sabato 27 marzo 2021

Domenica delle Palme - Anno B - 28 marzo 2021

 



Dal libro del profeta Isaia 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,

per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Passione del Signore -  Mc 14,1-15,47

Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi con questa liturgia dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme la Santa settimana di Passione. La liturgia inizia con la festa dell’entrata del Signore in città, momento che fu accompagnato, come abbiamo ascoltato all’inizio della liturgia, dalle grida di Osanna del popolo e dal festoso agitare di rami e mantelli. È stato l’ingresso di un re, accompagnato dalla gioia e dalla festa di tutti. Abbiamo ripetuto quei gesti e abbiamo gioito anche noi. E i rametti di ulivo che ancora abbiamo fra le mani stanno proprio a significare che anche noi c’eravamo e siamo stati testimoni di quell’ingresso di un nuovo re nella nostra vita e nel mondo e con lui abbiamo esultato.

La lettura della Passione dal Vangelo di Marco si apre con il racconto dell’unzione di Betania. Una donna, anonima in Marco, si avvicina a Gesù durante un banchetto e lo unge con un profumo assai prezioso. È un’attenzione fuori dal comune, immotivata, senza precedenti. Il suo gesto suscita una forte reazione sdegnata da parte degli astanti, fra i quali forse anche i discepoli. L’accusa è che sia uno spreco, troppi soldi buttati via.

Quel profumo rappresenta l’amore della donna, e quanto è facile giudicare l’amore uno spreco! Nella mentalità comune ciò che non rende e non dà vantaggio è inutile, figuriamoci se poi costa così tanto. Gesù poi aumenta ancor di più questo senso di spreco, perché quel gesto, dice, è rivolto ad uno che non vivrà a lungo, è come se la donna avesse unto il suo corpo per la sepoltura. Che follia: sprecare un profumo prezioso per un corpo senza vita, a che serve?

Ci accingiamo con questa domenica delle palme ad immergerci nella settimana santa di passione morte e resurrezione del Signore Gesù. Un tempo strappato all’ordinarietà degli affari e delle occupazioni per dedicarlo ad un altro che non siamo noi stessi, a quel Gesù che visse per i suoi un “amore fino alla fine”, come dice Giovanni nel descrivere l’ultima cena con i discepoli durante la quale lavò loro i piedi (Gv 13,1).

Sì, Gesù non ha considerato uno spreco voler bene a quei dodici che, fino alla fine, non capiscono e non si rendono conto di ciò che il Signore sta vivendo, tanto che mentre lui è in angoscia nel Getsemani si addormentano tranquilli. A Pietro che si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, il Signore dice: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”, ma nonostante questo non giudica uno spreco chinarsi sui suoi piedi e lavarli.

L’amore di Gesù è come un seme, lo abbiamo ascoltato domenica scorsa, che deve morire, cioè cadere nell’incomprensione fino all’aperto rifiuto, ma poi germoglia e porta frutto. Quel suo amore sono parole che cercano ascolto, ma non sono un segreto per pochi, anzi vengono proclamate sulle piazze e per le strade, non nel chiuso di circoli ristretti. Quell’amore sono gesti di misericordia e di guarigione, ma non solo per chi se lo merita, ma per peccatori, per poco di buono, come i pubblicani e le prostitute, per gente dalla fede discutibile, come i samaritani, per impuri come i lebbrosi. Quell’amore è l’offerta di tutto se stesso, corpo e sangue, per i dodici che non gliel’hanno chiesto e non sono pronti a ricevere così tanto, tanto che di loro uno lo tradirà, uno lo rinnegherà e tutti fuggiranno via abbandonandolo.

Eppure Gesù non considera uno spreco inutile voler bene loro fino alla fine, fino in fondo, con tutto se stesso e getta con abbondanza il seme del suo amore, fiducioso che germoglierà e darà frutti abbondanti.

Di tutti quelli che gli stanno attorno solo una donna ha capito Gesù e il suo strano modo di voler bene, sembra che sappia leggere nel suo cuore, come sa fare solo chi vuole veramente bene a qualcuno. Nel cuore di Gesù la donna legge la consapevolezza di quello che accadrà e per questo vuole offrirgli quell’estremo, esagerato gesto di amore.

In tutta la narrazione della passione quello è l’unico gesto di affetto rivolto a Gesù. La donna è l’unica che non è preoccupata di sé ma dell’uomo che ha davanti

Ma a che serve preparare un corpo per la sepoltura?

Sappiamo che nella tomba Gesù non rimase bloccato, ma scende agli inferi, per proclamare il Vangelo di salvezza in quell’estremo angolo di buio e disperazione. Il corpo di Gesù, martoriato e ferito, non è però un corpo vinto dalla morte e incatenato. Gesù è libero dalla tomba perché non smette di voler bene e quella donna, ungendolo col profumo del suo voler bene, partecipa a quell’estremo annuncio del Vangelo nella periferia più dimenticata.

