giovedì 31 gennaio 2019

IV domenica del tempo ordinario - Anno C - 3 febbraio 2019





Dal libro del profeta Geremia 1,4-5.17-19
Nei giorni del re Giosia, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, alzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».

Salmo 70 - La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12,31-13,13
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 4,21-30
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarèpta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, la lettura del Vangelo oggi prosegue il brano che abbiamo ascoltato domenica scorsa. Gesù si trova a Nazareth, la città in cui è cresciuto e Luca poco prima lo ha sottolineato commentando: “Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.” Le sue azioni hanno il sapore dell’abitudine in chi lo vede, tanto che dopo averlo ascoltato diranno: “Non è costui il figlio di Giuseppe?” Sì, è il solito Gesù, quello conosciuto da sempre, al quale anche noi siamo abituati. Ci sentiamo della stessa famiglia, “naturalmente” dalla stessa parte, compaesani cresciuti insieme. È la sensazione che proviamo tante volte ascoltando il Vangelo: lo conosciamo a memoria per quante volte lo abbiamo sentito, è sempre lo stesso e anzi a volte il suo ripetersi immutato ha un effetto rassicurante: niente cambia, tutto si ripete sempre uguale.
Eppure per Gesù niente è come prima. La sua venuta a Nazareth avviene sotto il segno di una grande novità, come ha sottolineato Luca poco prima: “Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.” Quel giorno nella sinagoga lo sottolinea Gesù stesso: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”, cioè quella volta la sua presenza in mezzo alla sua gente di sempre avviene sotto il segno di due grandi novità.
La prima è in quell’ ”oggi”, la prima parola che Gesù pronuncia dopo che, in silenzio, tutti attendono. Quell’ “oggi” è una domanda rivolta ai suoi ascoltatoti di chiudere il tempo della scontatezza, del “sempre uguale” e aprire un tempo nuovo che inizia ora, subito. La lettura della Scrittura che Gesù ha appena fatto non può più avere il sapore di qualcosa di vecchio, già conosciuto e per questo senza interesse, ma è un messaggio che irrompe nel presente di chi ascolta, ci coglie e mette ciascuno di noi a nudo così come egli è, con i suoi bisogni, difficoltà, debolezze e speranze. Svela anche la vera realtà del presente, cioè come è il mondo, come pensa la gente, come vanno le cose, come si prepara il nostro futuro. 
La seconda grande novità è che la Parola di Dio “si compie” in Gesù, cioè realizza concretamente ciò che afferma, trasformando la realtà che incontra. Mentre per gli altri ascoltatori essa ripete un passato ormai lontano, in Gesù essa delinea un presente che cambia e un futuro che si apre alla novità.
In quella frase di Gesù c’è insomma una grande rottura con il passato e uno squarcio di futuro. Sì, la Parola di Dio apre sempre nuove prospettive in chi l’ascolta veramente, e questo non può che realizzarsi a partire da una rottura con il passato, con il “è sempre stato così”. Chi non accetta di rompere con il passato si chiude la possibilità di vivere il futuro con il Vangelo. Rompere con il passato non significa dimenticarlo o non dargli importanza, ma non essere prigionieri di ciò che è già stato, di ciò che è sempre stato.
Davanti alle parole di Gesù la gente raccolta nella sinagoga di Nazareth avverte questa domanda di cambiare prospettiva, di mettersi in discussione, si rende conto che è un nuovo modo di parlare, e reagisce con durezza. Ma come, non è più il solito Gesù? Non lo riconoscono più. Non è più il figlio del loro piccolo mondo, e non ha nemmeno l’aria di persona di successo che poteva dare lustro e fama al loro piccolo borgo da cui proveniva, come le voci su quello che aveva fatto in giro faceva loro sperare. Per questo lo rifiutano e vogliono che taccia per sempre.
Per loro Gesù è morto, gettato nel precipizio del monte, ma la sua Parola non è messa a tacere. Gesù sfugge alla furia di quanti protestano contro la sua voglia di futuro diverso, di un presente in cui si realizza la volontà di Dio.
Cari fratelli e care sorelle, chiediamoci anche noi come reagiamo davanti a Gesù che ci propone un oggi diverso da sempre e una Parola che prefigura un futuro diverso dal nostro ieri. Siamo disponibili ad accogliere questa novità? O forse non abbiamo già fatto morire Gesù dietro una caricatura che ripete il passato tranquillizzandoci che poi le cose non vanno così male e si può pure proseguire come si è sempre fatto?
È la tentazione che ogni generazione cristiana deve affrontare, quella di conservare il proprio passato e di leggere il presente con gli occhi rivolti indietro. In fondo il nostro presente ci offre, più del passato, infinite opportunità di conoscere la realtà del mondo, di interpretarla e comprenderla, ci offre strumenti per intervenire e migliorare la vita, ma noi mentre ne godiamo rifiutiamo che questo sia l’“oggi” di tutto il mondo, tagliando fuori tutti quelli che finora non vi hanno accesso. Sempre più il progresso segna una differenza fra chi vive l’“oggi” dello sviluppo e chi invece è imprigionato nello “ieri” della miseria che rende tutto impossibile: curarsi, istruirsi, vivere nella pace, avere dignità e libertà, a volte persino mangiare a sufficienza e bere acqua pulita. Gesù anche a noi viene a dire che oggi si può realizzare la Scrittura che in quel lontano giorno ha letto nella sinagoga di Nazareth, e cioè che: “Lo Spirito del Signore mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore.” Sì, questo è l’oggi che il Signore vuole si realizzi ovunque, cioè il disegno di bene per tutti che Dio ha concepito fin dalla creazione dell’umanità. Non accettiamo che le disuguaglianze rendano l’oggi di Dio vero solo per pochi privilegiati, non uccidiamo questo sogno dentro di noi e non chiudiamo il futuro che Gesù vuole aprire riaffermando le ragioni dell’impossibilità. Così facendo infatti ci chiuderemo nella servitù della paura e della rassegnazione, condannando noi e le generazioni future all’infelicità degli schiavi.

