lunedì 31 ottobre 2016

Festa di Tutti i Santi - Anno C - 1 novembre 2016



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo Gv 3,1-3
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Giovanni erompe in un grido di gioia: “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”. È una esclamazione che sottolinea la necessità di non dimenticare mai che ci è continuamente fatto un grande dono, che è quello dell’amore di Dio, regalo che riceviamo continuamente, senza alcun merito.
La nostra natura ci porta a ritenere scontato quello che abbiamo e che siamo; col tempo ci abituiamo alla nostra condizione privilegiata di discepoli del Signore, tanto da non ritenere più necessario tenere conto del fatto che il dono dell’amore di Dio continua ad esserci elargito, per sua iniziativa, per sua generosa bontà. Che tristezza! Con arroganza riteniamo nostro diritto o merito ciò che invece ci è regalato gratuitamente. Per questo nel nostro animo prevale spesso un senso di scontentezza, perché trascuriamo i motivi di gratitudine e di gioia, ed anzi amiamo coltivarci lo scontento, come tanti bambini capricciosi e viziati da genitori troppo generosi. Come quei bambini ci sentiamo vittima di ingiustizia ogni volta che la vita osa dirci un no, o quando incontriamo anche un semplice ostacolo, e tutto il resto non conta più nulla.
La cosa più grave è che chi vive questa ingratitudine non sa di essere figlio, cioè non lo accetta, perché è quell’amore che ci rende tali. Chiudendoci ad esso, ci impediamo da soli di avere un Padre da amare, a cui fare riferimento e da cui ricevere aiuto. Preferiamo invece piuttosto rivendicare la nostra solitudine di orfani, che porta spesso alla mancanza di ogni speranza e prospettiva.
Davanti a questa realtà così comune oggi, come ai tempi dell’apostolo, Giovanni rivendica che figli “lo siamo realmente!”, cioè non lo siamo solo se ci sottomettiamo a lui, come per ammettere una condizione di inferiorità. Basta guardare alla vita per renderci conto di come stanno veramente le cose. Basterebbe riconoscere la nostra fragilità e impotenza davanti alla vita, la nostra incapacità di voler bene con generosa disponibilità, il nostro spontaneo sfuggire dal fare il bene che pure è alla nostra portata, per ammettere che senza un padre siamo senza prospettive.
Eppure è così normale sentirsi appagati dal fatto di ritenersi figli solo di se stessi, artefici autonomi e indipendenti del nostro destino. Chi rinuncerebbe mai alla propria autonomia e desidererebbe sottomettersi ad un padre? C’è un grande fascino nel proclamarsi orfani, perché ci offre l’opportunità di dimostrare quanto valiamo. Ci sembra umiliante inserirci in una tradizione e in una storia che ci precede e che continuerà dopo di noi, cioè quella di un figlio in una famiglia larga. Ci sembra che questo offuschi la nostra originalità.
Oggi nel ricordare la compagnia di tutti i santi, e cioè dei tanti che prima di noi e nel nostro tempo vivono come figli e non si vergognano di considerarsi umilmente dipendenti dal padre per tutto quello che hanno e che sono, vogliamo ricordarci questa nostra dimensione: siamo parte di una storia che è segnata dalla vocazione ad essere figli e che va oltre noi stessi. Eppure questo ci sembra troppo poco per gente del nostro valore! Ci sembra disconoscere quanto valiamo e quanto siamo originali e unici!
In realtà è vero il contrario. Dice Giovanni: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.” Cioè, l’essere figli di Dio non significa essere ingabbiati in un destino preconfezionato, anzi, significa essere veramente liberi da tutti quei vincoli che l’orfano, per poter essere qualcuno, deve accettare dai suoi padroni. Chi rivendica di essere senza padre e afferma la sua libertà assoluta in realtà si lega mani e piedi alle idee di successo, di forza, di potenza che sembrano le uniche a dare un senso alla vita. Venute meno loro, la vita si svuota di tutto.
Ma chi invece sa di essere figlio e sa che dal Padre può attendersi tutto, se chiede con cuore puro e accetta serenamente la sua guida, diventa libero di seguire il proprio voler bene e di costruirsi come figlio forte di una storia lunga che lo precede e artefice di un futuro che verrà e che è in suo potere costruire. Tutto è possibile al figlio che si fa forte dell’amore del padre, anche vincere il male e sconfiggere la paura che sembrano avere un potere assoluto sugli uomini.
Cari fratelli e care sorelle, è questo il messaggio delle beatitudini che Gesù proclamò ai suoi discepoli e ripete alle folle di ogni tempo. Il figlio non è schiavo della paura delle contrarietà della vita, è libero perché è forte dell’amore del Padre su cui sa di poter contare. Per questo non lo vince il pianto, la persecuzione e l’insulto: non perché disprezza e si sente superiore, ma perché confida in una forza che niente può abbattere, quella dell’amore. Chi può impedire di amare se io lo voglio? E chi ci separerà dall’amore di Dio, si chiede l’Apostolo Paolo, se non siamo noi a volercene allontanare (Rm 8,35)? Questo vogliono descrivere le beatitudini, cioè la condizione di quanti hanno vissuto, e vivono oggi, la santità: è il ritratto di chi è libero e forte della forza del proprio legame di figlio con Dio, e non con le illusorie immagini vincenti di questo mondo.
Cari fratelli e care sorelle, questo hanno vissuto i santi, e per questo li ricordiamo oggi. Le loro storie ci dimostrano che non è impossibile vivere la libertà di essere figli di Dio, di accogliere con umiltà il suo amore e di non rivendicare con orgoglio e ingratitudine la nostra autonomia. È questo il messaggio che ci viene da una storia lunga alla quale siamo chiamati di entrare a far parte, perché dentro il popolo dei figli di Dio ci salviamo e possiamo far nostra la salvezza che viene al mondo da Dio.



