sabato 30 marzo 2013

Triduo pasquale - Domenica di Pasqua - 31 marzo 2013


 
Dagli Atti degli Apostoli 10, 34a. 37-43

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

 

Sal 117 - Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési 3, 1-4

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.  Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo  risorto dai morti e non muore più,

Egli ci attende in Galilea.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni  20, 1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni la narrazione di come i discepoli sono venuti a conoscenza della Resurrezione del Signore Gesù. Come sappiamo nessuno è stato testimone di quel fatto sconvolgente. Persino le guardie che erano state messe a sorveglianza della tomba non si accorsero di nulla, vinte dal sonno. Sembra quasi che ci sia una timidezza di Dio a mostrarsi risorto: in poche occasioni, solo ad alcuni. L’apostolo Pietro sottolinea questa realtà: “Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio”. Agli apostoli e alle donne viene solo fatto vedere un segno che è la tomba vuota, perché questo faccia ricordare quello che Gesù aveva già detto loro. Dio cioè non usa segni straordinari e portentosi, ma si conferma come innanzitutto il Dio della parola. È la sua parola infatti che opera prodigi ed è ad essa che Dio affida tutta la forza di comunicare il miracolo più grande che c’è, la sua resurrezione. La stessa forza egli dona alla parola di chi si fa suo testimone e non esita a proclamare che Gesù è risorto.

A volte noi ci rammarichiamo che Dio non usi mezzi più evidenti per convincere noi e il mondo intero della sua presenza efficace. Non potrebbe mostrarsi con prodigi che non lascino dubbi? Perché affidare un messaggio così importante alla debolezza della testimonianza dei discepoli di ogni tempo?

Dio sa però che l’unico modo per entrare nella vita degli uomini e trasformarli dal loro interno è la testimonianza di un fratello e di una sorella che dicano con la loro vita che il male può essere vinto, che la morte, come la tomba di Gesù, è stata svuotata dal suo potere assoluto sull’uomo. Il dolore di un uomo consolato e vinto dall’amore di un fratello che se ne fa carico con gratuità come di una croce non sua è una testimonianza di resurrezione più forte di qualunque prodigio e portento.

Per questo ai discepoli è dato solo il segno della tomba vuota che si fonda sulle parole dette da Gesù e sulla testimonianza di tutta la sua vita spesa per gli altri.

Anche a noi oggi è annunciato dal vangelo di Pasqua lo stesso segno. Ci viene dato questo segno ogni volta che incontriamo una testimonianza di quell’amore gratuito e generoso per il quale un uomo o una donna non fanno il proprio interesse, ma cercano prima il bene dell’altro, anche a costo di farsi carico di un dolore grande. Su di essi la morte non può nulla! Il peso del dolore è sollevato, come la pietra pesante della tomba.

Siamo passati attraverso i giorni della passione e morte di Gesù. Lo abbiamo contemplato umiliato e vinto sulla croce, lo abbiamo visto cedere al male che lo minacciava, non ribellarsi né rifiutare di essere colpito dalla condanna di tutti, pur di non abbandonare quelli che ha amato fino alla fine. Lo abbiamo visto lavare i piedi a chi lo stava per tradire, incrociare con affetto gli occhi di Pietro che lo aveva appena rinnegato, chiedere a Dio di cancellare la colpa di chi lo stava uccidendo: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Eppure tutta questa montagna di male non ha potuto tenere Gesù prigioniero nella tomba: egli è risorto!

Di quali altre prove abbiamo bisogno per credere che Dio ci ha amato?

Quale miracolo stupefacente può superare tali prove di un amore più forte della morte?

Giovedì santo dicevamo come il paradosso più grande è il rifiuto che opponiamo a lasciarci amare da Dio che si china per lavarci i piedi dallo sporco della vita e dalle ferite che il male ci procura: come Pietro anche noi diciamo “No, tu non mi laverai mai i piedi”, per orgoglio, paura, diffidenza.

Cediamo allora oggi a questo segno potente di vittoria sul male, lasciamoci voler bene da un Dio che non si stanca di tornare a parlarci di una forza che il mondo non conosce e non può dare, quella del suo amore che vince il male e la morte.

Come i discepoli anche noi oggi giungiamo alla soglia della tomba di Gesù: è vuota! Ma come, tanto dolore, tanta cattiveria, tanta ingiustizia non ha vinto una volta per sempre? Non è stata messa a tacere quell’unica voce che, già crocefissa, parlava di perdono e dava speranza al ladrone condannato per i suoi delitti, ma che si affidava a lui per essere salvato?

Noi, come Giovanni che giunto alla tomba scoperchiata: “Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò” siamo oggi tentati di restare sulla soglia della tomba vuota. Ci fa paura diventare testimoni di un fatto così più grande di noi, di divenire testimoni di un amore così forte che vince tutte le barriere naturali e i muri dell’impossibile. Quante volte davanti a situazioni difficili diciamo: “Non si può fare nulla” e ci lasciamo vincere dalla rassegnazione? Questo significa restare fuori dalla tomba. Pietro, invece, appena giunto alla tomba vi entra. Eppure Pietro era l’unico che aveva opposto resistenza a Gesù che voleva lavargli i piedi. Eppure Pietro è stato l’unico a rinnegarlo per tre volte. Ma Pietro dopo aver resistito ha poi sempre ceduto all’amore di Gesù e, dopo aver peccato, si è lasciato amare e perdonare dal Maestro, si è lasciato lavare e si è lasciato guardare dagli occhi pieni di misericordia di Dio. Per questo si è fatto rivestire della potenza di una parola con cui ha dato testimonianza annunciando a tanti la resurrezione di Cristo.

