sabato 29 giugno 2019

XIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 30 giugno 2019





Dal primo libro dei Re 19, 16. 19-21

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».  Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

 Salmo 15 - Sei tu, Signore, l’unico mio bene.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.




Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore +
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.


Mi indicherai il sentiero della vita, +
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. 



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati 5, 1.13-18


Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 
 
Alleluia, alleluia, alleluia.

Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta:
tu hai parole di vita eterna.

Alleluia, alleluia, alleluia.
 
Dal vangelo secondo Luca 9, 51-62

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.  Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».  A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».  Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». 

Commento


Le letture di oggi ci propongono di soffermarci sul significato dell’essere profeti e discepoli.
Il primo libro dei Re ci parla dei profeti Elia ed Eliseo. I profeti erano personaggi importanti all’interno della vita e della fede del popolo di Israele, la loro autorità era grande, tanto che spesso le loro parole giudicano i re e cambiano la storia d’Israele.
Lo dice il nome stesso: profeta è “colui che parla a nome di qualcuno”: essi erano cioè persone chiamate da Dio a parlare ed agire per suo conto. La loro vita non è espressiva pertanto della loro personalità, dei loro desideri e stati d’animo, ma diventa il parlare e l’agire di Dio fra gli uomini. Per questo sono autorevoli, ma anche persone scomode, perché contraddicono i disegni malvagi dei potenti, ristabiliscono la giustizia dove ci sono soprusi, ridanno fiducia nel Signore dove le vicende storiche hanno confuso il popolo disorientandolo. In sintesi, sono un mezzo con il quale Dio agisce dentro la storia umana. Così sono anche i discepoli: il loro vivere si conforma talmente al Vangelo ricevuto da Gesù da divenirne un annuncio vivente.
Due sono gli elementi che la Scrittura ci mostra fare di Eliseo, uomo comune, un profeta di Dio: la chiamata e il bisogno della gente.
La chiamata si esprime nel gesto di Elia di porre un mantello sulle spalle di Eliseo. Egli lo accetta come una nuova responsabilità: quella di non essere solo curvo sull’aratro della fatica per sé stessi, ma di seguire Dio con uno sguardo e un cuore diverso, per cui gli altri lo riguardano, si aspettano da lui qualcosa ed egli ha la responsabilità di darglielo.
Proprio per questo, la prima cosa di cui Eliseo si accorge dopo aver assunto il mantello della vocazione a vivere come un profeta, è il bisogno del popolo, per sfamare il quale cuoce la carne dei suoi buoi.
L’evangelista Luca ci presenta alcuni altri tratti del profeta-discepolo.
Innanzitutto, Gesù è un Maestro diverso dagli altri: invita i suoi discepoli non a frequentare le sue lezioni per poi diventare a loro volta maestri di altri, ma a vivere e camminare con lui per condurre tutti da lui. Cioè non si finisce mai di essere discepoli, e quando si crede di essere arrivati al traguardo si smette di esserlo.
Secondo, egli non condanna nessuno, nemmeno chi rifiuta di farsi suo discepolo. La discepolanza infatti non è un titolo di merito e non pone ad un livello superiore, ma è un dono immeritato che si riceve e di cui si resta debitori. Lo dimostra l’episodio del villaggio di samaritani che rifiutano di ascoltare Gesù. I discepoli ne vorrebbero l’annientamento, ma Gesù offre sempre un’altra possibilità di farsi suoi ascoltatori, e sappiamo dal Vangelo di Giovanni (cap. IV) che attraverso una samaritana incontrata al pozzo di Giacobbe anche loro accoglieranno, in seguito, il suo annuncio.
Poi Luca stigmatizza due atteggiamenti tipici con i quali il discepolo rifiuta in cuor suo di farsi veramente discepolo: il primo è quello di contentarsi di dirlo, senza poi aderire intimamente e concretamente con quanto affermato; il secondo è cercare un compromesso: “Sì, va bene seguirti, ma almeno questo lasciamelo:” Entrambi questi atteggiamenti svuotano il significato della discepolanza, perché dimostrano la propria sfiducia interiore nel Signore, un rapporto ambiguo con lui, nel quale a guidare i nostri passi restiamo noi, pur riconoscendo, ma fino a un certo punto,  la sua autorevolezza.
Infine Paolo nel brano della sua lettera ai Galati pone in evidenza un altro tratto decisivo del discepolo: la libertà. Sì, è la libertà del Vangelo l’unico motivo per il quale vale la pena diventare discepoli del Signore: non per senso del dovere, non per senso di colpa, non per abitudine o conformismo, ma per un’adesione felice e libera alla sua proposta di vita. E, allo stesso tempo, la libertà è il contenuto e il modo con cui si può comunicare il Vangelo: esso è infatti essenzialmente scoperta della libertà di un voler bene gratuito e senza compromessi, autentico, senza altri scopi, giudizi, calcoli.
Dio stesso non impone il suo amore ma lo offre generosamente e liberamente, perché l’unico modo per voler bene veramente è nella libertà propria e rispettando quella dell’altro. Dice Paolo: “Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà.” Sì, Dio ci propone il suo volere ma rispetta la nostra libertà, perché solo chi è libero può scegliere il bene. Certo, così facendo, rischia anche che l’uomo scelga diversamente da lui, e infatti S. Paolo, subito dopo le parole ascoltate, ammonisce i Galati: “Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri.” Cioè la libertà che Dio ama e rispetta non è perché l’uomo segua l’istinto di sopraffare e imporsi sugli altri, ma anzi scelga di realizzare il bene amando gli altri.
I profeti sono allora, in ogni epoca e in ogni regione del mondo, coloro che credono che la libertà che Dio ci dona vada utilizzata per compiere il bene che lui ha preparato. Con la sua vita e con le sue parole egli ci ricorda che è possibile vivere la libertà di essere figli di Dio e non di noi stessi o del mondo.
Fratelli e sorelle, ogni domenica la Parola di Dio getta sulle nostre spalle il mantello che è la chiamata a non vivere solo per noi stessi ma con un cuore e uno sguardo più larghi. È quel “giogo soave” di cui Gesù parla ai discepoli che non li opprime e non grava con un peso insopportabile, ma anzi ci lega al carro di Dio e con lui siamo condotti su pascoli buoni e dove nulla ci mancherà. Accogliamo l’invito a divenire uomini e donne di Dio, profeti della libertà di voler bene, testimoni che non siamo schiavi condannati alla servitù al peccato, all’egoismo, all’indifferenza. La resurrezione ci ha liberato, come dice Paolo: “non facciamoci imporre il giogo della schiavitù.”

