sabato 30 novembre 2013

I domenica del tempo di Avvento - 1 dicembre 2013


 
 
In attesa


Dal libro del profeta Isaia Is 2,1-5

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie  e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore. 

 

Salmo 121 - Andiamo con gioia incontro al Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù del Signore, +
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.

Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 11-14

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Mostraci, Signore, la tua misericordia
donaci la tua salvezza.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 24, 37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
 
Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Matteo ci riporta le parole che Gesù pronunciò ai suoi discepoli mentre, stando nel tempio, questi ammiravano la magnificenza delle pietre del tempio. Già commentavamo, qualche domenica fa, come i dodici vedevano nella solidità di quelle pietre una forma di protezione e garanzia per il loro futuro: chi potrà mai sgretolare rocce così solide? Eppure Gesù a quella sicurezza dei discepoli risponde con l’invito a non fidare nella solidità delle certezze umane: la forza, il potere, l’abitudine, per cercare invece nel Signore l’unica protezione reale. Sì, la vera nostra salvezza sta nella venuta del Signore che oggi, con questa prima domenica di avvento, iniziamo ad attendere.

Ci chiediamo dunque, in questa prima tappa del nuovo anno liturgico, che cosa significa attendere la salvezza che viene dal Signore? Noi che cosa attendiamo?

Una grande insoddisfazione caratterizza l’uomo e la donna moderna. Assai difficilmente troveremmo infatti qualcuno che dica che la situazione in cui viviamo è buona. Il primo motivo di insoddisfazione è la congiuntura economica: la crisi ha sconvolto i mercati e ha messo in luce che tante illusioni di benessere erano in realtà solo un effetto drogato dell’economia senza reale consistenza. Alcune nazioni europee, come l’Italia, si trovano ad affrontare una situazione economica grave: disoccupazione, debito pubblico, rischio di bancarotta.

Vi è poi una crisi mondiale delle istituzioni sovranazionali, come l’ONU, il G9 o G20 o l’Europa, che sembrano impotenti, divise al loro interno, senza idee chiare sul da farsi e lasciando sempre più spazio ai particolarismi regionali o nazionali, se non addirittura etnici. Basti pensare all’impotenza delle nazioni, le quali si disinteressano della grave guerra in Siria.

Infine, al nostro livello nazionale, la politica è giunta ad un livello deplorevole, nessun ideale raccoglie consensi, nessun progetto coagula le forze. Le sorti del Governo sono legate agli interessi privati di qualche personaggio, più che alla ricerca responsabile del bene comune.

Anche il tessuto di convivenza è consumato e pieno di strappi: la famiglia stessa sempre più spesso è teatro di violenza o di divisioni e incomunicabilità fra generazioni, con il rifiuto di ricoprire ruoli per paura delle responsabilità conseguenti, restando in uno stato di eterna fanciullezza anche in chi dovrebbe invece assumere atteggiamenti e decisioni più serie.

Insomma tante rocce su cui si è fatto affidamento negli anni passati per dare solidità alle nostre società si vanno sgretolando. Prevale un senso di crisi, d’incertezza, di disorientamento. Come ci salveremo da tutto ciò?

La risposta istintiva e più diffusa è quella di provare a restare a galla cercando di farcela con le proprie forze. Ognuno si dia da fare per sé, sfrutti i propri talenti a proprio vantaggio, cerchi di emergere e garantirsi un futuro.

E’ questa la salvezza che ci propone il Signore?

Il Vangelo parla della venuta del Signore paragonandola alla salvezza che rappresentò l’arca con la quale Noè mise in salvo dalle acque l’umanità e tutti gli esseri viventi. Ma l’arca non era una barchetta monoposto in cui chi rema con più forza si salva. Era una nave larga, talmente capiente da poter accogliere, oltre all’uomo, due rappresentanti di ogni specie animale. Sì, la salvezza che il Signore viene a portarci non è la mia salvezza individuale, non si misura sull’orizzonte angusto dell’io, ma accoglie un popolo grande e vario, di ogni genere e razza. L’arca fin dall’antichità è stata interpretata come il simbolo della Chiesa, e in essa ognuno trovò il suo posto. Nessuno è escluso, anzi la salvezza di ciascuno è legata indissolubilmente a quella degli altri. Nessuno si salva da solo, e tanto meno a discapito dell’altro.

Ecco allora a cosa ci invita questo tempo di avvento: imparare a sentirci parte di un popolo vasto che cerca la salvezza e trovare il proprio posto al suo interno, nell’armonia con tutti. Nell’arca di salvezza c’è posto per chi ha successo e per chi ha fallito, per chi emerge e per chi soccombe, per il ricco e per il povero. Lo sappiamo bene la Chiesa è nel mondo l’unico posto in cui tutti hanno pari dignità e spazio, chiunque essi siano e quanto valgano agli occhi del mondo. Sappiamo bene infatti quanto la cultura del nostro tempo affermi il contrario e crei sempre più alte barriere fra il mondo di chi conta e chi no, fra chi ce la può fare da solo e chi è perduto. Ma questa è la rovina a cui va incontri chi non si fida dell’invito di Noè ad entrare nell’arca. Perché confondersi con quella gente con cui non ho niente a che fare? Perché rischiare di una nave che non sono io a governare? Ma chi non entra nell’arca resta sommerso dalle acque, continuando magari a illudersi fino all’ultimo di farcela da sé, continuando disperatamente a fare la vita di sempre, come nulla fosse: “nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti”. Non corriamo anche noi questo rischio: non crediamo di potercela fare in un tempo difficile come il nostro emergendo con il proprio sforzo individuale, ma salviamoci invece entrando in questo popolo radunato da Dio per salvarlo dalla tempesta.

