venerdì 25 agosto 2017

XXI domenica del tempo ordinario - Anno A - 27 agosto 2017






Dal libro del profeta Isaia 22, 19-23
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

Salmo 137 - Signore, il tuo amore è per sempre.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Commento

Gesù si trova, come spesso vediamo nel Vangelo, in viaggio con i discepoli e incontra tanta gente. Le pagine che precedono il brano appena ascoltato ci riportano le reazioni molto diverse da parte di coloro che incontravano Gesù. C’è chi si affida a lui con fiducia, come i tanti che gli chiedono guarigione; c’è l’atteggiamento di provocazione e sfida dei sadducei e dei farisei ai quali interessa giudicarlo; c’è l’indifferenza di tanti che gli passano accanto e non si lasciano turbare; c’è curiosità di chi è attratto dal sensazionale; ecc… Potremo dire che è normale che ciascuno abbia reazioni e modi di vedere diversi su di lui. Eppure non è così, non è la stessa cosa come si conosce Gesù, cosa se ne pensa, piuttosto è qualcosa di cruciale perché riguarda la salvezza della vita di ciascuno.
Per questo la Liturgia oggi ci fa soffermare su questo interrogativo, perché non possiamo accontentarci di avere una vaga idea, frutto magari di nozioni apprese da bambini o del sentito dire. Gesù non è un personaggio storico fra tanti, che magari riusciamo a inquadrare in un’epoca, in una serie di avvenimenti. Gesù non lo si può nemmeno confondere con un messaggio, per quanto alto e nobile, come altri grandi personaggi storici, quali Gandhi (la pace e la nonviolenza), o Martin Luther King (l’eguaglianza e la fraternità), ecc…
Per questo Gesù pone ai discepoli la domanda: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» Si legge in essa la preoccupazione seria e forse anche un po’ angosciata di non essere compreso, di essere considerato qualcosa di diverso. E in effetti la risposta dei dodici conferma questa incomprensione: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti», cioè ciascuno lo prende per quello che lui non è. Unica costante in tutte le possibilità elencate è che comunque Gesù è considerato qualcuno di già conosciuto e, per questo, un po’ scontato.
Non è spesso anche la nostra risposta? «Che bisogno c’è di chiederlo, è sempre il solito Gesù, quello di ieri, quello di sempre!» e nel dare questa risposta, come anche forse i discepoli quel giorno, pensiamo che in fondo noi ne sappiamo di lui molto di più della gente comune.
Ma ecco che Gesù lancia un’altra domanda a bruciapelo, inattesa e sconvolgente, che lascia i discepoli sorpresi e turbati, senza saper che dire: «Ma voi, chi dite che io sia?» Sì, per Gesù, paradossalmente, c’è bisogno di una mia, di una tua risposta, di una risposta personale di ciascuno, la quale non può esaurirsi in una generica definizione buona per tutti. Il problema di Gesù infatti non è trovare chi sappia la “definizione giusta”, perché non esiste una definizione “giusta” di chi sia Gesù. La definizione giusta è cosa significa lui per me, che posto ha nella mia vita, come ha cambiato il corso della mia storia, come si è fatto carne, sangue del mio essere, come le sue parole e i suoi gesti sono diventate parole e gesti del mio vivere, come esse hanno salvato la mia esistenza dal non senso di una vita spesa solo per sé o per ciò che non vale niente. Ma la definizione giusta è anche quanto ancora io lo tengo lontano, quanto ci tengo ancora a sentirmi diverso da lui, quanto mi fa paura o disagio pensare di assomigliargli, quanto sento estraneo da me i suoi consigli e inviti, quanto, a volte, preferirei non averlo incontrato per poter essere con più tranquillità così come mi viene senza troppi problemi. Sì, la nostra risposta non può che essere un misto di amore e di freddezza, di vicinanza e di distanza, così come siamo fatti.
Di tutti i dodici solo Pietro arrischia una risposta. Avrebbero dovuto rispondere in coro, con passione e prontezza, ma invece solo lui parla. In questo silenzio leggiamo anche tutta la nostra difficoltà a sentirci interpellati personalmente da Gesù e preferire una adesione anonima nella folla. Tante volte anche la nostra risposta alle provocazioni di Gesù è il silenzio
Gesù accoglie con gioia la risposta di Pietro: solo lui ha avvertito il bisogno di una risposta immediata, sincera, umile nella sua parzialità. Forse è questo quello che colpisce di più Gesù: Pietro si sente interpellato personalmente, non si tira indietro e tenta una risposta.
Per Gesù è quella giusta, perché frutto dell’intuizione affettiva del discepolo ed espressione di tutto il suo bisogno di essere salvato da un Dio che non è un’entità astratta ma che è Dio della vita e nella vita. In una parola esprime la coscienza di essere amato da lui e di aver bisogno di volergli bene.
Potremmo dire: è la risposta di Pietro, cioè di un uomo che ha vissuto con Gesù, io come potrei conoscerlo così bene? Ma Pietro è stato con lui solo pochi anni, noi fin dalla nascita ne abbiamo ascoltato le parole e vissuto la compagnia. Cioè ancora una volta è facile per noi prendere le distanze dalla necessità di rispondere personalmente a quella domanda.
Pietro risponde bene non perché è il migliore degli apostoli, o quello più intelligente e che non sbaglia. Nel Vangelo quante volte Pietro è giudicato e aspramente ripreso da Gesù, che addirittura lo apostrofa “Satana” e lo invita ad allontanarsi da lui (Mt 16,23), e poi, durante la passione è l’unico dei dodici, assieme a Giuda, che tradisce Gesù apertamente. Insomma Pietro risponde bene non perché è senza peccato o errore, ma perché vuole bene a Gesù, si sente interpellato da lui e in obbligo di rispondergli personalmente.
Glielo dice il Signore stesso: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.»
Sì, cari fratelli e care sorelle, potremo dire di aver conosciuto Gesù e di aver compreso il suo Vangelo non se sapremo tutto e faremo tutto bene, cioè se saremo irreprensibili secondo la carne e il sangue, ma solo se ci lasciamo voler bene da Dio e rispondiamo al suo amore. In questo consiste infatti il contenuto essenziale e più profondo della rivelazione di Dio, il suo amore, un amore così grande e generoso da mandare il Suo Figlio a farsi uomo per esserci ancora più vicino. Ma, come sempre, l’amore si può accogliere o si può rifiutare. Accogliere questo amore così speciale significa sentirsi interpellati da lui e tenuti a dare la propria risposta personale, fatta di tutta la vita: parole, scelte, sentimenti, ecc…

