venerdì 28 luglio 2017

XVII domenica del tempo ordinario - Anno A - 30 luglio 2017


 
 
 
Dal primo libro dei Re 3, 5. 7-12

In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».

 

Salmo 118 - Quanto amo la tua legge, Signore!
La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 28-30

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 13, 44-52

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

 

Commento

L’Evangelista Matteo ci riporta le parole che concludono il lungo discorso che Gesù fece alle folle dalla barca, perché la moltitudine, che stava a riva ad ascoltarlo, era molto vasta. A tutta questa gente radunatasi per ascoltarlo Gesù si rivolge con sette parabole nelle quali parla del regno di Dio: la parabola del seminatore, quella della zizzania, del granello di senape, del lievito, e le tre di oggi sul tesoro nascosto, la perla preziosa e la rete.

Tutta quella gente era andata da Gesù per ascoltare i suoi insegnamenti. Probabilmente molti cercavano guarigione dalle malattie, alcuni forse erano curiosi, altri volevano perdono, consolazione, aiuto. Tanti motivi, persone diverse, eppure a tutte Gesù fa un solo discorso, e per di più un discorso difficile e anche molto esigente, tanto che i discepoli devono chiedere spiegazioni al Maestro. A gente che cercava soluzione ai propri problemi immediati il Signore propone di sollevare il proprio sguardo fino, addirittura, a contemplare la realtà ultima e definitiva che è il Regno di Dio.

Ci chiediamo: Gesù non punta troppo in alto per quei contadini semplici di Galilea, invece di risolvere subito i loro tanti problemi concreti?

Gesù fa lo stesso anche con noi, siamo una folla meno numerosa di quel giorno, ma come loro ognuno di noi ha nel cuore e nella mente i propri problemi, cerca le proprie soluzioni, ha i propri dubbi, si presenta con le proprie debolezze, ecc… Anche a noi non offre la soluzione per le difficoltà personali, almeno come ce l’aspetteremmo noi, e per questo tante volte l’impressione che ci portiamo in fondo al cuore dopo aver ascoltato il vangelo è che Gesù non mi ha capito fino in fondo, non risponde alle mie esigenze, le sue parole puntano troppo in alto, o guardano troppo lontano, mentre io ho bisogno di soluzioni pratiche più immediate, fosse una norma sul comportamento giusto, un giudizio chiaro, una risposta risolutiva su chi ha ragione e chi torto...

Perché il Signore agisce così? Egli non disprezza i nostri problemi e non ritiene inutile ascoltarci e aiutarci a risolverli, ma sa che l’unico modo per uscire fuori dalle angustie della nostra vita è assumere una prospettiva diversa e più alta, quella del Regno. È nell’accogliere questa visuale, spesso radicalmente nuova, fino ad essere il contrario di quella ordinaria, che noi possiamo sperare di uscire dalla nebbia dei dubbi e dalla palude delle situazioni difficili, spesso ripetitive e bloccate. C’è bisogno di entrare nella prospettiva di chi cerca il Regno di Dio, e le risposte ai dubbi e le soluzioni ai problemi verranno mentre ci incamminiamo, come accadde ai lebbrosi della parabola, i quali accettano di andare a Gerusalemme a ringraziare Dio: fidandosi della parola di Gesù ancor prima di essere risanati trovano la guarigione mentre camminano (Lc 17,1-14).

Abbiamo ascoltato l’Apostolo Paolo: “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.” Tutto è ordinato al bene in chi si preoccupa di realizzare il disegno di amore che Dio prepara per ciascuno. “Tutto” paradossalmente significa anche il male, gli ostacoli, le contrarietà, se però vissute nella prospettiva di Dio e in vista del suo Regno che viene. Però questo ci sembra inaccettabile: non sarebbe più giusto prima risolvere le mie difficoltà personali e poi, solo dopo, dedicarmi a progetti e impegni più elevati, come la ricerca del Regno di Dio, quasi che questo fosse un “di più” alla portata solo di chi è già risolto e senza problemi.

Salomone, abbiamo ascoltato, messo in età giovane di fronte alle responsabilità del regno, chiede a Dio non garanzie di forza o sicurezza, ma qualcosa che sembra molto meno utile ai suoi scopi: la sapienza di riconoscere e realizzare il bene. Egli è saggio a fare così, gli dice Dio, perché con questa capacità potrà affrontare e superare tutte le sfide e i pericoli, se agirà secondo il volere di Dio realizzerà il bene per sé e per la sua gente.

La stessa cosa fa il contadino che scopre un tesoro prezioso là dove non avrebbe mai creduto di trovarlo: nel campicello che arava da sempre. Fa di tutto per entrarne in possesso e garantirsi il benessere per il futuro. Così fa anche il mercante che trova la perla più preziosa che abbia mai visto. Non ha dubbi: vende tutto il resto, anche cose utili e necessarie, perché sa che con quella perla otterrà molto di più.

