sabato 26 novembre 2016

I domenica di Avvento - Anno A - 27 novembre 2016



Dal libro del profeta Isaia Is 2,1-5
Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie  e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore. 

Salmo 121 - Andiamo con gioia incontro al Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù del Signore, +
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.

Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 11-14
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Mostraci, Signore, la tua misericordia
donaci la tua salvezza.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 24, 37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi un nuovo anno di preghiera e vita con il Signore. come già dicevamo domenica scorsa, il tempo di Dio segue ritmi e tappe diverse da quello del mondo, per questo ci forza a guardare alla nostra esistenza senza scontatezza, ma cogliendo in essa i semi di novità che il Vangelo vi deposita, perché essi germoglino e crescano nella lunghezza del tempo.
Oggi lo fa proponendoci di vivere questo tempo di attesa che è l’Avvento. In questo caso possiamo dire che il mondo, a differenza di altri tempi liturgici, come ad esempio fa per la Quaresima e la Pasqua, non fa finta che esso non esista, ma cerca di impossessarsi dell’Avvento per farne qualcosa di estraneo alla fede cristiana, per poi proporcelo stravolto. Il tempo di attesa della nascita del Signore è stato trasformato nel tempo delle compere, della preparazione dei regali; la festa di Natale da occasione per rinsaldare e ampliare i vincoli di amicizia o di parentela nell’autenticità della gioia per la venuta del Salvatore ci viene proposta come occasione per rinchiuderci nella nostra cerchia ristretta, escludere che non ne fa parte; così come la generosità si trasforma in consumismo, la gioia intima e serena in ubriacatura sguaiata, la meditazione e l’attesa in distrazione e frenesia, ecc… Insomma quella che era nata come la festa a qualcuno che viene, è divenuta la festa che ciascuno fa a se stesso.
Ebbene la liturgia di oggi viene a proporci proprio questo: di uscire da questo senso scontato del Natale, con i suoi riti e le sue tradizioni che si ripetono immutate, per gioire della novità che il Vangelo viene a portare nella nostra vita, la novità del Signore che nasce.
Per questo oggi con voi vorrei pormi una domanda: ma perché Gesù è nato, si è fatto uomo, affrontando il rischio di non essere riconosciuto e compreso? Che bisogno c’era?
La storia poteva continuare il suo corso normale, si sarebbero succeduti i regni della terra e l’umanità sarebbe evoluta egualmente con il suo progresso scientifico e sociale.
Lo stesso possiamo dire di ogni singola persona: che bisogno c’è che Gesù nasca anche quest’anno nella mia vita personale? Se “saltassimo” l’Avvento e il Natale non continuerebbe tutto ugualmente anche nella nostra vita personale? In fondo il famoso detto popolare sull’Epifania “che tutte le feste si porta via” non sta proprio a significare che finite le feste tutto torna come prima, come una parentesi aperta e chiusa che non lascia traccia?
Rispondere alla domanda “che bisogno c’è che Gesù nasca anche quest’anno nella mia vita personale?” non è facile. Proprio per questo, la Chiesa con sapienza ci offre l’opportunità di avere un tempo sufficientemente lungo per riflettervi sopra, che sono appunto le quattro settimane del tempo di Avvento. È un tempo pertanto utile e prezioso, da non lasciarsi sfuggire con distrazione e superficialità.
Oggi il Vangelo ci propone di cominciare questo Avvento rivivendo l’esperienza di Noè e della sua arca: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Il libro della Genesi ci presenta con queste parole la decisione di Dio di mandare un grande diluvio di purificazione della terra: “Dio guardò la terra ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra … perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra.” (Gen 6,12-13). La preoccupazione del Signore è che la terra è in preda alla violenza, perché gli uomini hanno rovinato la bellezza e la bontà con cui Dio aveva voluto improntare la sua creazione, a partire proprio da se stessi.
Se noi guardiamo ai nostri tempi la preoccupazione di Dio potrebbe essere ripetuta e anzi rafforzata. Il mondo è stravolto dalla piccola e grande violenza con la quale gli uomini sopraffanno i loro simili e tutto il creato. Il desiderio di un benessere senza limite gli fa distruggere la natura e il suo ordine delicato, ma così meraviglioso, che regola i cicli vitali di tutti gli esseri viventi in modo armonioso e reciprocamente utile. E lo stesso desiderio di un benessere senza limite corrompe anche i rapporti fra gli uomini: quelli che Dio ha creato fratelli e sorelle sono diventati nemici che si combattono con armi distruttive; sfruttatori che usano l’altro per il proprio vantaggio e quando non gli serve più lo abbandonano come uno scarto; persone indifferenti all’altro, egoisticamente interessate solo a se stesse, ecc…
Se ciascuno di noi guarda con onestà a se stesso quanti segni di questa corruzione può trovare, nel proprio modo di comportarsi con gli altri, o negli stili di vita che ha adottato accettando un ordine iniquo e perverso che porta distruzione e dolore?
Davanti a questa realtà Dio ci propone oggi di vivere un tempo di purificazione, lasciando spazzare via dal diluvio dell’acqua purificatrice le incrostazioni di male che si sono attaccate alla nostra vita. Il Signore oggi ci offre di salire su un’arca di salvezza che è la sua Chiesa, lasciandoci dietro i sentimenti violenti e le abitudini malvage, perché l’acqua del diluvio le cancelli dalla faccia della terra.
L’arca accolse gente diversa assieme agli animali di ogni genere, per dire che questa offerta è per tutti, purché siano disposti a lasciare dietro di sé il male che li ha invasi: nell’arca non c’è posto per esso. L’arca ondeggiò per un lungo tempo sulle acque tumultuose del diluvio. Questo tempo di Avvento sia per ciascuno di noi un tempo tumultuoso di liberazione dai sentimenti violenti e dalle abitudini malvage; ci vorrà un po’, serve pazienza, coraggio e tenacia, ma l’arca è forte e ci accoglie con misericordia. Dio non giudica ma offre a ciascuno un posto su di essa. L’alternativa fratelli e sorelle è essere travolti dai flutti, perché chi non si lascia purificare dalla violenza che ha in sé diventa vittima di quegli stessi istinti distruttivi che rivolge agli altri, ma corrodono anche se stessi. Accogliamo allora volentieri l’invito che oggi ci è rivolto, non rifiutiamolo perché affezionati al nostro modo di essere abituale, e attraversiamo la porta che ci introduce all’arca di salvezza, lasciandoci dietro, fuori, il peggio di noi stessi perché il Signore lo sommerga con i flutti del suo amore.
È la prima tappa di questo Avvento, la prima risposta sul perché abbiamo bisogno che Dio nasca di nuovo in me. Viviamo questi giorni benedetti lasciando che la Parola di Dio operi in noi, ricordiamocela nelle nostre giornate, applichiamola alla nostra vita quotidiana, e la venuta del Signore a Natale sarà per noi veramente la grande gioia dell’incontro con la nostra salvezza.


