venerdì 27 ottobre 2017

XXX domenica del tempo ordinario - Anno A - 29 ottobre 2017



Dal libro dell’Esodo 22,20-26
Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

Salmo 17 - Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza, +
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi  1,5c-10
Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

Alleluia, alleluia alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Commento
Il Vangelo ascoltato ci presenta una scena frequente: Gesù che viene interrogato da uomini religiosi. Lo abbiamo già visto domenica scorsa, e anche questa volta l’evangelista Matteo sottolinea che vogliono “mettere alla prova” Gesù. Cioè vogliono vedere come se la cava messo davanti ad una difficoltà. Il loro atteggiamento cioè non è discepolare, non si fidano di Gesù, perché pensano di sapere già le risposte giuste e di non aver bisogno di imparare da lui. È la grande differenza fra un sapientone e un discepolo. Spesso anche noi crediamo di saperla lunga, abbastanza per saper vivere e che non sarà certo Gesù a mettere in discussione i nostri criteri. Quanta distanza ci separa da Maria che stava ai piedi di Gesù ad ascoltare, per imparare la vita. Quell’occasione era troppo importante per distrarsi con altre occupazioni, anche quelle utili e importanti, e Gesù conferma che ha scelto la “parte migliore” ciò che vale veramente. Interroghiamoci fratelli e sorelle se anche noi davanti a Gesù lo “mettiamo alla prova”, cioè studiamo se anche lui la pensa come noi, o invece mettiamo da parte quello che sappiamo già per imparare tutto da lui.
C’è un modo di “mettere alla prova Gesù” che è tipico degli adulti smaliziati, come siamo noi, ed è quello di accettare il confronto con lui, ma solo sul piano teorico. Su questo livello si accetta il confronto, l’analisi e anche di giungere ad una conclusione che si discosta da quello che pensavamo prima. Quello che non si fa però è immischiare nel confronto anche la nostra vita concreta: basta capirlo, basta saperlo, basta anche dirlo, che bisogno c’è di farlo?
Questa volta i farisei interrogano Gesù su quale sia la norma più importante della Legge. Si intuisce la loro mentalità di spezzettare la Scrittura in leggi, prescrizioni, norme, tradizioni, culti, preghiere, una specie di armamentario sacro, catalogato e tenuto in buon ordine. È chiaro che così è più facile trasformare la fede in una dottrina da conoscere più che da vivere, come detto prima.
Gesù non si sottrae alla domanda, ma stravolge il fine per il quale era stata posta. Essa voleva limitarsi alla conoscenza delle leggi, Gesù invece pone in primo piano la necessità di viverla, per poterla comprendere e spiegare. La chiarezza della dottrina per Gesù non viene cioè dalla conoscenza teorica, dallo studio astratto, ma dall’esperienza che ne verifica la verità nella vita e la fa risplendere nella sua bellezza concreta. È quello che fa papa Francesco; tante volte lo accusano di essere “debole” teologicamente perché non è professore, non scrive libri di dottrina, ma la sua comunicazione del Vangelo fa trasparire una conoscenza diretta, personale, concreta del “modo di vedere di Dio” che è il contenuto della teologia. Non fa lezioni, ma insegna a vivere secondo il Vangelo.
Torniamo alla domanda rivolta a Gesù: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”
Nella tradizione biblica era chiaro quale fosse il primo precetto della Legge. Nel libro del Deuteronomio lo si dice chiaramente: “Ascolta, o Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è solo uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore” (Dt 6, 4-5). Come pure era noto il precetto di amare il prossimo, come ci ha ricordato la prima lettura dal libro dell’Esodo: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, ….  Non maltratterai la vedova o l'orfano” ecc… Un famoso maestro d’Israele quasi contemporaneo di Gesù, il rabbino Hillel, aveva spiegato il comandamento dell’amore per il prossimo dicendo: “Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te, questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione”. Quella domanda del fariseo allora aveva già una risposta, la dottrina era chiara.
Gesù però riesce a dare una risposta che è nuova, perché non spezzetta la Scrittura in tante norme da seguire ciascuna per sé, ma anzi la unifica facendone, appunto, un’unica esperienza vissuta. Con la sua risposta fonde l’amore dell’uomo per Dio e per i fratelli in un unico grande primato, quello dell’estroversione affettiva verso l’altro. La nostra esperienza ci insegna infatti che non c’è amore per gli uomini se non si ama Dio e, allo stesso tempo, per poter amare Dio non si può non voler bene agli uomini. Ricordiamo quanto ci racconta la Scrittura circa Babele: in quella città gli uomini si erano impegnati in un gigantesco sforzo. Ma, perso il contatto con Dio a causa del loro orgoglio, ognuno ha perso anche la capacità di incontrare gli altri uomini, fino all’incomprensione totale. Babele è il luogo dell’incontro mancato, sia con Dio che con gli uomini e sembra un po’ anche il ritratto del nostro mondo attuale, dove l’egoismo e la durezza di cuore rendono difficile l’incontro sia con Dio che con gli altri.
Gesù torna a dirci che la strada per arrivare a Dio incrocia necessariamente quella che porta agli uomini. È, si può dire, il senso ultimo dell’incarnazione: non possiamo amare Dio che ci si fa vicino in Gesù, se non amiamo in lui anche l’uomo che egli fu. Ed è così frequente dimenticarlo! A volte preferiamo separare in Gesù l’uomo da Dio, come a farne un superuomo totalmente diverso da noi, tanto che si ritiene impossibile imitarlo e seguirne l’esempio.
Invece amando Gesù tutto intero, come Dio e come uomo, impariamo ad amare il fratello e la sorella e a scoprirvi dentro l’immagine stessa di Dio. Soprattutto chinarci sui deboli e i poveri, dei quali Gesù afferma in modo così speciale la somiglianza con lui: “tutto quello che avete fatto ad uno di questi piccoli lo avete fatto a me”.
Cari fratelli e care sorelle, accogliamo dunque l’invito di Gesù a farci suoi discepoli, ad imparare cioè da lui non la dottrina, ma a vivere come lui. Sì, perché aprire la porta del nostro cuore al fratello e amarlo ci apre la porta del cielo e ci fa incontrare in Dio quel padre misericordioso e benigno che ci ama e ci salva.


