domenica 31 dicembre 2017

Festa di Maria madre del Signore - Anno B - 1 gennaio 2018




Dal libro dei Numeri 6,22-27  
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Salmo 66 - Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino, +
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati 4,4-7
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.  E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.


Alleluia, alleluia, alleluia.
Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti;
a noi parla per mezzo del Figlio.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,16-21
In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.  Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Commento

Cari fratelli e care sorelle, Apriamo oggi un nuovo anno e con il nostro riunirci nella preghiera vogliamo ribadire l’augurio di un tempo di gioia, ponendolo sotto lo sguardo benedicente di Dio. Da lui sappiamo infatti che viene ogni bene e da lui solo possiamo aspettarci l’aiuto perché il nostro futuro sia secondo la sua volontà, cioè per la pienezza della nostra vita, la pace, la gioia vera.
In questa santa liturgia l’Apostolo Paolo ci parla di una adozione a figli che ci viene offerta. Egli scrive ai Galati: “che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.”
I rapporti nel mondo sono generalmente misurati dal potere che uno esercita sull’altro e, di conseguenza, dalla sottomissione. Anche fra amici o in famiglia spesso si instaurano vincoli di superiorità, logiche di convenienza, atteggiamenti di supremazia/sottomissione.  Anche l’immagine di Dio spesso è quella di un potente, un re, un despota del quale avere timore e al quale obbedire per non incorrere nelle punizioni.
Da queste logiche Dio vuole liberarci offrendoci di essere figli, adottati cioè da un amore gratuito e immeritato, senza obblighi né vincoli istituzionale, ma per pura gratuità.
È questo l’amore che lo Spirito ci ispira e che ci fa riconoscere non servi né dominatori, ma figli, umili che possono avere fiducia nella protezione e amore di qualcuno veramente grande come Dio.
Per questo è nato Gesù, ci dice Paolo: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna …, perché ricevessimo l’adozione a figli.”
Dio non vuole che l’umanità sia imprigionata da logiche di supremazia e sottomissione dell’uno sull’altro, e non perde la speranza di suscitare nell’uomo il senso di una gratuità ingenua e semplice, cioè il suo stesso amore. Per questo fa nascere il suo Figlio come un bambino, piccolo, indifeso e umile, che tale resterà per tutta la sua vita beneficando tutti quelli che incontrerà con la forza di questa umanità profonda, semplice e buona.
Di questa umanità Dio ci propone di farci figli, docili e obbedienti al suo esempio perché anche noi possiamo chiamarci non più figli del mondo, figli della nostra storia, figli della cultura del nostro tempo, ma figli di Dio.
Com’è possibile tutto ciò, non è al di sopra delle nostre possibilità?
Proprio per fugare questo nostro dubbio, dettato dal timore di scostarci troppo dalla normalità, la liturgia di oggi ci propone l’esempio di Maria, come colei che accettò di farsi figlia del suo stesso figlio, cioè discepola di colui che, secondo le logiche del sangue, sarebbe dovuto essere a sua volta sottomesso a lei.
Lo vediamo in modo eclatante in un’occasione tutta speciale, la prima volta che Gesù compì un miracolo. Conosciamo tutti bene la storia: Maria e Gesù sono invitati ad una festa di matrimonio, ma a un certo punto il vino finisce. Maria chiede a Gesù di intervenire: glielo chiede come una madre ad un figlio dal quale si aspetta sottomissione e obbedienza. Ma Gesù non accetta questo tipo di vincolo dettato dalle logiche di dominio. Egli invece si fa docile e opera il miracolo quando Maria si propone come discepola e dice ai camerieri del banchetto: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, cioè siate discepoli.
Fratelli e sorelle, come Maria anche noi accettiamo di farci figli di quella gratuità umile e benigna, che non cerca di dominare né di ricevere in contraccambio che è l’amore che Gesù ha vissuto e insegnato. Realizzeremo quella rinascita nello Spirito che Paolo ci suggerisce, che libera dalla schiavitù delle logiche di potere, delle paure ad essa legate e ci rende felici e santi.

