sabato 29 aprile 2017

III domenica del tempo di Pasqua - Anno A - 30 aprile 2017




Dagli Atti degli Apostoli 2, 14a. 22-33
Nel giorno di Pentecoste, Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così:
«Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».

Salmo 15 - Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore +
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita, +
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1, 17-21
Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. 

Alleluia, alleluia alleluia.
Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 24, 13-35
In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 

Commento

Il Vangelo di Luca ci presenta due discepoli che tornavano tristemente a casa dopo gli avvenimenti della passione, morte e resurrezione di Gesù. Come notavamo già domenica scorsa riguardo all’episodio di Tommaso, i Vangeli riportano molti episodi che mettono in evidenza la difficoltà dei discepoli a riconoscere Gesù che si presenta loro risorto. Luca ci parla di due discepoli ma non dice i loro nomi, perché possiamo essere ognuno di noi. Essi fanno un lungo viaggio con lui, “in persona” sottolinea Luca, e non lo riconoscono, tanto sono ormai rassegnati a non vederlo più. A noi sembra così strano: come fanno a non riconoscere Gesù risorto dopo che hanno vissuto con lui per così tanto tempo?
Il fatto è che, cari fratelli e care sorelle, Maria di Magdala e gli altri discepoli, come quelli che vanno ad Emmaus, non hanno creduto alla resurrezione di Gesù, l’hanno ritenuta una chiacchiera di donne (come risposero gli apostoli alle donne che avevano visto la tomba vuota), o una vaneggiamento (come fece Tommaso). Anche i due anonimi discepoli che vanno ad Emmaus dicono: “Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto”, restano cioè scettici.
Non è possibile riconoscere Gesù, anche se ci appare in persona, se non si crede alla sua resurrezione. Sì, certo, pensano di conoscerlo già: lo hanno visto in Galilea, girare per i villaggi, a Gerusalemme predicare nel tempio, compiere miracoli e insegnare alle folle. Ma l’ultima immagine di Gesù che si è impressa nella loro mente, quella definitiva, è del Signore morto sulla croce. Ma non si può conoscere il Gesù dei miracoli, delle parabole e della passione se non lo crediamo anche con fermezza risorto dai morti. 
Ciò, fratelli e sorelle, vale anche per noi. Quante volte pensiamo di conoscere Gesù, di averne capito il messaggio e gli insegnamenti, ma in realtà ci resta un estraneo e non riusciamo a riconoscerlo vivo accanto a noi, perché non abbiamo creduto alla resurrezione.
Ma che vuol dire credere alla resurrezione?
Non è tanto uno sforzo della ragione, ovviamente, piuttosto si tratta di credere nella forza dell’amore che riesce a vincere il male, anche il più grande che è la morte. In apparenza voler bene si presenta come una forma di debolezza: significa essere vulnerabili, a volte rimetterci, rischiare di essere giudicato male, di fare una brutta fine. Ce lo dimostra la storia stessa di Gesù: ha speso tutte le sue forze per fare il bene degli altri, senza risparmiarsi, ha pensato a salvare gli altri e non se stesso, e cosa ne ha ricavato? Il tradimento, la passione e la morte in croce.
Se ci fermiamo fin qui infatti diamo ragione al vangelo del mondo che dice: per trovare salvezza e sicurezza pensa a te stesso, non ti occupare degli altri, salva te stesso e fai il tuo interesse, cioè la negazione dell’amore.
Ma il vangelo va oltre la morte e la croce: l’amore di Gesù non è prigioniero della tomba, non finisce con la croce, ma vince sulla morte, risorge.
Se non ci facciano discepoli di questo vangelo, cioè del vangelo della resurrezione e della fiducia nella forza dell’amore del Signore, saremo discepoli del vangelo del mondo che si ferma davanti alla morte, ne è schiavo, spaventato e succube, e non sa andare oltre.
Ma, lo sappiamo bene, non è facile credere al vangelo di Gesù, è molto più convincente il vangelo del mondo; questo infatti sembra molto più razionale e realistico, e ad esso crediamo più facilmente e volentieri.
Per questo anche a noi il Signore dice oggi: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!” Siamo sciocchi perché, credendoci furbi e intelligenti, diamo ascolto al vangelo del mondo, che è così connaturato al nostro modo di pensare, e ci teniamo le convinzioni di sempre: prima di dare ragione e aderire intimamente a qualcosa di così nuovo e diverso dalla normalità come la resurrezione di un morto devono convincerci con validi argomenti. Ma nessuno ha mai creduto alla resurrezione, cioè la forza superiore dell’amore sul male, perché gliel’hanno spiegata bene. La si capisce solo vivendolo, per questo bisogna avere un cuore “pronto” a fidarsi, e non più “tardo”, proprio quello di cui Gesù rimprovera i discepoli, “tardi di cuore” a credere. Un cuore tardo è lento, frenato dalla paura di fidarsi, dall’abitudine a diffidare di tutto e di tutti.
Ecco che allora anche noi, che ci crediamo tanto furbi, esperti e navigati, davanti al vangelo ascoltato oggi ci scopriamo “sciocchi e tardi di cuore”.
Il Signore pazientemente si mette a camminare accanto ai due di Emmaus, spiega loro le Scritture, si fa loro vicino e compagno di viaggio. Così avviene anche con noi. Gesù non ci disprezza per la nostra incredulità, continua a parlare, a camminarci accanto. Le sue parole non sono una “spiegazione” nel senso classico, egli fa tre cose: cita i testimoni della Scrittura, si lascia forzare dall’affetto dei due che insistono perché resti con loro, ripete i gesti del suo amore, cioè l’eucarestia.  È quello che fa’ con noi ogni domenica: ci parla attraverso le Scritture e spezza il pane, ma c’è bisogno che noi insistiamo perché resti con noi. La messa non è uno spettacolo che ci lascia indifferenti, una sorta di corvè a cui sottostare per obbligo. È il momento dell’incontro, atteso, sperato, preparato con Signore Gesù. Anche noi, come i due discepoli dobbiamo poter dire: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” La salvezza di quei due discepoli allora non è nella loro bravura, nella santità o nella loro intelligenza e coraggio. Si salvano perché si lasciano toccare dai gesti e dalle parole che Gesù ripete davanti a loro, come ogni domenica con noi, che “aprono” i loro occhi e gli fanno riconoscere il Signore stesso in quella presenza amica che avevano pregato di restare con loro.
Anche noi allora ogni domenica, giorno in cui celebriamo la resurrezione di Cristo, riscopriamo il Signore che ci si fa vicino, riconosciamolo risorto con la forza di quell’amore che ci vuole comunicare per vincere ogni male e ogni paura. È un appuntamento prezioso per non restare prigionieri della nostra rassegnata chiusura di cuore, ne abbiamo bisogno per non tornare sconfitti al villaggio di prima, alla vita di sempre vinti e senza speranza.