Preghiere

O Dio che ci hai amato per primo, e ci accompagni fin dal seno di nostra madre nel cammino della vita, fa’ che ricambiamo il tuo affetto amando te e i fratelli,
Noi ti preghiamo


O Dio fa’ che impariamo a comprendere il Vangelo vivendolo e a comunicarlo testimoniandolo. Rendici discepoli attenti e pronti a metterlo in pratica,
Noi ti preghiamo


O Signore misericordioso, abbi pietà del peccato della divisione che troppo spesso ci isola da tutti. Facci scoprire la bellezza di un amore che ci apre alla fraternità e ci fa incontrare in te il nostro Padre comune.
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù salva quanti in queste ore sono nel pericolo a causa della guerra e della violenza, dona pace ai paesi sconvolti dai conflitti,
Noi ti preghiamo



Proteggi o Dio quanti sono nel bisogno e insegnaci ad amarli come fratelli e sorelle, perché riconosciamo nel loro volto quello di Gesù umiliato e perseguitato,
Noi ti preghiamo



Rafforza o Padre del cielo le mani di quanti operano per la pace fra gli uomini e vivono la solidarietà con quanti sono nel bisogno. Perché la loro opera provochi tanti a farsi operatori di bene,
Noi ti preghiamo.


Ti invochiamo o Dio, guida e proteggi papa Francesco da ogni male. Sostienilo nel compito gravoso di essere pastore e testimone del Vangelo, donagli parole che scaldino i cuori all’amore per te e per il prossimo,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio la tua Chiesa ovunque diffusa nel mondo. Soprattutto dove i discepoli di Cristo sono perseguitati e dove la violenza li costringe alla fuga, come in Medio Oriente, in Nigeria, in Pakistan,

Noi ti preghiamo

martedì 17 ottobre 2017

XXIX domenica del tempo ordinario - Anno A - 22 ottobre 2017






Dal libro del profeta Isaia 45,1.4-6
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri».

Salmo 95 - Grande è il Signore e degno di ogni lode.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,1-5b
Paolo e Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.  Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.