Preghiere

O Signore che vieni e visiti le nostre vite, ti preghiamo perché sappiamo accogliere con gioia questo tempo in cui prepararci all’incontro con te. Fa’ che non crediamo di poterci salvare da soli ma accettiamo di far parte del popolo largo dei tuoi figli.
Noi ti preghiamo


Con pazienza e fedeltà, o Signore, ci guidi in questo tempo di crisi e disorientamento. Aiutaci a trovare la via che conduce all’arca di salvezza che è la Chiesa, la quale accoglie tutti coloro che ti cercano.
Noi ti preghiamo


In questo tempo di Avvento o Signore fa’ che non viviamo presi dall’affanno per noi stessi e distratti dalle abitudini banali. Aiutaci a prepararci perché possiamo riconoscerti re e salvatore delle nostre vite.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio del cielo per questo nostro mondo, attraversato da correnti di odio e di violenza. Dona la tua pace a tutti coloro che ora sono sottoposti alla durezza della guerra, guarisci i cuori induriti dall’inimicizia e aprili al tuo amore.
Noi ti preghiamo



Salva o Dio questo tuo popolo. Fa’ che le nostre invocazioni siano ascoltate e che il tuo aiuto non ci venga mai meno. Confermaci nel bene che cerchiamo di compiere e impedisci che i nostri piedi percorrano le vie del male.
Noi ti preghiamo


Consola o Padre misericordioso chi è nel dolore: i poveri, i disperati, i senza casa e senza famiglia, i prigionieri, i malati. Guida i nostri passi sulla via della misericordia per chi è debole e dell’aiuto fraterno a chi ne ha bisogno.
Noi ti preghiamo.


Benedici o Padre chi nel mondo annuncia il Vangelo e testimonia la tua pace. Proteggi ovunque i tuoi discepoli, specialmente dove la loro vita è minacciata. Incoraggia chi è timido nel proclamare la salvezza che viene dal tuo Nome.
Noi ti preghiamo


Perdona o Dio clemente il male che compiamo e ispiraci sentimenti di bontà e pace. Fa’ che in questo tempo di attesa ci prepariamo ad incontrarti povero e piccolo.

Noi ti preghiamo

venerdì 18 novembre 2016

XXXIV domeica del tempo ordinario - Festa di Cristo Re dell'universo - Anno C - 20 novembre 2016


Dal secondo libro di Samuele 5, 1-3
In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha det­to: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

