venerdì 29 settembre 2017

XXVI domenica del tempo ordinario -anno A - 1 ottobre 2017




Dal libro del profeta Ezechiele 18, 25-28
Così dice il Signore: «Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».

Salmo 23 - Ricordati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, +
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.

Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 1-11
Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi  obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, alleluia, alleluia

Dal vangelo secondo Matteo 21, 28-32
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura che abbiamo ascoltato oggi ci invitano in modo unanime a interrogarci sulla necessità di vivere con autenticità. Oggi infatti spesso si dà un grande valore all’esteriorità, ritenendo la cosa più importante come appariamo, come gli altri ci vedono.
La Parola di Dio però oggi ci pone davanti alla necessità di dare importanza non alla prima impressione che diamo di noi o che riceviamo dagli altri, ma quello che ciascuno di noi è veramente.
Il Signore infatti nei suoi incontri descritti dal Vangelo va’ sempre alla profondità dell’animo dell’interlocutore, ne legge la realtà intima e a quella parla, mettendo a nudo la verità della nostra vita, l’autentico valore e consistenza delle azioni, gli scopi, i modelli verso cui si dirige.
È la questione centrale posta dall’esempio che Gesù presenta: due figli apparentemente, a prima vista si dimostrano l’uno obbediente e l’altro disobbediente, dato che uno dice “sì”, e l’altro “no”, ma poi è il loro agire che rivela chi ciascuno dei due è in verità.
Spesso si dice che per essere veramente se stessi bisogna esprimere con immediatezza i propri pensieri e la propria personalità. Se ciò fosse vero allora dobbiamo concludere che nessuno dei due figli è sincero. Entrambi dicono una cosa e ne fanno un’altra, a modo loro tutti e due sono parimenti falsi, cioè non esprimono apertamente cosa hanno in animo. Ma noi intuiamo chiaramente che il figlio che, dopo aver detto di non voler aiutare il padre, poi lo fa è colui che si comporta da “autentico” figlio. Non l’altro che pur mantenendo le forme esteriori e mostrandosi obbediente, poi, in pratica, si rifiuta di aiutarlo.
Questo ci fa capire come per i cristiani essere “veri” non significa essere se stessi così come viene, cioè spontanei. Per i discepoli del Signore la propria verità è assomigliare alla vera natura che Dio ha voluto donare a ciascun uomo, cioè quella di figlio suo. È autentico infatti chi, indipendentemente dalla propria indole o istinto, accetta di assumere col suo agire il ruolo di figlio di Dio, cioè di obbedire alle richieste e ai “consigli” che egli ci  propone anche se questo richiede di cambiare il nostro istinto o indole. È vero uomo e donna vera non chi da libero sfogo ai propri sentimenti sorgivi e naturali, ma chi invece si forza di modellarsi su un comportamento che, magari, non sente immediatamente suo, ma che, alla fine, realizza in pienezza il proprio essere. Sembra assurdo, ma per comprendere veramente chi siamo non dobbiamo scavare dentro di noi, ma dentro la sapienza della Scrittura che, come uno specchio, riflette la vera immagine dell’uomo così come Dio lo ha creato e desiderato.
Per questo quando Gesù chiede: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?” tutti dicono: “L’ultimo” anche se è colui che, se vogliamo, ha fatto la figura peggiore, poiché ha risposto senza rispetto al padre: “Non ne ho voglia”.
Gesù sottolinea come l’emergere dall’uomo della vera immagine del figlio di Dio è un processo laborioso e complesso: fra la risposta istintiva di rifiuto e la decisione successiva di obbedire al padre c’è quel: “ma poi, pentitosi, ci andò.” Il Signore sottolinea come il cambiamento avvenga perché dentro il figlio matura qualcosa di nuovo. Non sappiamo cosa spinse il figlio a cambiare idea, ma se non si fosse soffermato a riflettere e a maturare una decisione diversa sarebbe rimasto un antipatico, fannullone e ribelle, figlio dei propri istinti e non del padre. L’altro figlio invece non passa attraverso questo processo di riflessione e decisione: egli sa fin dall’inizio che non andrà, e si preoccupa solo di salvare le forme, facendo finta col dire “sì”.
È questo passaggio, il movimento di pensieri e riflessioni che avviene dentro il nostro cuore, e che in termini cristiani chiamiamo conversione, che amplia lo spazio interiore nel quale può maturare in ciascuno di noi la decisione di diventare (perché non lo siamo di natura) figli di Dio, cioè lavoratori della sua vigna, come già dicevamo domenica scorsa. È quello che dobbiamo fare ogni volta che il Signore ci parla: farci scendere dentro le sue parole, perché non scorrano via, ma mettano in movimento i nostri pensieri, il cuore, i sentimenti, e maturi in noi la decisione di assomigliare a come lui ci vuole. Ma siamo noi a dover “avviare” questo movimento e lasciare che la Parola di Dio lavori dentro di noi e ci susciti dubbi, inquietudini e, infine, il pentimento per ciò che non va nelle nostre scelte e comportamenti. Sicuramente per istinto siamo come il primo figlio, magari formalmente ed esteriormente corretti, ma nella realtà estranei al Padre e figli solo di noi stessi, dei nostri umori passeggeri e della mentalità del mondo.
Lo ribadisce in modo chiaro il profeta Ezechiele: “se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà”.
Fratelli e sorelle, non fidiamoci dei nostri comportamenti e decisioni istintive, ogni volta fermiamoci davanti al Signore e riflettiamo. Convertiamo il cuore dalla sicurezza arrogante alla docilità del figlio, che magari non capisce subito tutto, ma si fida del Padre e gli da ascolto. A chi accetta di essere veramente se stesso, cioè un figlio fedele, il Signore infatti assicura la sua benedizione: “egli certo vivrà e non morirà”.



