domenica 31 luglio 2022

XVIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 31 luglio 2022

 


Dal libro del Qoèlet 1,2; 2,21-23

Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

 

Salmo 89 - Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi, +
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: +
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 3,1-5. 9-11

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 12,13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le letture di questa Liturgia ci sembrano tutte pervase di una certa tristezza. La prima ci ricorda la caducità della nostra vita col suo ritornello “vanità delle vanità, tutto è vanità”. Sembra un invito a considerare tutta la nostra vita qualcosa di privo di valore. Ma poi anche il Salmo afferma degli esseri umani: “Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca” ribadendo il concetto di una vita alla mercé di forze superiori che la minacciano continuamente. Anche l’apostolo Paolo afferma: “rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra” come per dire che queste ultime non valgono nulla. Infine l’affermazione del Vangelo di Luca: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” sembra ancora una volta affermare che tutto ciò che costituisce la vita dell’uomo, faticosamente realizzato, è destinato a venire meno.

Insomma la Scrittura vuole forse instillarci un pessimismo di fondo che svaluta e disprezza la realtà terrena, ciò che possiamo realizzare nella nostra vita, gli sforzi e l’impegno che impieghiamo?

Io non credo che possiamo affermare ciò. Il Vangelo ci mostra continuamente il valore che Gesù dà alla vita dell’uomo, anche il più umile, alla sua salute, alla sua felicità, alla liberazione dal dolore e dalla sofferenza, dalla fame, dalla sete, ecc… Il fatto stesso di assumere un corpo come il nostro, di attraversare tutte le realtà umane, quelle positive e quelle negative, e di portarlo con sé in cielo senza separarsene appena possibile evidenzia che la realtà umana, materiale e fisica, la storia non è da Dio svalutata come un inutile peso e ingombro di cui disfarsi. Anzi, Dio si manifesta dentro la storia, non nel vuoto. Che senso hanno allora queste parole?

La storia di quel contadino ricco che Gesù racconta spiega bene il senso che Gesù vuole dare all’affermazione iniziale: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Il raccolto straordinariamente abbondante di cui il contadino è beneficato è evidentemente molto al di sopra del suo bisogno, tanto che progetta di ampliare il deposito nel quale custodirlo. Ecco dove sta il punto: l’orizzonte di quell’uomo non va oltre se stesso. Non riesce nemmeno a concepire che i beni che ha a disposizione possano avere una destinazione diversa da se stesso: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!” Il problema che Gesù evidenzia dunque non è il raccolto abbondante in se stesso, ma il fatto che quell’uomo aumenta il suo consumo sulla base dei beni a disposizione, e più essi sono abbondanti e più esso si allarga a dismisura.

L’attenzione di Gesù si ferma su un aspetto: è questo che rende la vita di quell’uomo più felice? “La sua vita non dipende da ciò che egli possiede” potremo dire: la felicità non cresce con il crescere della voracità e del consumo.

Il Salmo 90 afferma: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. … Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio” Il Salmista chiede al Signore una sazietà diversa da quella del contadino ricco: una sazietà del suo amore. Questa ci dà la gioia vera, prosegue il salmista, non il consumo esagerato fino allo spreco. E l’amore di Dio allarga i confini del proprio orizzonte, include gli altri, specialmente i più poveri, ed allora sì che il raccolto abbondante assume un valore enorme, salva la vita, guarisce la fame e il bisogno di tanti.

Sembra una cosa banale, ma non lo è, anzi nella nostra società la mentalità del contadino ricco è predominante. Ci si sente assediati, il proprio benessere messo in pericolo, ma in realtà l’abbondanza nella quale viviamo non ci soddisfa mai perché i confini del proprio consumo si allargano a dismisura, senza reale bisogno.

Chiediamo al Signore una sazietà diversa, quella del suo amore, che non tollera che accanto a chi è nell’abbondanza ci sia chi è nel bisogno più profondo. E non si tratta solo di ricchezze, ma anche di un’abbondanza di tempo, di capacità, di risorse umane, di conoscenze che pensiamo che debbano essere destinate solo a se stessi.

