sabato 29 maggio 2021

Festa della Ss.ma Trinità - Anno B - 30 maggio 2021

  



Dal libro del Deuteronomio 4, 32-34. 39-40

Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi? Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre». 

 

Salmo 32 - Beato il popolo scelto dal Signore.
Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Dalla
parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 14-17

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.
Alleluia, alleluia alleluia.
 

Dal vangelo secondo Matteo 28, 16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.  Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».



Commento

 Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro del Deuteronomio queste parole che Mosè riferisce al popolo da parte di Dio: “Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre.” Nel Vangelo invece abbiamo ascoltato queste parole di Gesù ai discepoli: “ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” In entrambe i casi Dio fa cenno alla dimensione senza limiti del suo rapporto con noi: per sempre, fino alla fine del mondo.

È una dimensione che noi facciamo fatica a fare nostra, e non solo perché la nostra esistenza è per natura finita, ma perché i nostri sentimenti e i nostri rapporti sono temporanei e volubili.

Per Dio però invece non è così. La sua scelta per noi è definitiva, come tutte le scelte che si fondano sull’amore vero. Non c’è spazio per ripensamenti, perché per Dio il bene una volta offerto è come un ponte gettato che viene continuamente rafforzato e reso più solido.

Con ciascuno di noi, dal momento del battesimo, Dio ha gettato un ponte, dalle fondamenta solide e durature, resistente all’attacco del tempo e delle forze naturali. Il ponte c’è, ma dobbiamo chiederci, Noi lo attraversiamo? A volte lo diamo così per scontato che non ci preoccupiamo di usarlo per il motivo per il quale è stato gettato, e cioè perché andiamo verso di Lui e Lo incontriamo, è quasi un elemento del panorama che ha perso però la funzione per la quale è stato creato.

Nel brano del Deuteronomio Mosè esprime tutto lo stupore per l’interesse di Dio per l’uomo: “vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?” Sono innumerevoli i segni del desiderio di Dio di comunicare con il suo popolo, cioè con noi, manifestati fin dall’inizio della storia, e l’Antico testamento ce ne dà testimonianza. Addirittura è nato fra noi, gettando quel ponte mai visto prima che è la sua incarnazione, e lo vediamo nel racconto del Nuovo Testamento. Ma poi, a partire dalla prima Pentecoste torna sempre da noi con la forza potente del suo Spirito, si fa presente, ne possiamo avere esperienza diretta e concreta, come i discepoli riuniti nel cenacolo.

Ma se questo è lo sforzo di Dio per creare ponti di comunicazione, noi come reagiamo? Lo vediamo nel Vangelo di oggi. Gli apostoli, dopo aver saputo della resurrezione del Signore si recano nel luogo che lui aveva loro indicato per rincontrarlo, ma, dice Matteo: “Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.” Ancora dubitano! Non basta che sia morto in croce e che sia pure tornato vivo dalla morte perché vengano vinti i loro dubbi e compiano quel passo ulteriore che è la fede. Sì, è vero si prostrano, ma non si fidano di lui.

Cari fratelli e care sorelle, anche noi troppo spesso stiamo davanti al ponte che Dio ha gettato verso la nostra vita incerti sul da farsi. Troppi calcoli: fidarsi o non fidarsi? lasciarsi andare o resistere? Andare verso l’altra sponda o restare fermi sulla nostra? Troppe paure ci bloccano, il ponte sembra farci allontanare eccessivamente da noi stessi, farci uscire dal conosciuto verso l’ignoto. Questo blocco è ciò che impedisce di godere fino in fondo dell’amore di Dio e di gioirne a pieno. Ci fa intravedere un mondo diverso, una realtà nuova, senza però riuscire a sperimentarla, ci fa restare sulla soglia come estranei, senza entrare nella festa che Dio prepara per i suoi figli.

È tempo di compiere il passo, e, come dice l’Apostolo: “voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!»” è il grido del bambino che corre verso il padre che lo attende a braccia aperte, non siamo più paurosi e timidi, ma rendiamoci conte che siamo stati felicemente adottati a figli dal Padre, coeredi del suo amore assieme a Cristo, animati dalla forza dello Spirito che dona l’audacia della fiducia in lui.

Oggi in questa festa della Ss.ma Trinità vediamo come Dio Padre, Gesù e il suo Spirito agiscano incessantemente nella nostra vita per far sì che attraversiamo quel ponte per stare con lui. Come possiamo concretamente farlo?

Innanzitutto vincendo la paura che ci fa pensare che dei consigli del Vangelo ci si può fidare fino a un certo punto e che bisogna sempre fare la tara, smussare, depotenziare. “Ama il prossimo tuo come te stesso” significa “ama il prossimo tuo come te stesso”, e non “sii un po’ più gentile”. “Non uccidere” significa “non uccidere”, e non “vediamo caso per caso, l’autodifesa, la pena di morte, ecc…”. “Ero straniero e mi avete ospitato” significa “ero straniero e mi avete ospitato”, e non “se se lo merita, se non sono troppi, aiutiamoli a casa loro, ecc…” Attraversiamo quel ponte ogni volta che prendiamo una parola del Vangelo e la viviamo integralmente, cioè ci fidiamo che ci è stata detta per il nostro bene e che viverla ci rende felici.

