mercoledì 29 gennaio 2014

preghiera del 29 gennaio 2014


 
Salmo 102

Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido di aiuto.
3 Non nascondermi il tuo volto
nel giorno in cui sono nell'angoscia.
Tendi verso di me l'orecchio,
quando t'invoco, presto, rispondimi!
4 Svaniscono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5 Falciato come erba, inaridisce il mio cuore;
dimentico di mangiare il mio pane.
6 A forza di gridare il mio lamento
mi si attacca la pelle alle ossa.
7 Sono come la civetta del deserto,
sono come il gufo delle rovine.
8 Resto a vegliare:
sono come un passero
solitario sopra il tetto.
9 Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro di me.
10 Cenere mangio come fosse pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto;
11 per il tuo sdegno e la tua collera
mi hai sollevato e scagliato lontano.
12 I miei giorni declinano come ombra
e io come erba inaridisco.
13 Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo di generazione in generazione.
14 Ti alzerai e avrai compassione di Sion:
è tempo di averne pietà, l'ora è venuta!
15 Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua polvere.
16 Le genti temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17 quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18 Egli si volge alla preghiera dei derelitti,
non disprezza la loro preghiera.
19 Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo, da lui creato, darà lode al Signore:
20 "Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21 per ascoltare il sospiro del prigioniero,
per liberare i condannati a morte,
22 perché si proclami in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23 quando si raduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore".
24 Lungo il cammino mi ha tolto le forze,
ha abbreviato i miei giorni.
25 Io dico: mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano di generazione in generazione.
26 In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27 Essi periranno, tu rimani;
si logorano tutti come un vestito,
come un abito tu li muterai ed essi svaniranno.
28 Ma tu sei sempre lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29 I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza.

 

Il salmista incarna una umanità sofferente nel dolore. È la realtà di tanti, pensiamo ai popoli in guerra, o ai malati, o ai poveri. È una realtà sempre presente nella storia e ogni epoca e ogni terra ha i suoi sofferenti.
Ma il salmista mi sembra voglia dire qualcosa di più profondo. Non è solo lo sfogo di un sofferente. Vorrebbe dire che questa pagina della Scrittura non ci riguarda. È questo l’atteggiamento più frequente, trovare il motivo per sentirsi estranei alle parole della Scrittura.

Ma io credo che il salmista voglia qui rappresentare l’umanità come è realmente, dietro le apparenze, e cioè fragile e debole, sottomessa alla forza del male e colpita e oltraggiata dalle sue espressioni, anche quando queste sembrano cosa lontana dalla nostra esperienza presente.

C’è una partecipazione del singolo al dolore del mondo intero che ci rivela la nostra vera realtà di esseri deboli. Il salmista lega a questa partecipazione al dolore del mondo la possibilità di rivolgerci a Dio nella sua vera identità e a scorgerne il volto autentico. Dio infatti è soprattutto Salvatore, ma da cosa? Chi sta bene non sa da cosa farsi salvare e non sa che farsene di un Dio che salva.

Cosa fare allora, bisogna fingere di stare male? No, bisogna andare in profondità e leggere nelle fibre profonde della storia il dolore del mondo che non è mai assente. Ad esso possiamo partecipare con un senso di pietà, di solidarietà che ci lega ai nostri fratelli più sfortunati, ma anche ci lega nel nostro essere solidali con le cause di tanto dolore. Nessuno può ritenersi innocente, anche chi non ha colpe dirette.

Ecco allora che questo salmo ci rivela allo stesso tempo la vera natura di Dio e la vera natura dell’uomo. Noi bisognosi di essere salvati e Dio pronto a salvare chi lo cerca.

Immergerci in questa pagina della Scrittura vuol dire allora riuscire a incontrare Dio con il suo vero volto e a conoscere la sua salvezza.

mercoledì 15 gennaio 2014

Preghiera del 15 gennaio 2014



Dal vangelo secondo Giovanni 2,1-12

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato il racconto di Giovanni di quel giorno in cui Gesù compì il segno miracoloso del mutamento dell’acqua in vino a Cana. Nel passo subito precedente troviamo il racconto di quando Gesù chiamò i suoi primi discepoli a seguirlo, e poi, nell’episodio di Cana, è come se il Vangelo volesse indicare, con rapidi ma precisi tratti, chi è il discepolo e cosa è chiamato a fare.

La figura centrale dell’episodio infatti, quella che risalta maggiormente, non è tanto Gesù, quanto Maria. E’ lei infatti il motivo della presenza di Gesù al banchetto: “vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli” ed è lei che si accorge del bisogno sopravvenuto all’improvviso in quella festa: “Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

Queste due notazioni dell’evangelista ci fanno subito capire che Maria è il modello del discepolo e la sua grandezza viene subito rappresentata nel suo saper essere al fianco di Gesù con sensibilità e preoccupazione per chi si trova di fronte.

