giovedì 31 dicembre 2020

Te Deum di ringraziamento - Anno B - 31 dicembre 2020

 


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 2, 18-21

Figlioli, è giunta l’ultima ora. Come avete sentito dire che l’anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora. Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri. Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità. 

 

Salmo 95 - Gloria nei cieli e gioia sulla terra.

 

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

Alleluia, alleluia alleluia.

Il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni1, 1-18
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo raccolti nella casa di Dio per questa ultima Liturgia dell’anno attraverso la quale vogliamo ringraziarlo per questo tempo che ci ha donato.

Una facile battuta potrebbe sorgere spontanea: “Ma di che cosa possiamo ringraziare Dio in un anno così brutto e pieno di tragedie?”

È vero tanti hanno sofferto e sono morti, e le condizioni di vita di molti sono peggiorate, ma questo non è motivo per non ringraziare il Signore per un anno vissuto in sua compagnia.

Una mentalità pagana ci fa credere infatti che la vicinanza di Dio si misura con il successo avuto, come se la sua benedizione corrispondesse alla quantità del nostro benessere. È una mentalità che ha fatto dire a tanti che la pandemia è una punizione di Dio mandata sull’umanità perché essa si è allontanata da lui. Ma Dio non è vendicativo e pieno di pretese, come siamo noi uomini. È una caricatura falsa e cattiva. Gesù è morto e risorto non certo per i meriti degli uomini, ma come un dono gratuito offerto a ciascuno di noi senza garanzia di ricevere un contraccambio, nemmeno di essere ringraziato per quello che ha fatto.   

Non è Dio che ha abbandonato gli anziani in istituto facendoli morire e soffrire in solitudine.

Non è certo Dio che con la crisi economica ha fatto arricchire ancora di più chi già era benestante e impoverire i più poveri.

Non è certo Dio che ha lasciato tanti bambini già precedentemente svantaggiati senza scuola e sostegno.

Insomma il mondo come è lo abbiamo costruito noi uomini e se oggi è inquinato, sull’orlo di una crisi ecologica globale, malato e impoverito non è certo per colpa di Dio che lo ha creato con una natura bella e incontaminata.

Quello che oggi possiamo dire è piuttosto che nonostante noi e come siamo fatti e come agiamo Dio non è venuto meno al patto di fedeltà sugellato col sangue del suo figlio, cioè col dono di tutto sé stesso, fino alla morte.

Noi possiamo e dobbiamo ringraziare Dio perché nonostante il peccato che la pandemia ha fatto emergere in tante situazioni, nonostante le ingiustizie che si sono realizzate, nonostante la dimenticanza e la nostra distanza egli ha accompagnato l’umanità con misericordia, tenerezza e vicinanza.

Di questo oggi ringraziamo.

Come dice l’evangelista Giovanni nel prologo del suo Vangelo: “Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.” Questo rifiuto di Dio presente nella vita degli uomini ha ridotto il mondo come oggi lo vediamo.

Ma Giovanni continua: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.” Cioè, nonostante l’inaccoglienza subita Dio è rimasto con noi offrendoci il potere di divenire come lui, cioè offrendoci tante occasioni per voler bene come lui, per portare tanti buoni frutti di un amore straordinario, gratuito e generoso, rivolto a tutti e aperto all’imprevisto.

Di questo oggi vogliamo ringraziare Dio, per averci reso ancora una volta capaci di voler bene come lui vuole a noi. Il nostro ringraziamento diventi una benedizione per ogni persona che ci sta accanto e per quanti nel mondo attendono con impazienza un tempo nuovo.

Preghiere

 

O Signore, re della pace e amico dei piccoli, ti ringraziamo perché nascendo in mezzo a noi ci confermi che non sei lontano e indifferente alle sofferenze degli uomini. Rendici come te: fratello, sorella e amico.

Noi ti preghiamo

  

O Dio ti ringraziamo perché in questo anno non hai smesso di radunarci attorno alla mensa della tua Parola e del tuo Copro e Sangue. Continua a nutrirci e fortificarci perché diveniamo operai degni di lavorare nella tua vigna.