Preghiere 


Aiutaci o Dio ad essere tuoi figli obbedienti, prendendo sul serio le parole del Vangelo e vivendole docilmente,
Noi ti preghiamo


Elimina da noi o Signore Gesù del cielo, ogni istinto arrogante e ribelle, che crede di conoscere già il proprio bene e di poterlo ottenere contro gli altri. Aiutaci ad essere sempre tuoi imitatori,
Noi ti preghiamo




Fa’ o Dio che non guardiamo all’esteriorità, ma cerchiamo di incontrare i fratelli e le sorelle nella profondità del cuore,
Noi ti preghiamo


Concedi o Dio di essere capaci di pentirci del male fatto e di cambiare strada quando questa è sbagliata. Donaci la conversione del cuore,
Noi ti preghiamo



 O Dio aiuta chi è povero e consola chi è nel dolore. Perché nessun uomo sia umiliato dall’ingiustizia e schiacciato dalla forza opprimente del male,
Noi ti preghiamo


Solleva o padre misericordioso chi è precipitato nella voragine della violenza. Dona pace vera e duratura ai popoli colpiti dalla guerra e dal terrorismo, salva chi è in pericolo di vita,
Noi ti preghiamo.



Guida la tua chiesa con la pazienza e la tenacia del padre buono. Perdona se non siamo sempre all’altezza delle necessità del Vangelo e tiepidi nel viverlo,
Noi ti preghiamo


O Dio, proteggi e benedici il nostro papa Francesco, perché sia una buona guida del tuo gregge verso i pascoli di un mondo migliore,