  
Preghiere 

O Signore che vieni e visiti la nostra vita, non ti sdegnare per la scarsa accoglienza che diamo alle tue parole, ma aiutaci ad essere discepoli fedeli del Vangelo.
Noi ti preghiamo


O Padre che hai mandato tuo figlio per la salvezza di tutti gli uomini, fa’ che impariamo a seguirlo senza incertezza, perché impariamo la fiducia in lui vivendo la carità con i fratelli.
Noi ti preghiamo



Signore ti preghiamo per tutti coloro per i quali tu annunci un tempo nuovo di perdono e salvezza: per i malati, i sofferenti, i poveri. Fa’ che giunga presto la guarigione e la consolazione che tanti invocano da te.
Noi ti preghiamo


Signore Gesù che non hai scelto di amare solo la piccola cerchia dei tuoi ma che hai allargato l’orizzonte della salvezza all’umanità intera, aiutaci a imitarti divenendo capaci di voler bene a tanti e di desiderare un futuro migliore per tutti.
Noi ti preghiamo



Manda il tuo Spirito o Signore perché il mondo sia liberato dall’odio e dall’egoismo ed ogni uomo e donna sappia essere fratello e sorella di chi gli sta accanto, operatore di pace e testimone del Vangelo.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore di sostenere la fatica di coloro che annunciano la tua Parola. Aiutali a testimoniare con perseveranza che è possibile vivere il Vangelo che cambia la vita.
Noi ti preghiamo.


Ti invochiamo o Signore, manda il dono della pace in tutti quei luoghi in cui infuria la guerra. Soccorri le vittime delle mani violente che si alzano contro il fratello.
Noi ti preghiamo


O Padre ti chiediamo di sostenere tutti coloro che ti cercano anche senza sapere come trovarti. Fa’ che l’annuncio del Vangelo e la testimonianza dei discepoli li attirino a te unico vero amico di tutti gli uomini.
Noi ti preghiamo

