sabato 20 febbraio 2021

I domenica di Quaresima - Anno B - 21 febbraio 2021

 



 Dal libro della Genesi 9,8-15

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».

 

Salmo 24 - Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 3,18-22

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Marco 1,12-15

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Inizia oggi la Quaresima che ci invita a vivere un tempo pensoso e meditativo, cioè teso a comprendere meglio a che punto della nostra vita siamo. Sì, perché una vita affrettata e frenetica, oppure semplicemente distratta, ci fa andare avanti senza renderci conto di quale è la meta del nostro avanzare.

A volte infatti ci accontentiamo di fare un passo dopo l’altro, tanto per andare avanti nel cammino della vita. Ma non è sufficiente, bisogna anche, ogni tanto, chiedersi quale sia la direzione verso la quale ci incamminiamo, qual è lo scopo del nostro agire quotidiano. Sennò rischiamo di trovarci un giorno sperduti, dove non sappiamo e, magari, dove nemmeno volevamo.

La Quaresima viene proprio per dirci questo: fermati un po’ e guardati intorno, dove sei, verso dove vai? qual è il traguardo che vuoi raggiungere? è quello per cui vale la pena darsi da fare o bisogna piuttosto fare una correzione di strada?

Sono domande serie, ma non tristi; importanti, e per questo anche serene, perché ci evitano di correre invano verso traguardi sbagliati.

Mercoledì scorso abbiamo varcato la soglia di questo tempo con il rito delle ceneri. In quell’occasione abbiamo ascoltato Gesù invitare i suoi discepoli a “praticare la giustizia”. Il Signore esplicita nel seguito del suo discorso a cosa si riferisce, e possiamo così capire che la giustizia di cui egli parla non è rettitudine e onestà, quanto piuttosto vivere tre importanti modi di essere: carità, preghiera e digiuno. Sono i tre atteggiamenti che tradizionalmente la chiesa propone ai cristiani di vivere nel tempo di Quaresima.

Nel sentire comune questo “esercizio” quaresimale di “praticare la giustizia” nella carità, preghiera e digiuno è considerato come un invito a togliere qualcosa dalla nostra vita, a sacrificare una parte di noi, a impoverirci di qualcosa per un tempo definito. Questa idea mi ha sempre colpito, perché ci induce a pensare che poi, finito il tempo della sottrazione, tutto torna come prima. Ben triste idea della vita cristiana, fatta di rinuncia alle cose più attraenti della vita, ma per fortuna solo temporaneamente! Insomma un esercizio di religiosissima ipocrisia.

In realtà l’invito di Gesù in Quaresima non è a sottrarre, ma ad aggiungere, per arricchire ed accrescere la nostra vita. Accrescerla, appunto, con una maggiore pratica della carità, con più preghiera e una maggiore attenzione a ciò di cui nutriamo il nostro corpo e il nostro spirito.

Non si tratta di togliere, ma di aggiungere.

Ha detto don Tonino Bello: “La Quaresima è il tempo della moltiplicazione, moltiplica invece di rinunciare. Moltiplica il tuo tempo per le persone, per gli amici; moltiplica i gesti di amore; moltiplica le parole buone che fanno bene al cuore. Moltiplica il tempo della preghiera. ... Questo è il tempo per rendere più bella la vita, [perché] … è il cuore che conta.

Come accennavo prima, che senso avrebbe fare tutto questo per un tempo limitato, come aprire una parentesi per poi richiuderla. In realtà Dio non è un capriccioso maestro che mette alla prova i suoi scolari per il gusto di farli soffrire. Lui ci propone questo esercizio perché è sicuro che, sperimentandolo, scopriremo che è bello vivere una vita “aumentata” e che tante cose che ci sembravano riempirla in realtà la svuotavano di senso, di voler bene, di opportunità di incontro e di umanità. Lo abbiamo sicuramente sperimentato anche noi qualche volta: quello che poteva sembrare un sacrificio e una rinuncia poi si è rivelato un arricchimento interiore che ha ripagato di tutto, anzi ha aggiunto molto alla nostra vita, più di quanto ci aspettavamo all’inizio. Pensiamo alle fatiche dei genitori per accudire i figli, o ad un aiuto offerto ad un amico in un momento di difficoltà, o ad azioni gratuite di generosità. Sempre ne siamo usciti felici di averlo fatto!