Preghiere

O Cristo che sei venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato e del male, aiutaci ad accogliere con gioia la libertà di essere tuoi figli e discepoli del Vangelo.

Noi ti preghiamo


A noi gente comune, peccatori e dimentichi, tu proponi, o Signore, di divenire discepoli e profeti del tuo Regno di pace e di amore. Aiutaci a sostenere con le nostre povere forze la responsabilità di accogliere con libertà e gratitudine questa chiamata.

Noi ti preghiamo


Affretta o Dio la venuta di un tempo nuovo e fa’ di ciascuno di noi un testimone credibile del tuo Regno. Perché chi è incerto e dubbioso possa essere confermato dalla nostra fede nel Vangelo.

Noi ti preghiamo

Come ad Elia ed Eliseo dona anche a noi, o Dio onnipotente, un cuore e occhi nuovi per accorgerci del bisogno di tanti. Fa’ che non viviamo curvi sull’aratro della fatica per sé ma liberi di amare ogni fratello e ogni sorella.

Noi ti preghiamo
 



O Cristo aiutaci a non inorgoglirci davanti a chi non ha fiducia in te, non ti conosce e non ti segue, perché il dono di essere tuoi figli sia per noi responsabilità di amare tutti con più  vicinanza.

Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore Gesù la fatica di chi annuncia e vive il Vangelo. Dai coraggio e fede a chi accetta il mantello del profeta nei nostri giorni e aiutaci ad imitarlo.

