giovedì 25 aprile 2013

V domenica del Tempo di Pasqua - 28 aprile 2013





 

Dagli Atti degli Apostoli 14, 21b-27

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.

 

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 21, 1-5

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 13, 31-33a. 34-35

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa dicevamo che il tempo di pasqua è un’occasione importante per fermarsi a capire come la resurrezione del Signore Gesù può portare una novità decisiva nella nostra vita. Anche oggi infatti abbiamo ascoltato dall’Apocalisse di Giovanni apostolo che la venuta del Signore risorto non lascia niente come era prima: “Colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose.” Non è una cosa banale né scontata, perché noi siamo abituati dalla cultura consumista del nostro tempo a vivere le esperienze forti come emozioni brevi, che lasciano una traccia debole, protesi a quello che avverrà dopo, alla prossima occasione. Il Vangelo però ci invita a vivere un ritmo diverso, scandito non dai nostri stati d’animo passeggeri ma dal susseguirsi dei fatti della vita di Gesù e, soprattutto, nella prospettiva di un traguardo finale, del tempo del regno di Dio in cui tutto sarà definitivamente reso nuovo. Ogni Pasqua allora è nella nostra vita un passo che ci avvicina a quel giorno definitivo e  non una ripetitiva e scontata scadenza del calendario.

Tutto però sembra contraddire questa realtà. Il mondo sembra andare in direzione opposta e tirarci indietro dal traguardo della realizzazione del Regno in cui il bene troverà il suo compimento definitivo.

Pensiamo a quanto il mondo attorno a noi ci sembra invischiato nelle spire della forza di un male che si fa strada e possiede le vite. Dai drammi della disoccupazione e della crisi economica che coinvolge tanti attorno a noi fino allo scoppio della violenza cieca nelle guerre e nel terrorismo mondiale. Anche gli apostoli nel tempo dopo la resurrezione vivevano in un mondo difficile, tanto che se ne stavano a porte chiuse al riparo dalla durezza della vita.

Abbiamo ascoltato nella seconda lettura le parole della visione che Giovanni ebbe nell’isola di Patmos: era esiliato, perseguitato, segregato in una isola dispersa nel mare, provato dalla durezza di una vita difficile. Eppure ha una visione larga: la nuova Gerusalemme che scende dal cielo. Giovanni è il modello del cristiano che non è prigioniero della difficoltà del presente ma sa posare lo sguardo sul futuro che Dio prepara per l’uomo. La Gerusalemme celeste è infatti il luogo della convivenza con Dio (Dio è detto infatti “Dio con noi”) e il luogo della fine di ogni sofferenza: “non ci sarà più lutto né lamento né affanno”.

Ma come possiamo noi avere una visione? siamo gente concreta e poco portata al misticismo.

Non si tratta di una visione mistica, bensì di qualcosa di già reale: Il regno di Dio infatti entra nelle porte chiuse di una esistenza spaventata delle difficoltà della vita, come Gesù nel cenacolo che dice ai discepoli spaventati: “Pace a voi”, e lo fa regalandoci uno spazio di pace che è la liturgia della domenica. 

Sì, la liturgia domenicale è la pregustazione di un angolo di quel Regno verso cui siamo indirizzati. Alla liturgia viviamo la visione di Giovanni: Un cielo e una terra nuova scende e ci abbraccia.

E’ infatti il luogo concreto nel quale siamo convocati assieme per stare alla presenza del Signore che ci parla e sta con noi. Ma la messa non è una parentesi chiusa: è l’inaugurazione di un tempo nuovo che vogliamo realizzare durante tutta la settimana. Quello che qui pregustiamo possiamo continuare a viverlo. Quella realtà nuova che qui intravediamo e Gesù ci fa sperimentare, possiamo anche realizzarla ogni giorno. Possiamo dire che la Liturgia ogni domenica ci rende uomini e donne nuovi, non più gente qualunque, ma  discepoli del Signore e fratelli l’uno degli altri.

Uscendo dalla Messa infatti non possiamo ripetere la vita di prima: siamo diventati qualcosa di nuovo.

Chi ci guarda non può non accorgersi che viviamo una realtà diversa, che il nostro traguardo è un mondo rinnovato dall’amore di Dio, libero dalla tristezza di un’esistenza meschina.

Ma quali sono i segni che permetto di riconoscerci come uomini nuovi? Non restiamo sempre noi stessi, anche dopo la messa?

