sabato 31 agosto 2019

XXII domenica del tempo ordinario - Anno C - 1 settembre 2019


 
 
Dal libro del Siràcide 3, 19-21.30-31

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

 

Salmo 67 - Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.

Pioggia abbondante hai riversato, o Dio, +
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio. 



Dalla lettera agli Ebrei 12, 18-19.22-24

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.

Alleluia, alleluia alleluia.
  

Dal vangelo secondo Luca 14, 1. 7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo sentito dal libro del Siracide: “Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.

Cosa sono i segreti di Dio di cui parla la Scrittura? Sono le vie che conducono alla salvezza, cioè ad una vita che è preservata dall’usura del male e dal consumo sciocco di chi la spreca per ciò che non vale niente, ed è resa eterna dalla compagnia di Dio.

Queste vie sono definite un “segreto” non perché Dio vuole che restino nascoste ai più, anzi, per renderle accessibili a più persone possibile è addirittura nato come un uomo e vissuto annunciando il segreto della salvezza come un Vangelo, cioè una buona notizia. Piuttosto è un “segreto” perché non basta conoscerlo, ma ci vuole qualcosa in più che permette di entrarci dentro, e cioè di fidarci fino a viverlo. Non è sufficiente cioè conoscere la strada, bisogna avviarci su di essa e percorrerla. Se restiamo solo al punto di partenza essa rimane per noi sconosciuta, come un segreto, e soprattutto non ci porta a niente.

È quello che la Scrittura ci dice oggi: “ai miti Dio rivela i suoi segreti.” Sì perché non basta saperli questi misteri, bisogna renderli veri con la vita, e per viverli bisogna fidarsi di Dio che ce li dice, cioè avere l’umiltà e la mitezza di credere che se Dio ci indica proprio queste strade e non altre vuol dire sono le migliori e quelle che conducono alla vita che non finisce, cioè in sua compagnia.

Che dare rende più felici che ricevere, che egoismo, avarizia e aggressività siano atteggiamenti che rendono infelici, che l’amore è la forza più potente del mondo, persino della morte, Il Vangelo ce lo dice da secoli e lo proclamiamo nel Simbolo della fede e nel Padre Nostro, ma se non ci crediamo fino a viverlo, tutto ciò rimane una conoscenza misteriosa, cioè nascosta al nostro essere, come un segreto non svelato, una via non percorsa.

Ma perché solo i miti e gli umili sono in grado di vivere e penetrare pienamente il segreto della salvezza? La risposta è molto semplice: perché gli umili non pensano di saper già come si vive, di aver già capito il segreto e di possederlo, ma sono sempre alla ricerca di impararlo da Dio, e infatti il Siracide aggiunge: “Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male.”  Poi i miti, perché sono coloro che non si difendono dagli altri, allontanandoli con la propria aggressività, ma sono aperti, perché pacifici e pacificati nel cuore, all’incontro con l’altro, sia esso Dio che i fratelli e le sorelle, ed è solo assieme a loro che è possibile percorrere il segreto della via della salvezza.

Le parole del Vangelo di Luca ascoltate ci offrono alcuni esempi di come umiltà e mitezza, cioè non credere di saper già e apertura all’incontro con l’altro, siamo veramente vie che portano alla salvezza. Quello che cerca il primo posto ha una idea così alta di sé da credere che nessuno possa essere migliore di sé, ma la realtà lo sconfessa e si ritrova ad essere umiliato, cioè riportato alla propria dimensione reale, in verità molto modesta. Ma questa per lui è una sconfitta, un fallimento o un’ingiustizia, perché è offesa al suo orgoglio. Ma chi invece vede negli altri un valore grande, da essi impara la vera grandezza che è un animo capace di incontrare senza giudicare e disprezzare, e vuole bene. Per questo diventa un esempio, qualcuno posto davanti a tutti nell’ordine autentico del bene e del buono.

Lo stesso avviene a chi invita alla propria festa solo quelli da cui pensa di avere da guadagnare: i ricchi, i famosi, gli importanti agli occhi del mondo. In loro si specchia per vedere l’immagine di come desidera essere: ricco, famoso e importante per il mondo. Ma ecco che invece il saggio è colui che si specchia in chi ha bisogno, cioè i poveri, riconoscendo così la propria vera natura bisognosa di imparare da Dio la via della salvezza e di ricevere da lui la forza di percorrerla, il perdono per le volte in cui ha abbandonato la via, la grazia di riconoscerla anche nei momenti di buio.

