sabato 28 luglio 2018

XVII domenica del tempo ordinario - Anno B - 29 luglio 2018





Dal secondo libro dei Re 4, 42-44
In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore. 

Salmo 144 - Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. 

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente. 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 1-6
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. 

Alleluia, alleluia, alleluia. 
Un grande profeta è sorto tra noi,
Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia, alleluia, alleluia. 

Dal vangelo secondo Giovanni 6, 1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!» Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo ci mostra Gesù attraversare i luoghi della vita degli uomini: paesi, campagne, strade e quel lago di Tiberiade sulla riva del quale aveva scelto anche i suoi più stretti amici e collaboratori, gli apostoli. L’evangelista Giovanni sottolinea come il passaggio di Gesù non restava inosservato, ma anzi, attirava tanta gente che lo segue. Soprattutto la gente lo cerca per la sua forza di guarigione.
Queste giornate estive ci vedono dispersi in tanti luoghi, ma il Signore continua a passare accanto a tutti, specialmente la domenica, e non dobbiamo lasciare che passi nell’indifferenza. Nonostante il caldo, il clima tutto concentrato su se stessi alla ricerca del proprio benessere, Gesù continua a insegnare e a guarire quelli che gli si fanno incontro, escono dalla propria casa, dalle solite cose e occupazioni per seguirlo, come faceva quella folla sul lago.
Tanto era l’interesse e la gioia di quella folla nell’ascoltare Gesù che nemmeno si preoccupavano di cosa avrebbero mangiato e bevuto. Giungeva la sera, dicono gli altri Vangeli, e la gente non andava via, ma restava ad ascoltarlo. Come credevano di fare? ci chiediamo. Potremmo rispondere che la loro è un’imprudenza irresponsabile, è colpa loro se rischiano di finire male, di non farcela. Ma io credo che quella gente aveva capito che il vero nutrimento della loro vita erano proprio le parole di Gesù, che non avevano bisogno di altro, e che queste non l’avrebbero lasciata affamata. Quella folla viveva ciò che aveva ascoltato nel libro della Sapienza: “non le diverse specie di frutti nutrono l'uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te.” (Sap 16,26) lo stesso che Gesù aveva risposto al diavolo quando questi gli aveva proposto di cambiare le pietre in pane: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Davanti a questa prova di fede da parte di quei tanti che sentivano il bisogno di ascoltare Gesù per essere guariti, noi ci chiediamo oggi: “Qual è il cibo che noi cerchiamo per sfamarci?” Sì, perché noi non ci lasciamo cogliere di sorpresa, come quella folla, siamo molto più prudenti. Ciascuno mette da parte delle piccole o grandi scorte di cibo per non farsi cogliere si sorpresa e non ne abbiamo a mancare. Sono quelle risorse, quei rapporti, quelle doti che ci teniamo strette, quegli angoli di vita nostra, quello spazio, quel tempo, che ci danno la sicurezza che non resteremo senza le forze per andare avanti. Tutto può essere messo da parte per se stessi: le forze fisiche, le risorse economiche, le capacità, le attenzioni e le preoccupazioni. Tutto quello insomma che ci sembra essere una garanzia per il nostro futuro e per questo teniamo stretto per noi stessi.
Quella gente che seguiva Gesù ha lasciato le case e, una volta cominciato ad ascoltarlo, non sente più il bisogno di tornare a nutrirsi del cibo di sempre, quello prudentemente messo da parte per se stessi. Sembra che questo abbia perso sapore e consistenza, non è più la cosa più importante.
È quello che succede a chiunque si mette ad ascoltare Gesù con cuore aperto e soprattutto, come dice il vangelo, si lascia attrarre dalla sua forza di guarire la nostra vita. Sì anche la nostra fame di attenzioni e concentrazione su se stessi è una malattia, mai sfamata e sempre insoddisfatta, solo Gesù e nessun altro cibo possibile, sazia quella fame, dando un nutrimento che riempie il cuore e la vita di senso e di amore.
Ma come fa Gesù a sfamare tanta gente? Il Signore parte da quello che qualcuno ha con sé. Sì le poche cose che abbiamo con noi possono sfamare una folla, se sono messe in comune con tutti, se non sono tenute solo per me ma donate largamente. La mia vita, il mio tempo, le mie capacità e doti, le forze, le preoccupazioni se sono tutte rivolte a me stesso non riescono a sfamare nemmeno me, ma se vengono messe a disposizione di Gesù perché rispondano alla fame di tanti diventano cibo per migliaia di uomini.
Questo miracolo moltiplicatore di energie di bene e forze di amore è quello a cui si riferisce l’Apostolo quando afferma che c’è una speranza a cui siamo chiamati. Sì, la vocazione ad essere discepoli di Gesù è innanzitutto a condividere una speranza, cioè a vedere possibile con gli occhi della fede quello che gli occhi del realismo o della prudenza ci fanno giudicare irrealizzabile. Quanto è diversa la visione della speranza, che noi spesso disprezziamo come ingenua e rischiosa. Eppure solo a partire da lei possiamo imparare a vivere lo spirito del Vangelo di Gesù, quella parola che attirava folle e guariva la loro vita. E se il nostro realismo ci suggerisce che non saremo mai in grado di fare nostra questa prospettiva e di compiere le opere stesse di Gesù è perché crediamo più alle nostre risorse personali che alla forza del Vangelo che Dio offre a chi gliela chiede, come afferma Paolo: “Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
È il miracolo che trasforma vite inutili, come quelle spese solo per se stessi, esistenze spente o senza prospettive in risorse capaci di sfamare il bisogno di amore e di amicizia di tanti.
Perché non provarci? Perché non fidarci della Scrittura e provare anche noi a non mettere da parte per noi stessi la nostra vita ma metterla in comune per sfamare chi ne ha bisogno? Scopriremmo la bellezza di un moltiplicazione della vita che aumenta il suo valore e la sua bellezza.


