venerdì 24 febbraio 2017

VIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 26 febbraio 2017





Dal libro del profeta Isaìa 49, 14-15
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

Salmo 61 - Solo in Dio riposa l’anima mia.
Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare. 

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: non potrò vacillare. 

In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 4, 1-5
Fratelli, ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 6, 24-34
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?  Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?  E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».   

Commento

Cari fratelli e care sorelle, ancora una volta il Vangelo ci si presenta sotto le vesti del paradosso. Sì, questo discorso di Gesù sembra veramente incomprensibile secondo i criteri della logica ordinaria. Infatti noi vogliamo innanzitutto capire. Questo non è di per sé sbagliato. Il cristianesimo non è una fede dell’irrazionalità e del fideismo spiritualista. Bisogna però rendersi bene conte che questo “capire” spesso si confonde con l’essere conforme al giudizio del mondo, ai suoi criteri e metri di valutazione circa la propria convenienza. Un comportamento o un atteggiamento cioè sono ritenuti accettabili se fanno guadagnare, portano un benessere fisico, psicologico, materiale immediato.
Questo fa sì che spesso davanti alle parole del Vangelo restiamo turbati o anche freddi. Infatti troppe volte esse appaiono prive di quella razionalità mondana che un discorso o una proposta deve avere perché noi ci lasciamo convincere.  
Un’altra conseguenza di questo atteggiamento è il fatto che aver capito qualcosa ci sembra sufficiente: se un concetto ci è chiaro, cosa serve fare di più? È quello che avviene nei confronti di tanti insegnamenti del Vangelo, che conosciamo bene, comprendiamo, ma che non si traducono in comportamenti, come se la comprensione di essi fosse sufficiente, in una vita in cui la mente e il cuore vivono come separati in due paini diversi.
Il Signore però non vuole che ci accontentiamo di una comprensione razionale delle sue parole, né accetta che facciamo passare il giudizio su di esse attraverso i criteri mondani di convenienza. Per Gesù vivere viene prima del capire, anzi la sua buona notizia è innanzitutto un invito a cambiare vita, piuttosto che a cambiare idea o ad apprendere nuovi concetti.
Sì perché della vita molto lo si capisce solo se lo si vive, e per farlo ci si deve, almeno un po’, fidare. È questa la vera chiarezza del Vangelo, un modo di vivere cioè offerto innanzitutto ai semplici, cioè a chi non pone di mezzo troppe mediazioni e ragionamenti, ma si lascia convincere perché si fida. È questa la fede ingenua, da bambino, alla quale il Signore ci invita: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Convertirsi al Vangelo è innanzitutto rinunciare ad opporre le obiezioni del sapiente e del prudente per assumere l’immediatezza del bambino che fa quello che qualcuno gli dice perché sente che lo ama.
Così è anche per il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato oggi: proviamo allora a leggerlo da questa angolatura.
Una delle doti oggi più apprezzate ed esercitate è quella del fare compromessi per combinare i tanti interessi contrastanti che ci si presentano e realizzare così un equilibrio il più stabile possibile. Così è anche per gli affetti e per i rapporti che reggono finché su adattano alle mie esigenze, alle quali si deve lasciare lo spazio adeguato. Questo modo di vivere ha eliminato l’idea di priorità, perché tutto va contrattato giornalmente, sulla base degli umori, delle convenienze, delle esigenze personali, ecc…
È ciò che le parole del Vangelo di oggi vengono a negare, rivendicando che esiste invece una priorità assoluta, che sovrasta e precede tutto il resto. Questo primum è l’amore. Innanzitutto l’amore offertoci da Dio, che fa sempre lui il primo passo e prende sempre l’iniziativa di venirci incontro, ma che allo stesso tempo spera di essere ricambiato. Questo è ciò che vuole dire Gesù quando afferma: “Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?” Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Cioè la preoccupazione per il nostro benessere fisico, psicologico, economico, ecc… a volte non ci fa rendere conto che di esso Dio è il primo a preoccuparsi e a garantircelo. Ma a noi non basta mai e vogliamo sempre avere di più. Non basta un fisico sano, deve essere anche bello; non basta avere di che vivere, bisogna poter accumulare beni oltre ogni necessità; non basta che i nostri cari stiano bene, devono avere sempre un surplus di attenzioni e di cose. Ma soprattutto, cari fratelli e sorelle, noi crediamo che per essere felici dobbiamo avere tanti attorno a noi che ci vogliono bene. In realtà la vera felicità, quella che il Signore non ci fa mancare mai, è la capacità di essere noi a voler bene a tanti, a tutti quelli che abbiamo attorno.
Prima di tutto ci dice Gesù, rendiamoci conto di quanto siamo amati: quanto abbiamo, quante possibilità ci sono offerte, quante opportunità di volere bene a qualcuno. Trascurare ciò, cioè non riconoscere quanto Dio si preoccupi, lui per primo, di noi, è una causa di infelicità.
Ci è data la possibilità di ricambiare il tanto che riceviamo, l’amore e i talenti che ci sono offerti, vivendo innanzitutto la gratitudine verso Dio, e chi è grato è felice, mentre chi non lo è rimane sempre triste e recriminatorio, e poi il desiderio di dare a chi ne ha bisogno parte del molto che abbiamo a disposizione.