Noi ti preghiamo

 

 

Ti ricondiamo o Padre del cielo quanti in questo anno hanno sofferto per la malattia, per quanti sono morti in solitudine, per chi è rimasto senza lavoro. Sostieni e consola ciascuno con la tua vicinanza misericordiosa.

Noi ti preghiamo

 


O Signore Gesù che doni la vera pace, fa’ cessare le guerre in ogni luogo del mondo, suscita operatori di pace e costruttori della giustizia, perché tutti possano vivere il bene che tu hai preparato per noi.

Noi ti preghiamo

 


Ti preghiamo per quanti nel mondo ti invocano e celebrano il tuo amore. Perché non smettiamo mai di ringraziarti per il dono della fede e della fraternità universale,

Noi ti preghiamo


 

Proteggi o Dio, guida e benedici il nostro papa Francesco e tutti gli uomini che compiono la tua volontà. Rendici tutti discepoli fedeli del Vangelo e costruttori del Regno,

Noi ti preghiamo.

sabato 26 dicembre 2020

Domenica della Santa Famiglia - anno B - 27 dicembre 2020

 




Dal libro della Genesi 15, 1-6; 21, 1-3

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

 

Salmo 104 - Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Dalla lettera agli Ebrei 11, 8.11-12.17-19

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi la Chiesa, a poche ore dall’annuncio della nascita di Gesù, ci propone di soffermarsi sull’ “ambito” in cui è nato Gesù, la sua Famiglia. Noi abbiamo l’idea che la famiglia è qualcosa di naturale, cioè regolato da cromosomi già presenti nel nostro codice genetico. Quello che possiamo e dobbiamo fare sarebbe quindi assecondare questo istinto naturale per ottenere la realizzazione del bene nostro e dei nostri cari. Eppure il Vangelo ci insegna che l’amore, sì, anche quello famigliare, è qualcosa che non troviamo dentro di noi, come un dono innato, ma che riceviamo innanzitutto da Dio e da lui impariamo a coniugarlo nelle tante realtà della vita, anche nella famiglia. È allora quanto mai opportuno soffermarci su questa realtà della vita di ciascuno, perché ciascuno di noi è nato in una famiglia, molti di noi vivono in un contesto familiare o comunque lo hanno come riferimento principale nell’indicare un ambito di gente che si vuole bene. Non è un caso che la Chiesa infatti ha scelto di usare il linguaggio familiare per indicare la relazione di affetto che lega i componenti della comunità dei discepoli riuniti dal Signore. Ci chiamiamo infatti fratelli e sorelle, chi ha un ruolo protettivo e di guida si chiama padre o madre.

Come è allora la famiglia per il Signore Dio?

Abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro della Genesi Abramo esporre il dramma del suo futuro: non ha un discendente. Eppure Abramo non si può lamentare: è benestante, possiede molte greggi e ha una larga cerchia di servi che gli garantiscono un futuro sicuro per tutta la vita. Potrebbe dirsi, come il ricco possidente del vangelo di Luca: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.” (12,19) Abramo si dispiace che il cammino della sua vita non sia accompagnato da una famiglia che ne continui l’eredità.

Abramo rivela una preoccupazione che spesso è assente nella nostra mentalità contemporanea che vive tutta schiacciata sul presente. Per noi quello che conta è l’ “adesso” dei miei stati d’animo, delle mie soddisfazioni e del benessere, di cui parlavamo anche a Natale. Se benessere e sicurezza mi sono garantiti oggi e domani, il dopo non mi riguarda.

Ne è un esempio evidentissimo la scarsa preoccupazione per lo “stato di salute” del creato che rischiamo di consegnare alle generazioni future in una situazione critica per lo sfruttamento che oggi gli viene imposto per garantire alla nostra generazione presente una condizione di benessere. Ma anche lo si vede nello scarso senso del bene comune, cioè di quel benessere che oltrepassa il mio circoscritto interesse presente, per abbracciare invece il bene dell’intera società e delle generazioni future.