È quanto abbiamo udito nella festa dell’Assunzione cantato dalla Vergine ad Elisabetta nel Magnificat: “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” È tutto il contrario di quello che avviene normalmente, eppure, canta Maria, è quanto il Signore è venuto a realizzare andandosi ad annidare nel suo seno per venire incontro a tutti ed annunciare il segreto della salvezza. Facciamo nostro il giudizio rovesciato del Vangelo e con umiltà e mitezza andiamo incontro al Signore per imparare da lui il segreto della salvezza.

Preghiere

O Signore Gesù aiutaci a non cercare di occupare tutta la nostra vita con noi stessi, le nostre preoccupazioni e affanni, ma di lasciare spazio alla tua Parola per ascoltarla e viverla,

Noi ti preghiamo

 
O Dio plasma le nostre esistenze a immagine tua, perché non prevalga in noi la ricerca del primo posto, ma sappiamo con umiltà e semplicità riconoscerci bisognosi del tuo aiuto ed essere pronti a voler bene a tutti, specialmente i poveri

Noi ti preghiamo

 Ti preghiamo o Signore Gesù per le vittime delle guerre, per chi è morto, per chi è ferito, per chi ha perso tutto e vede il futuro incerto e pieno di minacce. Sostieni quanti oggi sono nel dolore, dona loro speranza e fiducia nel tuo aiuto,
 

 
Noi ti preghiamo




Sostieni o Signore quanti con generosità si dedicano al soccorso di chi è debole e indifeso. Perché il loro impegno a sostegno della vita sia un esempio per tutti,

Noi ti preghiamo

 
Ti invochiamo o Signore, proteggi e libera dal male gli ammalati, chi è anziano, senza casa, prigioniero, per chi è vittima degli odi e delle persecuzioni. Dona a tutti pace e salvezza,

Noi ti preghiamo

 

Benedici o Padre santo, la tua famiglia che si raduna attorno al Vangelo e all’Eucarestia, rendila vigilante nell’attesa della tua venuta. Ti preghiamo per il papa Francesco e per tutti i pastori del tuo gregge. Dona ad essi coraggio e speranza perché portino a tutti l’annuncio della salvezza che viene da te,

Noi ti preghiamo

venerdì 23 agosto 2019

XXI domenica del tempo ordinario - Anno C - 25 agosto 2019





Dal libro del profeta Isaia 66, 18-21
Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».

Salmo 116 - Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Dalla lettera degli Ebrei 12, 5-7.11-13
Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio». È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 13, 22-30
In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Commento



Il brano del Vangelo appena ascoltato si apre con una domanda: “Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»   

È un interrogativo strano, perché quel tale non chiede “come” ci si possa salvare, ma “quanti” si salvano, tradendo o un fastidio per una grazia troppo larga, donata con abbondanza, con quella libertà che Gesù aveva dimostrato poco prima con la guarigione fatta in giorno di sabato, o la paura per un eccessivo rigore del giudizio di Dio. Cioè vuole chiarezza sul “quanto” dell’amore di Dio.

Gesù non soddisfa quella curiosità, perché per Dio il “quanto” dell’amore non ha limiti: la perdita anche di uno solo per lui è già “troppo”, e non ci sono pochi o molti per una salvezza che lui vuole che sia per tutti. Gesù con la sua risposta sposta invece l’attenzione sul “come” Dio salva.