Alleluia, alleluia alleluia.
Risplendete come astri nel mondo,
tenendo alta la parola di vita.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?» Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci mostra Gesù che insegnava a Gerusalemme, mentre le autorità religiose gli si erano riunite attorno, non nascondendo il loro fastidio per quell’uomo che pretendeva di avere qualcosa di nuovo da insegnare.
Alcune di quelle persone colte e autorevoli contestano Gesù cercando di coglierlo in contraddizione su di un tema spinoso, quello del tributo imposto dagli odiati romani. Ogni possibile risposta conteneva un tranello: se avesse detto che non bisognava darlo si sarebbe proposto come un rivoluzionario che istigava ad andare contro la legge; se invece diceva che era giusto darlo avrebbe offeso il desiderio di libertà dei giudei. Dare una risposta era veramente difficile.
In fondo quante volte anche noi ci sentiamo stretti fra scelte opposte e inconciliabili? È giusto fare qualcosa per gli altri, ma ci sono le responsabilità nei confronti dei miei. È giusto essere generosi, ma bisogna anche essere prudenti e limitarsi. Sappiamo cioè che bisognerebbe agire in un certo modo, ma motivi altrettanto seri ci consigliano di non farlo. È l’eterno dilemma che conduce alla conclusione che il Vangelo non lo si può vivere a pieno, che è qualcosa di impossibile da realizzare nella vita concreta, che bisogna accontentarsi di compromessi e aggiustamenti.
Gesù davanti al dilemma che gli viene proposto risponde non con un compromesso equilibrato che non scontenti nessuno, piuttosto, parte dalla constatazione che l’immagine che è impressa sulla moneta è quella di Cesare, simbolo del potere di questo mondo, e conclude come non valga la pena contendere al potere di questo mondo ciò che lui stesso ha inventato per rafforzare il proprio dominio. La moneta, infatti, altro non è che un dischetto di metallo, oggi addirittura un pezzo di carta, che diventa  uno straordinario strumento di potere perché ha impressa un’effigie. Attraverso di essa si esercitano il dominio, il possesso, l’asservimento, lo sfruttamento delle cose, ma anche delle persone. Grazie a lei l’uomo ha la pretesa di affermare che tutto ha un prezzo, e che la vita è un mercato nel quale tutto si può valutare e comprare o vendere per guadagnare. Perciò Gesù dice che non vale la pena mettersi in concorrenza con questo potere di compravendita e passare la vita a cercare di esercitarlo: lasciate a chi crede che la felicità sia in questo potere, cioè a Cesare, la falsa soddisfazione di esercitarlo mercanteggiando.
Aggiunge poi di rendere invece “a Dio quel che è di Dio.” Ma se ci è abbastanza chiaro cosa appartiene al regno di questo mondo, al potere dei “Cesare” di ogni tempo, non sappiamo bene che cosa sia di Dio.
Nel sentire moderno tutto è dell’uomo: i suoi pensieri, le sue azioni, i suoi beni, le sue doti, le sue conquiste, le sue opere, ecc… possediamo le spiegazioni, i meccanismi, i processi con cui tutto si realizza, dal pensiero ai sentimenti, ai fenomeni naturali semplici e complessi. Possediamo persino i processi vitali, dato che la tecnologia li sta sempre più efficacemente controllando e surrogando. Tutto è in nostro possesso perché è sotto il nostro controllo, in nostro potere! Cosa resta di Dio?
Il libro della Genesi con le sue immagini semplici e chiare pone le basi di una diversa valutazione: nel suo racconto l’uomo e tutto quello che ha a sua disposizione non è propria opera o possesso guadagnato, ma è una creazione di Dio e un dono gratuitamente ricevuto da lui. Dio ha impresso sul creato la propria immagine, come Cesare ha fatto sul potere di questo mondo che si esprime nel denaro. L’immagine di Dio impressa sul creato è la sua bellezza, armonia, bontà, e, dopo aver fatto esistere la nostra vita, Dio non ce l’ha venduta, ma donata. Attraverso questo dono Dio non vuole esercitare un dominio geloso ma il potere generoso dell’amore gratuito.
Per questo niente della nostra vita è un possesso di cui l’uomo possa vantarsi di essere padrone assoluto, nemmeno i beni acquisiti, insegna la dottrina cattolica, perché tutto ha impresso l’immagine di Dio e l’uomo ne è solo il custode e l’amministratore per il bene di tutti. Niente della nostra vita si compra e si vende, neppure con la somma più grande del mondo. Su di essa esercitiamo un potere relativo, è a nostra disposizione, possiamo farne ciò che vogliamo, ma non la possediamo. L’unica cosa che possiamo fare della nostra vita è donarla. Per questo Gesù dice “rendete a Dio”, cioè restituite a lui quello che lui vi ha donato, e questo lo facciamo regalando agli altri il dono ricevuto, cioè la nostra vita: il tempo e le energie, le capacità e i beni. Come lui l’ha donata moltiplicandola per tutto il numero degli esseri viventi, così a noi è chiesto di moltiplicare la nostra vita facendola tornare a Dio aumentata nel dono agli altri. È il messaggio della parabola dei talenti: chi li nasconde e li sotterra per paura può ridare indietro solo quanto ha ricevuto, ma chi invece l’ha messi a frutto investendoli e usandoli per gli altri, li restituisce al Signore moltiplicati.
Ecco che allora questo brano del Vangelo, semplice e scarno, racchiude una grande verità. E cioè che della nostra vita dobbiamo rendere conto (e non solo alla fine, ma ogni giorno) su come l’ho spesa, se nel modo migliore, se l’ho sprecata, se l’ho resa inutile e l’ho umiliata, o l’ho esaltata nella sua bellezza più profonda e autentica, cioè nel suo essere un dono ricevuto gratuitamente solo per l’amore che Dio ha per me, e l’ho moltiplicata donandola, come una fiamma che se comunicata aumenta la sua luce e il suo calore.
Il giudizio non è solo alla fine, quando non si può più fare niente. Il giudizio è quotidiano. Non fuggiamolo nascondendolo con l’illusione del potere di comprare e vendere tutto, riconosciamoci invece forti solo dell’unico grande potere che abbiamo, quello di donare la vita e, così facendo, di salvarla rendendola duratura per il resto del tempo.



