sabato 27 agosto 2022

XXII domenica del t5empo ordinario - Anno C - 28 agosto 2022




Dal libro del Siràcide 3, 19-21.30-31

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

 

Salmo 67 - Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.

Pioggia abbondante hai riversato, o Dio, +
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio. 

Dalla lettera agli Ebrei 12, 18-19.22-24

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia, alleluia alleluia.
  

Dal vangelo secondo Luca 14, 1. 7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Nel Vangelo appena ascoltato vediamo Gesù che partecipa ad un pranzo, probabilmente tenuto da quel personaggio importante proprio in suo onore. Gesù però, è un invitato un po’ speciale: non gli basta essere messo al centro dell’attenzione, cosa che avrebbe soddisfatto qualunque personaggio pubblico; lui non può fare a meno di notare come la gente a quel banchetto si comporta e ha pure la faccia tosta di dirlo apertamente: tutti cercano di avere i posti migliori, cioè quelli più vicini al padrone di casa, per ricevere un trattamento migliore, essere serviti prima e meglio, ma anche, lo intuiamo da come Gesù parla, per vedere riconosciuta da tutti la propria rilevanza sociale.

Certo, così come Gesù descrive la scena, con gli ospiti a sgomitare per sedersi davanti agli altri, la situazione ci appare ridicola. Noi non lo faremmo mai. Anzi piuttosto ci teniamo ad apparire defilati in queste situazioni sociali, a stare “al nostro posto” senza voler apparire eccessivamente.

Ma Gesù non parla solo di come si comportano gli ospiti, ma anche del padrone di casa. Eh sì, anche a lui Gesù ha qualcosa da dire: “Disse poi a colui che l’aveva invitato: Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.”

Ecco che qui le cose ci riguardano un po’ più da vicino. Sì, chiediamoci: chi sono quelli che invitiamo al banchetto della nostra vita? Cioè con chi ci fa piacere condividere i momenti di gioia e di serenità, chi vogliamo fare partecipi della nostra ospitalità, confidenza, amicizia? Chi sono, più in generale, quelli che frequentiamo più volentieri?

Beh la risposta è facile: “gli amici, i fratelli, i parenti, i ricchi vicini (cioè quelli che ci sembrano degni di più attenzioni e riguardi)”. Il perché lo capiamo bene: sono quelli con cui stiamo a nostro agio: con loro è più facile conversare perché abbiamo interessi e gusti in comune, sono quelli dai quali ci aspettiamo comprensione, confidenza, uno stare insieme senza ostacoli e imbarazzi, tutto fila liscio perché seguiamo le stesse regole sociali, abbiamo usi e costumi uguali. È quello che Gesù chiama: “il contraccambio”, cioè la risposta di cordialità, amichevole e serena che noi stessi siamo pronti a offrire loro.

Ma Gesù aggiunge: “Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi…” A noi questo non viene in mente, perché sono quelli più diversi da noi, che non hanno i nostri stessi gusti e interessi, hanno esigenze e bisogni diversi dai nostri, la presenza dei quali è essa stessa una domanda che ci interroga: “Tu cosa puoi fare per me?” I poveri creano imbarazzo perché la loro presenza mette in luce il nostro privilegio.

E noi, quando è l’ultima volta che abbiamo invitato al banchetto della nostra vita, cioè alla nostra confidenza, amicizia, convivialità i poveri?

A tale proposito vorrei raccontarvi quello che avviene regolarmente in questa nostra parrocchia ogni volta che si tiene un pranzo o un momento conviviale a cui partecipano persone in difficoltà (ad esempio la cena di Natale). Ebbene molti si offrono di dare una mano, ma al momento di dividersi i compiti pochissimi accettano volentieri di sedersi a tavola con loro, tutti vogliono portare il cibo a tavola o fare altri servizi, ma non stare fianco a fianco con un povero.

Questo perché i poveri ci mettono a disagio, come dicevo prima, li sentiamo estranei e troppo diversi, forse anche minacciosi in qualche modo.