È il discepolo infatti che può e deve far emergere la presenza del Signore Gesù in un contesto, in una situazione ed è sempre il discepolo che si accorge di come Gesù sia l’unica risposta possibile ai bisogni che si manifestano.

All’inizio Gesù resiste alla richiesta di Maria di intervenire, ma sua madre sembra non ascoltarlo e invita i servi a eseguire i suoi comandi. Maria non ha dubbi sul fatto che Gesù intervenga ed esaudisca la sua preghiera.

L’episodio vuol dirci che non è sempre l’ora dell’intervento del Signore, ovvero che questo non è scontato né banale, ma c’è bisogno che qualcuno prepari con la sua fede, a volte anche insistente e tenace, la realizzazione di quell’ora. E’ la fiducia cieca di Maria nell’intervento di Gesù che fa sì che l’ora giunga e il Figlio dia ascolto alla sua richiesta.

Ancora una volta si rivela un altro tratto del discepolo: la sua fiducia piena e incondizionata nel Signore è indispensabile perché si raggiunga “l’ora” in cui Gesù manifesti la sua potenza.

Le successive parole di Maria sono chiare: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, e indicano un affidamento senza incertezze né dubbio. Il discepolo provoca l’intervento del Signore, affretta l’ora della manifestazione della sua potenza, ma anche suscita altri che si mettano al servizio della sua Parola, come i servi a cui Maria si rivolge. Quel “Qualsiasi cosa vi dica” mette in conto che il comando di Gesù possa apparire strano o illogico. Anche a noi spesso la Parola di Dio ci sembra illogica o irrealizzabile, inadatta alle situazioni e da attutire in alcuni suoi eccessi. Quel “qualsiasi cosa” ci solleva dal dover interpretare e mediare con la nostra sapienza pratica e pronta agli aggiustamenti, per essere invece strumenti disponibili e pronti ad eseguire, anche senza capire.

I servi eseguono il comando di Gesù, che veramente sembra ridicolo: manca il vino e lui ordina di travasare acqua da un contenitore all’altro, dai secchi agli orci, dagli orci alle brocche. Che senso ha tutto ciò? Cari fratelli e care sorelle, il Signore usa quello che trova nella nostra vita, e spesso non c’è molto più che semplice acqua: parole, gesti, decisioni poco saporite e che non sanno scaldare il cuore. Lui però sa trasformare la povera acqua delle nostre vite in vino, anzi nel vino migliore, più gustoso di qualunque altro noi avremmo saputo fare da noi stessi.

A Cana il Signore ha bisogno della fede di Maria e dell’aiuto dei servi, ha bisogno delle giare vuote e dell’acqua di una fonte. E’ questo suo mischiarsi alle cose della vita di tutti i giorni, questo suo non disprezzare la dimensione umile e banale delle piccole vite di quella famiglia di campagna a rendere gli uomini felici con il miracolo.

Il vangelo nota come pochi si accorsero di quello che era accaduto (Maria, i discepoli, i servi),e nemmeno erano le persone più importanti in quella circostanza, ma tanti godettero della bontà di quel vino e della gioia che seppe suscitare nei cuori. Noi, tante volte, cerchiamo che siano subito evidenti i risultati e che venga il riconoscimento per quel poco di buono che sappiamo fare, ma i discepoli di Gesù hanno imparato a gioire del bene non quando si riverbera su di loro stessi, ma quando sono gli altri a goderne, assieme a loro.

Impariamo anche noi a godere di miracoli dei quali noi non siamo i protagonisti o i realizzatori. Spesso se non è opera nostra non diamo importanza agli avvenimenti e nemmeno ce ne accorgiamo. Come quegli sposi e quegli ospiti goderono, ignari, del vino buono meravigliandosi della sua qualità, così, anche noi impariamo a farci servi dell’opera salvatrice di Dio che lavora per rendere più umana e felice la vita di tutti.  Probabilmente nessuno ci individuerà come cooperatori di quel miglioramento, ma non importa, impariamo a goderne e a ringraziarne il Signore. Anche noi infatti potremo gustare di quel vino buono che non si esaurisce ma disseta e rende felice la vita.

 

 

martedì 14 gennaio 2014

Battesimo del Signore - 12 gennaio 2014



 
Dal libro del profeta Isaia 42, 1-4. 6-7

Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

 

Salmo 28 - Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo.

La voce del Signore è sopra le acque,
il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza.

Tuona il Dio della gloria,
nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,
il Signore siede re per sempre. 


