giovedì 26 dicembre 2013

Festa della Santa Famiglia - 29 dicembre 2013


 

 

Dal libro di Siracide 3, 3-7.14-17

Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati e li eviterà  e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. Chi onora sua madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Sii indulgente, anche se perde il senno,  e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore. L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa.

 

Salmo 127 - Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto +
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita! 


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3, 12-21

Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino. 

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 2, 13-15. 19-23

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia odierna, dedicata alla Famiglia di Gesù, ci propone quest’anno di porre la nostra attenzione sulla figura di Giuseppe. Egli è un uomo definito dal Vangelo “giusto”, poiché, quando scoprì che sua moglie era in cinta, non la espose al rischio della condanna per adulterio, ma cercò un modo per allontanarla senza fare scalpore. La famiglia di Gesù muove i suoi primi passi, ancor prima del matrimonio, in una situazione di grande incertezza. Infatti la giustizia di Giuseppe non è sufficiente a evitare che lui, pur senza voler fare del male a nessuno, cercasse di allontanare da sé Gesù, già presente nel seno di Maria. Questo fatto, paradossale ma reale, ci fa vedere fin dall’inizio come la famiglia nella quale Gesù crebbe, con accanto la presenza amorevole di Maria e Giuseppe, ed ogni famiglia che vuole avere Gesù al suo interno, non può bastare che sia fondata sull’onestà, la correttezza nei rapporti, non è sufficiente che il marito e la moglie non vogliano farsi del male l’uno all’altro. Giuseppe accetta di prendere Gesù con sé, di accoglierlo e proteggerlo perché ascolta l’angelo che gli si presenta in sogno, cambiando la sua visione delle cose.

Nel Vangelo non è riportata nessuna parola di Giuseppe, egli infatti è uomo dell’ascolto che si fa decisione e azione. Infatti ancora una volta nel Vangelo di oggi ci viene presentato Giuseppe che riceve sempre in sogno la visione dell’angelo che gli dice di prendere Gesù e di portarlo lontano dal pericolo di Erode che voleva ucciderlo, poi di nuovo l’angelo lo avverte in sogno di tornare a casa perché il pericolo è cessato ed infine sempre un angelo in sogno gli indica il luogo in cui stabilirsi in modo definitivo: Nazareth.

L’Evangelista Matteo sottolinea come tutte queste indicazioni sono motivate dal fatto che così si sarebbe realizzata la Parola di Dio che aveva già parlato del Signore Gesù.

Giuseppe dunque viene descritto come l’uomo dei sogni, cioè capace di guardare alla realtà andando al di là dell’apparenza più evidente e scontata, quella materialità superficiale ed evidente a cui tante volte l’uomo è portato a limitarsi, per cercare di scorgere invece la realtà più profonda delle situazioni e delle vicende della vita, quel sogno di Dio che cerca di dirigere la nostra vita secondo un progetto di bene. In questa realtà profonda Giuseppe incontra l’angelo, cioè colui che esprime la voce di Dio, che lo mette a parte dei suoi disegni che spesso si discostano dai sentieri ordinari nei quali la vita sembra destinata a scorrere. Infine Giuseppe esegue questa Parola, cioè la tramuta in decisioni ed azioni, facendo sì che essa si realizzi concretamente.

Per questo nel Vangelo non c’è bisogno che Giuseppe parli, non ha importanza che egli esprima col suo discorso il suo volere, perché egli invece ha il compito ben superiore di fare spazio a Dio cha parla e a realizzare il suo volere, non il proprio. Per questo Giuseppe ci sembra un personaggio minore, con una personalità che non emerge, pallido ed evanescente, che non si impone e non esprime la sua volontà. Al contrario la sua volontà è decisiva, ed è quella che permette a Gesù di sopravvivere alla minaccia di morte, perché è volontà di aderire al progetto di Dio.

Anche Maria, come già abbiamo notato altre volte, sembra una figura remissiva e priva di volontà propria, perché si adegua al volere di Dio, senza imporre il proprio.

Ma è proprio per questo che oggi essi ci sono offerti, in questa festa della Famiglia di Gesù, come modello esemplare per tutte le famiglie. È il loro accogliere e fare propria la volontà di Dio, senza scegliere per un protagonismo esibizionista di sé, che permette loro di avere sempre al centro della propria vita Gesù, anche se per loro non è sempre facile: andranno incontro a incomprensioni e forse delusioni, rispetto all’itinerario che avevano immaginato e sperato per la propria famiglia, ma non importa, quello che interessa loro è che si realizzi non la loro, ma la volontà di Dio.

L’Apostolo Paolo mette in luce in quale modo questa volontà si può realizzare concretamente nell’ambiente familiare. Quando egli dice: “Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” ci propone un modello di famiglia in cui ciascun membro considera il bene dell’altro superiore al proprio interesse individuale. Ciascuno deve sentire la responsabilità di essere utile alla realizzazione del bene degli altri, prima e al posto di cercare la propria realizzazione. Ciascuno prima di poter rivendicare diritti deve farsi carico del dovere primario e superiore di voler bene agli altri. Questo consente, anche negli inevitabili momenti di difficoltà nei rapporti, di seguire il comando dell’amore che Gesù per primo ha vissuto, anteponendo il nostro bene a quello suo personale.