Gesù conclude queste sue osservazioni affermando che chi sta a tavola con i poveri “sarà beato perché (i poveri) non hanno da ricambiarti” e perché “Riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. Cioè, dice Gesù, chi non sta a suo agio con i poveri, chi non vive la confidenza con loro, chi non sente la bellezza di stare a tu per tu con loro, non sta a suo agio nemmeno con Gesù, nel banchetto del suo Regno, alla resurrezione dei giusti. Lo sentirà estraneo, lontano, un po’ invadente, capace di porre domande inopportune, insistente e poco educato, come giudichiamo per lo più i poveri quando li incontriamo.

Cari fratelli e care sorelle, forse noi non siamo come gli sgomitatori alla caccia di visibilità sociale della prima parte del brano del Vangelo, o almeno non tutti noi, ma tutti noi siamo molto selettivi nello scegliere chi invitare al banchetto della nostra vita, e a forza di scartare chi non ci sembra opportuno o conveniente o meritevole lasciamo fuori proprio Gesù che si confonde con i “poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi…” e non è un caso che Gesù usi l’immagine del banchetto per descrivere lo stare insieme ai poveri, perché non è un momento fugace e occasionale, ma un invito a stare a lungo in compagnia, e poi perché è occasione felice di allegria.

Gesù ci offre il tempo della nostra vita proprio per imparare a stare a nostro agio con lui che si fa presente nelle nostre giornate sotto le spoglie dei “poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi…” perché alla fine dei nostri giorni stiamo a nostro agio nel banchetto del cielo dove proprio “i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi…” sono gli ospiti d’onore, anzi i padroni di casa.

 


Preghiere  

O Signore Gesù aiutaci a non cercare di occupare tutta la nostra vita con noi stessi, le nostre preoccupazioni e affanni, ma di lasciare spazio alla tua Parola per ascoltarla e viverla,

Noi ti preghiamo

  

O Dio plasma le nostre esistenze a immagine tua, perché non prevalga in noi la ricerca del primo posto, ma sappiamo con umiltà e semplicità riconoscerci bisognosi del tuo aiuto ed essere pronti a voler bene a tutti, specialmente i poveri

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore Gesù per le vittime delle guerre, per chi è morto, per chi è ferito, per chi ha perso tutto e vede il futuro incerto e pieno di minacce. Sostieni quanti oggi sono nel dolore, dona loro speranza e fiducia nel tuo aiuto,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore quanti con generosità si dedicano al soccorso di chi è debole e indifeso. Perché il loro impegno a sostegno della vita sia un esempio per tutti,

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Signore, proteggi e libera dal male gli ammalati, chi è anziano, senza casa, prigioniero, profugo e migrante, per chi è vittima degli odi e delle persecuzioni. Dona a tutti pace e salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Benedici o Padre santo, la tua famiglia che si raduna attorno al Vangelo e all’Eucarestia, rendila vigilante nell’attesa della tua venuta. Ti preghiamo per il papa Francesco e per tutti i pastori del tuo gregge. Dona ad essi coraggio e speranza perché portino a tutti l’annuncio della salvezza che viene da te,

Noi ti preghiamo 

sabato 20 agosto 2022

XXI domenica del tempo ordinario - Anno C - 21 agosto 2022

 


Dal libro del profeta Isaia 66, 18-21

Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore».

 

Salmo 116 - Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Dalla lettera degli Ebrei 12, 5-7.11-13

Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio». È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia, alleluia alleluia

 

Dal vangelo secondo Luca 13, 22-30

In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

 

Commento

 

Il brano del Vangelo appena ascoltato si apre con una domanda: “Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»   

È un interrogativo strano, perché quel tale chiede “quanti” si salvano, tradendo o un fastidio per una grazia troppo larga, donata con abbondanza, con quella libertà che Gesù aveva dimostrato poco prima con la guarigione fatta in giorno di sabato, o la paura per un eccessivo rigore del giudizio di Dio. Cioè vuole chiarezza sul “quanto” dell’amore di Dio. Cioè Dio è uno che ama, e quindi perdona, molti, oppure pochi?