   
Preghiere 

O Signore che sei nato da Maria, fa’ che anche noi sappiamo accoglierti come fece lei e portarti con noi per tutta la vita.
Noi ti preghiamo


O Cristo Gesù ti preghiamo in questo giorno per tutte le madri in difficoltà. Fa’ che ognuna
sappia trovare il modo di accogliere con amore e disponibilità la vita che nasce da sé.
Noi ti preghiamo



O Signore che appena nato sei stato visitato dai pastori, fa’ che anche noi veniamo da te per ricevere come da una fonte inesauribile la vita e la speranza.
Noi ti preghiamo


Dio Padre onnipotente che hai tanto amato il mondo da dare il tuo figlio unigenito, guarda con bontà a noi tuoi figli, perché nonostante il nostro peccato sappiamo accogliere con gioia la salvezza che ci hai mandato nel Signore Gesù.
Noi ti preghiamo



Dio del cielo manda la pace in tutte le terre. Ti preghiamo per tutti i Paesi in cui c’è guerra e violenza. Fa’ che Regni ovunque la pace .
Noi ti preghiamo


Gesù, Signore della pace, dona ad ogni uomo
di poter vivere e lavorare in serenità.
Fa’ che dove oggi c’è odio e divisione regni presto la concordia fra gli uomini e le donne.
Noi ti preghiamo


O Signore che ci doni la tua pace, fa’ che sappiamo scambiarcela l’un l’altro. Aiutaci a fermarci accanto a chi è solo e in difficoltà perché con loro viviamo l’amore che il mondo non conosce.
Noi ti preghiamo


O Dio proteggi dall’alto tutti coloro che hanno bisogno di aiuto: i malati, i sofferenti, i prigionieri, i senza casa, i condannati a morte, i profughi. Dona a tutti la salvezza dal male.
Noi ti preghiamo

sabato 30 dicembre 2017

Domenica della Santa Famiglia - Anno B - 31 dicembre 2017




Dal libro della Genesi 15, 1-6; 21, 1-3
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

