sabato 25 novembre 2017

XXXIV domenica del tempo ordinario. Festa di Cristo Re dell'universo - Anno A - 26 novembre 2017




Dal libro del profeta Ezechiele 34,11-12.15-17
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.  

Salmo 22 - Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare.
Ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia, +
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15,20-26a.28
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

Alleluia, alleluia alleluia
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Alleluia, alleluia alleluia
   
Dal vangelo secondo Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Commento
La domenica odierna conclude un anno liturgico e ci avvia all’inizio di un nuovo anno che si apre con l’Avvento. Infatti il tempo non è un susseguirsi di momenti tutti uguali e senza valore. Nell’idea pagana del trascorrere del tempo esso è come un girare attorno all’individuo: fatti, persone e cose hanno significato nel loro appartenere al mio giro, come una spirale che ai avvolge attorno a me. Per questo il trascorrere del tempo spaventa l’uomo che non conosce Dio, perché la sua fine rompe la spirale che si avvolge senza portare a nulla.
Dio però ha insegnato agli uomini un’idea diversa del tempo fin da quando si è rivelato a Israele chiamandolo a uscire dalla condizione di schiavitù per incamminarsi in un itinerario che portava alla libertà di essere suo figlio. È l’esodo che ha condotto Israele dall’Egitto fino alla terra promessa. Anche noi partiamo dalla condizione naturale di sottomissione al potere di un mondo in cui il male esercita il suo dominio, e siamo invitati dal Signore a incamminarci verso la libertà dal modo abituale di essere per seguirlo come discepoli e figli adottivi. Ecco che allora il tempo della vita è il cammino di avvicinamento al Signore per arrivare fino alla sua signoria piena sul mondo e sulla nostra vita come unico e incontrastato re. Anno dopo anno avanziamo verso di lui e gustiamo in modo sempre più pieno la vicinanza a lui. Per questo il passare del tempo non deve farci paura, perché avanziamo verso la meta della signoria di Dio che giorno dopo giorno si realizza se noi ascoltiamo la sua Parola.
Come Israele, anche noi non siamo chiamati ad un cammino individuale. Il battesimo infatti ci inserisce nel cammino comune di un popolo largo, tutti i discepoli del Signore, e nella lunghezza di un tempo che non parte da me e non finisce con me.
La festa di oggi dunque ci aiuta a mettere meglio a fuoco il traguardo verso il quale siamo in cammino per affrettarci verso di esso: la signoria di Cristo sul mondo.
Nella prima lettura Dio si presenta come un pastore che raduna il gregge disperso e preda dei lupi, ferito, malato, senza un buon pascolo e acqua pulita da bere. È la condizione in cui Dio ci trova, smarriti, senza una strada chiara, e lui stesso si fa nostro compagno perché la sua guida affettuosa ci faccia percorrere la strada giusta: “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.” Il Signore fa così con noi: ci cerca lì dove ci siamo incamminati, spesso in strade che non portano a un pascolo buono o sottomessi ai padroni cattivi che ci tiranneggiano: le idee false di felicità, l’egoismo, l’orgoglio, la paura. Sta a noi riconoscere la bontà del pastore che ci viene incontro e affidarsi a lui. Spesso siamo poco propensi a metterci a seguire un altro, a farci condurre e consigliare. Preferiamo decidere da soli la nostra strada. Per questo le parole del profeta Ezechiele si concludono con la promessa di un giudizio: “Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.” Proprio per dire che una scelta non è come l’altra e le strade non sono tutte uguali. Il giudizio mette a nudo le differenze del tipo di vita che ciascuno ha condotto.
Il giudizio non è una punizione, ma sta a significare che la vita vale molto. Non vale la pena di giudicare quello che è trascurabile, ma la vita no, vale troppo per trattarla come cosa senza importanza. Infatti il giudizio, come descrive Gesù nel vangelo di Matteo, è circa la nostra somiglianza con lui, misurata sulla capacità di voler bene agli altri: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…” Coloro che hanno speso male la loro vita restano stupiti: “quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?” Sono sinceramente stupiti, non si sono mai accorti di come vivevano e delle conseguenze del loro agire. Ma proprio questo è il problema. Non hanno capito perché hanno seguito, senza riflettere, i maestri dell’egoismo, dell’indifferenza, del conformismo. Non si sono resi conto perché hanno obbedito senza chiedersi perché, senza capire, senza scegliere con consapevolezza. Ma, come dicevo, la vita è troppo preziosa per sprecarla senza chiedersi come sia meglio usarla. Impariamo a farla giudicare ogni domenica dalla Parola di Dio, perché realizziamo piano piano la sua piena signoria su di essa, senza paura di metterci al servizio di un Signore buono e attento a quello che è meglio per ciascuno. 
Accogliamo allora con gioia l’immagine che la liturgia oggi ci propone: Gesù come Signore e re della nostra vita e dell’universo intero. Egli giudica dal trono che è la sua croce, cioè dall’alto del bene che lui per primo ha voluto a noi uomini, fino in fondo e fino alle estreme conseguenze. Giudica assiso sulla croce dalla quale ha perdonato quelli stessi che lo stavano uccidendo e ha restituito a ogni uomo la libertà dal peccato. È il trono di un Signore che ci cerca, ci accompagna, ci indica la strada del nostro bene. Il suo giudizio è prezioso, perché è carico della forza di salvezza, non lo sfuggiamo come una maledizione. Le sue parole sono vere, e per questo a volte le sentiamo taglienti nella carne della nostra vita, ma proprio per questo ci permettono di camminare verso di lui sulla strada del bene, senza rischiare di perderci nei vicoli bui, aridi e senza vita del male.