Nella sua semplicità concreta Gesù ci indica quale è questa differenza. Egli infatti non prescrisse di portare un abito particolare o un segno distintivo per i suoi discepoli. Nemmeno disse di portare una crocetta al collo, perché la vera novità del cristiano è l’obbedienza ad una nuova legge: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri

E’ una legge nuova non perché non sia mai stata promulgata in passato. Questo Vangelo infatti è proclamato da quasi duemila anni, ma è una legge sempre nuova perché ad ogni uomo essa dona la possibilità di diventare un uomo nuovo, una donna nuova capace di rendere nuovo anche il mondo attorno a sé.

E’ questa la nostra forza, ciò che ci rende invincibili da ogni difficoltà e paura. E’ questo che ci da la forza di trasformare noi e il mondo. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”, non c’è bisogno di essere potenti o ricchi, non si tratta di avere influenza politica per decidere le sorti del mondo. La forza dell’amore basta a imprimere una svolta alla storia. E’ questa la nostra vocazione, ma è questa anche la nostra esperienza, quando abbiamo preso sul serio la volontà del Signore e l’abbiamo vissuta.

Approfittiamo allora di questo angolo di regno di Dio che settimanalmente ci è donato per imparare, come ad una scuola di umanità rinnovata, ad essere padroni e non schiavi del mondo e a cambiarlo con la forza del nostro voler bene a tutti, senza limiti né esclusioni. Non basta infatti volere “un po’ di bene”, ma bisogna divenire capaci di volere bene come Lui, cioè sempre e comunque.

E’ quello che ci chiede di vivere questo tempo di Pasqua: accogliere in noi la forza di una vita che non finisce, che è risorta per inaugurare il tempo nuovo in cui, come dice Giovanni: “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

 
Preghiere

O Signore nostro Dio che torni ogni domenica a visitarci nella Santa Liturgia, trasforma i nostri cuori perché, riempiti del tuo amore, sappiamo rendere nuova la nostra vita e quella del mondo attorno a noi.

Noi ti preghiamo


Padre del cielo che hai amato così tanto il mondo da dare il tuo figlio unigenito per la sua salvezza, fa’ che sappiamo accogliere il Vangelo come una parola che fa vivere una vita piena di senso e di gioia e fa vincere ogni paura.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio di ammorbidire la durezza dei nostri cuori, perché sappiamo contemplare la bellezza della visione di pace che ci fai sperimentare la domenica, quando ci riuniamo attorno al tuo altare. Fa’ che sappiamo realizzare ogni giorno della settimana quello che qui ci doni di vivere.

Noi ti preghiamo

O Signore rendi le nostre vite capaci di accogliere e sostenere ogni persona debole e in difficoltà. Fa’ che sappiamo aprire il nostro cuore alle domande di amore del prossimo e alla necessità di farci vicini a chi ha bisogno.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo oggi o Dio in modo particolare per tutti coloro che in questo tempo hanno perso o rischiano di perdere il lavoro. Proteggili, e apri i cuori di chi può determinare il loro futuro.

Noi ti preghiamo


O Dio del cielo proteggi quanti soffrono per la persecuzione e la violenza. Sostieni i cristiani in Siria, colpiti dalla guerra, in Pakistan, in Nigeria. Dona la libertà a chi è prigioniero e la guarigione ai feriti,

Noi ti preghiamo.


Ti invochiamo o Signore, manda presto il tuo Spirito Santo, perché la forza della tua resurrezione che fa nuove tutte le cose si imprima nelle nostre vite come il marchio indelebile di tutte le nostre azioni.

Noi ti preghiamo


Proteggi e guida ogni cristiano che nel mondo si riunisce attorno al tuo altare. Fa’ che tutti traggano da qui la loro forza e siano capaci di un amore che li fa riconoscere da tutti come tuoi figli e discepoli del Vangelo.

Noi ti preghiamo

 

IV domenica del Tempo di Pasqua - 21 aprile 2013


 
Dagli Atti degli Apostoli 13, 14. 43-52

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

 

Salmo 99 - Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7, 9. 14-17

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 10, 27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il brano degli Atti degli Apostoli ci mostra la vita dei discepoli dopo la resurrezione di Gesù. Domenica scorsa abbiamo visto la tentazione vissuta dagli undici, i quali, dopo aver incontrato il Signore risorto, tornano alla vita di sempre e mettono da parte quell’evento straordinario che ha rimesso in discussione tutte le certezze scontate e le credenze su cui si basava il vivere ordinario.