Poi attraversiamo quel ponte ogni volta che partecipiamo con gioioso coinvolgimento alla Santa Liturgia, una sintesi dei gesti e delle parole che il Signore ci chiede di rivivere assieme. Essi sono un ponte gettato che noi possiamo ripercorrere fino a lui, rafforzati nelle nostre scelte dai sacramenti che ci donano la grazia, cioè l’entusiasmo di stare con lui.

Avanziamo senza indugio e utilizziamo quel ponte che ci è stato donato con generosità e misericordia, scopriremo che veramente il Padre, suo Figlio Gesù e lo Spirito desiderano ardentemente restare con noi e che in ciò è la nostra gioia piena.

   

Preghiere 

 

O Santissima Trinità, insegnaci l’amore che ci unisce tutti come una famiglia di veri fratelli e sorelle, figli di un Padre buono.

Noi ti preghiamo

  

O Padre che sei nei cieli, aiutaci a venirti incontro attraversando il ponte di amore che costruisci verso di noi. Vinci la nostra titubanza a credere che seguendo il Vangelo troviamo la felicità.

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù, Figlio del Padre, vieni in soccorso di tutti quelli che ti invocano, perché siamo guidati a conoscerti ed amarti con tutto il nostro cuore,

Noi ti preghiamo

 

 O Spirito Santo, riempi la nostra vita cancellando ogni freddezza e timore. Aiutaci a vivere come figli di Dio, fratelli e sorelle di tutti gli uomini,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che sono colpiti dalla guerra e dalla violenza e vivono nel timore e nell’insicurezza. Consola chi è ferito, sostieni chi ha perso tutto e dona loro la possibilità di vivere nella pace,

Noi ti preghiamo

  

O Santissima Trinità fa’ che nessun uomo soffra per la povertà e l’abbandono. Sostieni chi soffre e consola chi è nel dolore, perché tutti siamo una sola famiglia,

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Padre per tutti i cristiani nel mondo che tu chiami ad annunciare il Vangelo di liberazione e salvezza.  Fa’ che vinca la larghezza di un amore che abbatte ogni frontiera e divisione,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Padre del cielo coloro che testimoniano con le loro azioni un amore che vince il male e sconfigge la morte. Fa’ che ogni uomo possa ascoltare presto la lieta notizia della salvezza che il Figlio ha portato all’umanità,

Noi ti preghiamo

 

sabato 22 maggio 2021

Pentecoste - Anno B - 23 maggio 2021

 


Dagli atti degli apostoli 2, 1-11

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Salmo 103 - Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Benedici
il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore. 

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati 5, 16-25

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la car­ne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vieni, Santo Spirito, riempi i nostri cuori
accendi in essi il fuoco del tuo amore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 15, 26-27; 16, 12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo ricordato le parole di Gesù: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra.” (At 1,8) Detto questo egli ascese al cielo. Iniziava così la stagione della storia dell’umanità nella quale la missione che Gesù aveva compiuta e per la quale era stato mandato nel mondo dal Padre è stata affidata agli uomini. “Come il Padre ha mandato me, così anche io mando voi” aveva detto Gesù (Gv 20,21). È un passaggio decisivo di cui forse non ci rendiamo bene conto. Noi infatti siamo portati a pensare al Vangelo come alla storia di un tempo irripetibile. Chi, se non Gesù, può avere parole così profonde, compiere gesti così straordinari, operare guarigioni e miracoli così come fece lui? Siamo tentati di mettere il Vangelo fra due grandi parentesi, come una storia che si è aperta e si è definitamente conclusa con l’ascensione di Gesù al cielo.

In realtà con le sue parole Gesù ci vuol dire che noi stessi abbiamo il potere di cambiare il corso della vita delle persone e dei contesti, addirittura lo stesso suo potere ci è affidato tutto intero. È vero, il Vangelo con la nascita di Gesù inaugura un tempo nuovo, ma non lo conclude! Il Signore ha portato con sé una forza direi “storica”, perché determina il corso degli eventi e qualifica il modo di essere di intere società, e questa forza giunge fino a noi attraverso il dono dello Spirito santo che i discepoli ricevettero in modo pieno e abbondante quel giorno di Pentecoste a Gerusalemme, dono che si rinnova oggi per ciascuno di noi.

Anche i dodici fecero fatica a rendersi conto di cosa volevano dire quelle parole di Gesù, ma gli obbedirono. Egli aveva così insistito ed essi restarono a Gerusalemme, non si dispersero ciascuno dietro ai propri interessi e ricevettero il dono dello Spirito che li rese capaci di parole e gesti straordinari, come ci racconta il libro degli Atti, tali da raggiungere il cuore di tanti, gente diversa, estranei, di ogni lingua. Proprio come accadeva a Gesù!