 Preghiere 


O Signore che ti fai incontro a noi risorto,  fa’ che sappiamo riconoscerti vittorioso sul male e salvatore di ognuno di noi.
Noi ti preghiamo


Perdona o Signore Gesù la nostra incredulità che ci rende sciocchi e tardi di cuore. Aiutaci ad accogliere con fiducia l’annuncio che l’amore ha vinto sulla morte e tu sei risorto per sempre. 
Noi ti preghiamo



Dona, o Padre del cielo, la vita che non finisce a tutti coloro che ti invocano. Ascolta il grido dell’oppresso e del sofferente, chinati su chi è vittima dell’ingiustizia e schiacciato dal dolore. Fa’ che l’annuncio della resurrezione risuoni con forza dove  oggi sembra vincere il male.
Noi ti preghiamo


Rendici o Signore testimoni convincenti della tua resurrezione. Fa’ che sappiamo annunciare con le nostre parole e le nostre azioni il vangelo del tuo amore più forte di ogni male. 
Noi ti preghiamo



Perdona o Dio del cielo il nostro peccato, perché liberi da ogni impaccio e animati dalla forza del tuo perdono sappiamo sempre lodare il tuo nome e annunciare le tue meraviglie.
Noi ti preghiamo


Proteggi ogni uomo dal pericolo di una vita spesa per ciò che non vale e vissuta inutilmente. Fa’ che chi ancora non ti conosce e non ti ama possa presto incontrarti come il Signore buono e che salva.
Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre del cielo tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che soffrono per la persecuzione e la violenza. Fa’ che la loro testimonianza sia inizio di un nuovo tempo di pace e di riconciliazione.
Noi ti preghiamo


O Dio, dai forza e coraggio a papa Francesco che annuncia il Vangelo e guida il popolo dei tuoi figli verso di te. Perché con la sua testimonianza sia di esempio e comunichi a tanti come cercare il dono inestimabile della pace.
Noi ti preghiamo


sabato 22 aprile 2017

II domenica del tempo di Pasqua - Anno A - 23 aprile 2017




Dagli Atti degli Apostoli 2,42-47
Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. 

Salmo 117 - Rendete grazie al Signore perché è buono.
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.

Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria +
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!  

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo1, 3-9
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Alleluia, alleluia alleluia.
Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 20, 19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, questa domenica riflette ancora davanti a noi la gioia della resurrezione che abbiamo vissuto a Pasqua. L’annuncio che Gesù non è più morto, prigioniero della tomba risuona ancora nelle nostre orecchie con forza.
Eppure, lo vediamo nel vangelo di oggi, questa notizia così sconvolgente ed entusiasmante fa fatica ad entrare solidamente nella coscienza dei discepoli. Li troviamo ancora impauriti, chiusi dentro. Ma soprattutto Tommaso ci stupisce per la diffidenza con cui accoglie l’annuncio dei dodici che gli ripetono che Cristo è risorto, veramente è risorto e lo hanno incontrato addirittura!
Tommaso a causa di questo episodio della sua vita è divenuto quasi proverbialmente il prototipo della diffidenza e dell’incredulità. Eppure lui non era né migliore né peggiore degli altri dodici. Aveva condiviso con loro tutta la storia con Gesù, lo ha seguito e amato come tutti. Era presente nell’ultima cena, Gesù gli ha lavato i piedi come a tutti gli altri undici, tuttavia Tommaso fa una grande fatica a credere alla resurrezione di Gesù. In questo, ripeto, non è diverso da tutti gli altri discepoli. Il Vangelo è pieno di episodi da cui emerge come i dodici e le donne a lui più vicine non lo riconoscano nemmeno quando si presenta loro di persona risorto. Lo scambiano per un contadino vicino alla sua tomba, o per un fantasma, per un viandante qualunque, a Emmaus.
La resurrezione di Gesù è la cosa che i discepoli fanno più fatica ad accettare e sembra che facciano di tutto per metterla da parte, come un dettaglio poco importante.
Ci racconta il Vangelo come i capi del popolo vollero mettere alla tomba di Gesù delle guardie perché Gesù aveva parlato di resurrezione e avevano paura che i discepoli per dare forza alla loro nuova fede avrebbero potuto sottrarre il corpo di Gesù per poter poi proclamare che era risorto dai morti. In realtà è vero il contrario. Non è la fede dei discepoli che “inventa” la resurrezione, ma è la resurrezione di Gesù che fa nascere la vera fede.
Infatti la vera fede, quella autentica e profonda non si misura nei momenti di entusiasmo e successo. Quando i dodici hanno lasciato tutto per seguire Gesù, quando lo hanno accompagnato e aiutato nei suoi viaggi missionari. Quando hanno assistito a miracoli o sono entrati a Gerusalemme fra due ali di folla osannante. Sì sono stati tutti momenti importanti, di passaggio nelle loro vite. Si sono fidati di lui, lo hanno seguito, ma il vero scoglio, il momento di prova massima per la loro fede è la Pasqua. Lo vediamo dal loro comportamento durante la passione e morte di Gesù. Ma potremmo dire: si capisce, correvano pericolo di morte, era umano e comprensibile farsi vincere dalla paura. Ma in realtà quello stesso atteggiamento di paura e diffidenza continua anche davanti ai tanti segni di resurrezione di cui sono testimoni diretti o dei quali ricevono testimonianza dai fratelli.
Lo stesso è per noi. La nostra fede è “verificata” dalla resurrezione. È autentica e provata se crediamo che in Gesù la vita ha vinto la morte e che per questo il dominio del male è stato sconfitto una volta per tutte. Non è facile crederlo e viverlo! Sì perché vivere la forza della resurrezione trasforma tutto il nostro modo di essere e ci rende capaci di cose grandi e incredibili, contro l’ordine naturale delle cose, come grande e “contro natura” è la resurrezione.
È paradossale, quello che dovrebbe essere un annuncio apportatore di grande gioia è accolto con diffidenza. A quella fede che ci rende così forti e pieni di risorse di vita davanti al male si resiste, lo dicevamo prima.
Cari fratelli e care sorelle, non lasciamoci vincere dal realismo pessimista di questo mondo. Non restiamo impigliati nelle reti del dubbio, ma apriamoci alla fede vera. Essa si fonda nella fiducia, incrollabile e verificata dall’incontro con Gesù, che il male non è padrone, che nella storia personale e del mondo intero c’è una volontà di bene superiore che, seppur conosce tanti momenti di passione e morte, non cessa di essere indirizzata al bene, il quale è destinato a prevalere.
Tommaso, dicevamo, non solo è diffidente, perché non crede ai discepoli, ma è anche incredulo, perché non crede che sia possibile che Gesù sia risorto. Entrambe, diffidenza e incredulità, sono vinte dal contatto con le piaghe di Gesù viste però alla luce della sua resurrezione, cioè sentendo Gesù parlargli e vedendolo vicino a lui.
Sia allora così anche per noi l’esperienza pasquale. Non temiamo di toccare le piaghe di questo mondo ferito, a volte in modo mortale, da tanto dolore, ma impariamo a contemplarlo alla luce della resurrezione, cioè sapendo che quelle piaghe non hanno vinto, che il dolore non è definitivo e l'ultima parola, ma che Cristo ci si fa vicino e vince il male. Possiamo crederlo perché sentiamo Gesù parlarci, con lo stesso amore e sollecitudine di sempre, lo sperimentiamo vicino alle nostre vicende e partecipe alle vicissitudini di questo nostro travagliato mondo. Questa sia la nostra fede, rinata e rafforzata davanti alla tomba vuota, davanti all'annuncio pieno di entusiasmo dei fratelli che in questo tempo di Pasqua non cessano di proclamare: “Cristo è risorto! Veramente è risorto!”