Salmo 121 - Andremo con gioia alla casa del Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 12-20
Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 23, 35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Commento
Cari fratelli e care sorelle, oggi si conclude un anno con il Signore. Il tempo di Dio, della nostra vita con lui non segue il calendario degli eventi mondani, né il ritmo delle nostre vicende personali, ma ha una sua cadenza perché noi ci adeguiamo ad essa. La nostra tendenza infatti è far ruotare tutto attorno a noi stessi, imprimere alla nostra vita il ritmo delle nostre personali vicende. Oggi la Liturgia ci richiama ad un tempo diverso che chiude con questa domenica un anno e, la domenica prossima, ne apre un altro con l’inizio dell’Avvento. È una liberazione dalla schiavitù di se stessi, dei propri alti e bassi, dei motivi di amarezza e insoddisfazione, delle recriminazioni o esaltazioni futili e passeggere, per assumere invece una dimensione più matura, più sapiente che è quella di un cammino con Dio dentro una storia vasta e lunga come l’umanità tutta intera. Non più i piccoli orizzonti agitati o depressi, ma le grandi visioni che donano alla nostra esistenza la vera dimensione che Dio sogna per ciascuno di noi.
È la visione contenuta nella lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato, quella di una signoria di Dio sulla vita dell’uomo e dell’universo intero, proprio perché possano vivere il grande destino di salvezza che lui ha preparato: Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.” È questo il messaggio che oggi ci giunge da questa festa nella quale ricordiamo che fine e pienezza della storia, del mondo e mia personale, è nella volontà di salvezza che Gesù è venuto ad indicarci con le parole e la sua stessa vita.
Ma in cosa consiste questa volontà di salvezza?
Oggi, come sappiamo, si conclude con la cerimonia di chiusura della porta santa di S. Pietro in Roma il Giubileo della misericordia. È stata un’occasione che ci è stata offerta di fermarci per un anno intero su una dimensione che ci manifesta pienamente la volontà di salvezza di Dio per la vita di ciascuno. Non a caso noi cominciamo ogni domenica la nostra liturgia con l’invocazione “Kyrie eleison, Christe eleison!” Invochiamo la misericordia di Dio, perché sappiamo che essa è la porta che ci introduce alla sua presenza e alla sua compagnia, che ci consente cioè di ascoltare e conoscere la sua volontà di salvezza per noi. Non rivendichiamo i nostri diritti o non ci vantiamo dei nostri meriti; non chiediamo a Dio di essere “giusto” con noi, ma misericordioso, perché solo così siamo introdotti all’incontro con lui. Ne parlavamo due domeniche fa esaminando le figure del fariseo, orgoglioso della sua coscienza a posto e del tanto che aveva fatto, e dell’umile pubblicano, incapace di guardare a testa alta il Signore e pronto a invocare la sua misericordia. Gesù ci ricorda come quest’ultimo torna a casa giustificato dall’incontro con lui che lo ha rivestito dell’abito della volontà di salvezza di Dio, mentre l’altro ne resta privo, anzi incapace di desiderarlo.
Oggi la liturgia ci propone ancora una volta la grandezza del dono della misericordia, e lo fa facendoci ascoltare il Vangelo della crocefissione di Gesù. Sembra un paradosso: la Signoria di Dio salvatore dell’universo si può manifestare nel momento della sua umiliazione massima, nell’ora della sconfitta e della sottomissione alla forza del male, la croce?
Possiamo dire che la croce è il più grande ed eloquente monumento all’assenza di misericordia. Ha condannato colui che non ha mai giudicato, ma ha sempre amato, colui che non si è messo dalla parte del giusto, ma del colpevole, colui che ha preso il suo posto per salvarlo con la forza invincibile dell’amore. Sulla croce Gesù si è fatto volontariamente colpevole per mostrare al mondo dalla parte di chi sta Dio, anche se per questo resta isolato, rifiutato, abbandonato, come tutti i giudicati. Ci mostra in modo crudo e tragico come è il mondo senza misericordia: spietato, violento, ingiusto, disumano.
Ma con la croce il Signore ci mostra anche la vera fonte inesauribile della misericordia. Infatti Gesù dalla croce non maledice, piuttosto invoca la misericordia del Padre per chi lo stava uccidendo: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), e invoca per sé la misericordia degli uomini implorando, fra le sue ultime parole, “Ho sete” (Gv 19,28). Invita Maria e Giovanni ad accogliersi l’un l’altra con la misericordia di un figlio e di una madre (Gv 19,26-27). Guarda con occhio misericordioso al suo compagno di sventura, un criminale pentito: “oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Per questo la croce è per i cristiani non  tanto il simbolo della vittoria del male sull’uomo, ma un simbolo che il male può essere vinto con la misericordia invocata da Dio per gli altri, chiesta agli altri per sé, sollecitata agli uomini per gli altri uomini.
Don Primo Mazzolari fa rivolgere da Dio Padre queste parole davanti al Figlio crocifisso: “Mio Figlio m’ha legato le braccia. Egli ha legato per sempre le braccia della mia giustizia, per sciogliere eternamente le braccia della mia misericordia” ed aggiunge: “L’uomo visto dall’alto della croce … è quella povera creatura che prima di essere colui che ci fa morire, è colui per il quale moriamo.”
Fratelli e sorelle, l’anno santo si conclude, ma ci lascia una grande eredità. Quella di vivere la misericordia che Gesù ha fatto scaturire come da una sorgente inesauribile sulla croce. È questa la  salvezza che egli è venuto a portare e che la lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato estende ad un orizzonte che avvolge il mondo intero. È quello che chiede il ladrone dalla sua croce: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.” Egli si affida alla misericordia di quel condannato che sembra impotente, ma invece è forte del potere più grande che ci sia, quello di perdonare, amare, essere misericordioso. Egli non si ribella e non maledice, e non rinuncia a beneficare chi gli sta accanto.
Accettiamo anche noi la sua signoria, facciamo nostra la passione di amore e di misericordia che trasforma il mondo dal di dentro e lo avvicina sempre più alla gioia senza fine del Regno. Ne riceveremo una grande libertà, da un orizzonte angusto e dalla schiavitù del male che vorrebbe legarci sempre più tenacemente al suo desiderio di morte, alla spietatezza della disumanità.