La stessa missione riceviamo anche noi oggi, lo stesso invito è rivolto a noi, lo stesso potere ci è offerto, ma noi ce ne rendiamo conto?

L’atteggiamento più comune dell’uomo e della donna moderna infatti, anche dei cristiani, è quello di vivere un’inerzia impotente. Ci si sente piccoli, incapaci di contare, ininfluenti su eventi e situazioni che ci sovrastano. Se pensiamo al mondo così complesso e vasto: cosa mai possiamo fare? Alle guerre che lo sconvolgono, alle violenze: come possiamo intervenire? Alle grandi ingiustizie, alla povertà di una percentuale così larga della popolazione mondiale, alla miseria: cosa conta il nostro volere? Ma poi, se andiamo al fondo di questa mentalità, ci sentiamo ininfluenti pure nei piccoli conflitti di vicinato o in famiglia, davanti alla povertà di chi ci sta accanto, ai fatti che ci accadono quotidianamente e per i quali viviamo lo stesso identico senso di impotenza: è facile passare dal “non è possibile” al “non ne vale la pena”, “perché proprio io”, ecc…  Questo avviene perché, a differenza dei dodici, rifiutiamo il dono dello Spirito santo che conferisce il potere di cambiare la realtà, qualunque essa sia, per quando difficile, complessa, assurda. Per questo ci viene spontaneo un senso di estraneità e insensibilità: quello che non possiamo cambiare perché dovrebbe interessarci?

Ciascuno di noi davanti a questa obiezione potrebbe dire: “io non ho mai rifiutato il dono dello Spirito.”

L’apostolo Paolo nel brano della lettera ai Galati che abbiamo ascoltato mette bene in chiaro come il rifiuto dello Spirito corrisponde all’aver abbracciato un modo di vita ad esso opposto. Dice: “La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.” Il rifiuto dello Spirito cioè non è una negazione, ma è l’aver scelto un modo di vita (che Paolo chiama “carne”) che non ce lo fa desiderare, anzi ce lo rende sconosciuto ed estraneo, quasi fastidioso, perché esagerato ed esigente. È come se avessimo reso la nostra vita impermeabile al soffio dello Spirito, sorda e cieca ad esso. A forza di dire “non mi riguarda” abbiamo rinunciato in partenza ad ogni tentativo di fare qualcosa.

I dodici invece, dice il Vangelo, “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”, che sta ad indicare non solo una vicinanza fisica, ma che erano rimasti insieme perché hanno seguito l’invito di Gesù “restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto” (Lc 24,49). I dodici cioè desiderano e attendono il dono dello Spirito. Hanno ricordato, creduto e vissuto l’invito di Gesù a farsene rivestire, non hanno cioè fatto prevalere quell’invito della “carne” a occuparsi di sé, a seguire i propri interessi, a cercare il proprio vantaggio, a disinteressarsi del resto.

Lo stesso si può dire di noi? Abbiamo ricordato, creduto e vissuto l’invito di Gesù a tenere il cuore aperto alle domande degli altri, ad essere con essi solidali e prossimi? Attendiamo e invochiamo il dono dello Spirito, per farci rivestire dalla sua forza di cambiamento della vita nostra, dei fratelli e del mondo intero?

Noi ci nascondiamo dietro il senso di impotenza, ma in realtà scegliamo di essere impotenti. Certo, da soli è impossibile cambiare le persone e le situazioni, a partire da sé, ma in realtà è quello che vogliamo, per poterci dedicare con più attenzione e tranquillità a fare il nostro interesse personale.

Cari fratelli e care sorelle, proviamo ad operare in noi quella rivoluzione dello Spirito che i dodici vissero a Pentecoste, lasciamolo agire dentro di noi, senza opporgli resistenza, senza sfuggire intimoriti, senza mettere davanti le nostre scuse. Basta tenere il cuore aperto e sensibile alle domande degli altri, quelli vicini e quelli più lontani; facciamoci colpire dolorosamente dai loro drammi; soffriamo con essi; speriamo con essi in un domani migliore; fatichiamo con essi per costruirlo e lo Spirito, se lo invochiamo, ci donerà la forza necessaria per ottenere ciò che speriamo, per compiere parole e gesti straordinari. Non facciamoci rubare, come dice papa Francesco, la sensibilità e l’amore dal cuore. Così facendo ci rendiamo impermeabili allo Spirito! Al contrario apriamo spazi accoglienti, rendiamoci vulnerabili, incontriamo con cuore aperto e sensibile i volti e le storie degli altri e scopriremo che ciò che ci sta a cuore diventa possibile, che siamo capaci di quello che non pensavamo di saper fare, non per nostro merito, ma per la forza dello Spirito che ci illumina, scalda e rafforza rendendoci capaci di continuare nella storia di oggi quel Vangelo che il Signore ci ha affidato. Ciascuno di noi può scriverne nell’oggi nuove pagine se si lascia forzare dallo Spirito a divenire testimoni di lui “a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra.