Preghiere 

O Signore Gesù, mostraci con le parole del Vangelo la visione del Regno a cui ci chiami. Fa’ che i nostri passi si facciano veloci e decisi sul cammino della fiducia in te,
Noi ti preghiamo

O Dio nostro Padre, liberaci dal dominio della preoccupazione per se stessi e delle abitudini, donaci la libertà di essere figli e costruttori di un nuovo modo di vivere, Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, riempi i nostri cuori perché non restiamo affamati di attenzione per noi stessi e di preoccupazione per il nostro benessere, saziaci per sempre con la forza delle tue Parole,
Noi ti preghiamo


O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano rischi e fatica per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi quanti sono in un viaggio pericoloso, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Per i paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo,
Noi ti preghiamo

Dona o Signore pace e salvezza al mondo intero, specialmente dove ora regna miseria e povertà. Fa’ che la giustizia regni nel mondo, dove oggi c’è disuguaglianza e sfruttamento, Noi ti preghiamo



Ascolta o Dio l’invocazione di papa Francesco e di quanti ti chiedono il dono della conversione e del perdono. Fa’ che nessuno resti deluso,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, radunali nella famiglia dei discepoli che si riuniscono per celebrarti risorto e per nutrirsi del tuo corpo e sangue.
Proteggici da ogni male,
Noi ti preghiamo



sabato 21 luglio 2018

XVI domenica del tempo ordinario - Anno B - 22 luglio 2018





Dal libro del profeta Geremia 23, 1-6
Dice il Signore: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia».

Salmo 22 - Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare, +
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2, 13-18
Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.

Alleluia, alleluia, alleluja
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, alleluia, alleluja

