sabato 15 luglio 2023

XV domenica del tempo ordinario - Anno A - 16 luglio 2023

 


Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11

Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». 

 

Salmo 64 - Visita la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti: 
la ricolmi delle sue ricchezze. 

Il fiume di Dio è gonfio di acque; 
tu fai crescere il frumento per gli uomini. 

 

Così prepari la terra: 
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, 

la bagni con le piogge 
e benedici i suoi germogli. 

                                                                                                                                              

I prati si coprono di greggi, +
di frumento si ammantano le valli; 
tutto canta e grida di gioia. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23

Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». 

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

“Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di questa domenica ci parlano del modo più immediato e comune con cui Dio ci si fa vicino, cioè attraverso la sua Parola.

Tante volte si accusa Dio di essere lontano, indifferente ai drammi, o lo si cerca nelle esperienze originali, nelle emozioni forti. Oppure, e questo forse è il caso più frequente, non lo si cerca affatto, perché non se ne sente il bisogno. Agli uni e agli altri oggi la Scrittura dice che Dio ci sta vicino, più di quanto ci rendiamo conto e nel modo più semplice e diretto, cioè parlandoci, rivolgendoci la sua Parola. È questo infatti il modo più umano che esiste per conoscersi, essere amici, volersi bene. È il modo con cui anche noi costruiamo i nostri rapporti, proprio a partire dalla parola, affettuosa, interessata, comunicativa dei nostri sentimenti. È ascoltando le parole di una persona che ci rendiamo conto se ci ama, e ciascuno di noi può trovare molti esempi nella sua storia personale, di quando una frase, un discorso ci hanno colpito il cuore e ci hanno fatto sentire quanto qualcuno ci amava. Esse irrorano la nostra vita, come una benefica pioggia, ci dice nella prima lettura il profeta Isaia, e sono donate a tutti indistintamente. Dio non ha paura di essere rifiutato né pretende che sia l’altro a compiere il primo passo per accettare di avere un rapporto con lui. È Dio a rivolgersi a tutti noi per primo, anche quando siamo sordi perché arrabbiati, delusi, spaventati. Sta a noi prestare ascolto e rispondergli, lui c’è.

Ma poi Isaia continua e ci dice che non solo questa Parola è abbondante e offerta a tutti, proprio come la pioggia che Gesù altrove dice, “cade sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45), ma che è anche efficace. Sì, perché di parole inutili ne ascoltiamo e ne diciamo molte. Se pensiamo alle parole che pronunciamo e ascoltiamo in una giornata, chiediamoci, quante sono vere e piene di significato? Tante sono solo formali e non significano niente, oppure sono false, e nascondono sentimenti d’inimicizia. Invece la Parola di Dio è sempre buona. Egli ci ha dimostrato che è pronto a dare alla sua parola la concretezza della sua vita, fino a pagare questa sua coerenza fra il suo dire e il suo essere con la morte. Se le ascoltiamo, come dice Isaia, sentiamo che sono parole che dissetano le nostre vite spesso aride, riarse dal sole cocente della vita: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto.” Se dopo aver ascoltato la Parola restiamo uguali a prima, è perché non l’abbiamo fatta scendere sul terreno della nostra vita, ma ci siamo riparati da essa con l’ombrello dei nostri pregiudizi o di un ascolto che dà per scontato. Quante volte accusiamo Dio di non ascoltarci, quando siamo noi a non ascoltare lui che ci parla!

Il più delle volte non ascoltiamo la Parola di Dio semplicemente perché pensiamo di conoscerla già. Sì, forse l’abbiamo già udita altre volte, ma ogni volta essa è diversa, perché la comprendiamo meglio, o semplicemente perché cambiamo noi, la vita, il mondo. Così facendo però la rendiamo inefficace, come lettera morta. Oppure l’ascoltiamo ma la vita prende il sopravvento, come racconta la parabola, e diamo più ragione ai nostri affanni o semplicemente a quello che da’ una soddisfazione passeggera, e la parola si secca e muore dentro di noi perché dimenticata e messa da parte.