Anche a noi, oggi, fratelli e sorelle, riconosciamoci come Pietro bisognosi del perdono per la nostra diffidenza a credere alla forza di un amore che non cede davanti al muro dell’impossibile; lasciamoci amare da Dio con il segno più grande della sua forza: una tomba vuota, il male svuotato della sua forza che fa paura. Non chiediamo altre prove portentose, facciamoci invece toccare dalla testimonianza dei fratelli che hanno creduto prima di noi e ci hanno trasmesso la certezza che non siamo più schiavi del male e del peccato, ma liberi da ogni schiavitù siamo usciti dall’Egitto della vita di sempre per entrare con gioia nella terra in cui Dio vive con noi, ci sostiene col suo perdono e ci dona la forza di amare i fratelli, così come ha fatto lui .


Preghiere

O Signore nostro Gesù Cristo, ti rendiamo gloria perché con la tua resurrezioni hai vinto la morte e rendi chi ti resta vicino vittorioso sul male,

Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore, perché solo qui nella tua casa riceviamo l’annuncio gioioso della vita che vince la morte. Rendi anche noi uomini e donne risorti con te, aiutaci a non fuggire il male che vediamo attorno a noi, ma a vincerlo con la forza del tuo amore,

Noi ti preghiamo


Scendi o Signore Gesù negli inferni di questa terra e risolleva tutti gli uomini che sono nel dolore, perché trovino nella tua resurrezione la pace e la salvezza che attendono,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi e che in ogni parte della terra in questo giorno santo ti proclamano risorto. Fa’ che viviamo sempre in unità, come una famiglia radunata dalla tua Parola attorno all’unica mensa

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio perché tutti gli uomini che ancora non ti conoscono possano presto udire l’annuncio del Vangelo di resurrezione e, divenuti tuoi discepoli, essere rivestiti della forza del tuo amore

Noi ti preghiamo.

Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che annunciano il Vangelo della resurrezione e testimoniano la forza invincibile del tuo amore. Proteggili e sostienili nelle difficoltà, rendi la loro vita un segno di resurrezione,

Noi ti preghiamo

Salva o Dio misericordioso tutti coloro che ti invocano. In modo particolare ti preghiamo di proteggere coloro che vivono dove infuria la guerra e la violenza. Don ala tua pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo O Signore Gesù per il nostro papa Francesco. Fa’ che il suo forte annuncio di fraternità e amore coinvolga tutti gli uomini e ci conduca presto all’unità e alla fraternità universale,

Noi ti preghiamo

 

 

 

Triduo pasquale - veglia pasquale - 30 marzo 2013


 

Dal libro dell’Èsodo 14,15 - 15,1

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.  Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:

 

Es 15,1b-6.17-18 - Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

«Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.


Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!

Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome.
ha scagliato nel mare i carri del faraone e il suo esercito
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.

Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra.
La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico.

Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità,
luogo che per tua dimora, Signore, hai preparato,
santuario che le tue mani hanno fondato.
Il Signore regni in eterno e per sempre!». 

 

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani 6, 3-11

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 24,1-12

Il primo giorno della settimana, al mattino presto [ le donne ] si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano a esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, stanotte ci siamo radunati in questa casa attraversando il buio della città. Un buio non solo fisico, ma anche interiore. Venerdì, giorno in cui ricordiamo la morte del Signore Gesù, durante il rito austero e solenne dell’adorazione della croce, abbiamo ricordato il buio del male che in quel giorno tragico ha oscurato la terra. Buio dell’assenza di giustizia: che senso aveva quella morte senza motivo, Gesù non aveva compiuto reati, e Pilato lo riconosce esplicitamente, ma anche buio della disumanità, quanta cattiveria e violenza inferta sul povero corpo di Gesù, buio dell’assenza della ragione, i discepoli fuggono e abbandonano il loro Maestro pieni di una paura irrazionale. Ogni volta che il male vince viene un gran buio sulla terra. Tutto si oscura e perde il colore, diventa freddo e irriconoscibile. Quante volte ancora vediamo squarci di buio aprirsi accanto a noi, qui a Terni, quando l’ingiustizia e la cattiveria vincono e schiacciano ora l’uno, ora un altro?