Potremmo dire che tutto ciò per noi è troppo difficile e che non siamo pronti.

il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci fa capire qualcosa di più a proposito. Gesù, dice Marco, è sospinto dallo Spirito nel deserto. Cioè l’esperienza di sperimentare una vita senza tutte le cose superflue che la riempiono abitualmente, che il deserto in qualche modo rappresenta, è frutto non di desiderio di rinuncia, ma di uno Spirito di amore: Gesù per amore degli uomini vuole sperimentare sulla sua carne, prima di predicare il Vangelo, le tentazioni degli uomini, cioè gli ostacoli che il maligno frappone fra la persona e l’adesione alla volontà di Dio. Il Vangelo definisce questa permanenza con due elementi: “Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.” Cioè da un lato Gesù prova la crudezza della tentazione di seguire la naturale propensione ad assecondare l’istinto del vivere secondo il mondo, ma dall’altro sperimenta la dolcezza del servizio degli angeli che aggiungono la consolazione e il conforto di presenze amiche che parlano della vicinanza del Padre.

È l’itinerario che anche a noi la Quaresima propone con il soffio dolce e forte dello Spirito, che è amore per Dio per noi uomini. In essa sperimentiamo come la natura “selvatica” ci suggerirebbe di assecondare con naturalezza un certo modo di vivere a cui siamo abituati e istintivamente portati, ma se accettiamo l’esercizio quaresimale di “praticare la giustizia” nella carità, preghiera e digiuno sperimenteremo la gioia della presenza amica di Dio.


Preghiere 

 

O Dio che sei nostro Padre, unisci la forza del tuo amore alla nostra fragilità con l’arco dell’Alleanza fra cielo e terra. Fa’ che accogliendola la viviamo fiduciosamente,

Noi ti preghiamo

 

 

In questo tempo di Quaresima suggerisci a ciascuno di noi o Signore le scelte buone nella vita di ogni giorno. Manda il tuo santo Spirito ad illuminarci il cammino e a scaldarci il cuore, perché procediamo alla luce della Parola

Noi ti preghiamo

 

 

Non lasciare o Dio che costruiamo la nostra esistenza secondo il disegno del male, ma fa’ che ci fondiamo sulla roccia del Vangelo per rafforzare l’unità di tutto il genere umano,

Noi ti preghiamo

  

 

Perdona o Padre misericordioso tutti quelli che nella propria vita danno spazio all’odio e alla violenza contro il fratello e la sorella. Aiutali a resistere alla tentazione e a decidere per il bene. Dona a tutti la tua pace

Noi ti preghiamo

 


Proteggi o Padre chi è più debole. Aiuta chi è maggiormente esposto alla durezza della vita e ne subisce le ingiurie. Guarisci chi è malato, sostieni chi è nel dolore, salva chi è minacciato dalla violenza e dalla guerra,

Noi ti preghiamo

 

 

In questo tempo di Quaresima, o Dio, suscita carità, preghiera e digiuno nella vita dei tuoi discepoli, perché nell’amore per i fratelli troviamo la strada che conduce all’incontro con te,

Noi ti preghiamo.

 

 

Proteggi o Padre i tuoi figli ovunque dispersi. Dona coraggio e tenacia a chi è incerto e raccogli attorno alla tua mensa tutta la famiglia umana,

Noi ti preghiamo

 

 

Dona coraggio e amore a papa Francesco e a tutti quelli che annunciano il vangelo a chi non ti conosce. Fa’ che la vita dei tuoi discepoli sia sempre una buona notizia di pace e riconciliazione,

Noi ti preghiamo

 

martedì 16 febbraio 2021

Mercoledì delle ceneri - 17 febbraio 2021

 



Dal libro del profeta Gioele 2,12-18

Così dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male».

Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.

Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

 

Salmo 50 - Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; +
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,20-6,2

Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Oggi non indurite il vostro cuore,

ma ascoltate la voce del Signore.

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

 

Dal vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, la celebrazione di oggi apre con solennità il tempo santo della Quaresima, preparazione di noi stessi e attesa degli eventi della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, e come ogni anno questa “soglia” che apre la Quaresima ci si propone con il segno semplice e sobrio della cenere.

Il profeta Gioele ha aperto questa celebrazione con l’invito a tornare a Dio: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio…”

Ritornare” evoca una distanza che ci separa da Dio, ma di cosa si tratta? Potremmo dire che è ovvio che ci sia distanza fra me, creatura fragile e debole, e Dio, essere supremo e perfetto, che abita i cieli. Dalla sua voce è uscito l’universo intero, dalla sua volontà onnipotente esso è retto per l’eternità. Non siamo due realtà così distinte da non avere praticamente niente in comune?

Ma Gioele prosegue, e spiega il perché e il come dell’invito a tornare a Dio: “…perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male.” Sono i contenuti nella fede antica di Israele, che ci è tramandata e fa parte anche del nostro credere in un Dio sì, totalmente “altro” da noi e dal creato, ma allo stesso tempo intimamente legato a noi e al creato dalla forza che unisce in modo più potente e tenace: l’amore. È per esso e tramite esso che Dio ha creato l’universo e gli esseri umani legando a lui indissolubilmente il nostro destino. Non è la giustizia, o l’onnipotenza, o la signoria che rende Dio capace di “reggere e governare” l’universo e di conservare l’umanità, sempre tentata dalle derive autodistruttive degli egoismi e delle malvagità, ma il suo amore, cioè il suo bisogno dell’altro, il suo intimo non voler fare a meno di nessuno, fino al più piccolo, o meglio proprio a partire dal più piccolo.

Anche noi, che siamo fatti a sua immagine, sperimentiamo che solo l’amore per le altre persone ci può rendere vicini a loro, quanti abbiamo accanto, ma anche chi è molto distante, perché ce ne fa sentire il bisogno e soffrire la mancanza.

Ecco allora come si spiega l’invito che Dio ci fa giungere attraverso il profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore” cioè non per finta, per convenienza, abitudine, formalismo, ma davvero, per l’unico motivo per il quale lui rinuncia alla sua totale “alterità” per invischiarsi nelle vicende dell’umanità, e cioè il volerci bene.

Ma cosa significa “allontanarsi” da Dio, cioè come dicevo non volergli bene, in sintesi peccare?

Non consiste in qualche infrazione normativa o disobbedienza a decreti. Il cuore del nostro essere distanti da Dio è non fidarci che il suo voler bene può prevalere sul male, ovvero che le distanze che dividono gli uomini possano essere colmate e cementate dall’amicizia sincera, che lo sfruttamento o il privilegio che pesa sulle spalle delle popolazioni più deboli possano essere scrollati da una nuova fraternità universale, che la povertà, la sopraffazione, la violenza, la guerra non siano condanne segnate per sempre, ma si possano cancellare, che l’ambiente naturale non sia condannato alla distruzione ma possa essere amato e rispettato.

Noi spesso facciamo fatica a credere che questo sia possibile anzi con la nostra vita diciamo l’opposto, contraddicendo nella prassi quotidiana la volontà buona di Dio, il suo disegno di amore che lo lega al creato e all’umanità, contrabbandando per normalità ciò che è contrario all’ordine delle cose come lui le ha pensate.

Sì, noi siamo da un’altra parte, così lontani da negare e rendere vano lo sforzo costante di Dio a rendere il mondo migliore e più umano.