sabato 26 gennaio 2019

III domenica del tempo ordinario - Anno C - 27 gennaio 2019





Dal libro di Neemìa 8,2-4.5-6.8-10
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Salmo 18 - Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12,12-30
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1,1-4; 4,14-21
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Il libro di Neemia ci riporta al tempo in cui Israele tornò in Palestina dopo avere subito la lunga deportazione a Babilonia. Siamo circa nel 400 avanti Cristo e gli ebrei, tornando a Gerusalemme, trovano una città in completa rovina. La guerra e l’abbandono l’avevano resa inabitabile. Per questo si diede inizio ad un lavoro di riedificazione, a partire dal tempio e dalle mura di cinta. Una città senza mura infatti era in balia di tutti quelli che volevano farne preda, ma anche senza tempio, per Israele, la città era come un corpo privato del suo cuore.
Terminati questi lavori, così impegnativi, avviene una pubblica lettura della Scrittura, alla quale partecipa tutto il popolo. È un momento pieno di commozione. Tutti sono toccati in profondità dall’ascolto della Parola che per tanto tempo era rimasta muta. È un evento che ristabilisce il legame forte e profondo del popolo con Dio, un rapporto che nemmeno la deportazione e il senso di abbandono che aveva accompagnato questi eventi così duri era riuscito a rompere definitivamente.
Anche la nostra società e il mondo di oggi vive in una condizione di estraneità da Dio. Infatti oggi pochi si dicono atei, perché si ritiene inutile la fatica intellettuale di dimostrare che Dio non esiste, e difficile la responsabilità di una presa di posizione così impegnativa e netta. Si preferisce non negare Dio, ma di fare in modo che Egli non abbia nulla da dirci e da chiederci. È il modo comune di non credere oggi.
Questo però crea nell’uomo e nella donna un senso di insicurezza, come fluttuasse a mezz’aria, senza un appoggio sicuro e un terreno solido su cui camminare. Non è un caso che una delle parole d’ordine della politica oggi è “sicurezza”, perché int5erpretano bene questa condizione comune a tutti. La conseguenza è la  ricerca di ciò che possa darci sicurezza, come le recenti leggi che illudono di mettere al sicuro successo, soldi, ruoli sociali, potere, forza chiudendo la porta in faccia agli stranieri. Ma anche il tempio, che ci si affretta a ricostruire, serve a ridare identità a persone disorientate, perché si trovi nella religione qualcosa di rassicurante, la continuità con la tradizione.
Neemia però sa che non servono delle mura e un tempio per ridare vita al popolo, per restituirgli quell’anima che anni di deportazione hanno umiliato nello svuotamento della schiavitù. Egli sa che riconquistare la libertà infatti non significa solo indipendenza e autosufficienza, si resta schiavi dentro se non si riacquista un rapporto diretto e personale con Dio, unica vera roccia che da sicurezza e stabilità a chi vi costruisce sopra la propria vita. Per questo fa sì che Dio parli al popolo, “esca” dal chiuso del tempio per entrare nelle vite, tornare a parlare agli ebrei come aveva fatto fin dai tempi di Abramo, dei patriarchi e dei profeti. È toccante la scena del popolo raccolto in silenzio, commosso dal risuonare delle parole che Dio gli ha rivolto nella storia: “Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. … tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.” Sì, quando l’uomo presta ascolto alla Parola di Dio che risuona vengono toccate le corde profonde della sua anima, e quelle che a prima vista sembrano storie antiche diventano l’oggi di chi le ascolta.
È quello che avvenne anche nell’episodio della vita di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca. Egli si reca in sinagoga e legge le parole del profeta Isaia, un uomo che era vissuto ben settecento anni prima di lui (e duemila settecento prima di noi). Luca sottolinea il clima meditativo che accompagna quella lettura: “Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.” Come per Israele al tempo di Esdra, le parole risuonate nella sinagoga di Nazareth suscitano un senso di attesa e di domanda. Gesù risponde a questa domanda e aspettativa dicendo: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Sì, Gesù è la Parola di Dio che realizza l’oggi della salvezza, ricostruendo l’integrità dell’uomo che lo ascolta e restituendogli la pienezza di vita che lo rende felice. Nella persona di Gesù, la sua vita, le sue parole e azioni vediamo l’efficacia della Parola che non è morta o prigioniera del tempio, ma si fa vita concreta in chi la ascolta e la mette in pratica.
Lo ha ben chiaro Esdra che afferma: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. Cioè un ascolto della Parola che viene vissuta concretamente dà gioia, e questa gioia frutto dell’ascolto e della reintegrazione della nostra piena umanità è la unica e vera forza di cui l’uomo si può rivestire. Non le mura difensive, non l’edificio sacro e l’osservanza delle tradizioni rituali, ma l’ascolto della Parola difende Gerusalemme e il popolo dall’insicurezza e dai pericoli, gli restituisce la libertà che da schiavi li rende figli di un Padre buono e potente.
Noi oggi allora interroghiamoci sul nostro ascolto. Il risuonare della Parola suscita in noi quella commozione e quell’aspettativa del popolo riunito davanti a Esdra? Provoca la gioia di sentirsi pienamente umani e non più fluttuanti nel vuoto e sballottati dagli eventi subiti o cavalcati con la mutevolezza di un vento capriccioso, che oggi deprime e domani ci esalta?
Cari fratelli e care sorelle, uniamoci anche noi al popolo commosso degli ascoltatori della Parola di Dio, facciamo silenzio dentro di noi, facendo tacere le tante parole che rumoreggiano e che ci confondono e basta. Gesù per descrivere la realizzazione nell’oggi della promessa di salvezza di Dio riprende le immagini concrete di Isaia: “portare ai poveri il lieto annuncio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore.” Ecco da dove viene la vera sicurezza, la gioia piena e il senso della vita.
E allora non dovremmo mai uscire dalla Messa domenicale senza pronunciare per noi le parole di Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Sì, oggi, e non domani, chissà quando, oggi e non quando mi va o mi sento pronto. Liberiamoci dalla schiavitù del nostro protagonismo psicologico e vago per assumerci la responsabilità di un mondo in cui vivere e un futuro da costruire nell’oggi delle nostre vite.


Preghiere 


Donaci o Signore un ascolto attento e profondo della tua Parola, perché essa entri nei nostri cuori e trasformi con la sua potenza le nostre vite,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Padre nostro che nessuna delle tue parole cada nel vuoto, ma rimanga in noi e ci segni in profondità. Donaci la gioia autentica che viene dall’ascolto e che porta alla conversione della nostra vita
Noi ti preghiamo



Fa’ o Signore Gesù che ad ogni popolo sia proclamato il Vangelo di salvezza. Perché ogni uomo e ogni donna abbia presto la possibilità di udirne le parole e trovare in esse la speranza e il senso della propria vita,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio l’opera di papa Francesco che in questi giorni sta comunicando il Vangelo a tanti giovani riuniti in Panama, perché essi l’accolgano come Parola efficace nell’oggi del nostro mondo,
Noi ti preghiamo



Perdona o Padre la durezza dei nostri cuori e la distrazione che fa scivolare via le tue Parole e le rende inutili e scontate. Manda il tuo Spirito nei nostri cuori perché siano attenti e docili ad esse,
Noi ti preghiamo


Concedi o Padre misericordioso a ciascuno di noi di scoprire il nostro bisogno, perché come piccoli e umili gustiamo con gioia la liberazione dalla schiavitù del peccato e la salvezza dal male che ci tiene prigionieri,
Noi ti preghiamo.



