sabato 25 maggio 2013

Santissima Trinità - 26 maggio 2013


 
Dal libro dei Proverbi 8, 22-31

Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; pri­ma che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo».


Salmo 8 - O Dio, mirabile è il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?

Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 5, 1-5

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a que­sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.  

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 16, 12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo ad una settimana dal giorno in cui lo Spirito Santo è stato effuso su di noi a Pentecoste.  Un  tempo di  grazia si è aperto, benedetto dal dono dello Spirito che è l’amore di Dio. E’ un dono di cui c’è un grande bisogno. Ed oggi ricordiamo lo Spirito assieme al Padre e al Figlio contemplando la realtà del nostro unico Dio in tre persone distinte. Il Dio dei cristiani lo sappiamo, non è un’unica persona, ma tre diverse, con caratteristiche diverse, storia diversa, tanto che addirittura una delle tre, il Figlio, ha condiviso la vita degli uomini in tutto. Ma perché, ci chiediamo, che bisogno c’era di una complicazione tale? Non era più semplice un Dio unico e basta, potente e sempre uguale a sé? No fratelli e sorelle, perché il Dio cristiano, come ci dice l’apostolo Giovanni, non è potenza e forza, originalità e unicità, ma è amore, e l’amore non può esistere senza l’atro. E’ questa la sua essenza: essere con l’altro. Per questo le persone della trinità sono tre: diverse ma insieme, unite da un vincolo di amore così grande che sono una sola. La trinità allora non è un concetto difficile, da guardare come una formula matematica che non si capisce, è piuttosto la realizzazione dell’unità vera, perché basata non su interessi comuni o convenienza ma solo sul volersi bene fino in fondo.

Questa caratteristica di Dio è così fondamentale che egli ha mostrato sempre nella storia un amore per l’uomo che non trova altro motivo se non nel fatto che Dio non riesce a stare lontano dall’uomo e lo cerca continuamente, fino ad essersi fatto come lui per essergli ancora più vicino. Infatti non a caso il male che contrasta la realtà di amore che è Dio si chiama “diavolo” che in greco significa “divisione”. Sì, non essere uniti, come lo sono le persone della Trinità, è negazione di Dio, è il male più grande e la vittoria del re del male.

L’uomo e la donna, ci dice il libro della genesi, sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26). Cioè abbiamo anche noi scritto nelle nostre fibre, nell’intimo il bisogno di essere uniti come lo sono il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, sì, proprio nello stesso modo. Noi uomini siamo stati fatti per non poter vivere senza l’altro: Dio dopo aver creato Adamo disse “Non è buono che l’uomo sia solo” (Gen 2,18). Eppure, per assurdo, sembra che l’impegno più grande degli uomini sia proprio affermare il contrario e cioè che l’uomo per stare bene debba starsene da solo, che ciascuno debba essere autosufficiente e autonomo, che gli altri siano un fastidio, che io basti a me stesso e meno ho a che fare con altri e meglio é. È questa forse la più grande bestemmia, perché nega che nell’uomo rispecchi l’immagine di Dio che è amore fra tre persone, assumendo invece le fattezze del diavolo, principio di divisione che esalta l’essere soli e autosufficienti, separato da tutti.

Anche noi tante volte pronunciamo con la nostra vita questa bestemmia. Lo diciamo, ad esempio, quando affermiamo che non si può vivere assieme con chi è diverso da sé. Pensiamo al rifiuto di chi è straniero, al pregiudizio contro chi è di cultura o religione diversa. Sembra una cosa così naturale, eppure anche il Pare e il Figlio sono diversissimi, il loro essere insieme non è perché sono uguali ma perché l’amore che è la loro essenza è più forte di qualunque differenza e diversità. E lo stesso possiamo dire di quelli che accampano la diversità del carattere o dei gusti per dire che con quello o con quella non posso vivere, che quell’altro è troppo diverso da me perché io possa capirlo e accettarlo, eccetera.