Forse ci potrà sembrare esagerato, in fondo nessuno di noi compie opere così riprovevoli o nega la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini. Certo, ma Gesù nel brano di Matteo che abbiamo ascoltato afferma che persino fare cose buone, come praticare la giustizia, fare l’elemosina, pregare e digiunare, se sgorgano da un cuore “lontano” da Dio, cioè dal suo voler bene, diventano azioni che si volgono contro se stessi e gli altri, piuttosto che a favore. Sono inutili o finanche dannose perché perseguono un fine diverso: mettersi in mostra, sentirsi buoni, farsi notare, in ultima analisi dividere gli uni dagli altri.

Ecco allora l’invito ad avere un cuore puro che il Salmo oggi ci propone: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”, cioè che sappia voler bene come Dio vuol bene agli uomini e al creato. Da un cuore puro sgorgano azioni, parole, pensieri, idee che alimentano il bene nel mondo, perché, come dice S. Paolo, “Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.” Sì Dio si fida di noi e ci chiama ad essere suoi collaboratori e ci dona la sua grazia per realizzare un mondo come lui lo ha pensato e voluto, a noi fidarci del suoi pensiero e non del nostro o di quello del mondo.

Questo tempo di Quaresima ci è donato perché ci rendiamo sempre più e meglio conto di questo e mettiamo in seria revisione il nostro agire e pensare, se è secondo Dio o secondo noi stessi. Come dice Paolo: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” Ecco il tempo in cui fare nostro il pensiero di Dio.

 

 

Preghiere 

 

O Dio nostro Padre che oggi ci indichi la via della conversione e del rinnovamento per vivere il tempo che ci introduce alla passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, guida i nostri passi perché illuminati dalla tua Parola torniamo al tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

 

O Signore Gesù che hai accorciato la distanza tra noi e il cielo nascendo sulla terra e vivendo con noi aiutaci a non accettare come normale la nostra distanza da te e dal Padre, ma a desiderare e operare sempre per esserti vicini,

Noi ti preghiamo

 


O Signore Gesù, ti preghiamo per quanti non ti hanno incontrato e non conoscono il Vangelo, perché per ognuno ci sia la possibilità di scoprirti nel fratello e nella sorella che opera secondo la tua volontà e che vive secondo il tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

O Spirito Santo, rendi il nostro cuore puro e docile alla volontà del Padre, perché sappiamo proclamare con tutta la nostra vita la buona notizia del suo amore senza fine,

Noi ti preghiamo

 

O Padre, il segno della cenere che ci richiama all’umiltà di riconoscerci bisognosi di te e dei fratelli e delle sorelle divenga per ognuno di noi che lo abbiamo ricevuto un motivo in più per restarti fedelmente vicini,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio nostro Padre per la chiesa in tutto il mondo, perché il cammino della Quaresima porti audacia ed autenticità alla sua testimonianza del Vangelo,

Noi ti preghiamo.

sabato 13 febbraio 2021

VI domenica del tempo ordinario - Anno B - festa di San Valentino, 14 febbraio 2021

 




Dal libro del Levitico 13,1-2.45-46

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: "Impuro! Impuro!". Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento».

 

Salmo 31 - La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia.

Beato l'uomo a cui è tolta la colpa

e coperto il peccato.

Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto

e nel cui spirito non è inganno.


Ti ho fatto conoscere il mio peccato,

non ho coperto la mia colpa.

Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»

e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.


Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!

Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,31 - 11,1

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,

Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Marco 1, 40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di questa domenica ci offrono l’occasione per soffermarci su un tema complesso e che spesso evitiamo, per paura: la malattia. In questo tempo di pandemia abbiamo visto come la malattia incida duramente sulla vita degli individui, ma anche su quella di tutti quelli che sono attorno. Questo tema ci giunge nel giorno in cui celebriamo Valentino come nostro patrono, cioè come colui di cui ci sentiamo debitori di una eredità di fede e di amore che rende la nostra vita più vicina al Vangelo. Valentino è noto come taumaturgo e suscitatore di amore, e le due cose, come vedremo, sono profondamente legate.

