venerdì 19 agosto 2011

XXI domenica del tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaia 22, 19-23
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

Salmo 137 - Signore, il tuo amore è per sempre.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, in questo scorcio di mezzo agosto, in un tempo di vacanza e di distrazione dalle cose serie della vita, il lavoro, lo studio, i ritmi normali della vita quotidiana, ci sentiamo rivolgere una domanda forte e impegnativa: «chi dite che io sia?» Il Signore si trova a dover fare i conti con i risultati della sua missione: ha parlato molto, ma quanto è riuscito a comunicare del suo Vangelo? Ha fatto miracoli e guarigioni, ha sfamato le folle, ma chi ha capito che il vero miracolo chiesto a tutti è la conversione del cuore alla sua Parola? Ha suscitato entusiasmo e ha fatto scalpore, ha radunato folle e sollevato invidie, ma chi ha capito perché fa tutto questo? Molti lo hanno frainteso, molti hanno un’idea sbagliata di lui e della sua missione. Quelle di Gesù sono domande accorate e piene di preoccupazione, con le quali egli cerca di capire cosa ne è della sua missione. La prima domanda è volta capire cosa ha capito la gente: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» La risposta è deludente: tutti pensano di lui che è qualcuno di già conosciuto: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». È la tentazione di ricondurre la novità del Vangelo di Gesù a qualcosa di già conosciuto, di vecchio e scontato. “Sì, lo sappiamo – diciamo noi - bisogna essere più buoni, me lo diceva già mia nonna”, e in queste parole sentiamo la soddisfazione amara di chi dice che tanto è inutile provarci perché nessuno c’è riuscito. È la reazione istintiva, di fastidio, di superiorità, di estraneità che suscita l’incontro col Vangelo. Lo vediamo in questi giorni in cui migliaia di giovani sono a Madrid per la GMG, col papa. Molti adulti guardano queste masse di ragazzi con sufficienza, se non con fastidio, come chi la sa lunga e ha capito come va la vita: quelli ancora si illudono di cercare qualcosa di importante per sé e per il mondo, ma ormai noi lo sappiamo bene che niente è possibile cambiare veramente. È il vangelo amaro di questo mondo di cui noi troppo spesso ci facciamo colpevoli annunciatori, con scontatezza e banalità. Lo so io come vanno le cose! Dopo duemila anni che viene annunciato, che vuoi che possa cambiare il Vangelo di Gesù, se non c’è riuscito fino ad oggi? È la nostra tentazione: puntare al basso, non illudersi, vivere sconfitti, anche senza ammetterlo.
Forse i discepoli nel riferire quel “sentito dire” pensavano di fare pure un favore a Gesù: in fondo la gente lo paragonava ai personaggi più famosi e di successo di tutta la storia di Israele: Elia, Giovanni, Geremia. Gesù poteva anche essere onorato della fama ottenuta. Anche noi oggi siamo felici di vedere che la religione è rispettata e anche un po’ esaltata. Nel disorientamento generale seguito alla fine delle ideologie e, oggi, alla crisi economica generale, fa piacere sapere che la Chiesa regge, i suoi valori sono riconosciuti, le radici cristiane sembrano venire alla luce, ecc… Ma a Gesù di tutto questo sembra non importare nulla: lui vuole sapere chi lo ha capito e conosciuto veramente e non chi pensa bene di lui, senza essere interessato a sapere bene chi sia.
Dopo la prima domanda Gesù chiede ai discepoli stessi chi pensano loro che lui sia. A questo punto Pietro ha come un guizzo affettivo e riconosce chi è davvero Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». La risposta di Pietro non è giusta, come Gesù gli riconosce, perché azzecca e coglie nel segno, ma perché Pietro ha veramente conosciuto il Maestro. Sa dire chi è perché sa chi è. Gesù capisce in questa risposta un atto di fede, perché avere fede significa non esaltare Gesù o ritenerlo qualcosa di già conosciuto e scontato, ma avere un rapporto vero, vivo con lui.
Pietro definisce Gesù Figlio del “Dio vivente”, cioè un Dio non morto, ma che si fa vita di chi lo conosce e ha un rapporto con lui. L’Apostolo Paolo esprimerà questo stesso concetto con le parole: “Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo.” Gesù non è un vecchio messaggio morale, una legge e regole da osservare, per assurdo, conoscere ed amare Gesù non è nemmeno essere irreprensibili e perfetti, ma essere “il tempio del Dio vivente”, cioè accogliere nella propria vita Gesù affinché egli parli, agisca, senta con le nostre parole, azioni e sentimenti.
Per questo Gesù riconosce a Pietro il suo stesso potere: aprire chiudere, legare, sciogliere, avere le chiavi del Regno dei cieli.
Fratelli e sorelle, in questa giornata afosa di estate anche a noi è posta la domanda «chi dite che io sia?» Noi la sfuggiamo, bofonchiamo cose già sapute e scontate: che bisogno c’è di rispondere di nuovo quello che già si sa? Ma la vera risposta è rendere ragione della nostra fede, cioè dichiarare con la nostra vita che il suo fondamento è il nostro rapporto personale con Gesù, che non si esaurisce in un codice morale (questo si può fare, questo no), non si esaurisce nel conoserlo una volta per tutte, non ci pone al riparo dal rispondere ogni giorno a quella domanda fondamentale. Se così è vinceremo la tentazione del pessimismo impotente, del senso di scontata e amara disillusione, di cui accennavo all’inizio, per scoprire invece il potere che Dio da ai suoi figli, quello di detenere le chiavi del Regno. Rinunciare a questo potere è una scelta e una responsabilità. Non osiamo poi lamentarci di ciò che non va, non recriminiamo per la nostra impotenza e debolezza: è la scelta dell’uomo della donna di oggi, di essere arroganti e impotenti allo stesso tempo. Preferiamo l’umiltà di Pietro, servo fedele e figlio affezionato del suo Maestro e, per questo, detentore delle chiavi del Regno. Di lui ciascun discepolo è il successore se seguendo il suo esempio sappiamo mettere al centro della nostra vita Gesù e non altro.
Preghiere