 

Preghiere 

 

O Signore manda il tuo Spirito a scaldare i cuori e ad illuminare le menti, perché ci renda capaci di riempire il mondo del tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

O Dio dona a tutti di lasciarsi ispirare da uno Spirito diverso da quello del mondo: spirito di amore e di pace, di perdono e di generosità, di condivisione e solidarietà,

Noi ti preghiamo

 

O Spirito di Dio riempi ogni luogo, anche quelli dimenticati da tutti, dove oggi c’è guerra, sofferenza, violenza e ingiustizia, perché ovunque regni il bene,

Noi ti preghiamo

 

 Dona il tuo Spirito o Padre a tutti i tuoi discepoli, perché ovunque sono riuniti nel tuo nome siano testimoni del Vangelo di salvezza,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio quanti sono colpiti dalla forza del male, proteggili e salvali dalla morte. Fa che l’odio sia vinto dalla forza del perdono e della riconciliazione,

Noi ti preghiamo

 

o Signore tocca il cuore di coloro che sono indifferenti al bisogno dei fratelli. Fa’ che sperimentino la gioia di avere un cuore scaldato dallo Spirito e guidato dal tuo amore,  

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio per tutti quelli che nel mondo sopportano le conseguenze dalla crisi sanitaria ed economica, per coloro che non hanno un lavoro e vedono chiuso il loro futuro. Fa’ che trovino presto speranza e una prospettiva di serenità,

Noi ti preghiamo

 

 Sostieni o Padre del cielo il nostro papa Francesco e quanti con lui annunciano il Vangelo nel mondo, specialmente coloro che sono perseguitati e ostacolati. Dai loro il coraggio e la forza dello Spirito santo,

Noi ti preghiamo

venerdì 14 maggio 2021

Festa dell'Ascensione di Nostro Signore - Anno B - 16 maggio 2021

  



Dagli atti degli apostoli 1,1-11

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio
tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini. 4, 1-13

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 16, 15-20

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il brano del Vangelo di Marco che abbiamo appena ascoltato conclude il Vangelo di Marco. In questo capitolo 16° si racconta la reazione dei dodici dopo la resurrezione di Gesù. Inizia con il racconto della venuta delle donne al sepolcro il giorno dopo la sepoltura per ungere di oli aromatici il corpo del Signore. Esse sono testimoni dell’evento straordinario della resurrezione, ma per paura non dicono niente a nessuno. Poi Gesù appare a Maria di Magdala, la quale lo dice agli undici, ma questi “udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.” (Mc 16,11). Di nuovo Gesù appare ai due discepoli che andavano vero Emmaus, i quali riportano agli apostoli  l’accaduto, “ma non credettero neppure a loro.” Finalmente Gesù appare di persona agli undici e “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto.” Ecco che però, subito dopo questo rimprovero, egli affida loro la missione di annunciare il Vangelo al mondo intero: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.” 

Subito dopo queste parole Gesù ascende al cielo, come abbiamo ascoltato, e affida agli undici con Maria la grande responsabilità dell’annuncio della sua salvezza al mondo intero. Ma, ci chiediamo, come può fidarsi? Tutta la sua vita, i suoi sforzi, fino al sacrificio finale è messo nelle mani di gente così poco affidabile e impreparata? Non sarebbe stato meglio restare ancora un po’ con loro, istruirli meglio, renderli più all’altezza di un compito così arduo?

Questo paradosso evangelico, come capita spesso nelle pagine della Scrittura, ci comunica delle verità profonde e decisive: primo, che l’annuncio del Vangelo non è un compito solo per gente perfetta, ma per tutti, anche per chi ha una fede incerta.

Gesù ci vuol dire che la missione del Vangelo è un compito di tutti e non solo dei perfetti. Esiste un’idea scontata: solo un esperto può parlare di fede, convincere con la forza del ragionamento, resistere ad ogni obiezione e risultare vincente. Diceva un parroco del Nord Italia negli anni ’30, don Primo Mazzolari: “La Chiesa non è solo una meravigliosa organizzazione: essa porta Cristo al mondo soprattutto nella misura in cui Cristo vive nei suoi membri.” (La Parola che non passa, p. 276). Cioè, la forza evangelizzatrice e comunicativa di un cristiano non viene dalle sue abilità umane, fossero culturali od organizzative, ma dallo spazio che lascia nella sua vita a Cristo stesso, e chi ne lascerà di più di chi è cosciente della piccolezza della propria fede? Chi è convinto di saperne molto chiude il cuore e Cristo non vi può più entrare.