Lo stesso è del Vangelo. Spesso lo ascoltiamo come qualcosa di buono e giusto, ma irrealizzabile: un tesoro di cui si favoleggia, ma nascosto chissà dove, una perla straordinaria, ma dal prezzo fuori dalla nostra portata. Per questo viviamo chini sui nostri problemi, sul terreno da arare con difficoltà, avaro di frutti, senza via d’uscita. Ma Gesù oggi viene a dirci: “guarda che il tesoro non è in un orizzonte irraggiungibile ma è nel campo della tua vita, basta scavare più in profondità, spendere tutte le tue risorse umane per impossessartene e sarà tuo; alza gli occhi, ecco la perla preziosa, sono le mie parole e il mio esempio, rinuncia alle abitudini e ai modi di fare di sempre, spendi tutto te stesso per acquistarla, e il suo valore inestimabile sarà tuo per sempre.”

Sì, ci sembra troppo difficile amare tutti incondizionatamente, essere generosi, perdonare con larghezza, metter al primo posto l’altro e il suo bisogno. È un impegno che non ci sentiamo di prendere. È vero, si fa fatica e ci vuole una scelta audace, ma è in gioco la salvezza: non ne vale forse la pena? Non ci accada come nella terza e ultima parabola, quella dei pescatori. La vita scorre lungo i fondali del mondo e, come una rete, raccoglie ad un certo momento i pesci così come essi sono, senza fare differenza, di ogni tipo. Ci sono quelli che hanno realizzato la vocazione ad essere buoni e di giovamento a tanti, altri invece sono rimasti spinosi o irti di aculei, dalle carni avvelenate dall’amaro della tristezza e dall’inutilità. Questi ultimi non hanno futuro, perché non lo hanno desiderato né costruito, e sono quindi destinati a essere gettati via. I primi invece saranno il frutto prezioso della pesca di Dio per il suo Regno.

Prepariamoci allora fin da subito, non facciamo scorrere invano il tempo e le occasioni, perché il tesoro e la perla non restino seppelliti o dimenticati, ma possano aggiungere lo splendore dell’amore di Dio ad ogni nostra parola ed azione.

 

Preghiere


O Dio, rendici cercatori appassionati del tesoro più prezioso della nostra vita, che è la tua volontà. Non farci accontentare di niente di meno importante, perché giungiamo alla salvezza che hai preparato per noi.

Noi ti preghiamo
 

Il Vangelo splende o Signore più di ogni perla preziosa e tu ce la offri. Fa’ che non la disprezziamo, ma rinunciamo volentieri a tutte le illusioni di benessere e felicità che ci distraggono dalla ricerca dell’unico vero bene.

Noi ti preghiamo
 

Guidaci o Padre di eterna bontà nel cammino della nostra vita, perché non ci chiniamo solo sul nostro particolare problematico, ma sappiamo alzare lo sguardo a scorgere la bellezza del futuro che desideri per l’umanità intera. Sostieni la nostra capacità di sperare e di sognare perché ci salvi il tuo amore.

Noi ti preghiamo
 

Rivolgi il tuo sguardo misericordioso a noi tuoi figli peccatori o Dio, perché la durezza di cuore e l’indecisione a seguirti non paralizzi ogni nostro desiderio. Allarga l’orizzonte del nostro sguardo al fratello e alla sorella, alle folle che attendono di conoscere il tuo Vangelo.

Noi ti preghiamo


Guarda con amore o Padre a tutti coloro che sono nel bisogno, perché il male da cui sono schiacciati non li vinca definitivamente. Solleva chi è umiliato e innalza il povero, mostrando la tua signoria sulla storia dell’umanità.

Noi ti preghiamo

  

Dona la tua pace ai popoli che sono in guerra. Rafforza la volontà di pace in chi oggi si combatte, guarisci le piaghe dei feriti e l’odio di chi è stato colpito. Riconcilia, o Dio, i cuori di tutti gli uomini.

Noi ti preghiamo.

 

sabato 22 luglio 2017

XVI domenica del tempo ordinario - Anno A - 23 luglio 2017




Dal libro della Sapienza 12, 13. 16-19
Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti. Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini; inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi.   

Salmo 85 - Tu sei buono, Signore, e ci perdoni.
Pietà di me, Signore, a te grido tutto il giorno. +
Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.

Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;
grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio.

Signore, Dio di pietà, compassionevole +
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,
volgiti a me e abbi misericordia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 26-27
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio. 

Alleluja, alleluia, alleluia
Il Signore getta nel nostro cuore
il seme buono del Vangelo.
Alleluja, alleluia, alleluia

Dal vangelo secondo Matteo 13, 24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla una parabola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste" fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda! ».