Preghiere 

O Dio nostro padre, aiutaci a non rinnegare mai di essere tuoi figli, ma di tornare a te con umile sottomissione, per riempirci del tuo amore,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio chi si allontana da te e cerca con orgoglio l’illusione della forza dell’orfano. Aiuta ciascuno a ritrovare la via dell’umiltà e della conformazione al tuo volere,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio quanti annunciano e testimoniano il Vangelo che rende liberi di amare e di operare il bene,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore quanti ti cercano nella via umile del servizio ai fratelli e alle sorelle più piccoli. Fa’ che ti incontrino come Signore della consolazione e Padre della speranza,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio le comunità dei discepoli che si riuniscono nel tuo nome. Perché nessuno sia più perseguitato a causa del Vangelo e si realizzi l’incontro e il rispetto fra i popoli e le culture diverse,
Noi ti preghiamo


Consola o Padre misericordioso chi oggi è nel dolore: i profughi, i migranti, gli anziani, i malati, i senza casa e senza famiglia. Dona a tutti guarigione e salvezza,
Noi ti preghiamo.


Dona o Dio sicurezza e serenità a quanti sono stati colpiti dal recente terremoto. Perché cessino i colpi che la natura infligge agli animi scossi di chi ha perso tutto e fa fatica a ricostruire il proprio futuro,
Noi ti preghiamo


O Dio, Proteggi e accompagna papa Francesco nel viaggio in Nord Europa che lo porta a vivere la fraternità con i cristiani riformati luterani. Fa’ che dai suoi gesti e dalle sue parole si aprano nuove vie di unità nell’amore,
Noi ti preghiamo


giovedì 27 ottobre 2016

XXXI domenica del tempo ordinario - Anno C - 30 ottobre 2016


Dal libro della Sapienza 11,22-12,2
Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,11 - 2,2
Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. 

Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Alleluia, alleluia alleluia.
  
Dal vangelo secondo Luca 19, 1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Luca ci propone oggi il racconto di un episodio della vita di Gesù in cui si parla della visita del Signore. Sì, Gesù passa, attraversa molti luoghi  e vicende umane, ma il suo scopo ultimo è quello di visitare ciascuno, cioè di fermarsi a parlare faccia a faccia, di conoscerci meglio, entrando nelle pieghe, anche quelle più nascoste, delle nostre vite. Nel libro dell’Apocalisse il Signore così si rivolge al discepolo: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.” Questa frase sottolinea il gusto reciproco: cenerò con lui ed egli con me. Dio e l’uomo godono tutti e due della gioia dell’incontro, se questi apre la porta ed accogliere la sua visita.
Il racconto della visita di Gesù a Zaccheo ci si presenta dunque come il paradigma dell’incontro di Dio con l’uomo e ci aiuta a comprendere meglio come far sì che esso si realizzi anche nella nostra vita.
Tutto inizia con la curiosità di un pubblicano basso di statura. Il vangelo non specifica circa la nobiltà delle intenzioni di quell’uomo dalla fama molto discutibile, come già abbiamo visto domenica scorsa riguardo al pubblicano nel tempio di Gerusalemme. Egli è un poco di buono, trafficante, disprezzato da tutti, però è attratto e non si risparmia per “vedere chi era Gesù”. Zaccheo sa che quella molto probabilmente è l’unica occasione che ha di vederlo e non vuole in nessun modo perderla. Cioè ha un senso del momento che passa, della situazione che non si ripeterà uguale, e non lascia scorrere invano il tempo.
Ma in fondo non è così di ogni momento della nostra vita? Ogni occasione d’incontro è irripetibile e ogni persona unica, ma tante volte noi banalizziamo tutto perché concentrati sempre e solo su noi stessi, che siamo sempre gli stessi, e per questo nemmeno ci accorgiamo quando Gesù ci passa vicino.
Ma poi Zaccheo non esita a fare di tutto, pure a compiere quel gesto ridicolo di salire sull’albero, lui adulto e di rango, pur di incrociare il proprio sguardo con quello di Gesù: non vuole toccarlo, né parlargli, gli basta vederlo. Si gioca il tutto per tutto: ora o mai più.
Gesù è attratto da quell’atteggiamento e intuisce cosa vuol dire in profondità: è un segno del desiderio di incontrarlo, magari espresso male, implicito, ma forte. Per questo si ferma e gli si rivolge: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Per il pubblicano c’è stato bisogno di salire in alto per vedere Gesù: lo dicevamo anche domenica scorsa, il luogo della preghiera e dell’incontro con Dio è elevato, al di sopra della confusione brulicante del quotidiano, e bisogna uscire dal clima della ferialità scontata e caotica per guardare a sé e al mondo con uno sguardo non distratto né concitato. È quello che siamo chiamati a fare, dicevamo, ogni domenica alla Liturgia, sul monte santo della casa di Dio. Però allo stesso tempo Gesù invita subito Zaccheo a scendere da lassù, per entrare nel luogo più intimo della sua vita, casa sua. Sì, perché l’incontro con Dio inizia sul luogo elevato, ma ha bisogno poi di reimmergersi nella concretezza della vita ordinaria per orientarla e trasfigurarla, così come avvenne per Zaccheo.
All’autoinvito di Gesù il pubblicano è felice: tutto è cominciato per una curiosità banale, ma Gesù sa rendere decisivo e profondo anche lo sfiorarsi casuale delle nostre vite fra noi e a renderlo il luogo santo della visita divina. Potremmo dire che in ogni rapporto, in ogni situazione si può celare l’incontro col Signore, se noi sappiamo viverlo con interesse, cioè con quella curiosità che fece salire Zaccheo sul sicomoro per “vedere chi era Gesù”, se non lo lasciamo passare invano, con scontatezza e banalità, con lo sguardo chino su di noi nel basso delle nostre occupazioni quotidiane.
Quella folla si chiedeva: “perché Gesù vuole andare proprio da Zaccheo?” e aggiungeva il giudizio pesante su di lui: «È entrato in casa di un peccatore!» Credono che il Signore sia un ingenuo che si lascia ingannare dalle apparenze, in realtà è il contrario e sono loro a giudicare con superficialità. Non capiscono che l’amore di Gesù è irresistibilmente attratto dalla necessità di far vincere il bene dove esso è più minacciato, e Zaccheo non fa nulla per nasconderlo, anzi lo mette così bene in vista, fra i rami più alti del sicomoro: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.” È la legge della misericordia, lo abbiamo detto tante volte, che fa sovrabbondare l’amore di Dio proprio sul più debole, perché schiacciato della forza del male che si impossessa delle vite degli uomini per asservirle al proprio volere.
Ma in cosa consiste la salvezza che la misericordia di Gesù vuole realizzare umiliando la forza del male?
Lo vediamo in ciò che avviene in Zaccheo: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Per il pubblicano gli altri avevano valore per quanto possedevano, perché più erano ricchi e più da essi poteva esigere tasse e guadagno per sé, ed ecco che ora la sua predilezione si rivolge ai poveri; il suo scopo era trarre guadagno dal rapporto con gli altri, ed ecco che ora si fa generoso con chi non ha niente da dare in cambio, i più poveri; la prassi comune era fare sempre i conti a proprio vantaggio, traendo guadagno dagli altri in ogni caso, ma ora prevale la logica del debito nei confronti degli altri e del restituire in modo sovrabbondante. Insomma, la salvezza che il Signore porta è la conversione, un capovolgimento a 180 gradi del modo di giudicare e di agire del pubblicano.
Cari fratelli e care sorelle, Dio è alla ricerca dell’uomo: “Ecco sto alla porta e busso”, Dio ci passa accanto e vuole fermarsi con noi. Quanto è difficile però per noi volgerci a lui, alzarci dal basso del nostro trafficare e lasciarlo entrare in casa nostra. Ma non credo che questo sia un caso. Sì, forse noi abbiamo paura che veramente egli porti la salvezza anche a noi e facciamo di tutto perché non avvenga, perché non capiti, neanche per scherzo, di pronunciare anche noi quelle parole di Zaccheo: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».


