venerdì 29 dicembre 2023

Festa della santa Famiglia - Anno B - 31 dicembre 2023

 


 

Dal libro della Genesi 15, 1-6; 21, 1-3

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

 

Salmo 104 - Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Dalla lettera agli Ebrei 11, 8.11-12.17-19

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi la Chiesa, a poche ore dall’annuncio della nascita di Gesù, ci propone di soffermarsi sulla famiglia in cui è nato Gesù. Noi abbiamo l’idea che la famiglia è qualcosa di naturale, cioè regolato da cromosomi già presenti nel nostro codice genetico. Quello che possiamo e dobbiamo fare sarebbe quindi assecondare questo istinto naturale per ottenere la realizzazione del bene nostro e dei nostri cari. Eppure il Vangelo ci insegna che l’amore, sì, anche quello famigliare, è qualcosa che non troviamo dentro di noi, come una dote innata, ma che riceviamo da Dio e da lui impariamo a coniugarlo nelle tante realtà della vita, anche nella famiglia. È allora quanto mai opportuno soffermarci su questa realtà della vita di ciascuno, perché ciascuno di noi è nato in una famiglia, molti di noi vivono in un contesto familiare o comunque lo hanno come riferimento principale, quelli ai quali si vuole bene. Non è un caso che la Chiesa infatti ha scelto di usare il linguaggio della famiglia per indicare la relazione di affetto che lega i componenti della comunità dei discepoli riuniti dal Signore. Ci chiamiamo infatti fratelli e sorelle, chi ha un ruolo protettivo e di guida si chiama padre o madre.

Come è allora la famiglia per il Signore Dio?

Abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro della Genesi Abramo esporre il dramma del suo futuro: non ha un discendente. Eppure Abramo non si può lamentare: è benestante, possiede molte greggi e ha una larga cerchia di servi che gli garantiscono un futuro sicuro per tutta la vita. Potrebbe dirsi, come il ricco possidente del vangelo di Luca: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.” (12,19) Abramo si dispiace che il cammino della sua vita non sia accompagnato da una famiglia che ne continui l’eredità.

Abramo rivela una preoccupazione che spesso è assente nella nostra mentalità contemporanea che vive tutta schiacciata sul presente. Per noi quello che conta è l’ “adesso” dei miei stati d’animo, delle mie soddisfazioni e del benessere di oggi. Se benessere e sicurezza mi sono garantiti oggi e domani, il dopo non mi interessa, e quando questi vengono minacciati, ad esempio dal clima di crisi e di guerra che ci circonda, ci si isola per difenderli.

Ne è un esempio evidentissimo la scarsa preoccupazione per lo “stato di salute” del creato che rischiamo di consegnare alle generazioni future in una situazione critica per lo sfruttamento che oggi gli viene imposto per garantire alla nostra generazione presente una condizione di benessere. Ma anche lo si vede nello scarso senso del bene comune, cioè di quel benessere che oltrepassa il mio circoscritto interesse presente, per abbracciare invece il bene dell’intera società, e anche delle generazioni future.

Abramo invece no, si preoccupa di chi verrà dopo di lui. Egli lo fa perché guarda la propria esistenza inserita in un disegno più grande, quello della realizzazione della pienezza di vita come Dio la intende. La sua cioè è una prospettiva di fede. Lo mette bene in chiaro la lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato poco fa: “per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, … Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco.” Insiste l’autore della lettera: “per fede.” La logica di Abramo nell’accogliere la volontà di Dio infatti non persegue la propria convenienza immediata ma tiene conto che la propria esistenza si inserisce in un disegno che è iniziato prima di noi e ci supera oltre la nostra esistenza, ma nel quale il nostro contributo è significativo. Abramo non è fatalista né autoreferenziale, cioè non pensa né “sarà quel che sarà” né “sto attento a quello che mi conviene e mi tengo stretto quello che ho” ma accetta di essere parte di un processo lungo e in continuo progresso, quello della storia di amore di Dio con l’uomo. Esso conosce un inizio, uno sviluppo e tende verso la conclusione della piena unione fra Dio e l’uomo. Abramo sa di essere e si concepisce come una parte di questa storia e sente la responsabilità di farla avanzare verso la direzione giusta.