Dagli Atti degli Apostoli 10, 34-38

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Si aprirono i cieli e il Padre disse:
«Questi è il mio Figlio amato: ascoltatelo».
Alleluia alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 3, 13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo di Matteo appena ascoltato ci parla dei primi passi della vita pubblica di Gesù. Lo abbiamo lasciato bambino, scampato alla persecuzione di Erode, profugo in Egitto, nato in un luogo sconosciuto e periferico. Niente di questa storia ha del portentoso o del grandioso. Tutto è piccolo, semplice e umile. Lo abbiamo visto a Natale: Dio sceglie di nascere in una mangiatoia di animali, eppure tutti quelli che lo visitano, dagli umili pastori ai sapienti Magi venuti dall’oriente, chinano il capo e si sottomettono a lui come al loro Signore. E oggi lo troviamo a chinare lui il capo davanti a Giovanni per ricevere il battesimo in questo suo primo atto, dopo anni di vita normale, in cui si rivela la sua identità e lo scopo della sua venuta.

Dice il vangelo che Gesù “dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui”. E’ Gesù che si muove verso Giovanni, intraprende un viaggio per raggiungere il luogo dove lui stava. E’ la storia del Natale: Dio si fa vicino di sua iniziativa, accorcia le distanze, si incammina dal cielo per giungere fino a noi. È questo il fatto straordinario che si cela dietro l’ordinarietà dei fatti di Betlemme. E’ un fatto inaudito e mai visto che avviene dentro la vita normale di gente comune. È quello che Dio vuole fare con ciascuno di noi. Il vangelo infatti non è storia di gente straordinaria, eroi dello spirito o grandi per nascita o virtù innate. La straordinarietà viene dalla presenza di Dio che si fa così piccolo proprio per entrare nelle nostre umili vite. I cristiani infatti non sono diversi dagli altri, se non per il fatto che accolgono Gesù che vuole nascere nella loro vita, cioè animarla di uno Spirito nuovo e portarla su strade diverse dall’ordinario. A noi chiede solo di sottometterci a lui e accoglierlo come Signore, come fecero i pastori e i Magi.

Giovanni davanti a Gesù che gli si presenta con umiltà per chiedere il battesimo ha una reazione istintiva: “Giovanni però voleva impedirglielo”. Sì  è vero lo fa per umiltà, con buona intenzione, ma comunque sia vuole impedire a Gesù di compiere quella che è la sua volontà. A volte anche noi abbiamo una idea bassa di noi stessi, ci sentiamo troppo piccoli per le imprese straordinarie che il Signore ci prospetta. Ci sentiamo umili, indegni e inadeguati per l’ambizione di divenire luce e sale della terra, e anche noi vogliamo impedire a Gesù di compiere attraverso di noi la missione per cui è stato mandato. Gesù esorta Giovanni a “Lasciar fare”, perché si compia ciò per cui lui è venuto sulla terra. Sì, invece di essere cedevoli con il mondo che ci impone i modelli e i comportamenti che egli decide cediamo piuttosto a Gesù. Infatti assai spesso l’uomo di oggi si vanta di vivere all’insegna dell’indipendenza e dell’autonomia e rifiuta di chinare il capo a Gesù per non sottomettersi a nessuno se non a se stesso, ma poi si ritrova schiavo di mille paure e pronto a fare mille compromessi per salvaguardare il proprio benessere e tranquillità. Il mondo lo sa e ci propone di rinunciare alla nostra libertà in cambio della sicurezza di un angoletto tranquillo.

Davanti a questo Gesù ci invita a non lasciar decidere al mondo cosa dobbiamo essere, ma di “Lasciar fare” a lui. Ogni volta che abbiamo accettato questo invito abbiamo sperimentato la forza di un amore che vince ogni paura e libera dalla schiavitù della tristezza e della rassegnazione.

Giovanni lascia fare a Gesù e si sottomette alla sua volontà. Il risultato di questa docilità è che una volta che Gesù è uscito dalle acque i cieli si aprono. Come nel Natale il cielo si è aperto a Betlemme sopra i pastori facendo vedere le moltitudini degli angeli salire e scendere, cioè mettere in comunicazione il mondo degli uomini con quello di Dio, così, di nuovo, il cielo si apre sopra Giovanni e Gesù sulle rive del Giordano. Il cielo non è più impenetrabile e chiuso. Il futuro si apre alla speranza e una nuova prospettiva si profila all’orizzonte dell’umanità. Dio parla con gli uomini, il suo volere non è più nascosto dalle nubi, il mistero è svelato, il volto divino non dà più la morte a chi lo vede, come era nell’Antico testamento, ma ha i tratti miti e umili di Gesù.

Spesso siamo noi stessi a chiudere il cielo che Gesù ha aperto con la sua nascita e manifestazione gloriosa sulle rive del Giordano. Siamo noi a dire che il nostro futuro è segnato, bloccato dalle scelte già fatte, segnato in modo irreversibile da ciò che il mondo ha voluto fare di noi. Da adulto come posso cambiare? La mia vita ormai è fatta. Ma anche a diciotto, venti anni, i giovani vedono il loro futuro bloccato dalla crisi economica, e hanno paura dei rapporti umani importanti perché hanno visto che troppo spesso essi portano, come fosse un destino ineluttabile, alla delusione e al fallimento.