Dal vangelo secondo Marco 6, 30-34
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Marco ci racconta come Gesù con i discepoli cercassero un momento di tranquillità per riposare dopo un periodo di intenso lavoro e per raccontarsi le tante esperienze vissute. Ma ecco che, inaspettatamente, si ritrovano di fronte una folla di gente che li cerca. Davanti a questo fatto non prevale in Gesù la preoccupazione per sé e per i suoi, ma “ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.” Sì, il Signore mette prima di tutto il bene di quanti ha di fronte e che esprimono, con le parole o con il loro atteggiamento il bisogno di trovare una via e di essere guidate, dimentica la propria stanchezza o il desiderio di tranquillità e si assume il carico delle domande di quelle folle di gente disorientata.
Per noi invece quanto è difficile non dico mettere avanti a tutto, ma a volte addirittura accorgerci del bisogno degli altri! La gente per noi sono masse di estranei, il loro agitarsi un fastidio che non ci preoccupiamo di decifrare. Chi poi chiede qualcosa esplicitamente lo evitiamo o chiudiamo volentieri la porta. Pensiamo all’atteggiamento generale davanti al popolo dei migranti. Sono per noi una massa informe, fastidiosa, che suscita agitazione e allarme. Li si vuole tenere lontano: cosa hanno a che vedere con noi?
Per Gesù però nessuno è un estraneo e la domanda di ciascuno, anche se confusa in una folla, va accolta, compresa e amata, come rivolta a lui personalmente.
L’immagine che la Scrittura usa spesso per descrivere il modo di Dio di prendersi cura della gente è quella del gregge e del pastore. Noi spesso invece abbiamo un’idea individualistica del prendersi cura di noi e pensiamo che dobbiamo essere aiutati ognuno in modo diverso, ciascuno per conto suo. Ma il primo aiuto che Dio ci dà è quello di non essere individui isolati, ma un gregge, una famiglia. Il primo bisogno dell’uomo, ci fa comprendere la Scrittura, è di essere radunato, raccolto, raggruppato, cioè di non essere solo davanti al mondo e alla vita, ma anche davanti a Dio.
È quello che esprime bene Paolo con quella sua immagine: “in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli … di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia.” Noi diamo invece così poca importanza a questa realtà, è forse l’ultima delle nostre preoccupazioni!
Il profeta Geremia, abbiamo ascoltato nella prima lettura, esprime tutto il dispiacere di Dio perché coloro ai quali aveva affidato la sua gente non hanno avuto la preoccupazione di tenerli insieme, e dice:  Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati” e poi afferma che lui stesso se ne occupaerà:   Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli.”
Cari fratelli e care sorelle, oggi sentiamo forte il messaggio del mondo che invita a separarci, a costruire steccati e muri che ci tengano isolati. “Prima io!” dicono alcuni, “Via gli altri!”. Si chiudono porti, strade e soprattutto cuori all’altro. Eppure, dice Dio, siamo tutti un gregge, siamo tutti un popolo. Il maligno si chiama diavolo perché semina divisione, vuole separare il popolo di Dio in tante individualità arrabbiate e ostili l’una alle altre, così le comanda meglio e se ne impossessa.
Cari fratelli e care sorelle, non restiamo vittima dell’opera tenace e insistente del “divisore”, infatti  a forza di sentire certi messaggi gridati finiamo anche noi per crederli veri ed accettarli come giusti. Facciamo invece nostra la preoccupazione di Dio: “Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una.” Che bella espressione quest’ultima: non ne mancherà neppure una. Non solo nessuno è di troppo, ma anzi se non è uno di noi, ne sentiamo la mancanza!
Il primo frutto dell’essere un popolo unito e senza divisioni è il dono più prezioso che possa esistere, la pace: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia.” La sua Parola è una risposta a tutti i nostri problemi, che sono sempre frutto dell’azione separatrice del diavolo che mette gli uni contro gli altri. Gesù quando torna dai suoi dopo la resurrezione annuncia il dono della pace: “Vi do la pace” ma sottolinea “vi do la mia pace” perché sa che il divisore camuffa per pace l’essere da soli, individualisti ed egoisti, ma la “sua pace” è altra cosa, deriva dal far parte del suo popolo, della sua famiglia, dove c’è un posto per tutti, nessuno escluso.
Cari fratelli e care sorelle, Gesù disse questo alle folle radunate accanto a lui e questo visse lui per primo: si fece vicino, cioè fratello; pacificò il proprio e l’altrui animo abbattendo le separazioni fisiche, psicologiche, nazionali, culturali ecc…; mise in discussione le leggi non scritte del modo consueto di agire e pensare che vogliono separare ed escludere.
La narrazione evangelica prosegue raccontando come quelle folle restarono a lungo ad ascoltare Gesù. Non si stancarono, non giudicarono quegli insegnamenti inutili o poco adatti alla propria situazione. Per questo, divenuto tardi per tornare a casa, Gesù si preoccupò anche di cosa tutta quella gente potesse mangiare e li sfamò moltiplicando i pochi pani e pesci a disposizione, come racconta Marco subito dopo.
Sì, Dio ha cura del suo popolo riunito, ed anche a noi oggi, piccolo popolo che lui ha radunato attorno a sé, offre il nutrimento delle sue Parole e del suo Corpo e Sangue, perché impariamo da lui ad essere tutti membra di un unico corpo.