Ne vediamo un esempio nel brano della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato nel quale Paolo ci parla delle “sofferenze del momento presente”. Anche oggi vediamo attorno a noi tanto dolore, che talvolta ci tocca o di cui siamo solo spettatori. Pensiamo, ad esempio, ai venti di guerra che soffiano in tanti paesi mietendo vittime innocenti. Paolo spiega come il dolore sia certo sempre un male, ma vada anche considerato come le doglie che accompagnano la nascita di una vita nuova. Proprio perché inaccettabile, il male deve essere colto come l’occasione per far nascere qualcosa di nuovo: un sentimento di solidarietà, un aiuto concreto, consolazione, speranza, pace, ecc… Ma questo può avvenire solo se il terreno della nostra vita viene irrigato dalla Parola di Dio che ci cambia modo di vedere, sentire e pensare. Allora il male subìto può essere occasione per costruire e rafforzare il bene. Il dolore che vediamo attorno a noi può essere occasione per far nascere un nuovo impegno di solidarietà.

Questo vuol dire che se facciamo irrigare la nostra vita dalla Parola di Dio anche sul terreno del dolore germoglierà il seme della speranza, perché ogni nascita è sempre accompagnata dal dolore delle doglie. Vorrei dire di più: se non si prova il dolore delle doglie è difficile che nasca qualcosa di buono nella vita. Questo non significa che bisogna cercare le sofferenze, ma che esse fanno parte della vita, nostra personale o di chi ci sta accanto, ma noi le fuggiamo spaventati quando le vediamo, o malediciamo Dio quando si abbattono su di noi. Anche Gesù ha subito il dolore della passione e crocifissione, ma non ha maledetto Dio né è fuggito via, e poteva farlo, ma dalle doglie del suo dolore personale ha fatto nascere la vita nuova della resurrezione per donarcela. Anche noi se ci fermiamo davanti al dolore nostro o a quello di chi soffre e ci facciamo carico di esso, scopriamo che la sofferenza che condividiamo fa nascere in noi un’umanità nuova, più vera, più profonda e umana. Il cristiano alla prova del dolore, proprio o altrui, irrigato e fecondato dall’ascolto della sua Parola, matura sentimenti di pietà, misericordia e solidarietà e la speranza che si fa lotta per il bene, rinnovata fiducia in Dio. Tutti noi dobbiamo rinascere ogni giorno nella nostra fede non fuggendo il dolore e non vivendolo con rassegnazione, ma alla luce della Parola di Dio, perché così il Signore ci insegna a guardarlo con i suoi occhi, cioè come ciò che accompagna la nascita di qualcosa di nuovo e di migliore.


 Preghiere 

 

O Signore Gesù che parli alla nostra vita con amore e vicinanza, fa’ che ascoltando il Vangelo diveniamo anche noi partecipi della tua volontà di salvezza di tutti.

Noi ti preghiamo

  

Guidaci sempre o Dio Padre del cielo perché camminiamo sulla tua strada, affrontando le difficoltà che incontriamo senza scoraggiarci ma come occasione di irrobustire la nostra fiducia in te.

Noi ti preghiamo

 

Illumina le nostre menti e apri i cuori dei tuoi discepoli, perché ogni volta che sentiamo la difficoltà di mettere in pratica il Vangelo ti invochiamo e chiediamo il tuo aiuto per esservi fedeli.

Noi ti preghiamo

  

O Dio nostro aiuto e sostegno, fa’ che non ci accontentiamo di una vita spesa con poco senso. Indicaci la via per la quale anche nella fatica e nella sofferenza possiamo far nascere una vita resa preziosa dal vangelo.

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che hanno bisogno del tuo sostegno. Guarisci i malati, libera i prigionieri, proteggi chi è solo, consola i sofferenti a causa della guerra. Libera tutti dal male,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio chi, nel tuo nome, annuncia e testimonia il Vangelo. Fa’ che liberi da impacci e pericoli possiamo accompagnare verso di te chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo.

sabato 8 luglio 2023

XIV domenica del tempo ordinario - Anno A - 9 luglio 2023

 

 


Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10.