Questo significa “conoscere Dio” e ci rende capaci, come Pietro, di rispondere con prontezza e semplicità: “Tu, o Gesù, sei il mio Signore, quello al quale voglio affidare la mia vita. Solo di te mi posso fidare ciecamente”.



Preghiere  

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché continui a porci la domanda su chi sei per noi e di conoscerti in ogni tempo della nostra vita. Fa’ che continuiamo sempre a cercarti,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo che hai mandato il tuo Figlio per farti conoscere di persona da noi uomini, aiutaci a riconoscere in lui il Dio vivente, che agisce e si fa presente ancora oggi in mezzo a noi,
Noi ti preghiamo



O Gesù, amico e maestro di ogni uomo, fa’ che amandoti con disponibilità e docilità riconosciamo che la vita vera viene da te e che dal tuo Vangelo impariamo ad essere veramente umani,
Noi ti preghiamo
  

Fa’ o Signore che non vinca in noi la rassegnazione e il senso di impotenza. Rendici operatori potenti della tua volontà che vince ogni forza del male,
Noi ti preghiamo



O Dio nostro Padre, mostraci il tuo amore senza fine che ci rivela che Cristo è la salvezza di tutti gli uomini e le donne.
Insegnaci a proclamare con tutta la nostra vita il vangelo della vita che configge la morte,
Noi ti preghiamo


Guida e sostieni o Signore Gesù il papa Francesco che va incontro con mitezza a tutti coloro che ti cercano. Fa’ che i loro passi siano sostenuti dalla sua testimonianza che, come un buon compagno di viaggio, incoraggia e consola.
Noi ti preghiamo





