sabato 27 aprile 2024

V domenica del tempo di Pasqua - Anno B - 28 aprile 2024

 


Dagli Atti degli Apostoli 9, 26-31

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

 

Salmo 21 - A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3, 18-24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore;
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 15, 1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Commento

L’evangelista Giovanni, a differenza degli altri tre, ci riporta il lungo discorso che Gesù rivolse agli apostoli durante quell’incontro intenso e commovente che è l’ultima cena. È un momento decisivo. Gesù sa che sta per essere catturato e messo a morte e sa anche che i discepoli, spaventati e disorientati, si disperderanno. Per questo si dilunga a parlare con loro, per lasciare ai suoi amici quel lungo testamento spirituale, di cui oggi abbiamo ascoltato un passaggio nel quale Gesù parla di se stesso come una vite e dei discepoli come i suoi tralci. È un’immagine bella, piena di significati, ed è un chiaro esempio del modo di parlare di Gesù. Egli infatti usava le immagini della vita concreta di cui facevano esperienza i suoi ascoltatori, proprio per dire che il suo insegnamento non era una dottrina astratta da accogliere con la mente, ma un messaggio che doveva passare nella vita concreta. Per questo la gente che lo ascoltava sentiva che nelle sue parole c’era qualcosa di autentico e le accoglievano come autorevoli e da mettere in pratica. Anche a noi oggi esse ci si presentano con un pensiero che convince non perché è logico, ma perché ci appare realistico e ci spinge a viverlo.

La prima cosa che Gesù afferma è che c’è bisogno di un legame concreto, visibile e reale con lui perché un uomo e una donna possa dirsi un discepolo, un cristiano, e per esprimere questo concetto usa l’immagine del legame che unisce un ramo alla pianta. Gesù vuole dire che non basta avere un senso d’identità, essere simpatizzanti, non basta un’adesione intellettuale. Ci vuole piuttosto un legame vitale, come quello che dal tronco fa scorrere la linfa fino all’ultimo ramoscello. Per questo abbiamo bisogno di venire qui la domenica: esserci, fisicamente e col cuore, è la condizione minima per dirsi cristiani, discepoli del Signore.

Proprio quel legame vitale, espresso nella partecipazione al banchetto della Parola ed a quello eucaristico, ci permette di dare frutto, attraverso il nostro agire quotidiano, che è il risultato finale più bello e completo del ciclo vitale di una pianta. Non è un caso che molte piante traggano il loro nome dal frutto che producono: melo, pero, arancio, pesco, limone, ecc… Se al tempo debito compare il frutto, allora sì che siamo sicuri che quel ramo è veramente parte di quella pianta. Al contrario se il frutto non compare, ebbene significa che il ramo si è seccato, perché ha smesso di trarre alimento dal tronco.

Un’altra cosa ci insegna questa similitudine del Signore: il frutto è prodotto dalla pianta non per la propria utilità, ma è un dono che essa fa alle altre creature e un modo per propagare la vita. Un albero non ha bisogno dei suoi frutti per vivere, gli basta il nutrimento che trae dal terreno, i raggi del sole, l’acqua, l’aria. Ma la pianta produce i frutti perché essi offrono alle altre creature qualcosa di buono, anzi possiamo dire che nei frutti c’è un duplice bene: il nutrimento e il gusto per le altre creature, e poi la comunicazione della vita mediante i semi che i frutti contengono.

La natura ha immesso negli esseri viventi, anche le piante, il segreto di una vita alla quale non basta auto-conservarsi, ma ambisce moltiplicarsi, dare sostentamento ad altri, uscire cioè dal circolo cieco del puro essere utili solo a se stessi ed esaurirsi in ciò.

Quanto più questo è vero per gli uomini!

Il frutto buono delle nostre azioni non solo riversa sugli altri la benedizione di un bene che si diffonde, nutre e dà gioia, ma ha anche il potere di suscitare germogli di vita nuova, che a loro volta cresceranno per dare altri frutti buoni. Un ramo incapace di dare frutti non ha niente di buono da comunicare, niente oltre l’auto-mantenimento, per questo dice Gesù sono inutili e vengono gettati via. Che tristi sono le vite che non hanno frutti da offrire, oppure quelle che mettono da parte i frutti, ammucchiati nei magazzini. Dopo poco essi marciscono e non servono più a niente. I veri frutti buoni sono quelli che sono mangiati da altri, che nutrono le loro vite e le rendono a loro volta feconde, come, dove e quando non sappiamo.

La vera gioia non sta nell’aver prodotto e accumulato molto, ma nell’aver fruttificato e distribuito molto. Beato chi termina la sua vita senza nulla perché ha dato tutto. Triste agli occhi del Signore chi ha tenuto il frutto nascosto, lasciandolo marcire in un angolo di casa propria.