A qualcuno questo può sembrare remissività o mancanza di personalità, ma io credo che la nostra migliore personalità la esprimiamo quando cerchiamo di modellarci sull’esempio della persona di Gesù, senza far emergere incontrollati gli istinti e la naturalezza di comportamenti e atteggiamenti che sono dettati dal caso o dalle abitudini. Meglio, come Giuseppe e Maria, farsi umili ascoltatori di una Parola che indica un cammino diverso, magari non comprendendo tutto e subito, come avvenne spesso a loro due, ma fidandosi che nel sogno di una vita più umana con il quale Dio ci parla si nasconde il segreto della propria e dell’altrui felicità.

 
 
 
 
Preghiere
O Signore, fa sognare anche noi, come Giuseppe, una realtà più vera e più bella di quella che già conosciamo, perché cercando la sua realizzazione viviamo sempre in tua compagnia,
Noi ti preghiamo
 
O Dio che mandi a Giuseppe l’angelo che lo guida e lo consiglia, fatti presente anche a noi con la tua Parola che ci indica la via sulla quale incontrarti,
Noi ti preghiamo
 Con Giuseppe e Maria o Dio tu ci vuoi mostrare un modello di famiglia nella quale al centro c’è Gesù. Aiutaci a vivere anche noi così, senza perdere mai di vista la priorità di cercare la tua volontà,
Noi ti preghiamo
Sostieni e illumina o Signore Gesù i passi di quanti soffrono per le incomprensioni e i dissidi familiari. Dona la tua pace a chi oggi è in conflitto e il tuo perdono a chi compie il male,
Noi ti preghiamo
Proteggi o Padre la tua Chiesa ovunque diffusa, perché sia famiglia di chi non ha famiglia, guida dei deboli e dei disorientati, amica di chi è nelle difficoltà,
Noi ti preghiamo
Sostieni i passi di chi nel mondo costruisce la famiglia dei discepoli, radunando in unità quanti desiderano imitarti e servirti. Proteggi gli sforzi di coloro che annunciano il Vangelo e testimoniano il tuo amore,
Noi ti preghiamo.
Ti ringraziamo o Padre del dono di un papa buono e umile, che ci indica la strada del Vangelo con le sue parole e i suoi gesti. Fa’ che ottenga la conversione dei cuori di coloro ai quali annuncia la tua Parola,
Noi ti preghiamo
Raduna in unità o Dio la tua famiglia divisa. Per le Chiese e le comunità cristiane che ti invocano, perché trovino presto la comunione di quelli che si riconoscono figli dell’unico Dio,
Noi ti preghiamo
 
 
 



Natale del Signore Gesù - 25 dicembre 2013


 


Dal libro del profeta Isaia 52,7-10

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

 

Salmo 97 - Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.


Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.


Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!


Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

 

Dalla lettera agli Ebrei 1,1-6

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Un giorno santo è spuntato per noi:
venite tutti ad adorare il Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 1,1-18

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, questa notte il buio del mondo è stato squarciato da un fascio di luce che ha radunato i pastori che vegliavano le loro greggi. Nel cielo senza stelle gli angeli hanno indicato da dove veniva quella luce che indicava una prospettiva e una speranza a quegli uomini oppressi dall’oscurità. I pastori, ci dice il Vangelo, alla vista di quel chiarore e dell’angelo furono presi da timore, perché al buio si fa facilmente l’abitudine e si finisce per amarlo. Anche noi troppo spesso ci siamo abituati ad un modo di vivere al buio, dove il volto dell’altro è irriconoscibili e rende ciascuno un’ombra da cui difendersi e di cui diffidare. È la condizione normale del mondo di oggi, dove ciascuno è lontano dal fratello e dalla sorella, diviso da montagne di ostilità e vallate di paure.

D’altronde anche nel buio ciascuno di noi trova il modo per farsi un po’ di luce: qualche soddisfazione passeggera, l’esaltazione di un momento di successo, la prospettiva di un po’ di benessere. Ma, ci dice Giovanni, quella notte “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” Sì, abbiamo bisogno non di un lampo passeggero che illumina e poi svanisce, ma della luce vera, che non passa e non si spegne. E’ il Signore Gesù che nasce, e la sua Parola resta fra di noi e nasce ogni volta che viene proclamata e annunciata e porta la luce e il calore che dissipa il buio e scalda i cuori in modo duraturo.

Ma, come dicevo, spesso noi siamo abituati al buio e ci sembra di starci più comodi. Ci siamo adattati ad esso e una luce troppo forte abbaglia gli occhi miopi di gente che vuol vedere solo vicino. E’ il rifiuto della novità, di guardare con luce nuova il volto di chi ci sta accanto, di gettare lo sguardo sull’orizzonte largo di un mondo che preferiamo ignorare.

Nel buio, si sa, i confini delle cose sono meno definiti, i contrasti si attutiscono e ciascuno può costruirsi la realtà, poco visibile, un po’ come gli fa più comodo.

I rapporti, le domande, le decisioni sono un po’ tutte modellate sulle nostre esigenze, tanto nessuno può avere da ridire. Il Vangelo invece getta un fascio di luce e rende i contorni della realtà nitidi: le persone sono persone e non sagome indefinite, i loro bisogni emergono nella loro concretezza e non sono solo generici stati d’animo, le nostre azioni risaltano nella loro cruda realtà, senza ombre a nasconderne i tratti meno nobili. Per questo la luce non ci piace. Il vangelo infatti nella sua concretezza e verità mette a nudo la nostra umanità con i suoi aspetti meno piacevoli, le durezze e i compromessi.