Talora il tema della malattia ci viene proposto dai casi di persone che all’improvviso e inaspettatamente sono costrette a una vita ridotta alle minime funzioni vitali. In questi casi emerge spesso la posizione di coloro che vorrebbero porre fine alla vita indebolita dalla malattia e resa, così si dice, “inutile” e “insopportabile” a chi sta accanto ai malati e alle vittime stesse del male. Si tratta dell’eutanasia, proposta a volte, paradossalmente, come soluzione alla malattia grave.

Per comprendere i termini di questa questione partiamo da ciò che la Scrittura oggi esprime molto bene. E cioè il fatto che la malattia non è solo dolore fisico e psicologico, ma porta con sé anche isolamento e solitudine profonda. Abbiamo ascoltato dal libro del Levitico come nell’antico Israele chi si ammalava di lebbra era costretto a vivere fuori dai centri abitati e a gridare “Impuro! Impuro” per far allontanare chiunque si avvicinasse. Alla durezza della malattia si aggiunge così l’allontanamento di tutti e l’abbandono. Se nel caso di Israele tali misure si spiegano per l’arretratezza della medicina, purtroppo ancora oggi spesso si verifica lo stesso, pur non essendoci più motivo di pericolo. Rimane infatti l’idea che chi è malato sia portatore di una tristezza contagiosa, vada evitato come qualcuno la cui compagnia impedisce la gioia.

È normale che i sani preferiscano la compagnia dei sani e che i malati restino da soli!

Ma questa fuga da chi ci ricorda la malattia è una fuga da una dimensione costitutiva dell’uomo: la nostra debolezza. Il rifiuto di essa ci illude di poter godere di un benessere senza fine, ma in realtà ci fa rifiutare qualcosa di fondamentale. Anzi, il Vangelo ci viene a dire che proprio la debolezza della natura umana, che si esprime anche nella malattia, se accettata senza paura ci fa imparare a riporre la fiducia non solo in sé stesso, ma innanzitutto in Dio e nei fratelli. Sì, l’uomo che rifiuta di ammettere la propria debolezza rifiuta anche di aver bisogno dell’altro, la dipendenza da esso, la necessità di voler bene a qualcuno e di essere amato. Chi nega la fragilità e ne fugge ogni espressione, come la malattia, preclude a sé quel senso di bisogno dell’altro che è il fondamento di ogni vera amicizia e rapporto di amore. Infatti, e purtroppo lo vediamo spesso, una sbagliata idea di amore sostituisce al genuino bisogno dell’altro il desiderio di possesso esclusivo, che apparentemente gli assomiglia ma è in realtà l’opposto, e i risultati di tale sostituzione sono sotto gli occhi di tutto: violenza fino, a volte, alla morte. Se infatti il bisogno dell’altro ci fa desiderare il suo bene sopra tutto il resto, il desiderio di possesso vede solo il proprio benessere, identificandolo nel dominio sull’altro.

Ecco che dunque, paradossalmente, fuggendo da ciò che crediamo ci renda tristi, cioè le manifestazioni del nostro bisogno dell’altro, in realtà fuggiamo dalla possibilità di voler genuinamente bene e di essere di conseguenza felici.

Possiamo dire in estrema sintesi che c’è una sola differenza fra sano e malato, fra povero e ricco, potente e debole: che i primi possono mascherare la propria debolezza e fare finta che non esista, ma a che prezzo?

Nel vangelo ascoltato oggi vediamo come la debolezza non solo ammessa, ma addirittura gridata dal lebbroso, gli apre la via della salvezza dal male. Il grido del lebbroso è una ribellione davanti ad un destino che sembra condannarlo a restare schiacciato dalla forza del male: «Se vuoi, puoi purificarmi!» e la richiesta di trovare in Dio un alleato nella propria battaglia. La salvezza viene per il malato, e per ciascun uomo che porta dentro di sé il marchio della debolezza e fragilità (sia che lo ammetta, sia che lo rifiuti), da quell’affidarsi alla volontà di amore di Dio: “Tu lo vuoi!” afferma il malato, manifestando così tutta la sua fiducia in lui.