Abramo invece no, si preoccupa di chi verrà dopo di lui. Egli lo fa perché guarda la propria esistenza inserita in un disegno più grande, quello della realizzazione della pienezza di vita come Dio la intende. La sua cioè è una prospettiva di fede. Lo mette bene in chiaro la lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato poco fa: “per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, … Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco.” Insiste l’autore della lettera: “per fede.” La logica di Abramo nell’accogliere la volontà di Dio infatti non persegue la propria convenienza immediata ma tiene conto che la propria esistenza si inserisce in un disegno che è iniziato prima di noi e ci supera oltre la nostra esistenza, ma nel quale il nostro contributo è significativo. Abramo non è fatalista né autoreferenziale, cioè non pensa né “sarà quel che sarà” né “sto attento a quello che mi conviene e mi tengo stretto quello che ho” ma accetta di essere parte di un processo lungo e in continuo progresso, quello della storia di amore di Dio con l’uomo. Esso conosce un inizio, uno sviluppo e tende verso la conclusione della piena unione fra Dio e l’uomo. Abramo sa di essere e si concepisce come un pezzetto di questa storia e sente la responsabilità di farla avanzare verso la direzione giusta.

A questo problema esposto da Abramo Dio non risponde solo garantendogli la nascita di un figlio e quindi la continuità, ma con una prospettiva che supera di molto il confine angusto della sua famiglia in senso stretto. Dio gli dice infatti: “«Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».” Dio cioè lo inserisce in un orizzonte ampio, direi sconfinato e lo rende capostipite e responsabile di un popolo immenso. Potremo dire ad Abramo che si lamenta di non avere un figlio Dio indica un intero popolo da fondare, far crescere, indirizzare, curare. Questa è la prospettiva della famiglia per chi, come Abramo, la guarda alla luce della fede in Dio.

Abbiamo anche noi la stessa preoccupazione? Viviamo alla luce della fede che trova nel volere di Dio la realizzazione del proprio bene? O piuttosto pensiamo che il mio bene sia l’autorealizzazione, come si dice comunemente oggi, anche a discapito degli altri e delle generazioni future?

Anche Simeone e Anna, descritti dal Vangelo di Luca oggi, hanno lo stesso atteggiamento. Sono vecchi, hanno poco da vivere, eppure attendono un futuro nuovo: la salvezza del popolo. Non la propria, dei propri cari, ma quella del popolo tutto. Vedendo Gesù intuiscono in lui l’aprirsi di un varco attraverso il quale passa la vicinanza di Dio, la comunione con lui, quello cioè che costituisce il traguardo dell’umanità.

Per questo sentono appagata la loro attesa e riempita di senso la loro intera esistenza. Quel bambino che stringono fra le braccia è il senso della loro vita passata in attesa, ma anche la prospettiva per il futuro di tutta l’umanità. “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace” dice Simeone.

Fratelli e sorelle, oggi la Chiesa ci propone all’attenzione la Famiglia di Gesù. Da essa a Natale abbiamo ricevuto in dono la presenza del Signore che nasce per crescere con noi.

Come Abramo guardiamo a questo Natale, alla nostra vita e al nostro presente con gli occhi della fede che ci fa scoprire la prospettiva ampia, lunga e responsabile, come Dio vuole che essa sia, non solo per me stesso, ma per l’umanità intera.

Preghiere 

 Ascolta o Signore la nostra preghiera davanti alla mangiatoia di Betlemme: che in ogni uomo e donna ci sia posto per il desiderio di un futuro nuovo e la disponibilità a costruirlo,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Padre del cielo i tanti bambini che nel mondo faticano a vivere, oppressi dalla violenza, dalla guerra, dalla fame e dallo sfruttamento degli adulti. Falli crescere liberi dal male e felici,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Dio, che ti sei fatto uomo nell’umiltà di un bambino, donaci di cogliere in esso un segno di fiducia e di speranza perché diveniamo tutti fratelli e sorelle dell’unica famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

  

O Padre del cielo sostieni e proteggi i tanti anziani rifiutati e messi da parte, dona a chi è avanti negli anni la visione di Simeone e Anna e fa che non smettano di sperare e sognare il bene per tutti,

Noi ti preghiamo

  

Dio del cielo, guida i nostri passi come i pastori verso la stalla di Betlemme. Fa’ che alziamo lo sguardo ripiegato stancamente sul presente per sognare con te un futuro largo e luminoso come il cielo stellato di Abramo,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù nato dai due umili giovani Giuseppe e Maria, aiuta e sostieni tutte le famiglie perché sappiano amare e proteggere le vite deboli che nascono e invecchiano nel suo seno,