Ed ecco che allora anche la potatura perde quella sensazione di perdita e sofferenza che istintivamente ci suscita, anzi, la pianta ne giova e sa che i rami sterili o parassitari consumano la vita della pianta senza dare frutti ed è meglio perderli, sono quegli aspetti della nostra vita che assorbono energie, fatica, risorse, ma non producono frutti buoni per gli altri.

Cari fratelli e care sorelle, se vogliamo che la nostra vita dia frutti, lasciamoci potare dal Signore. Lasciamoci togliere le amarezze di una vita scontenta e pessimista; lasciamoci portare via lo sguardo sempre rivolto su di noi, pronto a rilevare i presunti torti subiti; lasciamoci potare dell’amore per noi stessi, dell’avarizia, dell’indifferenza, dell’orgoglio. Non è doloroso né un sacrificio, è la scoperta che si può essere uomini e donne vere, i cui sentimenti abbiano il sapore e il colore di frutti buoni prodotti e regalati con generosità per il nutrimento di tanti.


Preghiere

 

Ti preghiamo o Signore perché restiamo uniti a te come tralci di un’unica vite. Perdona il nostro istinto ad allontanarci da te per disperderci nei sentieri del nostro individualismo.

Noi ti preghiamo

 

O Padre, ispiraci le opere buone perché noi le compiamo. Fa’ che viviamo una vita ricca di buoni frutti e piena di misericordia e di pietà per i deboli.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che hai dato tutto te stesso per la salvezza del mondo, ti preghiamo perché sappiamo imitarti e usare il nostro tempo e le nostre risorse per compiere il bene.

Noi ti preghiamo

  

Cristo Gesù, tu che hai sempre vissuto in unità con il Padre, insegnaci a restare fedeli all’amicizia che per primo ci hai mostrato. Aiutaci a non credere di poter fare a meno di te e a vivere la gratitudine per i doni che da te riceviamo.

Noi ti preghiamo

 

Padre santo, ti preghiamo per tutti coloro che ti invocano nel mondo: per i malati e i sofferenti; per i prigionieri e le vittime della violenza; per chi è solo e disperato. Soccorri tutti e salvali!

Noi ti preghiamo

  

O Cristo che ci hai annunciato che non ci avresti mai lasciato soli, manda presto il tuo Spirito su di noi e su tutto il mondo, perché i cuori siano scaldati e gli occhi aperti a guardare la bellezza delle tue opere.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che torni sempre da noi e ci parli con amore, fa’ che ti ascoltiamo con cuore aperto, perché la linfa del vangelo entri in noi e nutra ogni nostro pensiero e azione.

Noi ti preghiamo

  

Guida e proteggi o Padre buono tutti gli uomini che nel mondo ti seguono. Benedici lo sforzo di quanti si affidano a te e annunciano il tuo amore,

Noi ti preghiamo

sabato 20 aprile 2024

IV domenica del tempo ordinario - Anno B - 21 aprile 2024

 


Dagli Atti degli Apostoli 4, 8-12

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

 

Salmo 117 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.


È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.


La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni Apostolo 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 10, 11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nel Vangelo Gesù definirsi come “il buon pastore”, cioè quello che ha cura e guida le pecore del gregge. Ad esso il Signore contrappone il mercenario, che non ha cura delle pecore e non esita, nel pericolo, ad abbandonarle. La caratteristica che Gesù mette più in evidenza del pastore è quella di giungere fino a rischiare la vita per il suo gregge: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.” Con queste parole, evidentemente, Gesù parla di quello che gli sarebbe accaduto a Gerusalemme, quando sarebbe stato sottoposto alla persecuzione dura e feroce dei potenti: i dominatori militari romani; i capi religiosi e politici; la folla degli ebrei, tutti e tre unanimi nel volere la morte di Gesù.

Davanti a questo tragico epilogo sorge spontanea la domanda sul perché della scelta di Gesù di andare fino a Gerusalemme, dove sapeva cosa sarebbe accaduto, ma il Vangelo di oggi ci offre una risposta.

La passione del Signore infatti realizza proprio quello che Gesù aveva detto di sé paragonandosi ad un pastore buono del suo gregge: egli non fugge davanti al lupo che vuole fare razzia del gregge. Glielo avevano consigliato i discepoli col buon senso di chi sa come va la vita. Ma Gesù non lascia da solo il gregge proprio dove esso è dominato dai potenti che lo minacciano come un lupo feroce, e per questo non evita Gerusalemme, capitale e cuore religioso di Israele.