L’apostolo Paolo ci ha ricordato oggi che: “l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Sì a Pentecoste abbiamo sperimentato che noi possiamo essere come Dio, cioè vivere quell’amore totale e tutto rivolto all’altro. Ce ne danno esempio gli apostoli che appena ricevuto lo Spirito Santo si riversano sulla strada per annunciare il Vangelo, il gesto di amore più alto che ci sia. Ma noi cosa ne abbiamo fatto? Allo Spirito di amore ed unità di Dio noi abbiamo preferito lo spirito di divisione del maligno, che divide e allontana, che ci rende insopportabili, antipatici, inutili e fastidiosi gli altri. Questa è quella “bestemmia contro lo Spirito” di cui Gesù parla con così grande durezza: “Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata.” (Mt 12,31)

Questo rifiuto dello Spirito per lasciare invece spazio allo spirito del maligno sta la radice della tanta violenza che segna il mondo di oggi. La radice della guerra, dell’odio, della divisione nella società, dell’essere gli uni contro gli altri.

Noi potremmo dire: non posso certo sentirmi responsabile di una guerra o di tanto male che c’è nel mondo. Eppure, fratelli e sorelle, ogni gesto che esclude e allontana un fratello o una sorella, perché disprezzato, antipatico, nemico e semplicemente perché estraneo è una bestemmia contro lo Spirito Santo e un rafforzamento del potere del male sul mondo. I tanti piccoli gesti che quotidianamente rafforzano questo potere, anche se non sono eclatanti e magari ci sembrano trascurabili, in realtà offuscano e umiliano l’immagine di Dio che il creatore ha voluto mettere in noi: invece di uomini e donne uniti da un unico Spirito, come la Trinità, chi esclude l’altro si fa imitatore e del maligno e coopera alle sue opere di male.

Fratelli e sorelle, perché fare tanta fatica per negare l’immagine di Dio in noi invece di assecondarla e dargli spoazio? Perché non far emergere la vera natura umana che è non poter vivere senza l’altro, senza voler bene a qualcuno, senza convenienza o guadagno?

Per questo l’amore più bello, ci dice Gesù, è l’amore per i poveri perché è gratuito e disinteressato, non è legato a interessi o convenienze e non è nemmeno spontaneo, ma nasce ogni volta che lo Spirito è accolto con gratitudine. Potremmo dire allora che il cristiano è colui che ha almeno un povero per amico, uno a cui non è legato da vincoli di sangue o di altra natura, ma solo ed esclusivamente dal vincolo santo della carità di Dio.

Il Diavolo ci sconsiglia, semina diffidenza e paura perché non vuole che l’amore di Dio si diffonda nel mondo, che la Trinità regni in mezzo agli uomini. A noi sta la scelta fra il lasciare emergere da dentro di noi l’immagine di Dio che è amore e non può fare a meno dell’altro e l’accogliere il suggerimento del maligno e decidere di vivere solo per sé stessi. È una scelta che siamo obbligati a fare: non si può vivere a metà, o siamo figli dello Spirito santo o di quello della divisione.

Ci sembra troppo difficile per noi gente comune? Lasciamo agire lo Spirito in noi: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” dice Gesù nel vangelo di Giovanni, accogliamo dunque lo Spirito di amore che ci viene dal Vangelo ed egli, con naturalezza ci guiderà alla verità tutta intera che è l’amore di Dio Trinità.

 

Preghiere

O Signore Gesù che sei unito al Padre e allo Spirito col vincolo santo di un amore che non finisce mai, insegnaci a voler bene come te e a non poter fare a meno del fratello e della sorella che ci metti accanto,

Noi ti preghiamo


O Padre del cielo, re di misericordia, tu che hai tanto amato il Figlio crocifisso da resuscitarlo alla vita, aiutaci ad amare la vita di chi è più debole come fosse la nostra,

Noi ti preghiamo


O Spirito di amore che unisci il Padre e il Figlio come un’unica santa persona, fa’ che sappiamo essere uniti ai nostri fratelli e sorelle e diffondere sentimenti di solidarietà e comunione con ogni uomo,

Noi ti preghiamo


Ad una settimana dalla festa di Pentecoste, ti invochiamo ancora con forza: o Spirito Santo che sei Dio, scendi su di noi e rendici discepoli del vangelo e suoi audaci annunciatori,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Santa Trinità, veglia con amore su questo mondo, ancora troppo pervaso dallo spirito di divisione: cancella gli odi che dividono l’umanità, fa’ che vinca sempre la pace e la concordia,

Noi ti preghiamo


T’invochiamo con insistenza o Spirito di pace, perché cessi ogni guerra e violenza in Africa, in Siria, Pakistan e Afghanistan, in Terra Santa e in ogni paese insanguinato dagli odi fratricidi.