L’ingresso al Regno è definito da Gesù una “porta stretta”, e questo a prima vista sembrerebbe confermare che pochi possono entrarvi, per usare il criterio di chi gli aveva posto la domanda. Ma poi Gesù più oltre aggiunge che, riprendendo l’immagine di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura, “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.” Cioè, con questa seconda affermazione dice che il Regno è fatto per accogliere tanti, provenienti da ovunque senza distinzioni, non è un luogo “per i pochi” eletti di Israele, ma per tutte le genti, con un allargamento di prospettiva inimmaginabile per un giudeo del tempo. Quella porta allora è stretta non per impedire l’ingresso a qualcuno, ma perché è la porta dell’incontro, che si fa sempre uno ad uno. Non si entra nel Regno in gruppo, confusi nella massa, perché non si incontra Dio nella folla, anonimi. Solo l’amicizia personale con Dio, costruita nel tempo, ci rende ospiti graditi del banchetto del Regno, come afferma quel padrone di casa a chi vuole entrare, ma gli è sconosciuto. Possiamo immaginare che sulla soglia di quella porta stretta il Signore accolga ciascuno con un abbraccio, riconoscendolo e chiamandolo per nome. Anzi lui stesso è la porta dell’ovile nel quale Gesù, pastore buono, raduna le sue pecore chiamandole ognuna per nome, perché appunto: “io sono la porta delle pecore. … se uno entra attraverso di me, sarà salvato; … conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10).

Ma come si fa a “conoscere” e “farsi conoscere” da Dio, ad essere suoi amici, a farsi chiamare da lui per nome mentre si passa per quella porta stretta? Gesù nel respingere quelli che non si sono fatti conoscere da lui dice: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” Eppure quelle persone non sembra che abbiano compiuto chissà quali delitti, affermano infatti di aver udito i suoi insegnamenti (“tu hai insegnato nelle nostre piazze”), e addirittura di aver mangiato con lui, ma la loro appartenenza è data per scontata, come qualcosa di acquisito una volta per sempre. Gesù, nonostante la loro pretesa di conoscerlo abbastanza, identifica la loro distanza da lui per fatto che non hanno imparato da lui la giustizia, ma applicano quella del mondo. Poco prima infatti, nel brano immediatamente precedente, Luca presenta una guarigione operata da Gesù in giorno di sabato. Questo fatto suscita nei spettatori più osservanti una reazione scandalizzata: perché quella persona si è presentata da Gesù proprio di sabato, quando sa che è vietato? E implicitamente condannano anche Gesù perché ha operato una guarigione proprio nel giorno in cui il riposo sabbatico glielo avrebbe impedito. A prima vista quei critici sono nel giusto: essi applicano la legge con scrupolo. Ma il Signore con quella guarigione non ha infranto il sabato, perché non ha compiuto un “lavoro” ma ha reso concretamente presente l’amore di Dio fra gli uomini, realizzando il vero Sabato, cioè l’incontro dell’uomo col Padre e il godimento della sua creazione restaurata come egli la vuole, cioè risanata dal suo amore.

Allora c’è una giustizia degli uomini, scrupolosa osservanza formale, e una giustizia di Dio, che è il prevalere sempre e comunque della sua misericordia. Da questo sgorga quel giudizio: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!

Paradossalmente, infatti, proprio quelli che si sentono nel giusto perché osservanti e irreprensibili, sono quelli che conoscono meno Dio, perché non ne hanno bisogno, non lo invocano e non hanno necessità di ascoltarlo e invocarne il perdono, mentre chi sa di essere un povero peccatore che non sa come farcela con le sole proprie forze invoca più di tutti Dio, fa ricorso a lui per trovare la via della salvezza dalla propria debolezza e incapacità ad amare. Ecco allora il senso di quell’osservazione: “vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.” Il giudizio di Dio guarda nel profondo e non si accontenta della superficialità della giustizia degli uomini, vera ingiustizia ai suoi occhi.

La stessa cosa spesso capita anche a noi, la vera giustizia di Dio si realizza quando le sue parole passano dentro la nostra vita, lasciando un segno indelebile, incidendo in profondità sul nostro modo concreto di agire e pensare, fino a vivere il suo stesso amore senza vincoli né limiti. Cari fratelli e care sorelle, prepariamoci da subito ad entrare per la porta stretta di un rapporto intimo con Dio, abituiamoci ad assomigliargli almeno un po’, così da essere riconosciuti da lui, facendoci plasmare dentro dal Vangelo, quelle parole così vere e umane, capaci di trasformare delle persone apparentemente sane e già a posto, in uomini e donne bisognosi di essere guariti e salvati da Lui.

