venerdì 19 giugno 2020

XII domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 21 giugno 2020

 


 
Dal libro del profeta Geremia 20, 10-13
Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all’intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta:
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori vacilleranno
e non potranno prevalere;
arrossiranno perché non avranno successo,
sarà una vergogna eterna e incancellabile.
Signore degli eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa!
Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori. 


Salmo 68 -Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio.
Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
 
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.
Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
 
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.

Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
non disprezza i suoi che sono prigionieri.

A lui cantino lode i cieli e la terra, 
i mari e quanto brùlica in essi.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 12-15
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. 
 
Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito della verità darà testimonianza di me,
e anche voi date testimonianza.

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 10, 26-33
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
 
Commento
 
Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo appena ascoltato parla delle nostre paure. Sì, fin dall’antichità gli uomini sono stati accompagnati da tante paure. Persino le religioni antiche sono nate innanzitutto come risposta alle paure degli uomini. I culti agli idoli e agli dei avevano come primo scopo quello di mettere l’uomo al sicuro  dalle forze nascoste e irrefrenabili della natura, come i fulmini, le alluvioni, la siccità, i terremoti, ecc.. ed infatti idoli e divinità erano spesso descritti come i Signori di questi elementi. Oppure l’altra grande paura era quella della morte, ed allora gli dei offrivano una prospettiva di immortalità possibile.
Il fatto che anche Gesù parli delle paure degli uomini non significa che vuole anche egli porsi come garante di salvezza dalle forze oscure che l’uomo non sa come controllare e vincere. Egli infatti parla di qualcosa di più profondo. Il cristianesimo infatti non è la garanzia, per chi segue i suoi precetti, della sicurezza dalle disgrazie, come a volte si intende erroneamente, trasformando la fede in Dio in una superstizione. Gesù sa che il vero nemico dell’uomo non sono le forze della natura, anche se a volte si fanno minacciose, ma in casi eccezionali, ma esistono anche le tante piccole paure che determinano il nostro comportamento quotidiano e incatenano la nostra vita: paura di non essere accettati, paura di scostarsi dalla normalità, paura di apparire diverso, di non seguire i canoni di giudizio e comportamento vigenti. Quante paure nascono da questa nebbia che ci avvolge: paura di sbagliare, paura di restare delusi e isolati, paura di non avere successo e di non essere approvati dagli altri, ecc…
Queste paure hanno fatto sì che in ogni società si creasse come un codice di comportamento, una tradizione che costituisce la norma accettata e tramandata da tutti e insegnata fin da piccoli. È quella che il Vangelo chiama la “sapienza di questo mondo”, norme, usanze e tradizioni consolidate. Ad essa Gesù contrappone una nuova sapienza, il Vangelo, cioè un diverso modo di giudicare e nuove norme di comportamento che scaturiscono non dalla paura, ma dall’amore. Infatti Gesù non è venuto a cambiare norme, sostituendo quelle vecchie con altre nuove. È quello che viene spesso fatto in modo semplicistico, riducendo il Vangelo a un nuovo Codice Penale che sostituisce quello vecchio. Gesù invece è venuto a cambiare il fondamento dell’agire dell’uomo: dalla paura all’amore. Le nuove fondamenta sono infatti la generosità gratuita, l’assenza di calcolo della convenienza, la disponibilità a perdonare e ad essere misericordiosi, un senso di fraternità che lega ciascuno a ogni uomo e donna, senza fare distinzione alcuna di età, sesso, cultura e nazione.
Per questo Gesù dice: “Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.” Cioè la cultura di questo mondo rende sempre più schiavi delle paure, perché mentre da una parte sembra proporre norme per mettersi in salvo, dall’altra le rafforza e le conferma come unico criterio di giudizio su tutto e tutti. Questa cultura è superata dal Vangelo che Gesù è venuto a rivelare con le sue parole e i suoi atti. La sapienza del Vangelo infatti libera da ogni paura, perché ne sconfessa l’essere fondamento delle scelte e lo sostituisce con quello buono e santo che è l’amore.
Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze” dice Gesù, perché ci chiama a vivere e rendere in questo modo evidente a tutti la bellezza di questa nuova sapienza capace di donare la vera felicità. Prosegue Gesù: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.” Egli vuole dirci di non avere timore di andare controcorrente, di essere diversi dalla normalità, perché se questo può farci provare talvolta qualche disagio o incomprensioni, ci mette però al sicuro da quella morte dell’anima che viene corrosa dalla sapienza di questo mondo che piano piano sostituisce la schiavitù della paura alla libertà dell’amore a cui Dio invece chiama ogni uomo.
Ma come si può far vincere in noi la sapienza del Vangelo sulla sapienza di questo mondo? Quest’ultima ci appare così naturale e innata che ci risulta assai difficile scostarcene. Eppure, a ben vedere, è assurdo sentirsi affezionati ai ceppi e alle sbarre della prigione della paura e rifiutarsi di uscire da essa dopo che il Vangelo ce ne spalanca le porte. È vero, la strada che si apre dietro quella porta rimasta così a lungo chiusa ci è sconosciuta, e per questo fa paura, ma la vera vita è lì, fuori, fra la gente, Se la conosciamo a volto scoperto e senza il filtro delle sbarre o il suono distorto che ce ne giunge da dietro la porta chiusa, scopriamo mondi nuovi e realtà sconosciute.
Pensiamo alla realtà di quanti giungono da altri continenti per cercare da noi pace e vita migliore. Da dentro la prigione della paura la cultura di questo mondo ce li presenta, senza che li abbiamo mai incontrati, come persone minacciose e causa di problemi, ma se usciamo dalla cella e li incontriamo personalmente scopriamo che essi sono una risorsa di speranza nel futuro, di desiderio di costruire qualcosa di buono per le nostre società europee stanche e invecchiate, spente di speranza e che faticano a vedere una prospettiva di futuro, così litigiose e divise.
Fidiamoci dell’invito di Gesù ad abbracciare con entusiasmo la nuova cultura dell’amore che ci offre il Vangelo, anche perché essa ci mette sotto la sua protezione. Egli dice infatti: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. … Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” Il Signore Gesù cioè non chiede atti di temerarietà al di sopra delle nostre forze. Non si tratta di essere degli eroi, ma di affidarci a lui, confrontare le nostre scelte, anche quelle quotidiane e apparentemente insignificanti o neutre, col tesoro della sapienza del Vangelo e confidare che le scelte che faremo saranno sostenute da Dio e da lui benedette col dono della pace interiore e di quella felicità comunicativa che deve caratterizzare sempre la vita di noi cristiani.
 