Salva o Dio tutti coloro che vivono nella guerra e nella violenza, dona la tua pace a chi oggi è preda dell’odio, consola chi soffre per l’ingiustizia e la sopraffazione,
Noi ti preghiamo


Guarda o Padre misericordioso con amore a questo nostro mondo e suscita in esso uomini che vivano il coraggio e la fedeltà del tuo amore, perché ovunque nel mondo la Chiesa guidi a te chi è disperso e senza meta,
Noi ti preghiamo

sabato 19 gennaio 2019

II domenica del tempo ordinario - Anno C - 20 gennaio 2019





Dal libro del profeta Isaia 62,1-5
Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.

Salmo 95 - Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.

In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Date al Signore, o famiglie dei popoli, +
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12,4-11
Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.

Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria del Signore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 2,1-12
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, concluso domenica scorsa il tempo di Natale, iniziamo un nuovo anno liturgico con il racconto di Giovanni del miracolo di Gesù del mutamento dell’acqua in vino a Cana. Nel passo subito precedente si racconta di quando Gesù chiamò i suoi primi discepoli, e con l’episodio di Cana è come se il Vangelo voglia indicarci chi è il discepolo e cosa è chiamato a fare. L’identità del discepolo è infatti il fondamento da cui partire per un nuovo anno con il Signore.
La figura centrale dell’episodio, quella che risalta maggiormente, non è tanto Gesù, quanto Maria. E’ lei infatti il motivo della presenza di Gesù al banchetto: “vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli” ed è lei che si accorge del bisogno sopravvenuto all’improvviso in quella festa: “Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».
Subito questo brano mostra Maria come modello del discepolo e la sua particolarità risiede nel suo saper essere al fianco di Gesù con sensibilità e preoccupazione per chi si trova di fronte. E infatti nelle icone orientali Maria non è mai raffigurata senza Gesù, per dire che dal suo rapporto stretto col Figlio deriva la sua grandezza.
Come fece lei, il discepolo infatti può far emergere con forza la presenza del Signore Gesù in un contesto, in una situazione ed è sempre il discepolo che si accorge di come Gesù sia la risposta ai bisogni che si presentano.
All’inizio Gesù resiste alla richiesta di Maria di intervenire. Egli dice: “Non è ancora giunta la mia ora”, ma sua madre sembra non dargli ascolto e invita i servi ad eseguire i suoi comandi. Maria non ha dubbi sul fatto che Gesù intervenga ed esaudisca la sua preghiera, anche quando tutto, addirittura Gesù stesso, sembra negarne la possibilità.
L’episodio vuol dirci che non sempre è l’ora dell’intervento del Signore, che questo non è scontato, perché c’è bisogno che qualcuno prepari con la sua fede, insistente e tenace, il giungere di quell’ora. E’ la fiducia cieca di Maria nel Figlio che fa sì che l’ora sopraggiunga e che Gesù compia il miracolo. Quanto grande è il potere del discepolo, il quale con la sua fede può, dire, forzare il Signore a intervenire nella storia con la potenza del miracolo.
Le parole di Maria sono chiare: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, indicano un affidamento al Figlio senza incertezze né dubbi. Il discepolo provoca l’intervento del Signore, affretta l’ora della manifestazione della sua potenza, ma fa sì che anche altri si mettano al servizio della sua Parola, come i servi a cui Maria si rivolge. Quel “Qualsiasi cosa vi dica” mette in conto che il comando di Gesù possa apparire loro senza senso. Allo stesso tempo però esprime la convinzione che per ottenere l’intervento del Signore non si deve essere ragionevoli e realisti, quanto piuttosto eseguire fedelmente ogni sua indicazione.
Anche a noi spesso la Parola di Dio ci sembra inadatta alle situazioni e da attutire in alcuni suoi eccessi. Quel “qualsiasi cosa” ci solleva dal dover interpretare e mediare con la nostra sapienza pratica e pronta agli aggiustamenti, per essere invece strumenti disponibili e pronti ad eseguire, senza bisogno di capire tutto prima.
I servi eseguono il comando di Gesù, che veramente sembra ridicolo: manca il vino e lui ordina di travasare acqua da un contenitore all’altro, dai secchi agli orci, dagli orci alle brocche. Che senso ha tutto ciò? Cari fratelli e care sorelle, il Signore usa quello che trova nella vita degli uomini, e spesso non c’è molto più che semplice acqua: parole, gesti, decisioni poco saporite e che non sanno scaldare il cuore. Lui però sa trasformare la povera acqua delle nostre vite in vino, anzi nel vino migliore, più gustoso di qualunque altro noi avremmo saputo ottenere dalle nostre vite.
Quella festa continua, anzi diventa ancora più bella e felice dopo che il Signore è stato forzato dalla fede della discepola Maria a trasformare le povere cose a disposizione in qualcosa di prezioso. A Cana il Signore ha bisogno della fede di Maria e dell’aiuto dei servi, ha bisogno delle giare vuote e dell’acqua di una fonte. È questo suo mischiarsi alle cose della vita di tutti i giorni, questo suo non disprezzare la dimensione umile delle piccole vite di quella famiglia di campagna a rendere quel miracolo così straordinario, ma allo stesso tempo così alla portata di tutti. Non c’è bisogno di protagonisti straordinari, di situazioni eccezionali, di strumenti fuori del normale: il miracolo per realizzarsi ha bisogno solo della povera materia della nostra vita e della nostra fede in Dio.
Il vangelo nota come pochi si accorsero di quello che era accaduto: solo Maria e i  servi, non le persone più importanti in quella circostanza, ma tutti i presenti godettero della bontà di quel vino e della gioia che seppe suscitare nei cuori. Noi, tante volte, cerchiamo che si vedano subito i risultati e che venga riconosciuto quel poco che abbiamo fatto. Gesù invece insegna a gioire non quando si è protagonisti, ma quando sono gli altri a godere, assieme a noi, del bene che si realizza. È quella gratuità con la quale Gesù ha attraversato e continua a beneficare il mondo, operando miracoli ovunque un discepolo con fede e insistenza lo invita a colmare il vuoto di gioia e di vita, di salvezza e di bene. Impariamo a godere di miracoli dei quali noi non siamo i protagonisti o i realizzatori. Spesso se non è opera nostra non diamo importanza agli avvenimenti e nemmeno ce ne accorgiamo. Come quegli sposi e quegli ospiti goderono ignari del vino buono meravigliandosi della sua ottima qualità, e probabilmente non dissero nemmeno “grazie” a Gesù e a Maria così, anche noi impariamo a farci servitori dell’opera salvatrice di Dio che lavora per rendere più umana e felice la vita di tutti. Probabilmente nessuno ci individuerà come cooperatori di quel miglioramento, ma non importa, impariamo a gioirne e a ringraziarne il Signore. Anche noi infatti potremo gustare di quel vino buono che non si esaurisce ma disseta e rende felice la vita.