Noi ti preghiamo


Per il papa Francesco, custode fedele del Vangelo e proclamatore instancabile della gioia di viverlo,

Noi ti preghiamo

 

Per le comunità dei credenti che amano e servono la vita dei più deboli, perché siano casa e famiglia per i tanti senza famiglia del mondo,

Noi ti preghiamo

giovedì 24 dicembre 2020

Natale del Signore - Anno B - 25 dicembre 2020


 

 Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

 

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

 

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, ci siamo riuniti in chiesa questa sera ad un orario inconsueto, per i motivi che tutti sappiamo. In qualche modo il Natale condivide l’eccezionalità di questo anno così unico per tanti aspetti.

La pandemia che ormai da quasi un anno ha invaso il mondo intero ha profondamente cambiato il nostro modo di vivere, sia esternamente (non si possono fare tante cose, si esce meno, si perde il lavoro o non lo si trova, ecc…) ma anche interiormente. Infatti, sia che ce ne accorgiamo o meno, ci ha spinto a vivere più isolati, e non solo fisicamente, ma anche più ripiegati su di sé, spaventati e diffidenti, senza aspettarci molto dal futuro, per noi stessi e per il mondo: già sembra molto che la situazione non peggiori, figurarsi sperare qualcosa di buono. Anche gli auguri che ci siamo scambiati in questo tempo hanno un tono più dimesso.

Il Natale viene dentro questo tempo, non è un evento fuori dal tempo, e l’annuncio della nascita di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca parla agli uomini e alle donne come e dove essi vivono. Davanti a questa realtà abbiamo vissuto la tentazione di fare di questa occasione festiva l’occasione per dire che tutto può essere come prima. Si è cercato di “salvare il Natale” dalla minaccia di un tempo troppo brutto. In realtà fratelli e sorelle è vero il contrario: non siamo noi a “salvare il Natale” ma è “il Natale che salva noi”!

È la nascita di Gesù e la gioia che l’accompagna che ci salva dalla pesantezza di una vita pesante. Il profeta Isaia preannuncia la nascita di Gesù con le parole che abbiamo ascoltato: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.

Il profeta mette in risalto come la nascita del Salvatore avvenga nel buio. Ed infatti a Betlemme si sono accorti della nascita di Gesù solamente quelli che stavano all’aperto, al buio, cioè i pastori, e non quelli che stavano nelle case scaldate e illuminate.

Si tratta di un buio personale: il peccato, le paure, la sfiducia negli altri, il pessimismo o anche quel realismo che ci fa dire “tanto…, a che serve”. Ma anche il buio del mondo: la pandemia, le guerre, le miserie estreme che spingono tanti a fuggire verso l’Europa, le ingiustizie dello sfruttamento, la mancanza di cure mediche, di scuola che colpisce milioni di bambini, ecc…

Perché ci sia il Natale, perché Gesù nasca anche per me è necessario allora che mi renda conto del buio che mi avvolge. Non è ovvio, bisogna sforzarsi per accorgercene, perché noi siamo abituati a vivere avvolti nella luce: il chiarore del benessere e della mancanza di minacce; la luce della sicurezza, fisica e psicologica, con cui possiamo affrontare il futuro; il potersi permettere lo spreco della nostra agiatezza, della sicurezza, della pace, delle mille garanzie che ci proteggono da ogni rischio. Siamo uomini immersi nella luce, e quando un angolo di buio si fa strada lo scacciamo subito.

La nostra ricerca è allora per una luce sempre più forte, accecante che sorpassi quella che già abbiamo: più successo, esperienze sempre più forti, emozioni, eccessi, per una vita drogata di esagerazione. Il nostro mondo così vive: sempre più luce a ricacciare lontano il buio.

Per questo la gente è così disperata, perché nella luce Gesù non nasce, e con lui la speranza di una vita felice. 