Gesù non soddisfa quella curiosità, perché per Dio il “quanto” dell’amore non ha limiti: la perdita anche di uno solo per lui è già “troppo”, e non ci sono pochi o molti per una salvezza che lui vuole che sia per tutti. Gesù con la sua risposta sposta invece l’attenzione sul “come” Dio salva. Questo è quello che conta e l’unica cosa che deve interessarci.

L’ingresso al Regno è definito da Gesù una “porta stretta”, e questo a prima vista sembrerebbe confermare che pochi possono entrarvi, per usare il criterio di chi gli aveva posto la domanda. Ma poi Gesù più oltre aggiunge che, riprendendo l’immagine di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura, “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.” Cioè, con questa seconda affermazione dice che il Regno è fatto per accogliere tanti, provenienti da ovunque senza distinzioni, non è un luogo “per i pochi eletti” di Israele, ma per tutte le genti, con un allargamento di prospettiva inimmaginabile per un giudeo del tempo. Quella porta allora è stretta non per impedire l’ingresso a qualcuno, ma perché è la porta dell’incontro, che si fa sempre uno ad uno. Non si entra nel Regno in gruppo, confusi nella massa, perché non si può incontrare Dio nella folla, anonimamente. Solo l’amicizia personale con Dio, costruita nel tempo, ci rende ospiti graditi del banchetto del Regno, come afferma quel padrone di casa a chi vuole entrare, ma gli è sconosciuto. Ad essi, rimasti fuori, non dice: “voi non siete degni, non vi meritate di entrare”, ma dice: “Non so di dove siete” cioè non vi ho mai visto, non ci siamo mai conosciuti. Cioè Dio accetta di far passare per la porta stretta anche chi è peccatore, ma ha accettato di essere da lui amato, corretto, perdonato. Ma chi invece credendo di essere nel giusto o pensando di non avere bisogno di farsi amare da lui misericordioso, non lo hanno mai cercato ecco che restano estranei fuori del banchetto del Regno.

Possiamo immaginare che sulla soglia di quella porta stretta il Signore accolga ciascuno con un abbraccio, riconoscendolo e chiamandolo per nome. Anzi lui stesso è la porta dell’ovile nel quale Gesù, pastore buono, raduna le sue pecore chiamandole ognuna con il suo nome, perché appunto: “io sono la porta delle pecore. … se uno entra attraverso di me, sarà salvato; … conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10).

Ma come si fa a “conoscere” e “farsi conoscere” da Dio, ad essere suoi amici, a farsi chiamare da lui per nome mentre lo si incontra sulla soglia di quella porta stretta? Gesù nel respingere quelli che non si sono fatti conoscere da lui dice: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” Eppure quelle persone non sembra che abbiano compiuto chissà quali delitti, affermano infatti di aver udito i suoi insegnamenti (“tu hai insegnato nelle nostre piazze”), e addirittura di aver mangiato con lui. Come non leggere in questa affermazione la partecipazione alla S. Messa, nella quale riceviamo l’insegnamento del Vangelo e mangiamo il banchetto della sua Eucarestia! Gesù, nonostante la loro pretesa di essere fra quelli che lo hanno frequentato assiduamente, li accusa del fatto che non hanno imparato da lui la sua giustizia, ma applicano quella del mondo.

Poco prima infatti, nel brano immediatamente precedente, Luca presenta una guarigione operata da Gesù in giorno di sabato. Questo suscita negli spettatori più osservanti una reazione scandalizzata: perché quella persona si è presentata da Gesù proprio di sabato, quando sa che è vietato? E implicitamente condannano anche Gesù perché ha operato una guarigione proprio nel giorno in cui il riposo sabbatico glielo impediva.

Allora c’è una giustizia degli uomini, scrupolosa osservanza formale, e una giustizia di Dio, che è il prevalere sempre e comunque della sua misericordia. Da questo sgorga quel giudizio: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!

Paradossalmente, infatti, proprio quelli che si sentono nel giusto perché osservanti e irreprensibili, sono quelli che conoscono meno come pensa e agisce Dio. Ecco allora il senso di quell’osservazione: “vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.” Il giudizio di Dio guarda nel profondo e non si accontenta della superficialità della giustizia degli uomini, che è una ingiustizia ai suoi occhi.