  
Preghiere 

O Signore Gesù ti ringraziamo perché torni a incontrarci nel chiuso delle nostre stanze per vincere la paura e donarci la pace. Aiutaci ad accoglierti senza la diffidenza di Tommaso, ma con la fede di chi crede per la testimonianza e le parole dei fratelli.
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore per il grande dono della Pasqua, vittoria sulla morte che sconfigge per sempre il male. Sostieni la nostra fede perché sappiamo leggere la storia alla luce della tua resurrezione
Noi ti preghiamo


Aiutaci, o Padre buono, quando dubitiamo in cuor nostro che il mondo possa cambiare e che la storia possa prendere una strada diversa da quella attuale. Fa’ che sull’esempio degli apostoli vinciamo la paura e diveniamo annunciatori del Vangelo e testimoni della Resurrezione di Cristo.
Noi ti preghiamo


Guida i nostri passi o Signore perché una volta ricevuto l’annuncio della tua Resurrezione, come fecero le donne anche, anche noi riferiamo la novità del vangelo di Pasqua a tanti nostri fratelli e sorelle. 
Noi ti preghiamo



Rafforza in ogni tuo discepolo o Signore la certezza che la morte non è l’ultima parola e che quando tutto sembra perduto la fiducia in te fa risorgere la speranza. Dona a tutti quelli che invocano il tuo nome il dono della pace.
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore Gesù che tutti quelli che ti sono compagni nella via dolorosa verso il Calvario siano risollevati dal loro dolore assieme a te che risorgi. Ti preghiamo per i malati, gli immigrati, gli anziani, chi è senza casa, oppresso dalla guerra e dalla violenza. Dona loro pace e salvezza. 
Noi ti preghiamo.


O Dio nostro Padre, rafforza la fede e l’amore del papa Francesco che non smette di indicarci il Signore Gesù vicino e amico. Proteggilo dal male e sostienilo sempre,
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio, proteggi tutti i cristiani nel mondo, specialmente quelli che sono perseguitati e discriminati. Fa’ che l’annuncio della tua Resurrezione doni loro coraggio nella prova e la forza di resistere al male,
Noi ti preghiamo