Noi ti preghiamo.
 



Ti preghiamo o Padre onnipotente di sostenere e consolare tutti i poveri: fa’ che il nostro amore offra ad essi consolazione e sostegno.

Noi ti preghiamo




Ti preghiamo o Signore per tutti coloro che hanno perso o non trovano il lavoro. Aiutali a sostenere il peso della loro condizione e fa’ che la solidarietà di tutti aiuti a trovare risorse e soluzioni.

Noi ti preghiamo

mercoledì 19 giugno 2019

Festa del Corpo e Sangue di Cristo - Anno C - 23 giugno 2019





Dal libro della Genesi 14, 18-20
In quei giorni, Melchidesech, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.  

Salmo 109 - Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».

Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!

A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.

Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 11, 23-26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 9, 11b-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, questa domenica è dedicata alla commemorazione del dono che Gesù ci ha fatto del  suo Corpo e Sangue, ci richiama cioè quel momento fondante e decisivo per la nostra fede che è la cena del Signore con i suoi discepoli durante la quale lasciò l’Eucarestia come segno duraturo della sua presenza fra di loro.
Quel gesto si concluse con un invito che ripetiamo ogni domenica: “fate questo in memoria di me.” Forse non ci siamo mai soffermati su questo aspetto: l’Eucarestia non è solo un dono che riceviamo, ma anche un invito a “fare qualcosa.” Lo si vede bene nel racconto della moltiplicazione dei pani che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca. Gesù chiede ai discepoli riluttanti di fare loro qualcosa: dare da mangiare alla folla affamata. Essi non sono nemmeno sfiorati dall’idea che fosse una cosa di loro competenza, né tantomeno che potessero riuscire a soddisfare un bisogno così grande, erano cinquemila uomini, più donne e bambini. Per essi era normale che ciascuno dovesse provvedere al proprio bisogno, come poteva e se poteva. Ma la vera risposta al bisogno delle persone è Gesù stesso. Fosse il bisogno di nutrimento, di guarigione, di salvezza, di felicità vera, di parole, di perdono, di consolazione, ecc… Gesù avrebbe potuto provvedere da sé e compiere il miracolo senza bisogno di intermediazione, eppure chiede ai discepoli di “fare qualcosa” anche loro. Gesù ha bisogno che i discepoli diano quel poco che hanno e che distribuiscano il molto nel quale Gesù lo ha trasformato perché ciascuno ne abbia “a sazietà”, e non solo un po’.
Lo stesso è chiesto a noi ogni domenica quando ripetiamo il gesto di Gesù di trasformare il pane e il vino nel suo corpo. Anche a noi è chiesto: “fate questo in memoria di me.” Nella liturgia orientale si da un grande valore a questo comando ed esso ha una rilevanza simbolica ma concreta nel dono delle pròsfore, che significa “le offerte”. Ogni famiglia infatti prepara durante la settimana il pane che poi la domenica è portato in chiesa e offerto perché venga trasformato nel corpo di Gesù. Tutta la famiglia partecipa alla preparazione, che è accompagnata dalla preghiera. I bambini fin da piccoli ne seguono le fasi e imparano il significato di quei gesti come in una catechesi domestica. Quel pane è come i pani e i pesci che i discepoli portarono a Gesù: sono poco, materia povera e senza vita, ma messa nelle mani di Gesù è trasformata nel suo corpo che vivifica e salva. I pani poi che avanzano vengono suddivisi, benedetti e distribuiti al termine della liturgia perché siano portati a chi è anziano o malato e non è potuto venire in chiesa, o ai poveri perché se ne sazino. Nella nostra liturgia latina tutto ciò e semplificato e come riassunto nel gesto dell’offertorio: dal popolo viene portato pane e vino all’altare.
In questo gesto è riassunto quello che ciascuno di noi deve fare: portare a Gesù il poco che è la propria vita. È povera cosa, insufficiente difronte ai bisogni immensi dell’umanità intera, eppure Gesù ne ha bisogno e ci chiede di fare anche noi la nostra parte: offrire il poco che siamo e distribuire il molto nel quale lui lo trasforma.
L’Eucarestia questo fa: essa agisce dentro di noi, vivifica i sentimenti, rafforza la volontà di bene, trasforma il modo di vedere e comprendere la realtà, ecc…, ma non lo fa al di sopra di noi o senza la nostra partecipazione. C’è bisogno che noi, per usare l’esempio della liturgia orientale, durante tutta la settimana impastiamo la farina e la lasciamo lievitare, gli diamo la forma e la inforniamo, per poi portarla domenica al Signore perché egli compia il miracolo di trasformarla nel pane vero che sfama ogni fame e soddisfa ogni bisogno. E quel poco pane sazia tutta l’assemblea, si moltiplica come fece Gesù con la folla. E poi c’è bisogno che quel pane moltiplicato, spezzato e benedetto da Gesù raggiunga i tanti affamati che attendono, la folla affamata con il suo bisogno immenso che disorienta i discepoli, e spesso anche noi. Sì, è il pane stesso della nostra vita, quella piccola pagnotta che noi abbiamo portato, ma allo stesso tempo non è più lo stesso, perché Gesù l’ha trasformata e riconsegnata a noi perché ce ne nutrissimo noi e ne nutrissimo le folle affamate. Lo straordinario è che esso basta per tutti e a sazietà. La nostra vita trasformata dal Signore, nutrita dal suo Corpo e Sangue, diventa risposta a tutti i mali del mondo, sfama e sazia fino in fondo, colma ogni vuoto di amore e di consolazione, porta il perdono a la misericordia di Dio dove sembrava vincere il male e la disperazione.
È il contrario di quello che a volte pensiamo e cioè che aiutare gli altri ci indebolisce e ci impoverisce. È il paradosso del cristianesimo, è il mistero di quel corpo che, come dice la liturgia orientale, è suddiviso e spezzato, ma non si esaurisce mai e sempre si rinnova e si dona a noi. Così è l’amore di Dio: è spezzettato e offerto a tutti, ma nel momento stesso che sfama molti si moltiplica e si rafforza, ed è così abbondante che ne avanzano dodici ceste, pronto a soddisfare la fame di chissà quanti in attesa.