Vivere questo è quella priorità assoluta di cui parla Matteo e che a prima vista ci sembra così assurda e incomprensibile. “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro.” Sì, o saremo schiavi del padrone che è la smania di avere sempre di più (attenzioni, cose, benessere, ecc…) o saremo figli di un Dio che ci dona gratuitamente il suo amore e ci insegna a farlo nostro e a moltiplicarlo, volendo bene dello stesso amore generoso e disinteressato gli altri. Impegniamoci dunque a realizzare il regno di giustizia in cui a nessuno manchi ciò che è necessario, senza gli squilibri macroscopici del mondo di oggi in cui c’è chi ha troppo e chi non ha nulla. Affidiamoci al Signore e al suo Vangelo, il quale per primo si preoccupa che nulla ci manchi e che la nostra felicità sia piena.


Preghiere 


Ti ringraziamo o Signore perché ci vuoi bene tu per primo e ci vieni incontro perché nulla manchi alla nostra vita. Fa’ che viviamo grati di tutto quanto riceviamo e fiduciosi nel tuo amore.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Padre misericordioso perché riconosciamo sempre i tuoi doni, senza dimenticare tutto quello che continui a fare per noi. Ti ringraziamo per la vita, la salute, la pace, la gioia con cui hai colmato le nostre vite, e ti preghiamo di continuare a benedirle.
Noi ti preghiamo



Aiutaci, o Signore, a spendere generosamente i doni ricevuti da te perché essi siano utili a tanti altri. Fa’ che con larghezza sappiamo donare del nostro e vedere così moltiplicato il bene ricevuto e la gioia.
Noi ti preghiamo


Perdona o Padre del cielo le nostre paure che ci spingono a diffidare del fratello e a respingere chi è diverso da noi. Aiutaci a voler bene a tutti, specialmente a coloro che sono in difficoltà.
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Dio per tutti i popoli che vivono tempi di violenza e di guerra. Per la Siria, l’Ucraina, il Centrafrica. Fa’ cessare i conflitti armati e dona salvezza a quei popoli che soffrono per la mancanza di pace.
Noi ti preghiamo


Concedi abbondante la tua consolazione, o Padre misericordioso, a tutti coloro che sono nel bisogno: gli anziani, i malati, chi è senza casa e famiglia, i poveri, i sofferenti. Dono loro pace e salvezza,
Noi ti preghiamo.


Sostieni o Dio i passi di chi annuncia il Vangelo e testimonia il tuo amore, perché in ogni angolo del mondo risuoni forte il lieto annuncio della fine della schiavitù dell’egoismo e l’inizio di un nuovo regno di giustizia,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Padre tutti coloro che sono perseguitati a causa della loro fede. Fa’ che in ogni parte della terra ciascuno possa pregare e invocare te, o Dio misericordioso, senza dover temere per la sua salvezza.
Noi ti preghiamo

  

venerdì 17 febbraio 2017

VII domenica del tempo ordinario - Anno A - 19 febbraio 2017




Dal libro del Levitico 19, 1-2. 17-18
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Salmo 102 - Il Signore è buono e grande nell'amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.  