Commento


Cari fratelli e care sorelle, la Scrittura che abbiamo ascoltato oggi ci parla del potere di Dio. Lo sappiamo, egli è onnipotente, il suo dominio è assoluto e illimitato. Nelle chiese orientali l’immagine del Signore “pantocrator”, cioè onnipotente, troneggia nel punto più elevato, in genere nel catino dell’abside o nella cupola, proprio a testimoniare il suo dominio sull’universo delle creature, a cominciare dalla sua ultima, l’uomo.
Ma che potere è quello di Dio? In genere si pensa che il potere sia la possibilità di fare tutto quello che si vuole, e nel caso di Dio, di imporre il bene sul male.
Il libro della Sapienza abbozza una risposta: “La tua forza infatti è principio di giustizia;” La forza di Dio è dunque la giustizia, ma nemmeno questo basta. L’idea della giustizia di Dio più comune porta a dire che la sua attenzione bisogna meritarsela, che la sua benevolenza è commisurata ai nostri meriti. Si arriva a dire che chi si comporta bene ha diritto al favore di Dio, con tutto ciò che ne consegue in rivendicazioni e lamentele: “io ho fatto tanto, non ho mai fatto niente di male, e Dio mi ripaga così o non mi concede ciò che io chiedo?
Ma la giustizia di Dio, cioè la vera giustizia, si rivela piuttosto nel suo essere misericordioso. Continua il libro della Sapienza: “Il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti…. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi.” È una strana idea di giustizia, di potere e di forza: per Dio esse non stanno nel ricambiare a ciascuno secondo i meriti, cioè il male a chi ha compiuto azioni malvage e il bene a colui che ha fatto bene, piuttosto esse hanno il volto della mitezza e dell’indulgenza e si applicano in modo diverso a seconda dei casi e, soprattutto, delle persone. Dice l’Apostolo: “Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia” (Rm 5,20) per significare che proprio dove il male sembra farsi più forte Dio lo combatte con l’arma più forte che ha che è il suo amore. Gesù stesso ha detto: “Non sono i sani ad aver bisogno del medico [cioè di se stesso], ma i malati… Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,11), e “Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.” (Gv 3,7) Ma in questo modo non potrebbe apparire che Dio faccia confusione fra bene e male, e sia così incapace ad ottenere che il bene si imponga? Forse che Dio vuole insegnare che fra il bene e il male non fa differenza?
La parabola del seme buono e della zizzania ci offre un ulteriore spunto per comprendere meglio. Nel mondo ci sono buoni e cattivi, ci spiega Gesù, ma il Signore non ripaga ciascuno con la ferrea logica della “giustizia retributiva” come i servi, che poi saremmo noi, vorrebbero: togliamo di mezzo i cattivi, prima che possano nuocere. Gesù sa che nessuno è solo cattivo: estirpando il malvagio se ne tronca anche la parte buona che magari è nascosta o atrofizzata dalla prevalente cattiveria. Gesù lascia crescere e come un buon contadino, cerca di far venire su le parti migliori, quelle che danno più frutto, come il potatore fa con la pianta, eliminando i rami sterili per far sviluppare meglio quelli fruttiferi.
Certo, lavorare così è molto più faticoso, ci vuole molta più pazienza, amore e attenzioni, ma alla fine, al momento del raccolto, perché non sperare che tutta la zizzania sia rimasta sopraffatta dalle piante buone e sia scomparsa, o almeno ridotta?
Paolo nel brano ascoltato riprende questo concetto. Egli scrive: “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi.” Cioè spesso noi nemmeno sappiamo qual è il bene da cercare e restiamo avviluppati nella rete di male che ci siamo costruiti. Fortuna che lo Spirito conosce qual è il nostro bene ed è lui a invocare Dio in nostra vece di darci il suo aiuto. Cioè Paolo vuole esprimere che anche in chi appare malvagio la Spirito cerca di far strada alla volontà di bene, con l’aiuto della grazia del Signore.
Per noi invece quanto è facile stroncare il fratello e la sorella con un giudizio netto e senza appello. Quanto è facile disprezzare la debolezza o l’esilità della capacità altrui di bene che si cela dietro ai loro comportamenti sbagliati. La Scrittura oggi ci spiega che questo atteggiamento potrebbe sembrare giusto, perché segue criteri di buon senso e realismo, in realtà è l’atteggiamento di chi si accontenta del poco che può ricavare subito e non ha a cuore che il raccolto sia abbondante, anche se a costo di fatica e lavoro.
Dio no, vuole che il raccolto sia abbondante e nemmeno una spiga, per quanto piccola e umile, vada perduta. Per questo vuole trarre il massimo da ogni pianta, per quanto oggi appaia malvagia o gracile: da tutti cerca di far emergere il frutto buono di cui ciascuno è capace: “hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi”. La “dolce speranza” Dio non la nega a nessuno, meritevoli o meno, colpevoli o meno, fruttiferi o meno che siamo.
Facciamo nostro allora anche noi lo stesso potere di Gesù di sostenere e di far emergere e prevalere in ogni persona e in ogni situazione il massimo del bene possibile, la parte migliore che ciascuno ha dentro. Allo stesso tempo assecondiamo lo Spirito che invoca per noi che non ne siamo capaci i doni della grazia perché anche noi diveniamo operatori di bene. Esprimeremmo così la vera forza, che non è distruggere e annientare, ma far crescere e fruttificare il bene. È la forza invincibile dell’onnipotenza di Dio stesso, che può tutto perché spera, dà fiducia ed è giusto, cioè misericordioso. 