Preghiere 

O Signore nostro Gesù Cristo, ti ringraziamo per la misericordia che hai donato a chi ti era accanto, fino alla fine, e con la quale continui ad amare ogni uomo. Fa’ che ci rendiamo sempre conto dell’amore che riceviamo per poterlo ricambiare con generosità,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Signore Gesù a sconfiggere la forza del male con il bene, a neutralizzare l’odio con la benevolenza, a vincere la violenza con la mitezza, come tu hai fatto sulla croce,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Dio per un anno passato in tua compagnia che oggi si conclude. Fa’ che il nuovo tempo che si apre sia un tempo di conversione e di ascolto del Vangelo,
Noi ti preghiamo


Accogli con benevolenza Dio quanti ti cercano, anche se non sanno bene come fare e dove trovarti. Mostra il tuo volto misericordioso e benigno che attira ognuno verso di te,
Noi ti preghiamo




Sostieni o Dio ogni uomo e donna debole e colpito dalla forza del male. Ti preghiamo per i tanti che con il terremoto in Italia e in Nuova Zelanda hanno perso tutto e sono stati colpiti nel corpo e nello spirito; dona loro consolazione e speranza,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo anche o Dio per tutti coloro che sono sconvolti dalla guerra e dalla violenza. Accogli quanti sono stati prematuramente strappati alla vita dalla forza cieca dell’odio, consola i loro cari, dona la pace,
Noi ti preghiamo.



Proteggi o Padre buono ogni uomo che si affida a te per trovare consolazione nel dolore e salvezza nel pericolo. Per chi è prigioniero e oppresso, per chi è anziano e malato, salva tutti o vero amico degli uomini,
Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Dio il papa Francesco, perché sia sempre pieno del tuo Spirito di amore e di misericordia e indichi ad un mondo disorientato la via per salvarsi,
Noi ti preghiamo