Gesù definisce il suo rapporto con le sue pecore col verbo conoscere: “conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me…” e questo rapporto di conoscenza è modellato su quello che lui stesso ha con il Padre: “…così come il Padre conosce me e io conosco il Padre”. Cioè Gesù ha cura quelle pecore come il Padre ha cura di lui, e vuole che anch’esse lo amino come i figli un padre. Il Signore ama anche quelle pecore lontane ed estranee, addirittura minacciose, e non gli basta avere attorno un piccolo gruppo di amici fedeli o avere un po’ di successo in qualche villaggio, il suo gregge è vasto e non può lasciarlo in balia dei potenti malvagi del mondo, per questo va a Gerusalemme.

Gesù d’altronde in tutta la sua vita non mantiene un atteggiamento prudente che mira a mettere al sicuro la propria vita. Affronta il male andandogli incontro, come un vero pastore fa col lupo, perché sa che mettersi in salvo lascia il lupo libero di sbranare il gregge. Il mercenario, cioè chi non ama le sue pecore, fugge, e così facendo si mette in salvo, ma il padre non ha cuore di lasciare i propri figli in balia dei poteri forti che sono complici del male e impongono un ordine malvagio, e non risparmia di andare loro contro.

Questo permette a Gesù di vincere il male, e non solo di evitarlo. Infatti anche durante la passione quel gregge è sì disperso e sconvolto, ma almeno non è sbranato dai lupi. Gesù stesso lo protegge e a quelli che sono venuti ad arrestarlo dice: “Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano” (Gv 18,8). I dodici fuggono, ma, dopo la morte del Maestro, restano uniti, e così Gesù li ritrova dopo la resurrezione. Insomma il gregge è salvo ed non ci sarà più nessun potere malvagio che potrà avere la meglio su di loro.

È la storia degli Atti nei quali si descrive il crescere del gruppo dei discepoli che hanno fede in Gesù. Pietro, abbiamo ascoltato, proprio perché è passato attraverso la prova del tradimento e del perdono di Gesù e lo ha incontrato risorto è ora capace di farsi lui pastore del gregge che Gesù ha lasciato loro da radunare, e proclama: “Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati.”

Cari fratelli e care sorelle, anche oggi i potenti di questo mondo cercano di imporre il dominio del male e come lupi feroci sbranano la vita degli uomini. Sono poteri che si impongono con la paura, come le mafie e i terrorismi, o poteri che si conquistano i cuori delle persone con i falsi miti della nazione, della gloria e dell’onore e in nome di tutto ciò fanno la guerra. Come a Gerusalemme tanti secoli fa, i potenti si alleano per cercare di togliere di mezzo l’unico pastore buono che vuole tenere insieme e salvare le pecore che egli ama profondamente. Le vuole salvare dai morsi dei lupi che diffondono il contagio di odi ed egoismi, delle passioni nazionalistiche e xenofobe, del virus della guerra e della violenza fisica, verbale, psicologica, economica e finanziaria, ecc… Affidiamoci al vero e unico pastore buono che è il Signore. Egli ha affrontato anche per noi la forza dei lupi e il Padre gli ha ridato la vita che lui non ha temuto di mettere a repentaglio. Anche noi, come i discepoli, siamo tentati e spaventati, tradiamo e rinneghiamo, ma torniamo a lui, pentiti e coscienti che, come dice Pietro, solo da lui possiamo trarre la nostra salvezza.

Ci vuole la docilità di sottomettersi ad un pastore e l’umiltà di far parte di un gregge, due cose che sono così lontane dalla cultura di oggi che esalta autonomia e individualismo, ma saremo salvati dai morsi pericolosi dei lupi, quelli temibili e quelli accattivanti, quelli più subdoli e meno evidenti ma che, tutti, vogliono rubarci la vita.

 

Preghiere 

 

Signore, ti preghiamo, aiutaci a vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo. Aiutaci ad essere pecore del tuo gregge, pronti a seguire la voce del pastore buono che ci guida

Noi ti preghiamo

  

O Gesù che raduni l’umanità intera in un’unica famiglia e la conduci al sicuro, fa’ che cessi la guerra nei paesi che oggi sono divisi da odi e rancori omicidi, perché la pace vera prevalga in tutto il mondo.