Preghiere 


O Padre misericordioso, fa’ che come Maria sappiamo farci tuoi discepoli attenti alla mancanza di felicità dei luoghi in cui ci troviamo. Con fede insegnaci a invocare il tuo aiuto perché la potenza del tuo amore li trasformi.
Noi ti preghiamo


Signore Gesù fa’ che giunga presto la tua ora e che la vita degli uomini sia trasformata. Fa’ che l’insistenza della nostra preghiera e la fiducia in te possano trasfigurare l’acqua della nostra vita in vino buono di amore e misericordia.
Noi ti preghiamo
  

Ti preghiamo o Signore per tutte le vittime delle guerre e del terrorismo che insanguinano la terra. Accogli nel tuo amore coloro che muoiono e consola i feriti e chi ha perso tutto. 
Noi ti preghiamo



O Padre, Dio del cielo ti preghiamo per tutti coloro che hanno bisogno del tuo aiuto. Per i malati, i sofferenti nel corpo e nello spirito, i prigionieri, le vittime dell’odio e dell’ingiustizia. Sostienili e dona loro guarigione e salvezza.
Noi ti preghiamo



O Dio che non disprezzi le nostre povere vite ma hai mandato il tuo Figlio Unigenito a salvarci, fa’ che accogliamo con gioia le parole che egli ci rivolge e le mettiamo in pratica con umiltà e tenacia.
Noi ti preghiamo


Come i discepoli furono testimoni e partecipi del miracolo di Cana, così, o Signore, fa’ che anche noi siamo attenti ai segni che tu operi nel mondo, per gioirne e goderne con gratitudine.
Noi ti preghiamo.



In questo settimana che si apre di preghiera per l’unità di tutti i cristiani ti invochiamo o Dio perché noi tutti tuoi discepoli sappiamo essere una sola cosa, come tu ci inviti a vivere.
Noi ti preghiamo



Fa o Signore che non manchi il tuo sostegno a coloro che testimoniano il tuo amore e annunciano il Vangelo ovunque nel mondo. In modo particolare ti affidiamo i cristiani di tutti i Paesi in cui la vita è difficile e pericolosa.
Noi ti preghiamo




sabato 12 gennaio 2019

Festa del Battesimo del Signore - Anno C - 13 gennaio 2019




Dal libro del profeta Isaia 40,1-5.9-11
«Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. - Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 103 - Benedici il Signore, anima mia.
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda.

Costruisci sulle acque le tue alte dimore, +
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento,
fai dei venti i tuoi messaggeri
e dei fulmini i tuoi ministri.

Quante sono le tue opere, Signore! +
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto: +
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi.

Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14; 3,4-7
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