La nascita di Gesù dunque ci pone davanti alla necessità di scegliere: o andare come i pastori verso di lui, senza aver paura che la luce della sua Parola illumini la nostra vita, o restarcene ciascuno a casa propria e restare nella penombra di una vita giocata tutta fra sé e sé. Giovanni infatti dice: “Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.” Non è scontato accettare che a Natale anche per me nasce una domanda, una parola nuova che mi chiede di guadare con occhi nuovi al mondo e di lavorare perché sia migliore. Abbiamo mille modi per giustificare il nostro rifiuto: a Natale si è molto occupati da tanti impegni, si è occupati dai regali e concentrati sulle tradizioni da rispettare, e guai a spostare l’attenzione su qualcosa di nuovo che chiede che anche tu rinasca.

E finito il Natale, come una ubriacatura passeggera, torniamo a brancolare nel buio della vita ordinaria, a procedere a tastoni, a urtarci e farci male l’un l’altro, a non riconoscere il volto del vicino, anzi ad averne paura.

Ma oggi, Natale del Signore, la luce rischiara l’orizzonte nel quale possiamo guardare con uno sguardo nuovo, lo sguardo di un bambino.

Sì, Dio ha scelto di nascere come un bambino, ma, cosa ancora più stupefacente, anche una volta cresciuto, si è sempre mostrato col volto umile, mite del piccolo e del servo, mai arrogante e violento, ingenuamente pronto a fidarsi del fratello e ad aiutare chi ha bisogno, proprio come un bambino. Il Signore Gesù ha assunto come suo modo di essere l’umanità del bambino per essere un segno di contraddizione, Sì perché il nostro mondo è fatto di gente dall’umanità invecchiata perché non crede più nella possibilità di cambiare il mondo e alla novità del Vangelo che ci chiede un modo di essere diverso, e di adulti arroganti, che fanno della loro forza fisica, economica e del loro ruolo sociale dominante la corazza con cui nascondere la propria paura. Gesù a quest’uomo e a questa donna del nostro tempo viene a portare la salvezza che consiste nel farsi intenerire dall’umanità bambina di Dio, che si fida, è ingenua, generosa, disponibile a fare il primo passo, senza malizia né rassegnazione, aperta al futuro imprevedibile che si apre innanzi a chi rischia di voler bene al prossimo. È ciò che Gesù chiederà ai suoi discepoli quando, indicandogli un bimbo che era lì con loro, disse: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.” (Mt 18,2)

Davanti alla culla del Signore bambino chiediamoci dunque se vale la pena vivere al buio, o piuttosto, una buona volta, di farsi inondare dalla luce del Vangelo e accettare di guardare sé e il mondo con gli occhi del bambino Gesù. Dice a questo proposito l’evangelista Giovanni: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.” Sì paradossalmente possiamo divenire figli di quel bimbo, della sua ingenuità fanciullesca che è fiducia in un futuro da costruire con gli altri, migliore e più umano. Per questo tradizionalmente ormai da nove anni accompagniamo la festa della Nascita del Signore con un segno concreto che ci dona un’immagine reale della visione di pace e di bene di cui gli angeli parlarono quella notte. È la cena che raccoglie quanti sono soli, non hanno casa e famiglia e per i quali vogliamo noi essere casa e famiglia. Il 3 gennaio ci raccoglieremo qui in questa chiesa e anche negli altri ambienti della parrocchia per festeggiare la nascita del Signore che porta luce e calore dove c’è ancora troppo buio e freddo.

Questo segno ci fa sperimentare che è bello vivere nella luce del Vangelo perché essa scalda e illumina i cuori, fa riconoscere nel volto dell’altro il fratello e la sorella, dona il coraggio e la fiducia per non rassegnarci al buio dell’oggi.

 

Preghiere

O Signore Gesù che sei nato nel buio della notte per portare la luce del tuo amore all’umanità, illumina anche noi, perché sappiamo seguire il tuo esempio e mettere in pratica il Vangelo.

Noi ti preghiamo

Scalda il nostro cuore o Dio perché sappiamo accogliere il tuo figlio unigenito e accettiamo di farci figli di un bambino, divenendo ingenui nell’amore e vulnerabili nella compassione per chi è povero.

Noi ti preghiamo


O Signore Gesù ti preghiamo per questo nostro mondo immerso nelle tenebre della violenza e dell’odio e oscurato da dense nubi di indifferenza e ostilità. Fa’ che la tua venuta dissipi il buio e faccia risplendere in ogni luogo la luce del Vangelo di pace e di amore. 

Noi ti preghiamo

Non guardare o Dio alla nostra tiepidezza e al poco amore, ma vieni e visita la nostra vita perché diveniamo tuoi figli e discepoli del Vangelo.

Noi ti preghiamo

 
Proteggi con amore o Signore Gesù tutti quelli che come te soffrono per il freddo della notte: guarda con amore a chi non ha casa e famiglia, a chi è solo e senza speranza, a chi è nel dolore per la malattia e la miseria.

Noi ti preghiamo

Libera o Padre onnipotente chi è prigioniero della violenza e schiavo dell’odio, perché la mano non si armi più contro il fratello e la sorella, ma impari ad aprirsi in gesti di generosità.

Noi ti preghiamo.


Ti preghiamo o Signore per tutti coloro che il 3 gennaio saranno accolti in questa tua casa per festeggiare la tua nascita. Fa’ che chi è bisognoso di sostegno e aiuto trovi sempre un fratello generoso e una sorella pronta ad aiutarlo.