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo o Signore perché la domenica ci raduni per essere fisicamente vicini fra noi e attorno alla tua presenza che ci unisce in un unico gregge. Fa’ che non disdegniamo l’invito a seguirti come pecore docili,

Noi ti preghiamo

  

O Signore che hai dato la vita per il tuo gregge e che conosci una ad una le tue pecore, resta vicino a ciascun uomo e donna perché chiamati da te per nome entrino a far parte dell’unica grande famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

 

Ti vogliamo ringraziare oggi, o Signore, per il dono di essere protetti e guidati da te. Fa’ che ognuno incontri in te il compagno fedele della propria vita a cui affidarsi fiduciosi,

Noi ti preghiamo

  

O Dio proteggi quanti hanno particolare bisogno del tuo sostegno: i malati, i poveri, gli stranieri, chi è debole e nel dolore, chi è senza casa e famiglia. Salvali dal male,

Noi ti preghiamo.

  

O Padre ispira il nostro papa Francesco perché guidi la Chiesa sulle vie del mondo ad annunciare con audacia a tutti gli uomini la misericordia e l’amore del tuo Figlio risorto,

Noi ti preghiamo

  

O Signore insegnaci ad amarci l’uno con l’altro nei momenti difficili, testimoniando con le parole e con la vita il vangelo di pace e fraternità che abbiamo ricevuto.

Noi ti preghiamo

sabato 13 aprile 2024

III domenica del tempo di Pasqua - Anno B - 14 aprile 2024

 

 


Dagli Atti degli Apostoli 3, 13-15. 17-19

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

 

Salmo 4 - Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! +

Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.

 

Dalla prima Lettera dell’Apostolo Giovanni 2, 1-5

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 24, 35-48

In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Emmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, i brani del Vangelo di queste domeniche dopo la Pasqua ritornano insistentemente sul fatto che Gesù che torna a visitare i discepoli e sta con loro. Domenica scorsa abbiamo sentito che il Signore torna dai dodici riuniti senza Tommaso, poi torna di nuovo quando c’è Tommaso. Oggi sentiamo che due discepoli raccontano agli altri che è tornato da loro mentre andavano ad Emmaus, e poi torna “in mezzo a loro”, ci dice Luca, e mangia con loro.

Gesù torna mentre i discepoli erano intenti a parlare di lui. Cioè, nonostante la fatica a credere che sia vivo e la cecità dei loro occhi nel riconoscerlo, essi non cessano di ricordarlo, di parlarne, di rivivere i momenti passati con lui. È quello che facciamo anche noi ogni domenica, giorno in cui celebriamo la resurrezione del Signore. Anche noi facciamo fatica a riconoscerlo vivo, a sentirne la presenza piena di sollecitudine, e proprio per questo abbiamo bisogno di tornare qui ogni domenica per ascoltarlo e per testimoniarci l’un l’altro: l’ho incontrato, è risorto, è vivo fra di noi!

Dice l’evangelista Luca, “Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».” Sì, quando si parla di Gesù egli si fa presente in persona. Gesù lo aveva detto: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). La Messa domenicale non è la memoria struggente di un assente, ma è rivivere fatti e parole che ci rendono commensali di Gesù oggi.

Eppure, anche se lui si fa presente in mezzo a noi, fatichiamo a riconoscerlo, come i discepoli, i quali: “Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.

Ci chiediamo oggi: perché tanta paura per il ritorno di Gesù?

Perché Gesù risorto ci mostra che ciò che crediamo impossibile, contro l’ordine naturale delle cose, è invece reso possibile dalla forza dell’amore di Dio. Noi siamo abituati ad un certo ordine appreso con l’esperienza. Questo ordine viene sconvolto e rivoluzionato dalla resurrezione di Gesù, e questo suscita in noi timore. Non è più scontato che il male prevalga, c’è una forza più grande che interviene: l’amore di Dio che ridà la vita al Signore. Proprio questa forza della resurrezione, ci fa paura perché mette in discussione le nostre certezze, la normalità degli eventi a cui siamo abituati e ci restituisce una grande libertà, ma anche una grande responsabilità.

Libertà dalla forza del male, ma anche responsabilità di combatterlo, e a noi non sempre ci fa piacere combattere, piuttosto, istintivamente, preferiamo che le cose restino come siamo abituati che avvengano, come è più facile che scorrano, senza novità. Per abitudine e pigrizia preferiamo che la tomba dove giaceva il corpo senza vita di Gesù resti chiusa. Se essa invece può essere spalancata da un amore più grande allora vuol die che anche noi possiamo viverlo e fare altrettanto! È quello che ci chiede il mondo di oggi, il grido di dolore di persone e di popoli interi, la condizione di quanti sono in guerra. Purtroppo troppo spesso di fronte a tutto ciò i cristiani non esercitano il potere che la resurrezione ci consegna, quello di un amore che vince il male, e si mostrano invece rassegnati e impotenti.

Gesù torna per combattere la nostra incredulità e rassegnazione. Egli però lo fa in un modo che ci appare paradossale: mostra le piaghe della sua passione: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!