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3, 16-23
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 38-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 

Commento
Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura ascoltati oggi contengono tutti e tre l’invito ad essere santi. Lo dice esplicitamente il libro del levitico: “[Dio disse a Mosè] Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi”; poi Paolo riprende: “santo è il tempio di Dio, che siete voi.” E infine l’evangelista Matteo ci riporta le parole di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Ma cosa vuol dire essere santi e dunque perfetti davanti a Dio, addirittura come lui stesso?
L’Apostolo dice: “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.” Non illudiamoci cioè di raggiungere il modello di perfezione e successo che il mondo propone con la sua sapienza, cioè l’essere senza difetti o mancanze, immuni da errori e sempre nel giusto. Non è questa la santità che Dio chiede da noi, perché essa è fuori dalla portata dell’uomo. Questa sapienza è illusoria, se crediamo di averla raggiunta, e frustrante, se vediamo che non riusciamo mai a raggiungerla. Meglio, per Paolo, scegliere la vera sapienza di Dio che porta alla santità, anche se sembra perdente e fa fare la figura degli sciocchi. MA in cosa consiste questa santità frutto della sapienza di Dio?
Il libro del levitico, abbiamo visto, invita esplicitamente alla santità tutti i membri del popolo di Israele, ma, anche in questo caso, esso propone una santità diversa da quella intesa comunemente dal mondo ebraico. Per gli ebrei infatti come la santità di Dio si concentrava nell’essere un Dio unico e diverso da tutti gli altri numerosi e vari dei e idoli dei popoli vicini, così la santità del suo popolo consisteva nella diversità da tutti gli altri popoli. Loro, ai quali Dio si era rivelato e che erano stati da lui prescelti preferiti e destinati ad un futuro privilegiato, non potevano condividere gli usi e le abitudini comuni a tanti popoli dell’oriente. Da questo desiderio di differenziarsi nacque quello scrupolo nell’applicazione delle leggi che regolavano ogni minimo dettaglio della vita quotidiana ed erano il vanto, al tempo di Gesù, degli scribi e dei farisei. Questo era ritenuto necessario, e sufficiente, per essere santi, cioè diversi.
Il levitico fornisce la motivazione: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.” Ma questo significa: per essere santi siate come me! Dio cioè non si limita a porre delle regole di comportamento da osservare scrupolosamente, ma chiede di trasformare la propria umanità lì dove le scelte e le decisioni nascono, cioè nel cuore. È lì che si rivela la possibilità di assomigliare veramente a Dio, in tutto e per tutto, nel coltivare un cuore capace di volere bene come lui, cioè in modo misericordioso, gratuito e fedele, come esprime bene la famosa frase: “amerai il tuo prossimo come te stesso”, ovvero come a te piace essere amato, il più possibile!
Paolo continua su questa stessa strada, affermando che c’è bisogno di far entrare Dio nella propria vita in modo così profondo, tanto da far vivere lui stesso dentro di sé: “Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? … santo è il tempio di Dio, che siete voi.” Questo è reso possibile dalla consuetudine col Signore Gesù, la conoscenza delle sue Parole, la compagnia costante con il suo esempio, comportamento e modo di essere, dall’essere così intimi con il Signore che lui e il suo Spirito vengono ad abitare dentro di noi e a vivere nella nostra vita. È come se Paolo dicesse: fidati e credi nella Parola ed essa diventerà il tuo stesso modo di vivere, la tua vita renderà presente e vivo Gesù che attraverso di te esprime il suo amore per tutti gli uomini.
L’evangelista Matteo ci riporta alcune parole di Gesù che parlano della perfezione della santità mostrando come effettivamente essa sia agli occhi del mondo una vera stoltezza. Essa sostanzialmente consiste per Gesù nel dare a chi abbiamo accanto la priorità assoluta, prima persino della ragionevole cura del proprio interesse. Gli esempi che Gesù propone sono evidenti. Egli ci dice che la ragionevolezza naturale ci porta a dire che è giusto rispondere con il male al male: “Occhio per occhio e dente per dente.” Chi fa del male merita male ed è giusto aspettarsi che gli venga inflitto. È la logica della cosiddetta “giustizia retributiva”, quella che così spesso si invoca oggi davanti ai fatti di cronaca violenta.
A questa giustizia umana Gesù ne contrappone un’altra, e lo fa innanzitutto con la sua vita: egli è nato, vissuto, morto e risorto non per suo interesse, anzi contro di esso, per l’interesse esclusivo di noi uomini, che non ne avevamo nessun diritto o merito. Gesù ha semplicemente risposto ai segni di odio, violenza intolleranza che gli venivano manifestati, spesso duramente, continuando a voler bene. È stato schiaffeggiato dalla malevolenza di tanti, ma ha continuato ad esporsi ugualmente a critiche e giudizi; è stato giudicato duramente come pazzo, ingiusto, un fuorilegge, ma ha continuato a voler bene a tutti mettendo il loro interesse davanti al proprio; ecc… questo significano gli esempi concreti che fa: “se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.” Come già abbiamo detto altre volte a proposito delle beatitudini, sono affermazioni contro ogni logica, che è impossibile capire razionalmente, sono la stoltezza che il mondo ridicolizza e condanna, ma se uno prova a viverle esse rivelano la loro profonda bellezza, perché rivelano la fiducia incrollabile di Dio per la forza del bene che può e deve prevalere su ogni male.
Questo introduce una domanda che spesso ci sorge spontanea: la Scrittura ci parla di santità, ci invita a perseguirla e ci indica anche delle vie concrete da seguire, ma è possibile e applicare a noi quella logica paradossale della perfezione evangelica e delle beatitudini? Non è al di sopra delle nostre possibilità?
Non è una domanda banale, perché su di essa si gioca tutta la vita e determina la scelta di come spenderla. E’ la domanda che sta alla base del fatto che pur conoscendo il Vangelo tante volte non lo viviamo.  