Questo tempo di avvento è allora un’occasione benedetta per entrare a fra parte di questo popolo vario e multiforme, per abbattere le frontiere di divisione dagli altri, per vincere un senso di ambizione individuale che ci separa, per smussare gli spigoli di aggressività e insofferenza. Assieme ci salveremo perché assieme incontreremo il Signore che viene a visitare questo mondo. Guai se lasciamo correre invano questo tempo: ci troveremmo affogati nei nostri affanni, sbattuti nelle tempeste delle nostre vite individuali e incapaci a fronteggiare la forza del male che ci sommerge come onde di burrasca. Il Vangelo c’invita ad entrare nell’arca del popolo dei fratelli e delle sorelle che accolgono di legarsi al gioco soave di una fraternità larga. Accogliamo docili l’invito e prepariamoci ad essere radunati da lui sul monte, come sogna Isaia nella prima lettura di oggi. Assieme a tutti popoli che hanno accolto l’invito a non cercare la propria salvezza individuale ma a preparare la salvezza di tutti impareremo a guardare al mondo così difficile con occhi sereni e pieni della pace che solo Dio ci può donare.


Preghiere

O Signore che vieni e visiti le nostre vite, ti preghiamo perché sappiamo accogliere con gioia questo tempo in cui prepararci all’incontro con te. Fa’ che non crediamo di poterci salvare da soli ma accettiamo di far parte del popolo largo dei tuoi figli.

Noi ti preghiamo


Con pazienza e fedeltà, o Signore, ci guidi in questo tempo di crisi e disorientamento. Aiutaci a trovare la via che conduce all’arca di salvezza che è la Chiesa, la quale accoglie tutti coloro che ti cercano.

Noi ti preghiamo

In questo tempo di Avvento o Signore fa’ che non viviamo presi dall’affanno per noi stessi e distratti dalle abitudini banali. Aiutaci a prepararci perché possiamo riconoscerti re e salvatore delle nostre vite.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio del cielo per questo nostro mondo, attraversato da correnti di odio e di violenza. Dona la tua pace a tutti coloro che ora sono sottoposti alla durezza della guerra, guarisci i cuori induriti dall’inimicizia e aprili al tuo amore.

Noi ti preghiamo


Salva o Dio questo tuo popolo. Fa’ che le nostre invocazioni siano ascoltate e che il tuo aiuto non ci venga mai meno. Confermaci nel bene che cerchiamo di compiere e impedisci che i nostri piedi percorrano le vie del male.

Noi ti preghiamo


Consola o Padre misericordioso chi è nel dolore: i poveri, i disperati, i senza casa e senza famiglia, i prigionieri, i malati. Guida i nostri passi sulla via della misericordia per chi è debole e dell’aiuto fraterno a chi ne ha bisogno.

Noi ti preghiamo.


Benedici o Padre di misericordia chi nel mondo annuncia il Vangelo e testimonia la tua pace. Proteggi ovunque i tuoi discepoli, specialmente dove la loro vita è minacciata. Incoraggia chi è timido nel proclamare la salvezza che viene dal tuo Nome.

Noi ti preghiamo

Perdona o Dio clemente il male che compiamo e ispiraci sentimenti di bontà e pace. Fa’ che in questo tempo di attesa ci prepariamo ad incontrarti povero e piccolo.

Noi ti preghiamo

sabato 23 novembre 2013

XXXIV domenica del tempo ordinario Festa di Cristo Re - 24 novembre 2013


 
Dal secondo libro di Samuele 5, 1-3

In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha det­to: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

 

Salmo 121 - Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

 

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 1, 12-20

Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 23, 35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi si conclude un anno con il Signore. Il tempo di Dio, della nostra vita con lui non segue il calendario degli eventi mondani, né il ritmo delle nostre vicende personali, ma ha una sua cadenza perché noi ci adeguiamo ad essa. La nostra tendenza infatti è far ruotare tutto attorno a noi stessi, imprimere alla nostra vita il ritmo delle nostre personali vicende. Oggi la Liturgia ci richiama ad un tempo diverso che chiude con questa domenica un anno e, la domenica prossima, ne apre un altro con l’inizio dell’Avvento. È una liberazione dalla schiavitù di se stessi, dei propri alti e bassi, dei motivi di amarezza e insoddisfazione, delle recriminazioni o esaltazioni futili e passeggere, per assumere invece una dimensione più matura, più sapiente che è quella di un cammino con Dio dentro una storia vasta e lunga come l’umanità tutta intera. Non più i piccoli orizzonti agitati o depressi, ma le grandi visioni che donano alla nostra esistenza la vera dimensione che Dio sogna per ciascuno di noi.

È la visione contenuta nella lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato, quella di una signoria di Dio sulla vita dell’uomo e dell’universo intero, proprio perché possano vivere lo stesso destino di salvezza che lui ha preparato: Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.” Siamo noi che ci vogliamo allontanare da questa sorte, preferendo il piccolo orizzonte privato, pensando così di poterlo controllare e dominare meglio, mettendoci al sicuro. Crediamo che il nostro agitarci sia più utile che il seguire fiduciosi la corrente di amore con il quale Dio conduce la storia verso il suo compimento. È questo il messaggio che oggi ci giunge da questa festa nella quale ricordiamo che fine e pienezza della storia, del mondo e mia personale, è nella volontà di salvezza che Gesù è venuto ad indicarci con le parole e la sua stessa vita.