Il vangelo del battesimo di Gesù vene oggi a dirci che no, il futuro non è bloccato e il cielo è aperto sopra di noi. Persino a Nicodemo, che era anziano, Gesù dice che sì, si può rinascere, se si rimane aperti allo Spirito che viene mandato dal Padre. Ed infatti lo Spirito scese su Gesù e inondò il Giordano e tutti quelli che vi si trovavano. A Natale lo Spirito si è diffuso nel mondo. Lo abbiamo avvertito pochi giorni fa qui a Santa Croce quando circa 200 poveri si sono riuniti per festeggiare la nascita del Signore Gesù. Uno spirito che spazza le paure e le incertezze di chi si lascia inondare da lui.

Dio si compiace quando qualcuno si sottomette a Gesù che vuole visitare la sua vita, non resiste e lo lascia fare. Una voce forte scende dal cielo e sovrasta il chiacchiericcio confuso e banale, il vuoto di significato di troppe parole inutili ed esprime la soddisfazione di Dio che vede raggiunto lo scopo della sua lunga storia di compagnia all’umanità: riuscire a stare con l’uomo, essere accolto come suo compagno e Signore.

Dopo le feste che si sono appena concluse, forse con un po’ di frastuono e confusione eccessivi questa è la prospettiva che si apre per il tempo che viene: far spazio nella nostra vita a Dio che è venuto per stare con noi e aprire il cielo chiuso dell’incomunicabilità e della chiusura a lui. Se lo faremo nella quotidianità della vita gusteremo anche noi quel compiacimento di Dio, gioia autentica e non passeggera, felicità di una vita libera dalle paure e riempita dall’amore di Dio.

Preghiere

O Signore Gesù che ti sei manifestato sulle rive del Giordano come il Figlio amato di Dio aiutaci ad accoglierti come Signore della nostra vita,

Noi ti preghiamo

 Fa’ o Signore che siano vinti il nostro orgoglio e le resistenze del nostro cuore, perché con docilità accogliamo la tua parola e la mettiamo in pratica.

Noi ti preghiamo

O Signore, fa’ che i cieli si aprano sul capo dei tanti popoli che soffrono per la guerra e la violenza e l’angelo della pace annunci presto la fine di ogni conflitto.

Noi ti preghiamo

O Gesù che sei venuto per incontrare ognuno di noi da vicino, aiutaci a non fuggire le occasioni che tu ci dai di riconoscerti amico e fratello quando ci parli nel Vangelo e ci suggerisci il bene da compiere.

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Signore ogni uomo che rinuncia a fare il proprio interesse per cercare il vantaggio degli altri. Ispiraci azioni buone perché le possiamo compiere.

Noi ti preghiamo

Consola o Padre di eterna bontà tutti coloro che sono nel dolore: i malati, i sofferenti, chi è senza casa e famiglia, i prigionieri, gli afflitti dalla violenza e dalla guerra. Dona guarigione e salvezza al mondo intero.

Noi ti preghiamo.

Fa’ o Padre buono che ogni uomo sia raggiunto dalla notizia della tua nascita. Perché il Vangelo di Natale sia annunciato a tutti e susciti in ciascuno la gioia sincera dell’incontro col Salvatore della propria vita.

Noi ti preghiamo

Proteggi o Dio tutti i cristiani che ovunque nel mondo sono perseguitati e soffrono per la violenza: in Nigeria, India, Siria, Pakistan. Fa’ che presto il tuo nome sia ovunque amato e rispettato.

Noi ti preghiamo

 

 

 

II domenica del Tempo ordinario


 
Dal libro del profeta Isaia 49, 3. 5-6

Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».

 

Salmo 39 - Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore, +
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 1-3

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 1, 29-34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, ancora una volta il Vangelo ci presenta Gesù che va incontro a Giovanni. Abbiamo visto più volte, in questi giorni di Natale come Gesù si presenti essenzialmente come Dio che va incontro agli uomini. Il Natale stesso è la festa che ricorda quando Dio è venuto incontro agli uomini, nascendo in mezzo a noi. Il cristianesimo è la fede in un Dio vicino all’uomo, tanto che prende l’iniziativa di andargli incontro, perché non sopporta la distanza da lui e fra gli uomini.

Questa realtà riguarda tutti gli uomini. Dio ci si fa vicino in tanti modi, ma principalmente con la sua Parola che in qualche modo rende viva la sua presenza in mezzo a noi, ancora dopo tanti secoli. E la domenica è il giorno in cui Dio ci si fa più vicino ancora, con la Parola e il suo stesso corpo, l’Eucarestia.

Spesso noi invertiamo la prospettiva e crediamo di essere noi che “concediamo” la nostra presenza alla Messa, nonostante tutto quello che abbiamo da fare. Lo si vede molto chiaramente in tanti atteggiamenti di sciatteria, come ad esempio il venire tardi, o la distrazione, l’essere presi dalle nostre cose, la scarsa disponibilità a partecipare col canto o la preghiera. Tante volte tanti di noi dicono con il loro modo di essere a Messa: già è tanto che ci sono, figuriamoci se c’è bisogno di altro!