Preghiere


O Signore nostro, Dio onnipotente, ti ringraziamo per il dono della vita e di tutto quello che abbiamo a disposizione per mantenerla. Fa’ che non la sprechiamo per ciò che ha poco valore,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, insegnaci a far fruttare il dono della vita spendendola per gli altri e a moltiplicarla rendendola utile a molti,
Noi ti preghiamo



Perdonaci o Signore per la tentazione di nascondere e trattenere per noi quello che abbiamo ricevuto. Fa’ crescere in noi un animo generoso e un cuore largo,
Noi ti preghiamo



Ti chiediamo, o Padre onnipotente, di farci ascoltare con disponibilità il Vangelo perché facendolo entrare nei nostri cuori e mettendolo in pratica salviamo la nostra vita,
Noi ti preghiamo



Ascolta o Dio la preghiera di chi è nel bisogno. Libera tutti quelli che in questi giorni sono colpiti dalla violenza della natura. Dona a tutti una prospettiva serena per il proprio futuro,
Noi ti preghiamo


Dona o Padre del cielo la pace a tutti i popoli, perché mai più la guerra semini morte e dolore,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore gli uomini di buona volontà perché rendano il mondo più vivibile e giusto. Fa’ che la fiamma del tuo Spirito scaldi i cuori e illumini le menti dei tuoi discepoli,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre onnipotente i tuoi figli ovunque dispersi, perché riuniti nel tuo nome rendano lode a te e ti celebrino con gioia risorto e vivo in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

venerdì 13 ottobre 2017

XXVIII domenica del Tempo ordinario - Anno A - 15 ottobre 2017



Dal libro del profeta Isaia 25,6-10
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». 