Istintivamente, davanti al buio, noi ci ritraiamo: ci fa paura. Come i discepoli in quella notte buia di morte e violenza ebbero una grande paura e Pietro, ci racconta il Vangelo, cerca di scaldarsi fuori dal Sinedrio, mentre dentro si decide la morte di Gesù. Ma quel fuoco non lo scalda, anzi proprio davanti al fuoco rinnega tre volte Gesù. Sì, i focherelli che ci accendiamo a volte nella nostra vita per sfuggire allo sgomento e al freddo davanti alla forza del male non scaldano e anzi, ci lasciano freddi dentro, come Pietro dal cuore duro e congelato. Sono i fuochi delle sicurezze a cui affidiamo la nostra vita, la salute, il benessere, la tranquillità indifferente, il pensare a se stessi. Sì, come i discepoli e come Pietro anche noi davanti al buio del male ci ritraiamo spaventati e proviamo ad accendere dei fuochi, ma non scaldano né diradano il buio della notte del male e ci lasciano un freddo dentro.

Come vincere allora questo buio, come vincere la paura del male che ci fa fuggire?

A Pietro il cuore si riscalda solo quando sente il gallo cantare, perché ricorda Gesù, quello che gli aveva detto: “prima che il gallo canti tu mi rinnegherai tre volte”. Sì anche noi per riscaldarci il cuore  e per uscire dal buio abbiamo bisogno di ricordare e riascoltare le parole di Gesù, le uniche che scaldano e illuminano la nostra vita.

Anche alle donne, giunte al sepolcro per prendersi cura del copro di Gesù, l’angelo ricorda le parole che Gesù aveva loro detto, ed è quel ricordo che lo incoraggia ad andare ad annunciare ai dodici la resurrezione del Signore. Per questo anche noi abbiamo vinto la naturale pigrizia ad uscire dalle nostre case e siamo arrivati fin qui a vegliare in attesa che quelle parole di Gesù risuonino di nuovo anche per noi. Anche noi abbiamo bisogno che la nostra memoria sia risvegliata dal torpore della dimenticanza e l’annuncio della resurrezione risuoni di nuovo in noi.

Ed entrando in chiesa ci siamo accostati alla tomba di Gesù, come quelle donne che  Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro”. Il male sembra aver vinto anche su Gesù. La folla inferocita, i capi dei Giudei, Pilato, i soldati romani, tutti si sono accaniti contro di lui, per motivi diversi: invidia, paura, fastidio, persino per il divertimento di vedere uno spettacolo insolito. Sì, c’è chi mentre Gesù è già sulla croce lo prende in giro e si prende l’ultima amara soddisfazione di sbeffeggiare un morente.

Davanti ad una morte così viene spontaneo chiedersi: ma perché Gesù si è lasciato uccidere? Lui che era figlio di Dio poteva evitarlo? È quello che gli rimproverano, perché quella morte se l’è cercata. E pure Pilato gli voleva a tutti i costi offrire una scappatoia, ma Gesù la rifiuta. Pietro glielo aveva detto “Questo non ti accadrà mai” quando Gesù gli aveva rivelato cosa gli sarebbe dovuto succedere. Gesù non fugge il male che lo bracca e lo insegue. Gesù non evita la forza distruttrice del male, ma anzi vi si sottomette. Gesù non si rifiuta di farsi avvolgere dal buio livido di quella notte di violenza bestiale e cieca disumanità. Gesù sa che questo è l’unico modo per vincere il male che grava e opprime gli uomini, caricarselo sulle spalle come una croce pesante. Pietro e gli altri lo fuggono, ma ne restano schiavi. Credono di mettersi in salvo, ma restano al buio e al freddo di quella notte in cui il male è vittorioso. Gesù invece no: sembra soccombere e sicuramente il suo dolore fu forte, ma abbiamo appena ascoltato che quella che sembrava una sconfitta è stata in realtà la sua vittoria sulla morte e sul male!

Sì, Gesù è schiacciato, ma non vinto dal male, è perseguitato e offeso, ma non sconfitto, è inchiodato ad una croce, reso impotente e messo a morte, ma è risorto!

È questo, fratelli e sorelle, il messaggio che ci spinge ad attraversare il buio di questa notte in cui il mondo è immerso per venire qui in chiesa ad ascoltare di nuovo il Vangelo di Pasqua: chi si carica del male, chi non lo evita, chi non fugge via spaventato lasciando soli gli altri, non è sconfitto, ma vince il male.

Questa può essere anche la nostra esperienza. Non fuggiamo più di fronte al fratello nel dolore, non evitiamo con indifferenza la sorella minacciata e vinta dal male, facciamoci carico con compassione, cioè soffrendo insieme al sofferente, di almeno un po’ del suo dolore che ci circonda e saremo vittoriosi sul male.

Sì, la morte è stata vinta, cioè la parola definitiva di vittoria del male è stata cancellata dal vocabolario della storia.

Gesù posto nel sepolcro sembra impotente e sconfitto, ma invece, lo affermiamo nel Credo, scende negli inferni del mondo per risollevare tutti quelli che vi sono prigionieri e farli risorgere con lui. È l’esperienza di quando una volta ci siamo fermati accanto a un sofferente senza fuggire via e senza fare finta di niente: ci siamo ritrovati più forti, più vivi, ripieni della forza della resurrezione di Cristo.

Allora fratelli e sorelle, oggi usciamo da questa chiesa con una forza in più, non perché siamo diventati più coraggiosi e impavidi, ma perché abbiamo scoperto che nessun fuoco ci può scaldare dal freddo del male se non quello della compassione che ci rende partecipi del male sofferto da tanti, e proprio per questo risultiamo vittoriosi su di esso.

