sabato 28 settembre 2019

XXVI domenica del tempo ordinario - Anno C - 29 settembre 2019


 
 
Dal libro del profeta Amos 6, 1.4-7

Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti. 

 

Salmo 145 - Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. 

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 6, 11-16

Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo. A lui onore e potenza per sempre. Amen. 

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, 

si è fatto povero per noi
Alleluia, alleluia, alleluia.



Dal vangelo secondo Luca 16, 19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». 

 
Commento


Cari fratelli e care sorelle, La storia del ricco che banchetta e il povero Lazzaro la conosciamo bene e, ogni volta che l’ascoltiamo, ci mette in imbarazzo: come è facile sentirsi dalla parte del ricco, ed in effetti lo siamo veramente. E non c’è bisogno di essere milionari, poiché davanti alle masse di diseredati anche solo un limitato benessere diventa una grande ricchezza. In fondo il racconto di Gesù caratterizza il ricco per il fatto di vestire bene e mangiare abbondantemente tutti i giorni, mentre Lazzaro non aveva cibo pari nemmeno agli avanzi della tavola del ricco. È la situazione di molti ancora nei nostri tempi.
Ma oggi vorrei con voi soffermarmi su un aspetto del rapporto fra i due protagonisti che ci aiuta a capire più in profondità tutta la parabola.
Lazzaro si trovava “alla porta” del ricco e la sua povertà era assai evidente: ha fame, è coperto di piaghe, non ha nessuno che lo assiste, se non i cani. Dunque egli è ben visibile agli occhi del ricco, ed anche la sua condizione è evidente. Ogni volta che entra ed esce di casa lo incontra. Eppure non fa nulla per lui, nemmeno si ferma a parlare con Lazzaro. Come mai?
Fratelli e sorelle, il motivo è semplice: perché è un estraneo. Cioè non rientra nelle categorie di quelli nei confronti dei quali ha obbligo, legale o solo formale, di darsi da fare. Non è un parente, né un amico, né una persona che frequenta in società. Non c’è neppure quell’altro legame che è la convenienza: se fosse stato un ricco o un potente non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione, incontrandolo anche solo casualmente, di fermarsi a parlare con lui e di fare di tutto per risultargli simpatico. Il fatto che quel ricco evita Lazzaro non si basa nemmeno su un giudizio negativo, non lo considera un malvagio o un disonesto pericoloso. Niente di tutto questo: ignora Lazzaro semplicemente perché per lui è un estraneo. E questa estraneità rende il povero, che era a pochi passi da lui, lontanissimo, praticamente invisibile. Esistono tante regole non scritte per definire quel confine invisibile ma netto dell’estraneità, tanto che una volta un pio dottore della legge, messo da Gesù davanti alla necessità di occuparsi del prossimo, gli chiede stupito: “E chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29) come a dire: “come faccio a riconoscerlo se non mi dai dei criteri precisi su chi posso considerare estraneo e chi no?”

Questa storia che Gesù ha raccontato quasi duemila anni fa descrive perfettamente come funziona il mondo, da allora fino ad oggi. L’estraneità continua a permettere che le ingiustizie anche più evidenti e scandalose passino inosservate e vengano accettate come normali. E non è un caso che il maligno, personificazione della forza del male che vuole disumanizzare il mondo e i suoi abitanti, agisca proprio come “diàbolos”, cioè come “divisore”, aumentando sempre più l’estraneità fra persona e persona e fra l’uomo e Dio.

Gesù, nascendo fra noi, abbatte l’ultimo muro di estraneità fra Dio e l’uomo, ed una delle prime cose che fa quando inizia il suo ministero pubblico è costruire attorno a sé una famiglia di amici, i dodici, che non si considerano fra loro estranei, anche se non erano parenti o amici, e, sull’esempio di Gesù, non considerano nessuno un estraneo. Sono “fratelli” di tutti, legati con ciascun uomo dalla comune figliolanza a Dio che Gesù vuole che chiamino “Padre nostro” e non “mio”. E sempre per questo Gesù li invia a predicare “due a due”, perché il loro modo di volersi bene fosse il primo annuncio di una buona notizia: l’estraneità è vinta, siamo fratelli!