Noi ti preghiamo.


Per tutti noi ti invochiamo o Signore, fa’ che non accogliamo nei nostri cuori lo spirito di divisione che ci allontana dagli altri, ma vinciamo ogni tentazione del maligno restando uniti a te,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio dona alla Chiesa diffusa in tutto il mondo la misericordia e la bontà che tu hai vissuta, perché ovunque sia maestra di mitezza e operatrice di pace.

Noi ti preghiamo

 

 

 

giovedì 16 maggio 2013

Pentecoste - 19 maggio 2013


 
Dagli atti degli apostoli 2, 1-11

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Salmo 103 - Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Benedici il Signore, anima mia! +
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 8-17

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 14, 15-16. 23-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la festa dell’Ascensione che ricorda la partenza di Gesù dalla terra. Dicevamo come questo avvenimento ci pone davanti ad una realtà che spesso diamo per scontata e su cui non ci soffermiamo, quella cioè circa la presenza o assenza di Dio nella nostra vita. Essa fa una grande differenza! Fin dall’inizio della storia dell’umanità la Scrittura ci mostra come l’uomo viveva con Dio, nella familiarità e compagnia con lui, ma poi tutto è cambiato, da quando l’uomo ha deciso di fare a meno di questa amicizia, per fare la propria strada in solitudine rifiutando il suo consiglio. È una grande svolta dell’esistenza che, possiamo anche dire, si realizza ancora oggi ogni giorno, quando noi decidiamo come vivere: con Dio o senza di lui? Forse non ce ne rendiamo conto, nello scorrere della vita ordinaria, ma il nostro tempo è speso o “con lui” o “senza di lui”. Essere cristiani infatti non significa, lo abbiamo detto tante volte, aderire a una dottrina o simpatizzare per un ideale o una morale, ma essere “con Dio”, così come il contrario significa farne a meno, non sentirne il bisogno. È la realtà che si trovano a vivere i discepoli dopo l’ascensione di Gesù in cielo. Si ritrovano senza il Padre, il Maestro, il Signore della loro vita. Ad essi però Gesù aveva promesso la sua presenza, anche se in modo diverso: “io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto”. Perché questo “ritorno” di Dio tra loro si realizzi Gesù raccomanda che restino assieme, ed essi, docili al comando, non si disperdono ciascuno per la sua strada ma, ci dicono gli Atti, “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.

Tutti gli insegnamenti del Signore che i vangeli ci trasmettono manifestano lo sforzo costante di costruire una trama di unità fra i discepoli. La fede cristiana non può fare a meno degli altri e si nutre dell’incontro e dell’amicizia con loro. Non si concepisce il cristiano isolato, il simpatizzante che fa la sua strada e da lontano appoggia gli ideali di Gesù. Il cristiano è tale se è nella comunità, se si confonde con essa, se se ne sente parte integrante e, quando si allontana, ne sente la mancanza.

Ma come, si chiedono molti, non posso essere cristiano standomene a casa mia, non basta che seguo i comandamenti? Oppure altri dicono: io credo a modo mio, mica devo per forza andare in chiesa o aderire ad un’istituzione.

Gesù in quell’ultimo momento di vita con i suoi dice proprio questo: restate insieme, non prendete ciascuno la sua strada, non vivete ognuno per conto suo.

Non credo che sia casuale o senza importanza questa fatto. Infatti è mentre stanno tutti insieme che i discepoli ricevono lo Spirito che il Signore aveva promesso di mandare loro: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”. Dio torna dai dodici con Maria, e rimane con essi, e questo non è un’esperienza mistica di individui isolati, né il risultato dell’ascesi del singolo, ma è il dono alla comunità riunita.

Questo ci richiama alla necessità di essere radicati, in modo vero e profondo, in una comunità, di sentirsene parte. Gli altri non sono solo lo sfondo o le quinte del palcoscenico su cui si svolge la nostra vita, ma sono gli altri componenti dell’orchestra, senza i quali non ha luogo la sinfonia. Potremmo dire che è nell’orchestra che Dio parla e si fa presente, non nella voce del singolo strumento, per quanto virtuosamente suonato.

Ma la discesa dello Spirito mette i dodici davanti all’esigenza di superare la dimensione ristretta del loro gruppo e di dedicarsi all’incontro con folle di genti diverse. È il paradosso della vita cristiana, e cioè il fatto che per il discepolo quelli che stanno “fuori” sono più importanti di quelli che stanno “dentro”.