Preghiere 

O Signore Gesù guidaci come un pastore buono sulle strade del bene e nutrici nei pascoli in cui nulla ci manca. Fa’ che affidandoci a te impariamo il modo migliore di vivere,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù ti chiediamo perdono perché abbiamo accettato troppo facilmente la signorìa dei padroni malvagi di questo mondo: l’egoismo, la paura, l’arroganza e l’orgoglio. Fa’ che seguendo il tuo esempio diveniamo miti e umili come te,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Dio del cielo perché sei un Signore che perdona e aiuta, pronto a sostenerci nei momenti di difficoltà e attento alla nostra debolezza. Divieni re e Signore della nostra vita perché essa sia salvata dal male,
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Padre misericordioso, libera il mondo dai padroni violenti che seminano odio e divisione. Fa’ cessare ogni guerra e placa l’istinto di dominio e aggressività, dona la pace a tutti i popoli,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore quelli che lavorano per il bene degli altri e non cercano il proprio interesse individuale. Suscita servitori della giustizia e operatori di pace perché in tutti i popoli regni la concordia,
Noi ti preghiamo

  
Ascolta o Signore il grido del povero che ti invoca ed esaudisci la sua preghiera. Perché tutti abbiano il necessario per vivere,
Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi, o Padre misericordioso, tutti coloro che annunciano la tua Parola e la vivono, perché il loro esempio sia di modello per tanti,
Noi ti preghiamo

  
Proteggi o Signore papa Francesco. Fa’ che la sua predicazione sia un segno visibile dell’amore di Dio per tutti i popoli e li guidi verso di lui,

Noi ti preghiamo

sabato 18 novembre 2017

XXXIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 19 novembre 2017 - Giornata mondiale dei poveri




Dal libro dei Proverbi 31,10-13.19-20.30-31
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.

Salmo 127 - Beato chi teme il Signore.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto +
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési  5,1-6
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