Alleluia, alleluia alleluia.
Viene colui che è più forte di me, disse Giovanni;
egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 3,15-16.21-22
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il brano di Isaia ascoltato rivolge al popolo un’esortazione forte: “Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. - Parlate al cuore di Gerusalemme.” È un invito ad annunciare e testimoniare i motivi di gioia e di speranza a quanti vivono sfiduciati e tristi. Sì perché il Natale che è appena trascorso è una notizia così straordinariamente gioiosa che non può che rallegrare chiunque la riceva e restituire a tutti noi motivi di speranza e di fiducia. Lo afferma anche l’Apostolo: “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna … a vivere … nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Eppure oggi, come anche al tempo di Isaia e di Paolo, sembrano così forti i motivi per essere preoccupati e pessimisti. In tanti luoghi e situazioni si addensano nubi minacciose che sembrano lasciare poco spazio alla fiducia che avverrà qualcosa di buono. È facile di conseguenza annebbiare la gioia del Natale dietro una cortina di pessimismo che fa prevalere un clima e uno stato d’animo triste. Con il passare del periodo natalizio poi i ritmi ordinari della vita quotidiana sembrano far prendere facilmente il sopravvento alla “normalità” della mancanza di gioia, fiducia e speranza sulla “straordinarietà” della felicità comunicata dalla nascita del Signore a Natale.
In questo clima siamo portati facilmente a vivere con il capo basso, attento ai nostri affari personali, timorosi e pessimisti. Ma stiamo attenti, fratelli e sorelle, perché vivere in un tale modo rende il nostro cuore piccolo e indurito. Per questo Isaia invita a far giungere proprio al cuore nostro e di quanti ci sono accanto un annuncio consolante che consiste in questo: “gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati.” Sì Gesù che viene ci dona il doppio in amore, in gioia, in pace e serenità di quanto noi non siamo capaci di vivere e donare agli altri. È questa la salvezza di cui essere lieti: Dio ci sommerge letteralmente di misericordia nonostante tutto quello che viviamo e la realtà in cui ci troviamo. La sua misura non è stretta o limitata nel tempo, ma è largamente superiore ad ogni aspettativa. Per questo il Natale, quando è vissuto con disponibilità, ci travolge di gioia, perché è una esperienza che non trova eguali in nessun’altra possibile fonte di soddisfazione mondana.
A volte però noi non lo riconosciamo e siamo più attaccati alla misura stretta del nostro cuore indurito, abituato a guardare con pessimismo e diffidenza gli eccessi, come è la larghezza dell’amore che Dio vuole comunicarci. Preferiamo una vita avara e chiusa in un piccolo orizzonte piuttosto che la generosità che Gesù, nascendo e vivendo per noi e per la nostra salvezza, ha dimostrato nei confronti del mondo intero, fino a coinvolgere tutti i popoli e le genti rappresentate dai Magi che abbiamo festeggiato domenica scorsa. È quanto afferma Paolo: “Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità ... quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati.”
Ecco che allora oggi, di nuovo, a così breve distanza dall’annuncio della nascita del Signore, questa festa del Battesimo di Gesù viene a ricordarci che è necessario lasciarci sommergere nel battesimo dello Spirito Santo che è l’amore di Dio perché esso resti con noi nella quotidianità della nostra esistenza. Vivere un amore largo non può essere l’eccezione, ma deve divenire la norma del nostro vivere.
Giovanni, abbiamo ascoltato, proclama nel deserto alle folle che accorrono da lui che il battesimo di acqua, quello che lui impartiva, è importante. Con esso si rafforzava il proposito di vivere con onestà e giustizia e si rinunciava a comportamenti malvagi. Ma con altrettanta decisione il Battista afferma che non basta questa misura “stretta”, ma che bisogna ampliarla fino alla larghezza dell’amore di Dio: “viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.” Per trovare la via della salvezza c’è bisogno di lasciarci sommergere dallo Spirito d’amore di Dio, cioè di imparare da lui a voler bene come lui, ovvero senza misura, senza prudenza né calcolo, senza giudicare chi merita e chi no, senza temere di rimetterci, senza paura di non ricevere in cambio, ecc… Infatti, conferma l’Apostolo: “egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia.” Per quanto possiamo essere nel giusto e comportarci correttamente e onestamente non è da questo che verrà la nostra salvezza, ma dalla coscienza della enorme misericordia che lui ha nei nostri confronti, la quale ci provoca a vivere altrettanto nei confronti degli altri. Impariamo da Gesù ad amare, come dice Isaia: diamo una misura doppia a quanti non sono in grado di donare nulla, anzi magari compiono anche opere malvage. La forza di questo amore gratuito e sovrabbondante vincerà ogni resistenza e ostacolo!
Cari fratelli e care sorelle, oggi questa festa del battesimo del Signore ci viene a dire dunque di non lasciare passare invano il Natale che abbiamo appena vissuto, di non “lasciarci rubare”, come direbbe papa Francesco, la speranza, la gioia, la consolazione che l’annuncio della sua nascita ci dona. Essa porta vita nuova, chiediamoci come si manifesta in me, come ha modificato i miei pensieri e le mie azioni, e facciamo sì che lo Spirito che ci è donato entri dentro e allarghi la misura di un cuore ancora troppo stretto e indurito.

Preghiere 

O Dio che hai aperto il cielo sopra di noi perché potessimo vederti e incontrarti, aiutaci a non chiudere noi stessi al soffio dello Spirito, perché l’amore che ci doni entri nei nostri cuori e trasformi le nostre vite,
Noi ti preghiamo


Signore Gesù effondi su di noi il battesimo di fuoco, manda lo Spirito a scaldarci i cuori e ad illuminarci la via, perché impariamo a vivere il tuo amore sovrabbondante verso i nostri fratelli e sorelle,
Noi ti preghiamo



O Padre misericordioso hai fatto udire con forza la tua voce sul fiume Giordano, fa’ che noi ascoltiamo con attenzione le Parole che ci rivolgi, perché divengano la nostra vita,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Signore a non perdere nessuna occasione per mettere in pratica e aderire agli inviti che ci rivolgi nel Vangelo. Aiutaci ad essere tuoi discepoli docili,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Signore per il nostro mondo, così disorientato e confuso, fa’ che troviamo tutti la strada per vivere l’esagerazione dell’amore ed aprire un tempo nuovo di pace,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio gli sforzi di quanti, nell’incertezza attuale, annunciano e testimoniano il Vangelo, unica via di salvezza dell’uomo. Fa’ che le parole e le azioni dei discepoli di Cristo trovino cuori pronti a riconoscerti,
Noi ti preghiamo.