 Preghiere


O Signore che semini con abbondanza nei nostri cuori il seme buono del Vangelo, fa che lo accogliamo con gioia e lo facciamo fruttificare .
Noi ti preghiamo


Perdona o Signore Gesù perché nella nostra vita abbondano le piante cattive dei pensieri e delle azioni malvagie. Fa che sappiamo convertirle e salvarci dal male, 
Noi ti preghiamo




Donaci, o Padre del cielo, la pazienza e la tenacia del coltivatore che cura con amore il terreno perché dia frutto abbondante. Aiutaci a non giudicare gli altri con durezza e ad aiutare tutti ad essere tuoi discepoli,
Noi ti preghiamo


Rendici o Signore appassionati ascoltatori del vangelo perché facciamo nostro il tuo potere che è misericordia e perdono. Rendici ricchi della buona speranza che ci apre le porte di un futuro migliore,
Noi ti preghiamo




Proteggi ogni uomo che vive minacciato dalla violenza o dalla guerra, perché in ogni luogo regni la pace, specialmente in Terra Santa, in Ukraina, in Irak e in Siria.
Noi ti preghiamo.



Proteggi o Padre del cielo tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che soffrono per la persecuzione e la violenza. Fa’ che la loro testimonianza sia inizio di un nuovo tempo di pace e di riconciliazione.
Noi ti preghiamo

sabato 15 luglio 2017

XV domenica del tempo ordinario - Anno A - 16 luglio 2017




Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11
Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,  senza averla fecondata e fatta germogliare,  perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,  senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». 

Salmo 64 - Visita la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze. 
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini. 

Così prepari la terra:
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, 
la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli. 
                                                                                                                                              