La resurrezione infatti viene a dimostrare come esista una forza più forte del male e della morte e che di essa si possono rivestire quanti, confidando in Gesù e prendendo sul serio il suo insegnamento, vivono come lui l’amore “fino alla fine” per gli altri, quello che lui ha dimostrato con tutta la sua vita e, soprattutto, con la sua passione e morte. Proprio l’evento della resurrezione ci mette di fronte all’essenza della fede cristiana, così diversa da tutte le altre credenze. Infatti “credere” per noi cristiani non significa aderire a una dottrina e adattarsi ad un codice normativo. Non è questione di fare o non fare alcune cose. Si tratta di vivere lo stesso sbilanciamento affettivo di Gesù, tutto proteso verso gli altri, interessato ad essi, disposto a tutto, anche a rimetterci, perché sia loro garantito il bene supremo che è la salvezza. E questa salvezza consiste proprio nel vivere come lui: volendo bene e anteponendo al proprio l’interesse dell’altro. 

All’inizio i discepoli non l’hanno capito. Hanno visto Gesù risorto e non rifiutano di riconoscerlo tale, ma è come se questo fatto non avesse per loro importanza. Una volta superata questa fase però, ecco che vediamo i discepoli vivere l’interesse per gli altri che li spinge a viaggiare per comunicare a tutti la buona notizia del Vangelo: l’amore è più forte della morte e vince il male!

Il brano degli Atti ci mostra proprio questo andare degli apostoli verso la gente e ci colpisce subito la risposta entusiasta di tutta la città: “cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore.” Li hanno visti, li hanno ascoltati e tutti sono attratti. Possiamo leggere in questi fatti anche quello che sta avvenendo ai nostri giorni con l’elezione di papa Francesco. Siamo tutti rimasti colpiti dalle manifestazioni di gioia e dall’interesse di tanti, anche di chi non vive un’esperienza di fede intensa o addirittura la rifiuta del tutto. Tutti, anche questi ultimi, sono colpiti dalla semplicità umile e dalla profondità umana di un uomo buono che parla di Gesù e ne vive lo stesso atteggiamento di amore per gli altri. Lo dimostra la scelta di uno stile di vita sobrio e semplice, senza fasto; la vicinanza particolare ai più deboli, poveri, malati, umili; il gesto di lavare i piedi a giovani carcerati, stranieri, musulmani, ecc… La sua vita parla di un amore per gli altri che raggiunge il cuore di tutti e lo scalda. Per usare le parole degli Atti potremmo dire che “Tutto il mondo si raduna attorno al papa per ascoltare la Parola del Signore”.

Questo non può non interrogarci. Innanzitutto perché vediamo come la vita concreta si specchia nelle pagine della Scrittura e che è possibile rivivere quello che essa ci tramanda. Non è il racconto di cose passate e sepolte, ormai fuori dal tempo, ma è la storia di un Vangelo che in ogni tempo ha bisogno di essere rivissuto e riannunciato perché sia in ogni epoca realizzato. Oggi, come duemila anni fa, il mondo ha fame della buona notizia che esiste un amore che riesce a vincere il male. Tanto più oggi, quando la crisi economica e spirituale sembra invece dimostrare che non c’è spazio per la speranza di un tempo diverso, di rapporti umani non improntati all’utilitarismo e di una visione sulla vita non solo di tipo economico. Il mondo oggi ha una grande fame di qualcosa che affermi che non è tutto mercato e di qualcuno che dimostri con la sua vita concreta che è possibile realizzarlo.

A ciascuno di noi la Pasqua affida questo messaggio e ci dona la forza di viverlo e realizzarlo nella vita concreta. Ma noi ci crediamo? A parole sì, ma il nostro modo di vivere ripercorre quei passi di Gesù verso la croce senza maledire e senza fuggire, ma capace di perdonare e voler bene fino alla fine? Gesù è risorto perché una tomba non poteva trattenere una forza d’amore così straordinaria, e lo stesso avviene ogni volta che un uomo, anche piccolo, umile e insignificante, come anche noi siamo, rivive quella stessa forza d’amore. Non c’è tomba che lo possa imprigionare, non c’è male che lo possa vincere, non c’è odio, invidia, cattiveria che lo possa raffreddare e congelare.