«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

 

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode o Padre,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il profeta Zaccaria ci ha parlato di un tempo di pace: “Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni.” È un orizzonte che anche noi sogniamo, in un tempo così duramente segnato dal demone della guerra, combattuta o minacciata.

È però quello del profeta un testo pieno di contraddizioni; afferma: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino”. Come fa un re vittorioso ad esser umile, tanto da entrare trionfalmente su un asino? La cavalcatura del re è il cavallo, l’asino è roba da poveri contadini. E poi afferma: “Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato”.  Come si fa a vincere rinunciando alle armi di battaglia? Come si eliminerà il nemico senza essere armati?

Sono le contraddizioni di una pace annunciata e donata da Dio che è così differente da quella che gli uomini vogliono darsi. Gli uomini non cercano la pace, ma la vittoria, che è cosa diversa, perché una tale pace è concepita come l’annientamento dell’avversario.

L’immagine del profeta prefigura quella di Gesù, re della pace, che entra a Gerusalemme acclamato come vittorioso, ma senza armi o potere, e cavalcando un asino. Egli non rifiuta il ruolo di re, ma la sua vittoria non passa attraverso la vittoria sul nemico. Non c’è per il Signore un nemico da eliminare, ma uomini e donne da conquistare alle ragioni della pace vera, quella di cuori che amano e non odiano nessuno.

Ecco dove sta la pace vera, cioè quella che porta all’instaurarsi del Regno di Dio: nell’assenza di nemici, ma non fuori di me, ma dentro di me.

L’Apostolo Paolo ai Romani scrive proprio questo: “voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito”. La carne, cioè la forza del re di questo mondo che diviene potente dividendo gli uomini fra loro e da Dio, sta proprio in questo: nel far entrare dentro di noi l’idea del nemico. Il desiderio di individuare in qualcuno ciò che impedisce la nostra felicità, che ci limita o semplicemente è diverso da noi. Chiunque può diventare nemico, se non ci è utile o sottomesso.

Lo Spirito di cui parla Paolo è esattamente il contrario: è la capacità di vedere nell’altro, anche fosse ostile o malvagio, qualcuno da conquistare alla forza del voler bene, qualcuno da trasformare da ostile ad amico. Il nemico vince quanto rende anche te suo nemico, perde quando non riesce ad imporre la sua logica e modo di agire.

La nostra ambizione non deve essere quindi quella di “vincere la guerra”, ma di “vincere la pace”.

Paolo aggiunge che vivere secondo la logica mondana del nemico “appesantisce” il nostro corpo e lo porta alla morte. Sì, perché una vita che fa sua la logica del nemico rende rivali e aggressivi e ci carica del fardello di azioni, sentimenti e pensieri contro qualcuno, e questo consuma e mortifica la vita nostra e di chi ci sta accanto, fino alle estreme conseguenze delle vere e proprie guerre combattute.

A noi sembra un paradosso, siamo così abituati a fare nostra la logica del nemico e ad accettare di pagare con la pesantezza di sentimenti di odio o avversione, che il contrario ci sembra impossibile.

Gesù così ha vissuto tutta la sua vita, senza pensare a nessuno come a un suo nemico. La sua battaglia, pacifica, è stata sempre quella di conquistare il terreno dei cuori di chi aveva davanti alle ragioni del voler bene, della vera pace.

Il brano di Matteo che abbiamo ascoltato segue l’osservazione un po’ sconsolata di Gesù circa l’inaccoglienza del suo Vangelo da parte delle città nelle quali aveva predicato e compiuto miracoli: “Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: "Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida!” ma ecco che subito questo dispiacere si scioglie nella constatazione che per accogliere il suo messaggio e vivere una cultura di pace senza nemici non c’è che una via, quella di essere piccoli, semplici, ingenui.