Preghiere

O Signore nostro Gesù Cristo, ti rendiamo gloria perché con la tua resurrezioni hai vinto la morte e rendi chi ti resta vicino vittorioso sul male,

Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore, perché solo qui nella tua casa riceviamo l’annuncio gioioso della vita che vince la morte. Rendi anche noi uomini e donne risorti con te, aiutaci a non fuggire il male che vediamo attorno a noi, ma a vincerlo con la forza del tuo amore,

Noi ti preghiamo

Scendi o Signore Gesù negli inferni di questa terra e risolleva tutti gli uomini che sono nel dolore, perché trovino nella tua resurrezione la pace e la salvezza che attendono,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi e che in ogni parte della terra in questo giorno santo ti proclamano risorto. Fa’ che viviamo sempre in unità, come una famiglia radunata dalla tua Parola attorno all’unica mensa

Noi ti preghiamo

 
Ti preghiamo o Dio perché tutti gli uomini che ancora non ti conoscono possano presto udire l’annuncio del Vangelo di resurrezione e, divenuti tuoi discepoli, essere rivestiti della forza del tuo amore

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che annunciano il Vangelo della resurrezione e testimoniano la forza invincibile del tuo amore. Proteggili e sostienili nelle difficoltà, rendi la loro vita un segno di resurrezione,

Noi ti preghiamo

Triduo pasquale - venerdì santo - 29 marzo 2013


 



Dal libro del profeta Isaia 52, 13 - 53, 12

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?

È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.


Salmo 30 - Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.

Ma io confido in te, Signore; +
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.


Dalla lettera agli Ebrei 4, 14-16; 5, 7-9

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. [ Cristo, infatti, ] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
Per questo Dio lo ha esaltato
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!


Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

Gv 18, 1-19, 42

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, ci troviamo raccolti in questa serata livida. Anche il cielo, oscurato dalle nubi, sembra partecipare di un dolore grandissimo. Il Signore Gesù è stato messo a morte in modo ingiusto e atroce.

Il racconto del suo arresto, de processo fino alla crocifissione è come un affresco affollato di persone. E come succede sempre, quando tanti sono coinvolti in un avvenimento, sembra che nessuno ne abbia la responsabilità: di chi è la colpa della morte di Gesù?

I farisei e i capi dei Giudei? No, come loro stessi affermano non hanno il potere di mettere a morte nessuno, non sono loro i responsabili.

Pilato e i romani? No, egli stesso afferma che Gesù è innocente, ma è messo alle strette e non se la sente di non consegnarlo alla folla inferocita.

La folla? La folla è mutevole, non ha volto, fa’ quello che gli dicono, non gli si può dare colpa.

Giuda? Ma egli è solo uno strumento usato da altri, anche senza di lui potevano arrestare Gesù.

Pietro e i discepoli che lo abbandonano e rinnegano? Beh, non ci fanno una bella figura, ma nemmeno si può dire che siano i responsabili della sua morte.

Gesù muore per colpa di nessuno, e questo sembra aggiungere ancora assurdità ad una morte così ingiusta e immotivata. Egli aveva beneficato tanti, parlato di pace, predicato giustizia e amore: perché ucciderlo?

Ma, fratelli e sorelle, non è così ogni volta che il male vince? Il male non ha volto, non è in un luogo preciso, non si identifica. È pervasivo: entra dentro i cuori e nemmeno ci si accorge. Di chi è la colpa dei mali di oggi? Chi è responsabile della crisi economica che tanto fa soffrire e che in questi ultimi giorni ha spinto, ad esempio, decine di persone a uccidersi?

Chi ha colpa delle guerre che insanguinano ancora così tanti paesi?

Chi è la causa delle ingiustizie ancora così gravi che caratterizzano il nostro mondo, pensiamo all’assurdità del fatto che le10 persone più ricche d’Italia possiedono quanto 3 milioni dei più poveri e che l’80% della ricchezza del mondo è in mano a l 20 % della popolazione che ne gode.

Ma la colpa, ancora, non è di nessuno. Il mondo va così, le situazioni si presentano e stabiliscono da sé.

È il paradosso e l’assurdo di questa sera.

Anche noi, fratelli e sorelle non siamo migliori né peggiori di tutta quella folla che attornia Gesù nel grande affresco della sua passione. Ci sentiamo come spettatori impotenti del male che travolge la vita di Gesù come quella di tanti altri uomini e donne dei nostri tempi, ma allo stesso tempo non ci sentiamo responsabili. Questo proprio no.

Come uscire da questa situazione assurda: il male c’è ma nessuno è responsabile e nessuno può farci nulla.