Noi ti preghiamo

venerdì 22 settembre 2017

XXV domenica del tempo ordinario - Anno A - 24 settembre 2017




Dal libro del profeta Isaia 55, 6-9
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Salmo 144 - Il Signore è vicino a chi lo invoca
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 1,20c-24.27a
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.  Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo.  Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del tuo Figlio
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 20, 1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.  Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di questa liturgia si aprono con un invito accorato che Dio rivolge all’uomo per bocca del profeta Isaia: “Cercate il Signore”! Tante volte lo abbiamo detto, Dio è in cerca dell’uomo e della donna, gli si fa vicino, vorrebbe essergli sempre accanto. Non c’è esempio più grande di questo desiderio del fatto che si è fatto uomo per stare con noi, anche fisicamente, facendo la nostra stessa esperienza di vita umana terrena.
Eppure, la storia e la nostra stessa esperienza ce lo dimostrano: spesso siamo noi a sfuggire da questa vicinanza, a nasconderci da lui, come Adamo subito dopo aver mangiato il frutto dell’albero proibito fuggì dallo sguardo amico di Dio, suo creatore.
Per questo Dio c’invita ancora oggi a non sfuggirlo, ma anzi a cercarlo, ad accettare con gioia l’incontro con lui, fonte sempre di benedizione, pace e felicità. Allo stesso tempo Dio sottolinea come l’incontro con lui non va cercato in chissà quali eroismi o stranezze, perché è lui che ci si fa vicino, accessibile a tutti più di quanto pensiamo: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.” È quello che Gesù afferma anche nella parabola che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Matteo: un vignaiolo, che è il Signore stesso, si reca a cercare operai che vadano a lavorare nella sua vigna. Non aspetta che essi vadano a lui a chiedergli di essere presi, ma prende lui stesso l’iniziativa, e lo fa più volte nella giornata, e ogni volta si rivolge a tutti quelli che trova pronti ad esser presi a lavorare, fino a sera.
È da notare che l’invito di Gesù rivolto a tutti, dai primi agli ultimi, è a vivere una vita che dia frutto. La vicinanza del Signore cioè si esprime essenzialmente nell’invito a coltivare un campo non proprio, a dissodare il terreno, potare le viti, far sì che ci siano le condizioni per la produzione di un frutto buono per tanti. Gesù cioè non offre un pezzetto di terra per ciascuno perché ognuno ottenga il massimo per sé. Questa è la logica del mondo che ci invita a darci da fare ciascuno con i propri mezzi per il proprio vantaggio. Gesù offre a ognuno un posto in una grande opera comune che è coltivare pazientemente e con fatica qualcosa di buono per tutti. Ciascuno come sa, come può e per il tempo da vivere che ha.
In quella vigna possiamo godere della presenza del Signore. Nel lavoro per accrescere il bene per tutti sperimentiamo la sua vicinanza, la sua preoccupazione perché ciascuno sia messo in grado di essere utile alla grande causa comune. Non è lo stesso per chi, invece di aspettare che il Signore lo prenda a giornata, si è dedicato magari con fatica e onestà, a produrre per sé, a coltivare il proprio campicello. Quelli Dio non lo hanno incontrato, ma solo se stessi e la propria fatica di vivere.
Così è per ciascuno di noi. Quante volte gli affanni e le preoccupazioni per i propri impegni e responsabilità ci fanno dimenticare la chiamata di Dio a vivere con generosità lo sforzo di produrre frutti buoni non solo per noi stessi, ma per tutti? Cioè ad allargare lo spazio della solidarietà; a moltiplicare le occasioni di vivere la fraternità concreta, l’amicizia, la misericordia; a mettere a frutto con disponibilità le proprie capacità e risorse per il bene degli altri.
Questo vuol dire accogliere l’invito a lavorare a giornata per la vigna di Dio! Questo ci permette di essergli vicino e di averlo accanto, pronto a sostenerci nelle difficoltà, a confortarci nei momenti duri, a condividere con noi la sua gioia e la soddisfazione per il buon frutto prodotto
Ma se preferiremo andarcene a lavorare da soli nel nostro campicello, come potremo trovare Dio accanto a noi nei momenti di difficoltà? Come potremo sentirlo vicino e sollecito tanto nel dolore che nella gioia?
È facile accusare Dio di non preoccuparsi di noi; domandiamoci piuttosto se noi ci preoccupiamo di lui e dei fratelli, della responsabilità comune che abbiamo di produrre frutti di bene per tutti.
L’invito del Signore può sembrare fuori luogo, perché la logica del mondo ci insegna a dar valore alle cose in modo esattamente contrario a quello che dice il vignaiolo Gesù. Ma questo accade spesso nel Vangelo. Spesso quello che per l’uomo è guadagno, per Dio è perdita; e quello che per l’uomo sta al primo posto, per Dio viene all’ultimo. La Parola di Dio, il suo giudizio comportano un radicale rovesciamento di valori: i primi sono gli ultimi afferma Gesù (Mc 10,31); i beati sono quelli che piangono (Mt 5,4); i veri ricchi sono quelli che abbandonano ogni cosa (Mc 10,29-30); chi vuoi salvare la propria vita la perde... (Lc 9,24; 27,33) La legge del suo Regno, cioè la vigna, sembra essere il paradosso, l’inedito, l’inatteso. Dio sceglie le cose deboli e disprezzabili di questo mondo per confondere le forti e le stimabili (1Cor 1,27). Non sceglie il primo ma l’ultimo, non il giusto ma il peccatore (Mt 21,31), non il sano ma l’ammalato (Mc 2,17). Fa più festa per la pecorella smarrita e ritrovata che non per le novantanove al sicuro nel chiuso (Mt 18,13).
Sì, la via per incontrare il Signore ci appare spesso paradossale, inaffidabile. Ma, ci dice Isaia, “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.” Accogliamo dunque fratelli e sorelle, l’invito di Dio a sollevare il proprio sguardo da ciò che appare consueto e scontato, dalla banalità del normale, e incontreremo la via che conduce al Signore, in modo magari inatteso e imprevedibile, ma che alla fine ci rende degni di godere di quella ricompensa comune e uguale per tutti che è lo stare in sua compagnia.