Io non credo che ci sia una risposta razionale a questa domanda. L’unica risposta possibile infatti è fidarsi di Dio e di chi l’ha già vissuto, perché intuiamo, e forse talvolta abbiamo sperimentato, che è il modo migliore di vivere. Altri motivi non ce ne sono, è quel salto della fede che ci fa avere fiducia anche senza certezze e garanzie. Per questo dobbiamo essere grati alla testimonianza dei santi, cioè di coloro che ci hanno preceduto e hanno fatto, prima di noi, un tratto di quella strada indicata dal vangelo. Ci hanno raccontato cosa è significato per loro, e ce lo dimostrano con la bontà semplice e spesso ingenua della loro vita. Il loro seguire il Vangelo è stato la scoperta di un tesoro prezioso che, una volta trovato in un campo, si vende tutto per poterlo acquistare. Sì la santità è il modo più bello di vivere senza sprecare un attimo, un sentimento, un’azione della nostra vita, lasciando che il male la ghermisca e se ne impossessi. Vale veramente la pena allora di vendere tutto quello che non vale, lasciare la sapienza del mondo che ci fa calcolare i rischi e le convenienze, per poter scavare nel campo della vita il suo tesoro grande: la sapienza del Vangelo.

Preghiere 

 O Signore Gesù che ci hai mostrato con la tua vita la volontà del Padre, donaci il desiderio di imitarti e fa’ che seguendo il tuo esempio diveniamo perfetti nell’amore,
Noi ti preghiamo


Sostieni la nostra debolezza o Signore, perché facciamo fatica a credere che la tua via sia il modo di vivere più felice e più bello. Confermaci nella certezza che amare i fratelli e te sia ciò che dona all’uomo la vita vera che non finisce,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Padre del cielo a fidarci della tua Parola, anche quando essa ci sembra troppo esigente e difficile da vivere, perché scopriamo presto che fare la tua volontà è la nostra felicità,
Noi ti preghiamo


Sostieni quanti, o Signore Gesù, cercano di seguire i tuoi insegnamenti, nella mitezza e nella misericordia, volendo bene e perdonando, cercando la pace e portando la concordia fra gli uomini. Dona loro di ottenere il frutto desiderato della conversione del cuore,
Noi ti preghiamo



Sciogli o Dio ogni uomo e ogni donna dalla schiavitù del peccato che ci lega al male e lo fa aumentare. Donaci di divenire operatori di bene, secondo l’esempio dei tanti santi che ci hanno preceduto su questa strada,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio ogni uomo che è nel dolore. Guarisci i malati nel corpo e nella mente, consola chi è solo e oppresso, libera i prigionieri e aiuta chi soffre,
Noi ti preghiamo.