La morte, dice Gesù, coglie quell’uomo nell’illusione di un ego allargato fino ad essere senza limiti. Non è una minaccia, ma una realtà: la morte pone un limite concreto e inevitabile a ogni esistenza, per questo noi evitiamo di considerarla come una realtà presente e reale, perché nulla argini l’espansione del nostro ego, le sue esigenze inesauribili. Ma se invece viviamo il ridimensionamento del proprio ego alla misura del voler bene che dà posto al bisogno degli altri, ecco che la morte non ci farà più paura, perché quello che volendo bene costruiamo costituisce un edificio che nulla può distruggere, né la morte né il terremoto della vita. Anzi è l’edificio di cui Paolo parla, dicendo: “se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; … Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria” Nella gloria di Dio sta la nostra gioia e il limite ad un ego sovradimensionato che non sa fare altro che creare insoddisfazione e ansiosa ricerca del di più. L’amore invece condivide e in questo trova la pienezza e la sazietà che nulla potrà mai toglierci.

 

Preghiere 

 Aiutaci o Signore a fondare la nostra vita sulla roccia del Vangelo, perché il nostro non sia un vano faticare per ciò che non conta ma la costruzione solida di una vita spesa per il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Padre buono tutti quelli che sono disorientati e incerti, perché trovino in te la guida sicura e nel Vangelo il cammino per indirizzare i propri passi verso il vero bene,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i giovani che cercano ciò per cui vale spendere la vita. Dona ad essi di scoprire nel Vangelo come usare la forza dei loro anni per ciò che conta e che dà vita,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio in questo tempo di caldo tutti quelli che sono affaticati per l’età e la malattia. Solleva le sofferenze di chi è nel dolore, consola i prigionieri e chi non ha casa,

Noi ti preghiamo

 

Suscita sempre in noi, o Padre buono, sentimenti di amore per chi è povero e di generosità per chi è nel bisogno, perché vinca la cultura della solidarietà e dell’amore su quella che scarta la debolezza,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Padre del cielo la tua Chiesa sui sentieri del vangelo, perché la testimonianza dei cristiani susciti in tutti decisioni di pace e azioni di bene,

Noi ti preghiamo.

 

 

sabato 16 luglio 2022

XVI domenica del tempo ordinario - Anno C - 17 luglio 2022


 


Dal libro della Genesi 18, 1-10

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo 14 - Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 1, 24-28

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
e producono frutto con abbondanza
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 10, 38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il libro della Genesi ci presenta Abramo che è intento a celebrare una vera e propria “liturgia dell’accoglienza” nei confronti di alcuni sconosciuti che gli si sono fatti innanzi in mezzo al deserto. Sono estranei, anonimi stranieri, ma Abramo, al contrario di quanto spontaneamente e comunemente viene fatto, non trova in questo un motivo per ignorarli e chiudere loro le porte della sua casa. Abramo non si difende, non li sente come una minaccia, come tanto spesso avviene oggi nei confronti di chi è sconosciuto, diverso da noi, straniero. No, Abramo compie gesti, dice parole che hanno come scopo evidente quello di farsi umile e piccolo e di lasciare spazio all’altro che viene da lui. È la via che Gesù ha scelto per incontrare l’uomo: l’abbassamento, l’annullamento di sé, la kènosi, l’unica che permette e realizza l’incontro vero con l’altro.

Non c’è infatti incontro quando tutto il proprio orizzonte è ingombro di sé. Non c’è posto per l’altro quando le preoccupazioni, le paure, le ambizioni, gli sforzi sono tutti concentrati su se stessi. Nel nostro mondo troppo spesso è questo quello che avviene. Non c’è tempo, attenzione, pietà, interesse perché l’altro si affacci nel nostro orizzonte.