Preghiere

O Signore Gesù, guidaci nelle vie che ci guidano al gregge unito dei tuoi discepoli. Aiutaci a seguirti docilmente senza disprezzare i tuoi insegnamenti,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo, guarda con amore a quanti sono disorientati e senza guida, divisi e isolati. Abbi compassione di loro e torna a indicare a quanti ti invocano la via della salvezza,
Noi ti preghiamo



O Signore, abbi cura di quanti sono nelle difficoltà: per i malati, i sofferenti, chi è anziano e indifeso, per i profughi, i migranti, chi è senza casa e protezione. Dona a tutti guarigione e salvezza dal male,
Noi ti preghiamo


Dona pace o Dio a tutti i popoli in guerra. Per il Medio Oriente, l’Iraq, la Siria, l’Ukraina, la Libia. Fa’ che cessi la guerra e la violenza,
Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco. Dà forza alla sua parola e vigore alla testimonianza del Vangelo che annuncia a tutti gli uomini della terra un modo diverso di vivere,
Noi ti preghiamo


Guarda con amore o Signore a quanti in questi giorni soffrono per la durezza del clima. Per gli anziani, i prigionieri, coloro che sono malati. Dona a tutti loro il ristoro della tua presenza amica.
Noi ti preghiamo


sabato 14 luglio 2018

XV domenica del tempo ordinario - Anno B - 15 luglio 2018





Dal libro del profeta Amos 7, 12-15
In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 3-14
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 7-13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.  E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Commento