È questo il grimaldello che Gesù ci dona per scardinare le porte pesanti sbarrate davanti ai Lazzari di ogni tempo, quelle fisiche e quelle dei cuori. È una vera e propria rivoluzione che offre un nuovo fondamento al rapporto con gli altri: non solo allarga un po’ più in là il confine dell’estraneità, ma lo elimina del tutto e fa vedere le cose in modo diverso. Persino dall’inferno il ricco non smette di vedere Lazzaro come un estraneo e non si rivolge a lui per chiedergli la grazia del refrigerio, ma dice a Dio di mandarlo, con tono superiore.

Essere fratelli e sorelle, e non estranei, cambia tutto. Cambia il modo di vedere e di reagire, le parole, il comportamento, ogni aspetto della vita.

Ma c’è qualcosa di ancora più importante: infatti solo chi vede in ogni essere umano un fratello e una sorella riesce a vedere in Dio un Padre. Chi considera gli altri estranei non è che non crede in Dio, ma non si sente suo figlio, e la differenza è abissale. Potrà temerlo, venerarlo, persino obbedirgli, ma non lo amerà e non si lascerà amare come un figlio da suo padre. Sarà un suddito o un servo, un cliente in cerca di favori o un commerciante pronto a scambiare merce. Ma non un figlio.

È la domanda che si pone Giovanni nella sua lettera: “Come può amare Dio che non vede chi non ama i fratelli che vede” (1Gv 4,20b).

Cari fratelli e sorelle, l’estraneità è una grave malattia di cui siamo tutti malati e le cui conseguenze estreme sono sotto i nostri occhi: guerra e violenza, ingiustizia e povertà, distruzione dell’ambiente naturale e sociale. Pure Amos, come abbiamo ascoltato, condanna l’atteggiamento indifferente agli altri di chi si gode, legittimamente, il proprio tranquillo benessere, ma ignora il fratello in difficoltà: “Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. … ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.

Come fare per uscire da questa malattia? La parabola di Gesù indica una via. Niente infatti è così potente guaritore quanto un ascolto attento e disponibile della Parola del Signore: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro … Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.”

Sì, per fortuna abbiamo la Scrittura che ci indica la via della fraternità con ogni essere umano per giungere alla figliolanza di Dio Padre. Ad essa affidiamoci con cuore docile perché l’esempio del Signore e le sue parole aprano le porte chiuse del nostro cuore.  



Preghiere

O Signore fa’ che non chiudiamo la porta per escludere te e i fratelli dalla nostra vita, ma aiutaci invece a mettere al centro chi ha più bisogno del nostro aiuto.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo che hai donato tutta la tua vita per la salvezza nostra, liberaci dalla prigione dell’egoismo per essere tuoi figli e discepoli.

Noi ti preghiamo

 


O Padre del cielo guarda con amore a tutti coloro che danno valore solo a ciò che è materiale ed esteriore, fa’ che scoprano presto che ciò che conta veramente è l’amore e la compassione.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore perché liberi le nostre società occidentali dai mali che le affliggono: l’indifferenza per chi è debole, la perdita di senso, la xenofobia, la chiusura in se stessi. Fa’ che riscoprano presto la vocazione ad essere luogo di incontro e di accoglienza.

Noi ti preghiamo

 

Perdona Signore tutte le volte che abbiamo considerato gli altri solo per la loro utilità a noi. Fa’ che impariamo a conoscere e apprezzare sempre più il valore dell’amicizia gratuita e senza interesse.

Noi ti preghiamo

 
Aiuta e proteggi o padre santo i nostri fratelli e sorelle più giovani che imparano col nostro aiuto ad essere tuoi discepoli e amici. Fa’ che tutti noi sappiamo accompagnarli con affetto e preghiera.

Noi ti preghiamo.

 Sostieni o Padre misericordioso tutti coloro che hanno bisogno del tuo aiuto: i malati, gli anziani, i senza casa, i prigionieri, i sofferenti. Fa’ che la loro vita sia consolata e liberata dal male.


Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Signore tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che l’annuncio del vangelo raggiunga coloro che ancora non ti conoscono e cambi la loro vita.

 Noi ti preghiamo


sabato 21 settembre 2019

Festa dell'Esaltazione della Santa Croce - Anno C - 14 settembre 2019




Dal libro dei Numeri 21, 4b-9

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì.  Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.  Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

 

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore! 

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.


Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi 2, 6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

 
Commento


Cari fratelli e care sorelle, celebriamo oggi una festa antica e solenne, quella dell’Esaltazione della Santa Croce. Questa festa viene a riproporci, lontano dai giorni della Passione del Signore, di soffermarci sulla croce, lo strumento di morte di Gesù. In modo particolare per noi questa festa diviene ancora più solenne perché ricorda il titolo a cui la nostra chiesa è dedicata e che costituisce, per così dire, la santa “protettrice” della nostra comunità cristiana.



Il brano del libro dei Numeri appena ascoltato ci presenta gli ebrei mentre compivano il loro cammino nel deserto che li portava dall’Egitto della schiavitù alla terra promessa della libertà. È sempre difficile e irto di ostacoli il cammino verso la libertà, e gli ebrei se ne lamentano con violenza: “In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero.”

Anche noi siamo invitati dalla Scrittura a compiere un esodo dalle schiavitù che ci legano ai modi di essere e di vivere che stanno portando il nostro pianeta all’autodistruzione. Si parla molto in questi giorni di come le scelte avventate del consumismo e lo sfruttamento irragionevole e oltre ogni limite dell’ambiente naturale stanno portando a forme di rigetto da parte della natura con conseguenze devastanti e mettendo in serio dubbio il futuro delle generazioni a venire, che sembrano, anche per questo, le più preoccupate. A questo scenario papa Francesco lega strettamente anche le scelte che, in modo corrispondente, l’umanità compie in termini di sfruttamento delle popolazioni più povere e di rifiuto di condividere le risorse del mondo con chi ad esse non riesce ad accedere neanche per il minimo indispensabile alla vita. La distruzione della nostra casa comune naturale è di conseguenza anche sempre più la distruzione della convivenza pacifica in essa fra popoli e genti, con la conseguenza dell’inasprirsi delle guerre e delle violenze che scoppiano qua e là incontrollate e, spesso, dimenticate.

Eppure le vie di uscita da questo destino sono note. Gli scienziati ce le indicano: cambiamento dello stile di vita, rinuncia agli sprechi, scelte “verdi” per i nostri consumi, così come anche il papa indica nell’accoglienza agli immigrati e l’apertura ad una mondializzazione dell’amore le vie per uscire dalla situazione attuale. Si tratta di uscire dall’attuale terra della schiavitù e incamminarci verso la terra della libertà futura, di una vita migliore da consegnare alle prossime generazioni.

Non si può negare che questo cammino è, come per gli ebrei, difficile e irto di ostacoli. E come per Israele c’è un rifiuto tenace a continuare il cammino e il tentativo di conservare lembi di ingiusti privilegi. Neppure i morsi dei serpenti velenosi ci rendono più docili. Essi sono le guerre e le violenze diffuse, il terrorismo, i disastri ambientali, come le devastazioni dell’uragano Dorian sulle Bahamas e le coste americane e l’incendio dell’Amazzonia, le grandi ingiustizie e le loro conseguenze di morte. Essi sono come i morsi di un ambiente naturale e umano degradato e ormai giunto allo stremo.

Che cosa possiamo fare?

Dio propose a Mosè di innalzare l’immagine di un serpente di bronzo per far sì che gli uomini morsi dai serpenti si salvassero e potessero riprendere il cammino verso la libertà. A noi, in modo analogo, oggi viene proposto di rivolgere lo sguardo all’immagine del crocefisso come colui dal quale può giungere a noi la salvezza dal morso malvagio del mondo impazzito e la forza per prendere una direzione nuova che cambi la situazione attuale.

Perché quella croce è immagine di chi, come ci ricorda Paolo: “non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo”. Sì, Gesù fin sulla croce non antepose il proprio interesse o quello della propria gente, quello che nel mondo di oggi si afferma in modo sprezzante dicendo: “prima noi, prima gli italiani, o l’America, ecc…”, ma si fece servo del bene di tutti, a partire proprio da quelli che ne avevano più bisogno. E proprio la croce ci ricorda come per Gesù vivere così, facendo prima l’interesse degli altri, lo portò non solo a salvare tanti poveri, malati, indemoniati, ecc…, ma anche a ottenere il meglio per sé, cioè la resurrezione che vinse la propria morte e lo glorificò in modo definitivo.