Non era meglio, per rassicurarli e incoraggiarli, nascondere le tracce di quello che aveva sofferto?

Noi crediamo che salvarci dal male e dalla morte significhi schivarli, ma Gesù invece ce ne mostra le tracce evidenti sul suo corpo, perché la resurrezione, unica vera liberazione dalla schiavitù del male, non schiva la forza del male, la sconfigge con una forza più grande che è l’amore. Noi abbiamo paura di guardare e toccare le piaghe del mondo, le sofferenze dei poveri e la forza del male che spadroneggia, perché non crediamo che voler bene come Gesù ci renda vincitori su di esso.

Per questo la Chiesa, in questi tempi difficili per tanti cristiani nel mondo, non ha reticenza a mostrarsi con il corpo ferito dalla persecuzione che la colpisce in tante situazioni fino alla morte e al martirio. Apparentemente questa è una manifestazione di debolezza davanti all’aggressività dei propri nemici. In realtà i segni della persecuzione sul corpo della Chiesa sono altrettante dimostrazioni della sua forza di resurrezione, perché nonostante le sofferenze patite niente riesce a sconfiggere il desiderio di rispondere al male ricevuto col perdono e col bene. Per questo il corpo della “Chiesa dei martiri” è, come quello di Cristo risorto che torna dai suoi con un corpo piagato ma vittorioso sul male, vivo e che non cessa di amare e non si fa prendere da sentimenti di odio e dal desiderio di vendetta.

Cari fratelli e care sorelle, anche noi siamo chiamati a sentirci parte di questo corpo della Chiesa, facendo nostro il dolore delle sue ferite e delle piaghe ancora aperte in tante realtà, come nei paesi in guerra, perché col nostro voler bene ed essere misericordiosi ne aumentiamo la forza di resurrezione. Gesù in conclusione della sua visita affida loro un compito: “Di questo voi siete testimoni”, cioè di questa forza rivoluzionaria del voler bene, che non mette al riparo dal male, ma lo vince nella sua radice, non permettendo che attecchisca nelle nostre vite e che i suoi frutti amari avvelenino la vita nostra e di molti attorno a noi.

Preghiere 

  

O Signore Gesù che torni fra noi con i segni della passione, fa’ che incontrandoti riconosciamo in te la forza dell’amore che vince la morte,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Signore la nostra incredulità. Cancella il peccato che chiude gli occhi del nostro cuore e non ci fa credere alla forza della resurrezione che vince la morte,

Noi ti preghiamo

 

O Dio che non hai abbandonato il corpo del tuo Figlio Gesù in potere della morte ma lo hai fatto risorgere, proteggi i corpi deboli e sofferenti dell’umanità, perché siano liberati con lui dalla prigionia del male,

Noi ti preghiamo

  

Accogli o Dio le preghiere di chi è nel dolore ed esaudisci la domanda del debole. Fa’ che la tua resurrezione sia per essi inizio di vita nuova,

Noi ti preghiamo

 

O Padre misericordioso, accogli tutti quelli che si presentano a te da questo mondo, perché nulla li separi dal tuo amore e sia cancellata in essi ogni ombra di male e di peccato,

Noi ti preghiamo

  

Guida i nostri passi o Signore, perché incontrandoti povero e malato sappiamo sempre riconoscerti e vincere con l’amore la forza del male,

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che sono minacciati e nel pericolo a causa del tuo nome. Dona pace e salvezza dove oggi c’è violenza e vita piena dove essa è offesa e umiliata,

Noi ti preghiamo

  

Benedici o Dio, la famiglia dei tuoi discepoli che ogni domenica si riunisce nel tuo nome. Donaci la grazia di incontrarti ogni volta risorto ed essere così rafforzati nella fede,

Noi ti preghiamo

sabato 6 aprile 2024

II domenica del tempo di Pasqua - Anno B - 7 aprile 2024

 


Dagli Atti degli Apostoli 4,32-35

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

 

Salmo 117 – Lodiamo il Signore: il suo amore è per sempre.

Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.


Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 5, 1-6

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Perché mi hai visto, Tommaso, hai creduto;
beati quelli che crederanno senza aver visto
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 20, 19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, oggi, prima domenica dopo la Pasqua, celebriamo la Misericordia di Dio. Ne abbiamo parlato spesso anni fa, durante il Giubileo dedicato da papa Francesco proprio alla misericordia, ed è bello una volta l’anno riprendere questo tema che ci aiuta a vivere meglio e con più pienezza la gioia della Pasqua del Signore. Infatti la misericordia altro non è che il modo tutto particolare di voler bene di Dio. Un amore gratuito, immeritato, senza presupposti né pretese, offerto generosamente chiedere nulla in cambio. È l’amore della passione, morte e resurrezione di Gesù, vissuto così intensamente e sul serio da non esaurirsi nemmeno difronte al tradimento e all’abbandono dei suoi discepoli.