Preghiere 


O Dio, ti ringraziamo per l’invito rivolto a noi di coltivare con gioia la terra del mondo per produrre frutti di amore, pace e felicità per tutti. Fa’ che con disponibilità ci poniamo al servizio del Regno,
Noi ti preghiamo


Perdonaci o Signore se ti accusiamo di non esserci abbastanza vicino, quando invece siamo noi a scegliere strade diverse da quelle che conducono a te. Fa’ che sempre ti cerchiamo,
Noi ti preghiamo




Ti preghiamo o Dio per la pace nel mondo. Dona ai popoli sconvolti dalla violenza di trovare vie di riconciliazione, ai feriti di guarire, a chi è morto di vivere la pace nel tuo Regno,
Noi ti preghiamo


Sostieni tutti gli operatori di pace che, con fatica e rischio, affermano le ragioni dell’amore dove oggi regna l’odio. Sostienili con la tua forza e donagli di ottenere i frutti sperati,
Noi ti preghiamo


Solleva o Dio l’indigente dalla polvere e il misero dal fango. Consola chi è nel dolore, sfama gli affamati, perdona quanti col loro operato e la loro indifferenza lasciano che il male domini indisturbato sulla vita di tanti,
Noi ti preghiamo


Accogli nel tuo amore o Signore quanti sono defunti in questa settimana. Dona loro di essere accolti dal tuo amore misericordioso che perdona e riscatta ogni uomo,
Noi ti preghiamo.


Accompagna sempre o Signore il papa Francesco nel suo impegno di evangelizzazione e testimonianza di amore. Fa’ che le sue parole cambino i cuori dei tuoi discepoli e li conducano alla conversione del cuore,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio e sostieni la tua chiesa ovunque diffusa, specialmente dove soffre per la povertà e la persecuzione. Fa’ che il Vangelo trovi sempre spazio nei cuori di chi lo ascolta,
Noi ti preghiamo