Ma in cosa consiste questa volontà?

Spesso essa ci sembra imperscrutabile e misteriosa, oppure troppo assurda da essere accolta, impossibile da vivere. Le letture di oggi vengono ad indicarcene, di nuovo, un aspetto importante: essa è la vittoria sul male attraverso la mitezza e l’amore appassionato di Gesù, di cui ci parla il Vangelo della morte e resurrezione di Gesù.

È la sua passione infatti che lo incorona re della storia, non il successo o la gloria effimera dell’ingresso a Gerusalemme, che sembra attirare le folle osannanti, ma che si rivela presto un bluff ironico e beffardo di quelli che primo lo glorificano come re e poi lo vogliono vedere crocifisso. La passione è la vera gloria di Gesù, ma perché? Essa infatti ci fa paura, perché richiama il significato del patire, di una sofferenza intima e profonda. Ma poi “passione” ci ricorda l’amore appassionato, pieno e totale, capace di donarsi tutto senza risparmio di sé. Quell’amore che Cristo visse proprio nel gesto estremo di accettare una condanna per colpe non sue, pur di non abbandonare i suoi. È quello che sottolinea il ladrone: “Noi, [moriamo] giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”.  

Ma infine “passione” significa anche che l’odio, la violenza, la sopraffazione, lo scherno, la cattiveria gratuita furono subite da Gesù con un atteggiamento di piena passività, cioè ricevendo e assorbendo tutto il male che gli facevano senza rifletterlo sugli altri, nemmeno sotto la forma della maledizione. In genere il male subito infatti genera immediato e spontaneo l’istinto di rigettarlo sugli altri, come un riflesso che dà l’illusione di liberare la vittima dal dolore patito. È il caso esemplare della vendetta, desiderio di fare male per colmare il vuoto creato dentro di sé da altro male, ma, più in generale, ogni espressione di violenza e sopraffazione è il frutto di una pianta che affonda le proprie radici in un male subito, a torto o a ragione, con gradi diversi di realtà, direttamente sulla propria carne o su quella dei propri affini.

È, ad esempio, la ribellione, il desiderio di riscatto, l’aggressività che scoppia irrazionale, distillata nell’esasperazione del torto subito, ma anche la legittima difesa, violenza attenuata da un senso di giustizia, ma sempre violenza, ecc…

Gesù non dà sfogo a nessuno di questi istinti, così umani e così naturali. Nemmeno si discolpa, tace e annienta in radice la forza del male subendolo senza restituirlo ad altri. Anzi fin sulla croce benefica chi gli sta accanto, il ladrone al quale assicura l’ingresso in paradiso. È la vittoria piena e definitiva sul male perché neutralizza la violenza estirpandone le radici e impedendo che si propaghi attecchendo di cuore in cuore.

Questa, fratelli e sorelle, è la salvezza dal male che il Signore ci offre, vera signoria sulla forza di un destino segnato dalla vittoria delle forze che vogliono farci diventare anche noi attori e protagonisti di tanto male. Questa salvezza si inserisce in un orizzonte che avvolge il mondo intero. È quello che chiede il ladrone dalla sua croce: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.” Egli si sottomette alla volontà di quel condannato come lui che non si ribella e non rinuncia a beneficare chi gli sta accanto.

Accettiamo anche noi la sua signoria, la gloria di una passione di amore e di mitezza che trasforma il mondo dal di dentro e lo avvicina sempre più alla gioia senza fine del Regno. Ne riceveremo una grande libertà, da un orizzonte angusto e dalla schiavitù del male che vorrebbe legarci sempre più tenacemente al suo desiderio di morte.


Preghiere

O Signore nostro Gesù Cristo, ti ringraziamo per l’amore appassionato con cui ci hai amato fino alla fine, e col quale continui ad amare ogni uomo. Fa’ che ci rendiamo sempre conto dell’amore che riceviamo per poterlo ricambiare con generosità,

Noi ti preghiamo

Aiutaci o Signore Gesù a sconfiggere la forza del male con il bene, a neutralizzare l’odio con la benevolenza, a sconfiggere la violenza con la mitezza, come tu hai fatto sulla croce,

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Dio per un anno passato in tua compagnia che oggi si conclude. Fa’ che il nuovo tempo che si apre sia un tempo di conversione e di ascolto del Vangelo,

Noi ti preghiamo


Accogli con benevolenza Dio quanti ti cercano, anche se non sanno bene come fare e dove trovarti. Mostra il tuo volto misericordioso e benigno che attira ognuno verso di te,

Noi ti preghiamo


Preghiere n. 3

Sostieni o Dio ogni uomo e donna debole e colpito dalla forza del male. Ti preghiamo per i tanti che in Sardegna hanno perso tutto e sono stati feriti e colpiti dall’alluvione;  dona loro consolazione e speranza,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo anche o Dio per tutti coloro che sono morti nell’alluvione in Sardegna. Accogli le loro vite prematuramente strappare alla vita dalla forza della natura, consola i loro cari,

Noi ti preghiamo.