I prati si coprono di greggi, +
di frumento si ammantano le valli;
tutto canta e grida di gioia. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23
Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».  (…)  Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà  frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà  frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di questa domenica ci parlano del modo più immediato e comune con cui Dio ci si fa vicino, cioè attraverso la sua Parola.
Tante volte si accusa Dio di essere lontano, indifferente ai drammi, o lo si cerca nelle esperienze originali, nelle emozioni forti. Oppure, e questo forse è il caso più frequente, non lo si cerca affatto, perché non se ne sente il bisogno. Agli uni e agli altri oggi la Scrittura dice che Dio ci sta vicino, più di quanto ci rendiamo conto e nel modo più semplice e diretto, cioè parlandoci, rivolgendoci la sua Parola. È questo infatti il modo più umano che esiste per conoscersi, essere amici, volersi bene. È il modo con cui anche noi costruiamo i nostri rapporti, proprio a partire dalla parola, affettuosa, interessata, comunicativa dei nostri sentimenti. È ascoltando le parole di una persona che ci rendiamo conto se ci ama, e ciascuno di noi può trovare molti esempi nella sua storia personale, di quando una frase, un discorso ci hanno colpito il cuore e ci hanno fatto sentire quanto qualcuno ci amava. Esse irrorano la nostra vita, come una benefica pioggia, ci dice nella prima lettura il profeta Isaia, e sono donate a tutti indistintamente. Dio non ha paura di essere rifiutato né pretende che sia l’altro a compiere il primo passo per accettare di avere un rapporto con lui. È Dio a rivolgersi a noi per primo, anche quando siamo sordi perché arrabbiati, delusi, spaventati. Sta a noi prestare ascolto e rispondergli, lui c’è.
Ma poi Isaia continua e ci dice che non solo questa Parola è abbondante e offerta a tutti, proprio come la pioggia che Gesù altrove dice, “cade sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45), ma che è anche efficace. Sì, perché di parole inutili ne ascoltiamo e ne diciamo molte. Se facessimo un conto delle parole che pronunciamo e ascoltiamo in una giornata quante sono vere e piene di significato? Tante sono solo formali e non significano niente, oppure sono false, e nascondono sentimenti d’inimicizia. Invece la Parola di Dio è sempre buona. Egli ci ha dimostrato che è pronto a pagare di persona per le sue parole, fino alla morte. Se le ascoltiamo, come dice Isaia, sentiamo che sono parole che dissetano le nostre vite spesso aride, riarse dal sole cocente della vita: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto.” Se dopo aver ascoltato la Parola restiamo uguali a prima, è perché non l’abbiamo fatta scendere sul terreno della nostra vita, ma ci siamo riparati da essa con l’ombrello dei nostri pregiudizi o di un ascolto che dà per scontato. Quante volte accusiamo Dio di non ascoltarci, quando siamo noi a non ascoltare lui che ci parla!
Il più delle volte non ascoltiamo la Parola di Dio semplicemente perché pensiamo di conoscerla già. Sì, forse l’abbiamo già udita altre volte, ma ogni volta essa è diversa, perché la comprendiamo meglio, o semplicemente perché cambiamo noi, la vita, il mondo. Così facendo però la rendiamo inefficace, come lettera morta. Oppure l’ascoltiamo ma la vita prende il sopravvento, come racconta la parabola, e diamo più ragione ai nostri affanni o semplicemente a quello che da’ una soddisfazione passeggera, e la parola si secca e muore dentro di noi.
Ne vediamo un esempio nel brano della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato Paolo ci parla delle “sofferenze del momento presente”. Anche oggi vediamo attorno a noi tanto dolore, che talvolta ci tocca o di cui siamo solo spettatori. Pensiamo, ad esempio, ai venti di guerra che soffiano in tanti paesi mietendo vittime innocenti. Paolo spiega come il dolore sia sì sempre un male, ma vada anche considerato come le doglie che accompagnano la nascita di una vita nuova. Pur nell’assurdità del male, esso deve essere colto come l’occasione per far nascere qualcosa di nuovo: un sentimento di solidarietà, un aiuto concreto, consolazione, compagnia, perdono, ecc… Ma questo può avvenire solo se il terreno della nostra vita viene irrigato dalla Parola di Dio che ci cambia modo di vedere, sentire e pensare. Allora il male subìto può essere occasione per rafforzare il bene che è in noi. Il dolore che vediamo attorno a noi può essere occasione per far nascere un nuovo impegno di solidarietà.
Questo vuol dire che se facciamo irrigare la nostra vita dalla Parola di Dio anche sul terreno del dolore germoglierà il seme della speranza, perché ogni nascita è sempre accompagnata dal dolore delle doglie. Vorrei dire di più: se non si prova il dolore delle doglie è difficile che nasca qualcosa di buono nella vita. Questo non significa che bisogna cercare le sofferenze, ma che esse fanno parte della vita, nostra personale o di chi ci sta accanto, ma noi le fuggiamo spaventati quando le vediamo, o malediciamo Dio quando si abbattono su di noi. Anche Gesù ha subito il dolore della passione e crocifissione, ma non ha maledetto Dio né è fuggito via, e poteva farlo, ma dalle doglie del suo dolore personale ha fatto nascere la vita nuova della resurrezione per donarcela. Anche noi se ci fermiamo davanti a chi soffre e ci facciamo carico del suo dolore, consolandolo, scopriamo che la sofferenza che condividiamo fa nascere in noi un’umanità nuova, più vera, più profonda e umana. Il cristiano nasce dalle doglie, nel senso che è alla prova del dolore, proprio o altrui, irrigato e fecondato dall’ascolto della sua Parola, che matura sentimenti di pietà, misericordia e solidarietà e la speranza che si fa lotta per il bene. Tutti noi dobbiamo rinascere ogni giorno nella nostra fede non fuggendo il dolore e non vivendolo con rassegnazione, ma alla luce della Parola di Dio, perché così il Signore ci insegna a guardarlo con i suoi occhi, cioè come ciò che accompagna la nascita di qualcosa di nuovo e migliore.
Fratelli e sorelle, accogliamo la parola di Dio come un seme prezioso che germoglia e fruttifica, se custodito e coltivato con cura. Quanto ne facciamo cadere a vuoto, quanto ne facciamo seccare per la nostra aridità o soffocato dalle spine del nostro pensare solo a noi stessi. Allarghiamo il cuore invece per accogliere quanto più pioggia possibile, perché ogni goccia spenga la nostra sete e renda la nostra vita terreno fertile capace di dare frutti buoni.


Preghiere 


O Signore Gesù che parli alla nostra vita con amore e vicinanza, fa’ che ascoltando l’annuncio del vangelo diveniamo esecutori fedeli della tua volontà di salvezza.
Noi ti preghiamo


Guidaci sempre o Dio Padre del cielo perché camminiamo sulla tua strada, affrontando le difficoltà che incontriamo senza scoraggiarci.
Noi ti preghiamo




Illumina le nostre menti e apri i cuori dei tuoi discepoli, perché ogni volta che sentiamo la difficoltà di mettere in pratica il Vangelo ti invochiamo e chiediamo il tuo aiuto per esservi fedeli.
Noi ti preghiamo


O Dio nostro aiuto e sostegno, non lasciarci accontentare di una vita spesa male e con poco senso. Indicaci la via per la quale anche nella fatica e nella sofferenza possiamo far nascere una vita rinnovata dal vangelo.
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che hanno bisogno del tuo sostegno. Guarisci i malati, libera i prigionieri, proteggi chi è solo, consola i sofferenti. Libera tutti dal male,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio chi, nel tuo nome, annuncia e testimonia il Vangelo. Fa’ che liberi da impacci e pericoli possiamo accompagnare verso di te chi ancora non ti conosce.
Noi ti preghiamo.


