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venerdì 28 dicembre 2012

Domenica della Santa Famiglia - 30 dicembre 2012


 
 La Sacra Famiglia in fuga in Egitto

Dal primo libro di Samuele 1,20-22.24-28

Al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, «perché - diceva - al Signore l'ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre». Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.

 

Salmo 83 - Beato chi abita nella tua casa, Signore.

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.


Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.

 
Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-2.21-24

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Pa­dre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi coman­damenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In que­sto conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, abbiamo da poco ricevuto l’annuncio del Natale, annuncio di una nuova vita che nasce per tutti gli uomini. E’ una buona notizia di cui c’è un grande bisogno, perché va contro le tante cattive notizie di questo tempo buio, come dicevamo nella notte di Natale. Va contro l’idea che la nostra sicurezza e salvezza sta nell’essere ben difesi dalle mura delle nostre case, dalle abitudini e dalla forza, perché si manifesta prima di tutti ai pastori che vegliavano nella notte. Va contro l’idea che i poveri siano un ingombro fastidioso per le nostre città, perché sceglie di nascere proprio in una povera stalla, senza un posto che lo accolga. Il Natale è insomma un annuncio che sconvolge tante idee scontate su come va il mondo e su come va la vita e che ci chiede di scegliere di uscire dall’abitudinarietà di una vita sempre uguale per affrontare la vita all’aperto, in mezzo alla gente e davanti al monto vasto e problematico.

Il Natale infatti è una rivoluzione dei pensieri e dei modi di agire abituali che però non si impone con clamore. Sì, l’annuncio del Natale del Signore Gesù è affidato a ciascuno di noi come un bambino appena nato, piccolo e indifeso, che non sa neanche parlare. Non si impone, eppure ha il potere di cambiare i cuori, perché vi entra dentro, e con la forza del suo volerci bene convince anche noi, nonostante la nostra durezza e indifferenza. La Parola di Dio che ascoltiamo ogni domenica è come quel bambino che cerca di nascere dentro di noi, ci chiede spazio giorno per giorno in noi, ma non con la prepotenza, ma con la debolezza e la semplicità di un bambino piccolo.

Il Natale del Signore non è una occasione in più per mettere al centro se stessi, per auto-festeggiarsi nel vortice dello stordimento consumista, ma l’occasione per avviarsi, come i pastori ad incontrare un bambino. Gesto ingenuo ed inutile, per la logica comune, tempo sprecato, sottratto al culto di se stessi: con tutto quello che c’è da fare a Natale, figurarsi se abbiamo tempo da perdere a vagare nel buio per cercare un bambino.

Ma se proviamo ad ascoltare con disponibilità l’annuncio del Natale ci ritroviamo davanti Dio fattosi bambino, sentiamo che a Natale quel bambino è affidato a ciascuno di noi perché cresca suscitando in noi una vita nuova, nuova speranza, nuovi sentimenti. Con questo neonato fra le braccia ci avviamo verso un nuovo anno che sta per aprirsi. Forse ci si può sentire un po’ impacciati, goffi, non siamo tanto abituati a trattare con qualcuno di così fragile e indifeso. Nella vita ci si abitua ad avere a che fare con gente dura, ad affilare le unghie, a difendersi o aggredire: come possiamo farlo con un neonato fra le braccia? Questo è il Natale: vivere con un neonato fra le braccia, di cui prendersi cura, da accudire e proteggere. E’ il bambino del voler bene di cui il mondo e noi stessi abbiamo così necessità, bisognoso di essere protetto e custodito. E’ quel bambino che sono i deboli e i poveri, affidati alle nostre cure perché non siano travolti dalla vita. Stiamo attenti a non dimenticarcelo, presi dagli affanni della vita quotidiana! 

È facile dimenticare Gesù dopo aver ricevuto l’annuncio della sua nascita. Accadde anche alla famiglia di Nazareth. Dal Vangelo non conosciamo molto della vita di Maria e Giuseppe con Gesù, non ci sono tanti miracoli, né fatti straordinari. E’ una famiglia normale, come noi siamo gente comune, eppure porta dentro di sé il tesoro straordinario che Dio fattosi uomo per stare con noi. E’ lui il loro tesoro, se ne rendono conto bene, e questo li fa vivere felici e con più affetto. Ecco perché la Famiglia di Nazareth è Santa, non perché è migliore delle altre, né perché è unita e felice come quelle delle pubblicità. E’ Santa  perché è incentrata su Gesù. Ogni famiglia è santa se ha al centro Gesù, anzi tutti gli uomini formano una famiglia santa se hanno al centro Gesù. Così il Signore stesso ci ha insegnato quando un giorno, venendo Maria e gli altri parenti a cercarlo dice indicando quelli che gli stanno tutto intorno per ascoltarlo: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre". (Mt 12,47-50)