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo il fallimento della predicazione di Gesù nei luoghi in cui era nato. Lì dove lo avevano visto crescere la gente non è disposta ad ascoltarlo. Le sue parole infatti erano troppo diverse dal sapere comune e i suoi gesti erano troppo diversi dal modo di vivere di sempre! Subito dopo, abbiamo ascoltato oggi, Gesù va in giro per i villaggi ad annunciare il vangelo a chi non lo conosceva. Cioè il Signore non resta attaccato al mondo già conosciuto, quello che gli è più familiare”, ma esce da esso per incontrare il mondo più vasto, gli altri villaggi: è  lì che lo incontriamo anche noi! Il Signore visse un’esistenza nomade. Lo incontriamo ovunque: è senza una casa stabile, va per le campagne e le città, fino ai confini della Palestina e anche oltre, a Tiro e Sidone. Egli non si fa imprigionare da un luogo, da una famiglia, da una cultura e da un ambiente. Gesù si fa pellegrino alla ricerca degli uomini, negli angoli più nascosti ed incontra tanti. Oggi abbiamo ascoltato il suo invito, rivolto ai sui discepoli e a noi, a fare la stessa cosa: “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli”.
Ma che significa? Che bisogna lasciare tutto e incamminarsi verso l’ignoto? A volte pensiamo al missionario che annuncia il vangelo come ad un eroe isolato nella sua eccezionalità. Sì, anche questa è un modo e molti lo hanno fatto, ma non è l’unico.
Vediamo meglio cosa significa. Innanzitutto Gesù manda i discepoli a due a due perché il loro non essere da soli sia la prima predicazione a chi li incontra: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). L’essere fratelli e non individui slegati l’uno dall’altro è infatti la prima buona notizia, un vero “vangelo”, che possiamo offrire a questo nostro mondo in cui spesso la vita è resa triste dalla solitudine, subita, ma spesso anche costruita da se stessi per il rifiuto degli altri. Il cristiano anche quando è da solo, come nella vita capita, non è mai un individuo isolato ma è sempre un figlio, un fratello, una sorella, parte di una famiglia larga, di un “noi” plurale, e come nelle famiglie, deve saper dire il nome di ciascuno dei membri della famiglia, chi sono, cosa fanno, come vivono. Questa deve essere la nostra prima testimonianza. Il primo passo che Gesù fa compiere ai suoi discepoli è l’uscita dall’ ”io” individuale, dall’abitudine a pensarsi come una persona che persegue i suo scopi, compie il suo itinerario come su un binario che non ne incrocia altri.
Poi, come secondo elemento, Gesù invita a non portarsi dietro un bagaglio pesante: vestiti, cibo, proprietà, suppellettili, ma solo un bastone, sandali e tunica. Ciò significa che spesso il nostro passo è lento e pesante perché siamo ingombri di giudizi, abitudini, modi di fare e di essere, pensieri che sono un pesante bagaglio che ci frena. Anzi, avere un bagaglio così ingombrante ci convince che è meglio non partire per niente, per non rischiare di perdere qualcosa nel viaggio, per la paura di sentire la mancanza di qualcosa durante il cammino. Lasciamoci dietro tutto questo inutile ciarpame, lasciamoci stupire dall’incontro con altri, senza credere sempre si sapere già chi è colui che abbiamo difronte. Lasciamoci toccare e magari anche ferire dal bisogno del fratello, senza doverci coprire di corazze dure e pesanti per difenderci, di avere già spiegazioni e soluzioni pronte. Lasciamoci trascinare dove non pensavamo e non sapevamo, senza dover per forza fare solo strade conosciute e scontate. Solo una cosa ci serve, dice Gesù: un bastone. Questo era il segno dell’essere pellegrino, come era Gesù, che sicuramente ne usava uno nel suo viaggiare. Sì, il bastone su cui possiamo poggiare con sicurezza nel nostro pellegrinaggio alla sequela di Gesù è la Bibbia, appoggio solido e infallibile. Poggiamoci ad essa e non alla sapienza del mondo per prendere le nostre decisioni, per fermarci davanti a chi chiede, per alzare lo sguardo su un orizzonte più vasto del nostro piccolo mondo. Esso ci sostiene nei momenti difficili e ci evita di inciampare.
Gesù poi invita ad entrare nelle case, cioè a non sfuggire dal rapporto personale, intimo con gli altri. Questo ci fa paura, perché ci scopre vulnerabili e ci fa scoprire la vulnerabilità degli altri. Noi restiamo sempre un po’ sulla soglia della casa, da dove possiamo gettare uno sguardo, ma senza entrare dentro. C’è bisogno di sedersi accanto, parlare, restare a lungo con il fratello e la sorella, nel luogo della propria e della loro vita ordinaria, cioè la casa di ciascuno, perché possiamo trasmettere la bellezza della vita con il Vangelo. L’incontro fugace e superficiale, sulla porta, non comunica nulla e conferma agli altri che vogliamo stare alla larga da loro.
Infine Gesù raccomanda di non arrabbiarsi e non deprimersi per l’insuccesso: lui ne ha conosciuti tanti! Allo stesso tempo non ha perso mai la speranza che in futuro qualcosa potesse cambiare. Lo dimostra quell’ultimo gesto di scuotersi la polvere dai piedi, con cui lasciarsi con chi non ha voluto accogliere il Vangelo, almeno per adesso. Anche questo estremo gesto non è un segno di rabbia e di definitiva rinuncia, ma è “come testimonianza per loro” per lanciare un segnale, un ricordo che possa lasciare comunque un segno.
Insomma essere discepoli che annunciano il Vangelo non è un compito per gente speciale. È alla portata di tutti, anche nostra. Basta accettare di uscire da sé e farsi pellegrini, compagni dei fratelli, senza troppe sicurezze e pesanti pregiudizi, pronti a poggiarsi sulla Parola di Dio. Quante volte, chiediamoci ad esempio, parliamo del Vangelo con altre persone, o raccontiamo del nostro incontro col Signore? Siamo avari e timorosi di farlo, come fosse scortese e inopportuno, ma se siamo convinti che questo è veramente il cuore e il bello della nostra vita, come evitare di dirlo nelle situazioni “opportune e inopportune”, come ci invita a fare l’Apostolo.
Il racconto evangelico di oggi si conclude con la descrizione dei frutti dell’annuncio: cambiamento di vita, liberazione dal male, guarigione. Quei discepoli riuscirono a compiere genti straordinari perché erano portatori non di sé stessi, ma, come dice Paolo, si sono lasciati adottare da Dio e ne hanno ricevuto in eredità la potenza di una parola forte che cambia la realtà.
A noi, fratelli e sorelle, prendere sul serio l’invito di Gesù, uscire da noi stessi e compiere i miracoli di bene e di misericordia di cui quelli che incontriamo hanno spesso un bisogno grande.