domenica 16 aprile 2017

Pasqua di Resurrezione - Anno A - 16 aprile 2017




Dagli Atti degli Apostoli 10, 34a. 37-43
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Sal 117 - Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3, 1-4
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo  risorto dai morti e non muore più,
Egli ci attende in Galilea.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni  20, 1-9
Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, nei giorni passati abbiamo attraversato con Gesù le ore dure e buie del dolore e della morte. Mentre tanti attorno a noi hanno vissuto il tempo in cui si svolgevano le vicende dolorose e commoventi della passione e morte di Gesù con indifferenza e distrazione, concentrati su se stessi e sulle loro occupazioni ordinarie, noi invece lo abbiamo seguito, condividendo la sua pena, provando lo smarrimento dei discepoli, osservando la violenza folle delle masse accalcate come spettatori lungo la via dolorosa fino al Calvario.
Vivendo con lui abbiamo scoperto nel nostro cuore gli stessi sentimenti dei discepoli. Il Vangelo ce li descrive spaventati, indecisi se fidarsi di un Gesù che facevano fatica a capire, pronti a tradirlo pur di mettersi in salvo. Eppure sono rimasti e hanno seguito Gesù, anche se da lontano, nelle ore concitate dell’arresto, del processo, della condanna, della crocifissione. Li immaginiamo confusi con la folla o, come Pietro, a spiare gli eventi da vicino ma senza esporsi.
Sì, i discepoli scappano, ma restavo vicino.
Così anche noi, spesso ce ne stiamo in disparte, dubbiosi e spaventati. Troppo grande è la responsabilità di schierarsi apertamente dalla parte di Gesù, di fare nostri suoi i sentimenti di pietà con cui ha perdonato persino chi lo stava uccidendo, troppa audacia ci vuole a gridare in modo diverso dalla folla: “libera Gesù e non Barabba!” quando Pilato pone la sua  fatidica domanda. La passione di Gesù è un momento di verità che svela come siamo fatti: deboli, paurosi, pronti a tradire.
Eppure, come i discepoli, anche noi non siamo stati indifferenti. Il nostro cuore è rimasto toccato, ci siamo commossi e, forse, sentiti anche un po’ in colpa, abbiamo confessato il nostro peccato davanti al crocefisso. Insomma abbiamo vissuto la passione di Gesù defilati, ma attenti, turbati nel profondo.
Per questo Maria di Magdala il terzo giorno dopo la morte di Gesù torna alla tomba. L’assenza di Gesù pesava sul suo cuore e l’ha spinta a tornare a cercarlo tra le tombe, cioè nei ricordi del passato, fra i rimpianti, tra le cose morte che ormai non parlano più. Così è Gesù per molti di noi.
Eppure questa assenza di Gesù anche a noi pesa sul cuore: assenza che leggiamo nella forza del male nel mondo. La sua assenza non lascia forse troppo liberi di soffiare i venti di guerra che si scatenano in questi giorni? Perché se ne andato? È un rimprovero a Gesù che tante volte affiora alla nostra mente, lo dicevamo già domenica scorsa.
In realtà siamo noi discepoli che ci siamo allontanati da lui, lo abbiamo lasciato solo nel momento più duro della lotta contro il male, che alla fine lo ha sopraffatto, in croce. Per questo un senso di morte e di tristezza paurosa e impotente ci ha pervasi e si è  impadronito della nostra vita. Chi lascia Gesù viene come risucchiato dalle tombe e non prova più la gioia della vita piena.
Ma ecco che a Maria che si aggira fra le tombe, nel clima di morte e con il peso sul cuore dell’assenza di Gesù, si presentano agli occhi dei segni inattesi di novità. Sono solo segni, e anche gli apostoli che sopraggiungono chiamati da lei non possono che constatarli: la tomba vuota, la pietra rotolata via, il sudario ripiegato e messo da parte. Che cosa vogliono dire?
Sono i segni che parlano della resurrezione del Signore, ma essi da soli non bastano a fargliela riconoscere. In loro è più forte la tristezza della morte, quella forza del male che sovrasta. C'è bisogno che tornino in mente ai discepoli le parole della Scrittura e capiscono che Cristo è risorto, come aveva loro detto per ben tre volte, preannunziandogli la sua passione morte e, infine, resurrezione.
Anche a noi, nella nostra vita, il Signorie si presenta risorto attraverso alcuni segni della vittoria del bene sul male. Ma essi per essere presi sul serio e compresi devono essere letti alla luce della Scrittura, altrimenti passano inosservati, come cose di poco conto. Pensiamo, ad esempio, alla poca importanza che diamo al fatto che qualcuno fa del bene gratuitamente, senza obbligo. Come è facile pensare che in fondo è ingenuo, o sciocco, o che tanto non seve a niente, e invece è un segno di resurrezione, cioè di vittoria del bene sul male. Se non diamo ascolto alla Parola di Dio che quei segni li valorizza e li spiega, se non la prendiamo seriamente e con attenzione questi segni restano muti e non ci parlano di resurrezione. È quello che ci è proposto ogni domenica, giorno in cui facciamo memoria e riviviamo la resurrezione di Cristo: qui possiamo rileggere i segni della presenza del Signore nella nostra vita e in quella del mondo e comprendere che in essi c’è una forza di vita nuova, di vittoria sul male, di resurrezione, perché le Scritture ci illuminano lo sguardo.
Ma questi segni di resurrezione come si manifestano? Essi, dove il male sembra vincere, sono gesti di un amore più forte della morte. Sì, l’amore può essere vissuto ovunque e comunque: Gesù sulla croce perdona persino chi lo uccide, accoglie il ladro crocifisso con lui e affida Maria e Giovanni l’uno all’altro. Quei gesti risolvono tutto? Cambiano immediatamente la situazione di Gesù? Lui ci guadagna qualcosa? No, ma sono dei semi di vita gettati dal Signore nel grembo della morte che lo stava inghiottendo e che germineranno nella pianta buona della sua resurrezione che vince definitivamente la morte.
Questo potere oggi, a Pasqua è donato anche a noi. Sì, pure nelle situazioni più difficili e apparentemente senza scampo possiamo mantenere il calore della nostra umanità ed esprimere gesti di amore che sono come un seme di vita gettato nel grembo della morte e che nascendo la vince con il potere della resurrezione di Cristo. Invece in genere avviene il contrario: quando il male si fa’ forte e sembra vincere ecco che fuggiamo, ritenendo inutile sperare, voler bene, restare accanto, prendersi cura, esprimere gesti di amore. Pensiamo cosa avviene attorno ai poveri: la fraternità si dirada, li lasciamo soli. Pensiamo a quando ci accorgiamo che un fratello o una sorella stanno male e hanno bisogno di aiuto, il primo istinto non è forse quello di ritrarsi, spaventati e impotenti? 
Fratelli e sorelle come Pietro, Giovanni e Maria di Magdala, anche noi facciamoci aprire gli occhi dalla luce delle Scritture per cogliere i segni delle resurrezioni che si manifestano ogni giorno accanto a noi: quando un povero è aiutato, un fratello nel bisogno amato e sostenuto, una situazione problematica assunta e seguita con sollecitudine. Oggi a Pasqua il Signore viene in mezzo a noi e dona a chi crede in lui la forza della sua resurrezione. Accogliamo questo annuncio gioioso perché ovunque la forza della morte sia sconfitta ed anche noi diveniamo seminatori di quei semi di resurrezione che vince sul male e sulla morte. Cristo è risorto, veramente è risorto. Alleluja.