Proteggi o Padre misericordioso il nostro papa Francesco e confermalo nella via di una testimonianza evangelica semplice e autentica. Da’ alle sue parole la forza autorevole che Gesù aveva quando parlava alle folle,
Noi ti preghiamo


Benedici o Dio ogni famiglia riunita nel tuo nome, vieni in mezzo a noi a riempire di Spirito Santo i cuori, perché con fiducia e disponibilità restiamo uniti e concordi,
Noi ti preghiamo

lunedì 13 febbraio 2017

sabato 11 febbraio 2017

VI domenica del tempo ordinario - Anno A - 12 febbraio 2017




Dal libro del Siracide 15, 15-20
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare. 

Salmo 118 - Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 6-10
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.  Ma, come sta scritto:  «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.  Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.  Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.  Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non uccidere”; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.  Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.  Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!  Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno». 

Commento
Cari fratelli e care sorelle, la Scrittura oggi ci parla della Sapienza di Dio, e lo fa, in tutte e tre le letture che abbiamo ascoltato, sottolineando come essa non sia qualcosa di astratto, come la conoscenza di qualche mistero o dei segreti del mondo. No, la Sapienza di cui parla Dio e che, per meglio dire, costituisce uno dei modi stessi con il quale Dio si manifesta a noi, è il suo modo di agire e, di conseguenza, l’agire che propone anche a noi. Conoscere, sapere per la Scrittura non riguarda pertanto la sfera intellettuale o dell’intelligenza, ma piuttosto quella dell’agire bene. Per questo anche il più ignorante, la persona semplice e umile, davanti a Dio è sapiente, se accoglie gli insegnamenti di Dio e agisce secondo essi. Proviamo allora a farci guidare dalla Scrittura per entrare più in profondità nella mente di Dio che si esprime nel modo di agire che chiede a noi suoi figli.
Innanzitutto il libro del Siracide parla della centralità delle scelte dell’uomo, cioè della sua responsabilità di fronte al proprio modo di essere: “Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.” L’autore sottolinea come davanti a ciascuno di noi c’è sempre la possibilità di scegliere per il bene o per il male, per ciò che è buono o ciò che è negativo, e ciascuno fa suo ciò che dimostra di preferire, o l’uno o l’altro. Viene così eliminata ogni idea di destino, cioè che le cose vadano in un certo modo perché qualcun’altro ha deciso per me, o perché era scritto nelle cose stesse. L’agire di ciascuno è libero e responsabile: “A nessuno [Dio]ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.” Cioè non potremo mai incolpare Dio o il destino se il male prevale, come si fa talvolta parlando del “carattere” o “indole” di una persona come di qualcosa che esula dalla sua libertà di scelta, perché in realtà ogni volta esso l’agire è frutto della scelta o di una abitudine lasciata crescere in sé.
L’apostolo Paolo sottolinea un altro aspetto di questa “Sapienza dell’agire” che Dio ci insegna: essa non è di questo mondo, cioè non è il frutto dell’esperienza o della cultura che apprendiamo dal mondo in cui cresciamo. Spesso noi pensiamo che l’esperienza accumulata sia un valore in sé, ma stiamo molto attenti a non far sì che il mondo ci sia maestro, cioè il “come tutti fanno”. Ben amara è la sapienza di chi si comporta come si comportano tutti. Certo questo può essere comodo, metterci al riparo dalle critiche o magari anche procurarci lodi e consenso, ma così ripeteremo il male e il peccato, che, purtroppo, molto spesso hanno ampio spazio. No, imparare dalla vita veramente significa guardarla sì con molta attenzione e curiosità, ma giudicandola con lo sguardo di Dio. In questo modo scopriremo una verità profonda, cioè che senza l’aiuto di Dio la nostra natura ci spinge a scegliere per il male e che solo seguendo il suo esempio realizziamo la natura veramente umana che egli è venuto ad incarnare in Gesù: mite, umile, misericordiosa e benigna.
Dice infatti l’apostolo Paolo: “tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.” Generalmente infatti sono considerati dominatori di successo coloro che imparano la lezione della sapienza di questo mondo, chi prevale e si fa strada con arroganza, ma delle loro conquiste non resta nulla, sono effimere illusioni di un potere che non dà la vera salvezza che dura. Lo sappiamo bene: quante volte abbiamo visto cadere nella disperazione o nella tristezza estrema proprio chi in virtù del suo benessere o della propria forza pensava di non dover temere nulla? Paolo insiste: “Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.” Sì proprio quelli che sembrano dominare nel pieno delle forze e avere successo non agiscono secondo la vera “Sapienza dell’agire” di Dio, proprio perché chi è nel dominio e nel potere è portato a togliere di mezzo Cristo dalla sua vita, cioè colui che ci viene incontro nell’umiltà e nella piccolezza e non appare proprio poter accrescere il nostro dominio. Sono loro che l’hanno crocefisso, e continuano a farlo ancora oggi, perché ne disprezzano il messaggio fondamentale: l’amore per gli uomini e la dipendenza da Dio.
Infine l’evangelista Matteo ci offre un ulteriore squarcio su questo tema, mostrando come il male non risiede nell’azione malvagia in sé, ma ci sia già prima e si rafforzi dopo di essa, occupando il cuore di chi la compie. Il male infatti non c’è solo quando si manifesta apertamente e mostra tutto l’orrore e la cattiveria nell’azione malvagia, ma c’è fin da quando lo accettiamo come normale, magari con indifferenza; quando lo giustifichiamo; quando ne sminuiamo la portata, perché “fanno tutti così”; quando lo attutiamo con le giustificazioni o maschere innocue. Quando facciamo così in realtà il male ha già preso dimora in noi, ed è pronto ad esprimersi nelle azioni malvage.
Fratelli e sorelle, la Scrittura ci insegna oggi la vera Sapienza, e cioè che il male va estirpato dal nostro cuore e da quello dei fratelli appena se ne vede il minimo cenno, la pianticella ancora piccola, senza lasciare che cresca e dia i suoi frutti amari. E dobbiamo fare questo con delicatezza e misericordia, ma anche con tenacia, innanzitutto seminando il bene con le nostre azioni. È questa la vera Sapienza, è così che il Signore Gesù ha agito, è questa l’unica garanzia di una vita felice e piena di buoni frutti. Mettiamoci alla scuola della Scrittura e della vera Sapienza, prima che il mondo divenga nostro maestro e ci porti a sprecare il dono prezioso della vita.