Eppure, nonostante ciò, quando Maria e Giuseppe vanno a Gerusalemme per il pellegrinaggio annuale ripartono e dimenticano Gesù. I genitori pensavano che Gesù anche se non stava con loro era comunque vicino, magari con qualche altro parente. Detto così ci sembra una cosa assurda. Come può una madre e un padre non accorgersi per un giorno intero di non avere più con sé il proprio figlio, ancora abbastanza piccolo?

Eppure care sorelle e cari fratelli, non capita così anche a noi? Abbiamo accolto solo pochi giorni fa, commossi e pieni di tenerezza, quel bambino in fasce che ci viene affidato a Natale, per poi dimenticarcene solo qualche giorno dopo? Non per rinnegarlo, solo perché pensiamo che tanto è sempre possibile ritrovarlo con facilità, proprio come credono Maria e Giuseppe quel giorno partendo da Gerusalemme. Pensano che qual bambino non può andare lontano, perché è piccolo e ha bisogno di loro. Invece non si rendono conto che sono loro a non doversi staccare da lui, perché sono loro ad aver bisogno della salvezza che viene da lui. Anche noi pensiamo che possiamo lasciar andare Gesù, perché è lui che ci raggiungerà, ma poi ci ritroviamo soli e disperati. L’assenza di Dio rende quella famiglia nata attorno alla sua parola preda della paura e dell’angoscia.

Infatti quando Giuseppe e Maria si accorgono che Gesù non è più con loro sono presi dall’angoscia.

Chi non ha più Gesù con sé perde la gioia, la felicità, non sa più essere sereno, sente nella sua vita il vuoto di umanità che accompagna sempre l’assenza di Dio. Per questo corrono indietro, si affannano, cercano il centro della loro vita che ora non hanno più. Dovrebbe essere la stessa nostra angoscia quando ci accorgiamo di avere perduto Gesù, quando non ascoltiamo la sua Parola da tanto tempo, quando ci accorgiamo che per la nostra distanza da lui il bambino del Natale è dimenticato e deperisce in abbandono.

La ricerca di Giuseppe e Maria ha successo: Gesù si fa trovare da chi lo cerca con impegno, anche se solo poco prima era stato dimenticato in mezzo alla confusione. Alla fine i genitori lo trovano, ma non fra i loro parenti, ma nel Tempio dove stava ad insegnare. Lì c’era gente che lo stava ad ascoltare ed era attenta alla sua parola, lì stava la sua vera famiglia, proprio come insegnerà un giorno, da adulto.

I genitori lo rimproverano, vorrebbero insegnare a Gesù di chi si deve prendere cura, con chi deve stare, è rivendicano il loro diritto a essere considerati loro la famiglia di Gesù. Il Signore però non è prigioniero delle logiche di questo mondo, né si fa rinchiudere nei confini angusti delle abitudini familiari. Per Gesù, e lo dice a parole e con i suoi atteggiamenti, la propria famiglia è ben più larga di quella di sangue. Ne fanno parte innanzitutto i tanti poveri verso i quali ha un amore e una cura privilegiata, e poi tutti quelli che sono disposti ad ascoltarlo e a mettere in pratica le sue parole. Sono infatti queste due categorie le uniche che Gesù nei Vangeli apostrofa come i “miei fratelli”.

Anche noi siamo un po’ come quei dottori nel Tempio, figli adottati da una predicazione che il Signore vuole raggiunga tutti, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nel brano che abbiamo ascoltato, anche quelli che non farebbero parte “naturalmente” della sua cerchia familiare. Figli adottivi, resi familiari di Gesù dalla Parola che lui ci rivolge.

Alle soglie di un nuovo anno la Parola di Dio ci rinnova l’invito a far parte di quella famiglia, resa Santa dalla presenza del Signore, a prenderci cura dei suoi figli più piccoli e indifesi, la pace, i poveri. Nazareth diviene oggi la patria di ogni discepolo, anche la nostra, se non ci facciamo prendere dalla “carovana” confusionaria delle nostre occupazioni ordinarie, ma conserviamo il bambino che ci è stato affidato debole, ancora in fasce, ma capace di trasformare la nostra vita e del mondo intero.