Infatti, appena ricevuto lo Spirito, cioè la presenza forte e stabile dell’amore di Dio, i discepoli per i quali fino ad allora l’importante era restare uniti e non disperdersi si accorgono che il loro restare uniti ha senso solo per guardare al di fuori della propria ristretta cerchia. Tanto che, ci raccontano gli Atti, escono subito per le strade di Gerusalemme e cominciano a predicare in tutte le lingue. Sappiamo poi che si disperderanno in tutte le direzioni giungendo in Regioni lontanissime, come l’India, l’Armenia, ecc…

Per noi è lo stesso. Lo Spirito che oggi invochiamo e riceviamo ci fa accorgere che tutto quello che siamo e che facciamo qui o altrove per la nostra fede è fondamentale per essere con lui e colmare la sua assenza, eppure, paradossalmente, trova il suo senso solo nella prospettiva dei tanti, troppi, che ancora qui non ci sono, perché non conoscono il Signore o non gli danno importanza.

Il Signore ci chiede di non fare a meno dei fratelli e sorelle, ma lo scopo di questo nostro voler loro bene non è finalizzato a noi stessi, per stare bene con noi e fra di noi. Il senso e lo scopo è chi ancora non amiamo e non ama il Signore.

È una vera rivoluzione di prospettive e di traguardi.

Chiediamoci: cosa ci rende felici oggi, cosa ci dà soddisfazione? Chi conta per noi? A chi ci rivolgiamo? Chi ci sta simpatico e chi ci sta antipatico? E così via. La risposta spontanea sarà quelli che conosco già, i miei affini.

Lo Spirito che riceviamo oggi allora è un po’ come un nuovo occhiale attraverso cui guardare a sé, al mondo, agli altri. Gesù lo dice ai suoi mentre li sta per lasciare: “lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito, che è l’amore di Dio, ci insegna e ci ricorda quello che Gesù ci ha detto, cioè lo fa entrare in modo nuovo e pieno dentro le azioni e i pensieri, i giudizi e i sentimenti della nostra vita quotidiana, ci dona un nuovo modo di vedere.

In modo particolare questa nuova visione è un allargamento di prospettive perché comprendano quelli che finora non trovavano spazio nei miei pensieri e preoccupazioni. La visione di Dio infatti è larga quanto la terra e abbraccia l’umanità intera, non si accontenta del mio piccolo mondo e della mia prospettiva personale. Ci fa parlare tutte le lingue, cioè capire e comunicare con tutti. Noi parliamo con quelli che già ci capiscono e già condividono i nostri pensieri, gli altri non ci riguardano.

Lo Spirito stravolge questa prospettiva e ci dice che proprio quelli che non condividono i nostri pensieri e non ci capiscono e che per questo non ci stanno nemmeno simpatici, sono loro lo scopo del nostro essere qui e del nostro impegno a vivere secondo il Vangelo.

Lasciamoci trascinare dallo Spirito verso questa visone così diversa dalla nostra, lasciamoci trascinare lontano da noi e, docilmente, lasciamoci insegnare e ricordare da lui, cioè dalla voce dell’amore di Dio, dove guardare e a cosa dare importanza, perché il suo sguardo divenga anche il nostro.

 

Preghiere

O Signore Gesù che sei salito al cielo promettendoci che lo Spirito Santo avrebbe riempito le nostre vite, donaci di essere sempre uniti ai fratelli e alle sorelle per accoglierlo con gioia,

Noi ti preghiamo

O Dio, manda dal cielo il tuo Spirito a rendere le nostre vite piene del tuo amore e docili al Vangelo,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Spirito Santo, dona ai tuoi figli il desiderio di restare uniti per accogliere lo Spirito che ci guida all’incontro con tutti. Fa’ che superiamo i confini angusti di chi vive e pensa come noi per far giungere il tuo amore anche a chi è più lontano,

Noi ti preghiamo


Apri il nostro cuore, o Spirito di Dio, alla voce della Scrittura, perché la ricordiamo e la conserviamo dentro di noi. Fa’ che sulla tua Parola spendiamo forze ed energie per il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio, manda il tuo Spirito di pace e concordia dove oggi regna l’odio e la violenza. Per la Siria, l’Afghanistan, la Libia e tutti i Paesi preda della guerra e del terrorismo, perché cessi ogni violenza,

Noi ti preghiamo

Perdona o Dio la durezza dei nostri cuori che ci chiudono al soffio dello Spirito. Perché nuovi sentimenti di pietà e tenerezza suscitino in noi un nuovo tempo di generosità,

Noi ti preghiamo.