sabato 16 settembre 2017

Festa dell'esaltazione della Santa Croce - 17 settembre 2017




Dal libro dei Numeri 21, 4b-9
In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore!
Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippési 2, 6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Commento
Cari fratelli e care sorelle, oggi celebriamo la festa che la Chiesa vuole ogni anno tributare alla S. Croce. È la festa alla quale la nostra parrocchia è legata in modo speciale e per questo la celebriamo oggi solennemente. In questo siamo privilegiati, perché questa chiesa e la memoria che custodisce ci rende presente e, se vogliamo, più vicino, quel mistero di salvezza che è la Croce, segno di contraddizione e pietra d’inciampo che obbliga a fermarsi, non permette di andare oltre. Sì le parole di Gesù spesso suonano belle, piene di bontà; sono attraenti e ci affascinano perché parlano di un mondo migliore. A volte è facile accoglierle come uno dei tanti messaggi di ottimistica fiducia nella possibilità di un futuro migliore. Ma poi inciampiamo nella croce, nella sua assurdità, nella sua inopportunità.
In tutte le generazioni si è vissuta la tentazione di mettere da parte la croce. San Paolo diceva: “che non sia svuotata la croce di Cristo” (1Cor 1,17) proprio per non passare oltre questa realtà così dura e che turba. Per questo forse nella storia la croce è stata ricoperta di oro e pietre preziose, tanto da farne un gioiello che perdesse il suo valore crudo, duro da accettare.
Essa è un passaggio decisivo nella vita di Cristo, non è casuale né accidentale: Gesù ha scelto di morire passando attraverso la croce. Poteva evitare la morte, i discepoli glielo avevano suggerito, ed anche il buon senso lo consigliava. Ma se proprio doveva morire la sua poteva anche essere una morte indolore, improvvisa, rapida. Invece no. La croce di Cristo porta con sé tante altre implicazioni: essere giudicati e subire la condanna, essere scherniti e rifiutati da tutti, dimostrare la propria impotenza, sottomissione, sconfitta totale. Porta con sé inevitabilmente dolore, violenza subita, una morte lenta e per sfinimento, non è quasi un vero e proprio uccidere, ma un lasciare morire fino all’esaurimento di ogni forza.
Gesù ha scelto questa morte perché in essa si potesse riconoscere ogni sofferenza umana, perché in lui si potesse identificare ogni persona, anche il condannato, lo schernito, il rifiutato, chi è lasciato morire nell’indifferenza. Nella croce si realizza la parola di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Egli attraverso la croce si rende “riconoscibile” e “incontrabile”, non dobbiamo fare molti sforzi di fantasia per averlo presente: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25,40). È interessante notale che Gesù lega la possibilità di riconoscerlo nei piccoli (affamati, assetati, nudi, offesi, prigionieri, ecc…) col fatto di stare facendo o di avere fatto qualcosa per lui.
Sì, la morte in croce di Gesù ci permette di incontrarlo se abbiamo una compassione fattiva nei confronti di chi sta passando attraverso la sua stessa esperienza. Essa ci apre gli occhi, se non solo denunciamo, ci scandalizziamo, parliamo, ma se facciamo qualcosa per lui. La croce di Gesù suscitò clamore e la gente si affollava attorno ad essa, ma pochissimi fecero qualcosa: un ladrone ebbe compassione, un soldato pagano diede da bere, un anziano prese il corpo e lo seppellì, poche donne volevano ungere e comporre la salma. Tante parole, sdegno, moti di ribellione, ma pochi gesti concreti di misericordia, quelli di chi attraverso di essi ebbe la grazia di riconoscerlo Dio, Signore e salvatore della loro vita.
Ma la croce ci ricorda anche come attraverso di essa Gesù volle una salvezza veramente per tutti. Sulla croce egli assunse tutte le sofferenze del mondo e volle mostrare come esse non sono l’ultima parola di condanna e annientamento degli uomini, ma piuttosto sono la via che portano alla resurrezione alla vita che non finisce. Ma con i segni della croce egli si portò anche nelle profondità degli inferi e si presentò così a chi vi era rinchiuso. Egli non ha dimenticato i suoi persecutori, quanti lo avevano rinnegato, rifiutato, colpito e ucciso nella lunghezza della storia umana. Ad essi, come a Tommaso, ha mostrato le sue piaghe perché accettassero di seguirlo nella resurrezione, di lasciarsi trascinare fuori dall’inferno del male fatto proprio, assunto come modo di vivere, anche solo lasciato libero di agire attraverso l’indifferenza. La croce è dunque veramente il mezzo della salvezza di tutti, e da essa Gesù tutti vuole trascinare con sé nella gioia piena della resurrezione ad una vita nuova.
Cari fratelli e care sorelle, anche a noi oggi Gesù si presenta così: piagato, respinto, rifiutato e condannato. Per questo per noi oggi è possibile riconoscerlo, non perché i nostri occhi ne riconoscono le fattezze, non sappiamo che volto avesse Gesù, ma perché crediamo che in loro il Signore si manifesti, come ha detto: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20,29). Alla croce è inchiodato perché muoia quando non avrà più forze, per sfinimento. L’indifferenza di molti ancora oggi uccide non perché colpisce a morte, ma perché lascia sfinire, lascia che si esauriscano piano piano le forze fino a non averne più. A noi la croce indica la santità di una via percorribile da tutti, quella di essere con lui, di compiere gesti di misericordia, di non parlare a vuoto, ma di accettare che facendo per lui qualcosa lo riconosciamo Signore e salvatore della nostra vita. Come le donne, come il ladrone, come Giuseppe d’Arimatea compiamo gesti di aiuto e conforto per un crocefisso lasciato sfinire, e il Signore ci si rivelerà come il nostro salvatore. Come i tanti chiusi nella gabbia dell'impotenza colpevole, inferno di una vita nel quale il male comanda, anche noi lasciamoci trascinare via dal Signore che piagato e umiliato ci vuole portare con sé alla vita che non finisce.