Preghiere 
 
O Signore donaci lo sguardo del Vangelo che illumina il volto di ogni uomo e ce lo fa vedere fratello e sorella. Insegnaci ad amare ciascuno come tu ci ami.
Noi ti preghiamo
 
 
O Dio Padre buono, vinci in noi la paura che ci imprigiona nella cella dell’egocentrismo. Dona anche a noi la libertà del Vangelo che ci rende tutti fratelli e sorelle, figli di un unico padre.
Noi ti preghiamo


 
O Signore Gesù dona la pace al mondo intero, specialmente a quelle terre dove infuria la violenza e la guerra. Suscita energie di riconciliazione nei cuori oggi sopraffatti dall’odio e dall’inimicizia.
Noi ti preghiamo
 
 
 
Sostieni e consola o Padre buono quanti sono nel dolore. Aiuta chi è povero e suscita sentimenti di solidarietà e amicizia in quanti passano accanto a loro.
Noi ti preghiamo


 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Francesco, perché le sue parole e il suo esempio siano di incoraggiamento per tutti quelli che cercano una vita più umana.
Noi ti preghiamo
 
 
Proteggi o Dio tutte le famiglie dei tuoi discepoli oggi radunate attorno alla mensa dell’Eucarestia. Fa’ che animate dal dono della tua Parola e del Corpo e Sangue di Cristo siano segno evidente del tuo amore nella vita di quanti incontrano.
Noi ti preghiamo


 
Guarda con amore o Signore a questa tua famiglia riunita come ogni domenica nella Santa Liturgia. Ti preghiamo per chi è malato e troppo debole per partecipare all’assemblea dei tuoi figli. Guariscili e sostienili nella prova.
Noi ti preghiamo
 
 
Ti ringraziamo o Dio Padre buono per il dono della convocazione domenicale alla Santa Messa. Fa’ che ne facciamo il centro e il fulcro della nostra settimana, fonte di vita nuova per ogni giorno della nostra vita.
Noi ti preghiamo.

sabato 13 giugno 2020

Festa del Corpus Domini - Anno A - 14 giugno 2020





Dal libro del Deuteronomio 8, 2-3. 14b-16

Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

 

Salmo 147 - Loda il Signore, Gerusalemme.