Giovanni però non pensa così. Egli nota subito Gesù che gli viene incontro e dice a chi gli sta accanto: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” Sì, Gesù viene incontro all’uomo per togliere il peccato che consiste essenzialmente nel nostro mantenere le distanze da Dio.

Il peccato non si identifica infatti tanto in alcune azioni malvage. Non si è peccatori perché si è fatto qualcosa. Il peccato è la scelta di chi tiene Dio lontano, nonostante questi cerchi di stargli vicino, di chi lo fugge e lo evita. Questa scelta di fondo è il peccato, il quale poi a sua volta può generare azioni malvage, ma anche una vita spesa solo per se stessi, senza fare qualcosa di male, ma senza nemmeno compiere il bene. Il peccato allora si manifesta nell’irrilevanza che diamo al Signore, alle sua parole, ai suoi insegnamenti, al suo modo di essere che ci vuole comunicare che Giovanni identifica come la mitezza e inoffensività dell’agnello. Sì, Gesù toglie il peccato da chi lo accoglie e accetta di vivere come lui: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore” dirà infatti Gesù alle folle che lo stavano ad ascoltare (Mt 11,29).

Poi Giovanni aggiunge un’osservazione che ci può sembrare un po’ strana: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Giovanni cioè riconosce che nella sua vita ci sono priorità: tutto non comincia e finisce con me stesso, e quello che penso e dico io non è per forza ciò che conta di più. Egli riconosce nella sua vita qualcuno che viene prima di sé, e alla cui autorità egli cede volentieri. Lo aveva detto sul Giordano, quel giorno che Gesù era venuto a chiedergli il battesimo: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?"

Giovanni non ha difficoltà ad ammettere la priorità di Gesù sulla sua vita ed a lui si affida, anche quando non capisce, come nel caso di questa frase: non sa come mai Gesù sia venuto proprio da lui, ma fa’ comunque sia come lui gli dice.

C’è in lui quell’atteggiamento cedevole e malleabile che a volte noi rifiutiamo, perché segno di debolezza. Egli si sottomette a chi “viene prima di lui” e non pretende, come noi, che tutto e tutti stiano a nostra disposizione, come a noi sembra meglio. A volte ci infastidiamo anche se i fatti della vita se non seguono i nostri piani. Proviamo, con Giovanni, a leggere in essi un disegno diverso dal nostro, ma forse più simile a quello di Dio per l’uomo a cui vuole essere vicino. Accettiamo che la nostra storia sia indirizzata dalla parola e dalla volontà di uno “che viene prima di noi”. A volte cambiare la prospettiva con cui giudichiamo le cose ce la fa comprendere meglio e più in profondità.

Infine Giovanni conclude le sue parole ricordando che c’è un battesimo di Spirito che è superiore a quello di acqua che lui ha amministrato alle folle che lo cercavano. Cioè al di sopra di tutto, anche della correttezza e dell’onestà di chi si può dire limpido come l’acqua, c’è un dono che si effonde su chi non si allontana davanti a  Gesù che viene incontro, lo Spirito del suo amore. Sì, chi accetta di stare con lui, cioè conserva le parole e i gesti di Gesù e li confronta con le scelte della propria vita quotidiana, viene avvolto da uno Spirito buono che riscalda il cuore e illumina la mente con una intelligenza dell’amore che fa comprendere e accettare le cose della vita in modo diverso.

Lo capisce solo chi lo vive, come tutte le cose vere e profonde della vita. Lasciamoci allora avvicinare da Gesù che ci viene incontro, non scappiamo spaventati dalla novità di quello che dice e fa’. Non chiudiamo la porta credendo di sapere già e di avere capito già. Non ci voltiamo dall’altra parte per inseguire i sogni e i modelli di successo che ci promettono felicità e benessere, ma poi non mantengono. Volgiamo a lui i nostri occhi e le nostre orecchie e prepariamoci la domenica da un incontro importante, al quale non si può partecipare così come capita, ma con l’abito buono dell’attenzione e dell’umiltà, con la docilità di chi si fa discepolo di un agnello che con la sua mitezza e umiltà è venuto a cancellare dalla nostra vita il peccato della distanza da Dio.