Alleluia, alleluia alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.  Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, In una lettera di giugno scorso papa Francesco ha scritto: “Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. … Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste. Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà, come segno concreto di fratellanza. Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione.” Oggi vogliamo vivere questa giornata come il papa ci ha proposto, aprendo il cuore e la mente per comprendere il senso e il valore che i poveri rappresentano per la nostra vita. Sempre il papa infatti ha scritto: “condividere con i poveri ci permette di comprendere il Vangelo nella sua verità più profonda. I poveri non sono un problema: sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo.”
È quello che proveremo a fare, leggendo il Vangelo che ci è stato annunciato per comprenderne la realtà più profonda.
I poveri ci fanno paura perché ci rappresentano la realtà della povertà che sappiamo essere accovacciata alla porta di ogni uomo come un leone pronto a ghermirci. Essa ci si presenta sotto i suoi tanti aspetti diversi: la miseria economica, ma anche la malattia, la vecchiaia, il disagio esistenziale, i rovesci della sorte. Questa paura ci fa temere il contagio: la vista dei poveri fa tristezza, inquieta e disturba, meglio eliminarla dal nostro orizzonte, sperando così di evitare la minaccia che essa ci ricorda.
È la stessa paura che spinse il terzo servo di cui ci ha parlato il Vangelo oggi a seppellire il talento sotto terra, per paura di perderlo e restare senza, cioè povero. Un ricco signore prima di partire per un lungo viaggio aveva lasciato ai suoi tre servi ciò che di più prezioso possedeva. È un tesoro abbondante, e i tre se ne trovarono senza merito in possesso. I primi due pensano che quella ricchezza sia un’opportunità che è stata loro offerta e si danno da fare per metterla a frutto, e i risultati si vedono!
Il terzo invece ha paura di perdere tutto e per questo, paradossalmente, vive come se non possedesse nulla. Per lui quel tesoro è come se non esistesse, sepolto sotto terra. Continua a vivere come se non avesse ricevuto nulla.
Quel dono, fratelli e sorelle, è lo stesso che Dio fa a ciascuno di noi: il dono di una vita amata da lui. È un tesoro inestimabile perché ci permette non solo di godere del beni del creato, cosa che è alla portata di tutti gli esseri viventi, ma anche di nutrirci della sicurezza di essere voluti bene, accompagnati e tenuti in così alta considerazione da Lui, tanto da valere la vita stessa del suo Figlio. Questo fa la grande differenza fra una vita normale e una vita che sa di essere amata per dono gratuito di Dio. Chi accoglie questo dono ha una speranza che non si esaurisce, non perde mai la fiducia nel bene che si può realizzare per sé e per il mondo, perché può far conto su risorse di umanità immense.
Chi accoglie il talento di una vita amata da Dio non può fare a meno di moltiplicare i frutti di questo amore e di spargerli attorno a sé, di ritrovarsi con un capitale di amore raddoppiato, perché condiviso e suscitato anche in chi ci è accanto.
Ma chi invece rifiuta questo dono e si accontenta di una vita che non sa di essere amata da Dio vive oppresso dalla paura. Pensa che può contare solo sulle proprie forze, che deve difendere il poco che ha dagli assalti della vita, che le sue risorse di amore, compassione, solidarietà e amicizia sono limitate e deve risparmiarle concentrandole tutte su di sé. Tutto il contrario degli altri due.
L’incontro con i poveri mette a nudo come noi viviamo: cioè se come figli amati da Dio e ricolmati dei doni della sua benevolenza o da orfani che possono contare solo su di sé. Essi provocano la nostra capacità di voler bene, cioè di sentire con lo stesso cuore di chi abbiamo di fronte, di donare gratuitamente e generosamente amicizia, affetto, cura e attenzione. Ma chi è orfano è geloso del poco amore che ha, avaro di attenzioni e preoccupazioni al di fuori di sé: ne ha così poche che non può sprecarle. Invece chi sa di essere amato da Dio ha in lui una fonte inesauribile e non teme di restarne senza.
Per questo quando il Signore torna i primi due possono mostrare con gioia che l’amore che è stato loro donato messo in circolazione ha fruttato il doppio. Il terzo riesce a dimostrare solo che ha saputo farne a meno. Ha imparato cioè a vivere così avaramente e interessato solo di sé da non sentire ormai più bisogno di quell’amore donato, ma non voluto e non accettato.
Cari fratelli e care sorelle, accogliamo sempre volentieri la provocazione che i poveri sono per la nostra capacità di voler bene. Non si tratta tanto di quanti soldi sappiamo o possiamo i spendere. La nostra mentalità distorta vede solo nel denaro la misura del voler bene. Piuttosto si tratta di affondare le mani nel tesoro più prezioso che abbiamo e che è l’amore che Dio ha riversato nella nostra vita. Di quello dobbiamo essere soprattutto generosi con chi ha ricevuto meno di noi dalla vita. La sensibilità, l’amicizia, la vicinanza calda e affettuosa ci renderà capaci anche di essere più generosi di beni materiali, mettendo a frutto quella fantasia dell’amore che mette in moto la provvidenza di Dio. Chi invece misura il proprio interesse e attenzione sulla misura del denaro che può elargire li vedrà restringersi alla misura avara dell’uomo pauroso di perdere, che rifiuta il talento per paura di doverlo poi spendere e che per questo si priva della gioia dell’amore di Dio ricevuto, donato e moltiplicato.


Preghiere 

O Dio ti ringraziamo per il dono prezioso del tuo amore. Fa’ che l’accogliamo con gioia come un tesoro dal valore inestimabile,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Padre ad apprendere la vera sapienza contenuta nel Vangelo, affinché come tuoi discepoli diveniamo ricchi di umanità e liberi di amare,
Noi ti preghiamo


Rendici, o Dio onnipotente, forti della gioia del Vangelo, perché non restiamo schiavi dell’impotenza e sottomessi al male, ma come uomini e donne sapienti trasformiamo il mondo e il suo modo di vivere,
Noi ti preghiamo


Ti chiediamo perdono o Dio per quando rifiutiamo il talento del tuo amore, accontentandoci del poco che sappiamo darci da soli. Apri il nostro cuore al Vangelo perché diveniamo sapienti e forti,
Noi ti preghiamo


Guida o Padre misericordioso i passi di coloro che cercano il bene e operano per la pace. Fa’ che presto nel mondo intero cessino le guerre e ogni forma di violenza,
Noi ti preghiamo



Suscita in ogni luogo o Padre misericordioso amici dei poveri e soccorritori di chi è in difficoltà. Guarda con amore a chi ti invoca ed esaudisci la preghiera del misero,
Noi ti preghiamo.


O Signore Gesù che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, perdona la nostra avarizia nel voler bene ai fratelli e alle sorelle che sono nel bisogno.
Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Dio tutti quelli che camminano sulla via del Vangelo: i testimoni dell’amore, i costruttori di pace, coloro che perdonano, i miti di cuore. Fa’ che la loro forza d’amore trasformi il mondo intero,

Noi ti preghiamo

giovedì 9 novembre 2017

XXXII domenica del tempo ordinario - Anno A - 12 novembre 2017



Dal libro della Sapienza 6,12-16
La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di essa è perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro con ogni benevolenza.
Salmo 62 – Solo in Dio riposa l’anima mia
Solo in Dio riposa l’anima amia
Da lui viene la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza
Mia difesa: mai potrò vacillare.