 Preghiere 

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché entri nelle nostre vite e non ti scandalizzi della loro pochezza. Fa’ che ti accogliamo sempre con gioia e disponibilità a cambiare,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Signore a salire sul luogo alto della S. Messa per conoscere chi sei veramente. Liberaci il cuore e la mente da ogni idea banale e scontata che ci allontana da te,
Noi ti preghiamo


Posa il tuo sguardo o Signore Gesù sulle nostre vite e cambiale dal di dentro, perché siamo purificati da ogni peccato e lavati da ogni colpa, e possiamo così seguirti come discepoli fedeli,
Noi ti preghiamo


Insegnaci o Padre misericordioso a guardare senza malizia al fratello e alla sorella, perché scopriamo il debito di amore che ci lega ad essi e la necessità di restituire con generosità il molto che abbiamo ricevuto,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre del cielo i tuoi figli più piccoli, i poveri, i soli, i disperati, chi è senza consolazione. Aiutali a incontrarti come il vero liberatore dal male,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio tutti quelli che hanno subito i colpi del recente terremoto, per chi è provato nello spirito e nel corpo. Aiutali a mantenere lo sguardo fisso su di te che doni consolazione e aiuto a quanti lo invocano,
Noi ti preghiamo.



Fa’ o Signore che la tua Chiesa nel mondo sia ovunque segno di riconciliazione fra gli uomini e invito a vivere la pace vera. Dona a ciascuno dei tuoi discepoli il coraggio dell’amore e l’audacia del perdono,
Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio il papa Francesco che guida gli uomini di buona volontà sulla via della pace. Donagli salute e forza per condurre il tuo gregge nel pascolo del Vangelo,
Noi ti preghiamo