Salmo 22 - Abiterò per sempre nella casa del Signore.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare, +
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 4,12-14.19-20
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Signore illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nunziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nunziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci parla di una festa di nozze: il Re celebra con grande fasto il matrimonio di suo figlio. Non possiamo non vedere in queste nozze la figura dell’incarnazione del Figlio di Dio nel Signore nostro Gesù Cristo. Sì, il Padre ha mandato nel mondo suo Figlio perché sposasse la nostra vita, la realtà terrena, la nostra natura umana. La sua partecipazione alla vita dell’umanità non è infatti qualcosa di temporaneo e passeggero. Non riguarda solo un tempo, ma è una unione indissolubile ed eterna, come sono le nozze, per sempre. Solo la morte, lo sappiamo, scioglie il legame nunziale, ma Gesù ascendendo al cielo vivo e col suo corpo terreno ha reso questo matrimonio eterno, destinato a durare fino alla fine dei tempi.
Dio ha preso una residenza stabile nella storia dell’umanità intera e in quella di ciascuno di noi, l’ha sposata per sempre. Questa è la nostra salvezza: non siamo chiamati solo a farci discepoli di una dottrina o di una morale, non siamo alunni di una scuola che insegna, e poi ci giudica ed esamina. No, siamo chiamati piuttosto a farci partecipi di quella vita divina che Gesù ha immesso nelle vene della nostra natura umana. Dicevano i Padri della chiesa: “Egli si è fatto come noi, perché anche noi potessimo divenire come lui, condividere con lui la potenza della vita divina.
Ma come possiamo vivere questa realtà così straordinaria?
Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo di oggi ci aiuta a comprenderlo: la festa delle nozze di Dio con gli uomini e con la loro vita si celebrano ogni domenica, qui nella santa Messa, particolarmente in alcuni suoi elementi. Qui la sua Parola ci parla e ci trasforma interiormente, se la lasciamo entrare in noi. La Parola di Dio infatti non è come le parole umane, da “imparare” come una materia scolastica. È qualcosa di vivo e vivificante, e se entra dentro agisce nella nostra vita e la trasforma. Cambia i sentimenti, la volontà, persino il nostro coraggio e la nostra forza sono aumentati e trasformati da essa. Se restiamo sempre uguali, anche dopo aver ascoltato la Parola di Dio, interroghiamoci perché essa rimane inefficace in noi. È segno che l’abbiamo tenuta fuori con la diffidenza e l’abitudine del cuore.
Ma poi alla Messa Dio rinnova ogni volta il miracolo dell’incarnazione, trasformando il pane e il vino nel corpo e sangue di Cristo, unione di vera materia e vera divinità, perché nutrendocene il nostro corpo ne venga trasfigurato.
Ogni domenica siamo invitati a partecipare a queste nozze, a gioirne, a nutrirci alla mensa, a godere della gioia grande della presenza di un Dio così buono e amico da farsi non solo compagno, ma anche partecipe della nostra vita.
La parabola che abbiamo ascoltato ci dice ancora qualcosa. Innanzitutto la resistenza di quanti non accolgono l’invito a queste nozze e restano fuori, presi ciascuno dalle proprie occupazioni. È paradossale: alla gioia della festa del banchetto nuziale si preferisce la pesantezza del lavoro o la banalità della vita ordinaria, alla prospettiva di una vita resa grande e forte dalla presenza del Signore si preferisce la piccolezza misera e debole delle occupazioni di sempre.
Ma anche chi partecipa a quel banchetto non può starci come capita: la parabola insegna che è necessario indossare l’abito di nozze. Alla festa infatti non ci si sta con un atteggiamento dimesso e senza entusiasmo. Qui alla Messa siamo partecipi di eventi grandiosi, preparati da Dio proprio per noi. Siamo fatti oggetto del dono del suo amore che si esprime in molti modi: nella convocazione alla festa, nella sua presenza attenta e accogliente, nella Parola che ci rivolge, nell’Eucarestia, corpo e sangue prezioso, che ci è donato per saziarci. La straordinarietà di questi momenti è sottolineata dalla bellezza commovente delle parole delle preghiere, dal canto festoso, dal profumo dell’incenso, dalla bellezza, anche se umile e sobria, del luogo e degli arredi.
Anche noi dobbiamo armonizzarci con il contesto. Alle nozze ci si va vestiti a nozze! Dobbiamo essere comunicativi della nostra gioia e renderla evidente nel nostro modo di essere qui. A volte non è così, lo sappiamo, ed esprimiamo piuttosto la nostra scontentezza, estraneità, noia. Lo sguardo basso, il volto cupo, il silenzio, sono tutti atteggiamenti che esprimono distanza e freddezza, un abito dimesso, non adatto alla festa di nozze.
Cari fratelli e care sorelle, a chi rifiuta l’invito o lo accetta, ma senza saper partecipare alla gioia delle nozze, la parabola assegna un destino di morte. Sì, chi rifiuta che il Signore si sposi con la propria vita, si unisca cioè indissolubilmente con essa attraverso lo Spirito e la grazia che ci sono comunicate, non può che andare incontro alla più o meno lenta consumazione della propria vita. La speranza si attenua, il coraggio e la forza viene meno, diminuiscono i motivi di gioia e di entusiasmo: che vita è quella senza il Signore? Restiamo allora vigilanti, pronti ad accogliere con gratitudine ed entusiasmo l’invito e a partecipare alle nozze, vestendo l’abito bello della gioia della compagnia del Signore.