Fino a quando vi scaglierete contro un uomo
Per abbatterlo tutti insieme
Come un muro cadente
Come un recinto che crolla.

Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: non potrò vacillare.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria,
il mio riparo sicuro, il mio rifugio.
Dalla prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi 4,13-18
Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
Alleluja alleluia, alleluia
Vegliate dunque fratelli
perché il Regno di Dio è vicino
Alleluja alleluia, alleluia

Dal vangelo di Matteo 25,1-13
Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Commento

Dopo essere entrato in Gerusalemme in modo trionfale (Mt 21,8-ss), Gesù insegnava nel tempio (Mt 21,23-ss), e qui i farisei, i sadducei e i sacerdoti, infastiditi dal successo della sua predicazione, cercano di metterlo in difficoltà con le loro domande polemiche e facendo sfoggio della loro cultura religiosa (Mt 22,15-ss;23-ss;34-ss). Ne abbiamo ascoltato alcuni esempi le domeniche scorse. Poi il Signore se ne sta in disparte con i dodici e si accorge di come essi siano disorientati davanti alla maestosità degli edifici e alla cultura dei sapienti della grande città (Mt 24,1-ss). Per questo parla loro a lungo (Mt 24,4-25,46) cercando proprio di mettere in luce quale è la vera sapienza a cui affidarsi per entrare a fare parte del Regno dei cieli, come le parole che abbiamo appena ascoltato.
Noi abbiamo lo stesso problema degli apostoli. Anche oggi il mondo è complesso e multiforme e molti cercano di insegnarci a vivere secondo la loro sapienza: i maestri dell’economia, i maestri della facile psicologia, i maestri della politica ecc…, e in generale per tutti costoro la sapienza consiste in una certa furbizia necessaria a farsi strada, prevalere, andare avanti senza rimetterci. E’ questa la saggezza che il mondo c’insegna, ed è facile farsi trascinare da queste correnti del pensiero e dei comportamenti. La Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato invece ci aiuta a comprendere la superiorità della vera sapienza di Dio.
La prima lettura dal libro della Sapienza sgombra subito il campo da ogni dubbio: la Sapienza di Dio è alla nostra portata, non è cosa solo per specialisti, anzi viene incontro e si offre a chi la cerca: “[la Sapienza] facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. ... Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, … va loro incontro con ogni benevolenza.
Il Vangelo di Matteo invece ci riporta una parabola di Gesù: dieci donne aspettano l’arrivo dello sposo. Sono eccitate da quell’evento e si sono preparate per partecipare alla festa di nozze. Tutti noi aspiriamo ad un futuro migliore, ed è giusto aspettarsi molto dalla vita, la festa di una felicità piena. Ma durante la lunga attesa, si lasciano sorprendere dal sonno. Anche noi siamo disabituati alle lunghe attese e ci aspettiamo di ottenere subito il risultato delle nostre azioni. La nostra civiltà iper-tecnologica esalta il risultato immediato, in tempo reale, non contempla la costruzione lenta.
Ma invece la festa di nozze, cioè la nostra felicità, è proprio frutto di una lunga e operosa attesa, non si improvvisa, è il risultato di impegno, prove, fatica, e tanta pazienza. Ma nell’attesa, appunto, è facile addormentarsi, cioè perdere di vista il motivo per cui ci troviamo sulla soglia della casa dello sposo. Pensiamo che forse fa’ lo stesso accontentarsi di qualche soddisfazione momentanea facilmente raggiungibile. Per fortuna giunge un grido che interrompe il sonno: “Arriva lo sposo!” è la Parola di Dio che annunciata con forza sveglia i cuori intorpiditi e stanchi.
Tutte e dieci le giovani hanno con sé la lampada che illumini loro il cammino, in questo sono tutte eguali. Quella lampada, ci insegna il Salmo 119, è la Parola di Dio accolta: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino.” Ma cinque hanno un olio che dà luce, ma poi finisce presto. A quel chiarore tutto appare affascinante e inebriante, ci si appassiona facilmente e subito, ma poi l’olio finisce, la luce svanisce e torna la penombra. Quest’olio effimero è la Parola di Dio ascoltata ma non vissuta. Le altre cinque invece hanno un olio diverso che fa sì luce, ma quanto basta per non perdersi, ma poi sono loro a dover fare la strada e decidere il cammino giusto. Però è un olio che non finisce, e ne hanno pure una buona scorta. Quest’olio è la Parola di Dio vissuta.
Questa è la differenza fra quelle dieci ragazze, e non è cosa di poco conto. Infatti ascoltare la Parola di Dio senza viverla è come essere un fidanzato che si accontenta della foto della donna che ama, senza sentire il bisogno d’incontrarla mai. Magari all’inizio lo scalda di passione, lo rende felice guardarla, ma è una vampata e presto si esaurisce, non può durare.
Ascoltare la Parola di Dio e viverla è invece come essere un fidanzato che vuole stare il più possibile con la persona che ama, non gli basta vederla in foto, ma desidera incontrarla il più spesso possibile di persona: cioè parlarci, gioire della sua compagnia, ascoltarla, ma anche farsi conoscere, darsi da fare per lei, aiutarla, insomma volersi bene l’un l’altro. L’olio della Parola di Dio ascoltata e vissuta dura, anzi si accresce col tempo, come l’amore corrisposto di due fidanzati, anche se a volte sembra che la luce sia fioca e che si faccia fatica a non perdere la strada, ma sempre torna a brillare perché la riserva è alimentata dall’amore illimitato e fedele di Dio.
Fratelli e sorelle, quando le cinque giovani stolte si accorgono che la luce si sta spegnendo e non sanno più come alimentarla vorrebbero farsi dare l’olio delle altre. Ma non è possibile! Non si può travasare la sapienza che Dio ci trasmette con la sua Parola, perché essa si sedimenta lentamente nel cuore e fa luce chiara solo quando la viviamo. Se tu non l’hai pazientemente raccolta e messa in pratica non potrà illuminarti, inutile illudersi.
Quando finalmente giunge lo sposo il volto delle giovani sagge è reso radioso dalla luce della Parola di Dio vissuta e per questo le riconosce subito come amiche e degne di fare festa con lui; le altre invece non ci sono, si affannano a trovare quell’olio che non sanno più nemmeno dove andare a cercare. La vicinanza dello sposo rende ancora più vivide le luci accese, fa crescere la felicità e la festa inizia. Le altre, più tardi, provano ugualmente ad entrare. Il loro è un tentativo puerile, sono al buio e lo sposo non le vede in volto, come pensa che possa riconoscerle amiche e farle entrare?