XXX domenica del tempo ordinario - Anno C - 23 ottobre 2016


Dal libro del Siràcide 35, 15-17.20-22
Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Salmo 33 - Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 4,6-8.16-18
Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 18, 9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di oggi ci propongono di soffermarci a riflettere sulla preghiera. Essa è qualcosa di essenziale e necessario per la vita del discepolo, direi che lo è come è necessario ad un bambino parlare con i genitori o chi si prende cura di lui. Ogni bambino ha bisogno di parlare con loro per chiedere ciò di cui necessita, dal cibo all’acqua da bere, o un vestito caldo quando ha freddo, ecc…; ne ha bisogno per chiedergli aiuto se si sente male, se è caduto, se è stanco; ne ha bisogno per chiedere i tanti “perché?” che i bambini hanno, per farsi spiegare come sono fatte le cose, come funzionano, perché esistono, ecc…; infine ne ha bisogno anche solo per godere della sua compagnia, per attirare la loroattenzione e sentirseli vicini. Sono tutti bisogni che capiamo bene e che anche noi abbiamo sperimentato con i nostri genitori o altre persone care, da piccoli.
Poi però si cresce, cioè si impara a fare come se non avessimo più bisogno di qualcuno accanto che ci aiuti, ci spieghi, ci faccia compagnia, ci guidi, come fanno la mamma e il papà col lorobambino. Questa potremmo dire è la condizione dell’adulto.
Lo stesso avviene nella preghiera. 
Anche come cristiani ci succede di diventare adulti, ed allora ci sembra inutile pregare, ormai non abbiamo più l’età di chi deve chiedere, abbiamo già le risposte e le risorse per fare da soli a guidare noi stessi, altrimenti ci sentiremmo infantili e ridicoli. Diveniamo cioè come quel fariseo di cui parla Gesù, che sta in piedi nel tempio, tutto soddisfatto di sé. Egli rivendica con orgoglio il diritto davanti a Dio di essere apprezzato e, in fondo, lasciato in pace. Di due cose si sente soprattutto forte: della sua onestà davanti agli uomini (ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano”) e della sua onestà davanti a Dio (“Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”). Quel pio israelita cioè è convinto di fare già tutto quello che è tenuto a fare, non è in debito né con gli uomini né con Dio. Per questo non ha bisogno né degli uni né dell’altro, è adulto autonomo e autosufficiente. La sua infatti non è una preghiera, ma una rivendicazione; egli non ha bisogno di pregare cioè di parlare con Dio come ci si rivolge ad una madre o ad un padre, ma presenta il conto dei suoi crediti e chiede a Dio il saldo.
Il racconto di Gesù ci mostra accanto a lui un’altra persona. Fin da subito si capisce che è  un poco di buono, e non può nascondere di esserlo. Come potrebbe, tutti sanno che è un pubblicano, cioè un israelita traditore e ladro, uno che guadagna sulle disgrazie altrui perché si mette al servizio degli sfruttatori del proprio popolo. Questo fatto però lo spinge ad aver coscienza del proprio peccato, e lo dimostra col modo di fare (“fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto”) e le parole (“O Dio, abbi pietà di me peccatore”). Quel pubblicano, al contrario del fariseo, sa di non essere a posto, di essere cioè in debito con gli uomini e con Dio. Sa di aver bisogno del perdono degli uni e dell’altro, e si rivolge a loro con umiltà, sperando nella loro misericordia.
Gesù sottolinea la differenza agli occhi di Dio fra questi due: il secondo, il peccatore, è giustificato, cioè torna a casa rivestito da Dio dell'abito magnifico della sua giustizia, mentre il primo no, non lo ha chiesto, perché già da solo si è cucito indosso l'abito della giustizia umana.
Ci sembra paradossale: chi ha fatto il male è trattato con amicizia da Dio, mentre chi è a posto è guardato da Lui con freddezza? Che giustizia è questa, il secondo non andrebbe punito per il male fatto? Invece è premiato con la benevolenza di Dio.
Cari fratelli e care sorelle, come già abbiamo detto altre volte, la giustizia di Dio è diversa dalla giustizia degli uomini, perché essa si esprime soprattutto come misericordia. Sì, il modo di fare giustizia di Dio è far vincere il bene dove esso è più minacciato, umiliato o annientato e lo fa con una dose sovrabbondante di amore che spiazza l’uomo e lo spinge dalla parte di Dio, perché gli fa sentire che egli lo ama come un figlio.
Per questo chi ha sperimentato la misericordia di Dio, o chi spera di sperimentarla, non può rivolgersi a lui come un adulto, sicuro di sé, a posto, autonomo e che sa il fatto suo. Egli torna ad essere un figlio piccolo, un bambino accanto alla madre da cui si aspetta tutto ciò di cui ha bisogno, e la sua attesa non resta mai delusa, perché Dio è un padre e una madre attenta e sollecita con i suoi figli.
Fratelli e sorelle, pregare non è tanto una pratica, ma una condizione, un modo di essere. La nostra preghiera non si limita al tempo, poco o molto che sia, che passiamo a recitare suppliche o lodi. Pregare significa innanzitutto coltivare in ogni momento della nostra vita la coscienza di essere figli, non preoccuparsi di mostrarsi quello che si è veramente in profondità: piccoli, deboli e peccatori, e per questo bisognosi di cura, guida, comprensione e misericordia. I poveri ce lo insegnano, ma non perché essi sono migliori di noi, ma perché, come il pubblicano ha capito, non possono nascondere il loro bisogno che li rende dipendenti in tutto dagli altri. Per vivere devono chiedere e sperare che qualcuno misericordioso si muova a compassione. Torniamo bambini davanti a Dio, poveri, bisognosi, senza vergogna né paura di chiedere aiuto, a lasciarci guidare, anche solo ad attirare l’attenzione su di noi, come fanno spesso i bambini, per il piacere di essere coccolati e ascoltati, di stare in compagnia di Dio. Scopriremo come l’adulto a posto è solo e disperato, mentre la fede da bambino rende forti davanti alla vita, pieni di fiducia e ricchi di speranza, invincibili contro il male della forza dell’amore di Dio, nostro padre e nostra madre.



Preghiere  

O Padre misericordioso, accoglici umili e peccatori. Perdonaci del male commesso e donaci la salvezza che viene dall’imitare te.
Noi ti preghiamo


O Dio fa’ che non viviamo orgogliosamente soddisfatti di noi stessi e convinti della superiorità sugli altri. Insegnaci a non temere la debolezza e a riconoscerci bisognosi dell’amore dei fratelli e del tuo perdono.
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù che ti sei fatto umile servitore degli uomini, insegnaci a non difenderci dal tuo amore e a non allontanare i fratelli e le sorelle per paura di scoprirci bisognosi del loro affetto. Aiutaci ad essere sempre pronti a voler bene.
Noi ti preghiamo


Ti raccomandiamo o Padre misericordioso tutti coloro che camminano sulla via del male e perdono la vita propria e quella degli altri. Fa’ che con il nostro esempio comprendano la gioia che viene dal vivere per il bene.
Noi ti preghiamo


O Signore del cielo aiutaci a combattere fin da ora la buona battaglia contro l’istinto ad allontanarci da te e a diffidare del prossimo. Fa’ che vittoriosi sul male conserviamo la fede.
Noi ti preghiamo


O Dio rendi il nostro cuore puro e umile, perché la nostra preghiera ti raggiunga oltre le nubi. Dona guarigione e salvezza a tutti coloro che ci sono a cuore, da’ pace e gioia a chi è nel dolore. Accogli nel tuo Regno i defunti.
Noi ti preghiamo.