Abramo invece si fa piccolo e umile, dice: “Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.  Sì, quell’estraneo diventa un “signore”, cioè il protagonista dell’incontro, e Abramo diventa mendicante di un rapporto con lui. Da padrone a servo, da estraneo a ospite, da estraneo ad amico. È questo l’itinerario che Abramo compie perché ritiene che l’incontro con l’altro è una benedizione per la sua vita. L’autore della lettera agli Ebrei ce lo ricorda: “Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. (Eb 13,2) riferendosi proprio alla storia di Abramo.

Abramo contraddice la mentalità comune che vede nell’isolamento egoistico un modo per sentirsi forti e protetti, difesi dal pericolo che l’altro costituisce nell’immaginario collettivo. Al contrario, ci dice la Scrittura, l’incontro con l’altro è sempre una benedizione perché ci libera dalla chiusura di una vita prigioniera di sé stessi, dei propri umori, paure e convinzioni, e ci apre a quel tesoro di umanità di cui gli altri sono portatori. Attraverso di essi incontriamo mondi, esperienze, sapienze frutto di itinerari umani diversi dal nostro. L’incontro con l’altro completa quello che mi manca, educa all’ascolto, fa scoprire risorse umane e spirituali prima sconosciute, introduce persino ad una comprensione più autentica di sé. Nessuno è mai così insignificante e trascurabile da non essere portatore di un grande valore per chi sa guardarlo con gli occhi di Dio.

È quello che accadde a Marta e a Maria. La prima ha lo sguardo e le mani piene di cose, non ha spazio per soffermarsi sul volto di chi gli viene davanti, Maria invece, come Abramo, si fa piccola, siede ai piedi di quell’estraneo entrato in casa sua, e non ha sguardo e interesse che per la persona che gli sta davanti. Marta ha solo parole di rimprovero: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” e di comando: “Dille dunque che mi aiuti”, invece Maria tace e ascolta, lascia che sia Gesù a riempire il suo vuoto di parole.

Anche noi il più delle volte abbiamo nei confronti degli altri un istintivo senso di fastidio, che ci suscita un atteggiamento di asprezza e arroganza. L’altro ingombra, dà fastidio, ostacola, quanto ci sembra meglio farne a meno!

Gesù ha una reazione piuttosto sconsolata: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Marta soffoca l’altro sotto il peso ingombrante del proprio “io”, usando addirittura l’ospitalità come scusa per imporre la propria arroganza ruvida e sorda. Gesù la invita a scegliere la parte migliore, cioè l’incontro con l’altro, che è sempre una benedizione, perché apre le porte all’incontro con Dio, come Maria ha capito bene. 

Sì, se non siamo capaci di ascoltare, accogliere e incontrare l’altro che vediamo e tocchiamo, tanto meno saremo in grado di ascoltare, accogliere, incontrare Dio, che nemmeno vediamo! È la tragica condanna cui si sottopongono quanti preferiscono chiudere le porte all’incontro con l’altro. E tanto più è diverso da noi, straniero, di età, nazionalità, cultura e religione diversa e tanto meno sentiamo il desiderio e il bisogno di incontrarlo. Ma quanto più Dio è diverso da noi, più di qualunque uomo, e se non impariamo ad apprezzare e amare la diversità dell’altro uomo quando mai potremo amare la totale diversità di Dio?

Impariamo da Abramo la liturgia umile e solenne dell’incontro: abbassamento di sé, accoglienza nella propria casa, soccorso ai bisogni concreti, ascolto e interesse per chi si ha difronte. Dopo la sosta nella tenda di Abramo i tre stranieri si rivelano per quello che sono realmente, la presenza del Signore stesso e stringono con lui un’amicizia che lo rende intercessore e capace di ricevere la salvezza e di donarla agli altri e rendono la sua vita, fino ad allora sterile, feconda e capace di avere una discendenza benedetta da Dio nel suo nome.