Preghiere 


O Dio nostro padre, donaci la vera Sapienza perché ad essa ci ispiriamo nel nostro agire. Fa’ che seguendo gli insegnamenti del Vangelo impariamo ad essere come te, miti ed umili di cuore,
Noi ti preghiamo


Scaccia o Signore dal nostro cuore ogni sentimento di malevolenza e invidia, arroganza e orgoglio, perché purificati dall’amore e rafforzati dalla mitezza possiamo spargere nel mondo semi di bene,
Noi ti preghiamo



O Signore estirpa le radici di male che avvolgono le vite di molti e producono i frutti amari della violenza e dell’ingiustizia. Dona a tutti un cuore pacifico e un animo riconciliato,
Noi ti preghiamo


Ispira o Dio nei cuori e nelle menti di tutti gli uomini la tua Sapienza, perché docili ai suoi insegnamenti sappiamo realizzare il Regno di bene che Gesù ha inaugurato in mezzo a noi,
Noi ti preghiamo




Ti preghiamo, guarda con bontà o Padre del cielo a tutti coloro che ti invocano: i malati, i sofferenti, i soli e gli abbandonati. Accogli il loro grido di aiuto e vieni in loro soccorso,
Noi ti preghiamo


Nei giorni della festa del Santo Valentino, vescovo di questa città e martire per la sua fede in te, ti preghiamo, o Dio, per Terni, perché il volto di questa città sia trasformato dal tuo amore e divenga luogo accogliente per chi è debole e pacifico per tutti,
Noi ti preghiamo.



Guida col tuo Spirito santo o Dio i tuoi figli ovunque dispersi, perché riuniti nel tuo nome ti sappiano rendere il culto a te gradito dell’amore per i fratelli e della lode del tuo Nome santo,
Noi ti preghiamo


Accogli con bontà o Padre tutti coloro che sono morti. Ricordati del bene che hanno compiuto in vita e cancella il male dalle loro anime. Fa’ che possano tutti godere della tua misericordia infinita,

Noi ti preghiamo

sabato 4 febbraio 2017

V domenica del tempo ordinario - Anno A - 5 febbraio 2017




Dal libro del profeta Isaìa 58, 7-10
Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio».

Salmo 111 - Il giusto risplende come luce.
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 1-5
Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la luce del mondo, dice il Signore;
chi segue me, avrà la luce della vita.
Alleluia, alleluia alleluia.
   