Noi ti preghiamo

Benedici o Dio del cielo tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi, guida i loro passi verso la grotta di Betlemme perché tu possa nascere nella vita di ciascuno e dare calore e forza all’annuncio del Vangelo.

Noi ti preghiamo

 

 

 

Veglia di Natale - 24 dicembre 2013


 


Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre  ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

 

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.
 

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo venuti nel cuore di questa notte uscendo dal caldo delle nostre case per radunarci in questa che è un po’ la nostra seconda casa. Sì, sentiamo questo luogo familiare e non solo perché qui molti di noi vengono da molto tempo, alcuni fin dalla loro infanzia, ma soprattutto perché è un luogo in cui siamo accolti, ricordati, amati da qualcuno il cui amore fedele ci accompagna da sempre.

Ma allo stesso tempo è un luogo diverso da tutti gli altri della nostra vita, perché solo qui possiamo ascoltare una parola che non è figlia di questo mondo e ci invita ad alzare lo sguardo da noi stessi verso una visione che ci spiazza e proprio per questo, come tutte le novità, ci turba.

E’ quello che accadde ai pastori che vegliavano all’aperto, come al solito, vicino alle loro greggi. Anche loro, come noi in questa notte, erano avvolti dal buio, che era il loro normale ambiente. Anche noi spesso ci accorgiamo che c’è un buio che avvolge noi e il mondo intero. Buio che disorienta, buio che non fa vedere né capire cosa ci circonda, ma a cui siamo abituati, come i pastori. Per questo ad essi la luce che la nascita del Salvatore fece esplodere dal cielo fece una gran paura. Sì, paradossalmente, non è il buio della notte a spaventarli, ma la luce che si accende con l’annuncio dell’angelo!

In fondo lo stesso avviene anche a noi: siamo così abituati al buio del mondo e all’oscurità del suo modo di vivere che in esso ci sentiamo a nostro agio. Abbiamo preso le nostre misure, ci siamo accomodati in un angolo tranquillo, abbiamo imparato a non vedere oltre il nostro piccolo ristretto orizzonte, a renderci conto delle situazioni e a conoscere le persone a tentoni, con approssimazione e superficialità, come avviene al buio.

Ma in questa notte il Vangelo, come l’angelo ai pastori, ci annuncia che una luce è venuta a rischiarare il buio. Sì il Signore si fa presente nella nostra vita, scende nel mondo scuro e disorientato. Viene a portare una luce che illumini il nostro volto, troppo spesso rabbuiato da un senso pessimista e triste; illumina il volto del fratello, che siamo così disabituati a guardare con amore e interesse; porta la fiammata di calore della generosità gratuita che scalda il gelo della notte, apre una visione luminosa per un futuro che ridia speranza.

Ma a noi troppa luce disturba, l’abitudine al buio ce lo fa amare, e la luce del Vangelo ci suscita timore e diffidenza, anche perché troppa luce ci fa vedere così come siamo veramente, e non sempre questo ci fa piacere.

Ma l’angelo anche questa notte ci ripete: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.”

Non temere perché nella notte la luce, come la stella ai magi, ci indica una strada che porta ad un bambino. Sì, seguendo l’annuncio dell’angelo nella notte vediamo come la luce per la nostra vita viene da un bambino. Ma che può fare di importante per noi qualcuno che non è nemmeno in grado di bastare a se stesso, come un lattante?

Noi confidiamo nella forza e nel potere, siamo sicuri che chi è aggressivo e arrogante si fa strada: che affidamento possiamo fare in un bambino per uscire dal buio?

E’ il mistero del Natale: Dio per manifestarsi agli uomini ha scelto la veste fragile e indifesa del bambino, ma, cosa ancora più stupefacente, anche una volta divenuto adulto, si è sempre mostrato col volto umile, mite del piccolo e del servo, mai arrogante e violento, ingenuamente pronto a fidarsi del fratello e ad aiutare chi ha bisogno, proprio come un bambino. Il Signore Gesù ha assunto come suo modo di essere l’umanità del bambino per essere un segno di contraddizione. Sì perché il nostro mondo è fatto di gente dall’umanità invecchiata perché non crede più nella possibilità di cambiare il mondo e alla novità del Vangelo che ci chiede di essere diversi, e di adulti arroganti, che fanno della loro forza fisica, economica e del loro ruolo sociale dominante la corazza con cui nascondere la propria paura. Gesù a quest’uomo e a questa donna del nostro tempo viene a portare la salvezza che consiste nel farsi intenerire dall’umanità bambina di Dio, che si fida, è ingenua, generosa, disponibile a fare il primo passo, senza malizia né rassegnazione, aperta al futuro imprevedibile che si apre innanzi a chi rischia di voler bene al prossimo. È ciò che Gesù chiederà ai suoi discepoli quando, indicandogli un bimbo che era lì con loro, disse: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.” (Mt 18,2)

Quel bambino, dice l’evangelista Luca riprendendo la profezia di Isaia, è un “segno” per noi, cioè qualcosa di concreto e rilevante. Sì il Signore vuole nascere non come un sentimento labile e passeggero, che oggi ci commuove, ma poi svanisce; né come una convinzione, un ideale o un valore, qualcosa di astratto che si impara con l’intelligenza; piuttosto vuole essere un segno concreto e tangibile, un seme che si pianta nel nostro cuore e cresce, come un albero, porta frutti e allarga i rami per accogliere tutti quelli che non hanno dove riposare.