Anche noi, fratelli e sorelle, seguiamo il suo esempio e non solo ci libereremo dai morsi avvelenati di un mondo impazzito nelle sue duplici realtà naturale e sociale, non solo vinceremo le paure e le resistenze a continuare il cammino di liberazione dal modo di vivere che rafforza il degrado naturale e umano, ma riceveremo, come Gesù, anche noi il dono di una vita che non finisce, perché preservata da Dio che ha voluto che il creato vivesse nell’armonia e nella pace e che l’uomo in esso si legasse ai suoi simili da un vincolo di fraternità e di amore universale, unica garanzia di eternità.  

Preghiere

O Signore Gesù, dalla croce a cui sei stato inchiodato ci provochi ad un amore per tutti ed alla misericordia. Fa’ che rispondiamo con disponibilità al tuo invito,
 
Noi ti preghiamo
 

O Dio nostro Padre, dona con abbondanza a tutti gli uomini l’amore che fa mettere al primo posto il bene degli altri e che fa riconoscere in ognuno il proprio fratello e la propria sorella,
 
Noi ti preghiamo


O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di restare accanto alle croci piantate nel mondo per aiutare quanti oggi ne sopportano il peso,

Noi ti preghiamo

 
O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano viaggi rischiosi e faticosi per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi quanti fuggono per mare e per terra, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura,  

Noi ti preghiamo


 
Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Dona pace ai paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo,

Noi ti preghiamo
 

Dona o Signore salvezza al mondo intero, specialmente dove ora regna ingiustizia e povertà. Fa’ che il bene regni nel mondo, dove oggi c’è disuguaglianza e sfruttamento,

Noi ti preghiamo
 

Ascolta o Dio l’invocazione di papa Francesco e di quanti ti chiedono il dono di prendersi cura della casa comune naturale e umana. Fa’ che ogni uomo e ogni donna sappia imitare te, uomo della fraternità universale e Dio della misericordia,

Noi ti preghiamo

 Sostieni o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, radunali nella famiglia dei discepoli che si riuniscono ai piedi della tua croce per celebrarti risorto e nutrirsi del tuo corpo e sangue. Proteggili da ogni pericolo e dalla tentazione di fuggire dalla croce,

Noi ti preghiamo

sabato 7 settembre 2019

XXIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 8 settembre 2019




Dal libro della Sapienza 9, 13-18
Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza». 
 
Salmo 89 - Signore, per noi sei un rifugio sicuro.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi, +
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia; +
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: +
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. 


Dalla lettera a Filèmone. 9b-10. 12-17
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. 
 
Alleluia, alleluia alleluia.
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 14, 25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». 
 