Questo introduce al secondo punto: la fede del cristiano è sempre imperfetta. Sempre don Mazzolari diceva a proposito: “nessun uomo, nemmeno il più illuminato e purificato dalla fede, può sentirsi un arrivato. ‘Credo Signore, ma tu aiuta la mia incredulità’ (cfr. Mc 9,25)” (Della fede, p. 78). Il vero credente cioè non è colui che ha raggiunto la perfezione che gli da l’autosufficienza, ma chi riconosce, proprio perché limitato, la propria totale dipendenza da Dio e la necessità di dover progredire sempre nel vivere la fiducia in lui. Se prendiamo la parabola del padre misericordioso, il giovane che se ne va via quando torna dal padre veste un abito logoro e sporco, per le scelte sbagliate e la vita che ha fatto, ma è il padre che lo riveste degli abiti adatti alla festa e lo introduce nel cuore della gioia della famiglia. Così è per la nostra fede: anche noi, come il giovane figlio, siamo traditori, ci allontaniamo dal Padre e prendiamo strade che portano al proprio male, la nostra fiducia in lui è limitata! Me se torniamo a lui è il Padre che ci riveste dell’abito gioioso della fede che ci riconcilia con lui e la famiglia umana.

Infine, terzo, proprio questa realtà imperfetta della fede dei discepoli rivela come il Vangelo che essi annunceranno non è sapienza di questo mondo che convince con argomenti di questo mondo, cioè con ragioni di convenienza, dei risultati, del possibile vantaggio, della sicurezza e del conforto, ma con gli argomenti paradossali e rivoluzionari dello Spirito, cioè le ragioni dell’amore, spesso assurde per il ragionamento umano. Sempre Mazzolari diceva: “si crede perché si ama (credere senza amare sarebbe l’inferno) e il nostro amore, che fa da sostegno alla fede, è… la risposta ad un appello, a un’iniziativa di Dio che, sotto il dolce e misterioso nome di grazia, dispone l’uomo alla “novità” (Della fede, p. 44-45). Annunciare il Vangelo allora non è cosa per chi desidera esibire le proprie capacità, ma diventa possibile se si dimostra a tutti che l’iniziativa dell’amore è di Dio e che noi non possiamo fare altro che darci da fare per rispondere con altrettanto amore.

È quanto dimostra la conclusione del Vangelo di oggi: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.” I discepoli, pur ancora così imperfetti nella loro fede, come Gesù li ha appena rimproverati di essere, accettano l’invito e divengono annunciatori del suo Vangelo, ma il “Signore agiva insieme con loro” rendendo le loro parole efficaci nel trasformare la realtà, così come solo l’amore di Dio, il suo Spirito Santo può e sa fare.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù vieni in mezzo a noi, affinché vivendo il tuo amore diveniamo uniti in un unico corpo, come fratelli e sorelle figli di un unico Padre,

Noi ti preghiamo

 

 Aiutaci o Dio a colmare quella distanza che troppo spesso ci separa da te vivendo con fiducia e fedeltà il vangelo,

Noi ti preghiamo

 

Manda o Dio il tuo Spirito a illuminare e scaldare i cuori, perché tu sia sempre compagno della nostra vita,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che ti riconosciamo ogni giorno vivo e presente nel mondo, dove il tuo nome è amato e invocato, dove l’amore dei fratelli li unisce, dove il tuo aiuto è concesso con abbondanza,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio, fa’ che presto tutti gli uomini ascoltino l’annuncio del Vangelo, perché nessuno sia escluso dalla possibilità di conoscerti e amarti,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni, o Padre buono, tutti coloro che sono in difficoltà: i malati, i sofferenti, i prigionieri, chi è senza casa e sostegno. Fa’ che il tuo amore li raggiunga presto,

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio, fa’ cessare la violenza che uccide e semina terrore. Ti preghiamo per le vittime delle guerre e del terrorismo, per i loro cari, per chi è vinto dal dolore,

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Dio manda il tuo Spirito nei nostri ragazzi che oggi ricevono il sacramento della Confermazione. Fa’ che il tuo amore caratterizzi in modo indelebile ogni loro azione e scelta per il resto della loro vita,

Noi ti preghiamo

  

O Signore che dal cielo guidi e proteggi le nostre vite, benedici e santifica le nostre famiglie, in particolare quelle che oggi sono rafforzate dal soffio dello Spirito che i loro figli hanno ricevuto. Fa che siano in ogni occasione un segno visibile del tuo amore,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che quanti oggi sono stati riempiti dal dono dello Spirito vivano con gioia la missione che tu affidi loro di comunicare e testimoniare la bellezza di essere tuoi figli e discepoli.