sabato 19 agosto 2017

XX domenica del tempo ordinario - Anno A - 20 agosto 2017




Dal libro del profeta Isaia 56, 1.6-7
Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Salmo 66 - Popoli tutti, lodate il Signore.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 1, 13-15.29-32
Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?  Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù predicava la buona novella del Regno
e curava ogni sorta di infermità nel popolo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Paolo nel brano che abbiamo ascoltato della lettera scritta ai Romani si presenta come “apostolo delle genti”. Questo titolo che si autoattribuisce a noi non dice molto, ma per un ebreo doveva suscitare scandalo. Che senso aveva definirsi “apostolo”, cioè “inviato”, per coloro che non sono credenti e non fanno parte della cerchia a cui Dio ha scelto di rivolgersi, cioè Israele? Nel sentire degli israeliti era forte il senso di superiorità per il fatto di essere parte del popolo scelto da Dio per essere protagonista della storia di salvezza. Per questo Dio aveva loro trasmesso la legge, perché si mantenessero nettamente distinti dagli altri popoli, e, soprattutto, non assumessero i culti idolatrici che tutti gli altri condividevano, mettendo da parte il Signore.
Ma questa appartenenza, che era un privilegio elargito del tutto gratuitamente da Dio, col tempo aveva portato gran parte degli ebrei a considerarsi superiori agli altri e ad usare la legge come una sorta di muro per tenere lontani nel disprezzo quanti non facevano etnicamente parte del loro popolo. In questo modo essi avevano come imprigionato Dio nel proprio piccolo ambito escludendo tutti gli altri. Così facendo però gli israeliti non si rendevano conto che assieme alle “genti” chiudevano fuori dalla propria vita Dio stesso, e questo divenne particolarmente evidente con Gesù: paradossalmente in nome della fede in Dio esclusero, condannarono e uccisero Dio!
Eppure già il profeta Isaia aveva esplicitamente affermato che l’appartenenza al popolo di Dio era solo inizialmente identificata con l’essere Israelita, perché era destinata ad accogliere tutte le genti nell’unico popolo dei suoi discepoli: “Alla fine dei giorni, al monte del tempio del Signore … affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: "Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri". Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.” (Is 2,2-3) e anche oggi abbiamo ascoltato: “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.” (Is 56,6-7)
Cari fratelli e care sorelle, tante volte anche noi condividiamo la stessa mentalità degli israeliti al tempo di Paolo. Un’idea che possediamo la fede per nascita o per appartenenza etnica o per partecipazione a un’istituzione. Essa piuttosto è il dono che riceviamo dal nostro coinvolgimento fiducioso al disegno di Dio che vuole trasformare questo mondo per stabilire l’ordine del suo Regno. È questa la missione che Gesù si è data nell’incontrare tanti: coinvolgerli e renderli operatori di questa realizzazione, fidandosi del suo piano.
Infatti il mondo nel quale si è trovato Gesù, così come anche il nostro, è ben poco simile ai piani di Dio. Egli ha creato gli uomini e le donne tutte uguali in dignità e condizione, ed oggi vediamo quante diseguaglianze, sociali, culturali, sono state costituite; egli ha creato un mondo che potesse fornire a tutti quanto serve per vivere, e gli uomini hanno separato i beni in ricchezza per pochissimi e miseria per la stragrande maggioranza; egli ci ha creato capaci di comunicare e amarci vicendevolmente, e noi abbiamo preferito dividerci gli uni contro gli altri, secondo il colore della pelle, la cultura, la nazionalità, fino a farne motivo di ucciderci a vicenda nelle guerre. Insomma il piano di Dio è lontano dell’ordine che l’umanità, nella lunghezza della storia, ha costituito.
Ecco allora che cosa significa essere cristiano: cooperare alla rivoluzione di Gesù, perché si seguano i piani di Dio e non quelli che gli uomini si sono dati, talvolta ammantandoli anche di religiosità. Ma la rivoluzione di Gesù non costituiva nel sostituire una cerchia di eletti con un’altra o un regime religioso con un altro, ma nell’operare una trasformazione di se stessi, del proprio cuore, comportamenti per renderli secondo il piano del Regno che egli vuole realizzare assieme a noi.
Se non accettiamo che questa sia la strada della nostra partecipazione al piano di Dio, cioè quella della conversione personale, ci illuderemo che i nemici del Regno sono esterni: gli altri, i non cristiani, i non simili a noi, e faremo dell’essere cristiani, e della Chiesa, la cerchia di coloro che conservano la situazione attuale, resistendo all’avanzata dei presunti nemici esterni. Ma i veri nemici dell’ordine del mondo secondo Dio siamo noi che non vogliamo cambiare la realtà in cui siamo cresciuti e sentiamo nostra, e i nostri sforzi a conservarle è una vera e propria lotta contro la sua volontà. Insomma anche noi, col nostro modo di vivere, operiamo quella stessa esclusione di Dio dai nostri recinti operata dagli israeliti zelanti nel mantenere la purezza e l’osservanza della legge.
Per questo Paolo ci tiene a definirsi “apostolo delle genti”, cioè colui che cerca fuori dai confini del mondo così come è e di coloro che lo costituiscono tale il popolo che Dio ha scelto per essere i cittadini del “mondo secondo il suo disegno”, cioè il Regno. Essi sono innanzitutto quanti subiscono le conseguenze più pesanti dell’ordine del nostro mondo e aspirano a cambiarlo, e cioè gli oppressi, gli esclusi, i miseri, gli scarti. Essi sono quelli che aspirano ad un cambiamento del mondo nella stessa direzione che Dio desidera: verso la giustizia, l’eguaglianza, l’equa distribuzione dei beni, la solidarietà, la fratellanza universale senza barriere né contrapposizioni.
Accanto a questi che potremmo definire “cittadini di diritto del Regno” il Signore invita ciascuno di noi a farsi desideroso e costruttore di questo ordine, a cominciare da una rivoluzione della propria vita personale. Tutto il resto, fratelli e sorelle, è un armamentario vecchio e consunto per giustificare il mondo attuale, cioè come Dio non lo vuole, e per cercare di conservarlo come è.
Si impone dunque anche a noi una scelta: di quale mondo vogliamo essere cittadini? Come far sì che non ci ritroviamo anche noi a erigere muri, più o meno religiosi, che escludono quanti questo mondo vorrebbero cambiarlo, e, così facendo, ad escludere dalla nostra vita Dio stesso?

Fratelli ciascuno di noi è chiamato a farsi apostolo delle genti, inviato cioè a coinvolgere, trasformare e far entrare nel disegno di Dio quanto oggi gli è estraneo e contrario: le persone, le abitudini, i modi di fare, le scelte e i comportamenti, perché al più presto tutto sia trasformato nell’ordine buono che il Signore vuole realizzare per la salvezza di tutti.