Per i ragazzi che in questa domenica ricevono la comunione per la prima volta, manda loro o Dio il tuo Santo Spirito perché tu possa dimorare sempre nelle loro vite e proteggerle da ogni male,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per il papa Francesco. Riempilo del tuo Spirito perché guidi la comunità dei tuoi discepoli all’incontro con te nell’umiltà e la mitezza,

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

domenica 12 maggio 2013

Ascensione - 12 maggio 2013


Dagli atti degli apostoli 1,1-11

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché temibile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.


Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28; 10,19-23

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza. Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo gior­no, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la festa di oggi ha del paradossale, festeggiamo infatti il fatto che Gesù ha lasciato la terra ascendendo al cielo. Da quel giorno la terra ci appare infatti “vuota di Dio”. E’  quell’assenza, cui abbiamo già fatto cenno altre volte, che caratterizza l’esistenza umana da quel giorno di cui ci racconta il Vangelo di Luca: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.

Sì, la presenza di Dio fra gli uomini non è qualcosa di scontato o naturale. Dio Padre non si presenta come uno spirito che aleggia un po’ qui e un po’ là, ma come una persona, sempre disponibile a incontrare l’uomo, anzi desideroso che quell’incontro si verifichi, tanto da provocarci incessantemente ad incontrarlo e a stare con lui, ma non sempre presente, lo vogliamo o meno, in mezzo a noi. L’ascensione di Gesù ci indica proprio questa realtà fondamentale, e cioè che Dio si fa presente a chi lo invoca, lo cerca, persino a chi lo forza e in qualche modo lo “obbliga” a venire a sé, ma non è presente per natura. D’altronde era così anche nella Palestina di Gesù: quanti, pur vivendo accanto a lui, non lo hanno incontrato e lo hanno volutamente ignorato? Addirittura molti lo hanno voluto togliere di mezzo fisicamente e definitivamente, crocifiggendolo.

Ma il mondo, senza Dio, è destinato a crollare su se stesso. Il vangelo di Matteo infatti ci narra come, alla morte di Gesù, “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono” (Mt 27,51-52). È questa l’esperienza che facciamo anche noi: quando una società, un gruppo o anche un individuo si chiude a Dio e lo elimina dalla propria vita, il suo mondo vacilla e crolla. Per questo ci si affanna a cercare certezze che ci diano un senso di solidità: ruoli sociali, beni materiali, forza e piacevolezza fisica, ecc… in un mondo che vacilla ci si affida alla forza illusoria delle certezze per trovare un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere giù. Ma serve? Fino a quando dura e poi, sono vere certezze?

Ci chiediamo allora cosa possiamo fare e a cosa possiamo affidarci per avere un terreno solido su cui poggiare.

Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprenderlo. Innanzitutto: “Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio.” Cioè il Signore, come abbiamo ripetuto spesso in queste domeniche dopo la Pasqua, non è vinto dalla forza di chi vuole eliminarlo. Il suo amore non è sconfitto, anzi vince la morte, scardina la tomba in cui lo si voleva circoscrivere e limitare. Il modo con  cui gli uomini hanno sempre cercato di far fuori Dio dal mondo è quello di dimostrare l’impotenza del suo amore. Paradossalmente l’uomo ha sempre cercato, e ancora lo fa, di dimostrare che l’amore di Dio non c’è perché egli non eliminerebbe le situazioni in cui l’uomo è chiamato a viverlo. Cioè si accusa Dio di non voler bene all’uomo perché lo lascia in balia del male e del dolore, mentre in realtà sono proprio le situazioni di male e di dolore che provocano l’uomo a desiderare e invocare la presenza di Dio e a chiedergli di essere aiutato a vivere il suo amore. Dio stesso infatti non ha evitato il dolore, ma lo ha vinto. Gesù non ha scansato la morte, ma l’ha resa impotente con la forza del suo voler bene fino in fondo, sempre e comunque. È questa la via che indica anche a noi: il suo amore che si fa presente accanto a noi non consiste nel porci al riparo del male, ma nel darci la forza di vincerlo col bene e con l’amore. In ciò si manifesta la sua presenza potente e gloriosa. Si tratta di quel “battesimo in Spirito Santo” che Gesù promette, cioè l’immersione nella forza travolgente del suo amore, non per renderci invulnerabili e insensibili al male, come supereroi mitologici, ma sensibili e pronti a farsi carico del male, come Gesù, perché certi che la presenza di Dio nel suo Spirito ci rende vittoriosi e ci dona la vita vera che non finisce.