Proteggi o Padre buono ogni uomo che si affida a te per trovare consolazione nel dolore e salvezza nel pericolo. Per chi è prigioniero e malato, per chi è anziano e malato, salva tutti o vero amico degli uomini,

Noi ti preghiamo

Guida e proteggi o Dio il papa Francesco, perché sia sempre pieno del tuo Spirito di amore e di misericordia e indichi ad un mondo disorientato la via per salvarsi,

Noi ti preghiamo

 

giovedì 14 novembre 2013

XXXIII domenica del tempo ordinario - 17 novembre 2013


 
Dal libro del profeta Malachìa 3, 19-20

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

 

Salmo 97 - Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani, +
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3, 7-12

Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 21, 5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, e letture della liturgia odierna ci pongono davanti ad una realtà dalla quale spesso distogliamo la nostra attenzione, evitando di soffermarci, come una realtà tanto evidente e certa quanto altrettanto da sfuggire. Si tratta del dato di fatto indubitabile della finitezza della nostra vita e delle realizzazioni umane.

Il Vangelo di Luca inizia oggi presentandoci i discepoli intenti ad ammirare la solidità e bellezza delle mura del tempio di Gerusalemme, monumento possente e grandioso. Davanti a questa ammirazione Gesù osserva che quelle pietre non sono eterne e che anch’esse, per quanto allora  potevano sembrare incrollabili, sarebbero andate incontro alla loro rovina. Ed infatti la storia ci insegna che meno di cinquanta anni dopo ciò accadde realmente.

Eppure gli uomini hanno sempre cercato di negare la propria transitorietà affidando a qualche realizzazione lo scopo di rendere duratura la propria esistenza. Questo non riguarda solo i potenti della storia, coloro che hanno compiuto imprese grandiose e ad esse hanno affidato la loro fama. Ciascuno di noi infatti, a modo suo, è spinto dal timore di soffermarsi a riflettere su quella realtà e fugge con diversi sotterfugi. Il primo modo di sfuggire è quello di affidarci ad alcune certezze che ci possano dare un senso di sicurezza, come quelle pietre del tempio. Sono le certezze di una normalità che sembra porre al riparo dagli imprevisti; le sicurezze che vengono dal sentirsi approvati, stimati ben visti e giudicati; le certezze del benessere e della salute, della giovinezza, allungata con un senso scaramantico come se potessimo così assicurarci l’eternità. Tanti modi con cui scacciamo l’idea che anche la nostra vita conoscerà un declino.

Ma poi esiste un altro modo con cui sfuggiamo l’idea della finitezza: è l’ossessione del fare. La nostra cultura ci spinge infatti a pensare che il senso e il valore della vita sia l’essere attivi, per questo tutto ciò che è pausa, riposo del cuore e della mente, meditazione, riflessione, silenzio, ci sembrano come altrettanti anticipi della morte. Chi non è sempre impegnato nel fare qualcosa è come se invecchiasse precocemente, poiché è noto che l’età anziana è accompagnata da una ridotta capacità di agire.

Insomma tanti modi con cui anche noi contempliamo le pietre solide che ci danno sicurezza.

Gesù viene oggi a smentire queste certezze. Ma non perché vuole gettarci nello sconforto, ma innanzitutto perché semplicemente ci mette davanti ad una realtà certa, che noi invece sfuggiamo fingendo di poterla evitare. Ma poi anche perché ci vuol comunicare un senso e un valore diverso della vita che non dipende dalla solidità delle pietre che riesce a edificare o dalla freneticità dell’attivismo che la caratterizza, ma dalla profondità e autenticità del suo amore per gli altri, e dalla fiducia nella fedeltà di Dio.

Questi sono i due elementi che Gesù mette in luce nella sua risposta. Egli infatti sottolinea come la vita umana sia fragile, soggetta alle tempeste della vita che la possono mettere in pericolo e addirittura troncare. Ed oggi non possiamo non pensare con partecipazione a quello che è accaduto alle migliaia di filippini colpiti duramente dal tifone nei giorni scorsi. La forza della natura, gli accidenti della vita possono da un giorno all’altro mutare il corso degli eventi e mettere in discussione tutte quelle certezze di cui parlavo poco fa. Ma tutto ciò nulla può sulla nostra possibilità di vivere e testimoniare un amore che costituisce il vero valore della vita: “Avrete allora occasione di dare testimonianza” dice Gesù, per sottolineare che pur nelle situazioni più difficili, mai la vita perde senso e forza, se continua a testimoniare ciò che c’è al suo fondamento, l’amore, ricevuto prima di tutto da Dio e poi reso per ciascuno vivibile dall’esempio di Gesù. A questo proposito egli dice: “Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.” Cioè non ci illudiamo di poter controllare tutto e metterci al riparo delle vicende della vita con le nostre forze, col nostro fare, ma affidiamoci ad una sapienza che ci viene da Dio stesso, dalla sua Parola e dal suo Spirito, che ci suggeriscono, come consiglieri fidati, su cosa puntare di duraturo e certo.

Vivere questa sapienza umana e divenire capaci di amare sazia la nostra fame e ci fa essere appagati della vita che facciamo. Chi invece si affida alla frenesia del dover sempre fare qualcosa e realizzare un traguardo in più per sentirsi vivo, consuma ogni esperienza mentre sperimenta quella successiva, mai appagato e sempre insoddisfatto. Per questo si può riuscire a vivere senza fuggire la paura della fine, se sentiamo che la nostra vita è fin da ora già piena, ben spesa, ricca di doni spirituali ricevuti e offerti, sazia del bene fatto e ricevuto.

Ma se rinunciamo alle nostre certezze e non possiamo contare più sulle nostre risorse, su cosa ci possiamo fondare come roccia solida?