O Dio che sei il re della pace, fa’ cessare ogni guerra e ogni violenza perché con cuore riconciliato ognuno sappia costruire un destino comune in cui c’è posto per tutti.
Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che chi annuncia il tuo nome e vive come tu hai insegnato possa toccare il cuore di chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo

sabato 15 ottobre 2016

XXIX domenica del tempo ordinario - anno C - 16 ottobre 2016


Dal libro dell'Èsodo 17, 8-13
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Salmo 120 - Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode, +
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 3, 14-4, 2
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 18, 1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.  Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».  E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Commento

Oggi è un giorno speciale, come sempre è eccezionale e straordinaria la domenica, perché ci prende e ci porta lontano dall’abituale scorrere del tempo, fatto di lavoro, di studio (per chi è più giovane) di tante occupazioni che ci riempiono le giornate. L’invito domenicale che ci raccoglie assieme attorno alla mensa del Signore ci tira fuori dal groviglio feriale dei mille affanni e ci accompagna su un monte, come fece Mosé in quella giornata di lotta fra il popolo d’Israele e Amalek, come abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo.
Sì, dove ci troviamo assieme oggi è un luogo alto, come un monte, perché è reso santo dalla presenza del Signore che ci parla. È vero, è una piccola chiesa, eppure ogni domenica il Signore ci invita a salire sull’alto colle di questa casa perché ci vuole parlare fuori dalla confusione feriale. Ecco che allora oggi anche da un luogo piccolo come Santa Croce, quasi nascosta nel centro di Terni, possiamo abbracciare con lo sguardo del nostro cuore tutto il nostro quartiere, ma anche di più, la città di Terni e il mondo intero.
Mosè quella mattina dal colle sul quale era salito poteva vedere ai piedi dell’altura la lotta che si svolgeva fra i due eserciti in combattimento. Anche noi qui dall’alto possiamo vedere le tante lotte, piccole e grandi che coinvolgono gli uomini e le donne attorno a noi. E questo è un dono del Signore, perché quando ci stiamo in mezzo neanche ce ne accorgiamo e troppo spesso diventiamo anche noi bellicosi combattenti, contrapposti. Anche noi viviamo le nostre battaglie per prevalere, imporre il nostro modo di vedere, per avere ragione, e così via. E’ così facile vivere infatti una cultura del nemico secondo la quale per sentirsi forti e contare qualcosa bisogna essere contro qualcuno. Per questo la Messa della domenica è un dono prezioso, perché ci fa salire in alto, ci fa smettere di sgomitare, e ci porta nel luogo santo dove possiamo incontrare il Signore che è la vera pace.
Mosè erra fuori dalla battaglia ma non la osservava come chi vede le cose con distacco. È preoccupato perché vede gente soffrire, combattere gli uni contro gli altri, odiarsi, farsi del male. Da questa battaglia dipende il futuro del suo popolo, per questo alza le braccia verso il Signore e invoca la sua protezione.
Anche noi, come Mosè, possiamo alzare le nostre braccia ed invocare la fine delle tante lotte che ci mettono gli uni contro gli altri: deboli contro forti; ricchi contro poveri; italiani contro stranieri, e viceversa. Possiamo invocare da Dio il dono della fine della condanna che pesa sugli anziani, lasciati tante volte da soli. La fine della tristezza dei più giovani che non riescono più a vedere una prospettiva per il loro futuro. La fine della sofferenza dei tanti che sono colpiti dalla crisi, che non sanno come andare avanti, che hanno perso il lavoro o che non lo trovano. La fine delle lotte sanguinose che provocano la fuga di tanti attraverso il mare, con gli esiti tragici che tutti noi conosciamo. Ogni domenica, dall’alto del monte della messa domenicale, vediamo tutta questa sofferenza attorno a noi e come Mosè abbiamo il potere di alzare le nostre braccia e pregare il Signore che non è sordo alla nostra invocazione e combatte dalla parte di chi rischia di soccombere sotto il peso del male.
Tante volte noi invece preferiamo non salire su questo monte, perché ci fa fatica, e nella mischia della vita quotidiana cerchiamo un angolo riparato e tranquillo in cui nasconderci nell’indifferenza. Un angolo nel quale ci illudiamo di sfuggire al male e di trovare la pace perché non vediamo quello che avviane attorno a noi e non ce ne sentiamo coinvolti. Ma, fratelli e sorelle, questa è una falsa salvezza dal male, perché esso non viene solo da fuori, ma, anzi, il più delle volte sgorga proprio da dentro di noi. Per questo gli diamo poco peso e lo tolleriamo quasi con noncuranza, perché fa parte di noi. Eppure le sue conseguenze non sono meno sanguinose e terribili della violenza che ci circonda. Le guerre che insanguinano i popoli nascono da cuori bellicosi e contrapposti.
Restando avvolti dell’indifferenza e dell’egoismo sanciamo la nostra condanna ad essere per sempre imprigionati alla schiavitù del male. L’unico modo infatti per vincere il male non è ignorarlo, ma combatterlo, in sé e negli altri, come fece Gesù che non sfuggì il male ma se lo assunse sulle proprie spalle, fin sulla croce.
 Non basta sentirsi a posto perché non si hanno responsabilità dirette nei fatti ai quali assistiamo a volte con sgomento, bisogna invece piuttosto riconoscere le radici del male in noi e attorno a noi ed estirparle. È il ruolo che Mosè si assume sul monte della preghiera. Partecipa con fatica e sofferenza alla guerra e, alzando le braccia e invocando l’aiuto di Dio, riesce a vincerla. Non confida infatti solo nelle sue forze, ma anzi ha bisogno di Aronne e Cur che sorreggano le sue mani. Mosè non è un eroe isolato: è debole e bisognoso di aiuto, come noi, e la sua forza è proprio nel farsi aiutare e nel coinvolgere altri nella sua battaglia contro il male.
Abbiamo bisogno del fratello e della sorella per vincere il male: la pace e la felicità a cui tutti giustamente aspiriamo non viene dall’isolamento dell’indifferenza, ma dall’alleanza con tanti con i quali sorreggersi le braccia l’un l’altro nello sforzo di voler più bene, fino a farci intercessori davanti a Dio.
Questa casa allora ogni domenica dilata le sue mura: non è più un luogo piccolo e insignificante, confuso nel caos della città, ma diventa un monte altro sul quale osservare il mondo, partecipare dei suoi dolori, avvertire con passione il suo bisogno di bene, e dove assieme ci sosteniamo per alzare le mani e chiedere a Dio la forza di fare nostra la battaglia contro il male del mondo.
Care sorelle e cari fratelli con questo sogno negli occhi invochiamo l’aiuto del Signore e la nostra vita cambierà, il mondo attorno a noi sarà migliore, più umano e caldo di amore.