A questo problema esposto da Abramo Dio non risponde solo garantendogli la nascita di un figlio e quindi la continuità, ma con un futuro che supera di molto il confine angusto della sua famiglia in senso stretto. Dio gli dice infatti: “«Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».” Dio cioè lo inserisce in un orizzonte ampio, direi sconfinato e lo rende capostipite e responsabile di un popolo immenso. Potremo dire che ad Abramo che si lamenta di non avere un figlio Dio indica un intero popolo da fondare, far crescere, indirizzare, curare. Questa è la prospettiva della famiglia per chi, come Abramo, la guarda alla luce della fede in Dio.

Abbiamo anche noi la stessa preoccupazione? Viviamo alla luce della fede che trova nel volere di Dio la realizzazione del proprio bene? O piuttosto pensiamo che il mio bene sia l’autorealizzazione, come si dice comunemente oggi, anche a discapito degli altri e delle generazioni future?

Anche Simeone e Anna, descritti dal Vangelo di Luca oggi, hanno lo stesso atteggiamento. Sono vecchi, hanno poco da vivere, eppure attendono un futuro nuovo: la salvezza del popolo. Non la propria, dei propri cari, ma quella del popolo tutto. Vedendo Gesù intuiscono in lui l’aprirsi di un varco attraverso il quale passa la vicinanza di Dio, la comunione con lui, quello cioè che costituisce il traguardo dell’umanità, il suo bene più grande.

Per questo sentono appagata la loro attesa e riempita di senso la loro intera esistenza. Quel bambino che stringono fra le braccia è il senso della loro vita passata in attesa, ma anche la prospettiva per il futuro di tutta l’umanità. “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace” dice Simeone.

Fratelli e sorelle, oggi la Chiesa ci propone all’attenzione la Famiglia di Gesù. Da essa a Natale abbiamo ricevuto in dono la presenza del Signore che nasce per crescere con noi.

Come Abramo guardiamo a questo Natale, alla nostra vita e al nostro presente con gli occhi della fede che ci fa scoprire la prospettiva ampia, lunga e responsabile, come Dio vuole che essa sia, non solo per me stesso, ma per l’umanità intera.


Preghiere 

 

Ascolta o Signore la nostra preghiera davanti alla mangiatoia di Betlemme: che in ogni uomo e donna ci sia posto per il desiderio di un futuro nuovo e la disponibilità a costruirlo,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Padre del cielo i tanti bambini che nel mondo faticano a vivere, oppressi dalla violenza, dalla guerra, dalla fame e dallo sfruttamento degli adulti. Falli crescere liberi dal male e felici,

Noi ti preghiamo

 

O Signore Dio, che ti sei fatto uomo nell’umiltà di un bambino, donaci di cogliere in esso un segno di fiducia e di speranza perché diveniamo tutti fratelli e sorelle dell’unica famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

  

O Padre del cielo sostieni e proteggi i tanti anziani rifiutati e messi da parte, dona a chi è avanti negli anni la visione di Simeone e Anna e fa che non smettano di sperare e sognare il bene per tutti,

Noi ti preghiamo

 

Dio del cielo, guida i nostri passi come i pastori verso la stalla di Betlemme. Fa’ che alziamo lo sguardo ripiegato stancamente sul presente per sognare con te un futuro largo e luminoso come il cielo stellato di Abramo,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù nato dai due umili giovani Giuseppe e Maria, aiuta e sostieni tutte le famiglie perché sappiano amare e proteggere le vite deboli che nascono e invecchiano nel suo seno,

Noi ti preghiamo


Per il papa Francesco, custode fedele del Vangelo e proclamatore instancabile della gioia di viverlo,

Noi ti preghiamo

  

Per le comunità dei credenti che amano e servono la vita dei più deboli, perché siano casa e famiglia per i tanti senza famiglia del mondo,

Noi ti preghiamo

lunedì 25 dicembre 2023

Natale del Signore - 25 dicembre 2023

 


 

Dal libro del profeta Isaia 9,1-6

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

 

Salmo 95 - Oggi è nato per noi il Salvatore.

 

Cantate al Signore un canto nuovo, +
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. +
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, ci siamo riuniti in chiesa oggi per ascoltare l’annuncio di una notizia straordinaria: Dio ha infranto ogni barriera, la più grande divisione che esistesse, quella che divideva il mondo di Dio da quello degli uomini. Sì, Dio si è fatto uomo.