Gesù nell’ultima parte della sua risposta mette in luce come niente è affidabile, nemmeno i vincoli di sangue, dei quali in genere si dice ci si possa sempre fidare, ma c’è una fedeltà che non viene mai meno, è quella di Dio che ci ha amati lui per primo e continua a farlo. Su questa possiamo contare con sicurezza.

Cari fratelli e care sorelle, siamo ormai verso la fine di un anno con il Signore. Fra due settimane inizierà un nuovo anno liturgico con il tempo dell’avvento. Cogliamo in queste parole di Gesù una indicazione preziosa, perché non continuiamo a fondare la nostra vita su ciò che non dura e illude, ma sappiamo invece volgerci a quella promessa di vita nuova che presto sorgerà, e che il Vangelo ci testimonia è stata mantenuta e continua ad esserlo, portando salvezza e gioia piena all’umanità intera. Ci sazieremo della vita che il Signore ci fa fare, piena di senso perché vissuta con generosità e protesa verso gli altri, senza ansie di dominio e di possesso.

 
Preghiere

Donaci o Signore la sapienza di vivere senza ansia di dominare le cose e le persone e con piena fiducia nel tuo amore che non tradisce,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio Padre misericordioso i nostri sforzi di essere tuoi discepoli fedeli, ascoltatori della Parola e docili esecutori dei tuoi comandi,

Noi ti preghiamo


Perdona la durezza dei nostri cuori o Dio, che ci fanno cercare la sicurezza in ciò che non vale e non dura. Aiutaci a far affidamento su di te per imparare la vita del vangelo che non finisce e non si consuma,

Noi ti preghiamo


Guida o Signore Gesù chi ti cerca e non sa come incontrarti; stai accanto a chi si è perduto nelle vie che non conducono a nulla. Indica a tutti la via del voler bene generoso e gratuito come il modo migliore e più appagante di vivere,

Noi ti preghiamo


Accogli o Padre del cielo tutte le vittime del disastro accaduto nelle Filippine, consola i feriti e chi ha perso tutto. Raduna i dispersi e ridona speranza e coraggio a chi deve affrontare la durezza di un futuro incerto,

Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che la sensibilità e la generosità dei tuoi discepoli soccorra chi ora è nel dolore a causa della forza distruttrice della natura. Apri i cuori di tutti noi alla compassione per chi sta male,

Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco, perché mantenga fisso lo sguardo a te nell’indicare alla Chiesa e agli uomini di buona volontà il cammino verso la salvezza,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio tutti i cristiani nel mondo, specialmente i più deboli e i perseguitati. Fa’ che il vangelo sia un sostegno per chi vive nella guerra e nella violenza, giunga presto per tutti i popoli un futuro di pace,

Noi ti preghiamo

martedì 12 novembre 2013

preghiera del 12 novembre 2013


Mc 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Marco ci racconta di questo episodio della vita di Gesù con i suoi discepoli, quando una tempesta li colse all’improvviso, mentre erano in mezzo al Lago di Tiberiade. Lo facciamo oggi, a pochissimi giorni dal terribile uragano che così tante vittime ha causato nelle Filippine. Una forte tempesta che ha spazzato intere città e inghiottito le vite di così tanti innocenti. Le onde sovrastavano la barca dove Gesù si trovava con i discepoli.

Davanti a questo pericolo i discepoli sono terrorizzati e aggrediscono Gesù, dicendo: “non t'importa che siamo perduti?” c’è in quell’esclamazione un’accusa al Signore. Accusa di indifferenza, freddezza nei loro confronti, distanza dai drammi che stanno vivendo. A volte è anche il nostro atteggiamento: davanti alle tempeste della vita accusiamo Gesù di essere indifferente a noi. Ma l’assurdità di quell’accusa è resa ancora più evidente dal fatto che Gesù è lì su quella barca con loro! Cioè egli è talmente vicino a loro che ne condivide la stessa situazione di pericolo. Gesù non è indifferente ai drammi degli uomini, tanto che è sceso dai cieli per assumere la stessa carne soggetta al dolore, alla fame, alla sete e ad ogni tipo di sofferenza. Gesù è nella stessa nostra barca, affronta con noi le stesse tempeste, ma la differenza è che lui non strepita e non accusa, ma si affida alla forza della preghiera. Nel brano parallelo di Matteo si dice che “si alzò” sulla barca. Nonostante la tempesta Gesù riesce a stare in piedi nell’atteggiamento della preghiera. Anche noi possiamo alzarci, senza stare a recriminare e a maledire, per rivolgere con fiducia la nostra preghiera a Dio.

La parola di Gesù calma la tempesta. Basta affidarsi alla sua parola perché la tempesta perda il suo potere di schiacciare e annientare gli uomini.

Anche noi allora questa sera difronte al dolore e alla morte che hanno sconvolto un Paese a noi geograficamente lontano, ma che sentiamo stasera così vicino proprio per la sua sofferenza, ci alziamo nell’atteggiamento della preghiera, fiduciosi nella parola che toglie la paura perché dona speranza e certezza nella misericordia di Dio.

Preghiamo per le vittime dell’uragano, per quanti sono morti, per chi è ferito, disperso, isolato. Per i più deboli, i bambini e gli anziani, per chi ha perso i cari. Signore calma la tempesta dei cuori, dona salvezza e fa che si rialzi chi oggi è prostrato e abbattuto nel dolore.

sabato 9 novembre 2013

XXXII domenica del tempoordinario - 10 novembre 2013


 
Dal secondo libro dei Maccabei 7, 1-2. 9-14

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». E il secondo, giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». 