Preghiere 


Ti ringraziamo o Signore per l’invito che ci fai a partecipare ogni domenica a Messa alla festa del Regno. Fa’ che con gioia celebriamo il banchetto del tuo amore per la nostra vita,
Noi ti preghiamo


Perdona o Dio la durezza del nostro cuore e l’indifferenza con cui disprezziamo l’invito a gioire del dono del Vangelo e dell’Eucarestia. Fa’ che siano sempre per noi motivo di grande gioia,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio del cielo perché non preferiamo la normalità banale della vita ordinaria alla straordinaria novità del Vangelo,
Noi ti preghiamo


Accogli o Dio nel banchetto della tua amicizia tutti noi, assieme ai poveri e a quelli che hanno bisogno di aiuto, perché in amicizia e solidarietà possiamo moltiplicare la gioia della condivisione del tuo amore,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono tutti quelli che sono nel pericolo e nel dolore. Dona la pace ai popoli in guerra e consola chi è duramente colpito dalla forza della natura,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Gesù in modo particolare quelli che vivono nelle strade delle nostre città, perché il freddo e la solitudine non li schiacci sotto un peso insopportabile e siano consolati dal calore dei fratelli e delle sorelle,
Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi o Dio tutti coloro che nel mondo annunciano la novità del Vangelo e la vivono nella gioia. Fa’ che la testimonianza di una vita spesa per amore degli altri raggiunga ogni uomo e ogni donna e tocchi il loro cuore,
Noi ti preghiamo


Accompagna sempre con benevolenza o Padre gli sforzi degli operatori di pace, perché non manchi mai nel mondo chi fa’ il bene e lotta per la giustizia,
Noi ti preghiamo


sabato 7 ottobre 2017

XXVII domenica del tempo ordinario - Anno A - 8 ottobre 2017




Dal libro del profeta Isaia 5,1-7
Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.   

Salmo 79 - La vigna del Signore è la casa d'Israele.
Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo, vedi e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,6-9
Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

Alleluia, alleluia alleluia.
Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:  «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.  Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.  Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».  Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».  E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». 