Sia questa anche per noi la benedizione che viene dall’incontro col fratello e con la sorella, con il povero e persino con il molesto, con chi ci sembra inutile e ininteressante. In ogni uomo infatti si nasconde la scintilla divina e il volto del Signore risplende a chi si pone con umiltà ai piedi, ad ascoltarlo, a servirlo.

 

Preghiere   

Ti ringraziamo o Signore perché ci sei venuto incontro e ci hai accolto come un umile amico e compagno della nostra vita. Fa’ che sappiamo imitarti accogliendo ogni fratello e ogni sorella che incontriamo,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù ti preghiamo per tutte le vittime del terrorismo e della guerra. Consola chi oggi è nel dolore e suscita sentimenti di riconciliazione in tutti.

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore la frettolosità e superficialità del nostro incontro con gli altri. Aiutaci a voler bene sempre a tutti e a desiderare l’amicizia e la concordia con ciascuno,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù vero amico dell’uomo, aiutaci a sederci con disponibilità ai tuoi piedi come fece Maria, per non perdere nemmeno una delle parole che ci rivolgi,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Padre misericordioso le vie del perdono e della pace come vittoria sull’odio e la sopraffazione che tanto dolore causano nel mondo. Rendici imitatori del Signore che è mite e umile di cuore,

Noi ti preghiamo

  

Salva o Dio quanti soffrono per la povertà e l’abbandono, per le vittime dell’ingiustizia e della mancanza di umanità. Libera tutti dal giogo pesante che li opprime e dona salvezza a ciascuno,

Noi ti preghiamo.

 

giovedì 7 luglio 2022

XV domenica del tempo ordinario - Anno C - 10 luglio 2022

 



Dal libro del Deuteronomio 30, 10-14

Mosè parlò al popolo dicendo: «Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

 

Salmo 18 - I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 15-20

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 10, 25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo sentito Mosè, nella prima lettura dal libro del Deuteronomio, rivolgere al popolo un invito solenne: “Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge.”

Ma poi aggiunge un’altra notazione, forse immaginando che la sua gente obiettasse in cuor suo che i comandi e i decreti del Signore erano qualcosa non alla loro portata: “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”.

L’obiezione alla quale risponde Mosè è quella che spesso noi discepoli avanziamo nei confronti della Parola che riceviamo da Dio nelle sue Scritture: è una prospettiva, un modo di vedere le cose, delle indicazioni, un agire fuori dalla mia portata, è per gente speciale, per un mondo non come il nostro.

Già domenica scorsa abbiamo visto come Gesù inviando i 72 discepoli a preparare il suo arrivo in città e villaggi li esorta ad annunciare: “sappiate però che il regno di Dio è vicino” (Lc 10). L’Evangelista Marco mette sulla bocca di Gesù proprio all’inizio della sua predicazione lo stesso annuncio: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1). Affermare che il Regno è vicino è una preoccupazione costante di Gesù, ed è la stessa che risuona anche nelle parole di Mosè che abbiamo ascoltato.

Dio ci parla da vicino, ci parla di cose vicine a noi, ci propone di fare cose alla nostra portata, di cui ciascuno di noi è capace.

Mosè per esprimere questa vicinanza afferma che le parole di Dio sono “nella tua bocca e nel tuo cuore”. È strano, le parole le ascoltiamo, dunque dovrebbero essere innanzitutto nelle nostre orecchie, poi le dobbiamo comprendere, dunque dovrebbero essere nella nostra mente. Ma per Mosè la Scrittura diventa veramente Parola di Dio solo quando essa entra nel nostro cuore, perché è da lì che acquista quella forza di efficacia che ci permette di viverla. Finché la Parola di Dio è nelle nostre orecchie, nella nostra mente, nei ragionamenti e nelle convinzioni, essa è inefficace, spenta, morta.

Questo lo si vede bene nella parabola raccontata da Gesù nel Vangelo di Luca.