 

Salmo 16 - Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. 


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2, 16 - 3, 5

Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno. Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 20, 27-38

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura il racconto di un tragico episodio di persecuzione di alcuni ebrei ad opera del pagano re di Siria Antioco. Siamo nel secondo secolo avanti Cristo, quando la potenza dominante della regione, la Siria, conquistò il controllo della regione dove vivevano gli Ebrei e cercò di assimilare quel popolo rendendolo come tutti gli altri della regione. Come sappiamo ciò che rendeva Israele diverso da tutti gli altri popolo pagani del tempo era la loro fede in un Dio unico, creatore e Signore della storia, padre degli uomini e loro salvatore e protettore. Che ogni popolo e gruppo avesse i propri idoli e li adorasse con culti propri non dava fastidio, anzi essi si mescolavano arricchendo una religione affollata di divinità e riti  multiformi. Ma quel Dio unico, che pretendeva che non ci fosse nessun altro dio, che rendeva relativo ogni altro potere e rivendicava la capacità di essere l’unico a poter salvare gli uomini non era tollerabile.

In realtà queste caratteristiche del Dio degli ebrei e Dio dei cristiani hanno continuato ad essere un segno di contraddizione in tutti i tempi, fino ad oggi, ed un elemento che oltre a caratterizzare le due fedi unite nella radice abramitica le rende così inconciliabili con le culture mondane di ogni tempo. In ogni epoca infatti ci sono stati tentativi da parte di diversi “poteri”, fossero ideologie, modelli culturali o forze politiche, re e signori, che hanno rivendicato di essere loro la vera origine della salvezza e della felicità dell’uomo. Infatti essi non combattevano tanto le espressioni esteriori della religiosità, ma quella fede nel  Dio unico e misericordioso che le metteva in discussione, perché faceva riporre in un altro la fiducia e la speranza per il proprio destino.

Pensiamo, in epoca più recente, alla forza del pensiero scientifico che voleva sradicare la presenza di Dio semplicemente per il fatto che non si tocca e voleva affidare alla conoscenza e al dominio sui fenomeni naturali la vora felicità dell’uomo. Oppure pensiamo alle ideologie totalitarie che si prefiggevano di realizzare il “paradiso in terra” creando invece un inferno in cui l’uomo era prigioniero, chiusa ogni apertura verso il cielo e verso un oltre la mera esperienza quotidiana. Ma ancora oggi, in modo forse più subdolo, la cultura dei consumi, che si fonda sulla globalizzazione del mercato, rivendica a sé la capacità esclusiva di realizzare la felicità dell’uomo. Lo vediamo nei modelli di vita e nei comportamenti che ci si propongono come accattivanti e di successo. È una cultura materiale che attribuisce la felicità dell’uomo al possesso di beni e alla conseguente capacità di controllare gli altri, di dominarli e di non essere sottomessi a nessuno. Questa cultura non vieta la fede, purché non gli si dia il potere di essere la prospettiva a cui affidare la propria salvezza.

Le risposte di quei sette fratelli Maccabei, torturati e minacciati di morte e poi uccisi, ci sembrano un po’ ingenue. Essi dicono, in sostanza, che sì il potere del re li può far soffrire e persino strappare la vita materiale, può dominare la loro esistenza contemporanea, ma non può né dargli, né togliergli la fiducia in una salvezza che viene da Dio. Egli infatti, per quegli ebrei, li aveva amati fin dall’origine, creando l’uomo, donandogli la vita, offrendogli la sua amicizia di Padre fedele e assicurando che mai li avrebbe abbandonati, sia in vita che in morte. Questa è la prospettiva che permette loro di non perdere, tra le minacce di morte, la fiducia in Dio e una speranza incrollabile che la loro vita spesa nella fedeltà a Dio non si sarebbe perduta, ma avrebbe continuato ad essere da lui amata e protetta. Essi dicono: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati »

Cari fratelli e care sorelle, noi, grazie a Dio, non siamo certo minacciati di morte, come i Maccabei, eppure la cultura materiale e dei consumi ci vuole strappare dalle mani di Dio perché noi affidiamo invece la nostra speranza e la nostra fiducia ad essa. Non contesta le forme di religiosità esteriori, purché esse non pretendano di avere l’ultima parola sul destino dell’uomo e affermare che la sua salvezza è in quel patto di fedeltà che Dio ha stretto con l’uomo, l’unica certezza che può renderlo felice e dargli una speranza certa e che non va mai delusa. Eppure quanto è facile che noi cediamo con arrendevolezza alle lusinghe di una cultura che vuole farci credere che quello che conta è quanto possediamo, quanto dominiamo sulle situazioni e sulle persone, avendone il controllo senza dipendere da niente e nessuno. È questa la grande illusione di divenire Dio a noi stessi, senza legami di responsabilità, di sottomissione, di servizio, che ci rendano dipendenti da altri e da Dio, e  voler bene è il primo modo per dire che dipendiamo da qualcuno. Cedere a queste lusinghe ci rende infelici. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno dei tanti che purtroppo, in un recente passato, in seguito all’inasprirsi della crisi economica e al fallimento delle loro imprese e speranze di benessere si sono tolti la vita. Senza quella prospettiva di successo economico a cui si erano affidati la vita non aveva più senso, né la famiglia o altri rapporti, né la possibilità stessa di costruirsi un futuro, magari più modesto. Ma senza giungere a questi epiloghi tragici, quanti uomini si rovinano la vita perché si ritengono falliti e infelici perché non riescono a realizzare i loro modelli di successo, o perché devono dipendere da altri a causa della debolezza fisica, ecc… È un vero e proprio destino di morte a cui tanti si legano accettando la schiavitù di idoli che promettono salvezza e ingannano.