Preghiere 


Ti ringraziamo o Dio misericordioso perché ci convochi sul monte santo della liturgia. Fa’ che usciamo dalla confusione della vita ordinaria per imparare a guardare al mondo con gli stessi tuoi occhi misericordiosi e buoni.
Noi ti preghiamo


Guida o Padre buono i nostri passi perché non ci disperdiamo su strade che ci allontanano da te e dai fratelli, ma, come una famiglia, ci incamminiamo assieme verso la domenica, luogo dell’incontro con te.
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, aiutaci a vincere le rivalità e le contrapposizioni che ci dividono dagli altri. Tu che sei mite e umile di cuore mostraci la via dell’amore che conduce alla pace vera.
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che tutti quelli che cercano un senso alla loro vita possano incontrarlo nell’amore che tu insegni. Guida i passi degli incerti perché incontrino fratelli e sorelle testimoni del vangelo e operatori di bene.   
Noi ti preghiamo



Dona o Signore la tua pace ai popoli in guerra, fa’ tacere le armi e aiuta tutti gli uomini a vivere con animo riconciliato, perché nessuno più muoia e soffra per mano del fratello.
Noi ti preghiamo


Sostieni o Padre misericordioso tutti coloro che sono nel bisogno: chi è senza casa, chi è solo e nel dolore, i malati e i sofferenti. Dona al mondo intero guarigione e salvezza.
Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi o Dio i tuoi discepoli ovunque essi vivano. Fa’ che le loro parole e le loro azioni parlino di te a chi ancora non ti conosce.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti quelli che sono in pericolo in mare alla ricerca della libertà e della pace. Proteggi il loro viaggio e salvali dalla morte, fa’ che trovino un approdo sicuro e braccia accoglienti.
Noi ti preghiamo


XXVIII domenica del tempo ordinario - anno C - 9 ottobre 2016


Dal secondo libro dei Re 5, 14-17
In quei giorni, Naamàn, il comandante dell’esercito del re di Aram, scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato dalla sua lebbra. Tornò con tutto il seguito da Elisèo, l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore».

Salmo 97 - Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 8-13
Figlio mio,  ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.  Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