Abbiamo udito nella prima lettura come gli Apostoli dopo lo smarrimento dell’incredulità e la paura che li fa rinchiudere, come si vede nel brano del Vangelo, vivono un grande sforzo di estroversione e di incontro con tutti. Dicono gli Atti: “Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.” È un’immagine felice e piena di vitalità. Sembra il contrario di quello che accade oggi. Lo sappiamo, spesso ci si lamenta che le chiese si svuotano, i giovani sono distanti, c’è la crisi delle vocazioni, ecc… l’elenco delle lamentazioni è lungo. Nella comunità apostolica il processo sembra contrario: la gente è attratta, guarda con interesse e favore agli apostoli, ne ha simpatia.

Ci chiediamo oggi: “Come mai? Qual è la formula che ha funzionato così bene?” Il motivo che gli Atti riportano è chiaro: “Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù” La loro forza attrattiva è cioè il fatto che rendono presente la forza della resurrezione del Signore Gesù. Il testo infatti non dice “annunciavano” ma “testimoniavano”. Cioè non davano solo la notizia, ma la rendevano visibile attraverso la trasformazione che l’incontro col risorto aveva operato su di loro, le scelte, le azioni, i sentimenti, il vissuto tutto intero.

Questo già ci dice molto, e cioè che non si tratta di trovare le “formule” giuste, il linguaggio e le espressioni per annunciare il Vangelo, ma bisogna innanzitutto farsene ascoltatori che lo vivono, attuando dentro di sé quella rivoluzione potente che fa del cristiano un annuncio vivente, e non un discorso.

Ma com’era questa vita degli apostoli che parla di resurrezione? Sempre lo stesso brano del libro degli Atti ne parla diffusamente subito prima e subito dopo la notazione della loro testimonianza in mezzo alla gente. Riascoltiamo la descrizione: “[la comunità dei discepoli] aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. … quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.” Il “segreto”, che poi non è segreto, ma anzi è mostrato come prova di resurrezione personale, è una fraternità larga e vissuta seriamente. Per gli apostoli del risorto quelli che incontrano sono un fratello o una sorella, cioè una persona con la quale condividere tutto, la cui vita mi riguarda e mi interroga, verso i quali mi sento responsabile e sono chiamato a intervenire. Questo faceva sì che, sottolineano gli Atti, “Nessuno infatti tra loro era bisognoso.” È la realizzazione concreta del sogno di fraternità che Gesù è venuto ad annunciare, che il Vangelo ci ripete ogni volta, l’opposto di quel “Sono forse io il custode di mio fratello?” con il quale Caino aveva inaugurato la fine della fraternità e la vittoria della divisione e del peccato.

Cari fratelli e care sorelle, a pochi giorni dalla festa di Pasqua la Liturgia vuole farci gustare la bellezza di un pezzo di mondo trasfigurato dalla resurrezione del Signore Gesù. È per dirci che è possibile viverla, comunicarla, renderla concretamente presente dove noi siamo. È per dimostrarci che le porte chiuse e la paura non sono l’unica risposta possibile al dolore della passione e morte che Gesù ha voluto condividere con tanti uomini e donne anche di oggi, nelle guerre, nei viaggi dolorosi, nella miseria e nei dolori di tanti paesi. Si possono aprire spazi di fraternità vissuta che parla di resurrezione, di condivisione che guarisce le ferite, di amore che lenisce il dolore.

Facciamoci anche noi annunciatori della resurrezione, ma non a parole, coi fatti, e le chiese si riempiranno, i motivi per restare fedeli al Vangelo di Gesù si rafforzeranno e si diffonderanno.

Anche la vicenda di Tommaso, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci parla di un cammino di conversione dalla fuga e la chiusura, dalla diffidenza e incredulità, alla fiducia profonda che porta l’apostolo a riconoscere Gesù e a chiamarlo “Mio Signore e Mio Dio”, cioè un Signore e un Dio che resta con me, che non mi lascia, che torna a mostrarmi le piaghe del mondo per rendermi partecipi del suo stesso amore che le ha guarite.

Tommaso passa da un’incredulità di fatto alla fede, e questo lo porta ad allargare i propri confini fino alla lontana India dove si fece apostolo e testimone del Vangelo.

Sentiamoci anche noi provocati ad aprire pezzi di mondo aperti alla fraternità, nella quale il Vangelo della resurrezione divenga vita vissuta nell’amore concreto per far sì che “non ci sia più nessuno nel bisogno”.