Papa Francesco lo ha creduto e vissuto. Non c’è consuetudine, abitudine, regola di opportunità, paura che lo abbia trattenuto dal vivere con semplicità e umiltà l’insegnamento di Gesù. Per questo le sue parole sono così credibili e trascinano ogni uomo verso Gesù.

Certo esistono difficoltà e resistenze: “i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo.” Sì esiste una resistenza forte che sgorga dal profondo di noi stessi. Quante volte anche le nostre parole, apparentemente innocue perché non fanno che ripetere quello che tutti dicono e pensano, suonano invece come una contraddizione ingiuriosa del vangelo. Tutti i nostri consigli alla prudenza, a limitare il nostro voler bene, a non lasciarsi andare oltre certi limiti, a pensare prima a sé e solo dopo, se si può, agli altri, ecc… Non sono altrettanti insulti a Gesù crocifisso e al suo voler bene a tutti, anche a chi lo stava uccidendo?

Come fare allora, ci chiediamo oggi, per vincere questa resistenza sorda e profonda che da dentro ci trattiene dal lasciarci andare alla forza invincibile della resurrezione?

Bisogna farci pecore dell’unico buon pastore che è Gesù: ascoltarlo e seguirlo: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.” La sua voce è il Vangelo che ci guida come un pastore buono. Il libro dell’Apocalisse ci mostra l’immagine di una moltitudine che si è fidata di quel buon pastore. Egli si propone sotto forma di un agnello, cioè con mitezza e debolezza, e guida chi si affida a lui a passare attraverso la sua stessa esperienza di un amore per gli altri senza limiti né riserve: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” Vivere la mitezza e debolezza dell’amore di Dio ci mette al sicuro da ogni pericolo. Paradossalmente proprio chi si fida di lui e si fa guidare dal suo esempio è protetto da fame e sete, da ogni pericolo e difficoltà, è consolato e sostenuto.

Fratelli e sorelle, fidiamoci di seguire il pastore umile che è il Vangelo, seguiamo le orme del Signore Gesù e imitiamo il suo voler bene. È il modo con cui possiamo rivestirci della forza invincibile del Vangelo che ci fa superare ogni ostacolo e ci rende capaci di attrarre tanti alla salvezza  che Gesù è venuto a portarci.

  

Preghiere

 
O Signore, ti ringraziamo perché torni ad annunciarci la resurrezione di Cristo, potente forza di cambiamento della vita e unica salvezza per l’umanità. Aiutaci ad accoglierla nella nostra vita con fede e disponibilità.

Noi ti preghiamo

 

O Dio fa’ che crediamo con convinzione che la resurrezione possa cambiare la vita del mondo, abbattendo le montagne di male che tengono in schiavitù troppi uomini. Dona loro la salvezza che libera e dona la vita che non finisce.

Noi ti preghiamo

 
Ti preghiamo o Signore, per chi è vittima del potere del male che schiaccia e umilia tanti uomini. Salva chi è vittima della violenza e della guerra, i malati, i poveri, i disprezzati, i prigionieri, fa’ che trovino la salvezza dal male.

Noi ti preghiamo

Dona o Signore a tutti i tuoi discepoli il coraggio e l’audacia della fede. Perché la loro testimonianza di una vita rinnovata dal vangelo comunichi a tanti la forza della resurrezione.

Noi ti preghiamo

Fa’ o Signore che siamo liberati dai vincoli del peccato che ci tengono in schiavitù. Aiutaci a chiederti il perdono che riconcilia i fratelli e le sorelle fra loro e con Dio

Noi ti preghiamo
 

Ti preghiamo o Dio del cielo di consolare tutti coloro che sono stati colpiti dai disastri naturali: le vittime dei terremoti in Iran e Pakistan.

Noi ti preghiamo.


Guarda con amore o Dio questa città. Aiuta tutti i suoi abitanti a vivere con senso umano e solidale l’accoglienza a chi è straniero e senza casa. Fa’ che nessuno sia escluso e viva nell’incertezza per il domani.

Noi ti preghiamo

Sostieni o Padre di misericordia il papa Francesco e tutti coloro che guidano le comunità di credenti nel mondo. Dona loro la capacità di indicare nel vangelo la risposta alle grandi domande di senso e di futuro delle società di oggi.

Noi ti preghiamo

III domenica del Tempo di Pasqua - 13 aprile 2013


 




Dagli Atti degli Apostoli 5, 27b-32. 40b-41

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».  Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare gli apostoli e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.