Cari fratelli e care sorelle, in questi giorni che vengono anche noi saremo messi a confronto con un amore che non può fare a meno di stupirci. Ungiamo anche noi il corpo di Gesù con il profumo della nostra attenzione partecipe, con la preghiera, con la cura che merita un uomo che va a morire per voler bene fino alla fine. Facciamo germogliare in noi l’amore che Dio vi ha deposto abbondante perché cominci a dare frutti buoni. Abbiamo coscienza che non lo abbiamo meritato e in qualche modo ancora non capiamo come mai Gesù si sia così testardamente fidato di noi, tanto da affidarci il seme prezioso del suo amore. È il mistero di questi giorni di passione e morte, anche non capiamo perché, capiremo domani, quando, nel giorno di Pasqua, saremo messi a parte della gioia della sua resurrezione.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù ti preghiamo di aiutarci in questi giorni di passione, morte e resurrezione a seguirti per essere testimoni del tuo amore. Fa’ che non fuggiamo spaventati e distratti, presi da noi stessi e dai ritmi abituali, ma come discepoli seguiamo te, nostro unico maestro buono.

Noi ti preghiamo

 

O Padre misericordioso apri il nostro cuore all’ascolto della Scrittura. Fa che sappiamo farla scendere nel nostro cuore e diventare contemporanei dei fatti che descrive, vicini a Gesù e testimoni del suo amore senza fine.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che non hai considerato un privilegio l’essere simile a Dio, ma ti sei fatto uomo come noi, fa’ che accogliamo in noi il seme del tuo amore e, anche se non capiamo subito tutto, sappiamo vivere anche noi i tuo gesti di amore per ogni fratello e sorella.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo che vieni ad ammaestrarci perché non perdiamo la nostra vita su strade che non portano a niente, indicaci in questi giorni della settimana santa come restare accanto a chi soffre senza fuggire.

Noi ti preghiamo

 


O Dio della pace, dona salvezza e consolazione a tutti coloro che ne hanno bisogno. Ti preghiamo per i malati, per chi soffre, per chi è solo e dimenticato, per chi è vittima della guerra e della violenza. Fa’ che uniti alla tua passione trovino anche la vita nuova della resurrezione.

Noi ti preghiamo.

 

O Dio ti ricordiamo tutti coloro che in questa settimana si raccoglieranno per ascoltare il Vangelo della passione e per pregarti. In comunione con tutti i cristiani del mondo invochiamo protezione per quelli che sono minacciati, audacia per quelli che sono timidi, e per tutti la benedizione di una vita santa.

Noi ti preghiamo

sabato 20 marzo 2021

V domenica di Quaresima - Anno B - 21 marzo 2021

 



Dal libro del profeta Geremia 31, 31-34

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

 

Salmo 50 - Crea in me, o Dio, un cuore puro.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; +

nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

Dalla lettera agli Ebrei 5,7-9

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria!
Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore,
e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni  12,20-33

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, Gesù è da poco entrato in Gerusalemme, come ricorderemo domenica prossima, accolto dalla folla festante che gridava “Osanna!”, che significa “Il Salvatore!” Quella folla lo riconosce in quel momento di entusiasmo e affida a lui le proprie speranze. Alcuni di quelli che acclamano e agitano rami mentre lui passa forse avevano assistito, pochi giorni prima, alla resurrezione di Lazzaro. Infatti alcuni giudei da Gerusalemme erano andati da Marta e Maria a piangere il fratello morto, ed erano rimasti stupiti e pieni di ammirazione per quel fatto così straordinario. Avranno pensato: se Gesù riesce a resuscitare un uomo dalla morte saprà anche liberare il popolo dalla schiavitù opprimente dei romani, restituire l’antico splendore al Regno di Israele, portare di nuovo prosperità al popolo umiliato e oppresso, e per questo lo acclamano salvatore.

Ma alcuni greci, ci dice il Vangelo oggi, giorni dopo, vogliono vedere Gesù. Avranno sentito parlare di lui in città, ma a loro non basta una notizia di seconda mano, non basta nemmeno vederlo da lontano mischiati alla folla confusa, vogliono incontrarlo di persona, ascoltarlo e parlargli a tu per tu.

Anche noi siamo alla soglia della settimana santa in cui ci uniremo, domenica prossima, al coro di quelli che lo acclamano “Salvatore”. Nella folla, assieme a tanti, proclameremo che è da lui che attendiamo la salvezza, e che alla sua signoria vogliamo sottometterci. Ma questo non basta.

Come fecero quei greci c’è bisogno che anche noi usciamo dalla folla confusa. Nella folla basta poco per passare dall’ “Osanna!” della domenica delle palme al “Crocifiggilo!” del venerdì. Tante volte noi ci accontentiamo di essere spettatori della missione salvifica di Gesù, della sua buona notizia. Assistiamo da lontano ai suoi miracoli, sentiamo le sue parole a tratti, sovrastate dal rumore della vita quotidiana, ce le perdiamo nella confusione.