Preghiere

Ti preghiamo o Signore Gesù, renderci capaci di portare sempre con noi l’annuncio della tua nascita che abbiamo ricevuto a Natale. Fa’ che uscendo dal chiuso delle nostre abitudini ti cerchiamo per le vie del mondo,

Noi ti preghiamo


Accordaci o Signore di tenerti con noi come un Padre che ci guida e come un Dio bambino del quale aver cura. Rendici figli del Vangelo e custodi gelosi di ogni tua parola,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio ogni uomo e ogni donna che ti cercano. Aiutali a trovarti non nella forza e nella potenza, ma nella debolezza di un amore vulnerabile e generoso, tenero e fragile come un bambino,

Noi ti preghiamo

Accoglici o Signore Gesù nella famiglia dei tuoi discepoli, rendici figli e fratelli tuoi, attenti al tuo insegnamento e desiderosi di metterlo in pratica,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre misericordioso tutti i tuoi figli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che sono poveri e bisognosi di aiuto. Sostienili nelle difficoltà e proteggili da ogni pericolo,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che hanno dimenticato di essere tuoi figli e per questo non sanno più voler bene ai propri fratelli e alle proprie sorelle, ai padri e alle madri, ai figli e figlie. Suscita il tuo Spirito che ci riunisce in una Famiglia vera, resa Santa dalla tua presenza,

Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Padre misericordioso i tuoi figli, specialmente quelli che sono minacciati dalla violenza e dalla persecuzione. Sostienili in ogni parte del mondo e fa’ sentire loro l’affetto della grande famiglia dei discepoli di Cristo,

Noi ti preghiamo

Da’ forza e coraggio o Dio a quanti annunciano la tua Parola, perché la vita di ciascuno sia un Vangelo di pace e di amore e susciti nel cuore di chi incontrano il desiderio di conoscerti,

Noi ti preghiamo

 

 

 

mercoledì 26 dicembre 2012

Natale del Signore


Dal libro del profeta Isaia 62,11-12

Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Li chiameranno Popolo santo, Redenti del Signore. E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata».

 

Salmo 96 - Oggi la luce risplende su di noi.

Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Annunciano i cieli la sua giustizia
e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Una luce è spuntata per il giusto,
una gioia per i retti di cuore.
Gioite, giusti, nel Signore,
della sua santità celebrate il ricordo.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 3,4-7

Figlio mio, quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini, che egli ama.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,15-20

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

 

Commento

Abbiamo ascoltato il profeta Isaia proclamare al popolo: “Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore”. Lo fa nel tempo del pericolo e della paura, quando Israele era minacciato dai nemici, e si rivolge al popolo che aveva dimenticato il loro  Dio e lo aveva abbandonato, per affidare la propria salvezza alla forza delle armi e agli idoli. In qualche modo con la sua promessa fatta per bocca del profeta, Dio evidenzia proprio la sua assenza dal mondo che lo ha rifiutato. Sì, il Natale ci rivela la nascita di un Dio che si fa presente in mezzo agli uomini, ma paradossalmente, proprio per questo rivela che senza il suo abbassamento fino a condividere la condizione umana, il mondo è vuoto di Dio. La sua presenza infatti, lo accennavamo già domenica scorsa, non è scontata. Dio non è uno spirito soffuso che soffia sulla terra, comunque e dovunque, e siamo noi, facendoci caso, a rivelarne la presenza. È questo spesso il nostro atteggiamento con il quale, con scontatezza, diamo per ovvia la presenza e la vicinanza di Dio a noi.

E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata”, prosegue il profeta Isaia. Sì, è vero, Dio ricerca gli uomini e non li abbandona, ma noi ci facciamo trovare da lui che viene?

Nei Vangeli della nascita di Gesù questa idea è presente nella sottolineatura che la prima esperienza che Gesù fa dell’incontro con gli uomini è proprio il rifiuto: “Egli venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” dice Giovanni, e Luca narra: “Marialo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

Che posto c’è nel mondo oggi per Dio che vuole nascere? Che posto c’è nella mia vita?

Per questo la Chiesa, con molta sapienza, ci dona un lungo tempo di preparazione al Natale, il tempo di Avvento, proprio per fare spazio a Dio che viene, in vite ingombre di ciò che non vale e non serve. Per questo abbiamo ascoltato l’invito di Giovanni battista a riempire burroni e spianare montagne, proprio per fargli spazio.

Il Natale in un certo senso si avvicina in questo al Sabato santo in cui la terra sperimenta con tragico realismo l’assenza di Dio: ucciso e sepolto egli è assente dalla storia degli uomini che lo hanno voluto eliminare.