XXXIII domenica dfel tempo ordinario - Anno C - 13 novembre 2016


Dal libro del profeta Malachìa 3, 19-20
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Salmo 97 - Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani, +
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3, 7-12
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Alleluia, alleluia alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 21, 5-19
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, e letture della liturgia odierna ci pongono davanti ad una realtà dalla quale spesso distogliamo la nostra attenzione, evitando di soffermarci, come una realtà tanto evidente e certa quanto altrettanto da sfuggire. Si tratta del dato di fatto indubitabile della finitezza della nostra vita e delle realizzazioni umane.
Il Vangelo di Luca inizia oggi presentandoci i discepoli intenti ad ammirare la solidità e bellezza delle mura del tempio di Gerusalemme, monumento possente e grandioso. Davanti a questa ammirazione Gesù osserva che quelle pietre non sono eterne e che anch’esse, per quanto allora  potevano sembrare incrollabili, sarebbero andate incontro alla loro rovina. Ed infatti la storia ci insegna che meno di cinquanta anni dopo ciò accadde realmente.
Eppure gli uomini hanno sempre cercato di negare la propria transitorietà affidando a qualche realizzazione lo scopo di rendere duratura la propria esistenza. Questo non riguarda solo i potenti della storia, coloro che hanno compiuto imprese grandiose e ad esse hanno affidato la loro fama. Ciascuno di noi infatti, a modo suo, è spinto dal timore di soffermarsi a riflettere su quella realtà e fugge con diversi sotterfugi. Il primo modo di sfuggire è quello di affidarci ad alcune certezze che ci possano dare un senso di sicurezza, come quelle pietre del tempio. Sono le certezze di una normalità che sembra porre al riparo dagli imprevisti; le sicurezze che vengono dal sentirsi approvati, stimati ben visti e giudicati; le certezze del benessere e della salute, della giovinezza, allungata con un senso scaramantico come se potessimo così assicurarci l’eternità. Tanti modi con cui scacciamo l’idea che anche la nostra vita conoscerà un declino.
Ma poi esiste un altro modo con cui sfuggiamo l’idea della finitezza: è l’ossessione del fare. La nostra cultura ci spinge infatti a pensare che il senso e il valore della vita sia l’essere attivi, per questo tutto ciò che è pausa, riposo del cuore e della mente, meditazione, riflessione, silenzio, ci sembrano come altrettanti anticipi della morte. Chi non è sempre impegnato nel fare qualcosa è come se invecchiasse precocemente, poiché è noto che l’età anziana è accompagnata da una ridotta capacità di agire.
Insomma tanti modi con cui anche noi contempliamo le pietre solide che ci danno sicurezza.
Gesù viene oggi a smentire queste certezze. Ma non perché vuole gettarci nello sconforto, ma innanzitutto perché semplicemente ci mette davanti ad una realtà certa, che noi invece sfuggiamo fingendo di poterla evitare. Ma poi anche perché ci vuol comunicare un senso e un valore diverso della vita che non dipende dalla solidità delle pietre che riesce a edificare o dalla freneticità dell’attivismo che la caratterizza, ma dalla profondità e autenticità del suo amore per gli altri, e dalla fiducia nella fedeltà di Dio.
Questi sono i due elementi che Gesù mette in luce nella sua risposta. Egli infatti sottolinea come la vita umana sia fragile, soggetta alle tempeste della vita che la possono mettere in pericolo e addirittura troncare. Ed oggi non possiamo non pensare con partecipazione a quello che è accaduto alle migliaia di persone colpite duramente dal terremoto nei giorni scorsi. La forza della natura, gli accidenti della vita possono da un giorno all’altro mutare il corso degli eventi e mettere in discussione tutte quelle certezze di cui parlavo poco fa. Ma tutto ciò nulla può sulla nostra possibilità di vivere e testimoniare un amore che costituisce il vero valore della vita: “Avrete allora occasione di dare testimonianza” dice Gesù, per sottolineare che pur nelle situazioni più difficili, mai la vita perde senso e forza, se continua a testimoniare ciò che c’è al suo fondamento, l’amore, ricevuto prima di tutto da Dio e poi reso per ciascuno vivibile dall’esempio di Gesù. A questo proposito egli dice: “Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.” Cioè non ci illudiamo di poter controllare tutto e metterci al riparo delle vicende della vita con le nostre forze, col nostro fare, ma affidiamoci ad una sapienza che ci viene da Dio stesso, dalla sua Parola e dal suo Spirito, che ci suggeriscono, come consiglieri fidati, su cosa puntare di duraturo e certo.
Vivere questa sapienza umana e divenire capaci di amare sazia la nostra fame e ci fa essere appagati della vita che facciamo. Chi invece si affida alla frenesia del dover sempre fare qualcosa e realizzare un traguardo in più per sentirsi vivo, consuma ogni esperienza mentre sperimenta quella successiva, mai appagato e sempre insoddisfatto. Per questo si può riuscire a vivere senza fuggire la paura della fine, se sentiamo che la nostra vita è fin da ora già piena, ben spesa, ricca di doni spirituali ricevuti e offerti, sazia del bene fatto e ricevuto.
Ma se rinunciamo alle nostre certezze e non possiamo contare più sulle nostre risorse, su cosa ci possiamo fondare come roccia solida?
Gesù nell’ultima parte della sua risposta mette in luce come niente è affidabile, nemmeno i vincoli di sangue, dei quali in genere si dice ci si possa sempre fidare, ma c’è una fedeltà che non viene mai meno, è quella di Dio che ci ha amati lui per primo e continua a farlo. Su questa possiamo contare con sicurezza.
Cari fratelli e care sorelle, siamo ormai verso la fine di un anno con il Signore. Fra due settimane inizierà un nuovo anno liturgico con il tempo dell’avvento. Cogliamo in queste parole di Gesù una indicazione preziosa, perché non continuiamo a fondare la nostra vita su ciò che non dura e illude, ma sappiamo invece volgerci a quella promessa di vita nuova che presto sorgerà, e che il Vangelo ci testimonia è stata mantenuta e continua ad esserlo, portando salvezza e gioia piena all’umanità intera. Ci sazieremo della vita che il Signore ci fa fare, piena di senso perché vissuta con generosità e protesa verso gli altri, senza ansie di dominio e di possesso.


Preghiere 

Donaci o Signore la sapienza di vivere senza ansia di dominare le cose e le persone e con piena fiducia nel tuo amore che non tradisce,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio Padre misericordioso i nostri sforzi di essere tuoi discepoli fedeli, ascoltatori della Parola e docili esecutori dei tuoi comandi,
Noi ti preghiamo


Perdona la durezza dei nostri cuori o Dio, che ci fanno cercare la sicurezza in ciò che non vale e non dura. Aiutaci a far affidamento su di te per imparare la vita del vangelo che non finisce e non si consuma,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore Gesù chi ti cerca e non sa come incontrarti; stai accanto a chi si è perduto nelle vie che non conducono a nulla. Indica a tutti la via del voler bene generoso e gratuito come il modo migliore e più appagante di vivere,
Noi ti preghiamo


Accogli o Padre del cielo tutte le vittime del terremoto, consola i feriti e chi ha perso tutto. Raduna i dispersi e ridona speranza e coraggio a chi deve affrontare la durezza di un futuro incerto,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che la sensibilità e la generosità dei tuoi discepoli soccorra chi ora è nel dolore a causa della forza distruttrice della natura. Apri i cuori di tutti noi alla compassione per chi sta male,
Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco, perché mantenga fisso lo sguardo a te nell’indicare alla Chiesa e agli uomini di buona volontà il cammino verso la salvezza,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio tutti i cristiani nel mondo, specialmente i più deboli e i perseguitati. Fa’ che il vangelo sia un sostegno per chi vive nella guerra e nella violenza, giunga presto per tutti i popoli un futuro di pace,
Noi ti preghiamo


giovedì 3 novembre 2016

XXXII domenica del tempo ordinario - anno C - 6 novembre 2016


Dal secondo libro dei Maccabei 7, 1-2. 9-14
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». E il secondo, giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». 