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10, 16-17

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?  Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
chi ne mangia vivrà in eterno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 6, 51-58

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.  Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

Commento

 

Dal libro del Deuteronomio abbiamo ascoltato quanto Mosè riferì al popolo da parte di Dio, circa il suo esodo nel deserto, dall’Egitto verso la terra promessa. Questo viaggio può essere preso come figura della vita dell’uomo. Mosè fa cenno alla durezza del passaggio attraverso terre desertiche e inospitali, piene di insidie. Si può forse dire altrettanto della vita di oggi, spesso arida di amore e insidiosa. Mosè però ricorda che nel viaggio della vita Dio non lascia mai soli, ma guida e accompagna come un pastore il suo gregge.

Questa è la grande fortuna di noi cristiani: la possibilità di non essere un branco di animali inselvatichiti, alla deriva per terre inospitali. In natura i branchi di animali selvatici si radunano insieme per difendersi dagli altri o per aggredire le prede; essi vivono per il soddisfacimento delle necessità primarie della sopravvivenza. Per noi non è così: non siamo un “branco”, ma un “gregge”; Dio è per noi un pastore che sa di cosa abbiamo bisogno e non ce lo fa mancare, ci protegge ed evita che incorriamo nei pericoli più gravi. Certo sta a noi unirci a quel gregge, uscire dal branco selvatico e immetterci nella vita che conduce alla salvezza. È una nostra scelta libera.

Per un gregge la cosa più importante è poter sempre contare su un pascolo abbondante e acqua sufficiente.

Per questo Dio nel ricordare il tempo del viaggio di quel gregge che era il popolo d’Israele nel suo esodo dall’Egitto verso la terra promessa fa riferimento soprattutto al fatto che egli non l’ha mai lasciato privo del nutrimento e dell’acqua necessari: “ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri.” Oggi celebriamo la festa di questo cibo prezioso con cui Dio continua a nutrire noi, suo gregge radunato amorevolmente e guidato fedelmente, nel viaggio pieno di difficoltà che è la vita: il Corpo e il Sangue di Cristo.

Se non avessimo questo nutrimento infatti saremmo spinti come animali selvatici ad essere voraci predatori, fino ad azzannarci a vicenda. Il cibo che il Signore ci dà sazia dalla fame che, se non trova un nutrimento vero e buono, non si sazia mai, anzi aumenta sempre, e porta a quella insaziabilità per la quale più si ha cibo e si mangia e più se ne desidera ancora. Lo vediamo, ad esempio, nell’insaziabile fame di ricchezza che caratterizza il sistema economico attuale e nella smisurata voracità di un sistema che “mangia” la natura consumando più del necessario e distruggendo il proprio habitat.

Ma come è questo nutrimento buono che sazia, il Corpo e il Sangue di Cristo?

Pochi giorni fa abbiamo rivissuto il giorno in cui a Pentecoste i discepoli furono riempiti di Spirito Santo. Lo Spirito è il modo concreto con cui il Signore rimane assieme ai suoi, li ispira, li fortifica e li rallegra della gioia del Vangelo.

Oggi invece ricordiamo un altro modo attraverso il quale Gesù assicura ai suoi discepoli la sua compagnia fedele e duratura: il dono del suo Corpo e Sangue, il Sacramento dell’Eucarestia.