 

Salmo 29 - Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.


Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, +

della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita. +

Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.


Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni Apostolo 5, 11-14

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo,
e ha salvato gli uomini nella sua misericordia.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 21, 1-19

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatre grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, dopo la resurrezione di Gesù la vita riprende i suoi ritmi normali. E’ l’esperienza che facciamo tutti noi e che anche i discepoli fanno, quelli che in vita lo hanno conosciuto meglio di tutti e lo hanno seguito nel suo peregrinare per città e villaggi. L’evangelista Giovanni ci dice che era apparso ai dodici già due volte, eppure la novità sconvolgente della resurrezione del loro Signore si dissolve nella routine del lavoro quotidiano.

La resurrezione avrebbe dovuto riempire di un senso di gioia la vita dei discepoli e dargli il desiderio di proseguire la missione di annunciare il Vangelo che Gesù stesso aveva iniziato con loro. Ma invece ecco che Pietro e poi gli altri tornano stancamente ad una pesca abitudinaria. C’è come un rifiuto della gioia e un attaccamento ai motivi della propria tristezza, quello stesso atteggiamento che anche noi spesso vediamo prevalere accanto e dentro di noi. Sì, si fa fatica a scorgere motivi di gioia, ma anche quando essi ci sono dati, come nel caso della resurrezione del Signore, essi non sembrano mai abbastanza forti da costringerci a cambiare atteggiamento e modo di vivere. Si potrebbe dire: ma come, c’è la crisi, tanti stanno male, si vedono attorno solo segnali negativi, dove troviamo segnali di gioia? Sì, è vero c’è la crisi, ma proprio essa ci darebbe occasione per vivere una più generosa solidarietà e trovare mille occasioni in più per voler bene e preoccuparci degli altri, di chi sta peggio. Questa è la vera gioia che Gesù testimonia: la sua resurrezione, piena di gloria, un vero  e proprio scoppio di gioia, è il frutto proprio del fatto che Gesù davanti alla “crisi” della  persecuzione non fugge lamentandosi vittimisticamente e evitando rischi, ma li ha affrontati vivendo un amore “fino alla fine” e per questo più forte della morte stessa. Non è forse quello che la Pasqua chiede di vivere anche a noi oggi, in questo nostro tempo segnato da così tante difficoltà?

Gesù sa come siamo fatti e come ragioniamo, la nostra paura della gioia e l’attaccamento alle tristezze che fanno chiudere in sé, e per questo torna una terza volta. Per questo oggi noi stiamo qui, perché sentiamo il peso della tristezza che ci lascia dentro un vuoto di senso e di pace, e sappiamo che solo qui, incontrando Gesù risorto, riusciamo a provare la gioia della resurrezione, che è gioia di voler bene agli altri prima di tutto e al di sopra di tutti i motivi di tristezza. A volte noi siamo talmente abituati a venire a messa la domenica che nemmeno lo riconosciamo presente fra noi: “Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù”. Potremmo dire anche noi lo stesso: “Gesù sta qui fra di noi, ma noi non ci accorgiamo che è Gesù”. Ma quello sconosciuto pone loro una domanda: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?” cioè: “Di che vi nutrite, come sostenete la vostra vita? Avete un cibo che vi sfami?” E’ la domanda che ci sentiamo porre ogni domenica da Gesù, a messa, poco prima che lui stesso prepari la tavola dell’Eucarestia. Domanda che scava dentro di noi per mettere a nudo su cosa ci fondiamo e come costruiamo la nostra esistenza quotidiana. Gesù si preoccupa che non ci manchi quel cibo buono che è la gioia di vivere, che è il suo Vangelo.

Gesù paradossalmente chiede ai discepoli il cibo buono che è lui che dona agli uomini, perché sa che anche noi, se viviamo il vangelo, possiamo essere una fonte inesauribile di cibo che sazia a nutre, cibo che è la gioia, che è l’amore. Anzi Gesù fa ancora di più: non solo ci chiede di essere capaci noi di essere motivo di gioia per altri, ma ci dice lui come fare: “gettate la rete dalla parte destra…”

I discepoli si fidano, anche senza riconoscerlo. Realizzano la parola di Gesù: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20,29). Sono beati perché credono all’invito di Gesù a cercare nella sua parola il cibo che nutre, la gioia che fa vivere una vita piena, l’amore che dà senso e pienezza al nostro esistere, e obbediscono al Signore gettando la rete non dove capita o come sono abituati a fare sempre, ma dove lui dice e come lui insegna.