Anche noi, come quei giudei greci a Gerusalemme, dobbiamo uscire dalla folla e chiedere a Gesù di incontrarlo di persona, cioè di ascoltarlo nella quiete di uno spazio riservato solo a lui nella nostra giornata, di rispondergli con la nostra preghiera personale, semplice e sincera, di gioire delle sue guarigioni, del perdono offerto largamente, della resurrezione di Lazzaro come se tutte queste cose fossero state fatte a noi personalmente. Allora sì che quell’ “Osanna!” sarà un’invocazione sincera, cioè il riconoscimento che senza di lui siamo perduti, che abbiamo bisogno di ascoltarlo e soprattutto di seguirlo e di andare dove va lui, senza restare più fermi in mezzo alla folla a guardarlo passare, mentre se ne va via.

Alla richiesta dei greci Gesù risponde in un modo un po’ strano: non dice sì, e neppure no. Dice che anche a loro si manifesterà, ma forse non come si aspettano: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.” I greci vorrebbero essere da lui accolti,  ragionare con lui o essere istruiti sul da farsi, ecc… Ma Gesù dice loro che c’è un solo modo di incontrarlo veramente, da vicino, e questo modo è per tutti lo stesso, nell’ora della glorificazione.

La glorificazione alla quale accenna Gesù è la croce: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” e Giovanni aggiunge: “Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.” Per spiegarlo meglio Gesù usa l’immagine del chicco di grano: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Come è possibile che la gloria di Gesù consista proprio nel momento di massima umiliazione e sofferenza, la morte in croce? E come è possibile che proprio questa condizione possa essere attraente per tutti, come dice Gesù?

Infatti nel mondo il chicco di grano è un valore in sé, assieme molti altri è la ricchezza del coltivatore. Così l’uomo: vale per quello che è, lo si giudica nelle sue capacità. Gesù invece stravolge questo modo di vedere: il chicco vale molto sì, ma solo se, morendo, cioè smettendo di essere chicco, produce una pianta a sua volta capace di crescere, svilupparsi e dare ancora più frutti. Così l’uomo: vale per quello che saprà essere e fare per gli altri, diminuendo se stesso per suscitare nelle vite altrui un bene che è ancora più grande, si moltiplica e cresce.

Per il modo di pensare comune questo significa perdere: se il chicco di grano marcisce nella terra non vale più niente. Così l’uomo, se usa il proprio tempo, le proprie capacità e risorse per gli altri cosa resta per sé? Più nulla. È quello che è accaduto a Gesù: ha speso tutta la sua vita per la gente che ha incontrato e cosa ne ha ricavato? La morte in croce.

Per il modo di pensare di Dio il chicco se non muore nel terreno rimane da solo, cioè una quantità minima dal valore trascurabile, ma se si consuma nel terreno produce tanto frutto e il suo valore cresce, la sua utilità aumenta. Così per l’uomo, il suo valore si misura sul bene che ha saputo produrre spendendo il proprio per arricchire gli altri. È quello che è accaduto a Gesù: vivendo per gli altri fino a dare la vita ha ricevuto in cambio la vittoria sulla morte e la vita che non finisce.

Cari fratelli e care sorelle: è in questo paradossale e misterioso modo di essere di Gesù come un seme che produce la pianta che possiamo incontrarlo veramente, cioè nella sua più autentica e profonda umanità e divinità. Così si mostra a quei greci che volevano conoscerlo, e questa è la sua gloria, cioè la bellezza di un modo di essere uomo nel modo più pieno possibile, ma anche di essere Dio nel modo più generoso e vicino a noi possibile.

Fratelli e sorelle domenica prossima apriremo la Settimana santa di passione, morte e resurrezione del Signore, come dicevo, acclamando Gesù “Osanna, il Salvatore!”, facciamo che quelle non siano solo parole vuote di senso. Usciamo dalla folla e incontriamolo personalmente, imitando il suo farsi chicco di grano che trova il suo autentico valore non in se stesso, ma nel suo spendersi tutto per il bene degli altri, tanto da amarli fino alla fine, vedendo moltiplicato il frutto e riempita di senso e valore la vita.

  

Preghiere

 

O Padre misericordioso fa’ che come il chicco di grano moriamo a noi stessi per mescolarci alla terra della vita degli uomini. Donaci di crescere e dare frutto, irrigati dalla tua Parola e riscaldati dal tuo amore.

Noi ti preghiamo

 

Signore Gesù che hai dato la vita per noi considerandoci tuoi amici, fa’ che sappiamo spendere le nostre forze per gli altri, senza tenere tutto per noi. Fa’ che non viviamo come orgogliosi proprietari della vita che tu ci hai donato, ma che la moltiplichiamo nella generosità.