In questa casa noi vogliamo che la nascita del Signore lasci un segno concreto, ci doni un’immagine reale della visione di pace e di bene di cui gli angeli parlarono quella notte. È la cena che raccoglie quanti sono soli, non hanno casa e famiglia e per i quali vogliamo noi essere casa e famiglia. Il 3 gennaio ci raccoglieremo qui in questa chiesa e anche negli altri ambienti della parrocchia per festeggiare la nascita del Signore che porta luce e calore dove c’è ancora troppo buio e freddo.

Vogliamo allora cogliere questo evento come un segno che porti luce nel mondo, perché dove si fa strada la preoccupazione per gli altri e l’accoglienza a chi ha bisogno il Signore è presente e il buio e il freddo del mondo è sconfitto.
 
 
 
 
 
Preghiere
 
O Signore Gesù che nasci povero e piccolo, non sdegnarti di nascere anche nell’umile mangiatoia della nostra vita, ma vieni e illuminaci con l’ingenuità del tuo amore senza fine.
Noi ti preghiamo
O bambino Gesù illumina e scalda la nostra vita perché troppo buio è questo mondo e oscuro il futuro. Dona a tutti il coraggio di farsi amare da te e di seguirti sulla via di una vita generosa e mite,
Noi ti preghiamo
Ti ringraziamo o Padre del cielo, perché hai mandato il tuo Figlio unigenito per ricondurre a te tutta l’umanità. Fa’ che tutti si inteneriscano davanti alla debolezza di bambino con cui nel Vangelo ti presenti a noi.
Noi ti preghiamo
Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che sono soli e nel bisogno e che ci prepariamo ad accogliere in questa casa per festeggiare la tua nascita. Fa’ che con generosità e calore sappiamo essere per loro amici e fratelli nel tuo nome,
Noi ti preghiamo
 
Benedici o Padre misericordioso tutti i tuoi figli che nel mondo si radunano in questa santa notte attorno alla tua mensa e ascolano l’annuncio del Natale, perché in ogni luogo il Vangelo della natività del Cristo porti pace e misericordia, specialmente dove ora c’è odio e violenza.
Noi ti preghiamo
Dalla culla o Signore, guida e proteggi la famiglia dei tuoi discepoli che hai radunato nel mondo intero. Suscita annunciatori del Vangelo che, come gli angeli nella notte, facciano coraggio e indichino dove incontrarti a tutti quelli che ancora non ti conoscono.
Noi ti preghiamo.
 




 

 

IV domenica di Avvento - 22 dicembre 2013


 


Dal libro del profeta Isaia 7, 10-14

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

 

Salmo 23 - Viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 1, 1-7

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo-, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

 

Alleluia, alleluia alleluia.
La vergine darà alla luce un figlio:
sarà chiamato: «Dio con noi ».
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 1, 18-24

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle porte del Natale. In queste settimane ci siamo preparati a questo evento e ci siamo accorti della presenza  nella nostra vita dei segni di una certa resistenza a desiderare che nasca qualcosa di nuovo e mentre nel tempo che viviamo, attorno a noi e anche dentro di noi, tanti sono i motivi per cui invece bisogna, con ansia e con fretta, attendere la realizzazione delle visioni che i profeti, Giovanni battista e tanti altri uomini spirituali e dal cuore largo nel corso della storia hanno coltivato interpretando i segni dei tempi per il bene del mondo.

E’ quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura. Acaz era re d’Israele e gli eserciti nemici minacciavano Gerusalemme. Dice Isaia pochi passi prima di quello ceh abbiamo ascoltato,: “Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento.” Sì, il timore agita i cuori perché cresce attorno a noi un clima di ostilità e aggressività diffusa: la violenza esplode in modo incontrollato, e i rapporti umani sembrano sempre più sfilacciarsi in un clima di sorda ostilità e antipatia: il Nord contro il Sud, gli italiani contro gli immigrati, chi è precario contro chi si è sistemato, e così via. Basta a volte veramente poco, futili motivi, ad accendere la miccia che  scatena correnti di odio. Viviamo in un mondo agitato, come foglie per il vento.

Di fronte a questa situazione il profeta Isaia invita Acaz a chiedere a Dio un segno che indichi la strada per uscire da questa situazione di paura: il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, …». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò». Il timore infatti consiglia di fidarci solo di noi stessi, di far conto sulle proprie forze, e fa credere inutile o inopportuno chiedere aiuto persino a Dio. “Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».”

Nonostante la sfiducia degli uomini Dio manda un segno che è un segno di contraddizione, cioè esattamente il contrario di quello che ci aspetteremmo. Cosa può fare un bambino davanti all’esercito nemico? A cosa serve la debolezza per vincere le correnti di odio, l’ingenuità e la fragilità per fronteggiare l’arroganza violenta?

Anche Giuseppe, come abbiamo ascoltato dal Vangelo, visse una simile situazione. Trovandosi in un momento difficile, dopo la gravidanza fuori dal normale di Maria, cercava fra se e se la soluzione a questo suo dramma familiare. Voleva trovare quella con meno conseguenze, la più semplice per passare inosservati e non dovere subire le critiche o, peggio, la condanna di Maria come adultera. Ma in fondo la scelta di Giuseppe, pur onesta e pacata, senza scandali e clamore, era quella, di nuovo, come per Acaz, di lasciar fuori Dio, di escluderlo dall’orizzonte della propria vita, e di agire secondo le consuetudini o il buon senso comune. E non è questa la tentazione che viviamo costantemente anche noi? Davanti alle difficoltà, ai pericoli, o semplicemente alle scelte importanti della vita, l’atteggiamento più normale e che ci viene istintivo, anche agendo onestamente, non è forse quello di mettere da parte Dio e cercare di prendere le nostre decisioni escludendo lui e i segni che Egli ci mette innanzi per trovare la via giusta da intraprendere?