È questa la domanda che oggi giunge anche a noi: sappiamo farci piccoli e vivere senza nemici, come Gesù, o ci sentiamo grandi e quindi bisognosi di difenderci da nemici e rivali? Davanti a questo interrogativo il Vangelo oggi ci propone di vivere il suo spirito e in questo di realizzare dentro e attorno a noi la vera pace.

  

Preghiere 

 

O Signore che sei mite e umile di cuore, indicaci la via per uscire dalla schiavitù dell’egoismo orgoglioso, per divenire figli dello Spirito liberi di voler bene come te.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo, o Dio nostro Padre, perché accettiamo con gioia la proposta che tu ci fai di non vivere per noi stessi e scegliamo di seguirti ogni giorno della nostra vita.

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci, o Signore Gesù, a non dubitare del fondamento buono che è la tua Parola e il tuo esempio, ma di edificare su di esso la nostra vita, perché sia di testimonianza e sostegno a molti.

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci, o Padre buono, ad essere annunciatori del Vangelo, perché senza timore parliamo di te e con coraggio indichiamo a tutti la tua Parola come via sicura per raggiungerti.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo, o Dio del cielo, vieni in soccorso di tutti quelli che chiedono il tuo aiuto. Per i malati, i sofferenti, i prigionieri, gli anziani e gli stranieri, per tutti quelli che sono senza riparo e nel dolore, per le vittime delle guerre; giunga presto loro consolazione e salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per il papa Francesco che non teme di indicare con decisione la via del Vangelo per essere felici e liberi. Fa’ che il suo esempio ci insegni ad essere figli dello Spirito e discepoli del Vangelo.

Noi ti preghiamo.

 

sabato 1 luglio 2023

XIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 2 luglio 2023

 


Dal secondo libro del Re 4,8-11,14-16

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare». Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò. Eliseo chiese a Giezi suo servo: «Che cosa si può fare per questa donna?». Il servo disse: «Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio».

 

Salmo 88 - Canterò per sempre la tua misericordia.

Canterò senza fine le grazie del Signore, 
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli, 
perché hai detto: «La mia grazia rimane per sempre» ; 
la tua fedeltà è fondata nei cieli. 

Beato il popolo che ti sa acclamare 
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto: 
esulta tutto il giorno nel tuo nome, 
nella tua giustizia trova la sua gloria. 

Perché tu sei il vanto della sua forza 
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza. 
Perché del Signore è il nostro scudo, 
il nostro re, del Santo d'Israele. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 6, 3-4,8-11

Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa;

proclamate le grandezze di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 10, 37-42

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

 

Commento

Abbiamo ascoltato le parole che Gesù rivolse ai suoi e con le quali delineò una specie di identikit del discepolo: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.” I tratti principali che emergono da queste parole di Gesù sono tre:

il primo è amarlo più di ogni altra cosa e persona, persino quelle che sono per definizione le più care che un uomo possa avere.

Il secondo dice che cosa bisogna intendere per amore, ovvero essere pronto a dare tutto sé stesso, senza fuggire davanti alle difficoltà, anche quelle più dure, senza fare i conti se conviene, se quell’amore è meritato, ricambiato, come fece Gesù sulla croce.

Infine non bisogna cercare la realizzazione dei propri progetti, ma innanzitutto di quelli di Dio. 

Vivere queste tre cose permette al discepolo di “trovare la vita”, dice Gesù, cioè di non vivacchiare più ma di raggiungere quella pienezza di senso, sapidità e peso specifico che rende la vita “vera” perché piena dell’amore di Dio.

Chi vive così, prosegue Gesù, diviene “teoforo”, cioè portatore di Dio, capace di comunicarlo agli altri, perché tutto il suo modo di essere diverrà eloquente di una sapienza e un amore che è evidente che non appartiene a questo mondo. Gesù afferma infatti: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.” Avviene come una sovrapposizione fra il discepolo e Dio stesso, perché tutto di lui parla di Dio.