Preghiere 


O Signore Gesù, accompagnaci sulle vie della vita perché possiamo seguire te e non la sapienza di questo mondo,
Noi ti preghiamo


O Dio fa’ che usciamo da noi stessi per farci pellegrini come Gesù. Aiutaci ad incontrare i fratelli e  le sorelle con il desiderio di essere assieme a loro la tua famiglia,
Noi ti preghiamo



Aiutaci o Gesù a non disprezzare nessuna persona, per quanto umile o peccatore sia, ma ad operare perché per ognuno si realizzi l’incontro con te che cambia e salva la vita, 
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Dio ad essere testimoni credibili e autentici del vangelo, capaci di viverlo con semplicità e fiducia. Fa’ che vedendo come ci amiamo tutti comprendano che siamo tuoi discepoli,
Noi ti preghiamo

Aiuta o Signore chi è povero e indifeso: le vittime della guerra e della violenza, specialmente in Africa, Medio Oriente, Europa Orientale, chi è malato o anziano, chi è senza casa, prigioniero debole. Dona a tutti la tua pace,
Noi ti preghiamo


Proteggi i cristiani ovunque nel mondo, specialmente in Nigeria, Pakistan, Iraq, Siria, e ovunque sono perseguitati e uccisi. Fa’ che il loro martirio sia come un seme da cui nasca un futuro di pace per tutti,
Noi ti preghiamo.



sabato 7 luglio 2018

XIV domenica del tempo ordinario - Anno B - 8 luglio 2018





Dal libro del profeta Ezechiele 2, 2-5
In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