È una realtà che noi conosciamo bene, non è per noi una novità. Fin da bambini abbiamo ascoltato il racconto del Vangelo che ancora una volta è stato proclamato questo Natale. Eppure siamo venuti fin qui per ricevere di nuovo questo annuncio, perché è dall’ascolto che nasce la fede. Infatti la nostra fede non è un fatto statico, acquisito una volta per tutte, che resta per sempre, ma è una realtà dinamica che cresce e si modifica con l’andare avanti della nostra storia personale e della storia del mondo, con il modificarsi delle vicende e delle situazioni personali e storiche, e deve sempre incontrare il momento della sua nascita.

Ben cosa triste sarebbe infatti se un evento così straordinario, la nascita di Dio nell’umanità, fosse avvenuta una sola volta, solo per quelli che hanno avuto il privilegio di essere presenti. Invece, per amore di Dio, questa realtà si realizza non una sola volta, ma ogni volta che la nostra vita si apre alla sua presenza, la accoglie, la rende parte del proprio vivere.

Anche per questa sua ripetitività annuale il Natale è una ricorrenza che ricorda le nostre feste di compleanno. Ogni anno lo stesso giorno ricordiamo Gesù, come anche ricordiamo il giorno dell’anno in cui siamo nati, e lo facciamo con lo scambio dei doni, riunendo amici e parenti. Ma c’è una differenza significativa. Mentre nei nostri compleanni ricordiamo la persona festeggiata così come è oggi, giovane, adulto o anziano che sia, nella ricorrenza della nascita di Gesù lo ricordiamo sempre bambino, come era il primo giorno della sua vita fra di noi. Sì, perché abbiamo bisogno di ricordare come Gesù è venuto nella nostra vita, in che modo è entrato nella storia del mondo: come un bambino indifeso, disarmato, inoffensivo e capace di suscitare tenerezza.

Il primo manifestarsi agli uomini di Gesù infatti non è stato nel vigore della gioventù, né nella forza di una posizione consolidata e stabile di adulto. Gesù ci si presenta come un bambino, e nonostante sia poi cresciuto e abbia agito nel mondo come un adulto e abbia mostrato sia la forza giovanile che la solidità della persona matura, egli rimane sempre colui che si è presentato alla nostra esistenza come un bambino appena nato, disarmato e fragile, vulnerabile e scoperto, indifeso. In questa stessa condizione è nato ciascuno di noi, ed abbiamo avuto bisogno del calore di qualcuno che si prendesse cura di noi, della protezione di qualcuno che ci difendesse e seguisse con attenzione e partecipazione le fasi della nostra crescita.

Gesù ci si presenta bambino, a Natale, proprio per chiederci di avere con lui le attenzioni e cure delle quali abbiamo avuto bisogno noi da piccoli.

Ed allora oggi davanti al presepio quel bambino ci chiede se siamo disposti a seguire con partecipazione il suo crescere nella nostra esistenza, o ci dimenticheremo di lui, come di una presenza inutile e forse anche molesta?

Siamo pronti a farci modificare la vita dalla sua presenza, come avviene per ogni famiglia nella quale nasce un bambino, con la necessità di imparare ad avere ritmi e orari diversi da quelli di prima, a lasciarci scombussolare l’ordinarietà abituale per lasciar spazio alle esigenze di un altro, oppure resteremo presi solo dalle nostre occupazioni e interessi di sempre?

Non abbiamo timore a rispondere a questa domanda: la presenza di Gesù non è un impaccio, ma anzi è un aiuto, perché ci aiuta a maturare e migliorare, come avviene in ogni famiglia nella quale la venuta dei figli fa crescere il senso di responsabilità, la capacità di prendersi cura di altri, fa divenire più adulti.

Soprattutto Gesù, come tutti i bambini, ci permette di non perdere la capacità di intenerirci, di stupirci e di voler bene in modo ingenuo, senza diventare vecchi cinici e freddi di cuore.

Cari fratelli e care sorelle il Natale è una cosa da bambini, nel senso che, come ci ha detto Gesù, “ se non diverremo come bambini non entreremo nel Regno dei cieli” (Mt 18,3). Gesù appena nato ha dovuto subito incontrare le difficoltà della vita: l’inaccoglienza, la durezza della precarietà, le minacce di morte da parte di Erode, la necessità di fuggire come profugo in Egitto. Anche Gesù che nasce nella nostra vita affronta le stesse difficoltà: il rifiuto, il rischio di essere dimenticato e messo da parte, la freddezza di cuore. Sapremo custodire il bambino che oggi chiede di nascere in noi aprendo la porta del nostro cuore e lasciandoci scombussolare almeno un po’ dalla sua presenza? È la domanda del Natale che ci portiamo dentro e che, se rispondiamo affermativamente, ci permetterà di non invecchiare nell’amarezza del lamento e della delusione, ma di crescere con lui nella gioia che dà la pace al proprio cuore e a chi ci è accanto.