Quanto sono rivoluzionarie queste affermazioni! A volte noi pensiamo che per incontrare e accogliere Dio ci sia bisogno di chissà quali pratiche di elevazione mistica, al di fuori della portata di gente come noi. Ma qui Gesù ci rassicura: possiamo incontrare e accogliere Dio incontrando e accogliendo i suoi discepoli, chi cioè si è fatto plasmare la vita dalla sua Parola e ha fatto sua la volontà di bene che in essa ci viene manifestata. La conoscenza di Dio infatti, si comunica di persona in persona, di cuore in cuore, è sì un dono, ma ci è offerto da Dio attraverso la testimonianza, le parole, i gesti di uomini come noi che hanno scelto di vivere la straordinarietà del suo amore, la buona notizia di una salvezza possibile per tutti.

Con queste semplici parole Gesù ci chiede di cosa vogliamo essere portatori agli altri: della sapienza di questo mondo che abbiamo ricevuto, per la quale lo scopo dell’esistenza è realizzare se stessi secondo i propri piani, lasciando gli altri e Dio stesso confinati in un ruolo marginale, oppure lasciare spazio a Dio, così da divenire comunicatori della sua sapienza, del suo modo di voler bene, appassionato, tenace e sincero come quello che lui dimostrò sulla croce? Allo stesso tempo ci chiede di essere pronti a riconoscere il discepolo che ci si fa vicino, a non giudicare con superficialità o peggio con malizia chi ascolta e vive il Vangelo, ma anzi di ospitare la sua testimonianza in noi perché vi generi una vita nuova.

La prima lettura dal libro dei Re ci mostra l’esperienza di chi incontra un “uomo di Dio”. Si tratta di una coppia benestante, la cui vita, nonostante la ricchezza, è senza prospettive, esaurita di energie e di futuro: sono infatti anziani e sterili. Essi però hanno il privilegio di incontrare Eliseo profeta, cioè un vero servo della volontà di Dio, e non lasciano che la sua compagnia sia fugace e occasionale. Decidono che egli abbia uno spazio stabile in casa propria, una stanza, e questo opera una trasformazione della loro vita: la sapienza di Eliseo, quel suo modo così diverso di vivere al servizio dei disegni di Dio, si comunica anche ad essi. Per questo da sterili che erano divengono fecondi e attendono un figlio, cioè anche loro sono ora capaci di comunicare il dono della vita ad altri, di allargare oltre se stessi l’orizzonte di un amore fuori da ogni aspettativa precedente.

Cari fratelli e care sorelle, la proposta del Signore può sembrarci troppo difficile e non alla nostra altezza.

Gesù tranquillizza i suoi e dice loro: cominciate a vivere così e vi renderete conto che non è al di sopra delle vostre possibilità: “chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.” Offrire un bicchiere d’acqua fresca non è troppo per noi, eppure questo ci permetterà di entrare in contatto con quella dimensione diversa che è la vita con Dio.

Cari fratelli e care sorelle, quei due anziani avrebbero avuto tutte le ragioni per maledire una vita che li aveva privati del futuro, senza più nulla da attendersi di buono e di bello, con l’unica prospettiva di godere del proprio benessere finché possibile. Invece essi divennero capaci di riconoscere e accogliere un umile servo di Dio, di offrirgli aiuto e ospitalità, così come potevano. Non si girarono dall’altra parte al passaggio dell’uomo di Dio, non ragionarono con diffidenza verso quell’estraneo, non ebbero paura di invitarlo da loro. Fecero insomma azioni semplici, alla loro portata, non gli fu richiesto l’eroismo. Eppure bastò questo per ricevere il dono della vita vera, che non finisce, che si apre al futuro con uno spirito e una visione nuova. Le nostre giornate sono costellate di occasioni simili, non lasciamole correre via senza coglierne il vero valore, offriamo il bicchiere d’acqua della nostra accoglienza benevola e fraterna, perché Dio si faccia strada nei nostri cuori e ci trasformi sempre più in suoi discepoli.