Ma se invece ci lasciamo avvolgere dalle “tenebre” che ci sono, e che spesso sono molto fitte e buie, allora sì ci accorgeremo di Gesù che nasce come di una luce che rompe l’oscurità, e ne sentiremo tutta la bellezza, lo stupore, e l’urgenza di comunicarla agli altri. Ma se restiamo avvolti dalla luce delle nostre sicurezze, dell’angolo riscaldato e illuminato in cui ci rinchiudiamo per difesa dagli altri, Gesù nascerà ugualmente, ma non per noi, per noi non cambierà niente, e questa forse è la cosa peggiore che può accadere. Gesù nasce dove c’è buio.

Cosa è la luce di Gesù che nasce?

È il fatto che qualcosa di nuovo può nascere e cambiare il mondo, che non siamo condannati che tutto resti sempre uguale, perché in mezzo a noi ora c’è un “Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”, come dice Isaia, cioè la forza di trasformazione di Dio è dentro la nostra storia, nel mondo, ci viene comunicata perché trasformiamo la realtà.

Questa è la luce che illumina: una speranza che si accende, un futuro che colora di novità, un cielo chiuso che si apre al sole dopo tanta tempesta.

Nel mondo però ci sono poteri che hanno paura che questo si realizzi, che nasca questa forza e questa speranza. Nel Vangelo di Matteo si racconta: “Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei…". All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.” (Mt 2,1-3) I potenti non desiderano che la realtà cambi, vogliono che tutto resti uguale, Hanno paura che un’altra luce venga a turbare la luce di cui si sono faticosamente avvolti. Questi potenti del mondo sono un modo di pensare che si fa strada ovunque e fa sembrare normale ciò che non è normale, anzi è molto sbagliato e molto anormale, e cioè che il mondo sia in tanta parte avvolto dalle tenebre.

Cari fratelli e care sorelle, nella semplicità della scena evangelica i pastori furono gli unici non solo ad accorgersi di Gesù, ma anche a riceverne la luce: “Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.” Oggi qui siamo invitati a farci raggiungere dall’oscurità della notte perché risplenda anche per noi la speranza di un tempo nuovo, perché anche noi posiamo farci figli di quel “Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” di cui parla Isaia. Torniamo allora da qui non per immergerci di nuovo nel bagliore accecante delle false sicurezze del mondo, ma nella luce e nel calore di un Dio bambino che ci salva.

 Preghiera 

 

O Signore che nasci in una stalla perché nella confusione della città nessuno ti lasciava spazio, aiutaci a sgombrare il nostro cuore dagli affanni e dall’egoismo, perché ci sia spazio per te.

Noi ti preghiamo

 

 

O Cristo, a noi che confidiamo nel benessere, nella salute e nel successo come mezzi per garantirci sicurezza, insegnaci a non disprezzare la salvezza che tu ci porti. Fa’ che impariamo da te l’amore che ci salva dal male e dal peccato.

Noi ti preghiamo



O Padre che hai mandato il figlio unigenito perché il mondo conoscesse il tuo amore, aiutaci a trovarti quando ti fai vicino a noi e a seguire la strada che il Vangelo ci indica per restare sempre in tua compagnia.

Noi ti preghiamo

 

 

O Cristo che non ti sei vergognato di nascere nella miseria di una stalla, fa’ che tutti noi sappiamo essere umili come te nel servizio ai fratelli e premurosi come Maria e Giuseppe con chi è piccolo e indifeso.

Noi ti preghiamo

 

 

O Signore che sei stato accolto solo dai pastori, e non hai trovato attenzione nella città dei benestanti, fa’ che sappiamo chinarci su chi è misero e riconoscere in lui la tua presenza che si fa vicina alla nostra vita.

Noi ti preghiamo

 

 

Cristo Gesù, aiutaci ad ascoltare l’angelo che annuncia la venuta della nostra salvezza e ad incamminarci verso di te, aprendo il nostro cuore alle tue parole e rendendo grazie per l’amore che ci insegni.

Noi ti preghiamo

 

 

O Signore che hai radunato l’umanità non attorno allo splendore del benessere e del potere ma accanto al buio umile di una stalla, fa’ che noi tuoi discepoli restiamo fedeli al Vangelo e, con la forza al tuo amore, trasformiamo il mondo intero.