E infine, care sorelle e cari fratelli, il Natale è il miglior antidoto alla guerra. Perché tenendo un bambino in braccio non si può combattere. Chi tiene un bambino in braccio non impugna un fucile o una pistola, non lancia bombe o droni. Tenere un bambino in braccio, come ci è chiesto di fare a Natale, vuol dire restare capaci di intenerirci per la debolezza dell’altro, non infierire, provare tenerezza, sentirsi responsabili, e tutto ciò è il contrario dello spirito bellicoso.

 Preghiere

 

O Signore che nasci in una stalla perché nella confusione della città nessuno ti lasciava spazio, aiutaci a sgombrare il nostro cuore dagli affanni e dall’egoismo, perché ci sia spazio per te.

Noi ti preghiamo

 

 

O Cristo, a noi che confidiamo in noi stessi per garantirci sicurezza, insegnaci a non disprezzare la salvezza che tu ci porti. Fa’ che impariamo da te l’amore che ci salva dal male e dal peccato.

Noi ti preghiamo


 

O Padre che hai mandato il figlio unigenito perché il mondo conoscesse il tuo amore, aiutaci a trovarti quando ti fai vicino a noi e a seguire la strada che il Vangelo ci indica per restare sempre in tua compagnia.

Noi ti preghiamo

 

 

O Cristo che non ti sei vergognato di nascere nella miseria di una stalla, fa’ che tutti noi sappiamo essere umili come te nel servizio ai fratelli e premurosi come Maria e Giuseppe con chi è piccolo e indifeso.

Noi ti preghiamo

 

 

O Signore che sei stato accolto solo dai pastori, e non hai trovato attenzione nella città dei benestanti, fa’ che sappiamo chinarci su chi è misero e riconoscere in lui la tua presenza che si fa vicina alla nostra vita.

Noi ti preghiamo

 

 

Cristo Gesù, aiutaci ad ascoltare l’angelo che annuncia la venuta della nostra salvezza e ad incamminarci verso di te, aprendo il nostro cuore alle tue parole e rendendo grazie per l’amore che ci insegni.

Noi ti preghiamo

 


O Signore che hai radunato l’umanità non attorno allo splendore del benessere e del potere ma accanto al buio umile di una stalla, fa’ che noi tuoi discepoli restiamo fedeli al Vangelo e, con la forza al tuo amore, trasformiamo il mondo intero.

Noi ti preghiamo

 

 

O Gesù che hai conosciuto la durezza della vita senza casa, proteggi tutti coloro che vivono per la strada: i poveri, gli zingari, chi è solo e disprezzato. Fa’ che noi sappiamo essere per loro casa, famiglia e protezione.

Noi ti preghiamo

 

venerdì 22 dicembre 2023

IV domenica del tempo di avvento - Anno B - 24 dicembre 2023

 


 

Dal secondo libro di Samuèle 7, 1-7.8b-12.14a.16

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall'Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d'Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?". Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

 

Salmo 88 - Canterò per sempre l'amore del Signore.

Canterò in eterno l’amore del Signore, +
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 16, 25-27.

Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo alle soglie del Natale. Questa ultima domenica che precede di poche ore la nascita del Signore Gesù, segna l’ultima tappa e indica che siamo quasi giunti al momento tanto atteso.

Il vangelo ascoltato ci parla dell’annuncio che Maria ricevette di una nuova vita che avrebbe arricchito la sua vita e quella del mondo. Una vita che Maria non si aspettava, anzi che riteneva impossibile, ed infatti la sua prima reazione è di sgomento e stupore: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Forse proprio per questo l'angelo mette in relazione la maternità di Maria con quella di Elisabetta, sua parente.

In quel caso i genitori avevano ormai perso la speranza che un futuro nuovo si aprisse nella loro vita e vivevano ripiegati su se stessi, pensando che ormai non avrebbero più potuto gioire della nascita di un figlio. Sono anziani, non è possibile! Per motivi diversi condividono lo stesso sgomento di Maria all’annuncio di una angelo che parla di una vita nuova che sta per nascere proprio da loro.