Noi ti preghiamo

 

O Signore accogli nel tuo amore quanti sono vittima della guerra e della violenza. Riconcilia i cuori di quanti oggi sono preda dell’odio e dona la pace a tutti i popoli,

Noi ti preghiamo

 

Signore Gesù, sulla soglia del tempo in cui parteciperemo alla tua passione e morte, aiutaci a desiderare con tutto noi stessi di seguirti fin sotto la croce, perché non restiamo lontani ed indifferenti.

Noi ti preghiamo

 

O Signore metti nei nostri cuori il desiderio di incontrarti. Perché non smettiamo mai di cercarti accanto a noi, dove tu sei vivo e presente, nonostante la nostra indegnità,

Noi ti preghiamo

 

Padre santo e fonte di ogni bontà, non sdegnarti dei nostri peccati, ma purificaci da ogni durezza di cuore, perché la Quaresima sia per noi tempo di rinnovamento e conversione.

Noi ti preghiamo.

 

O Signore ti preghiamo per chi è nella sofferenza e nel dolore: per i malati, per i prigionieri, per chi è senza casa e dignità, per gli oppressi dall’ingiustizia. Dono loro pace e salvezza. Noi ti preghiamo

 

Padre buono ti chiediamo di non far mai mancare il dono dello Spirito santo a tutti i tuoi discepoli che faticano nel mondo per annunciare il Vangelo. Fa’ che nelle situazioni più difficili e nei luoghi più inospitali risuoni sempre alta l’annuncio di salvezza.

Noi ti preghiamo

sabato 13 marzo 2021

IV domenica di Quaresima - Anno B - 14 marzo 2021

 

 


Dal secondo libro delle Cronache 36,14-16.19-23

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldei] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

 

Salmo 136 - Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

 

Lungo i fiumi di Babilonia, +
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni 2,4-10

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Dal vangelo secondo Giovanni 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le parole di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni fanno parte della risposta a Nicodemo, capo dei giudei, fariseo, che aveva interpellato Gesù di notte dimostrando tutto il suo stupore per le opere che compiva e che dimostravano, a suo modo di vedere, che lui veniva da Dio. Nicodemo ha capito che il Vangelo di Gesù non è di questo mondo, che annuncia la realizzazione di un tempo nuovo, il tempo di Dio, ma ancora è dubbioso, teme a far sua questa realtà e le dice di nascosto per paura di essere visto. Il Signore gli aveva risposto che per fare propria questa dimensione nuova è necessario “nascere da acqua e Spirito” ed entrare così nella dimensione del regno di Dio, perché “quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv 3,5-6). 

Nicodemo è un sapiente, esperto di cose religiose e osservante delle prescrizioni, come ogni buon fariseo, però avverte che in Gesù c’è un’autorevolezza e una forza che viene da Dio. Le sue opere, cioè, non sono solo l’applicazione scrupolosa di norme religiose, ma azioni creative nelle quali la fede diventa una forza di trasformazione della realtà. È questo che per Nicodemo costituisce la differenza fra una religiosità che si fonda sull’osservanza delle leggi e una fede che compie le opere con la “forza” rinnovatrice di Dio.

E in effetti questa è la differenza che continua a manifestarsi ancora oggi, fra una  religiosità che consiste in un corretto e onesto astenersi dal compiere azioni malvage (non far niente di male) e ottemperare ad alcuni obblighi, e la fiducia in Dio e nella sua Parola che opera una trasformazione interiore profonda, tanto che le azioni, le parole, i modi di essere che ne scaturiscono hanno una forza diversa che incide sulla realtà, che lascia un segno profondo nelle persone, perché manifesta la compagnia di Dio con gli uomini.

Nicodemo è stupito, non riesce a capire bene un modo di rapportarsi a Dio che non sia il semplice dare-avere a cui è sempre stato abituato: mi comporto bene, così tu mi benèfichi; non disobbedisco, così tu non mi punisci. È a questo punto che Gesù dice che c’è bisogno di nascere di nuovo, cioè di diventare un’altra persona. Non basta qualche piccolo aggiustamento, bisogna avere occhi nuovi, cuore nuovo, un nuovo modo di essere.

Ma come è possibile? Si chiede Nicodemo sgomento, ormai ciascuno è fatto in un certo modo, come si fa a essere un’altra persona?

Gesù lo spiega: questa rinascita avviene se accogliamo lo Spirito, cioè l’amore di Dio, e da esso facciamo trasformare anche il nostro modo di voler bene. È la rivoluzione dell’amore o della tenerezza, di cui parla spesso papa Francesco, che trasforma le vite e non lascia niente come prima.

Ed è questa rivoluzione che permette di vivere la passione, morte e resurrezione del Signore come un dono di salvezza per la nostra vita. Lo dice Gesù nel brano del vangelo ascoltato oggi: “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.” Gesù parla della croce che vista con gli occhi della carne, del modo di vivere normale, di questo mondo, è la sconfitta vergognosa delle ambizioni del Signore, e così la sentono in un primo momento i discepoli sgomenti davanti a quei fatti. Ma se siamo stati trasformati dalla forza dello Spirito che è amore, allora possiamo leggere in quei fatti la dimostrazione che veramente Gesù ha amato gli uomini fino in fondo e che qual suo amore è così forte e invincibile che passa indenne attraverso il dolore e la morte, fino a farlo risorgere.

Fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima è preparazione a vivere il tempo della passione, morte e resurrezione del Signore con un animo rinnovato, rivoluzionato dalla forza trasformante del suo amore. Non lasciamo correre invano questi giorni, accettando come Nicodemo che ormai ciascuno di noi è fatto in un certo modo e così resterà per sempre. Accettiamo l’invito di Gesù a rinascere, cioè a diventare persone nuove, accogliendo e facendo nostro il suo modo di voler bene, credendo in lui, come ci invita oggi il Vangelo, cioè fidandoci che volendo bene come lui la nostra vita sarà salvata.

Giovanni per spiegare la differenza far il vecchio e questo nuovo modo di vivere usa l’immagine del buio e della luce. Troppe volte infatti ci sentiamo immersi nell’oscurità e non riusciamo a vedere più in là un futuro diverso. Oggi il Vangelo ci chiede di cambiare, di rinascere e una nuova luce ci mostrerà un futuro a cui guardare con fiducia perché benedetto e riempito dall’amore di Dio. È questo il dono di questo tempo di Quaresima, tempo di rinascita alla fiducia nell’amore di Dio.

 

Preghiere 

 

O Signore che vai a Gerusalemme per offrire tutto te stesso per la nostra salvezza, ti preghiamo aiutaci ad accompagnarti senza far vincere la nostra freddezza e paura,

Noi ti preghiamo

 

 O Gesù, tu che non hai pensato a salvare te stesso, ma hai lottato fino all’ultimo per salvare i nostri cuori dalla violenza e dal male, aiutaci nei momenti di prova a vincere il maligno che ci vuole prigionieri della paura,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per le tante vittime innocenti della violenza e della guerra le cui vite sono spezzate quotidianamente. Accoglili nel tuo seno e consola quanti oggi sono nel dolore,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni, consola e salva o Dio quanti oggi nel mondo sono prigionieri della morsa della povertà: fa che trovino presto consolazione e sostegno,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per quanti non hanno mai conosciuto il tuo amore e percorrono cammini lontani dalla luce del Vangelo. Illumina le loro menti e scalda i loro cuori perché scoprano la bellezza della vita in tua compagnia,

Noi ti preghiamo

 

Suscita o Dio ovunque nel mondo operatori di pace, perché nutriti dal Vangelo i cristiani siano in ogni luogo capaci di accoglierla e comunicarla,

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Signore i gesti e le parole del papa Francesco, perché comunichino sempre il tesoro prezioso del vangelo di cui il mondo ha così bisogno,

Noi ti preghiamo

  

Custodisci e proteggi le tue comunità nel mondo o Cristo, perché in ogni luogo siano testimoni di una vita spesa per il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

venerdì 5 marzo 2021

III domenica del tempo di Quaresima - Anno B - 7 marzo 2021

  


Dal libro dell’Esodo 20, 1-17

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

 

Salmo 18 - Signore, tu hai parole di vita eterna.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi 1,22-25

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni 2,13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, dice l’evangelista Giovanni che “Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme”. Anche noi ci troviamo nel tempo che precede la Pasqua, e in compagnia di Gesù ci avviamo verso Gerusalemme per essere testimoni degli avvenimenti straordinari che vi accadranno: la passione, morte e resurrezione di Gesù. C’è bisogno di camminare, e per di più in salita, per arrivare a Gerusalemme: non è casa nostra né la nostra vita di sempre. Dobbiamo farci indicare la via da Gesù, seguirlo. E non basta essere venuti fino in chiesa: questo è il punto di partenza verso Gerusalemme, non di arrivo. Da qui, dopo aver ascoltato la Parola di Dio ogni domenica, partiamo per incamminarci durante la settimana verso la Gerusalemme che è la vita in compagnia di Cristo che non è fermo, ma in cammino.

Questa settimana la liturgia ci fa riascoltare i comandamenti che Dio diede agli uomini come leggi fondamentali da rispettare. Sono norme che obbligano a “non” fare qualcosa: “Non avere altri dèi … Non farti idoli … Non pronunciare invano il nome del Signore … Non uccidere … Non commettere adulterio … Non rubare ... Non pronunciare falsa testimonianza …  Non desiderare la casa del tuo prossimo … Non desiderare la moglie del prossimo”. Sono l’invito di Dio a sgombrare la nostra vita dai cumuli di inimicizia, di violenza, di egoismo, di falsità, ecc… che la occupano, per far sì che Dio trovi un posto libero in cui restare in nostra compagnia. È quello che Salomone volle fare a Gerusalemme costruendo al centro della città un Tempio in cui Dio potesse risiedere e far sì che gli uomini avessero la gioia della sua compagnia, in uno spazio sgombrato dal male che divide gli uomini fra loro e da Lui.