Preghiere 
 


O Signore Dio nostro, aiutaci a non sfuggire dall’incontro con te, dando per scontato di conoscerti. Fa’ invece che ascoltiamo le tue parole e seguiamo il tuo esempio,
Noi ti preghiamo


Plasma o Dio il nostro cuore, perché tu ci riconosca come tuoi figli e discepoli. Fa’ che la porta stretta dell’amore speciale con cui ci vuoi bene si apra per accoglierci nella tua infinita misericordia,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio per quanti non ti conoscono, anche se pensano di sapere già chi sei e cosa vuoi da loro. Aiutali ad ascoltare con umiltà il vangelo e a farlo scendere dentro di sé perché trasformi le loro vite,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Dio tutti quelli che ti invocano, affidandosi a te. In modo particolare per quanti sono oppressi dalla violenza della guerra e del terrorismo. Mostra loro il tuo volto che salva e dona pace,
Noi ti preghiamo



Guida i tuoi figli ovunque dispersi sui sentieri del Vangelo o Dio nostro Padre, perché uniformando ad esso il proprio agire portino pace e riconciliazione dove oggi c’è odio e contesa,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore i tuoi figli, specialmente quelli che sono nel dolore e nella difficoltà. Guarda ad ognuno con il tuo volto misericordioso, perdona e guarisci ciascuno,
Noi ti preghiamo.



sabato 17 agosto 2019

XX domenica del tempo ordinario - Anno C - 18 agostro 2019



 

Dal libro del profeta Geremia 38,4-6.8-10

In quei giorni, i capi allora dissero al re: «Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecia rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. Ebed-Melech uscì dalla reggia e disse al re: «Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Melech l’Etiope: «Prendi con te da qui tre uomini e fa’ risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».

 

Salmo 39 - Vieni presto, Signore, a liberarmi.

Ho sperato: ho sperato nel Signore  +
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.

Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.



Dalla lettera agli Ebrei 12, 1-4

Fratelli, circondati da un gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del Figlio tuo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 12, 49-57

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato una parte di un lungo discorso che Gesù rivolge alle folle che lo seguono desiderose di ascoltare una parola di salvezza. Gesù è un predicatore appassionato e risponde a questa sete di parole senza edulcorare un messaggio che è radicale ed esigente, come le parole che oggi abbiamo ascoltato: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! … Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.

Gesù parla col tono di uno sente di avere qualcosa di importante da comunicare che non può essere preso alla leggera. Tante volte è quello che facciamo anche noi, banalizzando le parole di Gesù sciogliendolo nella sapienza del mondo e rendendole più spente e tiepide. Ma le parole di Gesù vogliono essere un fuoco, non tepore, vogliono ardere per consumare tutto quello che è falso e inutile, non assecondare quello che tutti pensano. Sono parole incendiarie che non lasciano nulla come prima, ma fanno brillare quello che vale e consumano ciò che non vale, ma il Signore vede che la gente, e i discepoli stessi, rifiutano il cuore del suo messaggio e vorrebbero una risposta più rassicurante, facile e immediata all’aspirazione di pace e serenità. Anche noi speriamo che Gesù ci indichi una via per porci al riparo dai venti di guerra e di violenza che sentiamo soffiare in un mondo impazzito, e ci permetta di trovare la pace nel nostro angolo di tranquillità.

Pensiamo al tema dell’immigrazione, di cui in questi mesi si parla così tanto. Nessuno può fingere di ignorarne le cause, i media ci mostrano le condizioni invivibili di tante aree del pianeta che non permettono a chi le abita un’esistenza nella pace o con il minimo indispensabile per vivere. Eppure i Paesi europei, ricchi e in pace da 70 anni, vedono in quelli che fuggono da quei paesi una minaccia e chiudono le loro porte, nel nostro caso italiano i porti marittimi. Chi vuole fuggire cerca la pace che significa sopravvivere. Per noi europei la pace significa invece non mettere in discussione il privilegio di cui abbiamo la fortuna di godere. Quali genitori che avessero figli da una parte e dall’altra non sentirebbero il dramma di una simile disuguaglianza? Quali parole userebbero per convincere chi sta meglio che la pretesa di salvaguardare la propria pace non può arrivare fino a negare la pace e la sopravvivenza stessa degli altri? È quello che cerca di fare il Signore con parole infuocate di amore, ma anche di sdegno e di scandalo: “Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?