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Profeta Isaia riferisce al popolo d’Israele i sentimenti di delusione e contrarietà di Dio per come essi pensano di doversi relazionare con lui. Egli vede che il popolo è scrupoloso nell’osservare i precetti religiosi, ed ha un comportamento che si potrebbe definire osservante. Dice infatti: “Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?” Essi cioè non hanno dimenticato di svolgere gli atti di pietà dovuti: digiuno, astenersi dal lavoro il sabato, compiere gli atti di purificazione dai peccati, ma Dio si lamenta: “Dov’è il loro cuore?” prosegue infatti Isaia: “Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui.” Dio protesta perché non c’è legame tra il culto che compiono e la loro vita, le due cose percorrono due binari paralleli che non hanno rapporto fra di loro. Come si può infatti mostrarsi umili, pentiti, desiderosi della misericordia di Dio, e poi rivelarsi spietati, arroganti e duri di cuore con i propri fratelli e sorelle? Dio richiama ad una verità profonda, che è l’unitarietà del cuore umano: in esso non possono coesistere sentimenti contrastanti, non si può essere generosi e allo stesso tempo avari, contemporaneamente pacifici e violenti, orgogliosi e umili. Il modo di agire dell’uomo rivela la vera qualità del suo essere, anche se magari cerchiamo di adornarla con atti religiosi, così come ghirlande di fiori non mascherano certo il fetore dell’immondizia lasciata a macerare sotto il sole.
In qualche modo il Signore, attraverso le parole dure di Isaia, vuole far comprendere al suo popolo che bisogna operare una conversione radicale, cioè un capovolgimento di idee, valori, concezioni e punti di vista, a partire proprio dal modo di concepire il rapporto tra vita e fede. Questo coinvolge anche tutti noi, perché è un nodo che attraversa tutte le generazioni e le latitudini. È facile infatti ritenere che la vita abbia le sue regole ed esigenze e che ad esse siamo tenuti ad adeguarci per andare avanti. Cioè, paragonando la nostra vita ad un edificio, all’ambito della fede ci si rivolge per migliorare la decorazione della facciata, ma cosa avviene nel chiuso delle sue stanze non viene messo in discussione dal Vangelo, perché, appunto, segue logiche e norme che non lo riguardano.
Per Dio è vero esattamente il contrario.
Solo nell’ambito della fede troviamo il disegno sulla base del quale collocare i mattoni per costruire l’edificio della nostra vita. Le stanze, l’orientamento dei locali, financo la collocazione delle suppellettili trovano nell’insegnamento del Vangelo una guida sicura per costruire un edificio, perché esso ha senso solo se ha al centro gli uomini e la loro felicità e a questo scopo è edificato. Ma poi anche una volta che l’edificio è venuto su, ecco che emergono le imperfezioni, gli errori di calcolo, le scrostature ed allora la nostra vita è un cantiere continuo, per perfezionare l’edificio fino all’ultimo giorno della nostra vita. Magari noi avevamo in mente una casetta piccola solo per me, ed ecco invece che, seguendo le indicazioni del Vangelo, ci troviamo a mettere su un condominio che può ospitare tanti. Magari noi sognavamo una villa elegante, invece ci ritroviamo a costruire un edificio goffo, senza apparenza né bellezza, ma funzionale all’uso che Dio ne vuole fare, magari un capannone industriale o un ospedale, una scuola, una stazione ferroviaria. E poi non finiamo mai di stupirci come l’edificio che Dio ci vuol fare costruire abbia un numero spropositato di finestre e di porte. Sì, la casa della nostra vita, per Dio, deve abbracciare sempre orizzonti vasti, dare su tutti i lati, e non solo su un angusto cortile interno, deve avere tante porte, tutte sempre aperte, perché chiunque passa possa essere accolto e trovare agevolmente il suo ingresso. La facciata poi, chi se ne importa, se si troverà tempo si penserà anche a quella. Eppure, così spesso, avviene che si passa la vita a pensare di sistemare solo quella e la morte, impietosa, rivela come dietro di essa non c’era niente, o un immondezzaio. Altrettanto impietosamente però la morte ci fa scoprire come dietro facciate modeste e disadorne si aprono veri e propri paradisi in cui ci si è amati, sostenuti, consolati, accolti, cresciuti a vicenda con amore.
Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù, usando altre metafore, esprime lo stesso concetto. Noi abbiamo detto: se siamo una casa, ma la vita in esso è impossibile o infelice o soffocante, che senso ha costruirla così? Lo stesso dice Gesù: se la nostra vita è come il sale, ha valore se dà sapore alle pietanze che si preparano per mangiarle. E allora, ipotizza il Signore, se non ha sapore che valore ha? Potremo dire: ma è molto, una montagna intera, è raffinato e senza impurità, è confezionato in eleganti pacchetti, ha tutti i certificati e le analisi di qualità in ordine, e così via. Ma non ha sapore, che ne facciamo? Occupa spazio inutilmente, ha assorbito energie e fatiche senza frutto.
Oppure se la nostra vita è una luce, ha valore se illumina il mondo attorno a sé. Noi accendiamo una lampadina perché nella stanza c’è buio, ma se la sua luce è coperta a che serve?
A volte noi pensiamo che la nostra vita deve servire innanzitutto, se non esclusivamente, a noi stessi: come se credessimo che il sale serva per salare il sale, o la lampadina perché illumini il lampadario, o la casa per fornire un fondale alla scena di un film.
Care sorelle e cari fratelli, sembrano paradossi, ma in realtà è il modo comune di ragionare, assurdo perché disumano, cioè estraneo al Vangelo. Ascoltiamo il grido di Isaia e invertiamo il nostro modo di vedere e costruire la nostra vita: perché sia utile agli altri, feconda, piena di frutti di generosità e di bene, perché dia valore, sapore, luce a chi ci sta accanto e non a se stessa. Al formalismo vuoto del culto degli israeliti Isaia contrappone le azioni che rivelano la vera fede. Eppure esse sono azioni profane, non parlano esplicitamente di Dio né si svolgono in chiesa, eppure portano in sé la santità della presenza di Dio, e per poterlo fare vuol dire che lo si è incontrato e con lui si ha familiarità. Dice Isaia: “Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, … Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.