Che posto c’è per Dio, ci chiediamo oggi, in una città che ha rifiutato con durezza solo poche settimane fa’ che si aprisse un luogo di ospitalità per chi è senza casa e dorme per strada?

Il posto in cui Dio vuole nascere non sono le vetrine scintillanti, le strade addobbate o il sentimentalismo melenso delle tradizioni natalizie, piene di ubriacatura consumista. Gesù nasce, sì, anche in questo Natale, ma fuori della città, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Gesù nasce fuori dalla città e muore ed è sepolto fuori della città. Gesù piange su Gerusalemme, la grande città “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23,37) Quelle di Gesù sono parole dure, ma ancora più dura è l’inospitalità della grande città.

Eppure, qualcuno ha accolto Gesù: “i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. I pastori vivevano fuori della città, erano i più disprezzati perché coabitavano con le bestie, e per questo, per gli ebrei, erano impuri. Non dormono il sonno dolce e sereno dei cittadini, pieno di rassicuranti sogni su di sé, ma vegliano, la notte, gli animali di cui hanno cura. Lì, all’aperto, nel buio nella veglia, li coglie l’annuncio dell’angelo che li invita ad andare a conoscere Dio che nasce. Nella loro vita c’è spazio per Dio che nasce: non hanno ruoli né interessi da difendere, ma solo la speranza di trovare chi li liberi dal freddo, dal buio, dalla durezza della loro condizione servile.  

Cari fratelli e care sorelle, questo viene a dirci oggi l’annuncio del Natale: c’è bisogno di uscire dalle rassicuranti città difese dalle mura dei nostri interessi e di intraprendere la via che ci conduce fuori, all’aperto. Lì c’è il freddo, ma anche il calore di un bambino appena nato; lì c’è il buio, ma anche la luce sfolgorante di Dio bambino; lì ci sono gli odori forti, le realtà ruvide e scomode della campagna, delle stalle, ma anche la dolcezza infinita della compagnia di Dio.

Il Natale allora non è una realtà scontata, non viene da solo, per automatismo, ma il Natale è innanzitutto una scelta: la scelta di uscire dalla città e di incontrare la vita vera, così come è, senza il filtro psicologizzante delle nostre sensazioni, senza l’ammorbidimento del torpore dei nostri cuori. Il Natale è la festa di un bimbo che pone una scelta decisiva: buio o fulgore? Amore o indifferenza? Il freddo del vento gelato o il caldo dei cuori?

Non temiamo le tinte forti del Natale, quelle della vita vera. Ce le ricordano i volti dei poveri che incontriamo per strada nella nostra città, perché non hanno un posto dove riposare, come Gesù. I loro volti sono arrossati, pieni di rughe, le mani callose, i vestiti sgualciti, ma loro dove nasce Gesù ci sono: per strada. La città li rifiuta e li respinge, come ha fatto con Gesù. La loro presenza turba la città, come fece Gesù a Erode e ai sapienti di Israele. Le loro parole appaiono ai cittadini vaneggiamenti di ubriachi, come i discorsi di Pietro e degli apostoli pieni di Spirito Santo dopo la Pentecoste.

Seguiamo i poveri e troveremo il posto dove Gesù è nato, stiamo vicini a loro e riconosceremo il Dio bambino, così diverso da quello delle illustrazioni natalizie. La loro presenza nella città è la sua unica speranza di salvezza, altrimenti si perderà per sempre. Diffidiamo dalle case ben spazzate e i saloni ben riscaldati e addobbati, perché oggi Dio è nato sul marciapiede.

 
Preghiere

O Signore Gesù in questo giorno reso santo dalla tua nascita aiutaci a sgombrare la nostra vita da tutto ciò che non vale e non serve perché anche in noi tu possa trovare un posto per restare,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio per la nostra città, inospitale e dura di cuore. Non abbandonarla al suo destino, ma fa’ che i poveri trovino in essa volti accoglienti e mani generose che aiutano,

Noi ti preghiamo


Donaci o Padre  il desiderio di uscire da noi stessi e di cercare te. Riempi il vuoto delle nostre vite, da’ senso e valore alle nostre giornate, colma del tuo amore i nostri cuori,

Noi ti preghiamo


Sostienici o Dio nel nostro incerto cammino verso di te, perché non ci disperdiamo per sentieri che non conducono a niente, ma, seguendo le parole dell’angelo, giungiamo assieme ai poveri e agli umili alla tua presenza,

Noi ti preghiamo


Guida o Signore quanti ti cercano e non sanno dove trovarti, quanti ti invocano e non sanno come rivolgersi a te, quanti hanno bisogno del tuo aiuto e non sanno come raggiungerti. Fatti trovare o Signore, salvatore delle nostre vite,

Noi ti preghiamo

Raggiungi o Gesù i cuori di chi è inospitale e freddo. Disarma l’arroganza di chi rifiuta di incontrarti in chi è povero. Sciogli la durezza della nostra città e manda angeli di pace a suscitare una vita rinnovata dal tuo amore,

Noi ti preghiamo.