Tanto il Sacerdote che il Levita che il Samaritano sanno bene tutti e tre che nella Scrittura è prescritto il soccorso del debole e del ferito, tanto più in situazione di pericolo di vita. Tant’è che il brano è introdotto proprio dalle parole di un dottore della Legge che afferma: “Amerai … il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18), e il profeta Geremia aveva detto: “liberate il derubato dalle mani dell'oppressore” (Ger 22,3), ecc... ma queste parole nei primi due personaggi della parabola erano rimaste inefficaci, perché erano nella mente ma non erano entrate nel loro cuore.

Il perché di questa differenza Gesù la spiega nella parabola. I primi due “videro e passarono oltre”, ma solo il terzo “vide e ne ebbe compassione”. Cioè solo il terzo è capace di far spazio dentro di sé al dolore dell’uomo mezzo morto che vede per strada, che è il significato letterale di “compatire”. Il cuore nei primi due è pieno di tante cose, dei loro incarichi e doveri, delle responsabilità sociali, religiose, familiari, ecc… Non sono cose sbagliate, ma il loro cuore non è abituato ad allargarsi per accogliere anche il dolore degli estranei. Anche il Samaritano avrà avuto le sue cose da fare, come tutti, come i primi due, ma il suo cuore è “elastico”, cioè capace di dilatarsi, quando necessario, per far spazio all’imprevisto del dolore altrui. Questa “elasticità” viene dall’accoglienza della Parola di Dio fin dentro il cuore, che non lo svuota ma lo rende più capiente, direi capace di allargarsi infinitamente.

Ma cosa vuol dire accogliere la Parola di Dio nel cuore?

Torniamo qui dunque all’annuncio del Signore: vuol dire credere che il Regno è vicino, è possibile. Che le parole del Vangelo che lo preparano sono realizzabili, che il modo di vivere che Gesù propone è possibile per me, oggi, qui, ed anzi è il migliore dei modi per vivere oggi, qui. Credere questo è la condizione per la quale le pareti del cuore si dilatano, raccolgono il dolore altrui, ne condividono le gioie, accettano le sfide, diventa un rifugio per chi non ha riparo, accoglienza per chi è solo, sfiduciato.

Quel cuore elastico ha fatto entrare dentro di sé l’uomo mezzo morto e diviene capace di trasformare anche il mondo attorno a sé: dello sconosciuto fa un fratello; del vino e dell’olio fa una medicina; dell’albergo un ospedale; dell’albergatore un alleato nella lotta contro il male; del proprio denaro una risorsa per la salvezza altrui. Il mondo non è più quello di prima.

Cari fratelli e care sorelle, alleniamo il nostro cuore a dilatarsi fino ad accogliere ogni persona che incontriamo, rendiamolo elastico con l’accoglienza della Parola di Dio e credendo che è possibile viverla. Il mondo attorno a noi non sarà più lo stesso e tutta la nostra vita parlerà di un Regno vicino che si fa presente in mezzo agli uomini.


Preghiere

O Signore Gesù, buon samaritano delle nostre vite, soccorrici quando lasciamo morire il nostro cuore dietro i muri dell’indifferenza e della freddezza. Insegnaci la compassione che tu per primo hai provato per noi e che abbatte ogni muro di divisione,

 Noi ti preghiamo

  

O Dio del cielo, ti ringraziamo perché hai attraversato i cieli per farci giungere la tua Parola e per renderla familiare alla nostra vita. Perdona la nostra durezza di cuore che l’allontana e la rende estranea.

 Noi ti preghiamo

 

Salva o Padre buono le nostre vite, spesso incapaci di compassione per chi sta male. Insegnaci a vivere con sensibilità e disponibilità e a fermarci accanto a chi è nel dolore.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per quanti in questo tempo soffrono per la guerra e il terrorismo. Per le vittime della violenza, per quanti sono uccisi, torturati, e feriti,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi il nostro papa Francesco, perché il suo annuncio di pace e riconciliazione raggiunga i cuori divisi e li convinca alla pace,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per ciascuno di noi, perché in questo tempo di dispersione e distrazione non siamo concentrati su noi stessi, ma restiamo aperti e disponibili alla tua voce,

Noi ti preghiamo.

sabato 2 luglio 2022

XIV domenica del tempo ordinario - Anno C - 3 luglio 2022

  


Dal libro del profeta Isaia 66, 10-14

Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa tutti voi che l’amate.
Sfavillate con essa di gioia 
tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete
al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete
al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore:
«Ecco, io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la pace;
come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio,
e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi»

Salmo 65 - Acclamate Dio, voi tutti della terra. 
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!».

