Dal libro del profeta Isaia
In
quei giorni, il Signore parlò ad Àcaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo
Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo
chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa
di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche
il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine
concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Salmo 23 - Ecco,
viene il Signore, re della gloria.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
Dal vangelo secondo Luca
1, 26-38
Al
sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di
Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse:
«Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu
molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo
le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco,
concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e
verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di
Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non
avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non
conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la
potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà
sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente,
nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese
per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse:
«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo
si allontanò da lei.
Commento
Cari
fratelli e care sorelle, siamo alle porte del Natale. In queste settimane di
Avvento la Liturgia ci ha invitato con la Scrittura a porci le domande
dell’Avvento, cioè a chiederci: “cosa ci aspettiamo dalla novità del Natale”.
Sì, perché a Natale il Signore viene come una novità e non può essere soffocato
dalla stanca ripetitività. È la nascita di una nuova vita, che avviene oggi,
come 2000 anni fa, per cambiare l’esistenza di chi lo incontra.
Abbiamo
visto nelle domeniche passate Giovanni il battista dal quale le folle andavano,
nel deserto, per porgli quella domanda ripetuta, nel Vangelo di Luca, tre volte
consecutive: “Che cosa dobbiamo fare?”
A quella domanda, dice sempre Luca, Giovanni rispondeva “evangelizzando”, cioè riferendo la buona notizia che qualcuno
sarebbe venuto presto a dare una risposta e ad indicare una via. È questo anche
il senso della domanda che ha aperto l’avvento con la prima domenica, nella
quale è risuonata forte la richiesta di Dio all’uomo appena creato: “Dove
sei?”. Sì, le domande dell’avvento ci chiedono dove siamo, che cosa ci
aspettiamo, in che situazione e con quali attese viviamo il tempo fino alla
venuta del Signore Gesù.
Anche
oggi il profeta Isaia ci parla dell’invito di Dio a porre una domanda: “il Signore parlò ad Àcaz: «Chiedi per te un
segno dal Signore, tuo Dio»” ma ad esso Àcaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. È il rifiuto
spontaneo e naturale a porsi una domanda forte, che vada oltre la ripetitività
ritualistica e abitudinaria con cui spesso le nostre vite procedono.
Acaz
era re d’Israele e in quel momento gli eserciti nemici minacciavano
Gerusalemme. Dice Isaia: “il suo cuore e
il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta
per il vento.” La paura agita i anche i nostri cuori perché viviamo un
clima di timore per il futuro e d’incertezza per la crisi. In questa situazione
Dio invita Acaz a chiedere un segno che indichi la strada per uscire dalla
situazione di paura, ma il timore consiglia di fidarci solo di noi stessi, di
far conto sulle proprie forze, di difenderci. In tempo di crisi non ci si
pongono domande sul futuro. È la reazione che spesso anche a noi viene
spontanea. Cosa aspettarsi da questo tempo difficile? Quali segni, quali
indicazioni cercare? L’orizzonte chiuso sconsiglia di alzare lo sguardo alla
ricerca di segni di speranza: meglio un sano e prudente realismo.
Ma
nonostante questo Dio non si arrende alla reazione infastidita di Acaz. Egli
offre a lui e a tutto il popolo molto, perché da loro si aspetta molto: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta
stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il
Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio,
che chiamerà Emmanuele.”
Come
Acaz anche noi preferiamo non chiedere e non aspettarci molto da Dio e dalla
vita, perché abbiamo paura di sentirci dire che lui da noi si aspetta molto, che
vede nel nostro futuro, col suo sguardo penetrante e buono, la possibilità di
vivere cose grandi: sentimenti forti, una generosità operosa, un amore vero, un
sogno largo in cui c’è posto per molti, specialmente chi oggi è povero e senza
prospettive.
Anche
a noi, nonostante la sfiducia che spesso dimostriamo per lui e per le nostre
possibilità di essere migliori, in questo Natale Dio ci manda un segno che è un
segno di contraddizione, cioè esattamente il contrario di quello che ci
aspetteremmo. Cosa può fare un bambino davanti all’esercito nemico? A cosa
serve la debolezza del vangelo per vincere la durezza della vita, l’ingenuità dell’amore
e la fragilità della generosità per fronteggiare l’arroganza? È quello che
pensiamo anche noi abitualmente davanti
alla semplicità del Vangelo: non è troppo ingenuo? non rischieremmo di mettere
a repentaglio la nostra sicurezza con qualcosa di così poco prudente?