Questa condizione di timore, stupore e sgomento caratterizza anche il nostro tempo. Viviamo in un tempo in cui la guerra esercita con forza il proprio dominio in tanti Paesi del mondo, segnando duramente le sorti di interi popoli e chiudendo il loro futuro alla speranza che possa nascere una vita nuova. Ma sono chiuse anche le prospettive dei popoli che assistono impotenti e rinunciatari al dramma dei conflitti, vicini o lontani, accettando come normale, scontato, naturale che si combatta e si muoia per mano di altri uomini e di armi sempre più spaventose.

Chi coltiva ancora il sogno che da un oggi di guerra possa nascere un domani di pace?

Chi lavora e si impegna per aprire cammini di incontro e dialogo per porre il prima possibile fine ai conflitti?

Sembra che l’unico modo per uscire fuori dalle tante crisi politiche e sociali sia che una parte vinca sull’altra imponendo la propria forza con l’uso delle armi, e intanto molti muoiono, sono feriti, case, ospedali, scuole vengono distrutti, segnando un futuro pieno di dolore e di morte.

Ma dalla liturgia di oggi giunge un invito alla speranza: sì, una vita nuova può nascere anche dal seno di uomini e donne che sono rassegnati alla loro sterilità, anche dal seno di una donna che come Maria non pensa sia possibile, e quella nuova vita che nasce oggi si chiama pace. La parola pace infatti vuol dire vita, vuol dire futuro, nascita di una nuova speranza. Ed è solo l’angelo di Dio, cioè la sua Parola, che in tempo di scetticismo e rassegnazione riesce a pronunciare una profezia di vita nuova e di pace.

Non è una nascita facile: Gesù che nasce incontrerà le difficoltà dell’inaccoglienza, l’ostilità dei potenti, come Erode, che vorrebbero toglierlo di mezzo, la necessità di fuggire profugo in Egitto. Eppure la fiducia di Maria nella parola dell’angelo rende possibile alla profezia di realizzarsi.

Il Natale che si avvicina rivolge anche a noi questa profezia: l’angelo Gabriele ci dice, assieme a Maria, che “sta per nascere il re della pace!” Siamo chiamati a decidere cosa fare di questa profezia che la liturgia oggi ci ripropone con forza.

Saremo capaci di vincere innanzitutto in noi e poi anche in chi ci sta accanto il senso dell’impossibilità di un futuro diverso, la rassegnazione spaventata e timida al prevalere della forza della guerra? Ci rivestiremo della profezia del Natale per divenire anche noi parte attiva di un tempo nuovo di pace che il Signore vuole inaugurare venendo e restando in mezzo a noi?

La risposta non è scontata e dobbiamo pregare che anche noi, come fece Maria, sappiamo vincere il primo turbamento e paura ed accogliamo la grazia di fare nostra la profezia di pace del Natale.

Oggi, in attesa della imminente nascita del Signore Gesù vogliamo pregare per la pace in ciascuno dei paesi dove oggi infuria la guerra. La nostra invocazione è come l’eco del grido dei tanti che nei luoghi di morte e dolore innalzano a Dio la domanda di salvezza dalla violenza. Facciamoci sempre eco del grido di dolore dei poveri e operatori di pace e consolazione, costruttori di un mondo nuovo che oggi il Vangelo ci dice che è possibile edificare se, come Maria, siamo docili alla profezia di un tempo nuovo che Gesù viene ad inaugurare per noi e per il mondo intero.

 

Preghiere 

 

O Padre del cielo, fa’ che come Maria accogliamo anche noi con gioia la buona notizia che la nostra vita può fare spazio a te che vieni.

Noi ti preghiamo

  

O signore aiutaci ad accogliere la profezia di pace che l’angelo rivolge agli uomini a Natale. Fa’ che sappiamo credere ed operare perché la pace si realizzi in ogni luogo e che la guerra non sia mai accettata come normale e giusta.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che vieni a portarci la novità del Vangelo, fa’ che non induriamo il nostro cuore, ma ti accogliamo con gioia e disponibilità

Noi ti preghiamo

  

O Signore che a Maria turbata hai indicato l’esempio di Elisabetta, fa’ che anche noi nei momenti di incertezza ci facciamo forti dell’esempio di chi, seguendo il Vangelo, ha fatto spazio alla tua volontà.