 

 

Preghiere 

 

O Signore ti preghiamo, aiutaci a vincere paure e chiusure, perché sappiamo accogliere e ospitare con amore quanti ci testimoniano il tuo amore,

Noi ti preghiamo

  

Sostienici o Padre buono perché sappiamo annunciare la tua Parola e testimoniare la sua azione trasformatrice sulla nostra vita. Fa’ che chi incontriamo resti attratto dal dono del Vangelo che abbiamo ricevuto,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi e salva o Dio quanti sono nella sofferenza e nel dolore. Guarisci gli ammalati e consola i sofferenti,

Noi ti preghiamo

  

Ascolta o Padre buono il grido di quanti sono vittima della guerra e della violenza. Fa’ che la pace regni presto in ogni terra,

Noi ti preghiamo

 

Aiuta o Signore le comunità cristiane ad essere testimoni di quell’amore universale che lega i figli dell’unico Padre del cielo. Rendici accoglienti e solleciti verso tutti,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Padre il nostro peccato che ci spinge a temere di seguire il Vangelo e di viverlo pienamente. Donaci il coraggio dell’amore e la forza della misericordia

Noi ti preghiamo.

XII domenica del tempo ordinario - Anno A - 25 giugno 2023

 




Dal libro del profeta Geremia 20, 10-13
Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all’intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta:
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori vacilleranno
e non potranno prevalere;
arrossiranno perché non avranno successo,
sarà una vergogna eterna e incancellabile.
Signore degli eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa!
Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori. 

Salmo 68 -Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio.

Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,

uno straniero per i figli di mia madre.

 

Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.
Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.

 

O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.

Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
non disprezza i suoi che sono prigionieri.

A lui cantino lode i cieli e la terra, 
i mari e quanto brùlica in essi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 12-15

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito della verità darà testimonianza di me,
e anche voi date testimonianza.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 10, 26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, nel racconto dell’evangelista Matteo abbiamo ascoltato Gesù ripetere due volte ai suoi discepoli: “Non abbiate paura degli uomini … non abbiate dunque paura.”

Questo invito giunge dal Signore dopo che con un lungo discorso li ha inviati fra la gente: “Gesù [li] inviò, ordinando loro: …Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.” Quella di Gesù è una proposta ambiziosa per gente comune e non abituata certo a svolgere una campagna di annuncio così vasta e nuova.

Lo dicevamo già domenica scorsa: non è troppo pensare che quelle persone semplici sianoin grado di guarire, resuscitare, cacciare i demoni? Gesù però rassicura i suoi dicendogli che non devono fare altro che restituire almeno un po’ di quello che loro stessi hanno già ricevuto in dono gratuito. Come loro sono stati salvati, guariti, resuscitati a vita nuova nell’incontro con Gesù e hanno sperimentato la forza del suo amore che li ha trasformati interiormente, così possono testimoniare e offrire ad altri la possibilità di fare un incontro così importante. È quello che Gesù sinteticamente dice con le parole: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Gesù però sa anche che questa prospettiva è rivoluzionaria e contraddice il buon senso e la prudenza della cultura ordinaria del mondo, e che per questo fa paura. La novità fa paura, l’estroversione e l’andare incontro all’altro fa paura, la generosità fa paura. Direi che, in generale, le nostre scelte e comportamenti sono dettate dalle paure che ci guidano e suggeriscono cosa fare e cosa no.

A questa vera e propria “cultura della paura” Gesù non contrappone il coraggio spericolato o l’amore del rischio. Egli ci propone di vivere una “cultura del voler bene” che non nasconde i pericoli, ma ci fa vivere una nuova forza interiore che protegge anche davanti ai rischi della vita, se vissuta con amore.

Ecco allora il senso di quell’invito a non aver paura. Per meglio dire Gesù invita i suoi a non temere i “fantasmi” che la cultura della paura agita davanti a noi per bloccarci e farci rinchiudere in noi stessi. Il fantasma/paura di rimetterci, del restare delusi, di fare brutta figura, ecc… ed aver invece paura di ciò che veramente è temibile e pericoloso: “abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.

È interessante: Gesù non dice che il maligno fa morire solo l’anima, ma anche il corpo, sì perché la malvagità e gli egoismi, gli odi e i rancori e tutti quegli atteggiamenti che lasciano crescere in noi la forza del male corrodono la nostra vita in tutti gli aspetti spirituali e materiali, perché la vita è un tutt’uno.