Noi ti preghiamo

 

 

O Gesù che hai conosciuto la durezza della vita senza casa, proteggi tutti coloro che vivono per la strada: i poveri, gli zingari, chi è solo e disprezzato. Fa’ che noi sappiamo essere per loro casa, famiglia e protezione.

Noi ti preghiamo

 

sabato 19 dicembre 2020

IV domenica di Avvento - Anno B - 20 dicembre 2020

 

 



Dal secondo libro di Samuèle 7, 1-7.8b-12.14a.16

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall'Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d'Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?". Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

 

Salmo 88 - Canterò per sempre l'amore del Signore.

Canterò in eterno l’amore del Signore, +
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 16, 25-27.

Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle soglie del Natale. Questa ultima domenica che precede di poche giornate la nascita del Signore Gesù, segna che siamo quasi giunti al momento tanto atteso. All’inizio dell’Avvento avevamo detto come il tempo è la dimensione più significativa per la fede cristiana, molto più dello spazio. Eppure nei secoli passati i cristiani hanno faticato e spesso anche combattuto per stabilire il proprio dominio sugli spazi. Stabilire che una città, un territorio, una nazione fosse “cristiana” è sembrato a tanti una battaglia importante per far trionfare la fede. Pensiamo ad esempio alle crociate o alle altre lotte per imporre a una terra il nome di cristiana.

È questa una tentazione antica, lo abbiamo visto anche nella prima lettura di oggi: Davide una volta installatosi in un palazzo solido e benestante, ha in progetto di costruire una dimora degna anche per Dio. Per questo progetta un grande tempio al posto della tenda nella quale Dio aveva abitato in mezzo al popolo per tutto il tempo dell’Esodo e dell’arrivo nella terra promessa.

Ma Dio non gradisce questa scelta. Assegnargli un luogo, fosse anche un grande tempio, uno spazio sacro, una città santa significa per lui essere rinchiuso, isolato, circoscritto. Anche Gesù non ha mai scelto un luogo come sua sede, non ha fondato una città santa, non ha detto a nessuno: “venite qui a rendermi culto”, anzi alla samaritana che gli chiedeva se il culto a Dio doveva svolgersi nel tempio di Gerusalemme, come dicevano i Giudei, o sul monte Garizìm, come facevano i samaritani, Gesù risponde che il culto a Dio non è chiuso in uno spazio, ma va reso “in spirito e verità”, cioè ovunque (Gv 4,24). Addirittura, cosa inconcepibile per un ebreo, va in terra pagana e vi compie pure miracoli.

Al momento della creazione infatti Dio volle che fosse il sabato, cioè un tempo e non uno spazio, il luogo della sua presenza in mezzo agli uomini. Questo tempo è stato da sempre il “santuario” della presenza di Dio per gli ebrei, tempo speciale in cui vivere la signoria del Signore sopra tutte le altre occupazione ordinarie feriali, gli interessi, le preoccupazioni.

Così continua ad essere anche per noi. A volte ci sembra giusto circoscrivere Dio in uno spazio della nostra vita, fosse anche lo spazio della religiosità, dello spirito, o dell’impegno concreto. Ma così facendo lo escludiamo da tutto il resto.

Dio si fa ancora oggi presente nel mondo chiedendoci di abitare il tempo di tutta la nostra vita, e non solo una parte del nostro spazio.

Questa è la proposta che l’angelo fa a Maria: Dio vuole venire nella tua vita perché attraverso di te si faccia presente nel mondo, ed ella lo attese perché nascesse da lei. Ma questa venuta non è una volta per tutte, questa presenza non è definitiva, come avviene per chi conquista e occupa un luogo, ma è sempre nuova, da realizzare nel tempo della vita di ciascuno. E Maria accogliendo Gesù ne seguì per tutta la vita la crescita fino a divenire sua discepola quando da adulto predicava il Vangelo per tutto Israele e ad accompagnarlo fino alla croce e alla resurrezione.

Fra pochi giorni celebreremo la venuta di Cristo. Ma non è già venuto? Che senso ha attendere ogni anno questo evento che è già passato come fosse qualcosa di nuovo?