Preghiere 

O Signore che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, accogli dalla croce noi peccatori e bisognosi del tuo perdono, perché anche noi sappiamo legarci al giogo soave di una vita spesa per gli altri.
Noi ti preghiamo


Signore Gesù, che sei venuto a portarci con la croce la libertà dalla schiavitù del peccato, insegnaci a sostenere con disponibilità e sensibilità i fratelli nel dolore e a lavorare per il loro bene.
Noi ti preghiamo


O Padre buono che hai mandato il tuo unigenito per salvare il mondo, fa’ che il vangelo della morte e resurrezione del Cristo giunga presto a tutti come un messaggio di pace e riconciliazione.
Noi ti preghiamo


Accogli o Dio la nostra preghiera quando ci facciamo carico del male e del dolore degli altri. Fa’ che per la forza del tuo amore la loro vita sia salvata e il nostro cuore riempito di fiducia in te.
Noi ti preghiamo




Guarda con bontà o Dio del cielo il mondo intero, dove è piantata la croce della violenza e delle guerre. Dona a tutti la tua pace e la salvezza dal male.
Noi ti preghiamo



Guarisci o Padre buono tutti coloro che alzano lo sguardo da sé per invocare perdono e guarigione. Fa’ che come nel deserto siano anch’essi salvati dal morso velenoso del maligno che dà la morte.
Noi ti preghiamo.



Guida e proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché ispirati dall’esempio del tuo amore sappiamo essere testimoni autentici del Vangelo della pace.
Noi ti preghiamo



Soccorri o Padre buono tutti i poveri, perché possano trovare in te la consolazione da ogni sofferenza e nei fratelli e le sorelle il sostegno che salva dal naufragio.
Noi ti preghiamo



sabato 2 settembre 2017

XXII domenica del tempo ordinario - 3 settembre 2017




Dal libro del profeta Geremia 20, 7-9
Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. 

Salmo 62 - Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco.
Ha sete di te l’anima mia, +
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 12, 1-2
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini il nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 16, 21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Commento