Eppure una strada per vincere il male c’è, e, paradossalmente, proprio Gesù ce la mostra. Lui che è veramente l’unico innocente non è spettatore impotente della congiura. Non si tira indietro reclamando la propria estraneità ai fatti. Il suo modo per vincere il male è farsene carico. Ci dice il profeta Isaia, parlando della figura del servo sofferente che rappresenta in modo mirabile la figura di Gesù,: “egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.” Sì, Gesù ha vinto il male facendosene carico in prima persona, anche se non era colpa sua, anche se non era un dolore suo, anche se la croce che porta non è la sua. E dal male Gesù si è lasciato schiacciare, fino alla morte, ma non è vinto. Nel Credo affermiamo come Gesù, una volta sepolto discende agli inferi. Sì, egli vuole completare la sua missione e farsi carico del peso del dolore di tutti gli inferni del mondo, di tutti gli abissi di male e di sofferenza.

Per questo Gesù non è vinto. Sì agli occhi del mondo è vinto, sulla croce e nella tomba, ma noi sappiamo che la sua vita gli è stata restituita ancora più forte, eterna e vittoriosa, nella resurrezione.

Fratelli e sorelle, questa stessa via si apre per noi. La via di vincere il male facendocene carico. Non basta mantenersi giusti, Pilato lo era; non basta tenersi alla larga dei guai, i discepoli se ne vanno subito; non basta lamentarsi, come le donne sulla via verso il Calvario; non basta sentirsi a posto, i Giudei applicavano la legge; ecc… Tutti sono schiavi della forza del male e tutti se ne fanno partecipi e collaboratori. Solo uno lo vince e non ne diviene schiavo, perché non lo evita e non lo sfugge, ma se lo fa entrare dentro, portandone il peso sulle spalle, come la croce.

Fratelli e sorelle questa è la strada che la croce indica anche a noi: possiamo vincere il male se non lo fuggiamo. Quando incontriamo un fratello o una sorella, una situazione, un luogo, in cui il male pesa e schiaccia, non fuggiamo via sentendoci onesti e non responsabili, ma entriamo dentro quelle vite, sopportiamone il peso con amore. È la “compassione”, cioè la capacità di soffrire assieme al fratello. Sì, forse ci sembrerà all’inizio di restare schiacciati da quel peso così forte, ma in realtà è il Signore a portarlo. Ci sembrerà una croce insopportabile, ma, come dice Gesù stesso, se ce la poniamo almeno un po’ anche noi sulle nostre spalle sentiremo che il peso è Gesù a portarlo e anzi ne saremo sollevati e tirati avanti con lui: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero". (Mt 11,29-30)

È questo il mistero che siamo chiamati stasera a contemplare, un mistero di una morte senza colpevoli  e di una vittima che caricandosi di una croce non sua, perché non meritata, ha vinto il male più grande, la morte.

 

 

 

Triduo pasquale - giovedì santo - 28 marzo 2013

 



Dal libro dell’Esodo 12, 1-8. 11-14

«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».

 

Salmo  - Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.


Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi 1 Cor 11, 23-26

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

 

Gloria e lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Dice il Signore: Vi do un comandamento nuovo,
amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
Gloria e lode a te, o Signore, re di eterna gloria!


Dal vangelo secondo Giovanni 13, 1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».  

 

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il libro dell’Esodo che abbiamo ascoltato nella prima lettura ci descrive come avvenne la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio del suo cammino verso la terra promessa. Anche noi abbiamo ripetuto spesso durante il tempo di Quaresima, in preparazione di questa Santa Settimana di passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, che era necessario intraprendere un cammino verso la Pasqua per non restare inermi, se non compiaciuti, nella schiavitù del male al quale spontaneamente così facilmente ci sottomettiamo per conformismo, pigrizia, abitudine.

Sì, anche noi siamo chiamati a compiere un Esodo da noi stessi, le abitudini di sempre, la normalità per giungere alla vera liberazione dal male che è la resurrezione, vittoria definitiva della vita sulla morte.

Questi ultimi giorni del nostro Esodo, giorni di passione, ci ricordano, attraverso le memorie di cui sono carichi, che per raggiungere la vita vera non si può evitare di passare attraverso la croce. Domenica scorsa dicevamo come la croce di Gesù è l’accettazione di una condanna e di un dolore non propri, non meritati, e la conseguente umiliazione accolta, fino alla morte, pur di non lasciare nessun o solo e schiacciato dal male. Ogni famiglia, ci dice il libro dell’Esodo, per fuggire dalla schiavitù dell’Egitto e giungere alla salvezza della terra promessa dovette sacrificare un agnello inerme e segnare col suo sangue lo stipite della porta di casa. Chi non aveva il sigillo di questo sangue non si salvò, e fu destinato a vedere la morte entrare e colpire il primogenito, cioè il futuro che si proiettava avanti a sé. Sì, c’è bisogno che ciascuno si lasci macchiare dal segno del sangue della croce per salvarsi, da quel segno insanguinato che libera dal male e dona la vita vera che non finisce.

Nel libro dell’Apocalisse leggiamo: “Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: "Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?" … "Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; ... Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi".

Il popolo che Gesù vuole radunare, il gregge di cui vuole essere pastore buono è composto di coloro che lavano le proprie vesti nel sangue dell’agnello, cioè di quel Cristo mite e inerme come un agnello che si è lasciato crocifiggere assumendo su di sé la condanna di colpe non sue. Da questo gesto deriva per ciascuno di noi la vicinanza a Dio, la consolazione e la liberazione da ogni male.