Salmo 16 - Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2, 16 - 3, 5
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno. Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 20, 27-38
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Commento
Dopo la festa dei santi e il ricordo di tutti coloro che sono morti (si tratta di due aspetti della stessa memoria), la Liturgia di questa domenica insiste ancora sul mistero della vita oltre la morte. Non c’è dubbio che la domanda sull’aldilà è una di quelle questioni che attraversa nel profondo tutta la vicenda umana. I sadducei, un movimento religioso di intellettuali, avevano risposto a questo problema negando la risurrezione dai morti. Del resto, su questo tema, La fede ebraica aveva raggiunto solo molto tardi una certezza; nella Bibbia essa sarà espressa chiaramente solo nel libro dei Maccabei, come leggiamo nella prima lettura, cioè alla fine del II secolo avanti Cristo. L’episodio evangelico che abbiamo ascoltato oggi riferisce la discussione nella quale i sadducei tentano di dimostrare a Gesù che la fede nella risurrezione dei morti, condivisa anche dai farisei, è inaccettabile perché porta a conseguenze paradossali. Per dimostrarlo essi riportano l’ipotetico caso di una donna, la quale, in base alla legge del levirato stabilita da Mosè, ha dovuto sposare successivamente sette fratelli, morti l’uno dopo l’altro, senza che nessuno le abbia dato un figlio. Alla fine muore anche la donna. “Dopo la morte, - chiedono i sadducei a Gesù - nella risurrezione questa donna di chi sarà moglie?” (cfr. v. 33). È ovvio l’assurdità di qualunque risposta avrebbe potuto dare Gesù, il quale infatti non risponde.
Questo tipo di questioni erano tipiche di una certa mentalità del passato, che procedeva per casi ipotetici e paradossali; oggi non si usa più porsi questo tipo di questioni. Il più delle volte si preferisce tacere su ciò che non vediamo e non conosciamo, evitare di porci problemi così spinosi e la cui risposta è sempre opinabile. In altri termini: della vita oltre la morte, se ci sia o non ci sia, come sia e come non sia sarà bene che gli uomini ne parlino il meno possibile. È la fuga dal tema della morte che caratterizza la cultura del nostro tempo, in uno sforzo di nasconderla agli occhi e al pensiero finché è possibile.
Nessuno infatti possiede la chiarezza scientifica, poiché nessuno ne ha fatto esperienza diretta. Allo stesso tempo noi cristiani siamo in grado di parlare della vita oltre la morte, e lo facciamo non attingendo dalla nostra esperienza, ma basandoci solamente sulla Parola di Dio. Questa Parola, “che era in principio presso Dio” (Gv 1,1) e che è venuta a porre la sua tenda in mezzo a noi, apre agli occhi della nostra mente e del nostro cuore il velo che ci separa dall’eternità. È ovvio che nella misura in cui la Parola si rivolge agli uomini ha assunto una veste comprensibile, perché possiamo almeno un po’ intravedere il mistero che essa nasconde nel momento stesso in cui lo rivela.
L’apostolo Paolo scrive: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia” (1Cor 13,12). Se dovessimo trovare un esempio per cercare di esprimere il rapporto tra il nostro mondo e quello eterno, potremmo riferirci alla vita del bambino dentro il seno della madre e la sua vita quando esce dal seno materno. Cosa può comprendere il bambino, mentre è nel seno materno della vita fuori? Quasi nulla. Analogamente, cosa possiamo dire noi della vita oltre la morte? Ben poco, se la Parola di Dio non ci venisse incontro fornendoci alcune preziose indicazioni. Ebbene, nella risposta ai sadducei Gesù viene a scostare un po’ il velo: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli ed, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio”.
Gesù rivela come le caratteristiche del mondo dei risorti siano ben diverse da quelle del mondo attuale, perché con la risurrezione la vita è continua, non ha né inizio né fine, non ha più bisogno del matrimonio in vista della generazione, come non è più possibile la morte. È una vita piena di comunione affettuosa con Dio e tra noi, senza lacrime, amarezze e affanni. Ma l’opposizione tra “i figli di questo mondo” e “i figli della risurrezione” non riguarda solo la dimensione esistenziale dopo la morte; noi siamo chiamati ad essere figli della risurrezione fin da ora, e per questo l’opposizione si realizza già nel nostro tempo; essa non è altro che la diversità tra il mondo e il Vangelo, tra la vita secondo la Parola di Dio e la vita secondo le nostre tradizioni. In termini semplici potremmo dire che la vita eterna alla quale Dio ci indirizza inizia già su questa terra, e si realizza già quando cerchiamo di vivere secondo il Vangelo. La Parola di Dio è il lievito buono che fermenta la pasta della nostra vita, è il seme di immortalità e di incorruttibilità deposto nella piccola terra del nostro cuore. Spetta a noi, già da ora, accogliere il lievito e lasciarlo fermentare, accogliere il seme e lasciarlo crescere. Così inizia una vita diversa già da ora, quegli squarci di Regno di Dio che si aprono ogni qualvolta la Parola è accolta, ricordata e vissuta. Al contrario, nell’assenza o peggio nel rifiuto del Vangelo, costruiremo con le nostre mani l’inferno per noi e per gli altri, lasciando spazio al male che così ha la possibilità di radicarsi e fortificarsi producendo frutti amari di dolore. Là dove attecchisce il Vangelo e spunta un segno di amore, anche piccolo, sboccia la vita che non finisce. Per questo, nella professione di fede, noi diciamo “credo la vita eterna”, ossia la vita che non finisce, e non “credo nell’aldilà”. Il paradiso infatti possiamo viverlo sin da oggi.