Preghiere 


O Signore Gesù, aiutaci ad aderire con sincero desiderio all’ordine del mondo secondo il piano del tuo Regno. Fa’ che cooperiamo con generosa disponibilità alla sua realizzazione,
Noi ti preghiamo


Donaci, o Dio Padre nostro, la fede semplice e profonda di chi confida in te e si affida alla tua bontà. Fa’ che non resistiamo al tuo invito a cambiare il nostro cuore e le nostre azioni, per indirizzarle alla realizzazione del tuo Regno di pace, giustizia e fratellanza universale,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio con insistenza: dona la pace ai popoli colpiti dalla guerra e dal terrorismo. Suscita la conversione di chi oggi colpisce il fratello con mano violenta, perché cessino ovunque le morti e le distruzioni,
Noi ti preghiamo


Solleva dalla sofferenza, o Signore, il popolo degli umiliati e degli oppressi, dei poveri e dei rifiutati. Suscita sentimenti di solidarietà e compassione perché a tutti sia data la possibilità di vivere in un tempo migliore,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Padre del cielo per tutti coloro che non ti conoscono e non hanno mai udito il Vangelo. Fa’ che li raggiunga presto l’annuncio della tua salvezza e del Regno promesso ai giusti e ai retti di cuore,
Noi ti preghiamo


Guida, o Signore, i passi di papa Francesco. Fa che le sue parole e il suo esempio suscitino in tanti il desiderio di amarti con fede sincera e umiltà,
Noi ti preghiamo.


Proteggi o Dio tutti coloro che sono oppressi dal bisogno e dalla miseria: i malati, gli anziani, gli immigrati, i senza casa, i prigionieri, i soli. Dona loro consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore Gesù quanti sono scacciati dalla loro casa e minacciati di morte a causa della loro fede. Fa che cessino tutte le violenze e la pace regni nei cuori e fra i popoli,

Noi ti preghiamo

lunedì 14 agosto 2017

Festa dell'Assunzione di Maria Ss.ma - 15 agosto 2017




Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 11, 19a; 12, 1-6a.10ab
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».

Salmo 44 - Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne, +
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15, 20-27°
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

Alleluia, alleluia alleluia.
Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 39-56
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la prima lettura dal libro dell’Apocalisse ci introduce alla festa di oggi descrivendo in termini grandiosi la nascita del Signore. Questo racconto è molto diverso dalla descrizione contenuta nei Vangeli. In essi tutto è umile e piccolo, tanto da passare inosservato ai più: due giovani sposi, l’inospitalità abituale della città, una stalla, la mancanza del superfluo e anche del necessario, i pastori. Piccoli fatti di piccola gente, piccola storia. L’Apocalisse invece narra con grandiosità lo stesso evento: una donna deve partorire un figlio, ma un drago vuole distruggerlo. La protezione di Dio salva però sia il bimbo che la madre, perché quel piccolo è destinato a divenire re della terra. In qualche modo l’Apocalisse ci insegna a guardare la storia apparentemente banale e ordinaria con uno sguardo diverso, che ne coglie sotto l’apparenza di piccolezza la grandezza della lotta fra bene e male, la decisività degli eventi apparentemente banali, e soprattutto la presenza di Dio che imprime alla storia un corso diverso. Sotto un velo di banalità si cela la grandiosità della storia, di ogni storia umana, perché è unica agli occhi di Dio e perché si inserisce nel quadro cosmico della perenne lotta fra bene e male.
Anche noi siamo abituati a vedere con occhi scontati la nostra storia, a giudicarla ininfluente e a credere che le scelte da fare riguardino solo il mio bene, tranquillità e benessere. Quanta fatica facciamo a cogliere anche nella nostra esistenza i segni della necessità di compiere scelte importanti, perché utili e necessarie nella prospettiva della lotta fra bene e male! Anche nella piccola storia della nostra piccola vita si cela il mistero di quella lotta alla quale Dio stesso prende parte, e l’incarnazione ne è appunto il momento più significativo. Anche noi possiamo essere decisivi e imporre una svolta alla storia. La vicenda di Maria narrata dal Vangelo torna a ricordarcelo in questa festa di oggi a lei dedicata. Anch’essa aveva una piccola storia fatta di piccole aspirazioni e piccole soddisfazioni, ma seppe cogliere l’occasione dell’incontro con l’angelo per accettare di guardare ad essa con occhi diversi, sotto quella luce di grandiosità che assume la vita di ognuno quando la guardiamo nella prospettiva di Dio. Impariamo anche noi ad assumere per la nostra vita lo sguardo di Dio, sogniamo il suo sogno, accogliamo il disegno di bene che lui concepisce, e niente più sarà banale, piccolo e senza significato. Sì, la forza dell’amore che Dio ci comunica e la disponibilità ad esercitarla ogni volta che se ne presenta l’occasione cambia la vita e ci rende cooperatori dell’opera di salvezza universale di Dio. In questa prospettiva non è indifferente se noi accogliamo o respingiamo il fratello e la sorella, se aiutiamo o ignoriamo chi ha bisogno del nostro aiuto, se viviamo con gratuità o con una logica di guadagno e convenienza, se guardiamo al prossimo con ostilità o con simpatia, se preghiamo o se facciamo come se Dio non esistesse, ecc…     
L’Apostolo Paolo ci aiuta a capire che ciascuno di noi è destinato ad essere parte di una storia di salvezza, se resta unito a Cristo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.” A noi scegliere se restare confinati nella prospettiva di Adamo, cioè del prevalere delle logiche del mondo, o fare nostra quella di Cristo, cioè farci discepoli dei suoi insegnamenti e con essi ricevere la forza della vita vera.
Maria una volta accolto il disegno di Dio diviene Teofora, cioè porta Dio dentro di sé. Per questo è capace di suscitare anche in chi incontra il sussulto di gioia e di vita che suscitò in Elisabetta. Se accettiamo di vedere dietro la banalità dei fatti che accadono lo straordinario del disegno di Dio la nostra presenza è apportatrice di bene e di felicità, Quell’esultanza di Elisabetta, quel sussulto nel suo grembo. Altrimenti saremo solo una triste conferma della forza del male e accetteremo senza lottare la sua vittoria sulla vita.
Cari fratelli e care sorelle, la tradizione della Chiesa ci ricorda oggi come Maria, dopo aver partorito, protetto e accompagnato Gesù come sua discepola, fu assunta in cielo con il suo corpo. Proprio per dire che tutto della vita di Maria è stato accolto da Dio come parte del suo disegno di bene. Niente è stato inutile o banale, tutto ha partecipato fin dalla prima scelta di accogliere l’annuncio dell’angelo con disponibilità piena alla battaglia per affermare la vittoria del bene. Sappiamo che la vittoria finale sarà riportata da Cristo, che con la sua resurrezione ha posto le basi, ma vogliamo fin da ora, come Maria, collaborare in questa sua lotta e far sì che il bene si affermi definitivamente. Lo facciamo ogni volta che, accogliendo l’invito del Signore Gesù, diveniamo suoi discepoli fedeli. Anche noi possiamo divenire, come Maria, un corpo, un’anima, una vita tutta intera salvata e protetta, destinata ad un futuro grandioso di partecipazione alla vita divina.