E il primo segno di guarigione è proprio la rottura dell’isolamento: dice il Vangelo infatti che Gesù “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse…” Sono come tre passi della vittoria sul male: la compassione, che rende possibile l’incontro umano e ricuce l’isolamento dell’uomo. La paura della malattia e della debolezza è vinta con la partecipazione profonda a quel dolore, quasi un contagio voluto, perché il male condiviso perde la sua forza e diventa meno duro e diviene vincibile nell’alleanza con Dio e i fratelli e sorelle.

Poi c’è il gesto concreto che annulla la distanza fisica e ricostruisce la fraternità, perché l’amore non è mai solo un sentimento, ma si fa concretezza di gesti.

E infine la parola mette in comunicazione i cuori, consola e guarisce, moltiplica le forze per vincere il male.

Cari fratelli e care sorelle, in fondo quella malattia del lebbroso che isola e fa stare male è anche la nostra malattia, che è la paura di riconoscerci deboli e bisognosi degli altri, la fuga dalla nostra fragilità che ci rende bisognosi del Signore e dei fratelli. E la guarigione viene anche per noi proprio dal grido di quando, ammessa la nostra infermità, chiediamo a Dio la guarigione dalla paura che ci isola e ci rende meno umani. Questo grido è la preghiera.

Questo spiega anche i tanti che proprio perché terrorizzati dalla malattia come fonte di solitudine e disperazione, prospettano la morte come soluzione del problema.

Gesù completa la sua guarigione insegnando al malato la necessità di essere grati per il bene ricevuto e fatto agli altri, gli dona cioè, in sovrappiù, la salvezza: “va’, invece, … e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Anche per noi il Vangelo è una buona scuola per vincere la paura della debolezza e rivestirci di quella forza divina che ci rende capaci di voler bene e di essere amati al di là della radice di debolezza che abbiamo dentro, ed anzi proprio grazie ad essa. Proprio essa infatti ci spinge a confidare non più solo in noi stessi, perché del bisogno dell’altro si nutre l’amore e del desiderio di rispondervi che rende le persone felici.

 

Preghiere 

 

In nome e sull’esempio di Valentino, patrono della nostra città, ti preghiamo o Signore perché la tua volontà di bene si realizzi presto per tutti gli uomini. Fa’ che chi è malato riceva consolazione e cura, chi è solo compagnia, chi è debole sostegno e conforto.

Noi ti preghiamo

  

 

O Dio che non hai avuto timore di mostrarti a noi nella debolezza della sofferenza fisica, della persecuzione e del rifiuto da parte di tutti, fa’ che mai nessun uomo sia disprezzato perché fragile nel corpo e nella mente, perché povero, straniero o senza casa.

Noi ti preghiamo


O Cristo che hai attraversato il mondo guarendo i malati e scacciando gli spiriti cattivi dalla vita degli uomini, ti preghiamo per tutti coloro che sono colpiti dal male. Dona la grazia della guarigione, il conforto nel dolore e la salvezza da ogni male.

Noi ti preghiamo

 

 

O Padre clemente e misericordioso, perdona la durezza dei nostri cuori quando giudichiamo una vergogna aver bisogno del tuo aiuto o disprezziamo chi ci chiede il nostro. Esaudisci la preghiera di chi è bisognoso di sostegno.

Noi ti preghiamo


O Signore, accogli tutti quelli che soffrono da soli, senza la vicinanza affettuosa di persone amiche. Fa’ che tutti coloro che non possono più esprimere la loro volontà di vivere abbiano qualcuno che al loro fianco infonda fiducia e speranza.