Noi tutti cioè siamo capaci di giudicare quando subiamo un torto e reclamare giustizia. Alziamo la voce se qualcuno ci nega ciò a cui abbiamo diritto e combattiamo come furie per ottenere ciò che ci spetta. Ma come ci comportiamo invece quando a subire il torto è l’altro, l’estraneo, lo straniero, e magari noi stessi siamo parte della causa dell’ingiustizia che patisce e ne godiamo i frutti?

Dio a noi che vorremmo essere lasciati in pace, nella pace della nostra condizione di privilegiati, dice di imparare a leggere i segni dei tempi, cioè di guardare cioè la nostra situazione da una prospettiva diversa. Non solo quella del nostro desiderio di essere lasciati in pace, ma quella del mondo intero dove tanti pagano il prezzo della nostra pace. Come possiamo vivere sereni se così tanti uomini e donne sono minacciati dalla guerra, come avviene a poca distanza da noi, in Libia, Siria, ecc…? Come possiamo essere tranquilli quando milioni di persone vivono quotidianamente l’angoscia di dover sopravvivere fra stenti, mancanza del necessario come acqua, cibo, casa e cure mediche? Questi, e tanti altri, sono i segni dei tempi che ci devono far sentire la necessità che un nuovo tempo inizi e a divenirne i realizzatori, costruttori del bene comune e non del privilegio di alcuni a discapito degli altri.

Dio sa che questo sarà possibile solo se il nostro cuore si incendia di quel fuoco di passione per gli altri, di amore per la gente di tutto il mondo che Gesù vuole disperatamente appiccare. Ecco allora che capiamo perché Gesù esprime tutta la sua preoccupazione, perché il fuoco del Vangelo non solo non arde su tutta la terra, ma nemmeno sembra essersi acceso nelle vite di chi gli è più vicino.

Se impariamo questo modo diverso di vedere e giudicare la realtà, che è quello di Dio, capiremo il senso delle parole di Gesù: “Io vi do la pace vera, non quella che da il mondo”, perché la pace vera è quella di chi non si accontenta della propria, ma non ha tregua finché l’ultima persona della terra non goda di pace. Questo sbilancia, crea agitazione, suscita preoccupazioni nuove, ma fa vivere la pace vera che consiste nell’essere dalla parte del Signore, in sua compagnia e condividendo i suoi sentimenti. Solo infatti se facciamo nostra la sua angoscia e ci sentiamo spinti a non accontentarci di un piccolo focherello stentato, ma vorremmo con lui incendiare la terra intera, solo allora troveremo la vera pace che non è tranquillità, assenza di problemi o quiete, ma la compagnia del Signore, come dice il salmista: “Solo in Dio è tranquilla l’anima mia”.


Preghiere
 
O Signore accendi anche in noi l’incendio di un amore appassionato e largo, perché sappiamo voler bene al fratello e alla sorella almeno quanto amiamo noi stessi,


Noi ti preghiamo

 Aiutaci o Signore a superare le resistenze e le paure a farci investire da un amore sincero per tutti. Donaci la disponibilità e l’audacia di andare contro abitudini e tradizioni per essere tuoi discepoli fedeli,




Noi ti preghiamo


Consola o Dio quanti soffrono per la mancanza di amore e restano soli nel bisogno. Fa’ che i tuoi discepoli si facciano volentieri loro compagni e sostegno nella sventura,

Noi ti preghiamo
 



Dona o Padre del cielo la pace alla Libia, alla Siria, a tutti i paesi colpiti dalla forza della violenza e della guerra, consola gli afflitti e sostieni quanti cercano vie per la riconciliazione,

Noi ti preghiamo
 

Aiutaci o Dio ad essere sempre tuoi discepoli fedeli, anche quando questo è difficile e costa sacrificio. Fa’ che ovunque nel mondo i cristiani siano sempre una forza di pace e operatori di giustizia,

Noi ti preghiamo

 Sostieni o Padre il nostro papa Francesco nel suo ministero di pastore buono del tuo gregge. Donagli la forza profetica dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza del tuo amore misericordioso,




Noi ti preghiamo.

giovedì 15 agosto 2019

Festa dell'Assunzione di Maria - Anno C - 15 agostro 2019


 
 
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni 11, 19a; 12, 1-6a.10ab

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».