Preghiere 

 Ti ringraziamo o Padre del cielo per l’umile disponibilità di Maria che seppe farsi carico del bisogno di salvezza di tutta l’umanità e accogliere in sé il Figlio di Dio. Dona anche a noi di essere strumento del tuo amore nella lotta contro il male,
Noi ti preghiamo

  
O Dio nostro Padre, proteggi la debolezza delle vite minacciate, offese e oppresse dalla forza del male. Fa’ che chi è piccolo e indifeso sia scampato da ogni male e goda della tua benedizione,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù perché non viviamo rinchiusi nel piccolo mondo delle nostre esistenze private, ma ci apriamo alla dimensione universale della lotta fra il bene e il male che si combatte nel mondo. Rendici in essa tuoi alleati fedeli e generosi,
Noi ti preghiamo

  
Scampa o Dio quanti sono minacciati dalla violenza della guerra e del terrorismo e vivono oppressi dal dolore. Liberaci tutti dalla radice di peccato che ci unisce in Adamo, per essere invece partecipi e operatori della vera pace portata da Cristo,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio il nostro papa Francesco nel suo impegno senza sosta per la predicazione del Vangelo e per la testimonianza del tuo amore. Fa’ che ciascuno di noi sia toccato dalle sue parole e dal suo esempio per vivere con autenticità evangelica,
Noi ti preghiamo

  
Guida e proteggi o Padre del cielo tutti  i tuoi figli che oggi nel mondo intero venerano e invocano la tua Madre come protettrice e guida. Fa’ che con la sua stessa umiltà e umanità sappiamo fare spazio a Cristo nelle nostre vite,

Noi ti preghiamo.