Come restare allora fedeli al patto di amore con Dio che ci salva da questo destino di morte?

L’Apostolo Paolo scrive ai Tessalonicesi “Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza”, cioè la speranza e la grazia di affidarvisi non sono una nostra capacità innata, ma il frutto di un amore che Dio per primo ci ha rivolto. Se lo accettiamo e ce ne rendiamo conto, sapremo esserne grati e capaci di affidarci ad esso. Infatti Paolo prosegue: “La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.” La fede non ci viene dal latte materno, non è un dato culturale o sociale, non è scontata, ma nasce dalla constatazione della fedeltà di Dio, dei segni del suo amore che ci confermano nel poter essere anche noi liberi dalle schiavitù della cultura materiale e capaci, come lui, di voler bene.

Anche Gesù a quei sadducei che gli pongono problemi capziosi circa il caso di chi deve dominare su chi e come si devono regolare i rapporti sociali, risponde ribaltando il piano del ragionamento: ciò che conta veramente non è far tornare i conti del dare e dell’avere dei rapporti, ma viverli con la libertà dell’amore che ci deriva dalla coscienza di essere sempre in debito verso Dio e verso gli altri, di amore, di considerazione, di aiuto, poi tutto il resto si aggiusta. La prospettiva a cui guardare tutte le cose della vita è per Gesù quella della resurrezione: “poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”. Anche noi, fratelli e sorelle, riconosciamo nella nostra storia e in quella del mondo i segni di una protezione dal Maligno che opera purtroppo ancora con grande forza, impariamo dalla fedeltà di Dio che non si dimentica di nessuno e non tradisce la speranza dei suoi figli e saremo resi figli della resurrezione, cioè capaci di vivere senza fidare in noi stessi e nella forza del mondo, ma in un Dio che ci restituisce la vita accresciuta e rafforzata, prima e dopo la morte.

Preghiere

O Dio che sei fedele al tuo patto stretto con gli uomini, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine i segni del tuo amore,

Noi ti preghiamo


Rendici, o Signore, figli della resurrezione e non della cultura del consumismo e del dominio sugli altri. Fa’ che affidiamo a te la nostra vita per riceverla rafforzata e resa eterna,

Noi ti preghiamo


Ascolta o Signore l’invocazione di chi ti cerca. Mostrati misericordioso e benigno a chi desidera affidare a te il proprio destino e fa’ che sappiamo anche noi restarti fedeli,

Noi ti preghiamo

 
Non guardare o Dio ai segni del nostro poco amore, ma alla speranza che poniamo nella tua misericordia. Sii benevolo con chi ha fiducia nel tuo perdono,

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi chi ti cerca, o Dio; accompagnalo col tuo amore perché trovi la forza di riconoscerti Signore e re della propria vita,

Noi ti preghiamo

Proteggi o Padre buono chi è debole e povero. Guarisci i malati e salva tutti i bisognosi di consolazione  e aiuto,

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque diffusi. Raduna la famiglia umana nell’ovile dei tuoi discepoli perché nessun odio e guerra la divida

Noi ti preghiamo


Salva o Dio chi è morto confidando in te, raccogli i dispersi che non hanno saputo o potuto cercarti sulle vie della vita, radunali nel tuo amore misericordioso nella casa dove hai preparato un posto per ciascuno,

Noi ti preghiamo

domenica 3 novembre 2013

XXXI domenica del tempo ordinario - 3 novembre 2013


 
Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.

 Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. 

 Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,11 - 2,2

Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. 

 Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Alleluia, alleluia alleluia.
  
Dal vangelo secondo Luca 19, 1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo oggi ci presenta Gesù che entra nella città per attraversarla. Il Signore infatti non è estraneo alla vita del mondo, come alcuni pensano, non resta fuori dalle vicende anche umili del vivere quotidiano, ma anzi, vi vuole entrare per trasformarle dal di dentro. Ed ecco che vediamo una folla radunarsi attorno a lui. Sono tanti i curiosi che cercano di vederlo, perché la sua fama era molta e si sapeva che compiva miracoli e gesti portentosi. Ma proprio per questo suo accalcarsi, la folla impediva di incontrare Gesù. Fra quei numerosi curiosi c’è però qualcuno che non è mosso solo da una curiosità superficiale per un po’ di sensazionalismo, ma desidera veramente vedere Gesù. Il suo desiderio, dice il Vangelo, era di “vedere chi era Gesù”. In quella espressione del Vangelo c’è il significato di andare oltre gli stereotipi o quello che è scontato per entrare in un rapporto personale e diretto. Questo deve essere anche il nostro interesse, cioè di voler conoscere chi è veramente Gesù, da vicino, senza dare per scontato che lo sappiamo già e lo conosciamo già, senza la curiosità furba di chi vuol metterlo alla prova, come per dire, vediamo se questa volta mi convinci.

Tante sono infatti le idee che si affollano nella nostra testa o le opinioni e le precomprensioni, ma tutto ciò non fa altro che rendere ancora più difficile entrare in contatto reale con Gesù, come una folla che lo circonda e lo nasconde.