Noi ti preghiamo

 

O Signore che torni in questo mondo distratto e affannato per sé, fa’ che i nostri cuori ti accolgano e ascoltino la tua parola come una domanda seria e impegnativa per la nostra vita.

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Padre santo, tutti coloro che sono nel dolore: i malati, i sofferenti, i poveri, chi è solo e nell’angoscia. Fa’ che la nascita del Signore porti salvezza e conforto a tutti.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo Gesù vieni presto in questo mondo percorso da correnti di odio e di violenza. Ti preghiamo per le vittime delle guerre e del terrorismo. Consola chi è colpito nel corpo e nello spirito,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per tutti i cristiani che vivono nel mondo, perché i loro sforzi di testimoniare il Vangelo producano buoni frutti di pace e conversione nei cuori di chi li incontra.

Noi ti preghiamo.

sabato 16 dicembre 2023

III domenica del tempo di Avvento - Anno B - 17 dicembre 2023

 


Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

 

Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento ci propone un invito alla gioia. Sono risuonate le parole del profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” a cui risponde l’apostolo Paolo che scrive ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!” Oggi queste stesse parole sono annunciate ovunque nel mondo, e ci suggeriscono di cominciare a gustare la letizia del Natale, ma anche ci pongono la domanda su che tipo di gioia sia quella del Vangelo.

Mentre ci invita alla gioia, la liturgia odierna ci propone come modello dell’uomo e della donna dell’Avvento proprio Giovanni Battista, esempio di austera sobrietà e semplicità di vita, considerato da Gesù un modello ineguagliabile, tanto che di lui dice: “tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni” (Lc 7,28). In cosa sta la sua grandezza e la gioia di cui oggi la liturgia ne fa il modello?

Giovanni possiamo dire che incontra Gesù solo fugacemente, quando si presenta sul Giordano per essere battezzato, e poi dopo, ma non lo segue come i dodici e come le folle, non vive con lui. Non ascolta di persona i suoi discorsi, non vede i suoi miracoli. Eppure il vangelo definisce Giovanni il battista un “testimone”: “Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.” Possiamo dire che il Battista condivide in questo la nostra stessa condizione. Anche noi non abbiamo incontrato Gesù di persona, non lo abbiamo visto e ascoltato con i nostri sensi. Ma anche noi siamo chiamati, come Giovanni, a farci suoi testimoni. Come è possibile?

Abbiamo ascoltato dal Vangelo che alcuni lo interrogavano insistentemente: vogliono capire bene chi lui sia, ed egli per presentarsi usa le parole della Scrittura che abbiamo ascoltato domenica scorsa dal libro del profeta Isaia: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia.” Giovanni, cioè l’uomo e la donna dell’Avvento che sono in attesa del Signore, sono persone che “attualizzano” la Parola di Dio, cioè la prendono sul serio e si assumono la responsabilità di cercare le vie per realizzarla, e per questo ne divengono “i testimoni”, come dice il vangelo.

Il brano della lettera di Paolo ai Tessalonicesi ce ne offre un esempio concreto. Egli invita ad assumere un atteggiamento nuovo, diverso da quello di tutti. Per dirla con le parole della liturgia di domenica scorsa, li invita ad aprire una via nuova per la loro vita: “siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie … Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.”

Essere sempre lieti, com’è possibile? Sembra un’affermazione fuori luogo in questo tempo di guerre e drammi diffusi. Che significa?

Paolo ne spiega il perché: Possiamo gioire sempre, cioè anche nelle situazioni difficili, perché abbiamo un Padre al quale rivolgere la nostra preghiera, e che sappiamo esserci vicino e non abbandonarci mai. La felicità di cui ci parla il Vangelo allora non è uno stato di beatitudine fuori dalla realtà, di assenza di problemi. Dicevamo sempre domenica scorsa che l’invito del Signore è a costruire la strada nuova della propria vita dentro il deserto, cioè fra le asprezze di un mondo non facile. Possiamo farlo perché Dio ci è vicino ed è attento alla nostra preghiera, e proprio quando ci rivolgiamo a Dio ci accorgiamo, continua Paolo, di quanto lui ha fatto e continua a fare per noi. Ci preserva dall’aridità interiore donandoci sentimenti di amore e atteggiamenti di solidarietà concreta, ci protegge dal cadere nella tentazione di sprecare la nostra vita per ciò che non vale niente, ci suggerisce le azioni con le quali edificare un tempo nuovo migliore, ci dona la forza di imporre le ragioni del bene dove sembra sempre vincere la normalità del male. Potremmo continuare a lungo ad elencare i modi innumerevoli con i quali il Padre ci sostiene e accompagna. Se preghiamo, cioè se teniamo aperto il canale di dialogo con lui, ci accorgiamo dei tanti motivi che abbiamo per “rendere grazie in ogni cosa”, come afferma Paolo.