Cari fratelli e care sorelle, quella porta chiusa ha un che di definitivo, altro elemento estraneo alla cultura di oggi che ci illude con l’idea che si può sempre improvvisare e ricominciare come niente fosse, basta volerlo. No, le scelte di ogni giorno hanno un peso sul nostro futuro, specialmente quella così decisiva di farsi illuminare il volto e il cammino dalla luce brillante e duratura del Vangelo vissuto, piuttosto che dai lampi abbaglianti ed effimeri delle passioni momentanee e delle soddisfazioni a poco prezzo, che passano presto e lasciano al buio.

Preghiere


O Signore ti ringraziamo perché ogni domenica ci doni parole buone che illuminano e scaldano la nostra vita. Aiutaci a conservarle con cura nel nostro cuore e a viverle perché brillino sempre,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Padre buono che non seguiamo i maestri di questo mondo che insegnano a farsi strada  a discapito degli altri, ma ascoltando la tua Parola apprendiamo la sapienza del Vangelo,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore tutti coloro che sono disorientati. Illumina i loro passi perché giungano a conoscerti ed amarti,
Noi ti preghiamo


Concedi anche o noi o Padre misericordioso di partecipare alla festa della vita del Vangelo. Fa’ che seguendo il tuo esempio sappiamo camminare sempre sulla via della giustizia e del bene,
Noi ti preghiamo


Insegnaci o Signore Gesù a riconoscere nel volto di chi abbiamo accanto il fratello e la sorella da amare, non perché sono perfetti, ma perché tu per primo ci hai amati,
Noi ti preghiamo


Accogli nel tuo amore, o Signore, tutti coloro che sono morti. Fa’ che riuniti nel tuo regno possiamo un giorno con loro godere della gioia della tua presenza,
Noi ti preghiamo.


Sostieni o Padre del cielo tutti coloro che soffrono e sono nel bisogno. Aiutali a superare le difficoltà e a mantenere viva la speranza in un futuro migliore,
Noi ti preghiamo


Guida e sostieni o Signore chi annuncia il Vangelo in situazioni difficili, proteggili dal pericolo e benedici i loro sforzi,
Noi ti preghiamo





sabato 4 novembre 2017

XXXI domenica del tempo ordinario - Anno A - 5 novembre 2017




Dal libro del profeta Malachia 1,14-2,2.8-10
Io sono un re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le nazioni. Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione. Voi invece avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete distrutto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. Perciò anche io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento. Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?

Salmo 130 - Custodiscimi, Signore, nella pace.
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno: +
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2,7-9.13
Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.