«A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati 6, 14-18

Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.  Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Alleluia, alleluia, alleluia.
  

Dal vangelo secondo Luca 10, 1-12. 17-20

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.  In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città». I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

 

Commento

Domenica scorsa, il Vangelo di Luca ci ha coinvolti nel viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Ci siamo soffermati, allora, sul “metodo” di Gesù di mandare avanti a sé i discepoli a preparare il terreno per l’incontro della gente con lui. Oggi il Vangelo ci comunica meglio in cosa consiste questa “preparazione” del terreno umano ad accogliere il seme del Vangelo di Gesù.

Innanzitutto il numero di settantadue dei discepoli non è casuale. Settantadue, secondo la tradizione ebraica, erano le nazioni della terra. È come dire che questo invio dei discepoli apre l’orizzonte evangelico a tutti i popoli, a tutte le nazioni, a tutte le culture. Per Gesù nessuno deve restare escluso dall’annuncio del Vangelo. La Pentecoste, quando tutte le nazioni che sono sotto il cielo “udirono annunziare nelle loro lingue le grandi opere di Dio” (At 2,11), inizia già qui, proprio mentre Gesù muove i suoi passi verso Gerusalemme.

Proprio perché il suo sguardo è rivolto ai confini della terra, Gesù dice ai discepoli: “La messe è molta”. Nessuno è escluso dalla sua preoccupazione e, di fronte a questa moltitudine immensa, con un accento di tristezza, aggiunge: “ma gli operai sono pochi”. Sì, c’è una sproporzione tra l’enorme attesa e il piccolo numero di discepoli.

Questa notazione del Signore deve farci innanzitutto pensare quanto ciascuno sia indispensabile: nessuno è esentato dalla responsabilità della missione, non c’è qualcuno più adatto e capace di me al quale lasciare il compito, e nessuno può declinare l’invito di Gesù a lavorare perché ciascuno possa finalmente incontrarlo.

Inoltre non si tratta di una semplice sproporzione numerica, è anche nella qualità dell’annuncio. Anche questa è una sfida che dobbiamo raccogliere. Per far fermentare la pasta, è indispensabile il lievito, e ne basta una piccola quantità, se è un buon lievito. Ebbene, il problema sta tutto qui, nella qualità del lievito.

Noi forse siamo pochi e certamente dobbiamo crescere anche nel numero. Ma anche se fossimo numerosissimi, senza vivere un’esistenza evangelica non possiamo fare nulla. Il problema è che siamo un lievito poco vivace, un sale poco saporito, una luce poco vivida. Ecco perché attorno a noi si fa fatica spesso a percepire la presenza operante di Dio.

Questa è la preoccupazione che il Signore vuole comunicarci. Ma cosa vuol dire essere bravi operai? Il Signore lo suggerisce ai 72 con brevi ma densi cenni.

Innanzitutto, Gesù, di fronte a una messe così grande, manda i discepoli due a due. Non era più logico mandarli uno a uno e raddoppiare così i luoghi raggiunti? Gregorio Magno scrive che Gesù mandò i discepoli due a due perché la prima predicazione fosse innanzitutto il loro amore vicendevole. Questo vuol dire essere lievito, sale e luce. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Il volersi bene dei fratelli è la prima e più efficace predicazione.