Se ci soffermiamo sul racconto che la Scrittura fa dei due episodi (Pentecoste e Ultima cena) notiamo subito una grande differenza. Nel primo caso alla discesa dello Spirito nei dodici fa seguito un entusiasmo che vince paure e chiusure. Nel secondo i discepoli, dopo essersi nutriti del corpo e sangue di Gesù dimostrano tutta la loro distanza da lui, con l’orgoglio (“siamo pronti alla morte”) e la successiva fuga e il sonno nell’orto degli ulivi invece di vegliare con lui.

In realtà a Pentecoste gli apostoli hanno già dentro di loro il Signore, perché pochi giorni prima si sono nutriti della sua Parola e del suo Corpo e Sangue. Questa, come abbiamo anche ascoltato nelle letture di oggi, è una presenza reale, fisica, ma c’è bisogno che essa venga innescata da una passione senza la quale giace inattiva nelle loro vite.

Possiamo allora dire che se il nutrimento solido dell’Eucarestia è qualcosa di necessario perché sedimenta dentro di noi un legame concreto e duraturo, come quello che si instaura fra il cibo e un corpo che lo assume, senza più alcuna distinzione, questo non basta, perché il nostro corpo anche se forte e ben nutrito, per muoversi deve essere spinto dall’energia dell’entusiasmo e della passione, da un motivo forte per uscire dalla propria chiusura.

D’altro canto, al contrario, un corpo non ben nutrito e per questo debilitato è fiacco e non può nemmeno muoversi, anche se spinto da una forte passione.

Ecco che allora questa festa del Corpo e Sangue di Cristo ci porta un doppio messaggio. Da un lato ci avverte che non basta farci sospingere da entusiasmi e passioni. Essi si spengono presto, così come si accendono subito. Ma neppure basta accumulare energie e solidità, perché da sole esse restano inattive.

C’è bisogno di vivere entrambe le dimensioni: abbiamo bisogno di ascoltare la Parola, gustare il nutrimento del suo corpo e sangue, aprirci al dono della grazia che ci è comunicata dai Sacramenti e dalla celebrazione comunitaria della Liturgia, ma poi abbiamo altrettanto bisogno che lo Spirito doni la spinta per tradurre tutto ciò in azioni, in desiderio di andare incontro all’altro, in disponibilità a farsi trascinare altrove dal Signore.

Spesso succede che le comunità cristiane sono pronte a “mangiare”, ma poi il cibo assunto rischia di divenire una sorta di peso indigesto che non trova modo di esprimersi. Divengono così una comunità di obesi: ipernutriti ma fermi, buongustai di cibi nutrienti, ma senza l’energia per compiere azioni altrettanto ricche di significato.

Cari fratelli e care sorelle, la vicinanza di queste due feste ci offre allora l’opportunità di tenere ben presente queste due dimensioni attraverso le quali Dio si fa compagno delle nostre vite. Non disprezziamo l’una a vantaggio dell’altra, perché se non sono entrambe vissute deperiscono e muoiono, si consumano come un dono messo in un cassetto o bruciato in una fiammata senza seguito.


 

Preghiere 

 

 

O Signore Gesù che hai scelto di restare sempre con noi con il tuo Corpo e Sangue fa’ che ti accogliamo sempre con fede e amore, facendone nutrimento e bevanda di salvezza,

Noi ti preghiamo

 

 

Ti ringraziamo o Gesù per il dono inestimabile dell’Eucarestia che ogni domenica ci nutre e ci sostiene. Aiutaci ad accoglierla come la cosa più preziosa che possiamo ricevere,

Noi ti preghiamo

 



O Dio Padre del cielo, aiutaci a tenere gli occhi e il cuore aperto per riconoscere il deserto di vita e di amore che c’è in questo mondo. Fa’ che diveniamo tuoi alleati nel combattere il male,

Noi ti preghiamo

 

 

È facile o Signore, accontentarsi di poco e rinunciare a lottare perché il deserto divenga un giardino irrigato dal Vangelo. Aiutaci a divenire audaci con la forza mite dell’amore,

Noi ti preghiamo

 


 

Sostieni con il tuo Corpo e Sangue o Signore Gesù tutti i cristiani perseguitati e in difficoltà. Fa’ che al più presto cessi la violenza e regni un tempo di pace e sicurezza per tutti,

Noi ti preghiamo

 

 

Accogli nell’amore o Dio tutti i poveri che invocano aiuto. Ti ricordiamo coloro che cercano riparo e futuro nel nord ricco fuggendo la guerra e la miseria del Sud. Dona loro protezione e salvezza,

Noi ti preghiamo.