 
 Preghiere


O signore Gesù, ti ringraziamo perché continui a venirci incontro e a cercarci per restare con noi. Aiutaci a non sfuggirti e ad accoglierti con gioia,

Noi ti preghiamo

Perdona il nostro peccato o Dio, quando ci chiudiamo in noi stessi e pensiamo di sapere già da noi cosa è il nostro bene. Apri il nostro cuore perché diveniamo tuoi docili discepoli,

Noi ti preghiamo

 
O Signore Dio fa’ che accettiamo che la priorità non sono io stesso, il mio interesse e ciò che penso e dico io. Aiutaci a imparare da Giovanni l’umiltà di essere tuoi discepoli e amici,

Noi ti preghiamo

Suscita in noi o Dio un cuore pieno di Spirito, perché non ci accontentiamo di non fare niente di male, ma cerchiamo con tutta la nostra forza di compiere il bene che tu insegni,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre del cielo chi è povero e nel bisogno. Sostieni chi soffre nel corpo e nello spirito per la malattia e la solitudine; chi è senza casa, lavoro e famiglia; chi è schiavo della violenza e della sopraffazione,

Noi ti preghiamo

Dona la tua pace o Signore Gesù ai popoli in guerra. Riconcilia i cuori segnati dal dolore e dal lutto e dà il coraggio della speranza a chi non riesce più a volere il bene dell’altro,

Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Dio il papa Francesco e fa’ che le sue parole ed il suo esempio conducano a te il gregge della Chiesa che gli è affidato,

Noi ti preghiamo

Proteggi le comunità dei discepoli ovunque radunate nel mondo. Dona loro di essere fermento di vita buona e di pace dove esse vivono ed operano,

Noi ti preghiamo

 

 

mercoledì 8 gennaio 2014

Preghiera dell'8 gennaio 2014


Dal vangelo secondo Luca 2,16-21

Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere". I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

Commento

I pastori nella notte di Betlemme diedero fiducia alla parola degli angeli e andarono a vedere cosa era accaduto. Nel buio del disorientamento e della paura, nelle tenebre che separano l’uno dall’altro come ombre che non hanno consistenza né personalità, è una parola, la Parola di Dio, che viene a illuminare la vita. E’ quello che sperimentiamo anche noi ogni volta che apriamo la Bibbia e ascoltiamo Dio che ci parla è l’esperienza del nostro incontro di preghiera del mercoledì.

Le sue parole non servino per ingannare né nascondono la realtà, come tante volte sono usate le parole degli uomini, anzi la illuminano e portano uno squarcio di chiarezza nella confusione e nel disorientamento. Sono parole vere che parlano di noi e della vita senza finzioni. Chiama le cose col loro vero nome: il peccato è peccato e non uno sbaglio involontario; la gioia è gioia e non una soddisfazione passeggera; la vita è vita eterna, vita vera, vita senza fine e non vissuta alla meno peggio. Quante volte lo abbiamo sentito, abbiamo avvertito che quelle parole parlavano proprio di me, perfino conoscendomi meglio di me. Ma soprattutto sono parole che, come nella notte di Betlemme, che indicano una strada e aprono una prospettiva di una nuova vita che nasce. Questo significa Natale, parola troppo preziosa perché la lasciamo contaminare e svilire: una nuova vita nasce in chi si fida dell’annuncio dell’angelo.

Oggi anche noi, assieme ai pastori, siamo portati a fidarci, come bambini, delle parole dell’angelo che Dio vuole far giungere a noi. E andando ci accorgiamo che veramente quelle cose dette sono realtà: “I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.

Sì, chi si fida della parola di Dio non cade in inganno e trova realizzato quello che essa annuncia, basta fidarsi e farsi guidare da lei. Ma noi preferiamo diffidare, abbiamo paura di una parola che illumina con una luce così forte che non lascia zone d’ombra nelle quali nascondersi e non permette di trafficare al buio ingannando se stessi e gli altri.

Quello che Dio dice è parola efficace: se viene accolta diventa vita vera. Pensiamo alle beatitudini o ai paradossi delle parabole di Gesù: sembrano assurdità, ma se solo proviamo a fidarci un po’ e le mettiamo in pratica scopriamo tutta la forza vera che hanno quelle intuizioni ingenue da bambino.

E i pastori dopo aver incontrato la Parola che si è fatta carne sentono la necessità di riferire a loro volta le parole che hanno sentito e visto. Diventano cioè annunciatori del Vangelo di Natale: è una gioia troppo grande per potersela tenere solo per sé: qualcuno è nato, qualcosa di nuovo nasce nella vita di ognuno.

Fratelli e sorelle, chiediamoci oggi davanti alle Parole di Natale che abbiamo ascoltato oggi di nuovo, quale gioia io comunico agli altri? C’è un messaggio di bene, di felicità, di novità che sento così forte dentro me tanto da volerlo comunicare a mia volta?

Se questo non avviene vuol dire che il Natale è passato invano, è una data del calendario che si ripete senza significato.