 

Salmo 44 - Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.

Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne, +
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15, 20-27°

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 1, 39-56

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 
Commento
 

Cari fratelli e care sorelle, il ricordo di Maria in questa festa che oggi celebriamo ci fa alzare lo sguardo su una prospettiva ampia e grandiosa. È la visione dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato nella prima lettura e che ci immette nell’eterna lotta fra la forza del male e i segni del bene. L’Apostolo Giovanni descrive la minaccia di un drago che occupa quasi tutto il cielo, ne cancella le stelle luminose, e si appresta a distruggere quel bambino che sta per nascere. Se usciamo dalla nostra prospettiva individuale vediamo che nel mondo è presente una forza del male che vuole uccidere ogni segno di una nuova speranza che nasce. Nel nostro piccolo angolo tutto sembra molto più tranquillo e rassicurante. Certo anche lì non mancano le contrarietà e le sofferenze, ma noi le viviamo come nostre questioni private, da gestire fra sé e sé con la sapienza maturata con l’esperienza, con la capacità di compromessi e adattamenti che ci fa sfuggire dagli aspetti più drammatici del male. Eppure, fratelli e sorelle, se non alziamo lo sguardo verso la visione grandiosa della lotta cosmica fra il principe del male e Dio e se non ci inseriamo anche noi in questa battaglia come alleati del Signore non potremo nemmeno partecipare della sua vittoria, di cui ci parla l’Apostolo nella lettera ai Corinzi: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.” Tutti moriamo in Adamo, cioè tutti siamo partecipi di un male che affonda le radici in quella volontà di allontanarsi da Dio che Adamo espresse fin dai primi passi dell’uomo e che trova innumerevoli espressioni, appunto, in quella lotta che il male continua in tutto il mondo a condurre contro il bene, ma possiamo anche partecipare assieme all’umanità intera della forza della resurrezione che ci strappa al dominio della morte grazie alla forza di amore che è la resurrezione del Signore Gesù.

Eppure fratelli e sorelle, è facile sentirsi lontani da questa battaglia ed estranei al peccato del mondo. Che c’entro io con le ingiustizie, il male, le sofferenze degli altri, specie di quelli più lontani? Che responsabilità ho io per quello che accade, per le guerre, le violenze, i dolori infiniti che avvolgono l’umanità intera? Noi misuriamo il nostro male con il metro piccolo del nostro orizzonte individuale e cerchiamo i nostri compromessi per sentirci estranei alla visione dell’Apocalisse. Per questo però ci tagliamo anche fuori dal destino vittorioso che il Signore ha voluto realizzare con la sua resurrezione. Solo infatti se ci coinvolgiamo in questa lotta cosmica e sentiamo che anche il mio peccato, il mio dolore, le mie battaglie contro la forza del male sono parte di questo disegno più grande potremo partecipare della forza di cambiamento e di redenzione che Cristo è venuto per comunicare al mondo.

Maria lo capisce. La sua vita umile e appartata all’improvviso diviene strumento di una storia grande, universale, cosmica, che coinvolge l’umanità intera e tutto il creato. Ha accettato di inserirsi in questa storia, senza rinchiudersi nella nicchia della sua vita privata, e di divenire lei, giovane ragazza di una regione periferica, la donna dell’apocalisse che soffre le doglie di un parto minacciato dal male, ma benedetto e salvato da Dio che la protegge e la scampa.

Il suo canto di gioia rivolto a Elisabetta parla di questa visione grandiosa: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” Maria si sente figlia e depositaria delle attese di una storia grande, che coinvolge tutto il mondo, di generazione in generazione, e vi sa leggere dentro il disegno di salvezza di Dio.

Cari fratelli e care sorelle, questa è la prospettiva che la Scrittura oggi, indicandoci l’esempio di Maria, propone a ciascuno di noi. Quella cioè di sentirci partecipi di una storia più larga del nostro piccolo privato, che coinvolga e assuma su di sé le speranze, le sconfitte, i dolori di un mondo grande e complesso, pieno di contraddizioni e drammi, ma nel quale il disegno di Dio si può leggere in filigrana per poterne essere così partecipi. Se guarderemo anche alle nostre vicende personali nell’ottica della visione larga di Maria scopriremo che non è indifferente come agiamo e che le nostre scelte possono inserirsi in essa e divenire protagoniste di quella lotta che Dio conduce perché il bene vinca e la speranza non venga soffocata dal buio della violenza e del dolore di oggi.