Salmo 104 - Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Dalla lettera agli Ebrei 11, 8.11-12.17-19
Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti  e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro della Genesi Abramo esporre il suo dramma circa il futuro. Egli lamenta di non avere un discendente, cioè qualcuno che prenda l’eredità di quanto lui ha costruito nella sua vita, come un testimone da portare avanti fino al traguardo. Eppure Abramo è un uomo fortunato: è benestante, possiede molte greggi e ha una larga cerchia di servi che gli garantiscono un futuro sicuro e garantito davanti ai pericoli della vita. Non ha nulla da temere, ma sente la mancanza del fatto che il cammino iniziato nella sua vita continui in una discendenza che ne raccolga l’eredità.
Abramo rivela una preoccupazione che spesso è assente nella nostra mentalità contemporanea che vive schiacciata sulla contemporaneità. Per noi a volte quello che conta è il presente o il futuro immediato, cioè quello che riguarda me stesso e basta. Se il benessere e la sicurezza mi sono garantiti oggi e domani, il dopo non mi interessa.
Ne è un esempio evidentissimo la scarsa preoccupazione per lo “stato di salute” del creato che rischia di consegnare alle generazioni future una terra isterilita e infragilita dallo sfruttamento che oggi le viene imposto per garantire alla generazione presente una condizione di benessere. Ma anche lo si vede nello scarso senso del bene comune, cioè quel benessere che oltrepassa il mio circoscritto interesse presente, per abbracciare invece il bene della società larga e futura.
Abramo invece no, si preoccupa di chi verrà dopo di lui. Egli lo fa perché guarda la propria esistenza inserita in un disegno più grande, quello della realizzazione della pienezza di vita come Dio la intende. La sua cioè è una prospettiva di fede. Lo mette bene in chiaro la lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato poco fa: “per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. … Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza».” Insiste l’autore della lettera: “per fede.” La logica di Abramo nell’accogliere la volontà di Dio infatti non persegue la propria convenienza immediata ma tiene conto che la propria esistenza si inserisce in un disegno che è iniziato prima di noi e ci supera, ma nel quale il nostro contributo è significativo. Abramo non è fatalista né autoreferenziale, cioè non pensa né “sarà quel che sarà” né “sto attento a quello che mi conviene e mi tengo stretto quello che ho” ma accetta di essere parte di un processo, quello della storia di amore di Dio con l’uomo. Esso conosce un inizio, uno sviluppo e tende verso la conclusione della piena unione fra Dio e l’uomo. Abramo sa di essere e si concepisce come un pezzetto di questa storia e sente la responsabilità di farla avanzare verso la direzione giusta.
Abbiamo anche noi la stessa preoccupazione? Viviamo alla luce della fede che trova nel volere di Dio la realizzazione del proprio bene? O piuttosto pensiamo che il mio bene sia l’autorealizzazione, come si dice comunemente oggi, anche a discapito degli altri e delle generazioni future?
Anche Simeone e Anna, descritti dal Vangelo di Luca oggi, hanno lo stesso atteggiamento. Sono vecchi, hanno poco da aspettarsi dalla loro vita, eppure attendono ancora la salvezza del popolo. Non la propria, ma quella del popolo tutto. Vedendo Gesù intuiscono in lui l’aprirsi della porta alla vicinanza piena a Dio, alla comunione con lui, che costituisce il traguardo dell’umanità intera.
Per questo sentono appagata la loro attesa e riempita di senso la loro intera esistenza. Quel bambino che stringono fra le braccia è il senso della loro vita passata in attesa, ma anche la prospettiva per il futuro di tutta l’umanità. “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace” dice Simeone.
Fratelli e sorelle, oggi la Chiesa ci propone all’attenzione la Famiglia di Gesù. Da essa a Natale abbiamo ricevuto in dono la presenza del Signore che nasce per crescere con noi. Con lui siamo famiglia: ci è dato piccolo, perché sia nostro figlio da accogliere e proteggere come un neonato; ma poi crescerà e ci chiederà di trovare spazio dentro il nostro tempo e di nutrirlo con la preghiera e l’ascolto; infine ci supererà in sapienza e forza, come un adulto, e noi saremo chiamati a essere suoi figli e a trasmettere questo tesoro della nostra vita a quanti vengono dopo di noi.
Come Abramo guardiamo a questo Natale, alla nostra vita e al nostro presente con gli occhi della fede che ci fa scoprire la prospettiva ampia, lunga e ricca di senso che Dio vuole che essa abbia, non solo per me stesso, ma per l’umanità intera. 


Preghiere 

Ascolta o Signore la nostra preghiera davanti alla mangiatoia di Betlemme: che in ogni uomo e donna ci sia posto perché nasca il desiderio di un futuro migliore e la disponibilità a costruirlo,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Padre del cielo i tanti bambini che nel mondo faticano a vivere, oppressi dalla violenza, dalla guerra, dalla fame e dallo sfruttamento degli adulti. Falli crescere liberi e felici,
Noi ti preghiamo

 O Signore Dio, che ti sei fatto uomo nell’umiltà di un bambino donaci di cogliere in esso un segno di fiducia e di speranza perché diveniamo uomini e donne migliori,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo sostieni e proteggi i tanti anziani rifiutati e messi da parte, dona a chi è nella pienezza degli anni la visione di Simeone e Anna e fa che non smettano di sperare e sognare il bene per tutti,
Noi ti preghiamo



 Dio del cielo, guida i nostri passi come i pastori verso la stalla di Betlemme. Fa’ che alziamo lo sguardo ripiegato stancamente sul presente per sognare con te un futuro largo e luminoso come un cielo stellato,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù nato dai due umili giovani Giuseppe e Maria, aiuta e sostieni tutte le famiglie perché sappiano amare e proteggere le vite deboli che nascono e invecchiano nel suo seno,
Noi ti preghiamo



Per il papa Francesco, custode fedele del Vangelo e proclamatore instancabile della gioia di viverlo,
Noi ti preghiamo

Per le comunità dei credenti che amano e servono la vita dei più deboli, perché siano casa e famiglia per i tanti senza famiglia del mondo,
Noi ti preghiamo



domenica 24 dicembre 2017

Natale - Anno B - 25 dicembre 2017




Dal libro del profeta Isaia 9,1-6
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Commento