Alleluia, alleluia alleluia.
In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il  Vangelo del Signore oggi ci si presenta innanzitutto come un viaggio. Non a caso il brano è tutto pieno di parole che indicano il movimento: Cammino, attraversava, entrando, vennero incontro, andate, tornare indietro, ecc... La vita di Gesù si svolge per lo più sulle strade, nelle piazze, lungo le vie, e lì incontra le tante persone con cui ha un rapporto.
Questo non è un caso, ma sta a significare che la vita con Dio è un cammino: uscire da sé stessi e andare verso una meta che sono gli altri e Dio stesso. Chi sta fermo non è con Dio, perché rifiuta la compagnia di qualcuno che non sta fermo su se stesso. È la stessa esperienza fondante del popolo di Israele: l’esodo dalla terra di schiavitù per andare verso la terra promessa. E non a caso tre volte al giorno il pio israelita recita la preghiera Shemà Israel, che ricorda proprio questa realtà peregrinante dell’uomo di Dio.
A noi il viaggio fa paura: si incontrano realtà sconosciute, persone diverse, si fa fatica, ci vuole tempo. Noi preferiamo la sedentarietà di una situazione in cui conosciamo l’ambiente e sappiamo bene come sono le persone con cui abbiamo a che fare. Ma il nomadismo è nel DNA della nostra fede: Abramo, il padre dei credenti, il primo a cui Dio promise un futuro grande e felice, promessa di cui anche noi cristiani, ultimi arrivati, siamo eredi proprio perché innestati nella sua discendenza, era un nomade e Dio gli chiese come primo gesto di fiducia di uscire dalla sua terra e di lasciare la casa della sua famiglia per intraprendere un viaggio.
Anche ai lebbrosi che invocano la guarigione Gesù chiede di intraprendere un cammino: “Andate a presentarvi ai sacerdoti.” Sembra una proposta sciocca: cosa potranno mai sperare di ottenere?
Gesù chiede innanzitutto di uscire da una vita centrata solo su se stessi e di andare incontro all’altro. Lì c’è la salvezza dalla malattia, la peggiore delle malattie, come era la lebbra al tempo di Gesù, perché non solo minava la salute fisica, ma allontanava da tutti e rendeva intoccabili e inavvicinabili. Sembra un paradosso, ma proprio a coloro che erano allontanati da tutti il Signore chiede di andare verso gli altri!
Anche noi tante volte abbiamo mille motivi per sentirci distanti dagli altri: con tutto quello che mi hanno fatto o che non hanno fatto per me, perché io dovrei andare incontro all’altro? Oppure, più semplicemente, non ci interessa ciò che non riguarda noi stessi, specie se questo richiede uno sforzo di uscire dal proprio piccolo mondo per entrare in un altro ambiente sociale, culturale, di abitudini. E così restiamo per conto nostro a rimuginare sui torti subiti e i diritti non riconosciuti, sulle nostre particolarità e sulla diversità degli altri che sembra inconciliabile con noi. Gesù ci chiede innanzitutto di uscire da questa “prigione volontaria”. Sì, è una vera e propria prigione, di cui noi possediamo le chiavi, poiché siamo noi stessi che allontaniamo gli altri, che li avvertiamo come un fastidio inutile o ingombrante.
Il vangelo dice che “mentre essi andavano, furono purificati.” Cioè il muovere il primo passo verso l’altro è già l’inizio della guarigione, già mentre siamo ancora in viaggio, ancora prima di arrivare alla meta. È forzare la nostra chiusura, la diffidenza, le paure, le difese che ci apre alla felicità di far entrare la vita degli altri nella nostra. Sembra paradossale, perché è l’esatto contrario di quello che ordinariamente si crede. Dicono: pensa a te stesso, stattene per conto tuo, e avrai meno problemi, sarai più felice. Il Signore ci indica la via opposta e, come sempre, è lui a fare per primo quello che chiede agli altri: lui infatti va incontro a tutti, pure a noi, persino si avvicina ai lebbrosi, non li evita, nonostante fossero considerati pericolosi: li incontra, li ascolta e li guarisce. E la prima guarigione sta proprio in quel nuovo rapporto umano che li fa uscire dall’isolamento.
La meta del viaggio che Gesù indica a quei dieci è il tempio, dove i lebbrosi potevano essere riaccolti nella comunità e dove ringraziare Dio con un’offerta per la guarigione ottenuta. Il Signore chiede fiducia piena nel suo aiuto: ancora prima di essere guariti considerarsi già sanati e pronti a ringraziare Dio per il dono ottenuto, come afferma nel vangelo di Marco: “Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà.” (Lc 11,24). È la fede di un bambino che sa già che otterrà quello che sta per chiedere al padre che lo ama così tanto. Ma non basta la fede, ci vuole anche la gratitudine per il dono ricevuto. Su dieci solo uno torna a rendere lode e ringraziare, ed è solo lui che ottiene oltre alla guarigione anche la salvezza. Anche noi troppo spesso non siamo mai soddisfatti, sempre lamentosi e recriminatori, perché siamo incapaci di essere grati di quanto abbiamo ricevuto. Sembra che quello che abbiamo e quello che siamo invece di essere un dono immeritato e generoso da parte di Dio è un diritto per il quale non c’è bisogno di essere grati a nessuno.
Fratelli e sorelle, accogliamo questo invito ad essere uomini e donne pronti a uscire dal chiuso di una vita  che allontana gli altri, basta fare il primo passo e la guarigione ci aprirà ad un senso grato della vita. E’ il primo passo che porta alla salvezza, perché è il Signore che compirà gli altri e ci guiderà alla vita che non finisce.


Preghiere


O Dio ti ringraziamo perché ci liberi dalla prigione di una vita chiusa dal piccolo orizzonte individuale, per aprirci alla libertà di un amore senza confini.
Noi ti preghiamo



Guidaci, o Signore Gesù, sulla via che ci conduce all’incontro con il fratello e la sorella, perché aprendo la nostra vita ad essi impariamo a vivere come figli di un unico padre.
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Signore Gesù a vincere la paura che ci chiude all’incontro con i fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi del nostro aiuto. Fa’ che sappiamo vedere nel volto di chi incontriamo qualcuno da amare e a cui tendere la mano amica.
Noi ti preghiamo


Guida o Signore tutti coloro che sono persi nei sentieri tortuosi del male e non trovano la strada per incamminarsi verso di te. Fa’ che, anche con il nostro esempio, la tua Parola orienti i loro passi e illumini il loro cammino.
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio del cielo tutti coloro che sono colpiti dal male e soffrono a causa della violenza della natura. Per le vittime dell’uragano ad Haiti e negli Stati Uniti, fa’ che trovino presto il sostegno e la consolazione di cui hanno bisogno.
Noi ti preghiamo


Guarda con amore a noi tuoi figli e, nonostante il nostro peccato, ti preghiamo di guidare i nostri passi sulla via del bene. Fa’ che, fidandoci del tuo amore misericordioso, affidiamo a te la nostra salvezza.
Noi ti preghiamo.


Proteggi e sostieni o Padre del cielo tutti coloro che annunciano la tua Parola e cercano di viverla, perché il tuo Nome porti salvezza e vita dove oggi regnano le tenebre.
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Padre Santo, di essere sempre al nostro fianco perché anche nei momenti bui e di dimenticanza sappiamo accorgerci della tua presenza amorevole ed essere grati per la tua grande bontà.

Noi ti preghiamo

sabato 1 ottobre 2016

XXVII domenica del tempo ordinario - anno C - 2 ottobre 2017


Dal libro del profeta Abacuc 1,2-3; 2, 2-4
Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mente; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