Dobbiamo fare come Maria. Il vangelo dice che “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.” Sì, la madre di Gesù, il figlio di Dio, vede quelle cose straordinarie che accadono, ascolta le parole degli angeli e le acclamazioni di gioia dei pastori. Osserverà l’umile sottomissione dei Magi venuti da lontano. Ma tutte queste cose non sono vissute da lei e poi subito dimenticate. C’è bisogno che facciamo scendere nel cuore l’annuncio del Natale, perché vi rimanga. Ma spesso il nostro cuore è troppo pieno di altro e non ha spazio per il Natale, per l’annuncio degli angeli che la Parola di Dio ci fa ascoltare ogni domenica, per le visioni di bene che ci suggeriscono. I nostri occhi, le nostre orecchie, il nostro cuore sono troppo pieni di rumore, di immagini confuse, di pensieri e preoccupazioni inutili, tanto da non lasciare spazio alla gioia di qualcosa di nuovo che nasce. Per questo poi, davanti alle difficoltà della vita, non sappiamo dove trovare le parole e le risposte alle domande difficili, perché il nostro cuore è pieno di ciarpame, cose inutili che lo ingombrano.

C’è bisogno di fare un po’ di silenzio nel frastuono, di vedere con chiarezza le immagini del natale, di tenere vive la parole dell’angelo: “Ecco, è nato per voi un Salvatore” e la gioia e la pace del Natale non passerà con le feste del calendario ma resterà dentro e attorno a noi.

 

domenica 5 gennaio 2014

Epifania del Signore - 6 gennaio 2014


 

Dal libro del profeta Isaia 60,1-6

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

 

Salmo 71 - Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto +
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 3,2-3a.5-6

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Abbiamo visto la tua stella in oriente
e siamo venuti per adorare il Signore
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 2,1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, a Natale abbiamo assistito alla scena della nascita del Signore in un luogo umile e semplice, che la tradizione del presepe replica nell’immagine di una stalla. Dio che si fa uomo sceglie di nascere in un luogo dove manca tutto, circondato da gente semplice e umile: una giovanetta, Maria, il suo sposo titubante, alcuni pastori. Egli non si impone, ed anzi pochi si accorgono di lui. Eppure Gesù non fa nulla per nascondersi. Ieri dicevamo come in Lui Dio raggiunge il punto più alto della sua manifestazione facendosi visibile e udibile da ogni uomo. Entra nella storia come uno di noi, è accessibile e raggiungibile da tutti coloro che lo vogliono. Eppure solo alcuni si muovono per cercarlo, e lo trovano: i pastori e i magi che venivano dall’oriente.

Il racconto del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato oggi ci fa vedere come i segni della nascita di Gesù fossero noti. Si sapeva il luogo, Betlemme, e i Magi rendono noto a tutta Gerusalemme che hanno visto la sua stella indicare l’ora della sua nascita. Ma a chi interessa tutto ciò? I capi dei sacerdoti e gli scribi, cioè coloro che conoscevano meglio la Scrittura, lo sapevano, ed anche Erode è messo al corrente. Eppure nessuno di loro reputa necessario andare a vedere di persona il fatto straordinario che è avvenuto. Non ne sentono il bisogno. I pastori e i magi sono gli unici che sentono il bisogno di muoversi dal loro posto abituale, le stalle o il lontano Oriente, per andare a incontrare il Signore. Non importa la lunghezza del viaggio, ci dice oggi il Vangelo, non importa nemmeno la classe sociale, fosse quella degli ultimi, come nel caso dei pastori, o quella di stirpe regale, come nel caso dei magi, quello che conta è il desiderio di trovare il Signore che nasce, che spinge ad uscire e incamminarsi.

Entrambi vengono dal buio e scorgono una luce che li attira e li fa andare verso il Signore. Ma cosa è questo buio?

Ogni epoca, ci dice il profeta Isaia, ha la sua oscurità: “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. E’ come una condizione intrinseca dell’umanità, la quale resta avvolta nel buio finché non incontra la luce che è venuto a portare il Signore Gesù: “rivèstiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” prosegue infatti il profeta. Ma chi se ne accorge? Il buio è sì, certamente, quello dei grandi drammi dell’umanità, come quello della guerra e del terrorismo che distruggono ogni vita con cieca assurdità, o quello della miseria estrema dei popoli della fame o di quelli in condizioni di oppressione e povertà, o quello di coloro che sentono più duramente il peso della crisi economica attuale. Ma oltre a questo buio, che potremmo definire “esterno”, ciascuno di noi si porta dentro squarci di buio che sono la parte della nostra umanità che ancora non ha incontrato la luce del Vangelo. Non basta infatti averlo sentito, conoscerlo, ma perché il buio della nostra umanità sia vinto c’è bisogno che facciamo entrare il Signore ad illuminarla tutta, cioè a rivelare come siamo fatti veramente, alla luce dell’umanità vera e buona del Signore Gesù che la mostra così come è, ancora tanto egoista, poco generosa, insensibile e violenta.  C’è bisogno che il Vangelo illumini i nostri giudizi sugli altri, ancora così poco misericordiosi; che dissipi il buio delle nostre paure di aprirsi, di accogliere, di andare incontro all’altro, specie chi è più diverso; che porti alla luce i pregiudizi, le abitudini, i pensieri pigri e ripetitivi su sé e sugli altri. Se facciamo entrare la luce del Vangelo tutto ciò diviene visibile e possiamo vincerlo col calore e la luminosità dell’amore del Signore.