 Preghiere 


O Signore nostro Gesù Cristo, ti rendiamo gloria perché con la tua resurrezioni hai vinto la morte e rendi i tuoi discepoli vittoriosi sul male,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore, perché qui nella tua casa riceviamo l’annuncio gioioso della vita che vince la morte. Aiutaci a non fuggire il male che vediamo attorno a noi, ma a vincerlo con la forza del tuo amore,
Noi ti preghiamo


Scendi o Signore Gesù negli inferni di questa terra e risolleva tutti gli uomini che sono nel dolore, perché trovino nella tua resurrezione la salvezza che attendono,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i tuoi figli ovunque dispersi e che in ogni parte della terra in questo giorno ti proclamano risorto. Fa’ che viviamo sempre in unità, come una famiglia radunata dalla tua Parola attorno all’unica mensa
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio perché tutti gli uomini che ancora non ti conoscono possano presto udire l’annuncio del Vangelo di resurrezione e, divenuti tuoi discepoli, essere rivestiti della forza del tuo amore
Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che annunciano il Vangelo e testimoniano la forza invincibile del tuo amore. Proteggili e sostienili nelle difficoltà, rendi la loro vita un segno di resurrezione,
Noi ti preghiamo



Salva o Dio misericordioso tutti coloro che ti invocano. In modo particolare ti preghiamo di proteggere coloro che vivono dove infuria la guerra e la violenza. Dona la tua pace al mondo intero,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo O Signore Gesù per il nostro papa Francesco. Fa’ che il suo forte annuncio di fraternità e amore coinvolga tutti gli uomini e ci conduca presto all’unità di tutto il genere umano,

Noi ti preghiamo

sabato 8 aprile 2017

Domenica delle Palme - Anno A - 9 aprile 2017




Dal libro del profeta Isaia 50,4-7
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Lode a te o Signore, re di eterna gloria!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte di croce.
Per questo Dio lo ha esaltato
Lode a te o Signore, re di eterna gloria!

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo
Mt 26,14 – 27,66

Commento
Cari fratelli e care sorelle, questa liturgia ci introduce alla Santa Settimana di Passione, morte e resurrezione del Signore. Sì, questi tre momenti dell’esistenza di Gesù non possono essere mai separati. Diverse volte Gesù aveva annunciato ai discepoli cosa gli sarebbe accaduto: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà". (Mt 20,18-19) già precedentemente aveva detto loro: “Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.” (Mt 16,21), ed anche: “Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà” (Mt 17,22-23). Ben tre volte, in situazioni diverse, Gesù spiega loro che la volontà del Padre che lo ha mandato ad annunciare la buona notizia della salvezza passa attraverso la sua passione, la sua morte e la sua resurrezione. Ma i discepoli non lo hanno preso sul serio. Nel primo caso che ho riportato, subito dopo le parole di Gesù avviene quella scena di lotta di potere fra i dodici, circa chi doveva occupare i primi posti. Nel secondo caso Pietro lo prende in disparte e lo rimprovera per quello che ha detto, accusandolo di confondere con simili parole i dodici. Infine, nel terzo caso, la reazione fu la tristezza, che è il modo con cui gli uomini si ripiegano su di sé e pensano solo a se stessi chiudendo il cuore ai fratelli.
I discepoli con queste reazioni dimostrano di non accettare che la salvezza che Gesù è venuto a portare passi attraverso la passione, morte e infine resurrezione.
Ogni anno la Settimana Santa, che si apre con la domenica delle palme, ci riconduce su questo stesso itinerario della vicenda di Gesù, ed è come se anche a noi, come ha fatto ai dodici, il Signore voglia annunciarci il Vangelo della salvezza così come il Padre glielo ha rivelato e come lui accetta di viverlo.
Oggi ci chiediamo: noi gli crediamo? Oppure, come fecero ripetutamente i dodici, restiamo scettici, estranei o addirittura irritati e recriminatori, come Pietro, per questo annuncio?
Anche davanti alla malattia e alla morte dell’amico Lazzaro Gesù afferma che quella morte è per dare gloria a Dio. Ciò non significa che Gesù giudichi positivamente il dolore e desiderabile la morte. Egli ha ben chiaro, e lo dimostra con tutta la sua vita, che il male è il nemico e va combattuto. Gesù guarisce tanti dalle malattie, li resuscita persino dalla morte, mostrando il suo potere su di essa, libera dalla schiavitù del peccato col perdono che scioglie dai legacci del male. Insomma Gesù combatte tutte le espressioni del male, e lo può fare proprio perché non lo fugge. Nello scandalo dei dodici c’è infatti il desiderio di fuggire il male, il proprio e quello degli altri, ma proprio per questo non prendono sul serio la resurrezione di Gesù, cioè la sua vittoria sul male. Se avessero accettato quanto Gesù voleva dire loro non lo avrebbero tradito, abbandonato, lasciato solo.
Cari fratelli e care sorelle, gli stessi dubbi, le stesse incredulità dei discepoli oggi sono i nostri. Anche noi facciamo fatica a credere nella resurrezione, cioè nella forza superiore del Signore sul male e sulla morte, perché ci sembra che la passione e la morte la nascondano e la rendano irreale, come una nube buia che oscura la vista del bene. A volte rimproveriamo Dio per la forza del male, perché non lo cancella dal mondo. Pensiamo alle recenti immagini della morte di tanti bambini negli attacchi con i gas in Siria. Il male non ci sembra forse troppo libero di agire e di esercitare il suo potere sugli innocenti? Non crediamo che Dio dimostrerebbe la sua vittoria cancellandolo una volta per tutte? In fondo è per questo che deridono Gesù sulla croce. Gli dicono: “Ha confidato in Dio ; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene . Ha detto infatti: "Sono Figlio di Dio"!” Credono che salvarsi sia evitare il male, In realtà Gesù non solo sulla croce salva se stesso, ma tutti gli uomini, perché non sfugge al dolore ma si affida al Padre e accetta di fare la sua volontà.
Dio non vince il male cancellandolo, ma passandoci attraverso e sconfiggendolo con la forza della resurrezione, della vita che non finisce più, che è donata a chi fa la volontà del Padre.