Noi ti preghiamo


sabato 1 maggio 2021

V domenica del tempo di Pasqua - anno B - 2 maggio 2021

 


 Dagli Atti degli Apostoli 9, 26-31

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

 

Salmo 21 - A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3, 18-24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore;
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 15, 1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Commento

L’evangelista Giovanni, a differenza degli altri tre, ci riporta il lungo discorso che Gesù rivolse agli apostoli durante quell’incontro intenso e commovente che è l’ultima cena. È un momento decisivo. Gesù sa che sta per essere catturato e messo a morte e sa anche che i discepoli, spaventati e disorientati, si disperderanno. Per questo si dilunga a parlare con loro, per lasciare ai suoi amici quel lungo testamento spirituale, di cui oggi abbiamo ascoltato un passaggio nel quale Gesù parla di se stesso come una vite e dei discepoli come i suoi tralci. È un’immagine bella, piena di significati, ed è un chiaro esempio del modo di parlare di Gesù. Egli infatti usava le immagini della vita concreta di cui facevano esperienza i suoi ascoltatori, proprio per dire che il suo insegnamento non era una dottrina astratta da accogliere con la mente, ma un messaggio che doveva passare nella vita concreta. Per questo la gente che lo ascoltava sentiva che nelle sue parole c’era qualcosa di autentico e le accoglievano come autorevoli e da mettere in pratica. Anche a noi oggi esse ci si presentano con un pensiero che convince non perché è logico, ma perché ci spinge a viverlo.

La prima cosa che Gesù afferma è che c’è bisogno di un legame concreto, visibile e reale con lui perché un uomo e una donna possa dirsi un discepolo, un cristiano, e per esprimere questo concetto usa l’immagine del legame che unisce un ramo alla pianta. Gesù vuole dire che non basta sentirsi vicini, avere un senso d’identità, essere simpatizzanti. Non basta un’adesione intellettuale, dirsi convinti. Ci vuole piuttosto un legame vitale, come quello che dal tronco fa scorrere la vita fino all’ultimo ramoscello. Per questo abbiamo bisogno di venire qui la domenica: esserci, fisicamente e col cuore, è la condizione minima per dirsi cristiani, discepoli del Signore.

Proprio quel legame vitale, espresso nella partecipazione al banchetto della Parola ed eucaristico, ci permette di dare frutto, attraverso il nostro agire quotidiano, che è il risultato finale più bello e completo del ciclo vitale di una pianta. Non è un caso che molte piante traggano il loro nome dal frutto che producono: melo, pero, arancio, pesco, limone, banano, ecc… Se al tempo debito compare il frutto, allora sì che siamo sicuri che quel ramo è veramente parte di quella pianta. Al contrario se il frutto non compare, ebbene significa che il ramo si è seccato, perché ha smesso di trarre alimento dal tronco.

Un’altra cosa ci insegna questa similitudine del Signore: il frutto è prodotto dalla pianta non per la propria utilità, ma è un dono che essa fa alle altre creature e un modo per propagare la vita. Un albero non ha bisogno dei suoi frutti per vivere, gli basta il nutrimento che trae dal terreno, i raggi del sole, l’acqua del cielo, l’aria, ecc. Ma la pianta produce i frutti perché essi offrono alle altre creature qualcosa di buono, e sono pertanto un modo per restituire il bene a loro volta ricevuto. Anzi possiamo dire che nei frutti c’è un duplice bene: il nutrimento per le altre creature e il gusto che essi danno alla loro vita, e poi, attraverso questo primo risultato deriva un secondo bene, perché permettono alla pianta di comunicare la vita mediante i semi che vengono così dispersi ovunque da chi ha mangiato i frutti.

La natura ha immesso nelle piante il segreto di una vita alla quale non basta auto-conservarsi, ma ambisce moltiplicarsi, dare sostentamento ad altri, uscire cioè dal circolo cieco del puro essere utili solo a se stessi ed esaurirsi in ciò.

Quanto più questo è vero per gli uomini!

Il frutto buono delle nostre azioni non solo riversa sugli altri la benedizione di un bene che si diffonde, nutre e da’ gioia, ma ha anche il potere di suscitare germogli di vita nuova, che a loro volta cresceranno per dare altri frutti buoni. Un ramo incapace di dare frutti non ha vita da comunicare, niente oltre l’auto-mantenimento, per questo dice Gesù sono inutili e vengono gettati via. Che tristi sono le vite che non hanno frutti da offrire, ma badate bene, i frutti non sono quelli messi da parte, accantonati in un angolo dei magazzini, dopo poco essi marciscono e non servono più a niente. I veri frutti buoni sono quelli che sono mangiati da altri, che hanno nutrito le loro vite e le hanno rese a loro volta feconde, come, dove e quando non sappiamo.

La vera gioia non sta nell’aver prodotto e accumulato molto, ma nell’aver fruttificato e distribuito molto. Beato chi termina la sua vita senza nulla perché ha dato tutto. Triste agli occhi del Signore chi è sterile e senza nulla da poter offrire, o ha tenuto il frutto nascosto, lasciandolo marcire in un angolo di casa propria.

Ed ecco che allora anche la potatura perde quella sensazione di perdita e sofferenza che istintivamente ci suscita, anzi, la pianta ne giova e sa che i rami sterili o parassitari consumano la vita della pianta senza dare frutti ed è meglio perderli, sono quegli aspetti della nostra vita che assorbono energie, fatica, risorse, ma non producono frutti buoni per gli altri.

