venerdì 28 dicembre 2012

Domenica della Santa Famiglia - 30 dicembre 2012


 
 La Sacra Famiglia in fuga in Egitto

Dal primo libro di Samuele 1,20-22.24-28

Al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, «perché - diceva - al Signore l'ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre». Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.

 

Salmo 83 - Beato chi abita nella tua casa, Signore.

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.


Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.

 
Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-2.21-24

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Pa­dre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi coman­damenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In que­sto conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, abbiamo da poco ricevuto l’annuncio del Natale, annuncio di una nuova vita che nasce per tutti gli uomini. E’ una buona notizia di cui c’è un grande bisogno, perché va contro le tante cattive notizie di questo tempo buio, come dicevamo nella notte di Natale. Va contro l’idea che la nostra sicurezza e salvezza sta nell’essere ben difesi dalle mura delle nostre case, dalle abitudini e dalla forza, perché si manifesta prima di tutti ai pastori che vegliavano nella notte. Va contro l’idea che i poveri siano un ingombro fastidioso per le nostre città, perché sceglie di nascere proprio in una povera stalla, senza un posto che lo accolga. Il Natale è insomma un annuncio che sconvolge tante idee scontate su come va il mondo e su come va la vita e che ci chiede di scegliere di uscire dall’abitudinarietà di una vita sempre uguale per affrontare la vita all’aperto, in mezzo alla gente e davanti al monto vasto e problematico.

Il Natale infatti è una rivoluzione dei pensieri e dei modi di agire abituali che però non si impone con clamore. Sì, l’annuncio del Natale del Signore Gesù è affidato a ciascuno di noi come un bambino appena nato, piccolo e indifeso, che non sa neanche parlare. Non si impone, eppure ha il potere di cambiare i cuori, perché vi entra dentro, e con la forza del suo volerci bene convince anche noi, nonostante la nostra durezza e indifferenza. La Parola di Dio che ascoltiamo ogni domenica è come quel bambino che cerca di nascere dentro di noi, ci chiede spazio giorno per giorno in noi, ma non con la prepotenza, ma con la debolezza e la semplicità di un bambino piccolo.

Il Natale del Signore non è una occasione in più per mettere al centro se stessi, per auto-festeggiarsi nel vortice dello stordimento consumista, ma l’occasione per avviarsi, come i pastori ad incontrare un bambino. Gesto ingenuo ed inutile, per la logica comune, tempo sprecato, sottratto al culto di se stessi: con tutto quello che c’è da fare a Natale, figurarsi se abbiamo tempo da perdere a vagare nel buio per cercare un bambino.

Ma se proviamo ad ascoltare con disponibilità l’annuncio del Natale ci ritroviamo davanti Dio fattosi bambino, sentiamo che a Natale quel bambino è affidato a ciascuno di noi perché cresca suscitando in noi una vita nuova, nuova speranza, nuovi sentimenti. Con questo neonato fra le braccia ci avviamo verso un nuovo anno che sta per aprirsi. Forse ci si può sentire un po’ impacciati, goffi, non siamo tanto abituati a trattare con qualcuno di così fragile e indifeso. Nella vita ci si abitua ad avere a che fare con gente dura, ad affilare le unghie, a difendersi o aggredire: come possiamo farlo con un neonato fra le braccia? Questo è il Natale: vivere con un neonato fra le braccia, di cui prendersi cura, da accudire e proteggere. E’ il bambino del voler bene di cui il mondo e noi stessi abbiamo così necessità, bisognoso di essere protetto e custodito. E’ quel bambino che sono i deboli e i poveri, affidati alle nostre cure perché non siano travolti dalla vita. Stiamo attenti a non dimenticarcelo, presi dagli affanni della vita quotidiana! 

È facile dimenticare Gesù dopo aver ricevuto l’annuncio della sua nascita. Accadde anche alla famiglia di Nazareth. Dal Vangelo non conosciamo molto della vita di Maria e Giuseppe con Gesù, non ci sono tanti miracoli, né fatti straordinari. E’ una famiglia normale, come noi siamo gente comune, eppure porta dentro di sé il tesoro straordinario che Dio fattosi uomo per stare con noi. E’ lui il loro tesoro, se ne rendono conto bene, e questo li fa vivere felici e con più affetto. Ecco perché la Famiglia di Nazareth è Santa, non perché è migliore delle altre, né perché è unita e felice come quelle delle pubblicità. E’ Santa  perché è incentrata su Gesù. Ogni famiglia è santa se ha al centro Gesù, anzi tutti gli uomini formano una famiglia santa se hanno al centro Gesù. Così il Signore stesso ci ha insegnato quando un giorno, venendo Maria e gli altri parenti a cercarlo dice indicando quelli che gli stanno tutto intorno per ascoltarlo: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre". (Mt 12,47-50)

Eppure, nonostante ciò, quando Maria e Giuseppe vanno a Gerusalemme per il pellegrinaggio annuale ripartono e dimenticano Gesù. I genitori pensavano che Gesù anche se non stava con loro era comunque vicino, magari con qualche altro parente. Detto così ci sembra una cosa assurda. Come può una madre e un padre non accorgersi per un giorno intero di non avere più con sé il proprio figlio, ancora abbastanza piccolo?

