli conviene provarci e su quante possibilità ha di riuscirci, come se valutasse se gli conviene fare la fatica di tentare, è già fuori.

Spesso quanto anche noi ci facciamo i nostri calcoli su quanto siamo disposti a concedere, fin dove arrivare, quali compromessi fare, ecc…

Gesù però pone in modo diverso i termini della questione della salvezza. Innanzitutto la porta della salvezza è stretta, cioè si entra in tanti sì, ma uno per uno, perché la soglia da varcare è il rapporto personale con Dio. Sì, come farà Dio a riconoscerci nel momento dell’incontro con lui faccia a faccia se non ci siamo mai fermati con lui, a lungo e con calma a parlare, a stare assieme, a compatirlo sofferente, a gioire con le sue gioie? Dirà: “Non ti conosco” perché non sa chi siamo.

Questa è la porta stretta, dalla quale si passa uno per uno: il rapporto con Lui. È questo l’accesso alla salvezza, e non deriva da un calcolo di convenienza, ma dalla fiducia che lui sì, ci vuol bene per primo e ci attira a sé con la sua bontà, pazienza e fedeltà.

La logica di questo rapporto personale inverte le logiche dei ruoli: chi si ritiene a posto, tanto da poter andare incontro al Signore orgogliosamente a testa alta, si rivela invece l’ultimo nel conoscerlo a amarlo. Ma chi non cerca il primo posto, ma piuttosto a testa china riconosce la propria umile piccolezza e modestia umana, si trova prediletto da Dio e amato da lui con un amore su cui non mancherà di fare affidamento, come all’unica risorsa su cui può contare. Da questo affidamento fiducioso viene la salvezza e il passaggio da quella porta stretta.

Fratelli e sorelle, la Quaresima è questa porta stretta, dalla quale siamo chiamati a passare con un incontro personale con Dio. Come suoi figli umili e pentiti avviamoci con lui nell’esodo verso Gerusalemme, lasciandoci dietro in questi giorni tanto di noi stessi che ci sembra irrinunciabile e costitutivo, am che invece è la zavorra che ci impedisce di andare avanti e ci costringe a rallentare e fermarci, stremati dalla fatica.

Gesù si commuove davanti a quella folla che gli passa accanto, magari indifferente o orgogliosamente sprezzante di quello straccione di periferia che attraversa la città santa, capitale dello stato. Non si accorgono di lui, lo disprezzano, come hanno fatto con tutti quelli che parlano di lui e a suo nome. Non si accorgeranno della sua presenza finché non scopriranno che di lui hanno bisogno e benediranno la sua presenza dicendo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”

Sia questa la nostra invocazione, e ancor prima sia questa la nostra coscienza quaresimale: benedetto non io, non il mio orgoglioso e autosufficiente pensarmi da solo, ma benedetto colui che ci ama nonostante tutto e nonostante noi, e ci chiede di venirgli incontro presentandoci a lui così come siamo, piccoli, umili, fatti male  e desiderosi di ricevere da lui la guarigione e la salvezza che, allora sì, egli ci donerà.

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