Care sorelle e cari fratelli oggi ci siamo riuniti in questo luogo per festeggiare il Natale e abbiamo appena ascoltato il Vangelo della nascita di Gesù.
Qualcuno potrebbe dire: “è un fatto antico, avvenuto secoli fa in un luogo lontano.” La nostra tentazione infatti, quando leggiamo o ascoltiamo il Vangelo, è quello di sentirlo con scontatezza. Che bisogno c’è di ripeterlo ogni anno?  
Ma il racconto che abbiamo ascoltato non parla di un fatto lontano che riguarda persone a noi sconosciute. Non dimentichiamo che Gesù ha detto: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Oggi ci siamo riuniti nel nome di Gesù, e per questo Gesù oggi nasce fra noi. Siamo riuniti “nel suo nome” perché ci siamo raccolti non per il fatto di essere parenti o colleghi o accomunati da interessi, ma perché ci lega una fraternità che Gesù stesso ha fondato e insegnato. Anzi, per essere più precisi, Gesù nasce fra di noi ogni volta che incontriamo il fartelo e la sorella e gli volgiamo bene solo perché in lui o lei riconosciamo la persona che Gesù ha amato come me. Allora sì, oggi è Natale e Gesù oggi nasce fra noi, fra persone che hanno in comune l’essere fratelli e sorelle, figli dell’unico Padre buono che è Dio.
Gesù nacque a Betlemme per restare con gli uomini, per crescere e fortificarsi, per diventare grande, a parlare e fino a fare miracoli. Anche oggi Gesù nasce fra noi per restare fra noi, per crescere in mezzo a noi e per farsi riconoscere da tutti gli uomini. Sì, chi ci vede per strada e ovunque ci incontriamo deve poter dire: “guarda come si vogliono bene, devono proprio averlo imparato da Gesù!” perché nessun altro sa insegnare a volersi bene gratuitamente e senza interessi, a cercarsi e a ricordarsi l’uno dell’altro.
Gesù lo sappiamo è nato per strada, i suoi genitori non avevano una casa dove sistemarsi e si dovettero accontentare di un riparo di fortuna, una stalla, con le bestie. Il Figlio di Dio non nasce nelle case, al chiuso, al caldo. L’angelo chiama i pastori ad andare a vederlo, perché erano gli unici a stare per strada, perché guardavano le pecore. Per questo per conoscere Gesù che viene per restare con gli uomini bisogna essere fuori casa, stare per strada e riconoscerlo nel fratello e nella sorella che ha bisogno di aiuto. Certo ogni persona esce di casa, per andare a lavoro, per fare la spesa, ecc…, ma il loro cuore e la loro mente resta chiuso dentro la loro casa, i loro affetti e le cose importanti ceh sorvegliano con cura sono in casa, e per questo Gesù non lo incontreranno mai. E la nostra casa chiusa è il nostro egoismo, il pensare prima a sé e al proprio interesse, l’indifferenza per l’altro, il giudizio cattivo e duro su chi incontriamo.
Dopo aver visto Gesù dice il vangelo che “I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.” Anche noi allora dobbiamo partire da questo nostro incontro di oggi glorificando e lodando Dio perché si è fatto vedere da noi e ci ha fatto capire che egli si manifesta nel fratello e nella sorella più piccolo, quello che magari disprezziamo, che scansiamo, che non vogliamo vedere. Fra pochi giorni, il 29, ci siederemo in questa chiesa assieme a tanti poveri alla tavola della festa di Natale. A questa tavola non c’è italiano né straniero, né più importante né meno importante, né colto né ignorante. Ci sono solo fratelli e sorelle, felici di avere un unico Padre comune. Abbiamo tutti bisogno di sedere ogni giorno della nostra vita alla tavola della fraternità per riscoprire la vera felicità di aver ricevuto molto amore da Dio e di poterlo restituire, volendo bene a chi abbiamo accanto.