Sostieni, o Padre misericordioso, quanti sono nel bisogno e invocano il tuo aiuto: i poveri, i malati, gli anziani, chi è straniero e oppresso dal dolore. Dona a tutti guarigione e salvezza,
Noi ti preghiamo



Proteggi o Dio il papa Francesco e la tua Chiesa ovunque diffusa, specialmente dove è perseguitata e ostacolata. Fa’ che l’annuncio della nascita di Cristo risuoni presto in ogni luogo e raggiunga ogni persona,
Noi ti preghiamo

sabato 5 gennaio 2019

Epifania del Signore - Anno C - 6 gennaio 2019





Dal libro del profeta Isaia 60,1-6
Alzati [Gerusalemme], rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

Salmo 71 - Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 3,2-3a.5-6
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Abbiamo visto la tua stella in oriente
e siamo venuti per adorare il Signore
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 2,1-12
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, oggi abbiamo ascoltato dal Vangelo di Matteo una narrazione che ricorda quella del Natale. Un segno richiama verso la stalla di Betlemme, una luce splendente, alcuni che si incamminano e l’arrivo pieno di gioia davanti al Signore bambino. Si può dire che l’evangelista Matteo ci proponga un secondo Natale. Come mai? La notte di Natale i pastori furono gli unici ad accorgersi della venuta del Salvatore del mondo intero, quel Dio fattosi bambino, e non esitarono ad accorrere tutti a vederlo. Era gente umile e povera come il luogo in cui è nato Gesù e non vivevano con la porta chiusa come la gente della città che ha rifiutato di accogliere Maria e Giuseppe. Lo abbiamo ricordato a Natale.
Questo è vero in ogni epoca. Gli umili e i poveri sono raggiunti in modo più immediato dalla notizia della nascita di Gesù e l’accolgono subito con gioia, perché lui si manifesta in una stalla come uno di loro e perché, come tutti i poveri, hanno fame di buone notizie.
L’altro ieri sera in questa chiesa si è svolta la tradizionale festa di Natale che ha accolto 150 persone in difficoltà. Anziani soli, immigrati, famiglie numerose, disoccupati. Tante persone che hanno aderito con gioia alla buona notizia che era l’invito a fare festa per la nascita di Gesù e questa chiesa si è trasformata in un certo senso nella stalla del Natale con tanti umili e piccoli a festeggiare Gesù che è nato.
Ma oggi ci chiediamo: per quelli che non erano con i pastori, come la gente di Betlemme, per quelli che non stavano all’aperto e non si sono accorti, cosa è stato il Natale?
Oggi, in questa festa dell’Epifania, il Vangelo viene oggi a dirci che anche a quelli che quella notte non erano con i pastori, anche a noi tanto spesso distanti o distratti e che non siamo andati a vedere Gesù nella stalla dove era appena nato, viene offerta una possibilità, come  ai magi venuti da lontano.
Essi erano estranei alla cultura e alla fede di Gesù, con altri usi e costumi, gente non abituata a frequentare le stalle, ed infatti le immagini tradizionali ce li presentano riccamente vestiti. Anche noi siamo così, persone poco familiari con il mondo in cui Gesù è nato e così poco affamati della buona notizia della venuta di un salvatore. Per chi non è umile e povero infatti la salvezza ce la si aspetta da se stessi: dalle proprie capacità, dalle relazioni vantaggiose, dalle opportunità ben sfruttate. Anche noi ci sentiamo re della nostra vita, signori del nostro quotidiano e del nostro spazio casalingo. Anche noi siamo estranei alle stalle che sono la strada e la gente che ci vive. Eppure il Vangelo oggi ci viene a dire che anche ai magi, anche a noi è inviato un segno: la stella che brilla in cielo. Essa indica un cammino che fa uscire fuori dal proprio mondo e conduce alla stalla di Betlemme: sempre lì bisogna arrivare, alla stalla, anche per dei re, se vogliono incontrare Gesù. Per noi infatti che non siamo dell’ambiente dei pastori, umili e poveri, e non siamo facilmente raggiunti dall’annuncio degli angeli, c’è bisogno di uscire dal chiuso e fare un lungo viaggio, come fecero i magi. Questo è il messaggio dell’Epifania del Signore che oggi festeggiamo: oggi è il Natale dei ricchi che non frequentano le stalle, che non si interessano alle cose umili e piccole.
Quella stella era in cielo, per essere vista da tutti, eppure se ne accorsero, di nuovo, solo pochi, quelli che, nonostante fossero signori, stavano all’aperto per scrutare il cielo e scorgervi un segno di novità, qualcosa che indicasse l’inizio di un tempo nuovo diverso da quello solito. Sì sono pochi i ricchi che vedono la stella perché essi non cercano segni di novità, anzi ne hanno timore e se ne stanno al chiuso per difendere i propri privilegi. È quello che Gesù dirà in seguito: “In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.” (Mt 19,23) Eppure per tutti loro è inviato il segno della stella.
Questa stella è la Parola di Dio che indica la strada che dobbiamo compiere per trovare il luogo in cui si realizza il Natale nella nostra vita, l’incontro col Signore umile e povero. Non a casa nostra, non nel chiuso delle nostre abitudini, anche quelle buone, non dove siamo re e signori di noi stessi, ma all’aperto, dopo un cammino che ci porta lontano.
Questo cammino è quello che molti hanno fatto, sempre l’altro ieri, venendo a servire i poveri alla cena di Natale qui a Santa Croce. Sono dovuti uscire di casa, un cammino non solo fisico, ma anche interiore, sono usciti anche dal loro ruolo abituale, dall’ambiente proprio in cui sono a proprio agio e padroni di sé, e si sono dovuti fare umili e piccoli, servi di altri umili e piccoli. Questo cammino, ripeto sia concreto che spirituale, ci fa incontrare Dio che nasce dentro di noi. Ciascuno può farlo, in ogni tempo della vita, basta seguire la stella della Parola di Dio che ci invita a partire con fiducia verso il mondo dei piccoli e dei poveri.
I magi lungo la via appena giunti in Palestina entrano nel palazzo di Erode e chiedono a lui informazioni. Sono dei re e sarà sembrato loro naturale rivolgersi ad un loro pari! Anche a noi tante volte risulta naturale frequentare i nostri “pari grado” ed aspettarci da essi l’aiuto e l’assistenza di cui abbiamo bisogno. Però il Vangelo sottolinea come, così facendo, i magi perdono la stella. Non è nella grandezza e nello splendore del successo e del potere che troviamo Dio e la nostra felicità, perché lì la stella non la vediamo più. Bisogna uscire allo scoperto, alzare lo sguardo fuori dal proprio piccolo mondo, quello dei nostri “pari grado”, e la Parola di Dio riprenderà a indicarci la via. Infatti Erode sapeva dove doveva nascere il Messia: i ricchi non sono ignoranti, hanno i mezzi e sanno sempre dove è il bene e il giusto e lo insegnano, ma non lo vivono, per questo sono esclusi dall’incontro col Signore.
Usciti di nuovo per strada i magi ritrovano la stella che li conduce fino alla meta, e per questo “provarono una gioia grandissima.” Sì, la vera gioia è nel camminare verso la stalla, entrare nella compagnia con i pastori, dove incontriamo Gesù, dove si realizza il suo Natale nella nostra vita. Infatti le feste di chi non è umile e povero spesso sono tristi: con le porte sbarrate, sempre attenti alle convenienze e al calcolo, tutti incentrati sulla propria soddisfazione e l’ubriacatura di un’atmosfera artificiale.
Per i magi non fu così. Dice il Vangelo: “si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.” Si sono fatti umili come i pastori, inchinandosi in una stalla; hanno offerto i loro doni, ma ne hanno ricevuto uno ancora più grande: un sogno. Per questo la loro umiltà non è solo il gesto di un momento speciale, hanno compreso chi sono veramente: re umili! E questa dimensione resta per sempre la loro come il sogno della loro nuova vita, e per questo tornano per un’altra strada. Non sono più attratti dai palazzi del potere e del successo, anzi li evitano come luoghi in cui il male si annida con più insidiosità, per seguire la strada dell’umiltà e della piccolezza.
Cari fratelli e care sorelle, cerchiamo anche noi la stella che è fatta sorgere da Dio per guidarci a Gesù, incamminiamoci anche noi, che per nascita e consuetudine non siamo abituali compagni dei pastori, umili e poveri, e non frequentiamo le stalle, nel santo viaggio che la Parola di Dio ci indica e vedremo Dio bambino, quel Dio che vuole nascere anche nella nostra vita per donarci un sogno e una visione: la nostra vera dimensione, quella di umili e compagni dei poveri.