  
Preghiere 

O Signore Gesù che ci offri il tuo corpo e sangue perché nutra la nostra debolezza umana, aiutaci a seguire il tuo esempio e farci sostegno per tanti.
Noi ti preghiamo


Tu o Gesù ti sei commosso davanti alla folla affamata e hai moltiplicato il poco che possedevano i discepoli per sfamare tutti. Ti preghiamo, fa’ che le nostre povere forze siano moltiplicare dal tuo amore e siano utili a molti.
Noi ti preghiamo


Come una grande unica famiglia tu ci riunisci tutti, o Dio, sulla terra. Fa’ che non sentiamo nessuno estraneo o nemico, ma tutti siano amati e sostenuti da noi come fratelli e sorelle. 
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Dio del cielo, proteggi e guarisci chi è malato e sofferente. Perché coloro che sono nel dolore abbiano le cure amorevoli e il conforto di cui hanno bisogno,
Noi ti preghiamo


Con insistenza o Padre misericordioso, invochiamo il tuo perdono, perché le nostre vite mancano del nutrimento buono del tuo corpo e della tua parola, dei quali noi troppo spesso crediamo di poter fare a meno.
Noi ti preghiamo


O Dio della pace, ti invochiamo, fa’ cessare ogni guerra che semina morte e dolore. Aiuta i popoli a vivere nella pace e nella concordia, come figli di un unico padre e fratelli della stessa famiglia. Libera chi è nel dolore, minacciato e prigioniero,
Noi ti preghiamo.