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo visto Gesù felice per la risposta che Pietro aveva dato alla sua domanda “Voi chi dite che io sono?” L’apostolo aveva affermato che Gesù è il messia e il Figlio di Dio, e per questo il Signore lo aveva esaltato come l’unico che fra tanti aveva dato ascolto ai segni con i quali Dio aveva voluto comunicare la sua natura reale, piuttosto che limitarsi, come gli altri, a ridurlo a realtà mondane già note. Pietro, dice Gesù, è beato e grande perché non ha dato ascolto alla voce della “carne e del sangue” cioè della naturalezza scontata e banale, ma è andato oltre, per scrutare la realtà delle cose oltre l’apparenza, fino all’intimo, al segno che Dio ha voluto esprimere con essa.
Ma ecco che oggi vediamo come, immediatamente dopo, Pietro dimostra invece di essere ancora molto legato al modo di vedere di questo mondo, invece che a quello di Dio.
Gesù infatti, forse incoraggiato proprio dalla bella risposta di Pietro, si lascia andare ad una confessione circa il futuro che l’attende, e descrive la necessità della sua passione e morte per giungere alla resurrezione. Egli cerca cioè di far intuire ai dodici come la prospettiva con la quale dobbiamo imparare a guardare alla storia, cioè quella di Dio, parte da un ordine inverso, cioè dalla realizzazione del suo scopo finale: la resurrezione. Essa dà un senso a ciò che la precede, cioè la passione e morte. Il desiderio di Gesù è far assumere anche ai dodici la stessa prospettiva, prepararli a non subire il giudizio mondano che valuta in termini di successo/fallimento, vittoria/sconfitta, prendendo ogni singolo momento e situazione della storia personale e collettiva. C’è un oltre che va al di là del momento presente e inserisce le vicende della storia in una prospettiva grande che ha come destino finale la vittoria definitiva sul male.
Anche noi, come Pietro, siamo portati a giudicare i fatti con lo sguardo corto del giudizio immediato. Così come lui non poteva ammettere che la vicenda di Gesù conoscesse il fallimento e passasse addirittura attraverso l’infamia della croce, così anche noi tante volte giudichiamo i passaggi storici, sia quelli personali che quelli comuni, con lo sguardo corto dell’immediato che rivela tutta la forza del male.
Lo pensiamo ad esempio davanti ai tremendi fatti di terrorismo che hanno insanguinato l’estate, o le devastazioni che le guerre o la forza della natura portano di tanto in tanto in varie regioni della terra. Non sono prova della debolezza di Dio, della sua impotenza davanti alla forza del male? O peggio, non sono la prova dell’indifferenza di Dio che non fa nulla per impedire tutto ciò, lui che potrebbe?
Sono i dubbi che l’umanità ha sempre avuto, nel giudicare ogni episodio, ogni vicenda, fuori dalla prospettiva più grande della storia così come la vede e la predispone Dio.
Il libro dell’Apocalisse, che significa proprio “rivelazione”, ispirato da Dio alla comunità cristiana nascente, costituisce proprio il tentativo di Dio di dare a quei primi cristiani la chiave di lettura della storia come Dio la vede. Essi sperimentavano le persecuzioni, e non a caso il libro è scritto da Giovanni mentre si trova condannato ed esiliato in un angolo remoto del Mediterraneo, e tanti altri erano stati eliminati per la loro fede. Non era questo un segno che la fede di quei primi discepoli non incontrava il favore e la protezione di Dio? perché sennò lui avrebbe permesso tutto ciò?
L’Apocalisse rappresenta proprio questa chiave di lettura diversa: la storia si dispiega come uno scenario grandioso, che raccoglie davanti a sé tutto il corso dei secoli. In essa si manifesta con forza la forza del male. Ci sono rappresentate le persecuzioni dei martiri, il tentativo del drago di distruggere l’universo e di annientare il bambino che nasce dalla vergine, che si salva solo perché fugge nel deserto. C’è poi la rappresentazione della presenza dei cristiani, rappresentati dalle sette Chiese, con tutte le loro fragilità, forza, debolezze, incertezze, gloria. Ma tutta la visione dell’Apocalisse trova il compimento nella discesa dal cielo della nuova Gerusalemme, dove Dio vivrà con gli uomini.
È questa la prospettiva che in qualche modo permette una lettura non con lo sguardo corto alle singole vicende, ma nella prospettiva di Dio. La nuova Gerusalemme raccoglie le lacrime versate, il sangue, i dolori patiti e li trasfigura nella gloria della vittoria di Dio definitiva sul male. E la vittoria c’è proprio perché c’è stata battaglia, perché tanti hanno combattuto il male e ne hanno subito i colpi. Cioè la realizzazione della nuova Gerusalemme non passa sopra le teste degli uomini, ma è il risultato della lotta di ciascuno, dolorosa e a volte anche mortale, ma che se vissuta nella prospettiva dell’edificazione di una nuova Gerusalemme trova un senso. Il piccolo parziale particolare si incastona in un disegno grande. Ogni colpo del male a cui si risponde con la forza dell’amore, della mitezza e della misericordia è una pietra che viene aggiunta alle mura di quella città santa in cui Dio vuole abitare con noi. Al contrario ogni volta che il male vince provocando una reazione altrettanto malvagia, di vendetta, di odio o di sopraffazione, una pietra viene sbriciolata e la discesa della nuova Gerusalemme è ritardata.
Questo non riesce a fare Pietro: il fallimento di Gesù sulla croce per lui è la fine di tutto, per Gesù è una fase della lotta col male, necessaria perché la morte, espressione suprema di esso, sia vinta.
Se Gesù non sarebbe morto oggi noi non potremmo avere il fondamento solido e duraturo della resurrezione come prova inoppugnabile che il male non ha l’ultima parola, che esso può essere sconfitto. Questo ci rende forti anche davanti alle nostre vicende personali o agli eventi storici che incontriamo: sappiamo che essi nella loro devastante dolorosità non sono l’ultima parola, ma solo un passaggio verso la vittoria definitiva.
Per questo Gesù è così duro con Pietro: è diabolico giudicare le vicende della vita con lo sguardo corto, perché dà al male una forza che esso non ha, se visto nella prospettiva dell’Apocalisse, della Gerusalemme che deve scendere dal cielo.
Per questo Gesù conclude con l’invito: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” Se vogliamo fare nostra la visuale di Dio sulla storia e contribuire alla costruzione della nuova Gerusalemme siamo chiamati a seguire Gesù, cambiare il nostro modo di vedere “corto” e lottare, come fece Gesù sulla croce, contro il male, non con le armi della forza e della violenza, ma con quelle della mitezza, del perdono del voler bene. Questa è la vittoria sul male che edifica la nuova Gerusalemme.