Commento
Cari fratelli e care sorelle, papa Francesco ha scritto nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.
Ho voluto leggere queste parole per spiegare il perché oggi vogliamo celebrare la festa della Parola di Dio, nella quale ci soffermiamo con atteggiamento di gioiosa venerazione e davanti a questo dono immenso che abbiamo ricevuto: la Bibbia.
Essa, ci dice il papa, libera “dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento”  e ci offre la pienezza di vita perché possiamo godere della gioia più vera, che deriva da un incontro personale col Signore, ovvero principalmente dal dialogo con lui che scaturisce da un ascolto attento e a cuore aperto della sua Parola.
Sì, come abbiamo ascoltato nella parabola del Vangelo di Matteo, Dio ci invita a recarci nella sua vigna che sono le sue Parole, perché coltivandole con cura ne ricaviamo un buon frutto. Anzi, come sottolinea il Vangelo, egli ce le affida attraverso il libro santo della Bibbia che le racchiude e custodisce perché nemmeno una ne vada sprecata. Ma spesso accade che prevalga in noi un senso scontato di abitudine che rende sordi e ciechi, incapaci a leggere e ascoltare quelle parole e a lavorarci per trarne il frutto della nostra salvezza. Come nella parabola, vogliamo essere noi i “padroni” di quelle parole, renderle cioè simili a noi stessi, scontate, vuote di quella forza di contestazione e profezia, che le rendono invece fertili come un campo da coltivare. Ma se invece scaviamo in essa, dissodiamo il terreno dalle pietre delle nostre durezze di cuore e diffidenze, se irrighiamo il testo con l’acqua buone della nostra conversione e pentimento potremo ricavarne veramente un frutto buono per noi e per gli altri.
Continua papa Francesco: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene.” È questo il rischio che vive chi smette di coltivare la Parola di Dio. Si resta cristiani, ma spenti, opachi, ripiegati su se stessi.
Ma cosa significa coltivare la Parola di Dio ? La Scrittura è un lettera indirizzata dal Signore a ciascuno, e, come in ogni lettera, è personale. Noi siamo abituati ad ascoltarla in pubblico, e questo ne diminuisce un po’ il tono intimo e appassionato, ci sembra quasi un trattato di filosofia o la vita di un santo: buone cose, dette bene, ma estranee. Ma prova invece a leggerla da solo, in un momento di calma e di pace, e ne gusterai il tono personale e quasi segreto. Scoprirai che sì, parla proprio di te, ti conosce, sa cogliere i dubbi, le fragilità del tuo cuore, conosce il modo per indicarti la via adatta proprio alla tua situazione. Letta in questo modo la Scrittura suscita una risposta, la esige: è la preghiera con la quale ci rivolgiamo a Dio in un dialogo personale. Non si tratta di recitare formule, ma di aprire il cuore e farne scaturire la gratitudine per l’interesse e l’affetto che quelle Parole dimostrano, il dolore per la propria umanità spesso troppo indurita e fredda, la richiesta di aiuto perché sappiamo dissodare il terreno del nostro cuore e far produrre frutti buoni di generosità, interesse per l’altro, misericordia, bontà per tutti.
Non è difficile o cosa per gente speciale. Dice sempre papa Francesco: “Invito ogni cristiano … a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta … e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte.” Sì, nella Scrittura Dio ci attende a braccia aperte e ci corre incontro appena noi ci fermiamo a leggerla o ad ascoltarla.
Cari fratelli e care sorelle, questa festa è opportuna e necessaria, dobbiamo sempre ritornare alla Scrittura per venerare nelle sue parole Dio che ci si fa incontro. Ognuno di noi deve avere la sua Bibbia, conservarla e averne cura come la lettera personale di Dio indirizzata a me, leggerne di tanto in tanto un brano, meravigliarsi, farsi toccare, perché la nostra vita spirituale si riattivi e abbia nutrimento.
San Francesco, di cui abbiamo celebrato la festa pochi giorni fa, scriveva nel suo Testamento: “voglio che questi santissimi misteri (cioè la Parola di Dio) sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.” Francesco cioè non voleva che la Scrittura fosse tenuta in un angolo polveroso della vita, dimenticato sotto i cumuli disordinati delle preoccupazioni e affanni per noi stessi, ma che venisse onorata e venerata, trovasse cioè l’attenzione e l’interesse di ciascuno, che avesse il primo posto. Egli prosegue: “lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo.” Per lui il Vangelo non era un messaggio lontano, ma “la forma” da dare alla propria vita, perché divenisse somigliante a quella di Gesù. Francesco si fece Vangelo vissuto.
Cari fratelli e care sorelle, Nella Liturgia noi introduciamo solennemente la Bibbia, la collochiamo al centro sull’altare, la incensiamo, con lei si benedice il popolo, è insomma il fulcro sul quale ruota lo svolgimento della Messa. Facciamo così anche nella nostra vita, conosciamo, amiamo e soprattutto leggiamo la Bibbia, perché come un terreno buono lavorato con cura produca frutti  buoni per tutti.




Preghiere 


O Signore ti ringraziamo per la cura amorevole con cui ti sei occupato di noi affinché nulla manchi alla nostra vita. Perdona l’avidità con cui non l’abbiamo condivisa e l’egoismo del pensare solo a noi stessi,
Noi ti preghiamo



Aiutaci o Dio del cielo a vivere con gratitudine il dono della Bibbia. Fa’ che ascoltandola e vivendola fedelmente sappiamo vincere il peccato, la tristezza e il vuoto,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Signore quanti vivono con sofferenza schiacciati dal peso della povertà. Per le famiglie in difficoltà, i disoccupati, per chi è senza casa e sostegno,
Noi ti preghiamo


Soccorri o Padre del cielo i popoli che sono in guerra e sconvolti dalla violenza fratricida. Fa’ che non manchi loro il tuo sostegno nel pericolo e il dono prezioso della pace,
Noi ti preghiamo




Guida o Dio e illumina i passi di coloro che annunciano il Vangelo con le loro parole e azioni. Fa’ che l’esempio di chi è tuo discepolo indichi a tanti la via verso il Regno,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore Gesù perché l’esempio di San Francesco ci incoraggi sempre di più ad assumere la forma del Santo Vangelo, facendone regola e misura del nostro agire,
Noi ti preghiamo.



Proteggi o Dio tutti i tuoi discepoli che vivono in difficoltà per la persecuzione o la durezza della vita. Fa’ che il conforto del tuo amore li incoraggi a restare fedeli al tuo nome e li sostenga nelle prove,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per il nostro papa Francesco che alla guida del tuo gregge ti celebra risorto e vicino alle nostre vite. Aiutalo ad essere un padre buono e un testimone credibile del Vangelo,
Noi ti preghiamo