Questo, fratelli e sorelle, è il modo con cui possiamo vincere il “vuoto di Dio” cui facevo cenno e che a volte ci sgomenta davanti al mondo. Gesù infatti, prima di ascendere e lasciare i suoi col suo corpo, presenta loro la prospettiva larga del Regno di Dio e l’esigenza di coinvolgere nella sua costruzione tutti gli uomini della terra. È quel traguardo di vita eterna e piena in cui Dio si fa compagno e abita con gli uomini, come dice Giovanni descrivendo la Gerusalemme celeste che vede scendere dal cielo. Potremmo dire, schematicamente, che Gesù sale al cielo perché il cielo possa scendere sulla terra, perché tutto il mondo sia trasfigurato in un luogo di pace e gioia piena.

Come giungere a questo traguardo? Domenica prossima celebreremo la Pentecoste, cioè l’invasione dello Spirito che riempie il vuoto e colma ogni assenza di amore. C’è bisogno però di prepararci a questa irruzione potente dell’amore di Dio, non guardando impotenti il cielo, come fecero gli apostoli dopo l’ascensione di Gesù, sgomenti del vuoto lasciato; non restando nel villaggio dei propri pensieri e preoccupazioni, nell’orizzonte circoscritto dell’io; piuttosto, guardando al fratello e  alla sorella, restando dentro la città, mescolati alla vita degli uomini, cioè proprio lì dove più forte si fa sentire il bisogno di quell’amore che sconfigge il male e la morte con la forza del bene. La passione con cui lavoreremo perché il bene si affermi è il modo con cui invocare lo Spirito, ed egli non si rifiuta a chi lo cerca con sincerità d’animo e amore appassionato. Sia questo anche il nostro modo di vivere in questo tempo che ci prepara alla Pentecoste, perché incontriamo anche noi Dio nel suo Spirito che illumina, scalda e dà forza agli uomini.

Preghiere

O signore ti ringraziamo perché desìderi vivere con noi uomini, nonostante il nostro tradimento e peccato. Aiutaci ad accoglierti sempre con gioia,

Noi ti preghiamo


O Dio Padre del cielo e della terra, riempi del tuo Spirito la terra, perché venga presto il tuo Regno di pace, giustizia e gioia senza fine,

Noi ti preghiamo

Donaci o Signore un cuore aperto al soffio dello Spirito e disponibile ad accogliere il Vangelo, perché ovunque noi viviamo possiamo portare consolazione, pace e concordia,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio aiutaci a vivere la passione per il fratello e la sorella, perché nessuno sia per noi estraneo o nemico, ma ogni incontro sia occasione per vivere e testimoniare il tuo amore per gli uomini,

Noi ti preghiamo


Consola o Padre del cielo chi è nel dolore. Per i malati, gli anziani, per chi è senza casa e famiglia, per le vittime della guerra e della violenza, per i prigionieri. Ti preghiamo dona guarigione e salvezza a tutti,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo i Dio per noi tuoi figli, apri, illumina e scalda le nostre vite, perché ripieni del tuo amore sappiamo farci vicini a chi è nel bisogno e soccorrere chi è povero e solo,

Noi ti preghiamo.

Ti invochiamo o Signore, manda il tuo Spirito sulla chiesa dei tuoi discepoli, perché la vita di chi segue la tua via sia sempre conforme al Vangelo e fonte di bene per il mondo,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Padre misericordioso papa Francesco e tutti coloro che guidano il gregge dei tuoi discepoli. Dona ad essi fede ed amore, perché con le parole e le azioni indichino in te la fonte della vita vera e il traguardo della felicità senza fine,

Noi ti preghiamo

 

giovedì 9 maggio 2013

VI domenica del tempo di Pasqua - 5 maggio 2013


Dagli Atti degli Apostoli 15, 1-2. 22-29

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

 

Salmo 66 - Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

 

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino, +
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 21, 10-14. 22-23

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se uno mi ama, osserva la mia parola

e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 14, 23-29

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Commento

Cari fratelli e  care sorelle, la liturgia oggi ci riporta all’ultima cena propo­nendoci un brano tratto dal grande discorso fatto da Gesù ai suoi nel cenacolo. Quelle parole furono pronunciate da Gesù per confortare quella prima piccola comunità di discepoli che di lì a poco sarebbero passati attraverso la grande prova della sua passione e morte.