venerdì 11 agosto 2017

XIX domenica del tempo ordinario - Anno A - 13 agosto 2017




Dal primo libro dei Re 19,9a.11-13
In quei giorni, Elia, essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 9, 1-5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io spero, Signore. Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 14, 22-33
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la Liturgia oggi ci invita a fermarci su un episodio dal quale emerge con evidenza la distanza fra la fede di Gesù e il realismo impotente dei discepoli. Matteo accenna: “Dopo che la folla ebbe mangiato…”, legando l’episodio sul lago di Tiberiade che oggi abbiamo ascoltato alla moltiplicazione dei pani e dei pesci da poco avvenuta. Come sappiamo, davanti a quella folla accorsa da Gesù e rimasta a lungo ad ascoltarlo i discepoli notano che è sera, tutti hanno fame e non c’è cibo. Ma la loro pur giusta preoccupazione non riesce ad andare oltre la constatazione realistica della loro impotenza: “Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!” Questo è tutto quello che sanno fare: constatare un problema.
Gesù aveva cercato di farli andare oltre, dicendogli: “voi stessi date loro da mangiare”, cioè di confidare non solo nelle loro forze, ma di realizzare l’impossibile che con l’aiuto di Dio diventa possibile, ma essi si erano rifiutati. Gesù stesso aveva dovuto mostrare che quello che è realisticamente irrealizzabile diventa possibile se, come fece lui, si “alzano gli occhi al cielo e si pronuncia la benedizione” cioè si affida a Dio la propria volontà e il poco a disposizione (cinque pani e due pesci) perché compia lui, attraverso di noi, il miracolo. Sì, Gesù può farlo perché non è solo, non confida sulle proprie forze e capacità ma si affida al Padre, ed infatti con lui vuole trascorrere in preghiera quella notte. Un tempo lungo in intimità, un colloquio personale che testimonia l’unità profonda col Padre. Gesù, pur essendo vero Dio, ha bisogno di essere col Padre e agisce sempre assieme a lui. Dal rapporto con lui trae quella forza straordinaria che trasforma la realtà e supera la barriera dell’impossibile. Il realismo impotente dei discepoli è, al contrario, il segno della loro distanza da Dio. Non basta che vivano con Gesù e che lo abbiano sempre davanti, perché essi non confidano in lui e credono che le uniche forze su cui possono fare conto sono le proprie.   
Lo stesso avviene poco dopo, quando la scena si sposta in barca sul lago. Le acque sono agitate e i venti contrari, e per questo i discepoli fanno fatica a procedere nel loro viaggio. Gesù invece dopo la notte di preghiera col Padre avanza con facilità e cammina sopra quelle acque tempestose. I discepoli sono agitati: la stanchezza, l’incertezza li turbano profondamente. Sembra che non abbiano imparato molto dal miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e ancora una volta non sanno far affidamento altro che su se stessi: Gesù che si avvicina alla barca sembra loro un fantasma inconsistente e addirittura spaventoso. Sono stravolti, urlano, il venir meno delle loro forze li fa disperare invece che spingerli a confidare in lui e invocare il suo aiuto.
È Gesù a prendere l’iniziativa, ad andargli incontro e ad offrirsi come soccorso: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” Pietro accoglie l’invito di Gesù a confidare in lui. La fede si fa strada nel suo cuore ed accetta di non fare più conto solo sulle proprie forze. Per questo osa chiedere a Gesù l’impossibile: lui stesso vuole andargli incontro, compiere quei passi azzardati e rischiosi che nessuno degli altri immagina nemmeno. Ha capito che la battaglia contro la tempesta non la si vince con le proprie forze e Gesù volentieri accetta la sua richiesta: finalmente il discepolo chiede a lui la forza per vincere la distanza, per farglisi vicino e affrontare con lui le onde tumultuose della vita.
Pietro sperimenta la forza dell’aiuto di Dio, e accetta che sia lui a guidare i suoi passi su una strada mai prima percorsa, ignota e piena di pericoli. Si lascia condurre dalla fede, lui uomo che era convinto delle proprie capacità e forza. Ma ecco che basta poco perché il miracolo della fede vissuta si rompa. La paura riprende il sopravvento: e se non ce la farò più? Se le forze mi mancheranno? Se la tempesta si intensifica? Che fine farò? Avrò fatto bene ad affidarmi? Non era meglio, più sicuro, restare sulla barca?
Pietro è sopraffatto dal dubbio, e a quel punto le sue forze non bastano più, perché rinuncia a far conto su quelle di Dio. Di nuovo l’acqua lo sommerge, perché per vivere la fede con profondità non basta l’audacia di uno slancio e la forza di volontà, ma bisogna saper pronunciare l’invocazione dell’umile: “Signore, salvami!” Pietro impara e fa sua la preghiera di chi è senza forza e sa che Dio non è lontano da sé.  
Gesù lo solleva dai flutti col suo braccio e si rivolge a lui con un’espressione piena di tenerezza: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Questa frase è, sì, un rimprovero, ma con essa Gesù riconosce anche come Pietro abbia avuto fede e abbia compiuto un passo importante, ma allo steso tempo la sua sfiducia ancora è forte e prevale troppo facilmente sulla sua fragile fede.
Cari fratelli e care sorelle, anche noi condividiamo il realismo impotente dei discepoli: davanti alla fame della folla che possiamo fare? In mezzo ai flutti tempestosi della vita cosa mai possiamo fare? Le situazioni sono bloccate, i problemi ci sovrastano e le soluzioni sono impossibili. Non vale nemmeno la pena provare, preoccuparsene è inutile.
Eppure Pietro si fida e lascia aperto nel suo cuore uno spiraglio perché la fiducia in Dio si faccia strada in lui. Solo uno spiraglio, un “forse”, ancora non è una porta spalancata, eppure anche noi se lasciamo un piccolo varco aperto al Vangelo di Gesù e impareremo a credere possibile l’impossibile che lui ci indica, cominceremo a desiderare ciò che prima ci faceva paura, muoveremo i nostri primi passi sull’acqua in tempesta dove e come nemmeno immaginavamo fosse possibile osare. Certo la nostra fede è fragile, lo spiraglio lasciato aperto ancora tanto angusto, e allora anche noi, come Pietro, impariamo a pronunciare la preghiera dell’umile “Signore, salvami!” e a trovare il lui, e non a cercare in noi, la forza, l’intelligenza, l’amore per sfamare le folle e superare indenni le acque tempestose della vita.