Eppure care sorelle e cari fratelli, non capita così anche a noi? Abbiamo accolto solo pochi giorni fa, commossi e pieni di tenerezza, quel bambino in fasce che ci viene affidato a Natale, per poi dimenticarcene solo qualche giorno dopo? Non per rinnegarlo, solo perché pensiamo che tanto è sempre possibile ritrovarlo con facilità, proprio come credono Maria e Giuseppe quel giorno partendo da Gerusalemme. Pensano che qual bambino non può andare lontano, perché è piccolo e ha bisogno di loro. Invece non si rendono conto che sono loro a non doversi staccare da lui, perché sono loro ad aver bisogno della salvezza che viene da lui. Anche noi pensiamo che possiamo lasciar andare Gesù, perché è lui che ci raggiungerà, ma poi ci ritroviamo soli e disperati. L’assenza di Dio rende quella famiglia nata attorno alla sua parola preda della paura e dell’angoscia.

Infatti quando Giuseppe e Maria si accorgono che Gesù non è più con loro sono presi dall’angoscia.

Chi non ha più Gesù con sé perde la gioia, la felicità, non sa più essere sereno, sente nella sua vita il vuoto di umanità che accompagna sempre l’assenza di Dio. Per questo corrono indietro, si affannano, cercano il centro della loro vita che ora non hanno più. Dovrebbe essere la stessa nostra angoscia quando ci accorgiamo di avere perduto Gesù, quando non ascoltiamo la sua Parola da tanto tempo, quando ci accorgiamo che per la nostra distanza da lui il bambino del Natale è dimenticato e deperisce in abbandono.

La ricerca di Giuseppe e Maria ha successo: Gesù si fa trovare da chi lo cerca con impegno, anche se solo poco prima era stato dimenticato in mezzo alla confusione. Alla fine i genitori lo trovano, ma non fra i loro parenti, ma nel Tempio dove stava ad insegnare. Lì c’era gente che lo stava ad ascoltare ed era attenta alla sua parola, lì stava la sua vera famiglia, proprio come insegnerà un giorno, da adulto.

I genitori lo rimproverano, vorrebbero insegnare a Gesù di chi si deve prendere cura, con chi deve stare, è rivendicano il loro diritto a essere considerati loro la famiglia di Gesù. Il Signore però non è prigioniero delle logiche di questo mondo, né si fa rinchiudere nei confini angusti delle abitudini familiari. Per Gesù, e lo dice a parole e con i suoi atteggiamenti, la propria famiglia è ben più larga di quella di sangue. Ne fanno parte innanzitutto i tanti poveri verso i quali ha un amore e una cura privilegiata, e poi tutti quelli che sono disposti ad ascoltarlo e a mettere in pratica le sue parole. Sono infatti queste due categorie le uniche che Gesù nei Vangeli apostrofa come i “miei fratelli”.

Anche noi siamo un po’ come quei dottori nel Tempio, figli adottati da una predicazione che il Signore vuole raggiunga tutti, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nel brano che abbiamo ascoltato, anche quelli che non farebbero parte “naturalmente” della sua cerchia familiare. Figli adottivi, resi familiari di Gesù dalla Parola che lui ci rivolge.

Alle soglie di un nuovo anno la Parola di Dio ci rinnova l’invito a far parte di quella famiglia, resa Santa dalla presenza del Signore, a prenderci cura dei suoi figli più piccoli e indifesi, la pace, i poveri. Nazareth diviene oggi la patria di ogni discepolo, anche la nostra, se non ci facciamo prendere dalla “carovana” confusionaria delle nostre occupazioni ordinarie, ma conserviamo il bambino che ci è stato affidato debole, ancora in fasce, ma capace di trasformare la nostra vita e del mondo intero.


Preghiere

Ti preghiamo o Signore Gesù, renderci capaci di portare sempre con noi l’annuncio della tua nascita che abbiamo ricevuto a Natale. Fa’ che uscendo dal chiuso delle nostre abitudini ti cerchiamo per le vie del mondo,

Noi ti preghiamo


Accordaci o Signore di tenerti con noi come un Padre che ci guida e come un Dio bambino del quale aver cura. Rendici figli del Vangelo e custodi gelosi di ogni tua parola,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio ogni uomo e ogni donna che ti cercano. Aiutali a trovarti non nella forza e nella potenza, ma nella debolezza di un amore vulnerabile e generoso, tenero e fragile come un bambino,

Noi ti preghiamo

Accoglici o Signore Gesù nella famiglia dei tuoi discepoli, rendici figli e fratelli tuoi, attenti al tuo insegnamento e desiderosi di metterlo in pratica,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre misericordioso tutti i tuoi figli ovunque dispersi, in modo particolare coloro che sono poveri e bisognosi di aiuto. Sostienili nelle difficoltà e proteggili da ogni pericolo,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che hanno dimenticato di essere tuoi figli e per questo non sanno più voler bene ai propri fratelli e alle proprie sorelle, ai padri e alle madri, ai figli e figlie. Suscita il tuo Spirito che ci riunisce in una Famiglia vera, resa Santa dalla tua presenza,

Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Padre misericordioso i tuoi figli, specialmente quelli che sono minacciati dalla violenza e dalla persecuzione. Sostienili in ogni parte del mondo e fa’ sentire loro l’affetto della grande famiglia dei discepoli di Cristo,

Noi ti preghiamo

Da’ forza e coraggio o Dio a quanti annunciano la tua Parola, perché la vita di ciascuno sia un Vangelo di pace e di amore e susciti nel cuore di chi incontrano il desiderio di conoscerti,

Noi ti preghiamo

 

 

 

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