  
Proteggi O Dio tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che il tuo nome porti pace e vita piena in ogni luogo.
Noi ti preghiamo
  

Ti invochiamo o Signore Gesù per ciascuno di noi che partecipiamo al banchetto in cui ci offri tutto te stesso, corpo e sangue. Fa’ che anche noi sappiamo rendere la nostra vita ricca di buoni frutti.
Noi ti preghiamo

venerdì 14 giugno 2019

Festa della Ss.ma Trinità - anno C - 16 giugno 2019





Dal libro dei Proverbi 8, 22-31
Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; pri­ma che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

Salmo 8 - O Dio, mirabile è il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 5, 1-5
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a que­sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.  

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 16, 12-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, siamo ad una settimana dal giorno in cui lo Spirito Santo è stato effuso su di noi a Pentecoste.  Un tempo di grazia si è aperto, benedetto dal dono dello Spirito che è l’amore di Dio. È un dono di cui c’è un grande bisogno. Ed oggi ricordiamo lo Spirito assieme al Padre e al Figlio contemplando la realtà del nostro unico Dio in tre persone distinte. Il Dio dei cristiani lo sappiamo, non è un’unica persona, ma tre diverse, con caratteristiche diverse, storia diversa, tanto che addirittura una di esse, il Figlio, ha condiviso la vita degli uomini e dopo la sua incarnazione vive con il Padre e lo Spirito assieme al suo corpo terreno.
Ma, ci chiediamo, non era più semplice che Dio si manifestasse a noi come un essere unico e sempre uguale a sé? No fratelli e sorelle, perché Dio, come ci dice l’apostolo Giovanni, non è innanzitutto potenza e forza, ma amore, e l’amore non può esistere senza l’atro. È questa la sua caratteristica essenziale: essere con l’altro e vivere per l’altro. Per questo le persone della trinità sono tre: diverse ma insieme, unite da un vincolo di amore così grande da renderle un’unica cosa. La trinità allora non è un concetto difficile, come una formula matematica che non si capisce, ma piuttosto è la realtà dell’amore vero, quello che realizza l’unità vera, basata non su interessi comuni o convenienza ma sul volersi bene autentico.
Questa caratteristica di Dio è fondamentale, ne costituisce la “sapienza”, cioè il modo di essere e manifestarsi come qualcosa che è evidentemente giusta e buona, e viene prima di tutto il resto, come dice il libro dei Proverbi: “Così parla la Sapienza di Dio: Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine.” Dio infatti ha mostrato sempre nella storia un amore per l’uomo che non trova altro motivo se non questa sua “sapienza”. E non a caso il male che contrasta Dio si chiama “diavolo” che in greco significa “divisione”. Sì, non essere uniti, come lo sono le persone della Trinità, è negazione di Dio, è il male più grande e la vittoria del re del male, è il contrario della sapienza, cioè la stoltezza.
La Trinità è “pontefice”, cioè costruisce ponti di collegamento fra mondi e persone che il male vuole definitivamente isolati, e per costruirli usa la sapienza dell’amore e non ha bisogno di altre conoscenze e abilità. Chi invece abbatte i ponti ed esalta l’isolamento è stolto perché si imprigiona nell’isola dell’io che porta alla follia.
Noi uomini siamo stati creati ad immagine di questa sapienza e non possiamo vivere per questo senza l’altro: Dio dopo aver creato Adamo disse “Non è buono che l’uomo sia solo” (Gen 2,18). Eppure, sembra che l’impegno più grande degli uomini sia proprio affermare il contrario, senza rendersi conto della pericolosità di una tale stoltezza. Lo fa quando si dice che per stare bene si deva starsene da soli, che si debba essere autosufficienti e autonomi, che gli altri siano un fastidio, che si basta a se stessi e meno abbiamo a che fare con altri e meglio è. È questa forse la più grande bestemmia, perché nega che nell’uomo rispecchi l’immagine di Dio che è amore fra tre persone, assumendo invece le fattezze del diavolo, principio di divisione che esalta l’essere soli e autosufficienti, separato da tutti.
Anche noi tante volte pronunciamo con la nostra vita questa bestemmia. Lo diciamo, ad esempio, quando affermiamo che non si può vivere assieme con chi è diverso da sé. Pensiamo al rifiuto di chi è straniero, al pregiudizio contro chi è di cultura o religione diversa. Sembra una cosa così naturale, eppure anche il Pare e il Figlio sono diversissimi, il loro essere insieme non è perché sono uguali ma perché l’amore che è la loro essenza è più forte di qualunque differenza e diversità. E lo stesso possiamo dire di quelli che accampano la diversità del carattere o dei gusti per dire che con quello o con quella non posso vivere, che quell’altro è troppo diverso da me perché io possa capirlo e accettarlo, eccetera.
L’apostolo Paolo ci ha ricordato oggi che: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Sì a Pentecoste abbiamo sperimentato che noi possiamo vivere l’amore vero rivolto all’altro. Ce ne danno esempio gli apostoli che appena ricevuto lo Spirito Santo si riversano sulla strada per annunciare il Vangelo, il gesto di amore più alto che ci sia. Dobbiamo chiederci; cosa abbiamo fatto di questo dono?
Questo rifiuto dello Spirito per lasciare spazio allo spirito del maligno sta la radice della tanta violenza che segna il mondo di oggi. La radice della guerra, dell’odio, della divisione nella società, dell’essere gli uni contro gli altri.
Sì, perché, fratelli e sorelle, ogni gesto che esclude e allontana un fratello o una sorella, perché disprezzato, antipatico, nemico e semplicemente perché estraneo è una bestemmia contro lo Spirito Santo e un rafforzamento del potere del male sul mondo. I tanti piccoli gesti che quotidianamente rafforzano questo potere, anche se non sono eclatanti e magari ci sembrano trascurabili, in realtà offuscano e umiliano l’immagine di Dio che il creatore ha voluto mettere in noi.
Per questo l’amore più bello, ci dice Gesù, è l’amore per i poveri perché è gratuito e disinteressato, non è legato a interessi o convenienze e non è nemmeno spontaneo, ma nasce ogni volta che lo Spirito è accolto con gratitudine e lasciato operare dentro di noi perché operi la trasformazione di noi in persone “sapienti” dell’amore.
Ci sembra troppo difficile per noi? Lasciamo agire lo Spirito in noi: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” dice Gesù nel vangelo di Giovanni, accogliamo dunque lo Spirito di amore che ci viene dal Vangelo ed egli, con naturalezza ci guiderà alla verità tutta intera che è la vera sapienza dell’amore di Dio Trinità.