Giovedì scorso ricorreva la festa della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme. È la festa che tradizionalmente viene chiamata candelora, perché ricorda le parole dell’anziano Simeone che, accogliendo, al termine della sua lunga vita, il bambino Gesù fra le sue braccia lo definì: “luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele.” Allora anche noi riceveremo al termine di questa liturgia una candela e una immagine perché portiamo nelle nostre case e nelle nostre vite la luce e il sale che il Signore è venuto a portarci.

Preghiere 

Ti preghiamo o Signore perché la nostra vita abbia sempre il sapore e il calore del Vangelo e non sia inutile. Aiutaci a essere tuoi figli e discepoli fedeli,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore quanti spendono la vita per il Vangelo e lo annunciano e testimoniano come qualcosa che rende la vita felice e piena di senso. Fa’ che anche noi sappiamo seguirne l’esempio,
Noi ti preghiamo


Cambia o Signore la faccia della terra con la forza dell’amore e il potere trasformatore della tua misericordia. Perché non ci stanchiamo mai di operare il bene,
Noi ti preghiamo


Suscita in ogni luogo, o Padre buono, operatori di pace ed esecutori fedeli della tua volontà, perché dove ora si impone la forza dell’ingiustizia e dell’oppressione venga presto consolazione e giustizia,
Noi ti preghiamo


Guida o Padre buono ogni uomo sulla via dell’amore per chi è più piccolo e indifeso. Suscita nei cuori di ciascuno sentimenti di vicinanza e solidarietà, perché chi è povero sia amato e sostenuto dai fratelli in Cristo,
Noi ti preghiamo


Dona consolazione a chi è nel dolore, o Signore, e protezione a chi è minacciato. Per chi è debole e sofferente, chi è malato, anziano o senza casa, per i prigionieri e le vittime della violenza,
Noi ti preghiamo.


Sostieni col tuo Spirito o Dio le parole e l’operato del nostro papa Francesco e di quanti lo seguono sulla via del Vangelo. Fa’ che la gioia del Vangelo contagi tutti gli uomini,
Noi ti preghiamo



Per chi oggi viene a te umile e pentito e invoca il perdono dei peccati: donagli con misericordia il dono della conversione e riempilo con la grazia che rende forti contro il male,
Noi ti preghiamo