Preghiera 

O Signore che nasci in una stalla perché nella confusione della città nessuno ti lasciava spazio, aiutaci a sgombrare il nostro cuore dagli affanni e dall’egoismo, perché ci sia spazio per te.
Noi ti preghiamo


O Cristo, a noi che confidiamo nel benessere, nella salute e nel successo come mezzi per garantirci sicurezza, insegnaci a non disprezzare la salvezza che tu ci porti. Fa’ che imparamo da te l’amore che ci rende umani e ci salva dal male e dal peccato.
Noi ti preghiamo




O Padre che hai mandato il figlio unigenito perché il mondo conoscesse il tuo amore, aiutaci a trovarti quando ti fai vicino a noi e a seguire la strada che il Vangelo ci indica per restare sempre in tua compagnia.
Noi ti preghiamo


O Cristo che non ti sei vergognato di nascere nella miseria di una stalla, fa’ che tutti noi sappiamo essere umili come te nel servizio ai fratelli e premurosi come Maria e Giuseppe con chi è piccolo e indifeso.
Noi ti preghiamo


O Signore che sei stato accolto solo dai pastori, e non hai trovato attenzione nella città dei benestanti, fa’ che sappiamo chinarci su chi è misero e riconoscere in lui la tua presenza che si fa vicina alla nostra vita.
Noi ti preghiamo


Cristo Gesù, aiutaci ad ascoltare l’angelo che annuncia la venuta della nostra salvezza e ad incamminarci verso di te, aprendo il nostro cuore alle tue parole e rendendo grazie per l’amore che ci insegni.
Noi ti preghiamo




O Signore che hai radunato l’umanità non attorno allo splendore del benessere e del potere ma accanto all’umiltà di una stalla, fa’ che noi tuoi discepoli siamo fedeli al Vangelo, perché con la forza al tuo amore trasformiamo il mondo intero.
Noi ti preghiamo


O Gesù che hai conosciuto la durezza della vita senza casa, proteggi tutti coloro che vivono per la strada: i poveri, gli zingari, chi è solo e disprezzato. Fa’ che noi sappiamo essere per loro casa, famiglia e protezione.