 Preghiere n. 1

O Dio, nostro Signore e Maestro, fa’ che seguiamo  sempre la via che tu ci indichi. Rendici docili agli insegnamenti del Vangelo e pronti a seguire l’esempio del tuo Figlio Gesù,
Noi ti preghiamo


O Signore nostro che hai scelto di percorrere con umiltà e pazienza la via del nostro cuore per insegnarci la volontà del Padre, fa’ che diamo ascolto alla tua Parola, come l’unica che insegna ciò che è bene e vero,
Noi ti preghiamo


Preghiere n. 2

O Signore Gesù, aiutaci a resistere alla tentazione di vedere la storia con lo sguardo corto dell’immediato, aiutaci ad assumere la prospettiva di Dio e ad attendere la discesa della Gerusalemme celeste
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, tu ci hai indicato nella croce la via per salvarci. Sostienici nella fatica di cambiare le abitudini e di abbandonare i falsi modelli di felicità, fa che non ci scoraggiamo e non rinunciamo a vincere il male con la forza invincibile del bene,
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 3

Senza il tuo aiuto, o Signore nostro Gesù Cristo, non possiamo fare nulla di buono e di bello. Aiutaci ad essere fedeli al tuo esempio, perché quello che hai insegnato lo hai vissuto tu per primo,
Noi ti preghiamo


Solleva, o Dio del cielo, l’indigente dalla polvere e innalza il misero dall’umiliazione e dal dolore. Proteggi chi ti invoca e salva chi non ha nessuno a cui chiedere aiuto. Dona consolazione e guarigione a chi soffre,
Noi ti preghiamo.



Preghiere n. 4


Ti invochiamo o Dio del cielo, manda la pace nelle terre in cui infuriano guerra e violenza: in Siria, in Terra Santa, in Iraq, in Libia e ovunque la guerra e la violenza mietono vittime. Apri per ogni popolo l’orizzonte di un futuro sereno,
Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per i popoli del Nord del mondo, ricco e sazio di beni. Apri i loro occhi sul bisogno dei tanti che non hanno di che vivere, perché il loro grido di aiuto non sia per essi la condanna a perdere in eterno la vita,
Noi ti preghiamo