Gesù, che sa che lascerà col suo corpo il mondo e parla della presenza di Dio nella vita del credente e della comunità, perché sa quanto è facile che i suoi discepoli, una volta da soli, si dimentichino di lui e siano come riassorbiti dalla vita di prima. Questo è sen­za dubbio uno dei rischi della nostra stessa vita e di ogni esperienza religiosa. Il rapporto con Dio è il cuore della vita di ogni uomo, ma spesso esso non trova posto nelle nostre giornate, perché preferiamo riempirle di tutt’altro.

Alcuni dicono: Dio è ovunque, non c’è bisogno di andare in chiesa per pregare. Certo, ma noi rischiamo così di dimenticare che Dio è una persona e che si è incarnato e che i luoghi non sono indifferenti. Esiste una dimensione fisica che è rilevante, come lo è per i nostri rapporti personali. Non è lo stesso se una persona la incontro al bar, per la strada, in mezzo al caos e al frastuono, oppure in casa, in un luogo tranquillo e in cui è piacevole stare. Lo stesso è per il nostro incontro con Dio. Infatti fin dall’inizio della storia dell’umanità, Dio si è sempre preoccupato di indicare il luogo della sua presenza in mezzo agli uomini. Nel tempo difficile del viaggio del popolo di Israele nel deserto, quei lunghi 40 anni di cammino, Dio è sempre stato presente in mezzo al suo popolo e il luogo della sua presenza era l’arca dell’alleanza racchiusa nella tenda. Poi una volta arrivati nella terra promessa Dio abitò nel tempio nella città santa di Gerusa­lemme. Con la nascita di Gesù è lui stesso che diventa il luogo in cui Dio è presente fra gli uomini, in modo pieno, e tale resta per tutti i tempi. 

Ma come facciamo, a tanti secoli di distanza, a sentire vicina e reale questa presenza di Gesù in mezzo a noi? Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci offre una risposta a tale domanda: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Dio cioè abita non più in una tenda accanto al popolo o nel tempio al centro della città ma direttamente “presso” di noi. E’ voler bene a Gesù che ci fa essere assieme a Dio. Ma come facciamo ad amare uno che non si vede? È sempre il vangelo che ci indica come: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”. Voler bene a Dio si esprime dunque principalmente nell’ascoltare e nel vivere la sua Parola.

Ma allora quanto sono preziose le occasioni in cui possiamo accostarci alla Parola di Dio! Prima fra tutte la Liturgia. La domenica a Messa infatti tutto ruota attorno alla Parola di Dio: le preghiere stesse della Liturgia sono intessute di Parola di Dio, la Scrittura viene letta e commentata, perché tutti possano farla scendere e restare nel proprio cuore, e infine quelle stesse parole ripetute rendono presente tra di noi il corpo e sangue di Gesù. Se noi partecipiamo alla Messa Dio starà con noi, e non solo la domenica, ma per sempre.

E’ una indicazione semplice e concreta che ci rende tutti in grado di vivere assieme a Dio, perché oggi, a differenza dell’antico Israele, il luogo della presenza di Dio (qui risiede la straordina­rietà del cristianesimo!) è la vita stessa di chi ascolta e met­te in pratica il Vangelo. Chi ascolta e mette in pratica il Vangelo infatti rende presente Dio in ogni momento e in ogni luogo in cui si vive.

È l’esperienza che facevano le prime comunità cristiane, di cui abbiamo sentito nella prima lettura: Paolo, Barnaba, Sila, Barsabba, sono tutti discepoli che hanno dato ascolto alla Parola del Signore Gesù e l’hanno vissuta. Per questo le loro parole e la loro stessa presenza suscita la fede delle comunità presso le quali si recano e sana i dissidi e le divisioni che il male vuole suscitare nel loro seno. Così possiamo essere anche noi. La presenza di cristiani che ascoltano e vivono il vangelo cambia non solo la loro vita personale, ma le persone che incontrano e i luoghi in cui vivono.  