Commento
 
Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci riporta le parole di Gesù con le quali il maestro mette bene in luce la differenza fra essere parte della massa dei seguaci di Gesù (“una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro”) ed essere discepoli. Gesù lo fa attraverso degli esempi concreti: “Colui che non [fa una certa cosa], non può essere mio discepolo.” Innanzitutto, il Signore vuole affermare come il seguace confuso nella folla, da lontano, il simpatizzante anonimo, colui che si accontenta di un’identità sociale di gruppo, non è un discepolo. Esserlo infatti è una scelta e un lavoro lungo e impegnativo, tanto che Gesù sceglie come esempio del discepolo colui che decide di costruire una torre, una scelta assai impegnativa, o chi arma un esercito per andare contro un nemico, cosa altrettanto complessa e onerosa, o chi trascina sulle proprie spalle una croce. Ma di tutte queste opere complesse Gesù mette in luce non tanto la faticosità o la difficoltà, così come a noi viene spontaneo se pensiamo a tali imprese, ma il fatto che bisogna prepararsi bene ad affrontare una scelta così impegnativa. Dice infatti: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? …  Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?” Il discepolo cioè è per Gesù colui che, compiuta la scelta impegnativa di divenire tale, non si getta nella mischia a casaccio, usando quello che gli capita in mano, le conoscenze, gli strumenti che già possiede, ma cerca di procacciarsi quello che veramente gli è utile per portare a termine con successo questo impegno. Invece chi rimane nella folla ha l’impressione di seguire Gesù, in realtà segue la corrente, il vicino, la moda, le abitudini, senza capire dove e perché va’. In questo modo Gesù nemmeno lo si sente o lo si vede. Mentre si crede di camminare dietro a Gesù si è facilmente distratti da se stessi, dai propri umori e preoccupazioni e come ci si comporta conta poco: nella folla ci si pesta i piedi, ci si difende dal vicino, si sgomita o ci si siede in un angolo. Insomma ci si illude di fare molta strada dietro a Gesù, ma invece ci si ritrova fermi o a girare attorno a sé. 
Ma allora quali sono quegli strumenti necessari sui quali bisogna fermarsi a riflettere bene per evitare il rischio di non essere veri discepoli? Gesù indica soprattutto due cose: la prima è amarlo più di tutti, persino più di quelli che naturalmente siamo portati ad amare più intensamente, come i nostri genitori, figli, parenti, ecc… e poi rinunciare a fare affidamento sui propri beni.
Tre anni fa veniva canonizzata Madre Teresa di Calcutta. In questa piccola-grande donna possiamo vedere, e capire meglio, l’esempio di una persona che è uscita dalla folla per seguire Gesù come una vera discepola. Teresa divenne suora a 18 anni. Per 20 anni insegnò nella scuola della sua congregazione in India. Sì può dire che il suo era un itinerario di cristiana seria, tanto da andare in India e dedicarsi alla vita religiosa. Eppure, ad un certo momento si rese conto che la sua non era una vita da discepola iniziò un nuovo itinerario dedicandosi all’incontro personale, e non nella folla, con il Signore nella preghiera e nel servizio ai poveri.
Per poter fare questo cambiò radicalmente vita dopo lunga riflessione. Una volta ha detto: “Come possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo i nostri vicini che vediamo, tocchiamo e con i quali viviamo?” parafrasando 1Gv 4,20: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.” Madre Teresa cominciò ad amare Dio prima di tutto accogliendo e aiutando i più poveri fra i poveri, i moribondi abbandonati per strada a morire da soli e senza cure, e poi tante altre persone povere in tutto il mondo.
Potremmo dire che queste sono azioni eroiche, possibili solo a persone eccezionali. A questo proposito Madre Teresa ha detto alle sue suore: “Fate non delle grandi cose, delle piccole cose ma con grande amore. La sofferenza in sé e per sé non è nulla, ma la sofferenza condivisa è gioia, è un dono meraviglioso.” Mi sembra che queste parole semplici e molto chiare dicano molto di cosa significhi essere discepolo: non è una scelta eroica, ma vivere la vita ordinaria amando molto, soprattutto coloro che soffrono. È questa la via, ci dice la testimonianza di Madre Teresa, per gustare la vita evangelica che è ascoltare Gesù in prima persona e prenderlo sul serio vivendolo ciò che lui dice in modo concreto. È un messaggio semplice e pratico col quale siamo chiamati a misurarci per imparare a uscire dalla folla confusa e pigra per divenire veri discepoli del Signore.
 
Preghiere

O Dio del cielo donaci il desiderio e la tenacia di venirti incontro, perché sappiamo imparare da te la forza trascinante dell’amore vero.

Noi ti preghiamo
 

Insegnaci o Signore a vivere come te, dando ad ogni nostro gesto e parola il contenuto profondo della vicinanza del Padre celeste ai suoi figli.

Noi ti preghiamo

 
Sostieni, o Dio di misericordia, i nostri passi incerti nel cammino dietro di te. Fa’ che usciamo dalla folla confusa per incontrarti come un amico.

Noi ti preghiamo

 

Apri i nostri occhi e i nostri cuori perché sappiamo sempre riconoscere in chi incontriamo un fratello da amare e una sorella da sostenere.

Noi ti preghiamo
 
 

Ti ringraziamo Signore per la vita e l’esempio di tanti santi che hanno deciso di seguirti sulla strada di un amore grande per tutti. Aiutaci a seguirne i passi senza paura.

Noi ti preghiamo
 

Accogli o Padre misericordioso tutti quelli che oggi si rivolgono a te per implorare aiuto e sostegno. Guarisci i malati, sostieni i deboli, guida tutti verso la salvezza dal male.

Noi ti preghiamo.

 

Concedi o Dio al mondo il dono della pace, e specialmente alla Siria, l’Afghanistan, la Libia martoriate da anni di guerra. Consola le vittime dei conflitti e fa’ che al posto del frastuono delle armi risuoni il ringraziamento dei tuoi figli per la concordia ritrovata.

Noi ti preghiamo

 

Guida o Padre buono il nostro papa Francesco pellegrino in Africa, perché con le sue parole e il suo esempio accompagni l’umanità sulla via della vera pace.

Noi ti preghiamo