Cari fratelli e care sorelle, essere cristiani, veri discepoli, ci dice il Vangelo oggi, non significa identificarsi con un gruppo, assistere ai suoi riti, credendo così di non fare niente di male. Dio si aspetta da noi che diveniamo operatori della “vera giustizia”, cioè la sua giustizia, che si realizza quando le sue parole passano dentro la nostra vita, lasciando un segno indelebile, incidendo in profondità sulla realtà attorno a noi permeata di ingiustizia.

Allora, prepariamoci da subito ad entrare per la porta stretta di un rapporto intimo con Dio, abituiamoci ad assomigliargli il più possibile nel nostro agire, così da essere riconosciuti da lui, facciamoci plasmare dentro dal Vangelo, quelle parole così vere e umane, capaci di trasformare delle persone apparentemente sane e già a posto, in uomini e donne bisognosi di essere guariti e salvati da Lui.

 

Preghiere 

  

O Signore Dio nostro, aiutaci a non sfuggire dall’incontro con te, ma fa’ invece che ascoltiamo le tue parole e seguiamo il tuo esempio,

Noi ti preghiamo

  

Plasma o Dio il nostro cuore, perché tu ci riconosca come tuoi figli e discepoli. Fa’ che la porta stretta dell’amore personale con cui ci vuoi bene si apra per accoglierci nella tua infinita misericordia,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per quanti non ti conoscono, anche se pensano di sapere già chi sei e cosa vuoi. Aiutali ad ascoltare con umiltà il vangelo e a farlo scendere dentro di sé perché trasformi le loro vite,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Dio tutti quelli che ti invocano, affidandosi a te. In modo particolare quanti sono oppressi dalla violenza della guerra e del terrorismo. Mostra loro il tuo volto che salva e dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Guida i tuoi figli ovunque incamminati sui sentieri del Vangelo o Dio nostro Padre, perché uniformando ad esso il proprio agire portino pace e riconciliazione dove oggi c’è odio e contesa,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore i tuoi figli, specialmente quelli che sono nel dolore e nella difficoltà. Guarda ad ognuno con il tuo volto misericordioso, perdona e guarisci ciascuno,

Noi ti preghiamo.

sabato 6 agosto 2022

XIX domenica del tempo ordinario - Anno C - 7 agosto 2022

 



Dal libro della Sapienza 18, 6-9                                                                     

La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.

 

Salmo 32 - Beato il popolo scelto dal Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Dalla lettera agli Ebrei 11, 1-2.8-19

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 12, 32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».  Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’autore della lettera agli Ebrei ci propone oggi alcune persone della storia di Israele come esempi di fede vissuta.

Innanzitutto Abramo. Egli, ci dice questo testo, “partì senza sapere dove andava” abbandonando un luogo e una vita già costruita, era infatti anziano e benestante, anche se senza figli, per inseguire la promessa ricevuta da Dio di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e una terra felice in cui essa potesse vivere.

Poi sua moglie Sara, “ricevette la possibilità di diventare madre” e l’accolse, dice il testo, “sebbene fuori dell’età” cioè in una situazione che lo avrebbe sconsigliato, per molti motivi, sempre perché “ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso”, cioè Dio.

Di nuovo “Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio” in quel sacrificio che i nostri fratelli musulmani ricordano e celebrano solennemente nella festa dell’Aid-al-Adha.

Da quanto detto sembra che l’autore della lettera voglia dirci che la fede consiste nel compiere azioni assurde, rischiose e fuori dalla logica. Ma non è questa l’essenza del messaggio, questa ne è la percezione superficiale che noi, paurosi e attaccati al nostro presente, avvertiamo davanti a simili esempi. In realtà le scelte di Abramo e sua moglie Sara non furono decisioni avventate e prese per un capriccio eccentrico, ma la docilità al disegno di Dio, del quale hanno avvertito l’attrazione, anche se, allo stesso tempo, si rendevano conto della sua incomprensibilità secondo le logiche umane. Ma sulla paura e sull’attaccamento al normale modo di pensare e giudicare prevalse la fiducia in un Dio di cui si fidavano, perché buono e capace di realizzare quello che prometteva e di aprire, attraverso di loro, un futuro diverso per un popolo imprevedibilmente largo.