Cari fratelli e care sorelle, se vogliamo che la nostra vita dia frutti, che la nostra sia fede vera e non solo formalismo, lasciamoci potare dal Signore. Lasciamoci togliere le amarezze di una vita scontenta e pessimista; lasciamoci portare via lo sguardo sempre rivolto su di noi, pronto a rilevare i presunti torti subiti; lasciamoci potare dell’amore per noi stessi, dell’avarizia, dell’indifferenza, dell’orgoglio. Non è doloroso né un sacrificio, è la scoperta che si può essere uomini e donne vere, i cui sentimenti abbiano il sapore e il colore di frutti buoni prodotti e regalati con generosità per il nutrimento di tanti. 

 

Preghiere 

 

Ti preghiamo o Signore perché restiamo uniti a te come tralci di un’unica vite. Perdona il nostro istinto a isolarci e separarci da te per disperderci nei sentieri del nostro individualismo.

Noi ti preghiamo

  

O Padre, ispiraci le opere buone perché noi le compiamo. Fa’ che viviamo una vita ricca di buoni frutti e piena di misericordia e di pietà per i deboli.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che hai dato tutto te stesso per la salvezza del mondo, ti preghiamo perché sappiamo imitarti e usare il nostro tempo e le nostre risorse per compiere il bene.

Noi ti preghiamo

  

Cristo Gesù, tu che hai sempre vissuto in unità con il Padre, insegnaci a restare fedeli all’amicizia che per primo ci hai mostrato. Aiutaci a non credere di poter fare a meno di te e a vivere con gratitudine per i doni che da te riceviamo.

Noi ti preghiamo

 

Padre santo, ti preghiamo per tutti coloro che ti invocano nel mondo: per i malati e i sofferenti; per i prigionieri e le vittime della violenza; per chi è solo e disperato. Salvali!

Noi ti preghiamo

  

O Cristo che ci hai annunciato che non ci avresti mai lasciato soli, manda presto il tuo Spirito su di noi e su tutto il mondo, perché i cuori siano scaldati e gli occhi aperti a guardare la bellezza delle tue opere.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che torni sempre da noi e ci parli con amore, fa’ che ti ascoltiamo sempre con cuore aperto, perché la linfa del vangelo entri in noi e nutra ogni nostro pensiero e azione.

Noi ti preghiamo

  

Guida e proteggi o Padre buono tutti gli uomini che nel mondo ti seguono. Benedici lo sforzo di quanti si affidano a te e annunciano il tuo amore,

Noi ti preghiamo

IV domenica del tempo di Pasqua - Anno B - 25 aprile 2021

 



Dagli Atti degli Apostoli 4, 8-12

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

 

Salmo 117 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.


È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.


La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni Apostolo 1Gv 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 10, 11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, le parole di Gesù che abbiamo appena ascoltate fanno parte di una lunga serie di discorsi che egli pronunciò a Gerusalemme, nelle strade e nel cortile del tempio, davanti alla folla e a gruppi di sapienti ebrei conoscitori della legge, tutti incuriositi da quella predicazione inconsueta e innovativa. Le reazioni sono molto diverse: “Molti credettero in lui”, ci dive l’evangelista Giovanni (Gv 8,30), ma ci fu anche chi rifiutò decisamente il suo insegnamento, tanto da scacciarlo col lancio di pietre (Gv 8,59).

Il Vangelo è divisivo, mette in risalto le differenze, non cerca di mettere insieme tutti con un facile irenismo. Ma ciò accade non perché Gesù cerchi lo scontro con qualcuno, ma perché non nasconde la verità di un messaggio esigente e contestatore di tanta parte del normale pensiero del mondo. Eppure in queste settimane Gesù ci si è ripetutamente presentato come colui che porta la pace. Lo dice ai discepoli quando compare a loro in più occasioni: “Pace a voi”. Nel vangelo di Giovanni egli aggiunge a questo dono della pace l’invito: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21), cioè li esorta a farsi anche loro portatori della sua pace a tutti.

Gesù aveva già detto ai dodici: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27), chiarendo bene che la pace che lui ci dona non è quella del mondo.

La pace del mondo infatti è essenzialmente la mia pace, cioè una situazione in cui io posso starmene tranquillo e sicuro, indipendentemente da ciò che accade attorno a me. Questo tipo di pace si ottiene costruendosi una forte difesa, un “muro di cinta” robusto che divide il mio ambito da quello degli altri, le mie cose, i miei interessi, ecc… Possiamo definirla una “pace armata”, cioè ottenuta a costo di lotte e comunque mantenuta tenendo alta la guardia in difesa degli spazi personali, perché non vengano invasi da ciò che ci può disturbare. Per questo Gesù la giudica una “falsa pace” perché mantiene al suo interno la paura di perdere qualcosa e la necessità di difendersi dagli altri.