 

 

 

Guida con la forza del tuo Spirito il papa Francesco e la Chiesa dei discepoli diffusa in tutto il mondo. Illumina i cuori e rafforza la loro testimonianza, perché sempre più persone entrino nella famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

 

 

Proteggici o Padre buono dalla tentazione e dal peccato. Fa’ che sappiamo resistere al male e, sostenuti dal nutrimento prezioso del tuo Corpo e Sangue, operiamo sempre il bene che tu ci proponi,

Noi ti preghiamo

venerdì 5 giugno 2020

Festa della Ss.ma Trinità - Anno A - 7 giugno 2020


 
 
Dal libro dell’Esodo 34, 4b-6. 8-9

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

 

Dn 3,52.56 - A te la lode o Dio e la gloria nei secoli.


Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi +
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 13, 11-13
 
 



Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 3, 16-18

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato con solennità la discesa dello Spirito santo sui discepoli e lo abbiamo invocato perché riempia di amore la vita di noi tutti. La festa di Pentecoste ci ripropone un evento che fu cruciale nella storia dei discepoli del Signore. Infatti dopo la sua morte e resurrezione essi ancora facevano fatica a capire il messaggio che il Signore aveva loro affidato. Non si rendevano conto di come fossero accaduti tutti quei fatti straordinari, dal giorno della cattura di Gesù, fino alla croce, la resurrezione e infine l’ascensione al cielo del Signore. Che significato aveva tutto ciò?

Anche noi tante volte facciamo fatica a comprendere la volontà del Signore per la nostra vita e per quella del mondo. I suoi segni ci appaiono contraddittori e difficili da interpretare, come è avvenuto nel tempo in cui la malattia e la morte sembrava essersi impossessata del mondo intero.

Infatti finché i discepoli cercarono di capire e darsi spiegazioni, tutto restò oscuro per loro. Fu necessario che lo Spirito li riempisse di amore perché tutto quello che avevano vissuto acquistò un senso e un valore. Gesù non si preoccupò di convincerli con argomentazioni e dimostrazioni razionali, ma li inondò letteralmente di un amore che li sospinse subito fuori ad incontrare la gente, persone di tutto il mondo, riuscendo a comunicare con tutti, al di là di ogni barriera linguistica, culturale, umana.

È lo Spirito che dona la chiarezza affettiva e l’intelligenza dell’amore che ci fa sentire che il Vangelo indica la via migliore, percorribile e liberante dalla prigione dell’egoismo autocentrato, dal cercare la propria salvezza solo in sé stessi e nel proprio benessere. Finché i discepoli cercarono spiegazioni e ragionamenti convincenti restarono prigionieri della paura e del dubbio. Appena si lasciarono andare al soffio dello Spirito e riacquistarono la fiducia nel Signore che non li aveva lasciati soli ebbero subito chiaro per cosa valeva la pena vivere, chi seguire, verso dove indirizzare i propri passi: avevano ricevuto dallo Spirito la chiarezza affettiva e l’intelligenza dell’amore.

A volte noi facciamo fatica a sentire la presenza dello Spirito nella nostra vita, eppure è il modo con cui Dio resta più stabilmente dentro di noi, se lo invochiamo e lo accogliamo. Ogni volta che proviamo un sentimento di affetto, ogni volta che intuiamo nel fratello e nella sorella l’amico da cui lasciarsi voler bene e a cui voler bene, ogni volta che restiamo spiazzati e stupiti dalla bellezza di un gesto di generosità, di una dimostrazione di benevolenza e di generosità, ebbene è lo Spirito che ci guida e ci sostiene, ci fa “comprendere” secondo il modo di comprendere di Dio e non quello del mondo.