Al contrario, se pensiamo che dobbiamo cavarcela con le nostre forze, utilizzando i mezzi che il modo di vivere normale ci suggerisce (la via vecchia di cui parlavamo domenica scorsa) resteremo in balia delle forze avverse che travolgono la vita minando la fiducia nell’aiuto del Signore, rendendoci per questo tristi e pronti a lamentarci.

È facile infatti, ci mette in guardia sempre l’apostolo Paolo, cedere alla tentazione di “spegnere lo Spirito, e disprezzare le profezie” rivestendoci di quel realismo pessimista che ha la pretesa di vedere le cose così come stanno, ma in realtà è la rinuncia a vedere operare nel mondo la forza di amore di Dio che trasforma anche le situazioni più dure ed aspre. 

Chiediamoci, fratelli e sorelle, se sia più realista vedere operare nel mondo la sola forza del male e per questo arrenderci alla sua vittoria, oppure scorgere più in profondità nella storia la corrente dello Spirito che agisce alla radice degli avvenimenti e attraverso il dono della forza del bene rende gli uomini capaci di trasformarla?

Giovanni battista, uomo dell’avvento, con il suo impegno nel vivere il cantiere di costruzione di una via nuova incarna la felicità del Vangelo che viene dal prendere sul serio la parola del Signore, dal vivificare la profezia di un tempo nuovo che viene e dall’accogliere lo Spirito di Dio. Seguiamo anche noi il suo esempio e diveniamo “attualizzatori” della profezia che la Parola proclama su di noi, vivendo la gratitudine per la vicinanza del Signore alla nostra vita e a quella del mondo intero.


Preghiere

 O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei il re della pace,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù, aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo perché viviamo il tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano riconoscere la forza del tuo amore che cambia la realtà e salva da ogni male,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole incontrarti,

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Dio gli sforzi dei discepoli che realizzano il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla guerra, dalla fame e dalla miseria nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,

Noi ti preghiamo

 

sabato 9 dicembre 2023

II domenia di Avvento - Anno B - 10 dicembre 2023

 


 

Dal libro del profeta Isaia 40, 1-5.9-11

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri». 

 

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci salvezza.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

 

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo 3, 8-14

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 1, 1-8

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, questa seconda domenica del tempo di Avvento segna un ulteriore avvicinamento alla nascita del Signore, è una tappa segnata dalla persona di Giovanni battista. Egli è l’uomo dell’Avvento, colui che nella storia ha saputo per primo e meglio incarnare lo spirito di questo tempo che ci troviamo a vivere.

Lo fa richiamando a se stesso, e a quanti lo venivano ad incontrare, l’invito dei profeti antichi Malachia e Isaia che abbiamo ascoltato: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.”

Cosa significa questo invito?

Essenzialmente Dio manifesta la volontà di incontrare gli uomini, di stare con loro, ma si chiede: “qual è la via per raggiungere ciascuno di loro?” La via, lo sappiamo, significa la vita, è il tracciato attraverso il quale percorriamo il cammino che ci separa alla meta. Di vie, cioè di modi di vivere, ce ne sono tante, potremmo dire che nella lunghezza dei secoli gli uomini ne hanno tracciate tante diverse. Grandi strade battute e agevoli, sentieri tortuosi e impervi, infinite sono le vie che l’uomo ha costruito e che solcano la storia. Ma Dio per venire nella nostra vita chiede che apriamo una via nuova. Non basta ripetere la vita di sempre, riproporre cioè ciò che la tradizione e la ripetizione suggeriscono come sicuro e perciò rassicurante. Se ci guardiamo intorno ci rendiamo conto che le vie di sempre hanno portato ad un mondo che non possiamo accettare. Troppo spesso le vie già aperte sono state utilizzate per spostare correnti di inimicizia, di odi e divisioni. Oppure sono strade riparate, nascoste, dalle quali il mondo scompare perché è lontano e confuso: sono le vie dell’indifferenza e della deresponsabilizzazione. Sono strade sulle quali solo pochi vanno avanti, e lasciano indietro, sul ciglio, chi è più debole, fragile, isolato.