Noi ti preghiamo

  

O Padre che scruti nei cuori di ciascuno, perdona la paura che ci fa fuggire davanti alla debolezza e alla malattia. Fa’ che anche noi, come il lebbroso del Vangelo, ti invochiamo affidandoci alla tua volontà di bene per guarire il nostro corpo e il nostro cuore.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo amico degli uomini, sostieni i cristiani in tutto il mondo perché la loro vita sia testimonianza della guarigione che il Vangelo opera nella vita dei discepoli del Signore. Sostiene la Chiesa in tutti i luoghi, specialmente dove è debole e perseguitata.

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo o Signore per la testimonianza dei santi che, come Valentino, hanno saputo vivere non per se stessi e obbedendo solo alla propria volontà, ma come figli e discepoli del Vangelo. Fa che lo Spirito santo scenda su tutti noi come amore generoso e senza fine.

Noi ti preghiamo

domenica 7 febbraio 2021

V domenica del tempo rodinario - Anno B - 7 febbraio 2021

 


 


Dal libro di Giobbe b 7, 1-4. 6-7

Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».

Salmo 146 - Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro, +
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 9,16-19.22-23

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io

Alleluia, alleluia alleluia.

Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 1, 29-39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

 Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi si è aperta con l’affermazione di Giobbe: “L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? … I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.” Sono le parole di un uomo duramente provate dalla malattia e dalla conseguente miseria, ed esprimono bene come appare la vita osservata dal punto di vista di un povero. Potremmo ascoltare queste stesse parole dalle labbra di uno dei migranti bloccati in Bosnia, fra le nevi gelate sotto tende improvvisate, o sulla bocca di un anziano isolato in istituto senza poter vedere da mesi un volto amico e familiare. Sono le parole di quanti sono morti e muoiono in solitudine nei reparti di isolamento per il Covid-19, ecc…

Qualcuno potrebbe dire che quello di Giobbe è uno sfogo legato alla situazione in cui si trova, è una visione parziale e pessimistica della vita: non tutti e non sempre vivono tali drammi, ci sono anche tempi di gioia e di spensieratezza.

In realtà, come sappiamo, Giobbe ha conosciuto momenti felici e di agiatezza economica e conforto familiare, ma poi ha sperimentato anche come tutto ciò è minacciato dai rovesci della vita, imprevedibili e inattesi, ma sempre possibili: una malattia, una crisi dei rapporti familiari, un rovescio economico, incidenti, cause ambientali, ecc… Ma quello che Giobbe vuole esprimere a me sembra non tanto uno sfogo scomposto, quanto una coscienza di sé maturata nella lunghezza della sua storia, una consapevolezza della fragilità umana frutto dell’esperienza vissuta e di quanto ha potuto constatare.

Se la Scrittura in molti luoghi, e non solo nel brano ascoltato oggi, ci pone davanti questa realtà di fondo della fragilità e finitezza dell’uomo, non è per farci paura, oppure per un gusto perverso di deprimerci, ma perché è questa la realtà più vera di ciascun uomo e donna: in quanto esseri umani siamo fragili e in balia degli eventi della vita, come già dicevamo domenica scorsa. A nulla serve coprire questa realtà con veli e orpelli che la abbelliscano oppure semplicemente distogliere lo sguardo per non pensarci.

Non dobbiamo aver paura di considerare tutto ciò, poiché la Scrittura mentre da un lato svela con una luce impietosa questa realtà, contemporaneamente offre la vera risposta a questo dramma esistenziale: la salvezza che viene dall’affidarci a Dio. Giobbe stesso, dopo aver espresso con drammatico realismo la sua condizione, giunge ad esprimere con assoluta certezza che in Dio trova la propria salvezza: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.” (19,25-27)

Cari fratelli e care sorelle, per usare la stessa metafora che usavamo domenica scorsa, nel naufragio, in mezzo alle onde agitate della vita, l’uomo cerca di aggrapparsi a ciò che trova sotto mano: un relitto, uno scoglio, qualunque cosa. Ma spesso l’appiglio è incerto, scivoloso o impossibile da afferrare stabilmente. Se si è fortunati ci si può anche adattare a vivere su uno scoglio, ma ben presto si rischia di morire di fame e di sete, o sennò si impazzisce di solitudine. Ma, dicevamo domenica scorsa, la Parola di Dio è una scialuppa di salvataggio che Dio ci porge perché, affidandoci ad essa, raggiungiamo quel porto sicuro di cui Giobbe esprime la certezza: “Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.