Alleluia, alleluia alleluia.
Uno solo è il Padre vostro, quello celeste
e uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo spesso ci presenta Gesù che parla alla folla mentre si trova con i discepoli, e questi, come tutti gli altri, lo ascoltano come il loro maestro. Gesù cioè parla a tutti quelli che lo vogliono ascoltare, senza fare differenze. Parla a chi lo segue e cerca la sua parola, ma anche a chi è distratto, chi è preso da altro, chi si nasconde in quella folla anonima di pensieri, preoccupazioni che non lasciano spazio alla Parola di Dio. Gesù ci parla così come siamo, così come noi ci facciamo trovare. La domenica veniamo a Messa, ma oltre a essere fisicamente presenti siamo qui per ascoltare e vedere, per toccare la presenza del Signore che si fa così vicino a noi? E’ la domanda che il Vangelo ci pone oggi, attraverso le parole che Gesù rivolge alla folla e ai discepoli: con chi stiamo noi, con la confusione della folla o con il desiderio di ascoltare dei discepoli? E non c’è una via di mezzo. Non è questione di stabilire chi è buono e chi è malvagio, chi è santo e chi è peccatore, che anzi, proprio chi si sente più peccatore ha desiderio di ascoltare il Signore, e proprio chi ha una coscienza più umile e meno piena di sé approfitta delle occasioni di ascoltare parole così vere e profonde, come è raro trovarne in giro.
Per descrivere questo atteggiamento Gesù fa l’esempio di quelli che: “Legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.”  Anche noi a volte viene spontaneo, come a quegli uomini di cui parla Gesù, giudicare tutto e tutti, avere qualcosa da dire su ogni comportamento, su ogni situazione. Ammettiamolo, ci sentiamo in grado di esprimere sempre i nostri giudizi. È questa un’abitudine molto diffusa e più comune di quanto crediamo. Ci viene spontaneo pensare e dire “Quel tale è così…”  “Quell’altro è colà…” dando giudizi su tutti. Crediamo di potercelo permettere perché abbiamo esperienza della vita, sappiamo come vanno le cose.
Ma se veramente fossimo capaci di interpretare secondo verità la vita altrettanto spesso ci capiterebbe di restare colpiti da qualcuno che è migliore di noi. Invece questo è assai più raro. Quante volte restiamo stupiti perché qualcuno vuole bene come noi non sappiamo fare, o perché qualcuno è più generoso, più giusto, più leale, ecc.. ? Infatti il nostro sguardo è così attento a trovare motivi di critica e di giudizio negativo, che tutto quello che c’è di buono negli altri scompare e noi risultiamo facilmente i migliori. È proprio come dice il Vangelo: leghiamo sulle spalle della gente giudizi pesanti come fardelli. Eppure, cari fratelli e care sorelle, se veramente ci accorgessimo che una persona porta un carico pesante fino, a volte, a restarne schiacciato, non dovremmo essere pronti a sollevare quella persona, a dargli una mano a portarlo? Se uno è schiacciato dal proprio peccato non dovremmo volergli ancor più bene, fino a sciogliere il peso del male che lo opprime? Invece, come dice Gesù, leghiamo sul dorso altrui pesanti fardelli di giudizio, ma ci guardiamo bene dal sollevarli dal peso del male che sopportano.
Ma allora cosa bisogna fare? Far finta di niente e andare avanti come se nulla fosse? No, perché anche l’indifferenza ha un peso, e l’estraneità grava come un macigno sulle spalle di chi ci sta accanto. Accorgersi che qualcosa non va nel fratello, che il male si fa strada nella vita di una sorella non è occasione per fare confronti e sentirci migliori, ma per volergli più bene. “Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia”, dice S. Paolo (Rm 5,20), esprimendo come l’amore del Signore si concentra proprio su chi è più peccatore. A che vale infatti sentirsi tanto superiori, così migliori degli altri, se poi ci scopriamo a comportarci nel modo esattamente contrario a quello di Dio?
Tutto dipende, cari fratelli e care sorelle, da quali maestri ci scegliamo, da chi vogliamo imparare a vivere. Infatti il mondo insegna la sua sapienza, fatta di furbizie e opportunismi. Insegna ad esempio che a non esprimere giudizi taglienti sugli altri si fa la figura degli sciocchi. Insegna che è meglio essere diffidenti e pensare subito male di qualcuno, poi a cambiare opinione si fa sempre in tempo. Insegna che è meglio non avere a che fare con gente discutibile, poco per bene; a tenere alla larga chi ha troppi problemi, non sia mai che ci coinvolga! Sono tanti i maestri e noi stessi ci facciamo maestri degli altri nell’insegnare questo “saper vivere”.
Ma Gesù nel Vangelo di oggi ci dice: “voi non fatevi chiamare “maestro”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli … uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.” Non diamo ascolto ai tanti maestri che ci vogliono insegnare a vivere, e facciamoci noi i ripetitori della sapienza di questo mondo, per dare ascolto invece all’unico Maestro che vale la pena seguire, e saremo più felici. Non atteggiarsi infatti a maestri che sanno il fatto loro fa scoprire tanti fratelli, quelli che, come noi, hanno bisogno di imparare dal Signore: “Voi siete fratelli” dice il Vangelo. Ci scopriremo capaci di aiutare chi ha un problema e sta peggio, scopriremo che invece di pensare subito male si può pensare bene degli altri, stimarli, cercando di coglierne il lato migliore. Scopriremo che non dovremo più difenderci dall’ostilità altrui, perché questa verrà sciolta dalla nostra benevolenza come una barriera di ghiaccio è sciolta dal fuoco dell’amore. Così facendo diverremo capaci di costruire ponti di comprensione, autostrade di amicizia, fiumi di misericordia. Si realizzerà così il sogno di Gesù di un mondo più umano e più fraterno, che il Signore esprime con le parole: “Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Non accada fratelli e sorelle che dopo esserci innalzati così in alto da poter giudicare tutti e tutto, rotoliamo a terra, crollando fragorosamente fra le macerie di una vita vissuta male, sprecata.
don Roberto