Preghiere n. 1


O Dio che sei fedele al patto di amore che hai stretto con gli uomini, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine i segni della tua predilezione e vivere come tuoi figli fedeli,
Noi ti preghiamo


Rendici, o Signore, fin da ora cercatori della vita che non finisce e operatori del tuo Regno dove non c’è lutto né affanno. Fa’ che guidati dalla tua Parola giungiamo al porto sicuro al quale ci attendi,
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 2



Ascolta o Signore l’invocazione di chi ti cerca. Mostrati misericordioso e benigno a chi desidera affidare a te il proprio destino e fa’ che sappiamo anche noi restarti fedeli,
Noi ti preghiamo


Non guardare o Dio ai segni del nostro poco amore, ma alla speranza che poniamo nella tua misericordia. Sii benevolo con chi ha fiducia nel tuo perdono,
Noi ti preghiamo




Preghiere n. 3

Guida e proteggi chi ti cerca, o Dio; accompagnalo col tuo amore perché trovi la forza di riconoscerti Signore e re della propria vita,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono chi è debole e povero. Guarisci i malati e salva tutti i bisognosi di consolazione  e aiuto,
Noi ti preghiamo.




Preghiere n. 4


Proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque diffusi. Raduna la famiglia umana nell’ovile dei tuoi discepoli perché nessun odio e guerra la divida
Noi ti preghiamo

Salva o Dio chi è morto confidando in te, raccogli i dispersi che non hanno saputo o potuto cercarti sulle vie della vita, radunali nel tuo amore misericordioso nella casa dove hai preparato un posto per ciascuno,
Noi ti preghiamo



martedì 1 novembre 2016

Commemorazione dei defunti - Anno C - 2 novembre 2016


Dal libro del profeta Isaia 25,6a.7-9
In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

Salmo 24 - Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Allarga il mio cuore angosciato,
liberami dagli affanni.
Vedi la mia povertà e la mia fatica
e perdona tutti i miei peccati.