Ma cosa vuol dire lavare le vesti nel sangue dell’agnello? Significa entrare nelle storie di dolore dei poveri e dei disperati che grondano sangue. Dio non parla di un lavaggio attraverso il proprio sangue, cioè la purezza e salvezza di ciascuno non deriva dalla propria sofferenza, della quale tante volte ci compiacciamo, facendone motivo per accampare crediti e sentirci in diritto, davanti a Dio, di essere amati e ricompensati. No, ciò che rende candidi e immacolati è macchiarsi del dolore altrui, delle ferite sanguinanti e a volte purulente di peccato e di male incancrenito delle situazioni che appaiono disperate, di chi è inerme come un agnello ed è schiacciato dalla forza del male.

Il più delle volte invece noi crediamo che le nostre vesti restino immacolate se noi ci asteniamo dal mischiarci col dolore del mondo, con lo sporco dell’umanità dolente e contraddittoria. Gesù, lui per primo, volle sporcarsi le mani e le vesti con la sporcizia dei piedi dei suoi amici, dopo aver accettato di toccare i lebbrosi, di avvicinarsi ai malati scansati da tutti, di parlare con gli indemoniati pericolosi, con le persone poco raccomandabili, di lasciarsi lavare i piedi da una prostituta, di accettare l’invito a pranzo a casa di un poco di buono, truffatore e ladro. Quanto sporco ha toccato Gesù in tutta la sua vita! I suoi vestiti grondano immondizia e sudiciume. Addirittura si macchia con lo sporco di Giuda, al quale lava i piedi, colui che ha già in animo di tradirlo e di facilitare chi voleva toglierlo di mezzo.

Ripetendo questo gesto di Gesù abbiamo voluto anche noi cercare una purezza che non viene dal tenerci alla larga dal male ma anzi, dal comprometterci con la parte peggiore del nostro prossimo, con lo sporco delle loro vite, con le ferite che sanguinano, col dolore. Quelle parti che istintivamente rifuggiamo e che ci sembrano un motivo in più per scansarli. Gesù non evita nemmeno Giuda, anche se sa che lo tradirà, ma nemmeno cede al rifiuto di Pietro che si ritrae, per paura, vergogna, orgoglio. Gesù insite fino alla fine, fino a riuscire a lavare lo sporco di piedi affaticati e feriti dalle pietre delle strade percorse.

Sì fratelli e sorelle, anche i nostri piedi spesso sono feriti dal cammino accidentato della vita e si sporcano facilmente nel percorrere le strade della vita. Ma anche noi, spesso, preferiamo nasconderlo, fare finta di niente o, come Pietro, orgogliosamente negare di aver bisogno che Gesù ce li lavi. È questo il peccato peggiore perché, dice Gesù a Pietro: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Se non ci riconosciamo bisognosi di farci lavare le ferite e lo sporco della parte meno nobile e pubblica di noi stessi, come sono i piedi, vuol dire rifiutare di avere a che fare con lui. Il Vangelo della Passione mette a nudo questo che forse è il paradosso più tragico, e cioè il rifiuto dell’uomo di farsi amare da Dio, ed è questa la condanna peggiore che possiamo infliggerci da noi stessi.

Ma Gesù insiste, e ogni domenica torna, come in quell’ultima cena con i suoi, e si offre corpo e sangue anche a tutti noi, perché accettiamo di farci lavare da lui dal male di cui durante tutta la settimana ci sporchiamo. Non rifuggiamo come Pietro, orgogliosamente convinti che sappiamo già come fare a nascondere lo sporco, a lavarcelo da soli, a fare come sappiamo noi. Accettiamo di lasciarci lavare da colui che ci offre il suo sangue innocente, che come un agnello si lascia prendere e immolare pur di non lasciare i suoi senza pastore. In questo giovedì santo di passione continuiamo allora il nostro esodo, usciamo dall’orgoglio del nostro sentirci a posto, dalla paure del riconoscerci bisognosi di essere lavati e dalla paura di infangarci e sporcarci con le vite di chi non merita la nostra attenzione. È l’unica strada possibile per restare con Gesù, per non allontanarsi da lui e per farci condurre da lui verso la terra promessa della vita vera.

Preghiere

O Signore Gesù che ti chini sui piedi dei tuoi discepoli, insegnaci la tua umiltà

Noi ti preghiamo

O Cristo che ami i tuoi fino alla fine, aiutaci a voler bene in modo gratuito e senza condizioni

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore perché ci inviti a nutrirci del tuo corpo e sangue per ottenere la salvezza, fa’ che ci accostiamo al tuo altare con animo puro

Noi ti preghiamo

Sostienici nella nostra debolezza o Dio , fa’ che ti restiamo accanto come discepoli desiderosi di imparare da te ad amare anche chi non lo merita,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio del cielo per tutti gli uomini, perché in questi giorni di passione e morte attendano la tua resurrezione con speranza

Noi ti preghiamo


Guarisci o Signore chi è malato, sostieni chi è debole e indifeso, salva l’oppresso,

Noi ti preghiamo.