Chiediamoci onestamente: quante volte ci è capitato di decidere qualcosa di importante cercando da Dio, dal suo Vangelo le indicazioni per il nostro agire?

Ma l’angelo viene da Giuseppe e gli parla. È la Parola di Dio che viene rivolta anche da noi e ci suggerisce di non “non temere”, lo stesso incoraggiamento che aveva rivolto a Maria l’angelo Gabriele al momento dell’annuncio della sua gravidanza straordinaria: “Non temere” ed è lo stesso invito che gli angeli rivolgono ai pastori stupiti del coro notturno che li invitava ad andare verso la grotta di Betlemme: “Non abbiate timore!

Sì, c’è bisogno di trovare il coraggio per scelte buone, secondo la volontà di Dio, anche se sono controcorrente e ci sembrano pericolose, ma questo coraggio non ci viene dal diventare duri, sprezzanti del pericolo e forti per far fronte alle durezze della vita. L’agitazione del timore non lo vinciamo mettendoci al riparo dietro le corazze resistenti. La paura è dentro di noi, non la vinciamo difendendoci contro l’esterno. Il coraggio di Dio, quello vero, viene dall’ascolto dell’angelo che ci dice: “Non temere!” non aver paura degli altri, come fossero pericolosi. Non aver paura di incontrare e essere amico con i poveri, gli immigrati, i poveracci, come fossero una minaccia. Non aver paura di scoprirti con sentimenti di tenerezza, di misericordia, di pietà per gli altri, tutti, anche chi sbaglia e magari ci ha nuociuto, come se questo fosse una debolezza rischiosa.

Il segno che l’angelo invita Giuseppe ad accogliere per affrontare coraggiosamente la situazione difficile che gli si presenta è infatti qualcosa di piccolo e delicato: “il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. E’ lo stesso segno inviato ad Acaz, impaurito dagli eserciti nemici, è lo stesso segno mandato a noi, spaventati e agitati da mille preoccupazioni. Facciamo spazio dentro di noi al bambino che lo Spirito santo suscita. E’ il bambino della tenerezza per chi sta male, è il bambino che ha fiducia nel Padre buono che ci guida, è il bambino che è felice di stare con gli altri e non è diffidente e scontroso. Sì, lo Spirito vuole scendere su di noi e in questa ultima domenica di Avvento ci invita ad attendere il Natale tornando bambini, cioè a rinascere dall’alto, come Gesù esorta Nicodemo a fare, a non far vincere un senso di sé da adulto che la sa lunga, è pessimista e disilluso e che crede impossibile ogni cambiamento e bolla le grandi visioni di pace e giustizia sul mondo come delle pericolose utopie da sfatare. Se accogliamo il bambino generato dallo Spirito in noi incontreremo l’Emanuele, cioè Dio che sta con noi, è dalla nostra parte, ci guida e ci protegge. E questa è l’unica forza che ci mette al riparo da ogni paura e ci comunica il coraggio della fiducia in un futuro pieno di bene.

Preghiere
O Signore che vieni a visitare la nostra vita, ti preghiamo oggi di sconfiggere ogni nostra paura e di vincere la chiusura dei cuori. Fa’ che come bambini sappiamo stupirci di quanto amore ci dimostri venendo a vivere in mezzo a noi.
Noi ti preghiamo
O Dio Padre onnipotente, guarda con amore al nostro mondo, ancora così diviso dagli odi e segnato dalla violenza. Fa’ che la nascita del tuo Figlio unigenito porti in ogni luogo pace fra gli uomini e gloria al tuo nome.
Noi ti preghiamo
Come Giuseppe o Signore, anche noi siamo presi tante volte dal dubbio e dal timore che ci fa’ allontanare da te. Ti preghiamo, manda l’angelo della tua Parola a suggerirci la via giusta per prenderti con noi e restare sempre con te.
Noi ti preghiamo
Proteggi o Dio del cielo, tutte le vite che nascono deboli e indifese, liberale da ogni minaccia e fa’ che crescano con qualcuno accanto che si prende cura di loro con amore.
Noi ti preghiamo
Guarda con amore o Dio questa famiglia riunita nel tuo nome, perché accogliamo sempre con gioia l’invito a radunarci attorno alla tua mensa per ascoltarti e nutrirci del tuo corpo e sangue.
Noi ti preghiamo
Benedici e libera da ogni male i nostri fratelli che vivono nella guerra. Per il Centrafrica, la Siria, l’Afghanistan, e tutti i paesi nei quali infuria la violenza fratricida, manda presto o Dio la pace,
Noi ti preghiamo
Consola o Dio tutti coloro che sono nel dolore e in modo particolare proteggi la vita di chi non ha casa e soffre in questi giorni per la durezza del clima. Fa’ che trovino il calore della vicinanza dei fratelli e delle sorelle.
Noi ti preghiamo
Guida e proteggi o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, specialmente coloro che vivono nella persecuzione e nella violenza. Fa’ che la forza del Vangelo prevalga su ogni male e susciti nei cuori sentimenti di benevolenza e pace.
Noi ti preghiamo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

III domenica di Avvento - 15 dicembre 2013


 
Dal libro del profeta Isaia 35,1-6a. 8a.10

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.  Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

 

Salmo 145 - Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.


Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.


Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.  


Dalla lettera di Giacomo  5,7-10

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio.
Alleluia, alleluia alleluia.



Dal vangelo secondo Matteo 11,2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, dopo il tempo in cui le folle cercavano Giovanni sulla riva del Giordano per ascoltarlo e ricevere il battesimo, il Vangelo di oggi ce lo fa vedere prigioniero in carcere. Quell’uomo aveva ricevuto e vissuto la Parola di Dio, vestito semplicemente, senza ricercatezza ad ammorbidirne i tratti, proprio come è la Scrittura che ascoltiamo oggi. Lì nell’ambiente difficile nel deserto della Galilea aveva predicato la venuta imminente del Regno di Dio, ma ora, in carcere, sembrava che tutto ormai fosse finito, che il suo grido fosse stato messo a tacere per sempre e che quel Regno di giustizia, di pace e di amore che aveva annunciato era stato definitivamente risucchiato dal buio del carcere. Giovanni infatti fu imprigionato per la cattiveria di una donna stanca di sentire la parola severa di Giovanni che metteva sotto accusa il suo modo di vivere dissoluto, e di lì a poco sarebbe morto per il capriccio di una ragazzina. Si trovava in una situazione lontana dalla giustizia, dalla pace e dall’amore che pure lui stesso aveva detto che stavano per realizzarsi.

Non è quello che anche noi tante volte proviamo? Davanti a questo mondo, agli abissi di violenza e di crudeltà umana, o di fronte alle montagne di indifferenza per cui migliaia di innocenti, per lo più bambini, muoiono ogni giorno per la fame, le malattie, la povertà in tanti paesi del mondo, ma anche davanti al dolore che tante volte si abbatte sulle nostre spalle improvviso e pesante come si fa a credere che un regno di pace, di giustizia e di amore si sta per realizzare? Il buio ci acceca e risucchia tante volte anche lo spiraglio di speranza che la Parola di Dio ci fa intravedere. Cosa pensare?

Eppure nell’oscurità della prigionia Giovanni non si fa vincere dalla rassegnazione per la propria situazione personale. La sua vita è condannata e chiunque direbbe che ormai non ha senso per lui aspettarsi nulla di buono, il suo futuro è bloccato, eppure proprio dal carcere sente parlare delle opere compiute da Gesù e questo fa rinascere in lui la speranza. Quella notizia, anche se non lo riguarda personalmente, né risolve la difficoltà di quel momento duro del suo presente, lo riporta alla fiducia e riapre la porta del suo futuro. Al contrario noi in genere facciamo fatica a considerare una buona notizia che non riguarda noi stessi qualcosa in grado di farci uscire dalle nostre angustie del presente. Una volta Gesù espresse tutta la sua amarezza per il fatto che nonostante  i numerosi miracoli da lui compiuti città intere erano rimaste indifferenti, chiuse in un pessimismo che ancora oggi tante volte vediamo circondare e opprimere come una cappa pesante il futuro delle nostre società: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, avvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.” (Mt 11) Le sue sono parole  di condanna per quelle città  perché il loro pessimismo, indifferente al bene che vi si era realizzato, aveva come suggellato la condanna alla morte dei loro cuori. Paradossalmente, al contrario, la vita di Giovanni condannato a morte è come fatta rinascere dalla notizia dei miracoli compiuti da Gesù! E’ questa la grandezza di Giovanni cui accenna Gesù, ed anche la forza del cristiano: saper leggere con fiducia e speranza i segni di bene dell’oggi per riuscire attraverso di essi ad avere la visione di un futuro nuovo che si apre alla speranza. E’ questo lo spirito che siamo chiamati a vivere in Avvento: accogliere il vangelo che ci è annunciato come un filo che ci lega ad un futuro che ancora non vediamo chiaramente, magari lo intuiamo solo, ma che “attendiamo con perseveranza”, come dice Paolo ai Romani (Rm 8,25). L’attesa di un tempo nuovo, della visita di Dio alla nostra vita, del suo volto amico che si accosta a noi. L’attesa della fine delle guerre nel mondo, l’attesa di una buona notizia che porta luce negli angoli bui del mondo e della nostra vita.

Ma noi speriamo ancora in un futuro diverso? Non vince forse piuttosto la convinzione che ormai sappiamo come vanno le cose e niente di nuovo potrà mai realizzarsi?

Giovanni non ragiona così: nel buio del carcere sente parlare di Gesù e subito nasce in lui la speranza che il Signore sia la realizzazione dell’attesa: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro Domanda angosciata, di un uomo a un passo dalla morte, ma piena di speranza perché è la domanda di un uomo che attende, che lega la sua vita di condannato a morte, che tutti direbbero senza più valore, alla promessa di un futuro migliore, grande e bello. E’ un illuso, diremmo noi, uno che ancora non ha capito niente della vita. Eppure il Signore dice di lui che “tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”. Proprio questa sua speranza incrollabile che lo fa attendere un futuro nuovo contro ogni realismo, contro ogni razionalità, lo rende l’esempio più alto di discepolo, anzi di uomo, come dice Gesù.

Noi siamo capaci di seguirne l’esempio? Il nostro filo di speranza è allentato, perché non attendiamo più niente di nuovo, sappiamo già tutto come va e come andrà, e per questo non siamo più nemmeno in grado di accorgerci di quello che avviene attorno a noi: di chi sta male, di chi è triste, di chi ha bisogno, come anche di chi ritrova la felicità nell’incontro col Signore, nella consolazione ricevuta dai fratelli.