Preghiere 


O Signore Gesù che sei unito al Padre e allo Spirito col vincolo santo di un amore che non finisce, insegnaci a voler bene come te e a non poter fare a meno del fratello e della sorella che ci metti accanto,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo, re di misericordia, tu che hai così amato il Figlio da resuscitarlo alla vita, aiutaci ad amare la vita di chi è più debole come fosse la nostra,
Noi ti preghiamo



O Spirito di amore che unisci il Padre e il Figlio come un’unica persona, vieni in noi e fa’ che sappiamo essere uniti ai nostri fratelli e sorelle da sentimenti di solidarietà e comunione,
Noi ti preghiamo


Ad una settimana dalla festa di Pentecoste, ti invochiamo ancora con forza: o Spirito Santo che sei Dio, scendi su di noi e rendici discepoli del vangelo e suoi audaci annunciatori,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Santa Trinità, veglia con amore su questo mondo, ancora troppo pervaso dalla stoltezza della divisione: cancella gli odi che dividono l’umanità, fa’ che prevalga in ogni situazione la sapienza dell’amore che porta pace e concordia,
Noi ti preghiamo


T’invochiamo con insistenza o Signore della pace, perché cessi ogni violenza in Libia, in Siria, in Terra Santa e in ogni paese insanguinato da odi fratricidi.
Noi ti preghiamo.



Per tutti noi ti invochiamo o Signore, fa’ che non viviamo nei nostri cuori la stoltezza che è lo spirito di divisione che ci allontana dagli altri, ma vinciamo ogni tentazione del maligno restando uniti a te ed ai fratelli,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio dona alla Chiesa in tutto il mondo la misericordia e la bontà che tu hai vissuta, perché ovunque sia maestra di mitezza e operatrice di pace.
Noi ti preghiamo


sabato 1 giugno 2019

Festa dell'Ascensone del Signore - Anno C - 1 giugno 2019

 
 
Dal libro degli Atti 1,1-11
Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre “quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni”. Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?”. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
 
Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo. 
 
Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28; 10,19-23
Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui. In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne; avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
 
Alleluia, alleluia alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo di Luca 24,46-53
“Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
 
Commento

Cari fratelli e care sorelle, festeggiamo oggi l’Ascensione del Signore Gesù al cielo, festa alche la tradizione orientale pone in relazione stretta con il Natale, per sottolineare che con essa si sancisce il compimento perfetto dell’incarnazione di Dio. Egli infatti non ha disdegnato la carne umana accettandola come parte della sua vita. Egli non l’ha solo “usata”, come si fa con uno strumento esterno, per essere in mezzo a noi, ma l’ha assunta definitivamente come un proprio attributo costitutivo. Da quel giorno Gesù è diventato non più solo il Figlio di Dio, ma anche il Figlio dell’uomo, pienamente divino e pienamente umano allo stesso tempo. Questa grande novità ha imposto una svolta nella storia e ogni Natale ci commuove perché dimostra l’amore così grande di Dio nei nostri confronti, tale da non disdegnare un così grande abbassamento. Con l’Ascensione questo processo, inaugurato con il Natale, raggiunge il suo compimento. Sì, perché Gesù una volta risorto non abbandona sulla terra il suo corpo, come fosse uno strumento che ormai è diventato inutile al momento di lasciare la terra, ma vuole che esso rimanga con lui in maniera definitiva come una parte essenziale di sé. La fisicità materiale del corpo per il Signore non è un accidente da cui liberarsi appena possibile, una parte pesante e inutile di sé trascurabile e passeggera. Il corpo di Gesù è e sarà per sempre con lui e condivide la gloria attuale del Risorto tornato al Padre dopo il suo tempo terreno.
Questo ci insegna che se da un lato Gesù ha voluto umiliare se stesso fino ad assumere la nostra stessa natura umana, così fortemente caratterizzata dalla sua fisicità limitata e limitante, allo stesso tempo proprio con essa egli ci precede e ci attende perché noi siamo a nostra volta elevati fino alla sua altezza, e non solo spiritualmente, ma, alla fine dei tempi, con tutto il nostro corpo. A questo siamo destinati, ci ricorda l’apostolo Paolo, come abbiamo ascoltato: “per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne … accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.” Pertanto la vita cristiana non ha solo lo scopo di purificare il nostro cuore, percorrendo la via del Vangelo che Gesù ci ha aperto davanti, ma anche il nostro corpo va vivificato con quella forza di resurrezione che Gesù ha ricevuto e donato a noi suoi discepoli. Troppe volte invece la spiritualità cristiana ha svilito la dimensione materiale della nostra esistenza, dando importanza solo alla parte spirituale.
Questo, fratelli e sorelle, ha implicazioni di grande rilevanza, perché sta a significare che nessuna realtà storica, materiale, fisica è disprezzabile, perché essa è rappresentata in cielo da quel corpo che ha vissuto qui con noi e che porta ancora in sé i segni della passione. Il Vangelo infatti sottolinea come la resurrezione non ha cancellato i segni della sua fatica dell’amore per gli uomini, tanto che Tommaso può toccarli con mano, ma ne ha eliminati gli effetti di morte. Per questo quando papa Francesco afferma che nei poveri tocchiamo la carne di Cristo, non utilizza una metafora simbolica per indicare una realtà spirituale e spingerci a perfezionare i nostri sentimenti. L’identificazione di Gesù nei più piccoli, l’affamato, l’assetato, il nudo, ecc… non è solo morale e non richiede a noi solo uno sforzo morale. Il suo corpo fisicamente rimasto con sé oggi è affamato, assetato, nudo e sofferente assieme a quello di tutti i poveri della terra. Allo stesso modo il nostro corpo, per quanto imperfetto e fonte di sofferenza, non è un peso inutile, ma è chiamato ad essere usato, nella sua fisicità di fatica, azione, lavoro, energie ed anche sofferenza come Gesù ha fatto con il suo, tanto da mantenerne, come dicevo, i segni profondamente impressi nella carne. Non solo il nostro spirito deve assomigliare a quello di Gesù, ma anche il nostro corpo, come il suo, deve portare i segni della fatica dell’amore per gli altri.
Nel libro degli Atti Luca ci riporta la domanda che i discepoli rivolgono a Gesù durante l’ultimo loro incontro con lui, poco prima che lui li lasciasse definitivamente col suo corpo. Essi si aspettano che ora che egli è risorto l’ordine del mondo venga ristabilito definitivamente come Dio lo ha progettato, riportando la giustizia, la pace e il bene. Gesù non nega che questo sia il traguardo verso il quale tende la storia dell’umanità, ma consegna tutta intera agli apostoli la responsabilità di condurla alla meta: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.” Ancora una volta è la fatica dei discepoli che porta alla realizzazione del Regno, che non prescinde né è al di là della dimensione storica personale e collettiva, sostenuta e fortificata dallo Spirito.
Cari fratelli e care sorelle, oggi anche a noi è di nuovo consegnata questa responsabilità che è innanzitutto di tenere lo sguardo fisso verso la meta, nutrendo quella speranza fiduciosa di cui ci parla la Lettera agli Ebrei: “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.” Questa speranza non delude perché è fondata sulla promessa di colui che non viene meno al suo impegno di donarci la forza di trasformazione e rinnovamento della vita che attendiamo a Pentecoste. Ma poi la nostra responsabilità consiste anche nel lavorare concretamente per la realizzazione del Regno di pace attraverso la guarigione delle piaghe e il ristabilimento della giustizia. Nell’attesa invochiamo fin da ora il dono dello Spirito perché con potenza venga a rafforzare non solo il nostro spirito ma anche a vivificare di energie rinnovate il nostro corpo con il quale siamo chiamati ad agire nella storia e a portare con decisione la forza della resurrezione negli inferni della terra.