Noi ti preghiamo

sabato 23 dicembre 2017

III domenica del tempo di avvento - Anno B - 14 dicembre 2017




Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11
Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento ci si propone come un invito alla gioia. Sono risuonate infatti le parole di Paolo ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!”, e oggi queste stesse parole sono annunciate anche nei luoghi colpiti dal dolore, ai popoli oppressi dalla guerra e a quelli sofferenti per la fame e la miseria. Ma quale è il senso di questo invito? La gioia non è forse resa impossibile dalla durezza della vita? E poi non è un segno di debolezza, proprio quando sembra più opportuno corazzarsi con atteggiamenti più combattivi e di contrapposizione per vincere le tante forme di male che colpiscono l’umanità?
Che senso ha gioire, quando si sta male, non è un’ipocrisia?
Sono le considerazioni che ci vengono spontanee in questo tempo di crisi economica e di incertezza sul futuro. La proposta della liturgia di oggi ci sembra una pericolosa ingenuità in un tempo in cui chi è debole soccombe o, al massimo, l’invito ad un atteggiamento superficiale che non guarda alla realtà.
Sono domande che mostrano una certa idea di gioia che è quella che il mondo ci insegna. Cioè la gioia come assenza di preoccupazioni, soddisfazione di tutti i propri bisogni, assenza di difficoltà e problemi. Ma è facile rendersi conto come questa idea sia un’amara illusione, perché non è mai realizzabile, vuoi perché nella propria vita c’è sempre qualcosa che va storto, ma anche perché il mondo, da sempre, è pieno di problemi. Insomma la gioia che il mondo ci insegna sembra proprio essere fatta apposta… per renderci infelici. È la gioia del consumismo, legata al possesso delle cose, ma che genera insoddisfazione perché per quanto abbiamo manca sempre qualcosa. È la gioia della pace artificiale che viene dall’ignorare i problemi degli altri chiudendosi in un mondo piccolo e angusto, senza porte né finestre, che assomiglia piuttosto ad una prigione. È la falsa gioia di un Natale che ci viene proposto come l’occasione per distrarci, per immergerci nel consumismo, per chiudersi in famiglia e farsi gli affari propri.
Vale la pena dunque interrogare la Scrittura per comprendere a quale gioia ci invita, perché anche noi possiamo gustarla e non ubriacarci dei surrogati che il mondo ci fornisce a basso costo.
Isaia, abbiamo ascoltato, afferma: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”, ma non lo dice in una situazione di prosperità e benessere , e aggiunge anche: “mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri”. La vera gioia ci dice cioè la Scrittura non viene dall’assenza di problemi o dal tenersi alla larga da situazioni difficili, ma dalla fiducia in una forza che libera dal male. Aggiunge infatti Isaia: “come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti”. Sì, la gioia consiste nel guardare al proprio presente e al futuro con uno sguardo che non si accontenta di constatarne i limiti, ma che scorge in esso i germogli di un cambiamento, i germi di un bene che può realizzarsi, se noi facciamo nostra questa forza, che è l’amore di Dio. Non dice infatti Isaia “Dio farà questo e quello”, ma “Mi ha mandato a fare…”.  L’Apostolo, abbiamo ascoltato, associa l’idea della gioia all’invito: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.” Questo significa accogliere e vivere la profezia, cioè la promessa di Dio di un’umanità che può essere trasformata per giungere a vivere il bene.
Giovanni Battista incarna questo vivere il bene. Egli è una figura complessa e misteriosa. Sfugge alle semplificazioni che i farisei vogliono farne per incasellarlo in una categoria del passato, già conosciuta, e così neutralizzarlo.
Egli alle domande che gli pongono: “Chi sei? ... Che cosa dici di te stesso?” si presenta come un uomo che non ha un suo messaggio da comunicare. Non ha sue ricette e soluzioni da insegnare per la felicità, né un suo progetto da realizzare. Si definisce semplicemente come colui che attende l’incontro col Signore perché sa che da lui viene la salvezza, e questo propone di vivere agli altri. Non sa come, non sa quando, ma è certo che Dio vuole farsi presente, entrare nel vissuto di ciascuno, irrompere come una novità di vita che germoglia e porta il bene dove oggi esso sembra assente. Ma questa attesa non è di qualcosa di lontano e inafferrabile: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me”. Dio non è irraggiungibile, ma è già qui fra noi, alla nostra portata, siamo noi che non lo riconosciamo. Giovanni, dopo aver incontrato Gesù, mandò i suoi a chiedergli quali fossero i segni per riconoscere in lui colui che rendeva presente Dio nella vita degli uomini, e Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista , gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia.” (Lc 7,22-23)
Cioè i segni per riconoscere la presenza di Dio che ci viene incontro sono, come aveva profetizzato Isaia, la forza di un amore che guarisce dal male. Ma questa buona notizia “è annunciata ai poveri”, cioè solo a quanti ne sentono il bisogno, l’aspettano, la cercano, sono ansiosi di ascoltarla, perché coscienti di non avere in sé la forza di salvarsi da soli dal male.
Gesù aggiunge: “beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Sì, il pericolo più grande per l’uomo è scandalizzarsi per questo amore che Dio gli propone di vivere, per come glielo presenta, per le parole che gli rivolge, perché è qualcosa di troppo nuovo e diverso dal normale. Il Vangelo ci scandalizza, perché è la storia di un uomo troppo umano, troppo generoso, troppo fuori dal comune, tanto da mettere l’interesse dell’altro e di Dio davanti al proprio. Lo afferma Paolo: “Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri.” (1Cor 13,5) e: “tutti in realtà cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.” (Fil 2,21)
Giovanni vive così: non mette al centro se stesso, le proprie convenienze e vantaggi, ma si spende per annunciare a quelli che incontra una via da preparare per incontrare Dio.
Fratelli e sorelle, accogliamo anche noi oggi questo invito a non scandalizzarci del Vangelo, a non ritenerlo un’esagerazione adatta ad altri o, piuttosto, a ben vedere, a nessuno. Accogliamo la proposta di Giovanni di vivere con rettitudine e semplicità, senza la concentrazione solo su di sé e sulla ricerca affannosa della falsa felicità, perché quando ci si presenti l’occasione sappiamo anche noi cercare il bene di chi abbiamo difronte amandolo come ha fatto Gesù, anche a costo di rimetterci, di lottare per realizzarlo, senza stancarci, ma facendo affidamento sulla forza che Dio offre a chi, come un povero, si fida della buona notizia di una salvezza dal male che viene da lui.