Il Signore, abbiamo ascoltato, giungendo nel Tempio di Gerusalemme lo trovò invaso di mercanti e cambiavalute, gente che compiva piccoli commerci. Non erano ladri né truffatori, e in questo senso non andavano contro i comandamenti di Dio, erano persone che cercavano di guadagnarsi la vita onestamente. Anzi potremmo dire che erano utili, offrendo a chi veniva da lontano la possibilità di acquistare sul posto ciò che serviva per presentare le offerte al tempio o cambiare il denaro nella valuta locale, l’unica accettata per l’offerta rituale al tempio. Cosa c’era di male?

Gesù scaccia quei piccoli commercianti perché non tollera che lo spazio che era stato pensato e costruito per l’incontro con Dio venga occupato da altro. Col suo gesto non nega la possibilità di fare mercato, ma non lì, perché c’è bisogno nella vita di ogni uomo di uno spazio sgombro per incontrare Dio e stare con lui, e questo posto è lo spazio della carità, cioè dell’amore gratuito, quello spazio che in questo tempo di Quaresima siamo invitati ad ampliare. L’amore di Dio è gratuito, donato senza chiedere nulla in cambio, e Dio lo incontriamo se viviamo questa stessa gratuità, cioè se accogliamo il dono del suo amore, e a nostra volta lo offriamo agli altri uomini, senza attenderci nulla in cambio.

Fratelli e sorelle, quello che accadeva al Tempio avviene anche nella nostra vita. Lo spazio che magari ci preoccupiamo di tenere sgombero dalle azioni malvagie, osservando i precetti della legge, viene occupato dal commercio di un amore che che noi rivendichiamo da Dio come un diritto e che vendiamo agli uomini come un nostro possesso. Sì, vendiamo, ogni volta che offriamo attenzione per convenienza, o facciamo qualcosa per qualcuno purché ci procuri un contraccambio almeno pari. Se non c’è nell’altro questa disponibilità perché dovrei darmi da fare? Se non siamo in obbligo o in debito, perché dovremmo fare qualcosa per qualcuno? Se il prezzo da pagare per un’azione in favore di qualcuno non è ragionevole, perché dovremmo rischiare e magari rimetterci?

È la naturale logica del commercio, del comprare e vendere per guadagnare. Anche i nostri commerci, come quelli del tempio, sono onesti: chiediamo il giusto prezzo, senza pretendere più di ciò che è corretto. Non siamo speculatori o profittatori, ma solo oculati e onesti commercianti.

Gesù proprio questo contesta: lo spazio della nostra vita, è così occupato dal commercio che non c’è posto per la carità, cioè per la gratuità dell’amore di Dio, per la generosità disinteressata.

La gratuità ci fa paura: temiamo di perdere tutto. Per questo fin da piccoli siamo stati abituati a impostare i nostri rapporti e affetti ad un sano e onesto senso di contabilità affettiva, per non rischiare di fare la fine di Gesù: solo, abbandonato, tradito, lui che aveva beneficato tanti; messo a morte, lui che aveva ridato la vita a tanti senza chiedere niente in cambio.

Gesù oggi sferza la nostra vita con la sua frusta. Il suo amore gratuito infatti se lo accogliamo è doloroso e colpisce come una frusta sulle spalle di chi del proprio fa commercio. La sua generosità che nulla chiede in cambio fa andare a gambe all’aria le bancarelle dei nostri onesti scambi, rovescia le monete con cui teniamo il conto dei nostri meriti e crediti nei confronti degli altri e persino di Dio.

A noi oggi decidere cosa fare: chinarci a raccogliere la mercanzia e riaprire la bancarella più in là, oppure lasciar perdere questo modo di ragionare, farsi prendere dalla passione di Gesù, goderci la libertà dell’amore donato gratuitamente in quel bel tempio libero dalla logica del mercato?

A vedere Gesù fare questo tanti si scandalizzano e gli chiedono: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” Non sanno fare altro che mercanteggiare uno scambio: che prova ci dai perché noi in cambio ti diamo ragione? La loro vita è deformata, non capiscono ormai più altro che la logica del commercio, ed anche a noi spesso resta difficile abbracciare la gratuità di Gesù. In questo tempo benedetto di Quaresima sforziamoci di impararla. Come i discepoli, i quali: “Quando poi fu risuscitato dai morti, … si ricordarono … e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” anche noi, pellegrini verso Gerusalemme, prepariamo il nostro cuore perché la Pasqua ci ricordi le sue parole e crediamo alla Scrittura che ci indica la carità, cioè l’amore gratuito di Gesù.

 

Preghiere 

 

O Dio che doni tutto te stesso senza chiedere nulla in cambio, aiutaci a uscire dalla logica del mercato per abbracciare la gratuità del voler bene a tutti senza interesse.