Questa consapevolezza è la stessa che anche l’apostolo Paolo esprime nelle parole che rivolge ai cristiani di Corinto: “annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” Cioè Paolo sente che l’annuncio della buona notizia che c’è una salvezza nel mare agitato della vita è qualcosa di così importante che è per lui una necessità imprescindibile annunciarlo a tutti! Per riuscirci fa di tutto: “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno.”

Paolo però va ancora oltre e confessa che questo suo impegno di annuncio del Vangelo al quale si dedica con tutto se stesso è il modo con cui egli può vivere il Vangelo e partecipare della salvezza che esso comunica: “Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. In qualche modo afferma che è proprio nel cercare la salvezza degli altri che egli trova la propria.

In questo Paolo vive l’imitazione perfetta del Signore Gesù, al quale sulla croce i passanti rivolgono sprezzanti l’invito “Salva te stesso!” (Lc 23,37), senza rendersi conto che proprio il passaggio sulla croce, accettata per confermare col suo sangue la salvezza annunciata nella predicazione, lo avrebbe condotto alla “salvezza”, per sé e per tutti noi, della resurrezione.

Il brano del Vangelo si conclude con Gesù che ha appena compiute le opere del Vangelo che annunciano la salvezza e allo stesso tempo la realizzano, guarendo e liberando dal male tanti che lo cercano, ed allora parte per recarsi in altri villaggi e incontrare altra gente. Sì, il Signore non cerca successo e riconoscimenti, non vuole godersi la buona fama appena guadagnatasi, lo spinge invece piuttosto l’ansia di raggiungere tutti e permettere a tutti di ascoltare e sperimentare l’efficacia salvifica della sua Parola. Anche noi facciamo nostra questa ansia, l’ansia di Gesù e di Paolo perché chiunque ci incontri trovi in noi la testimonianza di come incontrare il Signore sia veramente la buona notizia che tutti attendono per far fronte alla fragile natura e della nostra vita.

 


Preghiere

 

O Signore ti preghiamo perché impariamo a mettere la nostra vita al servizio del Vangelo per costruire un futuro buono per tutti,

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore l’egoismo con cui spesso viviamo, cercando solo il nostro personale vantaggio. Aiutaci a vivere con un orizzonte più largo, dove ci sia attenzione per il bisogno di tanti,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per questa nostra città, perché viva una nuova stagione libera dall’incertezza e dal vuoto di prospettive ed impari ad essere un luogo accogliente e solidale con tutti, a partire dai più deboli.

Noi ti preghiamo

 

 

Proteggi o Signore tutti quei poveri che non trovano un riparo nelle nostre città, affannate dalla ricerca del proprio benessere. Apri i cuori perché si allarghino all’amicizia con chi è nel bisogno, 

Noi ti preghiamo

 


Ti preghiamo o Signore per i Paesi in cui infuria la guerra. Dona pace e salvezza dove oggi si impongono morte e violenza.

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Dio tutti quelli che fuggono da miseria e violenza per cercare altrove un futuro migliore. Ti preghiamo per i migranti che affrontano viaggi pericolosi, per chi è vittima del traffico delle mafie, per chi muore in mare,

Noi ti preghiamo.

 

Guida e sostieni o Dio Padre onnipotente tutti coloro che annunciano il Vangelo e conquistano, giorno per giorno, spazio al tuo amore misericordioso. Fa’ che presto tutti gli uomini della terra ti conoscano e possano invocare il tuo nome,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Signore che la tua Chiesa sia sempre più il luogo in cui la presenza del tuo amore diventa buona notizia per tanti. Indica a ciascuno di noi la via per restarti più vicini,

Noi ti preghiamo