Preghiere n. 1


O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,
Noi ti preghiamo


Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo  e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 2



Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei re della pace,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo perché viviamo il tuo amore che in esso è descritto,
Noi ti preghiamo




Preghiere n. 3


Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano riconoscere la forza del tuo amore che cambia la realtà e salva da ogni male,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole seguirti,
Noi ti preghiamo.




Preghiere n. 4


Sostieni o Dio gli sforzi di chi ti segue e realizza il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla fame e dalla miseria, in Africa e nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,
Noi ti preghiamo


IV domenica del tempo di Avvento - Anno B - 24 dicembre 2017




Dal secondo libro di Samuèle 7, 1-7.8b-12.14a.16
Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall'Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione.7 Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d'Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?". Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Salmo 88 - Canterò per sempre l'amore del Signore.
Canterò in eterno l’amore del Signore, +
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 16, 25-27.
Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 26-38
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle soglie del Natale. Questa ultima domenica che precede di poche porte la nascita del Signore Gesù, questa notte stessa, segna il termine della fine del tempo dell’attesa. All’inizio dell’Avvento avevamo detto come il tempo è la dimensione più significativa per la fede cristiana, molto più dello spazio. Eppure nei secoli passati i cristiani hanno faticato e spesso anche combattuto per stabilire il proprio dominio sugli spazi. Stabilire che una città, una nazione, un territorio, una nazione fosse “cristiano” è sembrato a tanti una battaglia importante per far trionfare la fede. Pensiamo ad esempio alle crociate o alle altre lotte a sfondo religioso.
È questa una tentazione antica, lo abbiamo visto anche nella prima lettura di oggi: Davide una volta installatosi in un palazzo solido e benestante, ha in progetto di costruire una dimora degna anche per Dio. Per questo progetta un grande tempio al posto della tenda nella quale Dio aveva abitato in mezzo al popolo per tutto il tempo dell’Esodo e dell’installazione nella terra promessa.
Ma Dio non gradisce questa scelta. Assegnargli un luogo, fosse anche un grande tempio, uno spazio sacro, una città santa significa per lui essere rinchiuso, isolato, circoscritto. Anche Gesù non ha mai scelto un luogo come sua sede, non ha fondato una città santa, non ha detto a nessuno: “venite qui a rendermi culto”, anzi alla samaritana che gli chiedeva se il culto a Dio doveva svolgersi nel tempio di Gerusalemme, come dicevano i Giudei, o sul monte Garizìm, come facevano i samaritani, Gesù risponde che il culto a Dio non è chiuso in uno spazio, ma va’ reso “in spirito e verità”, cioè ovunque (Gv 4,24).
Al momento della creazione infatti Dio volle che fosse un giorno, cioè un tempo e non uno spazio, il luogo della sua presenza in mezzo agli uomini: il sabato. Questo tempo è stato da sempre il “santuario” della presenza di Dio, tempo speciale in cui vivere la signoria del Signore sopra tutte le altre occupazione ordinarie feriali, gli interessi, le preoccupazioni.
Così continua ad essere anche per noi. A volte ci sembra giusto consacrare a Dio uno spazio della nostra vita, fosse anche lo spazio della religiosità, dello spirito, o dell’impegno concreto. Ma così facendo lo escludiamo da tutto il resto.
Dio si fa ancora oggi presente nel mondo chiedendoci di abitare il nostro tempo, e non una parte del nostro spazio. Egli ha scelto in modo particolare il tempo dell’attesa.
Questa è la proposta che l’angelo fa a Maria: Dio vuole venire nella tua vita perché attraverso di te si faccia presente nel mondo, ed ella lo attese perché nascesse da lei. Ma questa venuta non è una volta per tutte, questa presenza non è definitiva, come avviene per chi conquista e occupa uno spazio, ma è sempre nuova, da realizzare nel tempo della vita di ciascuno.
Questa notte stessa celebreremo la venuta di Cristo. Ma non è già venuto? Che senso ha ripetere ogni anno questo evento come fosse sempre una cosa nuova?
La nascita di Gesù non è la presa di possesso di uno spazio, questa sì potrebbe essere definitiva o quanto meno stabile e chiara a tutti. È cosa sempre nuova perché, fratelli e sorelle, il tempo della nostra vita scorre, noi cambiamo, le situazioni e la vita evolvono. Dio non vi entra una volta per tutte né si accontenta di un angolo dedicato. Egli torna e torna e torna perché ogni tempo della nostra esistenza deve essere riempito della sua presenza. A noi è chiesto di attenderlo, cioè di desiderare questa presenza come qualcosa di nuovo, che ci coglie di sorpresa, senza scontatezza.
Ma che vuol dire attenderlo? Innanzitutto significa maturare la coscienza che il tempo presente deve cambiare, che è vecchio, scarico di speranza, spento di amore, vuoto di senso e di umanità. Il tempo deve camminare verso il Regno di pace e di giustizia, il traguardo del tempo di Dio, non può fermarsi per la comodità di qualcuno che si è sistemato. Troppa gente ancora è indietro, arranca faticosamente e vende ancora molto da lontano l’arrivo al tempo di Dio. I poveri attendono da tempo immemorabile un tempo nuovo, generazione dopo generazione, essi sono i depositari nel mondo dell’attesa della venuta del Regno di Dio, e la mantengono viva. I ricchi non ne hanno bisogno, perché stanno bene così come stanno, hanno smesso di attendere, e per loro la nascita di Gesù è un rito esteriore vuoto di ogni significato. Se fosse per loro sarebbe ora di farla finita con questa pagliacciata.
Fratelli e sorelle, Gesù viene sempre bambino perché vuole crescere con noi. È un bambino perché è novità, è notizia di un tempo che può rinnovarsi, cambiare, evolversi verso la maturazione del tempo di Dio che i poveri attendono.
Accogliamolo così, senza dare per scontato che uno spazio Dio già ce l’ha nella nostra vita, senza imprigionarlo in qualche vecchia abitudine, ma come un bambino riceviamolo come la promessa di un tempo nuovo che abbiamo atteso e del quale il mondo intero, come dice Paolo, attende la nascita, soffrendo intanto le doglie di un parto difficile e doloroso. Sia questo ultimo breve tempo che ci separa dal Natale attesa della nascita di qualcosa che non c’era e di cui il mondo ha un così grande bisogno: la pace, la giustizia, il bene di tutti gli uomini, e non solo di alcuni.