Noi ti preghiamo

 

 

Padre buono, aiutaci a tenere la nostra vita sgombra dalle rivendicazioni, dal conto dei crediti e dei debiti, dalla recriminazione, per essere liberi di voler bene sempre e a tutti, come Gesù ha fatto con noi.

Noi ti preghiamo

 


O Cristo Gesù sostienici in questo tempo di Quaresima perché ci prepariamo fin da adesso a seguirti fino all’ora difficile della passione. Fa’ che non prevalgano le nostre paure e i vani interessi ma sappiamo accompagnarti con fedeltà fin sotto la croce.

Noi ti preghiamo

 

 

Ti ringraziamo Signore per la forza che ci doni per vincere le tentazioni. Guida i nostri passi sulle vie della generosità e dell’amore per compiere il bene che tu prepari per ciascuno.

Noi ti preghiamo

 


O Padre di eterna bontà, dona la pace al mondo intero. Per tutti i Paesi in guerra, perché nessuno muoia e soffra più per la violenza.

Noi ti preghiamo

 

 

Ti preghiamo, o Signore, accompagna il nostro papa Francesco nel pellegrinaggio nella terra del dolore dell’Iraq. Dona al popolo che vive in essa la protezione dal male e la possibilità di convivere pacificamente e in armonia nelle differenze di etnia e religione.

Noi ti preghiamo.

 

 

Signore ti preghiamo per tutti i malati, per i tribolati, per chi è nel dolore. Sostienili nel tuo amore e dona sollievo nella sofferenza. Suscita accanto a chi sta male un angelo di consolazione.

Noi ti preghiamo

 

 

Ti preghiamo o Signore per tutte le comunità cristiane disperse nel mondo che vivono e annunciano il vangelo. Dona loro la forza del tuo Spirito perché le loro parole e azioni conducano tanti ad incontrarti risorto.

Noi ti preghiamo

 

lunedì 1 marzo 2021

II domenica del tempo di Quaresima - Anno B - 28 febbraio 2021

 




Dal libro della Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

 

Salmo 115 - Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

 

Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,31b-34

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

 

Lode a te, o Signore, Re di eterna gloria

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:

«Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».

Lode a te, o Signore, Re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Marco 9,2-10

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbi, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il racconto del sacrificio di Isacco che abbiamo ascoltato ci riporta all’attenzione la persona di Abramo, fondamentale riferimento per la fede di Israele, ma non solo. Abramo infatti è l’uomo di fede per i credenti delle tre grandi religioni monoteistiche, ebraismo, cristianesimo e islam, ed incarna l’esempio più alto dell’uomo che pone la sua fiducia in Dio.

Ad Abramo il Signore aveva detto: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” (Gen 12,1), chiedendogli di rinunciare alla sua storia, al suo passato, per incamminarsi in un viaggio verso una meta sconosciuta. Oggi abbiamo ascoltato come Dio gli chiese anche di sacrificare il suo futuro, il figlio unigenito avuto in vecchiaia, unica speranza della continuazione della propria esistenza nella sua discendenza.

In entrambi i casi Abramo non discute, obbedisce alla richiesta di Dio che sembra voglia ridurlo al suo solo presente, cancellando il suo passato e il suo futuro.

È la domanda che Dio pone ad ogni credente: di lasciare il proprio passato, cioè come ci si è costruiti fino ad ora, come il mondo ci ha plasmato e cresciuto, con quali idee e giudizi, e allo stesso tempo di lasciare le aspettative che ci siamo costruiti per il nostro futuro. Dio ci chiede di incontrarlo nel presente di un oggi che non è figlio di noi stessi e del nostro mondo e nemmeno gravido di attese già costituite, ma un oggi che accetta di farsi figlio solo ed esclusivamente della volontà di Dio.

L’incontro con Dio infatti troppo spesso è per noi oramai una cosa del passato, già avvenuta in un tempo ormai più o meno remoto, e viene così dato per scontato. Col tempo il rapporto con lui si è cristallizzato in abitudini, modi di fare e di essere che orami non pongono più la domanda sul nostro presente. Oppure l’incontro con Dio è rimandato ad un futuro generico, quando ci sarà più tempo, più spazio, più possibilità, rispetto ad un oggi affollato e caotico di impegni e responsabilità che non lasciano tregue.

Allo stesso tempo davanti al Vangelo che ci propone un itinerario così diverso da quello che noi ci siamo costruiti vince la paura di un futuro incognito, diverso da quello che noi ci siamo pianificati.

Ecco che allora Dio ci incontra così: già costituiti del nostro passato e delle nostre aspettative per il futuro; ma se questa è la nostra condizione egli che spazio può avere?

Ad Abramo il Signore chiede proprio questo, di lasciare il proprio passato e futuro per inventarsi una nuova vita con lui, come lui l’ha pensata e gliela propone. È come se dicesse: tutto può essere secondo un disegno diverso, che non appartiene né al passato che hai già vissuto né al futuro come tu te lo immagini. È pertanto una proposta di libertà che apre alla creatività dello Spirito per una vita rinnovata.