E’ questa la forza di cambiamento e di novità che la resurrezione di Gesù ci comunica. Ma quanto sono forti le obiezioni che ci vengono spontanee davanti alle parole del Vangelo! Pensiamo che sono parole troppo difficili ed esigenti, che non sono per noi gente comune, che non ci conviene viverle perché ci si rimette e rischiamo di finire male. Eppure proprio da quelle parole ci viene la salvezza della nostra vita che è godere della compagnia del Signore che veglia su di noi e ci preserva da ogni male.

Noi spesso ci lamentiamo della nostra vita e del male in cui sembra sprofondare sempre più il mondo: tutto è confuso e senza prospettive di bene. Ma l’Apocalisse di Giovanni ci offre una visone diversa: “L’angelo mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, … Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

È la prospettiva in cui vive il cristiano dopo la Resurrezione di Gesù. C’è una luce che illumina il buio e guida i nostri passi. È l’amore vissuto concretamente e profondamente a farci essere non solo vicini o alla presenza di Dio, ma addirittura una famiglia con lui, concittadini e coabitanti.

Cari fratelli e sorelle, siamo alle soglie della grande festa di Pentecoste che ricorda il dono dello Spirito ai discepoli e che ci richiama la necessità di aprirci anche noi al dono dello Spirito che è l’amore di Dio. Lo Spirito è Dio, perché, come dice Giovanni, “Dio è amore”. Facciamo spazio dentro di noi allo Spirito di amore. Esso è concreto, fatto di gesti, preoccupazioni, decisioni, lavoro, impegno. Voler bene a un figlio, lo sanno bene le madri e i padri, è un gran lavoro, non solo sentimento. Così, vivere l’amore non è solo un sentimento o una ispirazione, ma è lavoro, impegno, azione concreta. Ricevere il dono dello Spirito non significa allora mettersi in estatica attesa di ispirazione ma darsi da fare. Lo Spirito viene in chi ne ha bisogno per sostenere il suo sforzo di amore per gli altri. Chi non fa nulla che bisogno ne ha?

Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri, in maniera stabile e manifesta. Ascoltiamo l’invito della sua Parola a farci operatori del suo voler bene, senza limiti né resistenze, a tutti ed in ogni momento, e Dio abiterà con noi con la forza del suo Spirito, il calore e la luce della sua intelligenza d’amore.

 

Preghiere

O Signore nostro Dio ti ringraziamo perché torni ogni domenica a visitarci e resti assieme a noi. Aiutaci ad accoglierti con cuore aperto e disponibilità.

Noi ti preghiamo

O Padre del cielo che hai accompagnato con il tuo amore senza fine la vita degli uomini fin dal primo giorno, resta con noi anche in questo tempo difficile in cui tanti uomini e tante donne hanno bisogno della tua guida e del tuo sostegno.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per i ragazzi che oggi ricevono per la prima volta il tuo corpo e sangue. Dona loro di restare sempre tuoi figli docili e discepoli fedeli.

Noi ti preghiamo


Perdona o Dio la durezza del nostro cuore ogni volta che rifiutiamo di seguire il tuo insegnamento. Aiutaci ad ascoltare il Vangelo con attenzione e a viverlo con docilità.

Noi ti preghiamo

 
Aiuta o Padre misericordioso tutti gli uomini che ti invocano nel momento del bisogno: per gli ammalati, gli anziani, per chi è senza casa e famiglia, per chi è prigioniero e vittima della guerra e della violenza. Sostienili nella difficoltà,

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Signore quanti annunciano e vivono il Vangelo. Fa’ che presto ogni uomo e ogni donna della terra possa ascoltare l’annuncio della salvezza che sei venuto a portare al mondo.

Noi ti preghiamo.


Ti preghiamo o Padre del cielo per tutti i nostri cari, per chi ci è a cuore. Guida chi è disperso, incoraggia chi è confuso e incerto, sostieni chi è nel bisogno,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Spirito di Dio il Santo Padre Francesco, perché con l’umiltà e la semplicità delle sue parole e azioni ispiri in tutti i cristiani il desiderio di esserti più vicini,

Noi ti preghiamo