Preghiere n. 1

O Padre del cielo, fa’ che come Maria accogliamo anche noi con gioia la buona notizia che la nostra vita può fare spazio a te che vieni.
Noi ti preghiamo


O signore aiutaci a rivolgerci a te quando ci sembra troppo difficile seguirti e fare la tua volontà; perché, come l’angelo ha detto a Maria, anche noi riceviamo l’aiuto della potenza di Dio.
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 2

O Gesù che vieni a portarci la novità del Vangelo, fa’ che non induriamo il nostro cuore, ma lo accogliamo con gioia e disponibilità
Noi ti preghiamo



O Signore che a Maria turbata hai indicato l’esempio di Elisabetta, fa’ che anche noi
nei momenti di incertezza ci facciamo forti dell’esempio di chi, seguendo il Vangelo,
ha fatto spazio alla tua volontà.
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 3

O Signore che torni in questo mondo distratto e affannato per sé, fa’ che i nostri cuori ti accolgano e ascoltino la tua parola come una domanda seria e impegnativa per la nostra vita.
Noi ti preghiamo


Aiuta o Padre santo, tutti coloro che sono nel dolore: i malati, i sofferenti, i miseri, chi è solo e nell’angoscia. Fa’ che la nascita del Signore porti salvezza e conforto a tutti.
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 4

O Cristo Gesù vieni presto in questo mondo percorso da correnti di odio e di violenza. Ti preghiamo le vittime delle guerre e del terrorismo. Consola chi è colpito nel corpo e nello spirito,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per tutti i cristiani che vivono nel mondo, perché i loro sforzi di testimoniare il Vangelo producano buoni frutti di pace e conversione dei cuori in chi li incontra.

Noi ti preghiamo.