Illumina o Santo Spirito la mente e il cuore di papa Francesco che accompagna il gregge dei discepoli e lo guida verso di te. Dai coraggio e profondità al suo cuore
Noi ti preghiamo


Fa scendere il dono della tua Pace in ogni luogo, o Dio nostro Padre, specialmente il Terra Santa. Perché cessi la violenza e la guerra,
Noi ti preghiamo


sabato 8 luglio 2017

XIV domenica del tempo ordinario - Anno A - 9 luglio 2017




Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10.
«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode o Padre,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo udito il Vangelo parlare di una rivelazione di Dio fatta ai piccoli che permette loro di conoscere in modo diretto e personale Dio Padre stesso. Di cosa si tratta?  La liturgia ci pone oggi questo interrogativo mentre si apre davanti a noi un tempo nel quale si è portati a dare più spazio a se stessi, senza che i doveri, le responsabilità e le occupazioni usuali delle altre stagioni intralcino questo nostro desiderio, e a ridurre quello che, normalmente, si è soliti dedicare agli altri e a Dio
Si esprime cioè quella che potremmo definire la piena signoria dell’individuo su sé stesso, che si esprime nella possibilità di soddisfare i propri desideri, mettendo fra parentesi il resto del mondo. Si usa definisce questo uno spazio di “libertà”, espressione autentica di sé .  
Nel vangelo che abbiamo ascoltato Gesù si rivolge a chi si sente infelice e schiacciato da un peso: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.” Ad essi però il Signore non offre la parentesi di un periodo di esaltazione del proprio io, della soddisfazione delle proprie aspirazioni individuali, ma piuttosto la libertà totale dall’oppressione e la felicità di un ristoro duraturo. E queste non consistono nel dimettere la preoccupazione per gli altri o dal dedicarsi solo a se stessi, ma, paradossalmente, dal legarci ancora più strettamente ad un giogo che non è la spasmodica ricerca della nostra soddisfazione individuale. Egli dice infatti: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero
La vera libertà e la felicità piena, e non momentanea, viene cioè dal legarsi ancora più strettamente al Signore Gesù e al suo modo di vivere mite e umile, disponibile ad aiutare e pronto a farsi carico del perso della vita degli altri. Questo ci permette di essere sollevati dal peso della propria vita per farsi letteralmente “portare” da lui.
Sembra assurdo: come si fa a essere liberi e felici se si è legati e non si può andare dove ci pare? Usando le parole di S. Paolo nella sua lettera ai Romani, potremmo dire: come posso essere felice se non posso essere me stesso, come il mio carattere mi impone, come l’istinto mi fa essere, come il gusto, la passione, l’umore del momento mi suggerisce? Paolo chiama tutto ciò “il dominio della carne” cioè di quello che ci sembra più nostro e di cui pensiamo di non poter fare a meno, come della carne che ricopre le nostre ossa.
Ma noi, continua Paolo, non siamo stati concepiti da Dio come figli della carne, ma di uno Spirito diverso, quello di Dio. Ed essere figli non vuol dire uno stato temporaneo, una stagione passeggera, ma uno stato permanente. Allora non siamo figli della leggerezza di una espressione di sé senza costrizioni, delle reazioni istintive che chiamiamo “carattere” o “indole”, ma siamo figli di un destino ben più grande e bello, che non è legato ad un breve spazio di tempo, come le vacanze, e non va fuori moda, costringendoci a continue rincorse dei modelli di successo.
Spesso si crede che questo è troppo difficile e pesante ed è una triste  rinuncia, che non ci sentiamo pronti ai sacrifici, ecc… ci sono mille motivi, ma in realtà così finiamo per preferire una vita piccola e misera invece della grandezza della vocazione a cui il Vangelo ci chiama, che è partecipare della Signoria del Signore che ci rende padroni e non schiavi del mondo e della carne.
Oggi, provocati dal Vangelo, chiediamoci: cosa vale più la pena ottenere per il nostro futuro? l’esaltazione di una pretesa “espressione del sé”, oppure la libertà vera e la felicità che ci viene dal ristoro del Vangelo, cioè dal prendere sul serio la figliolanza da Dio?
Sì è vero, non ci viene naturale legarci ad un giogo e accettare con umiltà la diminuzione della nostra autonomia e indipendenza, a cui teniamo così tanto, ma poi una volta legati alla signoria di Gesù sarà a lui a portare il peso e a sollevarci dalla fatica di un vivere falsamente libero. Il vangelo oggi, alle soglie del tempo delle vacanze, ce ne indica la via, ma bisogna sapersi fare piccoli e umili. Esclama infatti il Signore: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” Fintanto che saremo sicuri che ci conviene seguire il flusso della corrente delle mode e delle abitudini, delle nostre convinzioni e dell’istinto a seguire “la carne” il vangelo rimane per noi una pretesa troppo esigente: sì, ne udiamo le parole, ma non parla al cuore e non cambia la vita. Ma se, al contrario, abbiamo l’umiltà di farci piccoli, sottomessi alla signoria di Dio, diverremo figli di una sapienza ben più grande che suscita la benevolenza di Dio e il dono del suo Spirito.
Fratelli e sorelle, non contentiamoci in questo tempo delle piccole soddisfazioni della falsa libertà di chi si dedica a se stesso, ma ambiamo a fare nostri i doni dello Spirito. Scopriremo così che il giogo soave del Vangelo non è qualcosa per pochi o per gente che non sa godersi la vita, ma la vera felicità che non passa e non finisce.