Proteggi e sostieni o Padre quanti in questo giorno ti pregano e si affollano in ogni parte del mondo attorno alla stalla di Betlemme. Dona anche a noi di far parte della tua famiglia sconfinata,

Noi ti preghiamo

 
Guida o Signore Gesù quanti nel mondo annunciano a tutti gli uomini che tu hai voluto eliminare la distanza che ci separa da te. Fa’ che con le parole e la vita portino la gioia di Natale a chi ancora non ti conosce,

Noi ti preghiamo

 

Notte di Natale


 
Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,  hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
 

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.


Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, nel buio della notte siamo usciti dalle nostre case e siamo convenuti in questo luogo. Cosa siamo venuti a cercare? Il profeta Isaia descrive: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.”

Eppure, fratelli e sorelle, nella nostra vita quotidiana non ci sembra di vivere al buio. Ciascuno di noi ha i suoi punti di riferimento; ha il chiarore, forse flebile ma sufficiente, della propria esperienza, e poi siamo abituati a muoversi in ambienti che ci sono familiari, dove non abbiamo bisogno di luce per orizzontarci. Anche al buio in fondo ci troviamo bene, basta farci l’abitudine. Infatti anche Isaia afferma che il popolo già “camminava nelle tenebre” e, in un certo senso, si è reso conto di ciò solo quando “ha visto una grande luce”.

È il buio di questo tempo di crisi, con le sue contraddizioni e le paure per il futuro, ma anche il buio della difficoltà che incontriamo spesso nei rapporti, in famiglia, con gli amici. Spesso si procede a tentoni e nel buio il volto di chi ci sta accanto resta sconosciuto, è impossibile conoscersi a fondo. Nel buio vediamo solo un breve tratto di strada davanti a noi, le lunghe prospettive ci sono oscure. Nel buio il panorama attorno ci è estraneo e ostile e preferiamo facilmente concentrarci su noi stessi, su quello che proviamo al nostro interno, sulle nostre reazioni, sui malesseri, le insoddisfazioni.

In queste situazioni si verificano talvolta momenti di chiarezza, come dei lampi di luce che in qualche modo ci fanno essere coscienti che sì, il buio ci avvolge. È un dolore improvviso e inatteso che ci coglie senza risorse, oppure un incontro, una persona, una storia che ci colpisce. Accade che allora ci interroghiamo e ci rendiamo conto che sì, al buio si sta male e che abbiamo un grande bisogno di luce nella nostra vita personale.

Per questo abbiamo attraversato la notte buia, le strade deserte, per venire qui, dove il Vangelo ci annuncia che una luce è venuta, e non solo per un lampo improvviso e passeggero, ma per restare con noi. È il Vangelo del Natale che abbiamo ascoltato.

L’evangelista Luca narra infatti come accanto al luogo dove nacque Gesù “C’erano … alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.” Essi furono i primi testimoni di quell’evento straordinario: Dio è nato per stare con noi, ha eliminato ogni divisione e distanza, ha riempito il vuoto di Dio che rende scura e fredda la terra.

Ma come mai si manifesta proprio a quei pastori? Il Vangelo azzarda un perché: “pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.” I pastori sono raggiunti dal chiarore della nascita di Dio perché stavano all’aperto e vegliavano. Sì, la luce del Natale non penetra dentro le stanze delle case, non entra nei portoni blindati e nelle finestre chiuse. C’è bisogno di uscire dai luoghi riparati e nascosti nei quali spesso ci rinchiudiamo, per vivere nelle strade dove si incontra la gente, dove siamo posti di fronte ai piccoli e grandi drammi della vita. Ma spesso noi rifuggiamo dall’essere coinvolti da questo e preferiamo il chiuso.

E poi quei pastori vegliano, cioè non dormono. È il sonno con cui spesso noi preferiamo rinchiuderci in noi, cullandoci nei sogni individuali, che passano facilmente ma sono semplici e rassicuranti, meglio dello spettacolo della realtà, dura e inquietante.