Cari fratelli e care sorelle, come voi sapete in questa parrocchia vivono alcuni fratelli e sorelle che non avevano un luogo in cui abitale. Possiamo dire che nelle storie di questi nostri amici possiamo vedere come l’aprirsi di un luogo accogliente ha fatto rinascere calore e speranza proprio là dove sembrava avesse ormai vinto definitivamente l’abbandono e la tristezza. Questa realtà, come tante altre di cui talvolta veniamo a conoscenza, non dovrebbe forse vincere il nostro pessimismo, e la rassegnazione? Conta di più il nostro malessere, lo scontento, l’insoddisfazione, piuttosto che l’avverarsi miracoloso di un angolo di regno di Dio proprio qui accanto a noi, a nostra portata di mano.

Fratelli e sorelle questa è la vera condanna che noi stessi ci infliggiamo. Significa infatti uccidere lo spirito d’Avvento, non essere più capaci di aspettare il bene se non per me stesso, non saper gioire della vittoria sul male che avviene sotto i nostri occhi, accanto a noi.

Il Signore si sdegna di questa freddezza e pronuncia la sua dura condanna, perché niente riesce a smuovere i macigni dai nostri cuori. Egli ci invita ad accogliere con fiducia e gioia l’invito di  Isaia: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, … Egli viene a salvarvi”, perché non rallegrarsi con Giacomo che assicura alla sua giovane e timorosa comunità: “Siate pazienti, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina… Il giudice è alle porte”. Gesù infatti non vuole che lasciamo sprecare le nostre fiacche energie, non è venuto per condannare e schiacciare la nostra debolezza. Egli sa bene come siamo fatti, ha sperimentato nella sua stessa carne la debolezza e la fatica a mantenere viva la speranza e a lavorare concretamente per un futuro migliore. Per questo risponde ai discepoli di Giovanni: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella”. E’ quello che anche noi possiamo vedere realizzato sotto i nostri occhi.

Ecco in poche, semplici parole cosa significa essere discepoli del Signore, cioè uomini e donne capaci di attendere la realizzazione della felicità promessa. Solo se sapremo gioire assieme a quei ciechi, storpi, lebbrosi, sordi, poveri, di cui parla il Signore, cioè solo riconoscendo noi stessi nella debolezza e bisogno di aiuto del fratello, sapremo trovare la guarigione che Gesù assicura a chi lo invoca. Infatti dice: “Ai poveri è annunciata la buona notizia” ma non perché Dio non parli ai ricchi, ma perché loro credono di saperla già la buona notizia, non gliene importa niente, perché non ne hanno bisogno. Loro di buone notizie credono di poterne fare a meno, perché hanno già tutto. Chi è povero no, le buone notizie le desidera e le aspetta, tendendo la sua speranza legata alla Parola di Dio che non delude mai chi vi si affida con fiducia.

Preghiere


O Signore Gesù ti preghiamo: compi ogni giorno i miracoli di amore per i quali i poveri e i piccoli ti invocano. Aiutaci a rendercene conto perché sappiamo gioirne e alimentare con essi la nostra speranza nel regno di pace e di giustizia che vieni  a realizzare.

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore per il dono di vedere attorno a noi i segni del tuo amore. Fa’ che guidàti da essi sappiamo anche noi gioire della tua benedizione che non dimentica nessuno e dona guarigione e salvezza a chi lo invoca.

Noi ti preghiamo

O Dio Padre onnipotente proteggi ogni uomo e ogni donna che vive per strada. Da’ un tetto a chi è indifeso e fratelli a chi non ha nessuno. Fa’ che il freddo del clima e dei cuori sia riscaldato dalla fiamma del tuo santo Spirito di carità.

Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore perché con la tua nascita fra di noi vuoi colmare la distanza delle nostre vite da te e dal tuo amore. Fa’ che sappiamo aspettarti liberi dall’impaccio del nostro egoismo e dalla fissazione su noi stessi. Aiutaci ad attendere con impazienza che la tua venuta realizzi un tempo di pace e di salvezza per il mondo intero.

Noi ti preghiamo


Accogli e consola, o Dio nostro Padre, la vita di tutti coloro che soffrono nella solitudine. Ti preghiamo per i malati e per gli anziani, per le vittime della guerra e delle ingiustizie, per gli immigrati e gli i zingari, per chi assieme a loro attende un tempo nuovo e lavora per la giustizia. Benedici le loro vite e proteggili.

Noi ti preghiamo

Sostieni o Signore Gesù la mano di chi opera per il bene altrui e guida i piedi di chi cerca la pace. Fa’ che ogni tuo discepolo si leghi al giogo soave del Vangelo e sappia indicare Te come la fonte di ogni gioia e la tua Parola come benedizione e salvezza della vita di ciascuno.

Noi ti preghiamo.


In questo tempo di Avvento o Padre misericordioso, aiutaci a coltivare l’attesa impaziente per la tua venuta, perché pronti ad uscire dalle nostre case sappiamo incontrarti nel freddo delle vie del mondo, piccolo e indifeso come un bambino.

Noi ti preghiamo

Fa’ che i tuoi discepoli ovunque dispersi sappiano scrutare il cielo e riconoscervi i segni di speranza da seguire per incontrarti, come i Magi che seguendo la stella giunsero a Betlemme.

Noi ti preghiamo