La nascita di Gesù non è la presa di possesso di uno spazio, questa sì potrebbe essere definitiva o quanto meno stabile e chiara a tutti. È cosa sempre nuova perché, fratelli e sorelle, il tempo della nostra vita scorre, noi cambiamo, il mondo cambia e le situazioni evolvono. Dio non vi entra una volta per tutte né si accontenta di un angolo dedicato. Egli torna in ogni tempo perché ogni tempo della nostra esistenza deve essere riempito della sua presenza. A noi è chiesto di attenderlo, cioè di desiderare questa presenza come qualcosa di nuovo, senza scontatezza.

Fratelli e sorelle, Gesù viene sempre bambino perché vuole crescere con noi nella lunghezza degli anni e nelle stagioni diverse della nostra vita. È un bambino perché è novità, è notizia di un tempo che può rinnovarsi, cambiare, evolversi verso la maturazione del tempo di Dio che i poveri attendono.

Accogliamolo così, senza dare per scontato che uno spazio Dio già ce l’ha nella nostra vita, senza imprigionarlo in qualche vecchia abitudine, ma come un bambino riceviamolo come la promessa di un tempo nuovo che abbiamo atteso e del quale il mondo intero, come dice Paolo, attende la nascita, soffrendo intanto le doglie di un parto difficile e doloroso. Sia questo ultimo breve tempo che ci separa dal Natale attesa della nascita di qualcosa che non c’era e di cui il mondo ha un così grande bisogno: la pace, la giustizia, il bene di tutti gli uomini, e non solo di alcuni.

 

Preghiere


O Padre del cielo, fa’ che come Maria accogliamo anche noi con gioia la buona notizia che la nostra vita può fare spazio a te che vieni.

Noi ti preghiamo

 

O signore aiutaci a rivolgerci a te quando ci sembra troppo difficile seguirti e fare la tua volontà; perché, come l’angelo ha detto a Maria, anche noi riceviamo l’aiuto della potenza di Dio.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che vieni a portarci la novità del Vangelo, fa’ che non induriamo il nostro cuore, ma lo accogliamo con gioia e disponibilità

Noi ti preghiamo

 

O Signore che a Maria turbata hai indicato l’esempio di Elisabetta, fa’ che anche noi nei momenti di incertezza ci facciamo forti dell’esempio di chi, seguendo il Vangelo, ha fatto spazio alla tua volontà.

Noi ti preghiamo

 

O Signore che torni in questo mondo distratto e affannato per sé, fa’ che i nostri cuori ti accolgano e ascoltino la tua parola come una domanda seria e impegnativa per la nostra vita.

Noi ti preghiamo

 

Aiuta o Padre santo, tutti coloro che sono nel dolore: i malati, i sofferenti, i poveri, chi è solo e nell’angoscia. Fa’ che la nascita del Signore porti salvezza e conforto a tutti.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo Gesù vieni presto in questo mondo percorso da correnti di odio e di violenza. Ti preghiamo per le vittime delle guerre e del terrorismo. Consola chi è colpito nel corpo e nello spirito,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per tutti i cristiani che vivono nel mondo, perché i loro sforzi di testimoniare il Vangelo producano buoni frutti di pace e conversione dei cuori in chi li incontra.

Noi ti preghiamo.

sabato 12 dicembre 2020

III domenica di Avvento - anno B - 13 dicembre 2020

 


Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

 

Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento ci si propone come un invito alla gioia. Sono risuonate le parole del profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” a cui risponde l’apostolo Paolo che scrive ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!” Oggi queste stesse parole sono annunciate ovunque nel mondo, e ci suggeriscono di cominciare a gustare la letizia del Natale, ma chiediamoci anche che tipo di gioia è quella del Vangelo?

Paradossalmente, infatti, mentre ci invita alla gioia, la liturgia odierna ci propone come modello dell’uomo e della donna dell’Avvento proprio Giovanni Battista, esempio di austera sobrietà e di ascesi nel deserto. Egli, nella sua semplicità di vita, è considerato da Gesù un modello ineguagliabile, tanto che di lui dice: “tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni” (Lc 7,28). In cosa sta questa grandezza e della gioia di cui oggi la liturgia ne fa il modello?