Perché il bagliore di un attimo o di una situazione diventi allora un fascio di luce costante c’è bisogno di vivere come i pastori, all’aperto e con gli occhi aperti davanti a mondo, con le sue bellezze e le sue brutture, con le sue domande e i suoi enigmi. Dentro casa tutto sembra più semplice, ma solo perché c’è buio. Tante volte vivere nel ristretto ambito della propria famiglia, ignorando gli altri e rinchiudendosi nelle mura casalinghe ci fa illudere di avere la pace, ma gli uomini sono gli stessi e la vita è la stessa che fuori, solo che nel buio possiamo far finta di niente, ignorarla e pensare solo a noi stessi.

E solo all’aperto, per le strade e in mezzo alla moltitudine, non solo si sente il freddo della notte, ma si incontrano anche gli angeli. Essi non sono, come già dicevamo domenica scorsa, solo quegli esseri paffuti e fanciulleschi delle illustrazioni natalizie, ma le persone e le situazioni che ci parlano di Dio. Essi non bussano alle porte delle case, ma si rivolgono a chi accetta di incontrare gli altri. Gli angeli nella nostra vita sono i poveri, nei quali Dio stesso parla. Dice Gesù: “avevo fame e mi avete dato a mangiare, avevo sete, ero straniero, ero carcerato, ecc…” (Mt 25). Proprio nei più poveri Gesù, nato povero in una stalla, ci si rivolge con lo sguardo, con la parola, con la semplice presenza che ricorda quanto bisogno c’è di qualcuno che voglia bene. Sì, noi possiamo farne a meno, abbiamo le nostre risorse, ma chi è povero senza qualcuno che gli voglia bene e lo aiuti non ce la fa a vivere. Pensiamo a chi è senza casa, come Gesù appena nato, a chi è emigrato e fugge dalla miseria e dalla guerra, come Gesù profugo in Egitto perché Erode vuole ucciderlo, pensiamo a chi è perseguitato, torturato, disprezzato, come Gesù nella sua passione.

Ecco allora che questo Natale è un’occasione che ci viene offerta per uscire dal buio: perché continuare a sopportare una vita diminuita e vissuta a metà? Perché non cercare quella luce che è Gesù che chiede di nascere anche nella nostra vita e ci si rivolge con la sua Parola proclamata qui, nella sua casa, e con la richiesta di aiuto dei poveri?

Forse siamo venuti qui solo per una pia abitudine, per una tradizione che ripetiamo stancamente. Ma qui abbiamo trovato la luce vera, quel Gesù che è Dio che vuole stare con noi, che ci illumina il vostro dei fratelli e la strada su cui camminiamo. Allora, come fecero i magi, torniamo a casa da un’altra strada, cioè iniziamo un cammino nuovo che ci riporta alle nostre case ma rinnovati dentro. Ora lo sappiamo, la luce esiste, non possiamo più fingere di non riconoscere nei poveri quel Gesù che in questa notte ci si è rivelato indifeso, debole, bisognoso di protezione e aiuto come un bambino appena nato. La luce del Signore ci si è mostrata, cerchiamola da oggi ogni giorno della nostra vita, ed essa ci guiderà verso quella pace vera di cui Cristo è re e Signore.

Preghiere


Ti preghiamo o Signore Gesù, illumina la nostra vita al buio, scalda i nostri cuori e rendici partecipi della notizia sconvolgente della tua presenza in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

Fa’ o Padre misericordioso che non preferiamo restare al buio delle nostre stanze chiuse, ma uscendo per la strada incontriamo i fratelli e le sorelle, le loro domande e le loro gioie per giungere insieme ad incontrarti,

Noi ti preghiamo

Aiuta o Dio chi ha bisogno di sostegno e consolazione: chi è nel dolore e in affanno, chi è schiacciato dal male e porta i segni della povertà. In questa notte dona loro pace e salvezza,

Noi ti preghiamo

Sostieni con la tua forza o Dio quanti si incamminano verso il luogo della tua nascita e ti cercano nonostante il freddo e il buio. Aiutali a giungere presto ad incontrarti e a gioire della tua vicinanza,

Noi ti preghiamo

venerdì 14 dicembre 2012

Domenica gaudete, III di avvento - 16 dicembre 2012


 

Dal libro del profeta Sofonìa 3,14-18a

Rallegrati, figlia di Sion,  grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

 

Is 12,2-6 - Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

 

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.

 

Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, +
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.