Spesso anche noi siamo messi davanti a scelte difficili, nelle quali tutto sembra consigliarci di seguire la logica del metterci al sicuro, di allontanare ogni rischio, di seguire l’esempio della maggioranza e fare come tutti, di obbedire alle abitudini, alle consuetudini del “si è sempre fatto così”. Quante volte, forse, così facendo abbiamo rifiutato la proposta di Dio di divenire anche noi benedizione per un popolo grande e padri e madri di un futuro diverso, come furono Abramo e Sara?

Spesso le nostre scelte danno ragione alle nostre paure perché si fondano sullo sguardo miope che cerca nell’immediato i frutti e i risultati del proprio agire. La lettera agli Ebrei infatti sottolinea come Abramo e Sara “Nella fede morirono … senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. ... Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.” Essi infatti, ci narra il libro della Genesi, non videro realizzata pienamente la promessa, ma poterono solo scorgerla da lontano. Eppure per quella promessa essi avevano speso la loro esistenza, ma, dice la Scrittura, morirono “sazi di giorni” cioè felici e soddisfatti di aver aperto una via nuova attraverso la quale le generazioni future poterono abitare quella terra, fino ai giorni nostri, come terra della promessa di Dio di un futuro con lui. Preferirono questo a veder magari realizzati i loro piccoli sogni di un po’ di soddisfazione personale, la “patria” di sempre, conosciuta e senza pericoli, ma anche senza futuro e spenta di vita. Essi rischiarono, faticarono e gioirono perché videro che era possibile raggiungere la terra della promessa di Dio di un futuro con lui.

Per questo, conclude l’autore della lettera, “Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.” Questo possa essere vero anche per noi: che Dio non debba provare vergogna per uomini e donne tiepidi, dallo sguardo ripiegato solo sulla propria convenienza e sulla realizzazione immediata dei propri progetti, lamentosi per ciò che non li soddisfa, incapaci a farsi canali attraverso i quali si apre un futuro nuovo per le generazioni a venire, ascoltatori delle promesse di Dio e docili a realizzarle nella propria vita, audaci apritori di nuove strade che conducono alla terra della promessa di Dio di un futuro con lui.

 

Preghiere 

 

Ti ringraziamo o Signore perché ci raduni nel tuo piccolo gregge a cui prometti in eredità il Regno dei cieli, vera patria di ogni uomo. Fa’ che restiamo uniti a te ed ai fratelli per non perdere il privilegio di far parte di essa.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo anche, o Signore Gesù, per tutti coloro che non ti conoscono e non ti amano. Fa’ che il nostro esempio li attragga verso di te e faccia loro scoprire la bellezza della vita evangelica.

Noi ti preghiamo

 

O Padre misericordioso, aiuta in questo tempo difficile tutti coloro che sono messi a dura prova dal clima e dalla dimenticanza: gli anziani, i malati, i prigionieri, i profughi, coloro che sono senza casa. Sostienili e proteggili da ogni male.

Noi ti preghiamo

 

Non far mancare il tuo aiuto, o Dio del cielo, a tutti coloro che in questi giorni sono stati colpiti dalla violenza, dalla guerra e dal terrorismo. Dona al mondo intero pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore, o Padre Misericordioso, tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che ogni comunità riunita nel tuo nome sia un segno di pace e riconciliazione, un piccolo gregge che anticipa il Regno di amore che erediteranno.

Noi ti preghiamo

 

Benedici o Dio i nostri fratelli e sorelle di fede musulmana e di fede ebraica. Fa’ che tutti noi, ebrei cristiani e musulmani, che siamo uniti nella discendenza di Abramo nella fede, sappiamo costruire assieme un futuro di pace e amore reciproco.

Noi ti preghiamo.