Questo spinge Zaccheo a compiere un gesto fuori dal comune: si arrampica su un albero per vedere. Sì, per vedere il Signore c’è bisogno di salire su un albero che per noi è il Vangelo. Non le idee scontate, i pregiudizi, ma il Vangelo ci permette di uscire dalla confusione inconcludente per arrivare ad avere un rapporto diretto con Gesù.

Forse ci può sembrare inutile, come un gesto a cui non siamo abituati, ma proviamo a leggere o ad ascoltare con attenzione il Vangelo e vedremo che ci troveremo come innalzati al di sopra della confusione di parole vuote e idee scontate che non portano a niente.

Lì, da quel luogo elevato incontriamo Gesù veramente, cosa che il racconto evangelico rappresenta con l’incontro degli sguardi di Gesù e Zaccheo. In quell’incrociarsi degli occhi sta il miracolo di un incontro personale. C’è bisogno cioè che io senta che il Vangelo che ascolto punta il suo sguardo proprio verso di me e che anche i miei occhi vengano attratti da quelle parole. In quello scambio fra Dio che mi osserva attraverso le sue parole che mi descrivono e mi conoscono ed io che mi arrampico sulle sue parole per scorgerlo in mezzo alla folla si realizza l’incontro, non banale, non scontato, ma vero.

Quando ciò avviene niente è più come prima. Gesù si ferma, la folla scompare e inizia il dialogo fra Gesù e Zaccheo che cambia tutta la sua vita.

Egli infatti era un pubblicano, cioè un uomo disprezzato, e la folla lo sottolinea scandalizzata, come per voler confermare la sua parte peggiore. Le idee che si affollano nella nostra mente come una folla infatti spesso sono funzionali a confermarci che siamo fatti in un certo modo e a dire che niente può cambiare. Ma Gesù fa scomparire la folla e si ferma con ciascuno di noi a parlare e a dimostrare con la sua stessa presenza che valiamo molto di più, che proprio per noi è venuto, che quel suo entrare in Gerico, nella città, aveva come scopo proprio vedere te e parlare a te.

Ed infatti l’incontro fa emergere il meglio di Zaccheo: la sua ospitalità, la disponibilità a cambiare, l’onestà di ammettere la propria condotta ingiusta, il desiderio di riparare il male compiuto, la generosità, ecc…

Tutto ciò avviene ogniqualvolta si realizza l’incontro con Gesù, e non importa essere giusti e irreprensibili, perché Gesù ci cerca così come siamo per trasformare la nostra vita e far emergere il meglio di noi.

Cari fratelli e care sorelle, la messa della domenica è il momento privilegiato perché questo incontro si realizzi. Lasciamo fuori dalla chiesa la folla di preoccupazioni, idee e pregiudizi che ci impediscono di incrociare lo sguardo di Gesù. Qui dentro è come se ciascuno sia invitato a salire sul ramo di un albero grande che è il Vangelo, per ciascuno qui c’è il posto da cui osservare Gesù e farsi da lui osservare senza nascondersi.

Da qui ci è data la possibilità di uscire migliori, perché Gesù elimina tante scorie del nostro vivere e cerca di far brillare il meglio che c’è in noi. Lasciamoci allora prendere dal desiderio di Zaccheo di conoscere veramente chi è Gesù, di toccarne il cuore, di saggiarne la profondità e la bontà; affrontiamo volentieri la fatica di non restare a terra, cioè al livello banale del già conosciuto e dello scontato, per giungere in alto. Ogni domenica ci stupiremo del nostro saper essere più generosi, più umili e disponibili a cambiare. Così apriamo la porta alla salvezza che Gesù è venuto a portare, che consiste nello stringere un rapporto di fiducia con lui, nel lasciarci da lui cambiare il cuore e la vita.

Preghiere

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché entri nelle nostre vite e non ti scandalizzi della loro pochezza. Fa’ che ti accogliamo sempre con gioia e disponibilità a cambiare,

Noi ti preghiamo


Aiutaci o Signore a salire sull’albero del Vangelo per conoscere chi sei veramente. Liberaci il cuore e la mente da ogni idea banale e scontata che ci allontana da te,

Noi ti preghiamo

Posa il tuo Sguardo o Signore Gesù sulle nostre vite e cambiale dal di dentro, perché siamo purificati da ogni peccato e lavati da ogni colpa, e possiamo così seguirti come discepoli fedeli,

Noi ti preghiamo


Insegnaci o Padre misericordioso a guardare con amore e senza malizia al fratello e alla sorella, per cogliere in essi la parte migliore e riconoscere il figlio che tu hai amato fino alla fine,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre del cielo i tuoi figli più piccoli, i poveri, i soli, i disperati, chi è senza consolazione. Aiutali a incontrarti come il vero liberatore dal male,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio tutti quelli che lavorano perché il Vangelo sia conosciuto e vissuto. Proteggili da ogni male e sostienili col tuo amore,

Noi ti preghiamo.


Fa’ o Signore che la tua Chiesa nel mondo sia ovunque segno di riconciliazione fra gli uomini e invito a vivere la pace vera. Dona a ciascuno dei tuoi discepoli il coraggio dell’amore e l’audacia del perdono,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio il papa Francesco che guida gli uomini di buona volontà sulla via della pace. Donagli salute e forza per condurre il tuo gregge nel pascolo del Vangelo,

Noi ti preghiamo