Preghiere 

O Signore Gesù vieni incontro a noi nei momenti difficili, perché rassicurati dalla tua presenza possiamo venirti incontro. Donaci la fede necessaria per vincere la paura e affidarti la nostra vita,
Noi ti preghiamo


O Dio, il mondo è sconvolto da innumerevoli tempeste e le onde di violenza e miseria sembrano travolgere folle intere. Vieni presto a salvare chi oggi rischia di essere travolto dalla guerra, dalla fame e dalla povertà,
Noi ti preghiamo


Salva o Dio di misericordia i tanti che attraversano il Mediterraneo ostile e chiuso per trovare nelle nostre coste un approdo sicuro. Salva chi è in viaggio, proteggi la vita di chi è debole e fa che tutti trovino scampo e salvezza dal pericolo,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore Gesù che non ti lasciamo mai, perché da soli siamo deboli e in balia delle onde incerte della vita. Aiutaci a restarti sempre accanto e a riconoscerti vicino e attento al nostro bisogno.
Noi ti preghiamo


Ti supplichiamo o Padre di eterna bontà, manda il tuo Spirito a scaldare i cuori e a suscitare in ciascuno di noi sentimenti di misericordia e perdono. Fa’ che riconoscendo il nostro peccato diveniamo più indulgenti con quello dei nostri fratelli.
Noi ti preghiamo


In questo tempo estivo ti preghiamo o Signore per tutti coloro che soffrono di più per le condizioni del tempo: per gli anziani, i malati, i prigionieri. Dona loro sollievo e conforto, compagnia nelle prove più difficili.

Noi ti preghiamo.

sabato 5 agosto 2017

Festa della Trasfigurazione - 6 agosto 2017




Dal libro del profeta Daniele 7,9-10.13-14
Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto. 

Salmo 99 - Il Signore regna, il Dio di tutta la terra.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.

I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Perché tu, Signore, +
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi. 

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo 1,16-19
Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino.  

Alleluia, alleluia, alleluja
Questi è il Figlio mio, l’amato: 
in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.
Alleluia, alleluia, alleluja
  
Dal vangelo secondo Matteo 17,1-9
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.  Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».  