Giovanni possiamo dire che incontra Gesù solo un po’ fugacemente, quando si presenta da lui sul Giordano per essere battezzato, e poi dopo, ma non lo segue come i dodici e come le folle, non vive con lui a lungo. Non ascolta di persona i suoi discorsi, non vede i suoi miracoli. Eppure l’evangelista Giovanni lo definisce un “testimone”: “Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.” Possiamo dire che il Battista condivide in questo la nostra stessa condizione. Anche noi non abbiamo incontrato Gesù di persona, non lo abbiamo visto e ascoltato con i nostri sensi. Ma anche noi siamo chiamati, come Giovanni, a farci suoi testimoni. Come è possibile?

Abbiamo ascoltato dal Vangelo che alcuni interrogano insistentemente il Battista: vogliono capire bene chi lui sia, ed egli si definisce con le parole della Scrittura che abbiamo ascoltato domenica scorsa dal libro del profeta Isaia: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia.” L’uomo e la donna dell’Avvento, cioè che attendono il Signore, sono persone che si fanno definire dalla Parola di Dio, ovvero la prendono sul serio e se ne assumono la responsabilità cercando le vie per realizzarla, ne divengono cioè “i testimoni”. È quello che fa Giovanni: inventa un gesto simbolico, il battesimo nel fiume Giordano, con l’uscita dalla città per inoltrarsi nel deserto, cercando così di far sì che tanti sentissero il bisogno di prepararsi ad un tempo nuovo che stava per iniziare, quel tempo del Regno che chiedeva di convertirsi, cioè cambiar vita, e che Gesù avrebbe mostrato loro.

La testimonianza di Giovanni è chiara ed esplicita e suscita nel cuore di chi lo andava ad incontrare, uscendo nel deserto e facendosi battezzare, una domanda esistenziale di cambiamento. Ci racconta l’evangelista Luca: “le folle interrogavano Giovanni: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe»” (Lc 3). Per ben tre volte nel brano di Luca è ripetuta la domanda “Che cosa dobbiamo fare?”: è la domanda dell’Avvento suscitata dal testimone della Parola di Dio.

C’è bisogno che ciascuno di noi si ponga la domanda dell’Avvento: “Che cosa devo fare?”, che non è: che cosa devo pensare, o sentire, o credere, ma fare, perché con il nostro agire diveniamo noi stessi a nostra volta testimoni per gli altri.

Cari fratelli e care sorelle, potremmo chiederci che cosa in fondo ha cambiato la predicazione di Giovanni, quanti ha raggiunto, e quanto ha mutato il clima del suo tempo. Non lo sappiamo, forse poco, forse molto, ma di sicuro il Battista non ha lasciato correre invano la Parola ascoltata e ne ha fatto gesto, parola, comportamento, come dicevo, con la creatività di chi ha l’urgenza di comunicare qualcosa di importante e cerca ogni modo per raggiungere molti.

È l’atteggiamento che oggi la Parola di Dio propone a ciascuno di noi: essere in attesa, ma operosi, col nostro fare, con qualcosa di urgente e importante da comunicare con il nostro modo di essere e di agire. Non rischiamo allora in questi giorni che vengono di testimoniare solo la nostra nevrosi, o il desiderio di starcene in pace, proviamo a vivere e testimoniare che con tutto il nostro essere aspettiamo qualcuno che viene a inaugurare un tempo nuovo, diverso, come descrive bene la prima lettura di Isaia: “mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia.” Ancora una volta, il profeta parla di cose da fare, non da pensare o da sentire o da credere. È lo spirito del Natale che il mondo ha voluto degradare dalla robusta concretezza del Vangelo alla impalpabile astrattezza delle emozioni, che vengono, passano e non lasciano traccia nella storia.

Gesù che nasce è una persona concreta, prepariamoci assumendo l’impegno della conversione fatta di risposte alla domanda dell’Avvento: “che cosa dobbiamo fare?”

  

Preghiere


O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei il re della pace,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù, aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo perché viviamo il tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano riconoscere la forza del tuo amore che cambia la realtà e salva da ogni male,

Noi ti preghiamo

 

Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole incontrarti,

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Dio gli sforzi dei discepoli che realizzano il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla fame e dalla miseria, in Africa e nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,

Noi ti preghiamo