O Signore Gesù, ti ringraziamo perché continui a interrogarci su di te e ci chiedi di esserti amici e di conoscerti in ogni tempo della nostra vita. Fa’ che continuiamo sempre a cercarti,
Noi ti preghiamo

O Padre del cielo che hai mandato il tuo Figlio per farti conoscere di persona da noi uomini, aiutaci a riconoscere in lui il Dio vivente, che agisce e si fa presente in mezzo a noi,
Noi ti preghiamo
O Gesù, amico e maestro di ogni uomo, vinci l’arroganza del nostro lamento. Fa’ che conoscendoti e amandoti facciamo nostro il potere di aprire e chiudere le porte del Regno di cui il mondo intero ha così bisogno,
Noi ti preghiamo
Fa’ o Signore che non vinca in noi la rassegnazione di accettare l’impotenza e l’impossibilità. Rendici operatori potenti della tua volontà che vince ogni resistenza del male,
Noi ti preghiamo

Accompagna o Dio tutti i tuoi figli più piccoli nel cammino della vita. Guida chi è nel bisogno perché trovi consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo

Accompagna o Signore dall’alto i tanti giovani che vivono in questi giorni alla scuola del Vangelo nella GMG di Madrid. Dona loro la sapienza del cuore e la forza di resistere al male,
Noi ti preghiamo.

Sconfiggi o Dio del cielo la predicazione sorda e tenace del vangelo di questo mondo che proclama impossibile far vincere il bene e trasformare il mondo. Fa’ che con la forza della fede sappiamo proclamare il vangelo della resurrezione, vittoria sulla morte,
Noi ti preghiamo

Guida e sostieni o Signore Gesù tutti coloro che ti cercano, fa’ che i loro passi siano sorretti dai tuoi discepoli che, come buoni compagni di viaggio, incoraggiano e consolano.
Noi ti preghiamo

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