Proteggi o Dio del cielo tutti i tuoi figli ovunque dispersi, in modo particolare chi è minacciato dalla violenza e dalla guerra,

Noi ti preghiamo


Donaci o Signore il tuo amore, perché come figli affettuosi ti restiamo vicini fin sotto la croce e non fuggiamo impauriti

Noi ti preghiamo

 

 

domenica 24 marzo 2013

Domenica delle palme - 24 marzo 2013

 
 

Processione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme: dal vangelo secondo Giovanni 12,12-16

In quel tempo, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!». Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: «Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina.» I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.

 

Dal libro del profeta Isaia 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

 

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, +
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

 

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

Lc 22,14-23,56

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi ci guida fra le strade di Gerusalemme a farci compagni del Signore che entra nella città santa e da essa uscirà, di lì a pochi giorni, per essere crocefisso fuori. È l’itinerario paradossale di colui che in un primo momento è accolto dalla folla come un re, titolo che Gesù accetta come suo e che non rifiuta, anzi. Per tutta la sua vita Gesù si era proposto come un re, anzi un pastore buono che guidasse il popolo alla salvezza. Ma appena la folla che lo acclamava si rende conto di quale signoria è quella di Gesù e che tipo di re esso voglia essere ben presto lo rifiuta e lo espelle come un rifiuto, degno nemmeno di essere ucciso al suo interno.

Infatti nella folla siamo anonimi e ciascuno può essere se stesso senza timore di doversene assumere la responsabilità. Lo vediamo durante la passione: chi grida crocifiggilo? Tutta la folla, unanime e violenta nell’accusare un innocente, ma su chi cade la responsabilità? Su nessuno. Nell’anonimato della folla ci si fa comodamente trascinare dall’opinione di tutti, senza dover decidere e scegliere, basta fare come fanno tutti, e ogni difficoltà è risolta, ogni responsabilità assolta. Per questo la folla rifiuta Gesù, grida a Pilato che lo elimini, perché non vuol essere il suo gregge, dove ognuno sceglie chi seguire e dove ognuno ogni giorno vede e decide il cammino che il pastore indica. È molto più facile essere una folla anonima.

Così è anche per noi. A noi piace distinguerci, essere originali, emergere. Non ci piace sentirci aggregati in un popolo. Ci piacere decidere da noi le strade da percorrere, non seguire come pecore il gregge; ci piace seguire i nostri gusti e scegliere le nostre priorità, non farcele indicare da un altro; preferiamo essere conosciuti e stimati per ciò che ci distingue dagli altri, il tratto originale, piuttosto che per la docilità nel seguire la guida di un altro. Da qui la difficoltà a prestare attenzione alla Parola di Dio, a farla scendere dentro di noi, a restarle fedeli per tutta la settimana.

Eppure, è proprio quando gli apostoli si confondono anch’essi con la folla e si disperdono dal piccolo gregge degli amici e discepoli di Gesù, cioè durante la passione, quando si ritrovano da soli e devono fare i contri ognuno per conto suo con le sfide che la vita pone loro innanzi, è proprio allora che essi fanno emergere la parte peggiore di sé. Quando il pastore è imprigionato e il gregge viene disperso ciascuno si nasconde per conto suo, pauroso e dimentico, e tradisce l’amico che non li ha mai abbandonati. Così è anche per noi: quando ciascuno avrebbe l’occasione per mostrare quanto vale e quanto preziosi e brillanti sono i propri talenti, cioè quando siamo posti da soli davanti alle scelte della vita, è proprio allora che restiamo sgomenti e senza parole, perché non abbiamo il pastore buono a indicarci la via giusta del bene.

Dicevamo che il popolo che prima aveva accolto Gesù come un re, poi ad un tratto grida “crocifiggilo”. Perché questo cambiamento così deciso? Perché Gesù anche da re non smette di proclamare il suo Vangelo, e lo fa non esercitando il potere forte del re, ma la debolezza del pastore buono, mite e pieno di amore e di misericordia per il suo gregge. Questo è un grande scandalo per il popolo. Che se ne fa di un re debole, che si lascia umiliare, che affida alla forza dell’amore la sua signoria sulla terra? Il popolo ha bisogno di un re forte, potente della forza delle armi, arrogante del potere di schiacciare e opprimere gli altri. È questa la forza che gli uomini rispettano e desiderano. Chi rispetta il potere di amare gratuitamente e fino in fondo? Chi ammira la debolezza di chi si affida alla riconoscenza del fratello per il bene ricevuto?

Per questo la folla di Gerusalemme, e ogni folla nella storia, anche oggi, rifiuta Gesù: è un re, un pastore, una guida che non vale niente, anzi anche pericolosa, da eliminare.  

Cari fratelli e care sorelle, noi purtroppo ci siamo abituati all’immagine del crocefisso, ma esso deve restare anche per noi motivo di grande scandalo, come dice S: Paolo, perché è il vero volto di Dio, che pur di amarci fino alla fine, accetta di presentarcisi con il volto dell’umiliato, dello sconfitto, del perdente.