Cari fratelli e care sorelle, viviamo col cuore largo di Maria e godiamo, con la sua stessa fiducia ingenua e semplice, delle prospettive di vita diversa che Dio ci suggerisce. Anche da noi, nonostante tutto, nascerà una nuova vita, figlia delle benevolenza di Dio e del suo desiderio di vincere la sterilità di vite spente e rinunciatarie. Di essa il Signore stesso si prenderà cura, se gliela affidiamo, perché non venga soffocata dal male. Ne ha bisogno il mondo e ne abbiamo bisogno noi stessi, perché la vittoria sul male è possibile e ci è offerta, se noi non la rifiutiamo.

 

Preghiere

Ti ringraziamo o Padre del cielo per la umile disponibilità di Maria che seppe farsi carico della storia di tutta l’umanità e accogliere in sé la salvezza del mondo. Dona anche a noi di essere strumento della forza della resurrezione nella lotta contro il male,

Noi ti preghiamo

 

O Dio nostro, proteggi la debolezza delle vite minacciate, come salvasti il piccolo Gesù dalla violenza di Erode. Fa’ che chi è piccolo e indifeso sia scampato da ogni male e goda della tua benedizione,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù perché non viviamo rinchiusi nel piccolo mondo delle nostre esistenze private, ma ci apriamo alla dimensione universale della lotta fra il bene e il male che si combatte nel mondo. Rendici in essa tuoi alleati fedeli e generosi,

Noi ti preghiamo

 

Scampa o Dio quanti sono minacciati dalla violenza, la guerra e il terrorismo e vivono nel dolore. Liberaci tutti dalla radice di peccato che ci unisce in Adamo, per essere invece partecipi della vera pace portata da Cristo,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio il nostro papa Francesco nel suo impegno senza sosta per la predicazione del Vangelo e per la testimonianza del tuo amore. Fa’ che ciascuno di noi sia toccato dalle sue parole e dal suo esempio per vivere una maggiore autenticità evangelica,

Noi ti preghiamo

Guida e proteggi o Signore Gesù tutti i tuoi figli che oggi nel mondo invocano la tua Madre come protettrice e guida. Fa’ che con la sua stessa umiltà e umanità sappiamo tutti fare spazio a Cristo nelle nostre vite,

Noi ti preghiamo.

sabato 10 agosto 2019

XIX domenica del tempo ordinario - Anno C - 11 agostro 2019




Dal libro della Sapienza 18, 6-9                                                                     

La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.

 

Salmo 32 - Beato il popolo scelto dal Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.



Dalla lettera agli Ebrei 11, 1-2.8-19

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 12, 32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».  Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’autore della lettera agli Ebrei ci propone oggi alcune persone della storia di Israele come esempi di fede vissuta.

Innanzitutto Abramo. Egli, ci dice questo testo, “partì senza sapere dove andava” abbandonando un luogo e una vita già costruita, era infatti anziano e benestante, anche se senza figli, per inseguire la promessa ricevuta da Dio di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e una terra felice in cui essa potesse vivere.

Poi sua moglie Sara, “ricevette la possibilità di diventare madre” e l’accolse, dice il testo, “sebbene fuori dell’età” cioè in una situazione che lo avrebbe sconsigliato, per molti motivi, sempre perché “ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso”, cioè Dio.

Di nuovo “Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio” in quel sacrificio che proprio oggi i nostri fratelli musulmani ricordano e celebrano solennemente nella festa dell’Aid-al-Adha.

Da quanto detto sembra che l’autore della lettera voglia dirci che la fede consiste nel compiere azioni assurde, rischiose e fuori dalla logica. Ma non è questa l’essenza del messaggio, questa ne è la percezione superficiale che noi, paurosi e attaccati al nostro presente, avvertiamo davanti a simili esempi. In realtà le scelte di Abramo e sua moglie Sara non furono decisioni avventate e prese per un capriccio eccentrico, ma la docilità al disegno di Dio, del quale hanno avvertito l’attrazione, anche se, allo stesso tempo, si rendevano conto della sua incomprensibilità secondo le logiche umane. Ma sulla paura e sull’attaccamento al loro presente prevalse la fiducia in un Dio che credevano buono e capace di realizzare quello che prometteva e di aprire, attraverso di loro, un futuro diverso per un popolo imprevedibilmente largo.