Preghiere 

O Signore che sei mite e umile di cuore, indicaci la via per uscire dalla schiavitù per essere figli dello Spirito e liberi di voler bene come te.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo, o Dio nostro Padre, perché accettiamo con gioia la proposta che tu ci fai di non vivere per noi stessi e scegliamo di seguirti ogni giorno della nostra vita.
Noi ti preghiamo



Aiutaci, o Signore Gesù, a non dubitare del fondamento buono che è la tua Parola e il tuo esempio, ma di edificare su di esso la nostra vita, perché sia di testimonianza e sostegno a molti.
Noi ti preghiamo


Insegnaci, o Padre buono, ad essere annunciatori efficaci del Vangelo, perché senza timore parliamo di te e con coraggio indichiamo a tutti la tua Parola come via sicura per raggiungerti.
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo, o Dio del cielo, vieni in soccorso di tutti quelli che ti invocano e chiedono il tuo aiuto. Per i malati, i sofferenti, i prigionieri, gli anziani e gli stranieri, per tutti quelli che sono senza riparo e nel dolore; giunga presto loro consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per il papa Francesco che non teme di indicare con decisione la via del Vangelo per essere felici e liberi. Fa’ che il suo esempio ci insegni ad essere figli dello Spirito e discepoli del Vangelo.

Noi ti preghiamo.

domenica 2 luglio 2017

XIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 2 luglio 2017




Dal secondo libro del Re 4,8-11.14-16
Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare». Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò. Eliseo chiese a Giezi suo servo: «Che cosa si può fare per questa donna?». Il servo disse: «Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: «L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio».

Salmo 88 - Canterò per sempre la tua misericordia.
Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: «La mia grazia rimane per sempre» ;
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.

Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 6, 3-4. 8-11
Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

Alleluia, alleluia alleluia.
Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa;
proclamate le grandezze di Dio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 10, 37-42
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Commento