Ma un
angelo viene e parla. Nella storia della nascita di Gesù gli angeli hanno uno
spazio tutto particolare: un angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù, un
angelo consiglia a Giuseppe di non ripudiare Maria, gli angeli si affollano a
Betlemme e richiamano l’attenzione dei pastori, un angelo avverte i Magi di
tornare per un’altra strada dopo aver incontrato il Signore, un angelo infine
appare in sogno a Giuseppe per invitarlo a portare via Gesù dalla Palestina
perché Erode vuole ucciderlo. Gli angeli, cari fratelli e care sorelle, non
sono degli esseri fantasiosi per i bambini, ma sono il modo con cui Dio parla
agli uomini. Anche nella nostra vita ci sono angeli che si fanno presenti e ci
parlano, insistentemente e con tenacia, suggerendoci le parole di Dio sulla
nostra vita e mostrandoci i suoi segni. Questo Natale che viene è un angelo che
ci parla.
Oggi
l’angelo ci dice, assieme a Maria: “non
temere”, lo stesso invito che sempre gli angeli rivolgono ai pastori
stupiti nel coro notturno che li invitava ad andare verso Betlemme: “Non abbiate timore!”
Sì,
il coraggio di cercare un segno che ci indichi la strada del nostro futuro e di
non fuggire, il coraggio per rispondere a Dio che si aspetta molto da noi e non
si accontenta di poco, non ci viene se
ci induriamo e ci facciamo forti. L’agitazione del timore non lo vinciamo
mettendoci al riparo dietro le corazze resistenti. La paura ci nasce da dentro,
non la vinciamo difendendoci dall’esterno.
Il
coraggio viene dall’ascolto dell’angelo che ci dice: “Non temere!” Non aver paura dei consigli che la Parola di Dio ti
rivolge. Sì, come a Maria, ci sembrano a volte impossibili o eccessivi. Vanno contro i nostri progetti,
scombussolano il nostro senso comune e la prudenza che ci viene dalla nostra esperienza.
Chiedono di squilibrarci pericolosamente verso gli altri. Sì, è vero, il
vangelo che ci è proposto sembra irragionevole, come quella proposta assurda
rivolta a Maria di divenire madre di Dio. E non c’è nessuna garanzia preventiva
che tutto andrà bene. Ma se lo viviamo scopriamo che è la strada migliore per
noi stessi.
Poniamoci
allora le domande dell’Avvento: cosa mi aspetto dalla vita? Cosa si aspetta Dio
dalla mia vita? Posso accontentarmi del poco che sono disposto a dare? Vale la
pena vivere per ciò che non vale? Posso seguire sempre i soliti consigli di
prudenza e risparmio di sé che sembrano rassicurarmi ma solo fanno vivere poco?
O invece posso aspettarmi molto dalla vita, come fa Dio? Oggi l’angelo ci
propone di accogliere Dio che sta per nascere anche nella nostra vita. È il
segno del natale che Acaz rifiuta di chiedere, spaventato.
Facciamo
allora spazio al bambino che lo Spirito santo suscita in noi. E’ il bambino
della tenerezza per chi sta male, è il bambino che ha fiducia nel Padre buono
che ci guida, è il bambino che è felice di stare con gli altri e non è
diffidente e scontroso, ma pronto ad aiutare.
Sì, il
Signore vuole nascere e stare con noi, lui che è l’Emmanuele, “Dio con noi” e in questo ultimo scorcio
di Avvento che resta ci invita ad attendere il Natale tornando bambini, cioè a
rinascere dall’alto, come Gesù invita Nicodemo a fare, a non far vincere un
senso di scontatezza da adulto che la sa lunga e per questo è pessimista e
disilluso e che crede impossibile ogni cambiamento e bolla le grandi visioni di
bene sul mondo come delle pericolose utopie da sfatare.
Se
faremo così incontreremo come quella folla, Giovanni nel deserto che ci parla
di Dio, gli angeli che ce lo indicano e ci mettono in guardia dal restare sordi
e freddi ai suoi consigli. È questa l’unica forza che ci mette al riparo da
ogni paura e ci comunica il coraggio della fiducia per cercare per noi e per
gli altri un futuro pieno di bene.
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