Cari fratelli e care sorelle, in questi giorni che si aprono davanti a noi Gesù ci ricorda ancora una volta il cuore della salvezza che egli è venuto a portare al mondo: attraverso il dolore della passione, attraverso la morte stessa, espressione estrema della forza del male, Gesù conquista la vittoria definitiva della resurrezione e ce la consegna. A questo dobbiamo credere con fiducia. Non invochiamo sotterfugi per sfuggire al male, affrontiamolo piuttosto quando si manifesta a noi con tutta la sua forza: nella malattia, nell’ingiustizia, nel dolore, nel peccato che ispira sentimenti e azioni malvage. Affrontiamolo quando lo viviamo noi e anche quando colpisce qualcuno accanto a noi, quando lo vediamo spadroneggiare nei luoghi della guerra e della miseria, lontano da noi. Facciamolo nostro con la nostra compassione, preoccupazione e preghiera per invocare l’aiuto di Dio. Scopriremo che esso è vincibile, che il Signore lo ha attraversato ma non ne è rimasto sconfitto. Capiremo perché egli ci parla sempre di passione, morte e resurrezione assieme, perché alla vita vera che non finisce e si riveste della gloria stessa di Dio si giunge solo passando attraverso il buio del dolore e del male, senza dimenticare però che affidandoci a lui possiamo giungere fino alla resurrezione.

Preghiere
  
O Signore Gesù, ti abbiamo accolto festosi come il re della nostra vita agitando i rami di ulivo che abbiamo fra le mani. Aiutaci a non restare indifferenti al tuo amore misericordioso e pieno di parole buone, perché sappiamo restarti vicino anche nei momenti difficili.
Noi ti preghiamo

  
O Padre che hai mandato il tuo figlio unigenito per salvare l’umanità intera, fa’ che in questi giorni sappiamo accogliere la sua richiesta di vegliare con lui e non lo abbandoniamo presi dal sonno di una vita banale e abitudinaria.
Noi ti preghiamo


O Cristo che sei vero re e Signore di tutti i tempi, ti siamo grati perché hai accettato di umiliarti e sottometterti alla forza del male senza fuggire dal dolore e dalla morte. Ti sei fatto compagno di tutti quelli che ancora oggi soffrono per il male e patiscono l’ingiustizia del mondo. Aiutali nel tuo amore e consolali con la tua misericordia senza fine.
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo ti preghiamo per tutti coloro che bussano alla porta del nostro cuore per cercare consolazione e sostegno. Per i poveri, per coloro che sono nel dolore, per chi è malato e ferito,
Noi ti preghiamo


O Dio che dal cielo hai partecipato al dolore del tuo Figlio unigenito, sii compagno di tutti coloro che soffrono per la malattia, la miseria, la guerra. Accogli il loro grido e dona loro salvezza
Noi ti preghiamo

  
Ti preghiamo o Signore per tutti coloro che in questi giorni nel mondo intero ti seguono sulla via dolorosa della tua passione, ascoltando la tua parola e celebrando la memoria dei tuoi ultimi giorni. Fa’ che sappiano tutti essere testimoni del tuo amore che non fugge davanti alla sofferenza e la vince con l’amore.
Noi ti preghiamo.


O Signore Gesù che dalla croce hai perdonato coloro che ti stavano mettendo a morte, non guardare al nostro peccato, ma cancellalo con la grazia della tua misericordia infinita.
Noi ti preghiamo
  

Aiutaci o Signore Gesù a non difenderci dagli altri con l’aggressività delle spade, ma a conquistare la loro umanità con la bontà delle parole e la dolcezza del perdono.
Noi ti preghiamo

giovedì 6 aprile 2017

“La Chiesa di papa Francesco” - IV incontro: “La dimensione sociale dell’evangelizzazione”



“La Chiesa di papa Francesco”
Itinerario di riflessioni, esperienze, preghiera
per una Quaresima nella gioia del Vangelo

La dimensione sociale dell’evangelizzazione
  
“Vorrei condividere le mie preoccupazioni a proposito della dimensione sociale dell’evangelizzazione precisamente perché, se questa dimensione non viene debitamente esplicitata, si corre sempre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice[1] afferma papa Francesco all’inizio del IV capitolo della Evangelii Gaudium, dedicato proprio a questo argomento.
È evidente dunque l’importanza che viene data a questa dimensione. Essa è in linea con quanto dicevamo nel primo incontro, ricordando la dimensione “in uscita” della Chiesa secondo Francesco, cioè una Chiesa che ha il suo punto di interesse e di attenzione primaria al di fuori di se stessa.

La dimensione personale della fede
Noi spesso siamo portati a dare rilievo soprattutto alla dimensione “personale” della fede. Questo aspetto è importante e risponde ad una esigenza, molto sentita qualche decennio fa, di uscire da un ritualismo esteriore e senza coinvolgimento personale. La Chiesa del pre-Concilio infatti proponeva ai fedeli degli schemi e modelli che avevano portato a questa situazione. Vediamone alcuni aspetti:
1.     La impossibilità, e quindi la non necessità, di comprendere la liturgia, perché celebrata in latino.
2.     La sostituzione di questa con pratiche devozionali ripetitive e meccaniche, come la recita di giaculatorie, litanie, ecc…; il rosario ad esempio rientra in questo genere.
3.     L’assenza della Bibbia dall’orizzonte del credente, al quale era vietato leggerla.
4.     Il carattere individuale dell’itinerario ascetico proposto ai fedeli.
5.     uno schema “militante”, da esercito: da una parte ci sono i capi che hanno il ruolo di analizzare la realtà e decidere il da farsi, dall’altra la truppa alla quale è richiesto solo di obbedire ciecamente, senza porsi domande.
6.     Il forte moralismo come adesione a modelli precostituiti e scrupolosa osservanza di norme di comportamento precostituite.
7.     Una fissità a-storica della fede, concepita come un deposito immutabile e senza evoluzione storica.
Questi elementi favorivano una ripetitività esteriore, senza capire e senza sentire la necessità di un rapporto personale con Dio, diretto e nutrito di Bibbia e liturgia.
A questo stato di cose la Chiesa nel post-Concilio propose una serie di correzioni:

1.     Innanzitutto la liturgia in lingua volgare consentiva la partecipazione attiva del popolo, che anzi gli era richiesta.
2.     La diffusione di nuove forme di preghiera, meno individuali e ripetitive, comunitarie e nutrite di letture bibliche, come ad esempio la lectio divina, le ore recitate comunitariamente, ecc...
3.     L’invito rivolto a tutti a leggere e studiare la Bibbia, che apriva orizzonti inediti per un rapporto diretto e personale con Dio che cercava un dialogo con ciascuno.  
4.     Il nuovo protagonismo di tutti i fedeli, chierici e laici, con pari dignità e responsabilità, anche se con ruoli diversi, nel gestire l’azione pastorale nelle parrocchie, nei movimenti, e in generale nella Chiesa.
5.     Il nuovo modello di Chiesa come “popolo di Dio” che dava un’inedita importanza alle relazioni interpersonali, al senso comunitario, al camminare insieme e non individualmente.
6.     Lo sviluppo di un senso forte della coscienza personale che, nutrita del Vangelo, dei sacramenti e della vita di fede, deve orientare le scelte dei fedeli; questi devono pertanto maturare una forte autonomia morale difronte alle sfide complesse e multiformi che di volta in volta gli si presentano.
7.     La storicizzazione dell’evoluzione delle forme e anche di alcuni contenuti della fede e del modo di comunicarli.

Si sviluppò pertanto quello che si può definire un forte “personalismo”, cioè la crescita di un valore ricco e ampio della persona, del suo protagonismo, del coinvolgimento di tutte le sue facoltà intellettuali, di fede, morali, culturali, ecc… per lo sviluppo di una partecipazione sentita e coinvolta alla vita della Chiesa: liturgia, sacramenti, pastorale, preghiera, ecc… Fu una grande rivoluzione.
Come però in tutti i casi di reazione culturale e innovamento, essi provocarono a volte uno sbilanciamento eccessivo nella direzione opposta, sviluppando il personalismo in quello che possiamo chiamare un eccessivo intimismo di tipo sentimentale e individualistico.
Esso è particolarmente evidente, ad esempio, nella celebrazione liturgica. Mentre prima i fedeli erano spettatori passivi, l’evoluzione successiva ha enfatizzato una partecipazione sì più sentita e coinvolta, ma che a volta da valore solo al proprio sentire e al ripiegamento su di sé piuttosto che al sintonizzarsi in un’azione comunitaria, portando alla fine all’isolamento individuale. Per molti infatti conta solo quello che sento io dentro di me, perdendo così la dimensione di comunità che celebra assieme, secondo il senso originario della liturgia.
Un altro aspetto è lo sviluppo di una idea di fede che riguarda e coinvolge solo la sfera dei miei sentimenti personali, fino a ritenere che la fede sia autentica solo se mi emoziona e risponde alla ricerca di un appagamento psicologico che dia serenità e calma interiore, una sorta di “yoga cristiano”.
Lo sviluppo di simili atteggiamenti è del tutto corrispondente all’ampliarsi dell’individualismo come tratto culturale dell’uomo moderno, che perde la dimensione sociale, intesa come complesso di legami forti e durevoli con gli altri che inseriscono l’individuo in un contesto da cui non può prescindere per definire chi è. Oggi sempre più spesso, al contrario, l’uomo si presenta come avulso dal contesto, definito solo dalle proprie caratteristiche personali, esaltate nella loro unicità che isola e individua; allo stesso modo il credente fatica a trovare una sua collocazione armoniosa dentro una comunità.
Ecco che dunque, partendo da questo dato storico, comprendiamo meglio l’importanza del fatto che papa Francesco esprime la sua preoccupazione per un modo di vivere la propria fede senza una forte connessione con una comunità di fede e con la realtà sociale che ci circonda:
Lo stesso mistero della Trinità ci ricorda che siamo stati creati a immagine della comunione divina, per cui non possiamo realizzarci né salvarci da soli.[2]  … Leggendo le Scritture risulta peraltro chiaro che la proposta del Vangelo non consiste solo in una relazione personale con Dio[3].”

La ricerca del “Regno di Dio”
Per rendere pienamente questa esigenza papa Francesco usa il tema della “ricerca del Regno di Dio”  per descrivere la vita del credente.
“«Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). … La proposta è il Regno di Dio (Lc 4,43); si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali.”[4]
Questo tema ha molte implicazioni. Questa dimensione infatti va ben oltre quella personale, anche se la coinvolge profondamente. Bisogna infatti da un lato essere ciascuno cittadino di quel Regno, cioè sudditi di una signoria che è quella di Gesù e non del mondo con le sue leggi e regole, ma questo non basta, bisogna altresì anche  operare perché anche la realtà attorno a noi si adegui a questa signoria:
Non si può più affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. Sappiamo che Dio desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra[5] … Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra[6].
Francesco usa un’espressione felice individuando un tratto distintivo delle comunità cristiane che mostrano la loro maturità, e cioè la capacità di “generare storia”:
 “La vera speranza cristiana, che cerca il Regno escatologico, genera sempre storia.”[7]
Comunità cioè di fedeli che non si accontentano di essere protagonisti di eventi interiori, di movimenti dell’anima o di crescite personali, ma che aspira a che il proprio agire incida a livello sociale, della realtà esterna, cioè “generi storia” e che storia personale e storia sociale si mescolino e abbiano l’una incidenza sull’altra. È segno di fedeltà al principio dell’incarnazione che chiede di riverificare in ogni esperienza di fede il tratto di ingresso nella storia, di concreta partecipazione ai suoi processi per la trasformazione del mondo.
Il papa evidenzia due campi in cui è necessario sviluppare la ricerca del Regno di Dio: uno è “l’inclusione sociale dei poveri”, l’altro “la pace e il dialogo sociale.”[8]
Del primo aspetto abbiamo già parlato l’altra volta, vediamo ora il secondo.