Proteggimi, portami in salvo;
che io non resti deluso,
perché in te mi sono rifugiato.
Mi proteggano integrità e rettitudine,
perché in te ho sperato.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,14-23
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».  Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.  Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.  La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite benedetti del Padre mio,
ricevete in eredità il regno preparato per voi
fin dalla creazione del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.  E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi commemoriamo, cioè ricordiamo assieme, i defunti a cui siamo stati legati e che ci sono cari. Sì, ricordare è la prima e forse la più importante espressione del nostro affetto, e la Chiesa ci invita a farlo assieme, cioè come un atto che sta a significare la comunione che lega tutti i discepoli di Cristo che vivono oggi nel mondo con tutti quelli che ci hanno preceduto nelle generazioni precedenti. Sì, un legame forte ci unisce, il legame che ciascuno ha con il Padre che allo stesso tempo ci rende tutti fratelli e sorelle. È una famiglia larga, numerosa, che comprende anche tanti che nemmeno conosciamo, come avviene a volte nelle famiglie molto numerose che attraversano diversi orizzonti geografici, ma anche una famiglia che ormai si divide in una parte che vive qui sulla terra e un’altra che vive in una dimensione diversa, quella della compagnia col Signore Gesù morto, anche lui, risorto e asceso al cielo con il suo corpo. In qualche modo questa nostra assemblea liturgica vuole proprio rafforzare questa memoria comune che lega tutti i membri di questa grande famiglia, quella dei figli e figlie di Dio.
Sì, la morte è sempre uno strappo violento, anche quando giunge magari in età avanzata, o in seguito a lunga malattia, quando lascia il tempo per una preparazione prolungata. La morte è sempre una separazione dolorosa e violenta, che lascia sgomenti. La persona che muore sembra sfuggirci dalle mani, divenire come un’ombra, mentre noi vorremmo tanto poterla ancora vedere, toccare, incontrare, parlarci. Ma noi dobbiamo sempre ricordare che i cristiani non credono nell’immortalità dell’anima, come uno spirito invisibile e impersonale. Questo è concetto filosofico che ci giunge dal platonismo. Noi crediamo fermamente nella vita eterna, che è cosa ben diversa, cioè nel fatto che ciascuno di noi è preservato e continua a vivere dopo la morte, seppure in una dimensione diversa, sempre come una persona, con i suoi pregi e difetti, con le sue caratteristiche inalterate. Il Signore non lascia cadere nulla della vita trascorsa: sentimenti, azioni, pensieri, volontà, anzi li rafforza tutti, rendendoli eterni. Pensiamo a Gesù risorto: egli conserva i segni della sua vita trascorsa sulla terra, persino quelli della sua passione, e con quelli ascende al Padre e accoglie ognuno che lascia questo mondo. Così è di ogni uomo e donna.
Oggi allora vediamo che Dio solleva quel velo pesante che la morte sembra lasciar cadere sulle persone che non ci sono più: velo di oblio, di distanza, di raffreddamento. No, anzi, egli ci chiede di commemorarle, come lui fa ricordando con affetto ciascun uomo, dal più grande al più piccolo, al più umile e insignificante: per lui hanno tutti un valore inestimabile da preservare. Pensiamo, ad esempio, a quanti muoiono nell’oblio, senza nessuno che li ricordi, o che scompaiono inghiottiti nell’anonimato e nell’indifferenza, senza nessuno accanto, come tanti anziani in istituto, o come gli immigrati in mezzo al mare. Ebbene ciascuno di loro che ci sembra condannato a scomparire nella sua solitudine è accolto e abbracciato da Dio che lo accoglie come persona preziosa e importante, suo figlio e sua figlia diletti, persona a lui già nota da lungo tempo, con la quale ha intessuto un rapporto intenso fin dal giorno della sua nascita, e che ora le è accanto.
È questo che ci dà la certezza della vita eterna: Dio ha così faticato a costruire un rapporto con noi, a superare tante nostre resistenze, a combattere le paure e le diffidenze, a farsi strada faticosamente nella nostra distrazione, che al momento della fine della vita terrena non può certo lasciar disperdere il frutto di tanto lavoro e di una così grande tenacia di amore. Anzi, ora egli porta tutta la sua opera a compimento, e possiamo immaginare il dialogo di ciascuno davanti a lui, finalmente franco, senza più veli né finzioni, senza maschere né. Dialogo in cui emerge la tenace volontà di Dio ad attirarci alla sua paternità, ma anche tutta la fragilità di noi uomini, peccatori e deboli nel nostro cammino terreno. Quel dialogo, faccia a faccia, farà cadere ogni nostra resistenza e lascerà spazio alla misericordia di Dio, finalmente libera da ogni limite terreno e capace di trasfigurare i cuori più coriacei in quelli di figli e figlie, per unire tutti alla grande famiglia d quelli che lui ha amato.
È quello che descrive il brano di Matteo che abbiamo ascoltato. Nessun gesto, neppure il più insignificante, è trascurato o dimenticato da Dio: anche aver dato un solo bicchiere d’acqua è valorizzato e messo bene in evidenza: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli … non perderà la sua ricompensa” ha detto una volta Gesù (Mt 10,42). Quelli che ascoltano Dio si stupiscono: quando mai ti abbiamo visto? Dio rivela la sua vicinanza nei più poveri, così da non aver mai lasciato solo nessun uomo davanti alla vita, offrendo a tutti l’opportunità di far emergere il bene da sé, magari anche solo un gesto, una parola, una volta soltanto.
L’unica cosa che rende impotente Dio dall’avvolgere le persone con la sua misericordia infinita è il vuoto totale di amore. Esso rende così inconsistenti, quasi irreali quelli che gli stanno davanti, perché nemmeno una volta in vita loro sono riusciti a provare la tenerezza e la pietà per uno che aveva bisogno del suo aiuto. Ma basta un gesto, un’attenzione, un movimento di amore e generosità, perché Dio sappia ricostruire attorno all’umanità fragile e così povera di ciascun uomo e donna il volto umano, le mani aperte all’abbraccio, i piedi pronti a venire incontro che lui ha desiderato e sognato per ciascun suo figlio e figlia.

Fratelli e sorelle, ricordiamo allora oggi tutti quelli che sono morti, non solo quelli che conosciamo, cercando di vederli con lo sguardo di Dio, cioè come lui li ha voluti, e allo stesso tempo prepariamoci ad assomigliare sempre di più a quel figlio e figlia che nel suo amore egli fin da ora identifica in noi e che aspetta di abbracciare e di completare nelle sue fattezze più autentiche.


Preghiere 

O Padre nostro misericordioso accogli nel tuo Regno tutti i tuoi figli che si sono affidati a te nel momento del distacco doloroso della morte. Perdona ogni loro colpa e cancella la macchia della loro debolezza umana.
Noi ti preghiamo


Riempi di fiducia in te o Signore Gesù i nostri cuori, perché sappiamo affidarci alla tua misericordia e pieni di speranza attendere l’avvento del tuo regno di pace.
Noi ti preghiamo


O Dio ti affidiamo tutti coloro che sono morti in questi anni per la mano violenta dell’uomo. Accogli le vittime delle guerre e del terrorismo.
Noi ti preghiamo


O Signore, ai tuoi occhi è preziosa la vita dei deboli e dei dimenticati: ti preghiamo per tutti i defunti che oggi nessuno ricorda: quelli che sono morti da soli, per strada, nell’abbandono. Accoglili come un Padre affettuoso che abbraccia i suoi figli.
Noi ti preghiamo


Dona a Signore la consolazione della fede a chi ha perso qualcuno. Fa’ che il buio del loro dolore sia rischiarato dalla certezza che nessuna vita è dimenticata e ciascuno è conosciuto e amato come un figlio.
Noi ti preghiamo


Aiuta o Signore i nostri sforzi perché vinca il bene e il male sia sconfitto. Fa’ che il Regno di pace e di giustizia si affermi presto fra gli uomini e ogni lacrima sia asciugata e ogni lamento consolato.

Noi ti preghiamo.