Guardiamo allora dentro di noi, accettiamo di scorgere gli angoli bui, quelli che ancora non abbiamo voluto che il vangelo illuminasse. Noi spesso li temiamo e vogliamo nasconderli, come qualcosa di cui far finta che non esista, ma a che serve? Viene la luce che vince le tenebre, affidiamo al calore e alla luminosità del Signore che nasce per incontrarci di dissipare ogni angolo buio.

Sentiamo anche noi, come i pastori e come i magi, il bisogno di uscire e incamminarci verso di lui! Erode ha paura di scoprire il lato buio della sua umanità, quella violenza e arroganza che lo ha portato a uccidere Giovanni, uomo che pure stimava, per il capriccio della sua dissolutezza, e non cerca l’incontro col Signore, ma anzi, vuole eliminarlo. Ma anche i religiosissimi capi dei sacerdoti e gli scribi non sentono di aver bisogno della luce, hanno già chiaro come vanno le cose, già sanno e conoscono tutto.

Solo i pastori e i magi sentono il bisogno di far luce dentro di sé, e solo loro, per questo motivo, incontrano Gesù. Entrambi, scrutando il cielo, vedono una luce che li guida. Questa luce che guida al Signore è la speranza che tutto può cambiare; è lei che permette agli uomini di uscire e camminare, nonostante tutto, il buio, il freddo, la distanza, la paura. Sì, il Vangelo ci dona la speranza che non è detta l’ultima parola su di sé, sul mondo, sulle situazioni, anche quelle che sembrano senza uscita. Quella speranza è la stella che ci guida ad incontrare Gesù, perché da lui solo possiamo trarre la forza per cambiare veramente e profondamente la realtà, ogni realtà.

Tre giorni fa in questa chiesa, come sappiamo, si è svolta la festa del Natale con tante persone in difficoltà e nel bisogno. Eravamo in tutto circa 200. Nel loro volto e nelle loro parole si leggeva il desiderio di trovare un segno positivo, una stella di speranza per il futuro, una notizia buona, un invito a gioire, ad avere fiducia nella forza del bene. Erano felici di iniziare un nuovo anno nella festa, per trarre dalla felicità della compagnia di qualcuno che vuol loro bene la forza per affrontare le mille difficoltà della vita quotidiana. In tanti si sono mossi dai loro luoghi, spesso non belli, per convenire qui dove li attendeva la festa suscitata dallo Spirito del Natale di Gesù.

Mi sembra che si sia così realizzata l’immagine del profeta Isaia: “Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti.” Sì, il popolo dei poveri e degli umili si è radunato e a guardarlo così pieno di felicità non si poteva non essere raggianti e con il cuore largo di felicità. Seguiamo anche noi la stella che è la speranza fiduciosa che tutto può cambiare, a partire da me stesso, troveremo la strada illuminata dalla Parola del Vangelo, il cammino spianato dalla testimonianza e dalle parole dei fratelli che ci hanno preceduto e incontreremo il Signore che ci illumina e ci scalda il cuore.

 

Preghiere

O Dio vieni presto in ciascuno di noi per dissipare il buio e farci conoscere come siamo veramente. Possa la forza del tuo amore trasformarci e aprirci ad un futuro rinnovato,

Noi ti preghiamo


Perdonaci o Signore quando ci nascondiamo alla luce della tua Parola, chiudendo i nostri cuori all’ascolto sincero e disponibile del Vangelo. Fa’ che ci confrontiamo con fiducia con esso perché  illumini i nostri passi,

Noi ti preghiamo


Dissipa, o Dio misericordioso, le tenebre dell’odio e della violenza che suscitano guerra e terrorismo in tante parti del mondo. Ispira sentimenti di pace e di riconciliazione in chi oggi combatte e uccide,

Noi ti preghiamo


Guarisci o Padre tutti i malati nel corpo e nello spirito, fa’ che ogni debolezza e sofferenza trovino consolazione e sostegno

Noi ti preghiamo


L’annuncio della tua nascita giunga o Signore Gesù in ogni angolo della terra e porti luce e calore dove ora c’è buio e freddezza. Per chi non ti conosce e non ti ama,

Noi ti preghiamo


Rafforza in ognuno di noi, o Padre del cielo, il desiderio di uscire dalla vita di sempre e di incamminarsi verso di te. Donaci di vivere sempre in tua compagnia,

Noi ti preghiamo.


Suscita o Signore in ciascuno di noi un uomo e una donna capace di guidare chi è più fragile e disorientato verso la luce della tua nascita, perché assieme possiamo godere della tua amicizia che salva,

Noi ti preghiamo

Proteggi o Dio il papa Francesco e quanti come lui annunciano e testimoniano il Vangelo agli uomini del nostro tempo. Fa’ che il seme da loro gettato porti il frutto sperato,

Noi ti preghiamo