Dio non accetta di percorrere queste strade per giungere a noi!

C’è bisogno di intraprendere un lavoro di costruzione di una via, cioè un modo di vivere, nuovo. Esso non può che essere frutto dello sforzo di ciascuno, perché l’incontro con Dio è personale e parte dal nostro cuore, dalla nostra storia e attraversa il nostro essere. Le vie “preconfezionate” non funzionano. Abbiamo tempo per farlo: il tempo dell’Avvento ci è donato proprio per compiere questa opera di nuova edificazione.

Ma quali sono le caratteristiche di una via o modo di vita che possa renderci capaci di accogliere il Signore che viene?

Innanzitutto, come abbiamo ascoltato nella prima lettura dal profeta Isaia, è una via spianata delle asperità che caratterizzano tanta parte della vita nel mondo: “Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata.” La via da tracciare non evita i deserti del mondo, i luoghi impervi e scoscesi, ma li attraversa umanizzandoli, rendendoli cioè non ostacoli ma opportunità, non impedimenti ma occasioni da cogliere di costruire il bene.

Poi bisogna rimuovere tutto ciò che blocca il passaggio e impedisce a Dio di avvicinarci: le diffidenze, le paure, le scontrosità, il formalismo che non permette di andare oltre la superficie esterna della nostra vita. Se la nostra è una via percorribile e permette a Dio di percorrerla fino a noi lo possiamo vedere dal fatto che essa fa avvicinare i fratelli e le sorelle, se cioè siamo attrattivi e capaci di far giungere l’altro fino al nostro cuore, senza escludere nessuno.

Infine il modo di vivere che permette a Dio di raggiungerci è sì personale, come dicevo prima, ma è anche una via che incrocia quella del popolo degli altri cercatori, non è isolata ed eremitica. Dice infatti Isaia: “Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno.”

Sì il Signore cerca la via da percorrere per giungere alla vita di ciascuno, via personale e unica, ma vuole allo stesso tempo che una volta giunto a noi la sua presenza sia manifesta e attragga tanti.

Care sorelle e cari fratelli, in questo tempo che ci separa dal Natale viviamo con attenzione ed entusiasmo l’opera di apertura di una nuova via, via di fraternità e di condivisione, via di apertura e generosità, via di mitezza e di bontà. Il Signore ci cerca, troverà lo spazio aperto, la strada giusta per restare con noi?

È la domanda dell’Avvento, tempo opportuno per la costruzione di vie e di vite nuove.

 

Preghiere 

 

Dio del cielo fa’ che in questo tempo ti attendiamo, disponibili e vigilanti, dove e come non ci aspettiamo, senza difenderci dalla novità del Vangelo.

Noi ti preghiamo

  

O Padre benedetto, donaci la disponibilità del cuore e l’apertura della mente per ricevere la novità del Natale con gioia. Fa che la nascita del tuo Figlio trovi la via aperta per la sua venuta nelle nostre vite.

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Dio che come Giovanni rispondiamo alla vocazione ad aprire strade e cambiare il volto della terra. Perché non rinunciamo a farci tuoi discepoli per essere pieni solo di noi stessi,

Noi ti preghiamo

  

O Signore onnipotente, aiutaci a rimuovere le montagne di indifferenza e le valli di distanza che ci impediscono di incontrare te, i fratelli e le sorelle e chiudono la strada del nostro cuore,

Noi ti preghiamo

 

Consola o Dio chi oggi è nel dolore. Ti preghiamo per i poveri, i dimenticati, gli offesi dalla vita e gli oppressi dall’ingiustizia, per le vittime delle guerre. Dona salvezza a chi oggi è nel dolore,

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo o Padre del cielo, perché continui a visitare il mondo, a riempirlo della tua presenza, a benedirlo col tuo amore, a vivificarlo col tuo Santo Spirito. Fa’ che impariamo a riconoscerti vicino e ad accoglierti,

Noi ti preghiamo

 

Benedici o Dio e proteggi il nostro papa Francesco che non si stanca di rinnovarci l’invito ad accoglierti. Fa’ che le sue parole diano coraggio a quanti non ti attendono e non ti cercano,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per le vittime delle guerre e della violenza. Per quanti sono uccisi e feriti invochiamo la tua misericordia e consolazione, manda presto la pace,

Noi ti preghiamo