Salmo 94 - Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! +
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1,6-8.13-14
Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 5-10
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il brano del vangelo di Luca che abbiamo ascoltato si apre con una richiesta sintetica e fondamentale che i discepoli rivolgono a Gesù: «Accresci in noi la fede!» Se guardiamo il passo che precede questa richiesta vediamo che essa è suscitata dall’invito di Gesù di perdonare chi si comporta male contro di sé: “Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai”. Sette volte al giorno, cioè sempre: ecco la misura del perdono, così esageratamente abbondante e generosa, che il Signore chiede ai suoi.
Sappiamo bene quanto costa perdonare, figuriamoci poi chi è ripetitivo e pervicace nel suo errore: che senso ha perdonare sempre, non c’è un limite da porre, un argine all’errore e ai torti da subire?
È stupefacente la profondità dell’intuizione dei discepoli, i quali, messi davanti a questa esigenza, comprendono che la capacità di perdonare è qualcosa che va al di là del giudizio umano e spesso supera le stesse capacità naturali di ciascuno di noi, ma deve trovare una fonte più profonda alla quale alimentarsi, che è proprio la sorgente inesauribile della fede. Sì, non si tratta di affinare tecniche psicologiche o di imporsi ulteriori regole; davanti alla forza del male che talvolta ci si presenta nei comportamenti delle persone che abbiamo accanto esse non bastano, c’è bisogno di una forza ulteriore che solo la fede può dare.
La liturgia di oggi ci fa soffermare su questa richiesta del Signore e sulla conseguente richiesta dei discepoli di accrescere la loro fede proprio al termine di questo anno in cui papa Francesco ci ha posto l’esigenza di imparare dal Signore la misura della misericordia. Essa è fondamentale nella vita cristiana, poiché si manifesta prima di tutto a noi uomini come la fede che Dio dimostra nell’uomo attraverso l’esercizio largo del suo perdono. Sì Dio ha una tale fiducia nell’uomo da offrirgli sempre la possibilità di riscoprire e rafforzare la parte migliore di sé, mettendo in disparte quella peggiore. E questo non perché noi siamo perfetti, ma perché Dio dà fiducia a quelli che ama.
Possiamo allora a ragione dire che la nostra fede in Dio si fonda sulla fede che Dio, prima di tutto, ha riposto in noi, particolarmente nella nostra capacità di cedere alla sua insistente richiesta di voler bene ai fratelli e alle sorelle. Sì Dio si fida al di là di ogni ragionevolezza e prudenza di noi uomini, ci affida il tesoro del suo amore, ce lo regala con larghezza perché spera che susciti in noi altrettanto amore, anche se spesso rimane deluso.
La risposta di Gesù alla domanda dei discepoli è paradossale, poiché la logica del perdono è paradossale rispetto al modo normale di ragionare. Essa trova una sua giustificazione solo in chi fa prevalere le ragioni della fede, cioè della fiducia in Dio, per rafforzare la propria fiducia negli uomini e vincere sulle ragioni dello scetticismo e del realismo prudente.
Gesù usa due esempi: l’esempio dell’albero che obbedisce alla richiesta dell’uomo di fede di sradicarsi e gettarsi in mare ci insegna che chi ha in Dio non ha paura di disancorarsi dalla solidità certa e rassicurante del terreno delle proprie ragioni, anche quelle reali e motivate dai fatti, ma accetta di tuffarsi nel mare dell’amore di Dio, così largo e profondo che ci disorienta, ma che permette di prendere il largo dalla misura stretta della propria esistenza. Sì perché la risposta della rivalsa o del rancore rafforza il male e ne moltiplica le radici rendendolo sempre più compenetrato con la nostra esistenza.
Il secondo esempio del servo che non si aspetta ringraziamenti per aver compiuto il proprio dovere ci insegna che voler bene così da perdonare sempre non è una concessione magnanima, ma solo la restituzione, mai sufficiente, di quanto abbiamo ricevuto da Dio, di quel debito che mai si estinguerà.
Due esempi concreti e semplici, ma che ci rendono bene l’idea della paradossalità della logica dell’amore che si fonda sulla fede e apre la vita dei discepoli al perdono da chiedere e da offrire agli altri. Sì, perché l’amore si può fondare su tante cose: la convenienza, il timore, l’abitudine, ed in questi casi le fondamenta non sono solide, ma passeggere e mutevoli, perché cambiano con il cambiare delle situazioni. Solo l’amore che si fonda sulla fiducia in Dio che non smetterà mai di volerci bene e che proprio per questo ci chiede di fidarci che con l’amore possiamo vincere tutto, anche la forza del male attorno a noi, solo questo amore nutrito di fede ci dona la pienezza di una vita solida, piena di significato e felice.



Preghiere 


Ti preghiamo o Signore Gesù di donarci la fede che permette di amare e perdonare i fratelli. Fa’ che la misericordia con cui tu guardi alla nostra debolezza ci insegni l’umiltà del perdono,
Noi ti preghiamo


O Dio Padre buono rafforza in ciascuno di noi le ragioni della fiducia in te e negli uomini, perché, confermati dalla fedeltà con cui ci continui ad amare nonostante tutto, sappiamo a nostra volta rafforzare negli altri il desiderio di bene,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio quanti si spendono per far prevalere nel mondo la pace e la giustizia. Per chi opera in situazioni difficili e pericolose per il bene di chi ha bisogno di aiuto,
Noi ti preghiamo


Apri o Dio le porte dei nostri paesi ricchi d’Europa perché non accada più che qualcuno debba morire per cercarvi rifugio e salvezza dalla miseria. Fa’ che nei popoli europei vinca la solidarietà e l’accoglienza sulla paura e il rifiuto,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per tutti i paesi in guerra da cui tanti uomini, donne, anziani e bambini sono costretti a fuggire con grandi sofferenze e pericoli. Dona pace al mondo intero,
Noi ti preghiamo


Abbi pietà o Dio e volgi il tuo sguardo sui Paesi dove l’umanità soffre per la fame e la miseria, dà a ciascuno il necessario per vivere dignitosamente e fa’ che nessuno debba più abbandonare casa e famiglia per salvarsi dalla povertà,
Noi ti preghiamo.


Ti preghiamo o Padre del cielo per il nostro papa Francesco che si è fatto pellegrino ad Assisi per invocare il dono della pace. Perché l’esempio di San Francesco sia insegnamento per tutti noi e ci guidi all’umile vicinanza ai crocifissi del mondo,
Noi ti preghiamo


Dona pace e salvezza alla tua Chiesa ovunque diffusa, specialmente dove è perseguitata e nel dolore, in tutti i luoghi in cui il tuo nome è combattuto e offeso nella vita di tanti discepoli,

Noi ti preghiamo