Quante volte anche noi abbiamo sentito la gioia dell’aver messo in pratica la Parola di Dio, ma come è difficile ricordarcelo e fidarci di nuovo all’invito di Gesù dopo Pasqua. Gettiamo “la rete sulla parola”, come dice Pietro, con l’estroversione che viene dal vivere la gioia della Pasqua. Chi è triste si tiene tutto per sé, è avaro e non rischia, non ascolta inviti che possono esporre a ulteriori fatiche e pericoli inutili. Ma chi invece è felice si fida, si lascia andare e rischia, generosamente si mette a servizio di quello che Gesù propone di fare. I discepoli non resteremo delusi, ma anzi, una volta a terra non gli mancherà il cibo sostanzioso e nutriente, che non delude ma sfama.

Ci chiediamo: ma cosa vuol dire per noi gettare la rete nella parola di Dio? Subito dopo Gesù ce lo spiega. Pietro infatti, riconosciuto che è Gesù quello che li ha mandati a pescare si precipita da lui e lo saluta felice. A questo punto però Gesù lo interroga un’altra volta. Questa volta però chiede a lui di volergli bene: “Mi ami?”. Glielo chiede tre volte, come tre volte Pietro aveva rinnegato Gesù. Il numero tre nel mondo ebraico indicava la pienezza: tre volte significa “sempre”, “fino in fondo”, “generosamente e senza risparmio”. Gesù insiste con Pietro e gli chiede di voler bene “sempre”. Non solo quando gli conviene, quando gli è facile o gli viene spontaneo, ma anche quando sembra impossibile, quando è difficile, quando gli sembra eccessivo e fuori luogo, quando è pericoloso e costa. Così si riesce a vivere la gioia di Pasqua, frutto di una generosa fiducia nell’amore di Dio che vince la morte, il male, le difficoltà.

Cari fratelli e care sorelle, non lasciamo scorrere il tempo come se niente interrompesse la normalità banale. La pasqua è venuta a segnare un nuovo inizio della nostra vita. Affondiamo le reti nel profondo del Vangelo per trovare le vie di un amore che non si arrende e non si ferma davanti a nulla. Questo amore ci sazia e ci dona la pace, ci rende felici e ci riempie la vita di senso, a meno che non ci accontentiamo del poco che il mondo ci offre a buon mercato.


Preghiere
 
O Signore Gesù che torni ancora una volta a parlare con noi, perdona la nostra durezza di cuore nell’ascoltarti e aiutaci a fidarci delle tue parole.

Noi ti preghiamo

 

La fatica di una vita spesa male talvolta o Signore ci pesa e ci rende tristi. Fa’ che impariamo a gettare le reti nella tua Parola per imparare da te a vivere e amare come tu hai fatto perché la nostra vita sia piena di gioia,.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con misericordia o Signore a noi tuoi figli perché non ci accontentiamo del poco che sappiamo darci da soli ma accogliamo l’invito a cercare la gioia vera che la tua resurrezione ha portato al mondo.

Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, tu ci proponi di diventare pescatori di uomini: fa’ che sappiamo attrarre a te i tanti che cercano senso e gioia, perché trovino nel vangelo ciò che nutre la loro vita e li conduce a voler bene ai fratelli e alle sorelle con generosità e sincerità.

Noi ti preghiamo

 

O Dio soccorri tutti quelli che sono nel bisogno: i poveri, i sofferenti, i malati, i prigionieri,le vittime del male. Fa’ che con la tua resurrezione si apra per tutti un tempo nuovo di pace e consolazione.

Noi ti preghiamo

 

Dona alla tua chiesa in ogni parte del mondo coraggio e protezione, perché l’annuncio della pasqua risuoni forte ovunque e porti frutti di conversione e riconciliazione.

Noi ti preghiamo.

 

O Dio fa’ che impariamo ad amare sempre i nostri fratelli, come tu ci hai insegnato, e vinciamo l’istinto di allontanarli da noi.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per il papa e i pastori della chiesa universale, perché in questo tempo difficile non manchi loro l’audacia del vangelo che rese credibili gli apostoli e piena di gioiosa attrattiva la loro comunità.

Noi ti preghiamo