Oggi, una settimana dopo la Pentecoste, la Chiesa ci propone di soffermarci sulla realtà trinitaria di Dio. A Pasqua abbiamo seguito gli ultimi passi di Gesù, lo abbiamo visto resuscitato dal Padre e poi assunto in cielo per tornare a Lui, a Pentecoste abbiamo incontrato lo Spirito. Ecco che dunque ora ci si presenta la Trinità. Essa ripropone la realtà non individualistica di Dio. Egli non è solo “uno”, nel senso umano della parola, ma trino: Padre Figlio e Spirito santo. Questo spiega perché il nostro non è un Dio a cui ha molto senso credere “da soli”, come spiega Paolo nel brano della lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato. Egli dice come Dio è con noi se ci amiamo l’un l’altro: “siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo.” La Trinità si specchia in chi, come lei, vive il legame dell’amore come un vincolo essenziale e indispensabile. Questo è l’invito che ci giunge oggi da questa festa: impariamo l’obbedienza del Figlio al Padre, la sollecitudine di questo per il Figlio, la presenza pervasiva e costante dello Spirito.

Sì, possiamo dire che lo Spirito agisce nell’uomo e nella storia come agisce anche nella vita di Dio, con lo stesso effetto vivificante dell’amore. Lo vediamo nel brano dell’Esodo presentato nella prima lettura. Il popolo ha pesantemente disobbedito a Dio, si è fatto un vitello d’oro, ha rotto il patto col Signore, lo ha tradito. Dapprima Dio promette a Mosè che per questo motivo distruggerà il popolo: “Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori.” (Es 32,9-10) Ma poi Mosè intercede e lo Spirito fa letteralmente “cambiare idea” a Dio: “Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.” (Es 32,14) tanto che poco dopo egli rinnova il patto col popolo, gli consegna le tavole della legge, e afferma di sé: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà.” (Es 34,6)

Cari fratelli e care sorelle, questo è il volto di Dio come egli si manifesta a noi: misericordioso e lento all’ira, desideroso di salvare e restio a condannare. È il volto di un Dio che è morto per gli uomini sulla croce (il Figlio), ha fatto trionfare la vita sulla morte (il Padre), rimane sempre con noi per comunicarci il suo amore e la misericordia di cui è fonte inesauribile (lo Spirito Santo).

 

Preghiere
 

O Dio nostro Padre, guidaci nelle vie del mondo. Sostieni la vita dei tuoi figli: dona la pace, consola chi è nel dolore, salva chi perde la vita seguendo le vie che non portano a nulla,

Noi ti preghiamo

 
O Signore Gesù Cristo, figlio unigenito del Padre e nostro salvatore, ti ringraziamo per il Vangelo che hai annunciato e vissuto come via alla portata di tutti per giungere alla vita eterna,

Noi ti preghiamo

 

O Spirito Santo, consolatore e guida, vieni e scalda i cuori, illumina le menti e riempi in tutti il vuoto di amore, perché il mondo sia trasformato dalla tua presenza,

Noi ti preghiamo

 

O Trinità santa comunica a noi l’amore che ti unisce nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, fa’ che ogni uomo ti conosca e impari a specchiarsi in te, amando gli altri uomini come sé stessi,

Noi ti preghiamo.

 

Ti invochiamo o Dio per ogni uomo che soffre, in modo particolare per i popoli in guerra. Dona la pace vera che gli uomini non sanno darsi,

Noi ti preghiamo

 

Ascolta il lamento o Padre misericordioso di quanti invocano il tuo soccorso. In modo particolare ti ricordiamo quanti sono malati nel mondo: manda loro guarigione e salvezza,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio il papa Francesco, tuo servitore e testimone, perché col tuo aiuto percorra con coraggio e serenità le vie del mondo contemporaneo indicando te come l’unica salvezza dal male, 

Noi ti preghiamo

 

Benedici e proteggi o Signore Gesù, questa comunità che convochi ogni domenica al tuo banchetto eucaristico. Perché l’incontro con la tua Parola e il tuo Corpo sia il fulcro della vita di ogni discepolo,

Noi ti preghiamo

giovedì 4 giugno 2020

Preghiera del 3 giugno 2020




Dal libro del Profeta Isaia 11,1-10

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l'agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare.
In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia.
La sua dimora sarà gloriosa.