Preghiere
O Signore Gesù ti invochiamo: resta con noi, affinché il tuo amore ci unisca in un unico corpo, fratelli e sorelle figli di un unico Padre,
Noi ti preghiamo
 
 
Aiutaci o Dio a colmare quella distanza che troppo spesso ci separa da te vivendo con fiducia e fedeltà il vangelo,
Noi ti preghiamo
 
Manda o Dio il tuo Spirito a illuminare e scaldare i cuori, perché tu sia sempre compagno e guida della nostra vita,
 

Noi ti preghiamo


 
Fa’ o Signore che ti riconosciamo ogni giorno vivo e presente nel mondo, dove il tuo nome è amato e invocato, dove l’amore dei fratelli li unisce e il tuo aiuto è concesso con abbondanza,
Noi ti preghiamo
 

Ti invochiamo o Dio, fa’ che presto tutti gli uomini ascoltino l’annuncio del Vangelo, perché nessuno sia escluso dalla possibilità di conoscerti e amarti,
Noi ti preghiamo
 
Sostieni, o Padre buono, tutti coloro che sono in difficoltà: i malati, i sofferenti, i prigionieri, chi è solo, senza casa e sostegno. Fa’ che il tuo amore li raggiunga presto,
Noi ti preghiamo.
 
Ti preghiamo o Dio, fa’ cessare la violenza che uccide e semina terrore. Ti preghiamo per le vittime delle guerre e del terrorismo, per i loro cari, per chi è vinto dal dolore. Donaci o Dio la tua pace, perché ovunque torni a regnare presto umanità e concordia
Noi ti preghiamo
 
O Signore nostro Dio, sostieni e proteggi il nostro papa Francesco perché il suo impegno ad annunciare e testimoniare il Vangelo porti un nuovo spirito di solidarietà e accoglienza in Europa e nel mondo intero,
Noi ti preghiamo