Preghiere 

O Dio che ti sei fatto bambino per confondere con la tua semplicità i forti e per consolare i deboli, fa’ che usciamo dalle nostre vite per venire a contemplarti ogni volta che ascoltiamo la tua Parola,
Noi ti preghiamo


O Cristo, re e Signore umile, riempi della forza del tuo amore le nostre vite, perché animati dalla gioia dell’incontro con te andiamo anche noi come i pastori ad annunciare ciò che abbiamo udito e visto a Betlemme,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Signore perché come i Magi anche noi sappiamo piegare il ginocchio e chinare il capo per adorarti piccolo e indifeso, nei poveri, nei deboli, in chi ha bisogno di sostegno e conforto,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore perché hai riempito le nostre vite dei doni preziosi di un’umanità mite, di parole buone, di azioni misericordiose. Continua a benedirci e ad aver pietà della nostra debolezza,
Noi ti preghiamo



Fa’ giungere o Padre misericordioso a tutti gli uomini l’annuncio gioioso del Natale perché in ogni popolo e in ogni lingua sia lodato il Dio bambino che è nato per la nostra salvezza,
Noi ti preghiamo


Senza di Te o Dio non possiamo nulla. Aiutaci a rinunciare all’orgoglio arrogante e al desiderio di imporci sugli altri per scoprire la bellezza del servizio ai piccoli,
Noi ti preghiamo.



Dona la tua pace al mondo intero, o Dio che riconcili i cuori e li apri alla fiducia. Fa’ che il tempo che viene sia guarito dalla piaga della guerra e della violenza,
Noi ti preghiamo


Donaci o Dio la vera sapienza che ci fa cogliere i segni della tua presenza e la via per raggiungerti. Fa’ che non smettiamo mai di cercarti,
Noi ti preghiamo