 Commento

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la Pentecoste, quando lo Spirito Santo fu effuso clamorosamente sui discepoli riuniti a Gerusalemme.

La Pentecoste segue di 50 giorni la celebrazione della Resurrezione del Signore. Questo tempo intermedio è un tempo dello stupore, della gioia incontenibile per la realtà che ci è stata comunicata a Pasqua e che costituisce qualcosa di veramente incredibile e stupefacente. Non siamo più sottomessi alla forza del male, ci è data una via di fuga dal naturale corso degli eventi come si presentano ordinariamente, con il prevalere naturale della morte sulla vita e del male sul bene. Se ci crediamo veramente restiamo spiazzati da qualcosa che non ci aspettiamo e che fatichiamo a credere vera. Per questo ci sono 50 giorni: per far scendere lo stupore in profondità nel nostro cuore, per non annebbiarlo subito nella scontatezza!

L’annuncio di Pasqua quest’anno ci è giunto nel bel mezzo della pandemia e della quarantena che ci ha chiuso in casa, isolato, privato della possibilità di celebrare la Settimana Santa. Che contraddizione: l’annuncio della vittoria sulla morte ci è giunto mentre constatavamo e in qualche modo sancivamo col nostro modo di vivere la forza dirompente e soverchiante della morte. Tutto parlava di malattia e morte, di solitudine, di paura. Che ha significato la Pasqua in questo clima?

Abbiamo rischiato di vivere l’annuncio della Resurrezione come qualcosa da mettere fra parentesi, sottotono in un tempo nel quale si addiceva poco gioire. Io credo fratelli e sorelle che dobbiamo chiederci onestamente, sinceramente cosa ha significato la Pasqua quest’anno per noi.

La festa di Pentecoste, dopo il tempo dello stupore della Pasqua, viene a consolidare la novità della vittoria di Gesù sul male facendone una forma permanente del nostro vivere. Il dono dello Spirito infatti ha effetti permanenti. Certo, nella vita di fede nulla è acquisito definitivamente, c’è sempre bisogno di tornare al Signore per ricevere da lui la “forma” del nostro vivere, ma se a Pentecoste accogliamo il dono dello Spirito qualcosa cambia in noi in modo duraturo.

Oggi allora ci è data, per così dire, una seconda possibilità: se a Pasqua la cupezza del mondo ha prevalso nel nostro cuore, oggi possiamo inaugurare l’inizio di un tempo nuovo sotto il segno della Resurrezione. La pandemia infatti ha inciso sul nostro cuore abituandoci a pensare impossibili tante cose, fino a constatare che, in fondo, potevamo benissimo farne a meno!

Cari amici, come è facile abituarsi al male e constatare che in fondo non è poi così terribile: se lo fanno tutti, se ce lo consiglia persino la televisione, e poi se in me non cambia così tanto, perché rifiutarlo e combatterlo?

La Pentecoste allora quest’anno ha un sapore forse speciale, ci viene a dire che no, non è normale che il male vinca e decida, che imponga il suo dominio assoluto, che ci si può ribellare e sconfiggerlo con una scelta decisa e convinta per il bene. Non tutto è impossibile, e non lo era nemmeno durante i momenti più duri della pandemia.

Nel brano di Isaia ascoltato abbiamo sentito l’annuncio dei doni dello Spirito. Essi sono molteplici, come diverse sono le persone, ma hanno un effetto comune e cioè rendono possibile sognare: “Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.  Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare.

Isaia descrive un sogno? Sì, ma è la realtà che lo Spirito ci permette di desiderare e di realizzare, un mondo trasformato da uomini animati dalla forza della resurrezione. Sia allora per noi questa Pentecoste l’occasione per uscire non solo dalle case e dai confini regionali, ma soprattutto da un senso di impossibilità e di rassegnazione e dalla caduta del senso di responsabilità nei confronti degli altri, specialmente dei più poveri. “Cristo è risorto, veramente è risorto!”: nella tradizione orientale lo di proclama alla fine di ogni preghiera e liturgia nel tempo di Pasqua fino a Pentecoste, perché poi da ora in poi non lo diciamo con le labbra ma con la nostra vita di figli della resurrezione.