Ma come si fa a riconoscere la cultura della paura per poter preferire invece la cultura del voler bene che Gesù ci insegna?

Innanzitutto la paura ci porta alla scelta di “non fare” piuttosto che fare. In questo si insidia anche la sua pericolosità subdola: infatti spesso pensiamo che il male si fa presente nelle azioni malvage che deliberatamente compiamo contro qualcuno. Ecco che facilmente pensiamo “non ho fatto niente di male”. Ma la paura il più delle volte non ci spinge tanto a compiere un’azione, quando a non compiere quelle che potremmo fare: non aiutare chi è in difficoltà, non soccorrere chi ha bisogno di aiuto, non ascoltare, non vedere, non fermarsi, non accorgersi, davanti a chi chiede. La paura trattiene, fa passare oltre, fa girare dall’altra parte, fa fingere di non vedere e non sapere. Succede così che non ci accorgiamo nemmeno quando Gesù si fa vicino alla nostra vita, nella richiesta di aiuto di un povero, di amicizia di un fratello o di una sorella, nella necessità di assumersi la responsabilità di fare ciò che è giusto e buono in certe situazioni. È quello che Gesù chiama, nel brano ascoltato oggi, “riconoscerlo davanti agli uomini”. Cioè riconoscere che in quel momento, in quella persona, in quella situazione, in quel contesto Gesù è presente e ci chiede di agire secondo la cultura del voler bene.

Sta a noi riconoscerlo, e non “rinnegarlo”, facendo vincere la paura ed evitando così di prendere posizione e di agire secondo le necessità del voler bene.

Cari fratelli e care sorelle, non si tratta di compiere gesta eroiche, che né gli apostoli né noi siamo in grado di fare, ma di vincere le paure che ci trattengono, lasciando sempre più spazio dentro il nostro vivere quotidiano alle ragioni del bene che, se diamo fiducia e ascolto al Signore, si fanno strada nella nostra esistenza.

 

 

Preghiere 

 

O Signore donaci lo sguardo del Vangelo che illumina il volto di ogni uomo e ce lo fa vedere fratello e sorella. Insegnaci ad amare ciascuno come tu ci ami.

Noi ti preghiamo

 

 

O Dio Padre buono, vinci in noi la paura che ci imprigiona nella gabbia dell’egoismo. Donaci la libertà del Vangelo che ci rende tutti fratelli e sorelle, figli di un unico padre.

Noi ti preghiamo


 O Signore Gesù dona la pace al mondo intero, specialmente a quelle terre dove infuria la violenza e la guerra. Suscita energie di riconciliazione nei cuori oggi sopraffatti dall’odio e dall’inimicizia.

Noi ti preghiamo

 

 

 

Sostieni e consola o Padre buono quanti sono nel dolore. Aiuta chi è povero e suscita sentimenti di solidarietà e amicizia in quanti passano accanto a loro.

Noi ti preghiamo


 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Francesco, perché le sue parole e il suo esempio siano di incoraggiamento per tutti quelli che cercano una vita più umana.

Noi ti preghiamo

 

 

Proteggi o Dio tutte le famiglie dei tuoi discepoli oggi radunate attorno alla mensa dell’Eucarestia. Fa’ che animate dal dono della tua Parola e del Corpo e Sangue di Cristo siano segno evidente del tuo amore nella vita di quanti incontrano.

Noi ti preghiamo


 

Guarda con amore o Signore a questa tua famiglia riunita come ogni domenica nella Santa Liturgia. Ti preghiamo per chi è malato e troppo debole per partecipare all’assemblea dei tuoi figli. Guariscili e sostienili nella prova.

Noi ti preghiamo

 

 

Ti ringraziamo o Dio Padre buono per il dono della convocazione domenicale alla Santa Messa. Fa’ che ne facciamo il centro e il fulcro della nostra settimana, fonte di vita nuova per ogni giorno della nostra vita.

Noi ti preghiamo.