  


Preghiere  

O Signore Gesù, aiutaci a non giudicare i nostri fratelli e a non appesantire col nostro pensare male chi ci sta accanto. Fa’ invece che siamo sempre pronti ad aiutare chi ha bisogno,
Noi ti preghiamo


Perdona o Padre buono i nostri peccati, perché torniamo a te come figli pentiti e cerchiamo il tuo aiuto per essere migliori,
Noi ti preghiamo


Solleva dal peso del male tutti coloro che si fanno complici del peccato e agiscono con ingiustizia. Fa’ che convertiamo i nostri cuori per divenire operatori di bene e costruttori di concordia,
Noi ti preghiamo


Guarda con amore o Signore misericordioso tutti quelli che disprezzano il Vangelo e preferiscono ascoltare i maestri di questo mondo. Fa’ che presto tutti si accorgano che è meglio essere tuoi servi che schiavi del male,
Noi ti preghiamo



Accogli col tuo amore o Padre buono tutti coloro che hanno bisogno di aiuto: i poveri, chi è senza casa e senza famiglia, gli anziani, i malati, gli stranieri. Perché trovino accoglienza e amore,
Noi ti preghiamo


O Dio, unisci tutti gli uomini nell’unica famiglia dei tuoi figli. Fa’ che non vincano le divisioni fra i popoli e le nazioni, ma tutti collaboriamo a costruire un mondo migliore,
Noi ti preghiamo.

  
Fa’ o Signore che tutti i tuoi discepoli sappiano vivere e testimoniare la gioia e la pace che nasce dal Vangelo, facendosi operatori di bene e di unità,
Noi ti preghiamo

Proteggi o Padre i nostri fratelli in pericolo: i perseguitati per la loro fede, coloro che rischiano per operare il bene e chi si oppone alla violenza. Benedicili e liberali da ogni male,

Noi ti preghiamo

giovedì 2 novembre 2017

Commemorazione dei defunti - Anno A - 2 novembre 2017




Dal libro di Giobbe 19,1.23-27a
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