Pace e dialogo
La pace, dice papa Francesco, non è semplice assenza di conflitto. Infatti questa può verificarsi anche nel caso in cui i potenti impongono un loro ordine per conservare il proprio privilegio impedendo ai poveri di cambiarlo. La vera pace è invece frutto della giustizia, cioè si realizza quando tutti gli uomini in una società possono svilupparsi in modo armonioso e senza diseguaglianze.
Perché questo si realizzi c’è bisogno che la società viva la dimensione del popolo:
diventare un popolo è qualcosa di più, … . È un lavoro lento e arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo fino a sviluppare una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia.”
E aggiunge:
“Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, vi sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale.”[9]
Questi quattro principi sono:

Il tempo è superiore allo spazio
Il filosofo ebraico Heschel nell’esporre il significato del Sabato nella spiritualità ebraica[10] mette bene in luce questo tema, che papa Francesco riprende. Egli afferma che non è un caso che Dio chieda agli uomini di dedicargli un tempo, piuttosto che uno spazio. Lo spazio infatti nella sensibilità e prassi umana suscita un istinto di dominio: lo spazio va occupato, posseduto, conquistato. Il tempo invece non lo permette, e per questo è il luogo della presenza di Dio.
Dice papa Francesco:
Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. ... Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. … privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici.[11]
Occupare spazi dà risultati immediati e crea diseguaglianza, invece innescare processi vuol dire portare a cambiamenti che avranno rilevanza nel futuro e i cui frutti sono duraturi e si vedranno nella lunghezza dei tempi.
Lo spazio non “genera storia”, il tempo sì, e il cristianesimo è religione della storia, non del potere su un luogo. Ogni volta che la Chiesa si è illusa di esercitare la propria influenza “occupando” spazi di potere si è illusa di dominarli, in realtà ha creato una caricatura di sé. Quando invece si è posta come un lievito che facesse fermentare la cultura, la mentalità, il modo di agire di un popolo, nella lunghezza del tempo e con processi che non davano immediati frutti evidenti, allora sì che è stata feconda:
La parabola del grano e della zizzania (cfr Mt 13, 24-30) descrive un aspetto importante dell’evangelizzazione, che consiste nel mostrare come il nemico può occupare lo spazio del Regno e causare danno con la zizzania, ma è vinto dalla bontà del grano che si manifesta con il tempo.”[12]


L’unità prevale sul conflitto
Questo secondo principio è abbastanza evidente: bisogna spendere le proprie energie per superare i conflitti. Spesso essi sono generati dalla diversità, assunta come un elemento di incompatibilità fra le persone o i gruppi sociali. Lo vediamo nel fenomeno degli stranieri o delle persone di altra cultura e religione: istintivamente essi sono visti come antitetici o nemici.
Bisogna superare questo senso conflittuale della differenza, scoprendo che essa possa essere integrata nell’unità delle diversità.

La realtà è più importante dell’idea
Scrive il papa:
L’idea staccata dalla realtà origina idealismi e nominalismi inefficaci, che al massimo classificano o definiscono, ma non coinvolgono. Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento. Bisogna passare dal nominalismo formale all’oggettività armoniosa. Diversamente si manipola la verità, così come si sostituisce la ginnastica con la cosmesi.”[13]
Spesso ci si innamora delle idee, perché chiare e mie, ma si rinuncia a confrontarle con la realtà, da essa bisogna partire per dare un fondamento al pensare e progettare.

Il tutto è superiore alla parte
In un’epoca di globalizzazione si corre il rischio, afferma papa Francesco di cadere in due pericoli opposti. Da un lato quello di “affogare” nel mare della globalità che tutto racchiude ma fa perdere identità; dall’altro quello di reagire esaltando il proprio particolare come se potesse esistere e conservarsi così come è sempre stato, come in un museo avulso dalla realtà che cambia.
Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra.”[14]
Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. ... Allo stesso modo, una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo.[15]

Il dialogo
Infine papa Francesco indica il dialogo come lo strumento privilegiato per portare avanti la costruzione della società. Questa diviene sempre più complessa: la dimensione scientifica e tecnologico, quella delle culture diverse, le religioni, gli Stati e gli organismi internazionali. Sono tutti ambiti nei quali i cristiani non possono restare estranei. Non si possono ignorare perché ci si sente superiori, come detentori di una verità che annulla l’altro, né confondersi perdendo la propria identità. Il dialogo è la via perché la propria identità si rafforza nel confronto con l’altro, il diverso.
Spesso si ha paura del dialogo, come se esso manifestasse debolezza. Al contrario esso è la vera forza, perché manifesta che non si ha paura di mettersi in questione e di rendere ragione del proprio modo di pensare e di essere. Dal dialogo la nostra identità esce rafforzata e arricchita. A volte si ha un’idea del possesso della verità come un’esclusiva cattolica, essa invece è frutto dell’azione dello Spirito, di una relazione feconda con una persona, Gesù, che la rivela tutta intera, ma in modo personale e non astratto e dottrinale. La verità va cercata e scoperta nel dialogo che fa emergere il meglio di ciascuna parte, se sincero e rispettoso della dignità altrui.

Viviamo la dimensione di “uscita” e “sociale” del nostro essere cristiani
Quanto abbiamo detto in questi nostri incontri di Quaresima ci interpellano come singoli e come comunità. Come vivere la dimensione di “uscita” e “sociale” del proprio essere cristiani?
Il tempo che ci attende deve essere caratterizzato dall’estroversione perché il messaggio della Pasqua sia un lieto annuncio da comunicare a tutti.
Cominceremo questa domenica con la distribuzione delle palme  in strada. È un’occasione significativa per vivere quanto detto sulla Chiesa di papa Francesco.






[1] EG 176.
[2] EG 178.
[3] EG 180.
[4] EG 180.
[5] EG 182.
[6] EG 183.
[7] EG 181.
[8] EG 185.
[9] EG 220-221.
[10] Cfr. A.J. Heschel, Il Sabato: suo significato per l’uomo moderno, 1951, tr. it., Milano, Rusconi, 1972
[11] EG 223.
[12] EG 225.
[13] EG 232.
[14] EG 234.
[15] EG 235.