Commento

Cari fratelli e care sorelle, nel cuore di questa estate ci giunge l’annuncio del Vangelo della Trasfigurazione del Signore.
Festa grande che ci invita a salire con Gesù e i suoi tre apostoli e a contemplarlo mentre in vesti sfolgoranti conversa con Mosè ed Elia. È un momento straordinario per i tre privilegianti ai quali Gesù concede di assistere a questa eccezionale scena. Pietro lo esprime bene proponendo un gesto un po’ assurdo, fare tre capanne, e poi tutti e tre, gettandosi faccia a terra, come tante volte vediamo avvenire nell’Antico Testamento quando Dio si manifesta agli uomini (es.: Ez 1,28; 3,23; Gs 7,10; Lv 9,24; …).
Ma come mai Gesù compie questo gesto? Che significato ebbe per loro e, oggi, per noi?
Dobbiamo tenere presente quale era la mentalità e la fede del popolo di Israele al quale i dodici appartenevano. In esso era viva l’attesa del Messia. I profeti l’avevano annunciato come un salvatore e la situazione presente di oppressione politica rafforzava l’aspirazione del popolo ad un tempo di pace e libertà. Era ora, si pensava, che il Messia venisse e ristabilisse con potenza l’indipendenza di Israele e la signoria di Iahvé sul proprio popolo. Ma in che modo doveva avvenire tutto ciò?
Isaia aveva usato parole “strane” per annunciarne la venuta. Fra le varie caratteristiche aveva elencato: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.” (Is 53,2-3) Quel Messia aveva poco del condottiero potente e invincibile che si attendeva con ansia. E infatti Giovanni quando lo riconosce confuso nella folla è stupito: “può il Messia presentarsi così umilmente, confuso nella folla e sottomesso persino a me?” Gesù lo rassicura e spiega che deve lasciare che avvenga così perché si realizzi il disegno di Dio secondo i suoi piani, e la voce dal cielo lo conferma: “Ascoltatelo!”, cioè fate come dice lui, e non come sembrerebbe meglio a voi.
Anche gli apostoli aspettano il Messia che ristabilisca con potenza la signoria di Dio sul suo popolo e lo riconoscono in Gesù. Ma ecco, sono testimoni di un Signore che non usa mezzi potenti, anzi si manifesta come un debole e un umile. Sì ha parole profonde e vere, ma le proclama solo fra la povera gente, compie gesti eclatanti e miracoli, ma solo fra chi non conta niente: malati, indemoniati, peccatori, poveracci. Sembra proprio preferire la loro compagnia, invece di imporre la propria autorità dove si trova chi conta, ad essi affida le sue confidenze e i misteri del Regno: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” (Mt 11,25).
Come possiamo pensare che si sentano i dodici davanti ad un comportamento così contraddittorio?
È normale pensare che la loro fede fosse messa alla prova dalla piega che prendevano gli eventi. Avevano accolto con entusiasmo l’invito a unirsi al Messia nella sua missione, ma ora sembrava tutto così confuso.
Il modo che Gesù utilizza per ristabilire il Regno di Dio non è quello che si aspetta la gente, e con loro gli apostoli, ma quello profetizzato da Isaia, o lo dice ai discepoli di Giovanni che chiedono se sia veramente lui il Messia atteso: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista , gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia.” (Lc 7,22). Cioè la sua missione è innanzitutto quella di ristabilire l’ordine della giustizia restituendo ai poveri, ai disprezzati, agli esclusi e ai condannati all’isolamento, il posto e la dignità di figli di Dio, cioè quella dei perdonati, dei guariti, degli accolti e amati di un amore privilegiato.
Questo è così distante dalla mentalità religiosa del suo tempo, ma anche da quella del nostro: può il Regno di Dio cominciare da chi non conta niente? Possiamo veramente immaginare che la salvezza del mondo cominci non da quella dei giusti, dei sapienti, dei santi, ma da quella di chi non la merita, di chi non ha influenza né ruolo nella società, degli ultimi degli ultimi?
Questi sono i dubbi che hanno attraversato i discepoli del Signore in tutte le epoche storiche: da dove viene la nostra salvezza personale, quella del mondo e il compimento della storia secondo il disegno di Dio? Può forse cominciare dal mendicante che incontriamo all’angolo della strada, dall’immigrato clandestino che attraversa il Mediterraneo, dall’affamato?
Gesù lo afferma con le parole, con il comportamento e attraverso scelte ben chiare ed evidenti, ma sa che questo disorienta e mette in pericolo la fede dei suoi, per questo vuole dare loro la prova che veramente la sua missione è in continuità con la storia della salvezza, dai patriarchi, ai profeti fino ad oggi. Sul monte Gesù viene trasfigurato e parla con Mosè ed Elia, cioè il legislatore che ha dato forma e costituzione al popolo e il profeta che ha richiamato ad un legame con Dio che sia filiale e che passi attraverso il cuore e la vita.
Pietro vorrebbe che quel momento durasse per sempre: facciamo tre capanne! Ma Gesù lo riporta alla realtà di tutti i giorni, quella nella quale il Regno si deve fare strada e realizzare. Conclude Gesù con la raccomandazione di raccontare agli altri quello di cui sono stati testimoni, ma solo dopo la sua resurrezione, cioè quando la manifestazione della sua potenza sarà piena e non ci potranno essere dubbi sulla sua figliolanza divina.
Fratelli e sorelle, anche a noi oggi il Vangelo viene a dire che sì Gesù è re dei re, il Messia e il Signore della vita e della storia, ma questa Signoria la esercita partendo dal più umile per salire su su fino al più grande, il contrario di quello che il mondo pensa e si aspetta. Fino a che anche uno dei piccoli resterà oppresso, umiliato e sconfitto il Regno sarà lontano. A noi, come a Pietro, Giacomo e Giovanni, è chiesto di credere in lui come il re umile della storia e a cooperare con lui perché il Regno si realizzi a partire dai più piccoli.  


 Preghiere 

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché hai seguito con umiltà la volontà del Padre ed hai inaugurato fra di noi il suo Regno di pace amore e giustizia,
Noi ti preghiamo



O Padre del cielo, perdona il nostro sgomento e disorientamento, perché come gli apostoli anche noi vorremmo che il Regno si imponesse subito con la forza e la potenza di questo mondo. Aiutaci a capire i tuoi disegni di amore e misericordia che parte dagli umili,
Noi ti preghiamo



Accetta o Signore Gesù che collaboriamo alla tua missione amando i più poveri, aiutando gli umili e soccorrendo chi è nel bisogno, perché i semi del tuo Regno germoglino e crescano sulla terra,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Dio i nostri poveri sforzi per realizzare il bene, aiuta il mondo intero a vivere nella concordia, benedici i piedi di chi porta pace, guarisci chi è malato e salva chi è nel dolore,
Noi ti preghiamo



 O Signore ti invochiamo perché chi oggi soffre ed è oppresso trovi consolazione e riscatto. Venga il tuo Regno e si salvi ogni uomo,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Padre celeste il nostro papa Francesco a cui ci lega affetto e amore filiale. Fa che la sua profezia mostri al mondo intero le vie della pace e della giustizia,
Noi ti preghiamo.