Spesso anche noi siamo messi davanti a scelte difficili, nelle quali tutto sembra consigliarci di seguire la logica del metterci al sicuro, di allontanare ogni rischio, di seguire l’esempio della maggioranza e fare come tutti, di obbedire alle abitudini, alle consuetudini del “si è sempre fatto così”. Quante volte, forse, così facendo abbiamo rifiutato la proposta di Dio di divenire anche noi benedizione per un popolo grande e padri e madri di un futuro diverso, come furono Abramo e Sara?

Spesso le nostre scelte danno ragione alle nostre paure perché si fondano sullo sguardo miope che cerca nell’immediato i frutti e i risultati del proprio agire. La lettera agli Ebrei infatti sottolinea come Abramo e Sara “Nella fede morirono … senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.” Essi infatti, ci narra il libro della Genesi, non videro realizzata pienamente la promessa, ma poterono solo scorgerla da lontano. Eppure per quella promessa essi avevano speso la loro esistenza, ma, dice la Scrittura, morirono “sazi di giorni” cioè felici e soddisfatti di aver aperto una via nuova attraverso la quale le generazioni future poterono abitare quella terra, fino ai giorni nostri, come terra della promessa di Dio di un futuro con lui. Preferirono questo a veder magari realizzati i loro piccoli sogni personali di un po’ di soddisfazione personale, la “patria” di sempre, conosciuta e senza pericoli, ma anche senza futuro e spenta di vita. Essi rischiarono, faticarono e gioirono perché videro che era possibile raggiungere la terra della promessa di Dio di un futuro con lui.

Per questo, conclude l’autore della lettera, “Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.” Questo possa essere vero anche per noi: che Dio non debba provare vergogna per uomini e donne tiepidi, dallo sguardo ripiegato solo sulla propria convenienza e sulla realizzazione immediata dei propri progetti, lamentosi per ciò che non li soddisfa, incapaci a farsi canali attraverso i quali si apre un futuro nuovo per le generazioni a venire, ascoltatori delle promesse di Dio e docili a realizzarle nella propria vita, audaci apritori di nuove strade che conducono alla terra della promessa di Dio di un futuro con lui.

 

Preghiere

Ti ringraziamo o Signore perché ci raduni nel tuo piccolo gregge a cui prometti in eredità il Regno dei cieli, vera patria di ogni uomo. Fa’ che restiamo uniti a te ed ai fratelli per non perdere il privilegio di far parte di essa.

Noi ti preghiamo

 Ti preghiamo anche, o Signore Gesù, per tutti coloro che non ti conoscono e non ti amano. Fa’ che il nostro esempio li attragga verso di te e faccia loro scoprire la bellezza della vita evangelica.




Noi ti preghiamo


O Padre misericordioso, aiuta in questo tempo difficile tutti coloro che sono messi a dura prova dal clima e dalla dimenticanza: gli anziani, i malati, i prigionieri, i soli, coloro che sono senza casa. Sostienili e proteggili da ogni male.

Noi ti preghiamo

 

Non far mancare il tuo aiuto, o Dio del cielo, a tutti coloro che in questi giorni sono stati colpiti dalla violenza, dalla guerra e dal terrorismo. Dona al mondo intero pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore, o Padre Misericordioso, tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che ogni comunità riunita nel tuo nome sia un segno di pace e riconciliazione, un piccolo gregge che anticipa il Regno di amore che erediteranno.

Noi ti preghiamo

 

 

 

Benedici o Dio i nostri fratelli e sorelle di fede musulmana che celebrano oggi la festa del sacrificio di Abramo. Fa’ che tutti noi, ebrei cristiani e musulmani, che siamo uniti nella discendenza da Abramo nella fede sappiamo costruire assieme un futuro di pace e amore reciproco.

Noi ti preghiamo.