 

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,4-7

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Luca, parlando di Giovanni il battista, dice che “il popolo era in attesa” e a questa attesa egli rispondeva: “Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo”, egli rispondeva cioè con una buona notizia (evangelo).

Oggi viviamo in un tempo in cui la le buone notizie sono scarse e prevalgono quelle cattive. Ma il nostro tempo è forse il peggiore di tutta la storia? In ogni stagione ci sono stati motivi, anche seri, per lamentarsi: c’è stato il tempo delle grandi guerre che hanno coinvolto le generazioni più avanti negli anni; il tempo di regimi duri che non lasciavano libertà; tempi in cui, fino a pochi decenni fa, l’analfabetismo era frequente, in cui la medicina non aveva raggiunto la specializzazione e la diffusione di oggi, in cui si viveva meno anni e più faticosamente. Basta fare un confronto fra la vita che conduciamo noi e quella che hanno fatto i nostri genitori. Certo oggi c’è la crisi economica, ma basta questo per dire che oggi non sono più possibili buone notizie?

Io credo che esista un problema diverso, che va al di là delle circostanze in cui ci troviamo, e cioè un diffuso atteggiamento lamentoso che non sente il bisogno di buone notizie, e per questo non gli dà peso, né tantomeno le diffonde ed anzi mal le sopporta. Sì, perché la buona notizia erode il pessimismo e toglie motivi al lamento e ci espone alla responsabilità di tenere in considerazione gli altri. Quale motivo migliore infatti per giustificare la propria indifferenza alle vicende altrui che il lungo elenco dei propri guai o dei motivi per guardare con preoccupazione al proprio individuale futuro? Come potrei infatti interessarmi o, addirittura, occuparmi degli altri se a stento riesco a sostenere il peso delle mie ansie? Pensarsi infatti vittima della situazione attuale e mostrarsi oberati giustifica gli egoismi, alimenta i motivi per preoccuparsi solo dei propri interessi, rafforza il senso di impotenza e irrilevanza che deresponsabilizza. Le buone notizie invece ci mettono a disagio perché in un certo qual modo fanno emergere il debito verso chi sta peggio e dimostrano che il bene può sempre essere fatto, basta volere.

Per questo assai raramente si sente qualcuno che riporta una buona notizia, fosse anche quella banale di stare bene. Infatti anche se non abbiamo nulla di cui lamentarci preferiamo accusare qualche fastidio, disturbo e preoccupazione. E guai a non compatire i malanni altrui o a provare a relativizzarli !

La stessa crisi economica non potrebbe, ad esempio, essere colta come un’opportunità per ripensare i propri stili di vita, per renderli meno consumisti e sobri, per sviluppare un maggior senso di solidarietà con chi sta peggio, per divenire più consapevoli delle cose veramente importanti che arricchiscono la nostra vita? Vivere tutto questo non sarebbe forse motivo per molte buone notizie! La scoperta di un nuovo senso della vita, la nascita di nuovi rapporti, una comprensione più profonda della bellezza del voler bene. Invece preferiamo aspettare che sia qualcun altro a porre rimedio alla crisi (i politici, gli economisti, i potenti) mentre a noi non resta che il gusto del lamento che non ci chiede nulla e ci mette al riparo.

Per fare un esempio concreto del fastidio per le buone notizie, basti pensare ad un fatto recente che tutti conosciamo. Sapete infatti che circa un mese fa si stava per realizzare a Terni un luogo in cui chi è senza casa poteva essere ospitato per la notti e così evitare di dormire all’addiaccio. Finalmente una buona notizia! Sicuramente per chi vive per strada, e posso assicurarvi che ne erano felicissimi, ma anche per tutti noi, perché era la fine di una realtà inaccettabile in una città civile, il suo volto diveniva più umano. E poi era la prova che con poca fatica si possono risolvere problemi così gravi. Ma il fastidio per questa buona notizia ha fatto sì che l’animosità di alcuni e l’indifferenza di tutti ha reso fino ad oggi irrealizzabile questo progetto, nonostante il freddo di queste notti.  

Quanta differenza dunque con il popolo che, al tempo di Giovanni battista, viveva in attesa di buone notizie! L’uomo lamentoso e pessimista di oggi l’unica buona notizia che desidera ascoltare è essere lasciato in pace a continuare a preoccuparsi di sé e, in occasioni speciali, concedersi un po’ di ubriacatura euforica per non pensare.