 

Preghiere 

  

O Signore Gesù, ti preghiamo, torna in mezzo a noi perché riconoscendo i segni della tua sofferenza capiamo meglio la forza del tuo amore che salva e guarisce. 

Noi ti preghiamo

  

Gesù, tu che dalla croce non hai maledetto chi ti faceva dal male e non sei fuggito davanti al dolore, insegnaci a vivere con tenacia l’amore dove il male è più forte,

Noi ti preghiamo

 

Come Tommaso anche noi restiamo increduli e freddi davanti all’annuncio della resurrezione. Dona o Signore anche a noi, come agli apostoli, lo Spirito di amore per riconoscerti risorto e vivo in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

  

Gesù, sciogli i vincoli della paura che ci fa’ rinchiudere in noi stessi, apri il nostro cuore ad uno spirito di fiduciosa disponibilità a voler bene ai fratelli e a lasciarci amare da te

Noi ti preghiamo

 

Come i discepoli incerti e dubbiosi anche noi viviamo spesso senza incontrarti. Donaci o Signore Gesù di riconoscerti ogni volta che il bene vince e l’amore abbatte le mura di isolamento e solitudine che circondano chi soffre,

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Dio nostro padre per tutti coloro che sono schiacciati dal dolore: i malati, gli anziani, i prigionieri, i profughi, per chi è in guerra. Liberali dal male,

Noi ti preghiamo.

 

Sciogli o Signore i legacci del dubbio e dell’incredulità che ci frena dal voler bene con larghezza a chi abbiamo accanto. Suscita fra tutti i tuoi figli uno spirito di amore fraterno che abbracci il mondo intero,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Padre misericordioso chi è nel pericolo per la sua fede, chi testimonia la forza del tuo amore in situazioni di difficoltà e chi crede nella resurrezione della vita dove essa è disprezzata e perseguitata,

Noi ti preghiamo

Pasqua di Resurrezione - Anno B - 31 marzo 2024

 


Dagli Atti degli Apostoli 10, 34a. 37-43

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

 

Sal 117 - Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3, 1-4

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo è risorto dai morti e non muore più,

Egli ci attende in Galilea.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 24,1-12

Il primo giorno della settimana, al mattino presto le donne si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: «Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno»». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto.

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, abbiamo vissuto questi giorni passati con il cuore inondato dalla tristezza per le vicende dolorose accadute a Gesù in Gerusalemme. Una storia dura di ingiustizia, persecuzione, tradimento, abbandono e infine morte. La stessa storia l’abbiamo voluta fissare sulle pareti di questa chiesa che giovedì santo si è aperta alla preghiera e alla meditazione dei fedeli della città come un memoriale dei tanti migranti in fuga da guerra, miseria e disperazione, morti nel loro viaggio di speranza verso un futuro migliore.

Ma già da anni ormai il nostro animo è appesantito anche dal dolore che tante notizie e immagini di guerra ci trasmettono da molti luoghi della terra. Siamo in tempo di guerra ed essa lambisce e occupa il nostro animo di profonde preoccupazioni.

Tutto ciò ci appare assurdo e inspiegabile e facciamo fatica a trovare la nostra posizione. Da un lato la preoccupazione, il pessimismo, ma dall’altro anche il desiderio di evadere, di non lasciarsi sopraffare. Come reagire?

Abbiamo udito dal racconto evangelico come anche i discepoli e le discepole, dopo la morte di Gesù, vivano sentimenti contrapposti: il dispiacere, ma anche la paura, il disorientamento davanti a un futuro incerto: erano preoccupati di come sarebbe continuata la loro vita.

Le donne reagiscono facendo ciò che era possibile, in realtà ben poca cosa, cioè prendersi cura del corpo morto di Gesù per assicurargli almeno una degna sepoltura.

Vanno al sepolcro portando gli oli necessari e con questo stato d’animo li coglie di sorpresa la resurrezione di Gesù. Non solo non se l’aspettavano, anche se Gesù gliel’aveva preannunciata più volte, ma anche davanti a segni evidenti, quali la tomba vuota, gli angeli che gliela annunciano, la testimonianza dei fratelli, il sudario ripiegato di lato, non riescono a crederci veramente. Altrettanto avviene a Pietro con gli altri discepoli ai quali le donne riferiscono ciò che hanno visto.

Quando il cuore è invaso dalla tristezza, quanto è difficile credere ai segni di speranza!

Si preferisce non vederli, o sminuirne la portata, come cose non risolutive. Che cambia?