La pace vera invece, quella che Gesù ci da, è quella che viene descritta dal brano ascoltato oggi. Essa cioè proviene dal fare parte di un gregge del quale Gesù stesso è pastore, anzi: “Il buon pastore che dà la propria vita per le pecore. Nella cultura agricola del tempo di Gesù questo era un esempio ben chiaro. Molti di quelli che lo ascoltavano vivevano di ciò che ricavavano dal loro gregge o dai campi, e sapevano bene che le pecore, ognuna di esse, era preziosa per la sopravvivenza di sé e della propria famiglia. Chi ne aveva molte, e molti campi, invece, aveva necessità di avere dei dipendenti che curassero le pecore, e per questi era molto diverso: vivevano del loro salario e non delle pecore stesse. Gesù sottolinea che lui si prende cura di ogni uomo come fa il pastore con le sue pecore, e non come uno che lavora a giornata per le pecore di un altro.

Questo fa la grande differenza: Gesù non fa mancare ciò che serve loro, le guida, le protegge e le cura una ad una, perché lo lega ad esse un vincolo stretto, potremmo dire che dipende da loro. Sì, Dio accetta di farsi servo, cioè di dipendere da ciascuno di noi, e di affrontare tutto, persino la morte, per il nostro bene.

Per questo possiamo fidarci di lui, ci dice Gesù, perché è un “buon pastore”, cioè uno che si occupa del bene delle pecore, e non un “mercenario”, cioè uno che si preoccupa del proprio guadagno.

Se capiamo questo e viviamo come pecore del suo gregge vivremo la vera pace, senza cioè la paura di perdere qualcosa e senza bisogno di difenderci dagli altri.

È quello che esprime molto bene San Paolo nella lettera ai Romani: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Rm 8,35-39)

Care sorelle e cari fratelli, ecco la pace che Gesù dona ai suoi discepoli tornando dopo la resurrezione, ecco la pace che attraverso il suo Santo Spirito dona a ciascuno di noi, ecco la pace che ci chiede di comunicare a tutti: disarmata, serena, senza sbarramenti e difese, fiduciosa in Lui.

Proprio perché non è la “mia” pace, ma la pace di tutti, essa non ci lascia però tranquilli finché essa non abbia raggiunto tutti. Vivere nella pace del Signore infatti non è distacco dal resto del mondo o indifferenza all’altrui mancanza di pace. Possiamo dire che la mia pace la trovo nel lottare perché la vera pace sia proprio di tutti, perché cioè tutti possano entrare in quel gregge, sentirsene parte e godere della bellezza di essere serviti da un pastore così buono. È questa la prospettiva nella quale questa Pasqua vuole introdurci. In un tempo nel quale è facile farsi rinchiudere nelle ristrettezze della difesa del mio benessere individuale e restare bloccati dalla paura di perderlo Gesù ci indica la prospettiva ampia di una pace per tutti: “ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.” È un progetto ambizioso e lungimirante al quale Gesù oggi ci chiama per poter vivere una pace vera, la sua pace.

  

Preghiere 

 

Signore, ti preghiamo, aiutaci a vivere secondo gl’insegnamenti del Vangelo. Insegnaci ad essere pecore del tuo gregge, pronti a seguire la voce del pastore buono che ci guida

Noi ti preghiamo

  

O Gesù che raduni l’umanità intera in un’unica famiglia e la conduci al sicuro, aiutaci a non sentirci estranei da essa, isolati nell’orgoglio dell’autosufficienza e dell’individualismo.

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo o Signore perché la domenica ci raduni per essere fisicamente vicini fra noi e attorno alla tua presenza che ci unisce in un unico gregge. Fa’ che non disdegniamo l’invito a seguirti come pecore docili,

Noi ti preghiamo

  

O Signore che hai dato la vita per il tuo gregge e che conosci una ad una le tue pecore, resta vicino a ciascun uomo e donna perché chiamati da te per nome entrino a far parte dell’unica grande famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

  

Ti vogliamo ringraziare oggi, o Signore, per il dono di essere protetti e guidati da te. Fa’ che ognuno incontri in te il compagno fedele della propria vita a cui affidarsi fiduciosi,

Noi ti preghiamo

  

O Dio proteggi quanti hanno particolare bisogno del tuo sostegno: i malati, i poveri, gli stranieri, chi è debole e nel dolore. Salvali dal male,

Noi ti preghiamo.

 

 O Padre ispira il nostro papa Francesco perché guidi la Chiesa sulle vie del mondo ad annunciare con audacia a tutti gli uomini la misericordia e l’amore del tuo Figlio risorto,

Noi ti preghiamo

  

O Signore insegnaci ad amarci l’uno con l’altro nei momenti difficili, testimoniando con le parole e con la vita il vangelo di pace e fraternità che abbiamo ricevuto.

Noi ti preghiamo