Poi dobbiamo notare che Gesù guardando al mondo non dice: “Vi mando nel deserto arido e incolto”, ma “la messe è abbondante”. Cioè lo sguardo di Dio sa cogliere innanzitutto il bene che già è germogliato nelle persone e chiede ai suoi discepoli di valorizzarne il frutto, di raccoglierlo perché non vada perduto, calpestato e sprecato. Cioè attorno a noi dobbiamo saper cogliere i segni di un bene che Dio stesso ha seminato e coltivato, anche attraverso le generazioni che ci hanno preceduto, ma che ha bisogno di essere amato e preservato.

Il compito dei missionari si riassume in tre azioni che Gesù indica chiaramente: portare la pace, guarire i malati, annunciare che il Regno di Dio è vicino, cioè è possibile e raggiungibile. Sì, i primi due passi contrastano l’azione del male che divide e mette gli uni contro gli altri, il terzo dona una prospettiva, una speranza e un traguardo verso cui incamminarsi, quel regno di Dio che non è un’utopia, ma è la vita buona realizzabile e alla portata di ciascuno.

Allora, la Gerusalemme verso la quale il Signore si incammina e che ci indica come meta del nostro cammino, è la città ove tutti gli uomini, tutte le nazioni, tutti i popoli si ritrovano raccolti come una sola famiglia. Per questo ci deve preoccupare la tendenza della nostra cultura ad enfatizzare l’identità individualista, personale o di gruppo, di nazione, di razza, che suscita sentimenti e atteggiamenti di contrapposizione e rivalità fino alla guerra, ma anche il dileggio per la generosità di qualcuno, accusato di ingenuità o di temerarietà, la volgarità con cui il bene è disprezzato.

Fratelli e sorelle, non è facile camminare come discepoli, tentati come siamo di fermarci in un angolo confortevole, ma abbiamo la forza che è la pace donata dal Signore e l’amore vicendevole che la manifesta. Sì, è vero, la nostra fede appare una “forza debole”, così vulnerabile e pronta a soccombere; è debole perché non ha né armi, né arroganza; eppure è a tal punto forte da spostare i cuori degli uomini pesanti a volte come montagne.

La conclusione del brano evangelico ce lo conferma: “I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. C’è dunque un potere dato ai discepoli: quello di voler bene agli uomini a ogni costo e sopra ogni cosa. Questa è l’unico grande e fortissimo potere del cristiano. Non esiste supremazia politica o culturale, non esiste potere economico o altre armi che possano incidere sulla vita del mondo tanto quanto il granellino di senape di fede in lui e di amore per gli altri che il Signore ci dona.

  

Preghiere 


O Signore Dio nostro, ti ringraziamo perché vieni nelle nostre vite a portare la novità del vangelo. Fa’ che sappiamo accoglierla con gratitudine, come la salvezza che il mondo attende,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore a non aver paura della novità del vangelo, a non preferire ciò che già conosciamo e che il mondo ci propone. Insegnaci ad avere fiducia in te che ci guidi verso un nuovo modo di vivere,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio del cielo, vieni e visita la nostra vita, perché ogni nostra azione sia guidata dal tuo Spirito e animata dal desiderio di realizzare il bene che tu hai preparato per le nostre vite.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo, o Signore, per tutti coloro che sono nel dolore: per i poveri, i malati, gli anziani, tutti coloro che sono vittima della guerra, della violenza e del disprezzo. Fa’ che i tuoi discepoli siano operatori di pace e costruttori di giustizia dove ce n’è più bisogno.

Noi ti preghiamo.

 

O Dio, aiutaci a vivere il bene che ci proponi. Fa’ che incontrando ogni uomo e ogni donna sappiamo riconoscervi il fratello e la sorella che ci doni e per i quali continui a offrire tutto te stesso come un Padre buono e pieno di misericordia. 

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Signore Gesù quanti lodano il tuo nome e invocano il tuo aiuto. Mostrati in ogni momento pastore buono delle nostre vite, maestro mite ed umile dei tuoi discepoli nel mondo.

Noi ti preghiamo