Il realismo rassegnato nasconde i segni della resurrezione di Gesù dietro una nebbia di tristezza. Il Vangelo ci dice che a Pietro con gli altri “Quelle parole parvero come un vaneggiamento e non credevano ad esse.”

Care sorelle e cari fratelli anche oggi facciamo molta fatica a credere ai segni di speranza che pure nel mondo ci sono. Ogni volta che la logica della sopraffazione e degli odi è scardinata da gesti di solidarietà, ogni volta che il senso di fraternità che unisce persone diverse sovrasta le barriere frapposte dal bellicismo e del nazionalismo, ogni volta che ci si immedesima nel dolore o nella gioia di un altro invece di restare indifferenti o cinicamente calcolatori, è un segno che la vita è più forte della morte e che riafferma le ragioni del bene.

Diveniamo, fratelli e sorelle, cercatori di segni di resurrezione, capaci di coglierli nelle pieghe nascoste della vita e di rafforzarli facendoli nostri, non lasciandoli deperire nell’indifferenza di tutti. Non vederli ci rende complici del male perché rafforza il realismo rassegnato che fa dire che tanto non ci si può fare niente, che tanto la guerra e il male sono realtà normali o addirittura necessarie, nel mondo.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato si conclude con un grande senso di incertezza: la tomba è vuota, gli angeli hanno parlato, i discepoli e le discepole hanno visto, ma ancora non risuona alto il grido “è risorto! la vita ha vinto, la morte è sconfitta!” Il Vangelo lascia a noi il compito di innalzare con la nostra vita questo grido. Ogni volta che siamo attenti e partecipi alla vita colpita e umiliata, offesa dalla forza del male è un grido che innalziamo: “è risorto!”, un grido che non è solo detto a parole, ma con tutta la forza del cambiamento della realtà. Ogni volta che crediamo nella pace possibile e la riaffermiamo con gesti di mitezza e fraternità con tutti, rifiutando ogni bellicismo e normalità della guerra, innalziamo il grido: “è risorto!”

Se in tanti gridiamo con le nostre azioni e i nostri comportamenti quei segni nascosti ai quali, spesso, nessuno da peso, assumono la rilevanza dell’annuncio di resurrezione.

Facciamoci con la nostra vita annunciatori credibili e audaci della resurrezione di Cristo credendo possibile un amore più forte dell’odio, una pace più forte della guerra, una vita più forte della morte. È l’annuncio di Pasqua è la salvezza che il Signore Gesù è venuto a portare all’umanità intera. Completiamo con la forza delle  nostre azioni il Vangelo che abbiamo ascoltato, dando compimento alla promessa di Gesù che torna da noi e si fa incontrare da noi vivo e risorto, forte e audace di un amore che non finisce sotto i colpi della passione e non è inchiodato alla croce, ma risorge ogni volta che lo prendiamo sul serio e lo facciamo nostro. Cristo è risorto, veramente è risorto!

 

Preghiere 

 

O Signore nostro Gesù Cristo, ti rendiamo gloria perché con la tua resurrezione hai vinto la morte e rendi chi ti resta vicino vittorioso sul male,

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo o Signore, perché qui nella tua casa riceviamo l’annuncio gioioso della vita che vince la morte. Aiutaci a non fuggire il male che vediamo attorno a noi, ma a vincerlo con la forza del tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù, tu che dalla tomba sei sceso negli inferni per portarvi la salvezza della resurrezione, visita i luoghi di guerra e di dolore e risolleva quanti in essi sono prigionieri del male, perché trovino presto la salvezza che attendono,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi e che in ogni parte della terra in questo giorno ti proclamano risorto. Fa’ che viviamo sempre in unità, come una famiglia radunata dalla tua Parola attorno all’unica mensa

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio perché tutti gli uomini che ancora non ti conoscono possano presto udire l’annuncio del Vangelo di resurrezione e, divenuti tuoi discepoli, essere rivestiti della forza del tuo amore

Noi ti preghiamo.


 

Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco che annuncia al mondo il Vangelo e testimonia la forza invincibile del tuo amore. Sostienilo nelle difficoltà, rendi la sua vita un segno eloquente della gioia della resurrezione,

Noi ti preghiamo

 

 Salva o Dio misericordioso tutti coloro che ti invocano. In modo particolare ti preghiamo di proteggere coloro che vivono dove infuria la guerra e la violenza. Dona la tua pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo O Signore Gesù perché hai affidato alla debolezza delle donne venute al sepolcro l’annuncio della resurrezione rendendole testimoni audaci della forza del tuo amore. Fa’ che anche noi, nonostante la nostra fragilità e piccolezza diveniamo forti della resurrezione difronte all’arroganza del male,

Noi ti preghiamo