Salmo 122 - -I nostri occhi sono rivolti al Signore.
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 7-10
Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito del Signore è su di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci parla dello stupore, e ne presenta due aspetti diversi. Dapprima infatti espone l’atteggiamento stupito dei familiari e compaesani di Gesù davanti alle sue parole e ai segni che compie, e poi, al termine, lo stupore di Gesù davanti alla reazione incredula e diffidente di quelle stesse persone.
I compaesani di Gesù si stupiscono dell’insegnamento che lui espone alla gente radunata nella sinagoga, che probabilmente lo ha visto fin da bambino partecipare alla preghiera, ma il loro meravigliarsi è pieno di fastidio perché il suo pensiero e agire si discosta dalla tradizione del villaggio, dalla sapienza condivisa da tutti.
È la reazione di fastidio per la novità del Vangelo che istintivamente coglie la gente e che spesso accompagna il suo annuncio. Anche noi a volte infatti ci stupiamo di un vangelo che si discosta così paradossalmente dal buon senso e da ciò che è scontato. Il Vangelo infatti non è mai una benedizione acquiescente del già esistente, né tantomeno un aggiustamento di compromesso, e davanti alla realtà esso si pone sempre come un segno di contraddizione e una domanda di cambiamento, e questo suscita stupore.
Ma poi quello stupore diventa fastidio per la pigrizia spirituale del conservatorismo; i compaesano di Gesù non riconoscono più quel figlio della loro terra, e non si riconoscono più nelle sue parole e segni, ma questo è sempre vero per chi ascolta il Vangelo. Esso infatti non è lo specchio che riflette il mondo, la realtà così come è, ma piuttosto è come una lente che cambia la visuale, fa mettere a fuoco tanti dettagli che nella confusione sfuggono e restituisce la visione vera della realtà non più sfocata o deformata dal nostro individualismo egocentrico.
Questa immagine del mondo osservato attraverso la lente del vangelo è più vera di quella che noi sappiamo avere da noi stessi, perché è come Dio lo vede e lo vuole: migliore, abitato da gente più misericordiosa e umana, meno aspra ed egoista, ecc… Davanti a questa immagine però che il Vangelo ci offre del mondo reagiamo stupiti e infastiditi, non la riconosciamo, fino a rifiutarla.
Davanti a questo rifiuto anche Gesù si stupisce: “si meravigliava della loro incredulità.” È la meraviglia piena di tristezza davanti al rifiuto orgoglioso di chi non sa che farsene della salvezza che Gesù è venuto a portare. Sì, quella gente crede di sapere già di cosa ha bisogno, come va la vita e cosa desidera. Possiede la certezza delle proprie idee e convinzioni. Perché dovrebbe accettare un vangelo nuovo, quando ne ha uno che gli si adatta a pennello? Perché cambiare, quando la realtà così come è li soddisfa? A che scopo cambiare idea se si è convinti di sé?
Gesù è stupito davanti a tanta durezza e diffidenza, proprio da parte di coloro che per la familiarità che avevano con lui da lungo tempo avrebbero dovuto fidarsi e lasciarsi toccare dalle sue parole. Ma non basta la familiarità, dice Gesù: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” Spesso anche per noi la familiarità con Gesù, col Vangelo e con le cose della fede ci portano a renderle come delle conoscenze scontate che ormai non ci chiedono più di cambiare. Stravolgiamo la loro natura perché assomiglino a noi, senza sforzarci invece di essere noi ad assomigliare a loro.
L’Apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato riprende questo tema e fa un’affermazione che risuona paradossale: la debolezza è la sua vera forza. È il paradosso della fede cristiana: Gesù fatto uomo, umiliatosi cioè fino a perdere le prerogative divine, fino a farsi uccidere in croce, è salvezza del mondo, lui che non ha saputo nemmeno salvare se stesso! E la debolezza della carne, a cui Paolo fa cenno, lo rende più vulnerabile al vangelo, meno sicuro di sé e forte delle proprie certezze. È l’atteggiamento del discepolo che, ascoltando il Vangelo si stupisce sì, della sua novità, ma non lo rifiuta e accetta di specchiarsi in quel volto diverso, più umano che esso ci offre di noi stessi.
Invece di essere affezionati a come siamo, lasciamoci attrarre dal volto bello, umano e misericordioso che Dio vuol farci scoprire specchiandoci nel suo Vangelo. Accostandoci con fiducia a Gesù, alle sue parole e ai segni che compie nella storia, scopriamo la bellezza di cambiare e di divenire più simili a lui. Paolo parla di una forza, frutto del riconoscerci poveri e bisognosi e riempiti per questo dalla grazia del Signore che non si fonda sul sangue o sulla consuetudine, ma sul desiderio di essere discepoli suoi e non di se stessi.

 Preghiere 

O Signore ti ringraziamo perché non guardi alla forza e alla grandezza degli uomini, ma conoscendo i nostri cuori ci inviti a farci come te: umili servitori e fratelli generosi,
Noi ti preghiamo
  

Aiutaci o Dio a non disprezzare la novità del vangelo e a non preferire ciò che già conosciamo e sappiamo della vita. Aiutaci a cercare sempre, per tutta la vita di essere discepoli che seguono te, e non noi stessi,
Noi ti preghiamo



O Padre onnipotente ti preghiamo per tutti coloro che sono nel dolore e soffrono per la durezza della vita: per chi è anziano e malato, per i prigionieri e i senza casa, per chi è profugo in terra straniera: salva e consola tutti,
Noi ti preghiamo


Suscita in noi o Signore un cuore di carne, capace di compassione e misericordia, perché sappiamo restituire il tanto ricevuto con generosità e affetto,
Noi ti preghiamo



Proteggi e guida o Dio tutte le famiglie dei tuoi discepoli che ogni domenica si riuniscono attorno alla mensa della parola e dell’eucarestia, perché siano testimoni di un vangelo che dà vita e speranza,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore Gesù chi è abbattuto e senza speranza, fa che l’incontro con te risorto sia per ciascuno occasione di conversione e ritorno a Dio,
Noi ti preghiamo.