Salmo 26 - Contemplerò la bontà del Signore nella terra dei viventi.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: +
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5,5-11
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Alleluia, alleluia alleluia.
Chiunque vede il Figlio e crede in lui
avrà la vita eterna;
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 6,37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi facciamo memoria dei defunti. È un’occasione che ogni anno ci viene offerta per pregare per i nostri cari che ricordiamo con affetto, ma anche tutti quelli che nessuno ricorda, che sono scomparsi nell’anonimato e che solo Dio nel suo amore fedele ricorda e accoglie con amore. Ma questa ricorrenza è anche l’occasione per soffermarci, almeno una volta l’anno, su una realtà, quella della morte e di cosa ci attende dopo di essa, che in genere rifuggiamo perché ci turba. I brani della Scrittura che oggi abbiamo ascoltato ci aiutano a orizzontarci su di un tema così spinoso.
Ieri, nella celebrazione della festa di tutti i santi, ricordavamo come chi ci ha preceduto viva ora nella compagnia di Dio, cioè in una dimensione in cui non esistono quelle mezze misure nelle quali noi siamo abituati a vivere. Noi infatti per lo più cerchiamo sempre di barcamenarsi fra le difficoltà del vivere quotidiano accontentandoci di un compromesso onorevole fra le esigenze del bene e la difficoltà a realizzarlo, fra i pericoli del male, ma il fascino che egli esercita con le sue illusioni. Ma se tutto questo in qualche modo ci è possibile qui nella nostra vita terrena, la dimensione che ci attende e nella quale già si trovano coloro che sono defunti è la realtà della chiarezza e della decisione, delle tinte forti: o bianco o nero, o salvezza o perdizione, o bene o male. Non esiste un bene che è anche un po’ male o un male che si stempera nel bene. Non a caso in tutte le grandi tradizioni religiosi non c’è via di mezzo: o inferno o paradiso.
Davanti a questa radicalità della realtà dopo la morte si può fuggire in due modi: uno è negare che esista un oltre dopo l’esistenza terrena; l’altro è evitare in tutti i modi di farsi interrogare da quella dimensione così diversa dalla nostra e che non lascia comnpromessi di comodo. La scelta della Chiesa di farci fermare, almeno una volta l’anno, sulla realtà di quanti sono già entrati nella dimensione della presenza di Dio ci aiuta a non fuggire, ma a farci loro vicini, non solo nella preghiera e nel ricordo affettuoso, ma anche nel farci loro compagni nella riflessione sul senso della vita che la Scrittura ci propone.
Sì, è necessario farci illuminare oggi dalla luce dell’eternità che è l’assenza di compromesso fra bene e male che caratterizza la vita dopo la morte, per poter scegliere con decisione di vivere il bene, come il Vangelo ci invita.
È la scelta che fa’ il profeta Giobbe con quelle sue parole così decise: “vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Questa certezza, affermata in modo così deciso, è maturata da Giobbe dopo che è stato messo alla prova assai duramente, da lutti, malattie e abbandoni. Tutto questo dovrebbe logicamente spingere Giobbe a ridimensionare la sua fiducia in Dio e nella possibilità di vivere il bene, e a rassegnarsi alla forza invincibile del male con la quale bisogna scendere a patti. È la tentazione che viviamo anche noi spesso. Ma Giobbe sceglie invece per la certezza della presenza di Dio nella sua vita, al cui cospetto egli si mette per fare suo il suo giudizio e la sua logica, così diversa da quella normale, nella quale ripone una cieca fiducia.
Il primo elemento dunque che questa nostra memoria dei defunti ci pone davanti è la necessità di maturare, come Giobbe, una fiducia in Dio che non abbandona né dimentica nessun o, ma lo preserva per l’incontro ultimo con sé.
San Paolo nel brano della lettera ai Romani prosegue sulla stessa strada di Giobbe, e va oltre. L’Apostolo aggiunge che la certezza con cui, assieme a Giobbe, possiamo affidarci a Dio non è tanto uno sforzo di volontà dell’uomo, ma è il risultato della constatazione di un amore così grande che non si è curato che fosse da noi ricambiato o meritato, ma si è donato senza aspettarsi nulla in cambio. Egli scrive: “Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” È questo eccesso di amore che ci trascina a confidare in lui. Un amore così gratuito non ha limiti, nemmeno quello della morte. Non accetta compromessi e non delude mai perché è fedele fino alla fine. Cristo con la sua vita e morte ci ha dimostrato che  è possibile operare una chiara distinzione fra bene e male, scegliendo senza indugio per il primo, fino a farne l’unico scopo della propria esistenza, anche a rischio di morirne. Questo è il secondo elemento: possiamo fidarci di Dio perché lui ci ama per primo e senza condizioni e la sua fedeltà è senza limiti.
Infine l’evangelista Giovanni ci riporta alcune parole di Gesù dalle quali possiamo trarre, ancora una volta, il fondamento sul quale basarci nel nostro vivere una scelta decisa e senza compromessi per il bene affrontando la fatica della lotta contro il male. Gesù infatti ci spiega che non sarà la decisione dell’uomo, la sua forza di volontà, le sue capacità o la sua integrità a salvarlo, ma la volontà di Dio di restare fedele all’uomo, nonostante tutto e contro ogni evidenza, pur di salvarlo: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.” Unica condizione che ci è posta è quella di non rifiutare questa volontà e lasciarci da lei determinare per il bene.
Tutte queste motivazioni ci rafforzano nella scelta di seguire il Signore facendo nostro il suo modo di vedere la realtà e di agire: cogliendo cioè come sotto l’apparente confusione e indeterminatezza che lascia libero l’uomo nei suoi mille compromessi fra bene e male in realtà vi sia la vera dimensione del vivere come lotta perché il bene si affermi, e con esso la pienezza della vita nostra e di chi ci sta accanto.

  
Preghiere 

Ti preghiamo o Signore per tutti i nostri cari, amici e parenti i cui nomi ti presentiamo. Accoglili nella tua infinita bontà e misericordia, perché possano godere della gioia eterna,
Noi ti preghiamo

Ti ricordiamo, o Padre di tutte le persone defunte che non sono ricordate da nessuno. Perché la solitudine e l’abbandono in vita vengano riempite dal tuo amore in cielo,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio, vinci la forza del male che semina morte e odio sulla terra. Fa’ che decidiamo di seguire sempre il tuo volere e di scegliere in ogni occasione per il bene che abbiamo la possibilità di compiere,
Noi ti preghiamo


Sostienici o Signore nel nostro cammino, fra gli ostacoli e le tentazioni del vivere quotidiano. Fa’ che la luce del Vangelo ci illumini sempre nelle nostre scelte,
Noi ti preghiamo


Proteggi e consola o Padre del cielo tutti i poveri che vivono con durezza la loro vita. Per chi è senza casa, senza lavoro, per chi è colpito dalla malattia, per gli anziani, per chi è vittima dell’ingiustizia,
Noi ti preghiamo


Libera, o Padre onnipotente, il mondo dalla piaga della guerra. Dona pace e salvezza a quanti oggi soffrono e muoiono per la violenza,
Noi ti preghiamo.



Proteggi o Dio la tua Chiesa da ogni male. Guidala nel suo cammino perché sia sempre e ovunque annunciatrice audace del vangelo e porto sicuro per chi cerca salvezza dal male,
Noi ti preghiamo


Accompagna, o Signore, il papa Francesco nel suo impegno di padre e pastore del tuo gregge. Fa’ che la franchezza delle sue parole e l’autenticità della sua testimonianza siano una luce che guidi i passi di tutti i credenti,
Noi ti preghiamo