L’attesa di buone notizie aveva spinto quel popolo a inoltrarsi nel deserto per ascoltare Giovanni e a porgli quella domanda ripetuta ben tre volte nel brano che abbiamo ascoltato: “E noi, che cosa dobbiamo fare?” Sì, il desiderio di trovare conferme alla forza del bene spinge ad un impegno concreto e fattivo, ad agire, ad impegnarsi per cambiare il modo di vivere.

Che differenza con il nostro atteggiamento così indifferente e intorpidito!

Proviamo allora, fratelli e sorelle, a vincere quel naturale fastidio davanti alle buone notizie, ma anzi a cercarle, rafforzarle e diffonderle; a non rifuggire nella paralisi che viene dal pessimismo e dal lamento; a non coltivare i nostri sensi di impotenza e irrilevanza e a cercare invece “che cosa dobbiamo fare” per reindirizzare la vita e la storia verso un futuro migliore per tutti. È il senso di questo tempo di avvento nel quale ci è offerta l’opportunità di svegliarci, alzarci e metterci in cammino verso quel luogo nel quale potremo incontrare Dio che nasce. Solo chi esce dal torpore della paralisi del cuore e delle mani comprende il senso di quel richiamo alla gioia che questa domenica “gaudete” ci indirizza: “Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla.” Paolo ci comunica il segreto del vivere cristiano: cercare i motivi per rallegrarsi, dargli peso e diffonderli! Non per nascondersi le ragioni del dolore e della sofferenza, ma per combatterle con le armi del bene. Aggiunge l’Apostolo: “E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.” Sì, quella pace che crediamo ci venga dal farci i fatti propri e dal moltiplicare i motivi del lamento su di sé, in realtà è un dono di Dio ed è concessa con abbondanza solo a chi aspetta con impazienza e cerca con forza le buone notizie che ci spingono ad uscire da noi stessi e ci conducono nella notte verso il luogo in cui Gesù Cristo nasce per stare con noi. E quando Gesù verrà, ci dice Giovanni egli per prima cosa spazzerà via dalla nostra vita la paglia del nostro lamento e pessimismo, del ripiegamento su di sé triste e impotente, bruciando tutto ciò nel fuoco di un amore vero e forte. Egli infatti viene per seminare il grano buono del voler bene, perché esso dia frutto e le nostre vite siano feconde di buone notizie di bene per sé e per gli altri.
Preghiere
 
O Signore che vieni e visiti la nostra vita, aiutaci a vegliare davanti al mondo che ci si presenta così pieno di sofferenza. Fa’ che non distogliamo  altrove lo sguardo per sfuggire il dolore altrui, ma siamo sempre pronti a fare nostra l’invocazione di chi ha bisogno.

Noi ti preghiamo

 Dio Padre buono e misericordioso, dissoda il terreno della nostra vita, perché la strada sia appianata e i fossi siano colmati e tu possa giungere fino a noi a donarci la salvezza.

Noi ti preghiamo

  Ti ringraziamo o Dio Padre nostro per i tanti motivi di gioia che ci doni. Per la vita che ci è stata concessa, l’amore vissuto e le tante occasioni di fare del bene che ci sono state accordate. Fa’ che li ricordiamo sempre e ce ne rallegriamo.

Noi ti preghiamo

Aiuta o Signore tutti i tuoi figli ad essere lieti del destino di bene che prepari per noi. Fa’ che non resistiamo ad esso percorrendo le vie dell’orgoglio e dell’amore per noi stessi che ci allontana da te.

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio del cielo per tutti coloro che sono nel dolore. Per i malati, per gli anziani, per chi è senza casa e famiglia, per le vittime della guerra e della violenza, per i prigionieri, per i disprezzati, per chi è solo e senza speranza. Aiutali e perdona chi è causa del loro dolore.

Noi ti preghiamo

Trasforma o Dio il cuore degli uomini di questa città, perché nessuno sia escluso e disprezzato, ma ognuno trovi un porto sicuro e accoglienza amichevole per la loro vita.

Noi ti preghiamo.

 O Padre che hai preparato un padre e una madre che si prendesse cura del Verbo fatto carne, fa’ che tutti noi siamo pronti a farci padri e madri, fratelli e sorelle, amici e compagni di chi incontriamo, perché nessuno sia senza vestito, cibo e caldo quando noi ne abbiamo in abbondanza.

Noi ti preghiamo

O Dio ti preghiamo per tutti i poveri che celebreranno il Natale in questa Chiesa nella festa che prepariamo per loro. Fa’ che sappiamo accoglierli con amore e generosità.

Noi ti preghiamo