Abbiamo ascoltato le parole che Gesù rivolse ai suoi e con le quali delineò una specie di identikit del discepolo: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.” Gli elementi principali sono tre:
il primo è amarlo più di ogni altra cosa e persona, persino quelle che sono per definizione le più care che un uomo possa avere.
Il secondo dice che cosa bisogna intendere per amore, ovvero essere pronto a dare tutto sé stesso, senza fuggire davanti alle difficoltà, anche quelle più dure, senza fare i conti se conviene, se quell’amore è meritato, ricambiato, come fece Gesù sulla croce.
Infine non bisogna cercare la realizzazione dei propri progetti, ma innanzitutto di quelli di Dio.  
Queste tre cose permettono al discepolo di “trovare la vita”, come dice Gesù, cioè di non vivacchiare più ma di raggiungere quella pienezza di senso, sapidità e peso specifico che la rende “vera vita” perché piena dell’amore di Dio.
Chi vive così, prosegue Gesù, diviene “teoforo”, cioè portatore di Dio, capace di comunicarlo agli altri, perché tutto il suo modo di essere diverrà eloquente di una sapienza e un amore che è evidente che non appartiene a questo mondo. Gesù afferma infatti: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.” Avviene come una sovrapposizione fra il discepolo e Dio stesso, perché tutto di lui è come riempito di un senso e di un valore che parla di Dio.
Quanto è rivoluzionaria questa affermazione! Infatti a volte pensiamo che per incontrare e accogliere Dio ci sia bisogno di chissà quali forme di elevazione mistica, così al di fuori della portata di gente come noi. Ma qui Gesù ci rassicura: possiamo incontrare e accogliere Dio incontrando e accogliendo i suoi discepoli, chi cioè si è fatto plasmare la vita dalla sua Parola e ha fatto sua la volontà di bene che in essa ci viene manifestata. La fede cioè si comunica di persona in persona, di cuore in cuore, è sì un dono, ma ci è offerto da Dio attraverso la testimonianza, le parole, i gesti di uomini come noi che hanno scelto di vivere la straordinarietà del suo amore, il suo Vangelo.
Con queste poche semplici parole Gesù ci chiede di cosa vogliamo essere portatori agli altri: della sapienza di questo mondo, che a nostra volta abbiamo ricevuto, per la quale lo scopo dell’esistenza è realizzare se stessi secondo le proprie possibilità e piani, lasciando gli altri e Dio stesso a complemento degli spazi rimasti vuoti, oppure lasciare tutto lo spazio a Dio, così da divenire comunicatori della sua sapienza, del suo modo di voler bene, appassionato, tenace e sincero come quello della croce? Allo stesso tempo ci chiede di essere pronti a riconoscere il discepolo che ci si fa vicino, a non giudicare con superficialità o peggio con malizia chi ascolta e vive il Vangelo, ma anzi di ospitare la sua testimonianza in noi perché generi vita nuova.
La prima lettura dal libro dei Re ci propone l’esperienza di chi incontra l’”uomo di Dio”. Si tratta di una coppia benestante, la cui vita, nonostante la ricchezza, sembra senza prospettive, esaurita di energie e spenta: sono infatti anziani e sterili. Essi però hanno il privilegio di incontrare Eliseo, cioè un vero discepolo del Signore secondo le indicazioni che abbiamo visto, e non si lasciano sfuggire questa opportunità. La vita di Eliseo è stata plasmata dall’obbedienza alla volontà di Dio e i due anziani coniugi se ne accorgono. Accogliendolo in casa propria anche loro operano una trasformazione della loro vita, si fanno ospiti e luogo di riposo dell’uomo di Dio, e questo fa sì che la sapienza di Eliseo, quel suo modo così diverso di vivere e ragionare non più per se stesso ma al servizio dei disegni di Dio, si comunichi ad essi. Per questo non sono più sterili, ma fecondi e attendono un figlio, cioè anche loro sono ora capaci di comunicare il dono della vita ad altri, di allargare oltre se stessi l’orizzonte di un amore nuovo e fuori da ogni aspettativa e regola normale, per due della loro età.
Cari fratelli e care sorelle, la proposta del Signore può sembrarci troppo difficile e non alla nostra altezza: saremmo mai capaci di una rivoluzione così grande dei nostri modi di essere?
Gesù sembra voler tranquillizzare i suoi ai quali si rivolge. Egli sembra dire loro: cominciate a farlo concretamente e vi renderete conto che non è cosa al di sopra delle vostre possibilità: “chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.” Offrire un bicchiere d’acqua fresca non è troppo per noi, eppure questo ci permetterà di entrare in contatto con quella dimensione diversa che è la vita con Dio.

Cari fratelli e care sorelle, quei due anziani avrebbero avuto tutte le ragioni per maledire una vita avara di soddisfazioni, che li aveva privati del futuro, senza più nulla da attendersi di buono e di bello. Eppure essi seppero restare disponibili ad accogliere un uomo umile, a offrirgli sostegno e ospitalità, così come ne avevano la possibilità. Non si girarono dall’altra parte al passaggio dell’uomo di Dio, non ragionarono con diffidenza verso quell’estraneo, non ebbero paura di invitarlo fra di loro. Fecero insomma azioni semplici, alla loro portata, come offrire un bicchiere di acqua, non gli fu richiesto l’eroismo. Eppure bastò questo per ricevere il dono della vita vera, che non finisce, che si apre al futuro con uno spirito e una visione nuova. Le nostre giornate sono costellate di occasioni simili, non lasciamole correre via senza coglierne il vero valore, offriamo il bicchiere d’acqua della nostra accoglienza benevola e fraterna, perché Dio si faccia strada nei nostri cuori e ci trasformi sempre più in suoi discepoli veri.



Preghiere 


O Signore ti preghiamo, aiutaci a vincere paure e chiusure, perché sappiamo accogliere e ospitare con amore quanti ci testimoniano il tuo amore,
Noi ti preghiamo


Sostienici o Padre buono perché sappiamo annunciare la tua Parola e testimoniarne l’azione trasformatrice sulla nostra vita. Fa’ che chi incontriamo resti attratto dal dono del tuo amore che ci hai fatto,
Noi ti preghiamo



Proteggi e salva o Dio quanti sono nella sofferenza e nel dolore. Guarisci gli ammalati e consola i sofferenti,
Noi ti preghiamo


Ascolta o Padre buono il grido di quanti sono vittima della guerra e della violenza. Fa’ che la pace regni presto in ogni terra,
Noi ti preghiamo




Aiuta o Signore le comunità cristiane ad essere testimoni di quell’amore e fraternità che lega i figli dell’unico Padre del cielo. Rendici accoglienti e solleciti verso i più piccoli,
Noi ti preghiamo


Perdona o Padre il nostro peccato che ci spinge a temere di seguire il Vangelo e viverlo pienamente. Donaci il coraggio dell’amore e la forza della misericordia

Noi ti preghiamo.