Abramo accetta questa prospettiva e per questo è indicato nella Scrittura come il modello dell’uomo di fede: “Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio” dice la lettera agli Ebrei (Eb 11,17). La fede è questo: lasciarsi incontrare da Dio in un presente che non è già determinato dalla propria storia e non è indirizzato ad un futuro già segnato, ma che si apre con disponibilità al suo volere.

Cari fratelli e care sorelle, quanto ci fa paura questo? Dobbiamo forse lasciare tutto e ricominciare da zero come se avessimo vissuto finora per niente?

Non è questo che Dio ci chiede. Abramo rimase a capo della sua grande famiglia, costituita dalla moglie Sara e da un gran numero di servi, col suo bestiame ecc… però ciò non gli impedì di cambiare strada, di andare altrove, di scoprire con libertà un nuovo futuro con Dio. E anche quando sembrava realizzarsi il sogno che Dio stesso gli aveva affidato di una discendenza numerosa, a lui che era sterile e senza figli, non esita a far suo un altro disegno, se è Dio a chiederglielo.

Questo tempo di Quaresima ci è donato per chiederci qual è il nostro oggi nel quale Dio ci vuole incontrare. Non facciamoci imprigionare dal nostro passato, le abitudini, i soliti modi di pensare e di fare, ma facciamoci sorprendere, spiazzare, meravigliare dalla Parola e facciamoci docili ad essa.

Il Vangelo ascoltato oggi ci descrive un momento in cui gli apostoli sono posti davanti ad una realtà che li supera e va oltre ogni loro esperienza e immaginazione. Gesù trasfigurato appare nella sua gloria, cioè come sarà dopo la resurrezione. Gli apostoli sono disorientati, ma restano attratti da quella visione e vogliono fissare quel momento come una condizione permanente della propria vita, dicono: «Rabbi, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Ma Gesù sfugge al tentativo di rinchiuderlo in una condizione bloccata, fosse anche quella della visione della gloria di Dio. La voce del Padre, dal cielo, li invita a seguire la sua parola: “ascoltatelo!”, restando disponibili ad andare dove egli dice loro, senza fermarsi in un angolo chiuso, fosse anche il più affascinante e desiderabile.

Per giungere alla pienezza della vita col Signore risorto infatti c’è bisogno per i discepoli che passino attraverso l’angoscia della passione e morte del Signore. Che cioè le loro attese di successo e tutto quello che credevano di avere capito e imparato venisse spiazzato da un evento così inatteso e impensabile come la passione e morte del loro Maestro e amico. Nella resurrezione gli apostoli finalmente capiscono che quel fallimento è gravido di futuro, che la morte è stata vinta da una vita più forte. Essi incontrando il Risorto imparano a fare a meno del loro passato e del futuro come se l’erano immaginato, per iniziare a vivere il loro oggi con lui, un tempo nuovo di libertà nello Spirito che apre loro prospettive inaspettate.

 

Preghiere 

 

O Signore ti preghiamo: manifestaci la tua volontà perché possiamo compierla. Aiutaci a non rifiutarla come insensata o troppo difficile, e di accoglierla come il consiglio di un padre buono.

Noi ti preghiamo

  

O Padre misericordioso perdona quando le nostre vie si allontanano da te. Accoglici pentiti in questa Quaresima in cui scopriamo il nostro bisogno di essere guidati e sostenuti dalla tua bontà

Noi ti preghiamo

 


Padre onnipotente ti preghiamo per quanti operano il male e agiscono con violenza e ingiustizia. Fa’ che il loro cuore possa tornare umano e riscoprano la bellezza di essere figli della pace.

Noi ti preghiamo

 

 

Accogli o Dio nel tuo amore tutti coloro che invocano la tua misericordia, consola chi è solo nel dolore, sostieni chi è disorientato, perché trovino presto la via che conduce a te.

Noi ti preghiamo

 


Ti preghiamo o Signore, trasfigura le nostre esistenze e rendile simili alla bellezza della tua gloria. Donaci la grazia di non dimenticare mai la gioia di stare in tua compagnia.

Noi ti preghiamo

 

 O Cristo che ti prepari con la preghiera, il digiuno e la penitenza ad affrontare la passione e la morte, fa’ che sappiamo restarti vicini in questo tempo di Quaresima, meditando la tua Parola e vivendo la carità con i fratelli, specialmente i più bisognosi.

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Dio onnipotente tutti i tuoi figli che sono in guerra. Dona la pace a quanti ti invocano, salva le vittime della violenza, sostieni chi soffre e fugge per la mancanza di tutto.

Noi ti preghiamo

 

O Signore ti ringraziamo ancora una volta per il dono della fede che ci fa gustare la gioia di essere tuoi figli. Fa’ che per nessun motivo dimentichiamo il nostro bisogno di restarti vicino e di restare uniti ai nostri fratelli e sorelle.

Noi ti preghiamo