Diciamo: dove pensa di portarci Gesù se accettiamo lui come re? Uno che non sa nemmeno salvare se stesso dove pretende di condurci? Che ce ne facciamo di un Dio sconfitto e umiliato sulla croce, noi abbiamo bisogno di uno che ci faccia trovare la nostra strada di sicurezza e salvezza? Sono le domande della Settimana Santa, le domande dei dodici che fuggono e si disperdono, la domanda di Pietro che cerca calore ad un fuoco che non lo può scaldare e rimane freddo davanti a Gesù in tribunale e lo rinnega per tre volte.

Papa Francesco ha bene espresso questo rifiuto spontaneo che ci viene: “Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce.” (omelia della prima messa con i cardinali).

Il crocefisso ci impone una scelta: a quale vangelo, cioè a quale promessa di salvezza, vogliamo affidarci? Il mondo ha da proporci un suo vangelo più sicuro, che possiamo riassumere nell’invito beffardo e spietato che rivolgono i passanti sprezzanti al Signore crocifisso e agonizzante: “Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto”. Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. (Lc 23,35-37)

“Pensa a te stesso!” è la salvezza che il mondo propone a noi e a tutti gli uomini, “preoccupati della tua salvezza, mettiti al sicuro, evita di finire male, occupati di te stesso!” sono gli articoli di quel “vangelo” del mondo che offre la salvezza all’uomo moderno illudendolo  che ci si può salvare da sé, evitando il contagio del male e chiudendosi in un cupo individualismo egoista. Eppure sono pensieri così comuni, a cui quasi nemmeno facciamo più caso, perché si ammantano di buon senso e di realismo, e per questo tante volte, purtroppo, li facciamo anche nostri.

A questo “vangelo” del mondo Gesù però non cede, e non scende dalla croce. Non salva se stesso perché egli è venuto al mondo per salvare gli uomini: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo” affermiamo nel Credo. Al “vangelo” del mondo egli contrappone il suo Vangelo, vero annuncio di salvezza, che, all’opposto, individua la propria salvezza nell’offrire tutto se stesso agli altri. Sì, è l’amore gratuito, pacifico e mite di Dio, che tutto perdona e tutto dona e che ha vinto la morte con la risurrezione. La croce allora non è la sconfitta di Dio e dell’uomo, ma la vittoria definitiva perché ci dice che per amore si può offrire anche la cosa più preziosa che abbiamo, la vita. La croce non è la fine di una vita e di una storia, ma la manifestazione della forza del Vangelo che trasforma in profondità la storia; non è vittoria della paura e del silenzio, ma è l’annuncio gridato sui tetti delle case che l’uomo può voler bene con lo stesso amore di Dio, molto più forte della sofferenza e della morte.

L’Apostolo Paolo afferma che “ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,25): la debolezza della croce che non contrappone la forza alla forza del male, ma la mitezza e l’amore è la più grande vittoria sul mondo che sia possibile testimoniare e l’unica vera salvezza di ciascuno.

Il mistero della croce, cari fratelli e care sorelle, ci rivela pienamente la verità più profonda della nostra salvezza, e cioè che per noi cristiani la felicità passa attraverso la croce. Il mondo ci dice che per essere felici bisogna mettere da parte la croce, evitarla, perché soffrire è il contrario della gioia. Ci suggerisce di girarci dall’altra parte davanti alle sofferenze del mondo, di sfuggire il pericolo di soffrire, di tradire pur di non restare schiacciati dal male. Ma il Vangelo ci insegna invece che la vita vera, piena e felice viene attraverso il passaggio per la croce, ed è condividere con Gesù la passione per condividere anche la sua resurrezione.

Ma cosa vuol dire passare per la croce? Una certa spiegazione tradizionale vuole farci credere che la croce sono i nostri dolori personali, le mie sofferenze. In parte è anche vero, ma la croce di Gesù non è un suo fatto personale. La croce Gesù non l’ha subita per sue colpe o per un caso del destino. La croce Gesù l’ha subita perché non h amai rinunciato a fare il bene della gente. Gesù ha sopportato una croce che non è sua, ma perché ha voluto liberare tutti gli uomini dalla croce del dolore che veniva imposta dal male sui tanti sofferenti. Allora la croce che dobbiamo prendere su noi, a imitazione di Cristo e per godere della trasfigurazione della sua resurrezione, è il dolore degli altri. È questo il messaggio della passione, morte e resurrezione di Cristo: non fuggire dolore altrui, anzi fattene carico, come di una croce pesante, appesantita anche da fatto che non è la tua e non è giusta, perché attraverso quella croce riuscirai a vedere la gloria della resurrezione e troverai la tua vita trasfigurata e resa felice e piena di senso e valore.

In questi giorni di passione e morte allora, non disperdiamoci come i discepoli ma restiamo uniti a lui, seguendolo nel cammino scandaloso della croce, rischiando di farci riconoscere per suoi amici, anche quando questo è scomodo e rischioso per i nostri interessi personali, rinunciando a tagliare i legami con lui proclamandoci figli e discepoli di noi stessi, imitandolo facendoci carico del peso che grava sulle spalle deboli dei tanti poveri sconfitti della terra. Come umili pecore del suo gregge, non fuggiamo la croce, piuttosto seguiamo il pastore che attraverso la croce ci conduce alla salvezza della resurrezione.