martedì 31 ottobre 2023

Festa di Ognissanti - Anno A - 1 novembre 2023

 


 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

 

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-3

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me, voi tutti affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, un’antica tradizione ebraica afferma che l’esistenza del mondo è legata alla presenza sulla terra di 36 giusti in ogni generazione, i quali “accolgono la Shekhinah” cioè la Presenza Divina che si abbassa fino ad essere alla portata degli uomini (Trattato Sanhedrin 97b; Trattato Sukkah (Talmud) 45b). La loro presenza permette il fatto che l’umanità possa ancora esistere e non venga annientata, o piuttosto, non si autoannienti. Questi giusti, anonimi e sconosciuti, sostengono il peso di un mondo così carico di dolore e ingiustizia, come l’inizio della prima lettura dal libro dell’apocalisse oggi descrive bene: “un angelo, con il sigillo del Dio vivente … gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».”

La tradizione ebraica in qualche modo rievoca quando raccontato nella Genesi, quando l’angelo del Signore, in un dialogo serrato con Abramo, contratta con lui le condizioni per accettare che la città di Sodoma scampi alla distruzione meritata per il dilagare in essa della violenza: “se vi si troverà in essa 50, poi 45, 30 e infine 10 giusti?” implora Abramo in un crescendo.

Questa è la realtà anche oggi

Tanti segni ci fanno pensare che il nostro mondo è governato da forze autodistruttive che ne pregiudicano sempre più l’esistenza. Basti pensare alle numerose guerre che insanguinano tanti popoli.

Come potremo chiamarle se non un processo autodistruttivo dell’umanità?

La festa di oggi viene a dirci che esiste un argine possibile a questo processo che è la presenza di persone le quali, animate da una forza di segno contrario, sono in grado di accogliere la presenza di Dio fra gli uomini, di riattualizzare la Shekinà, e di dargli un posto sulla terra. Essi sono i santi. È la loro forza di cura del mondo e dell’umanità che ci permette di resistere agli assalti della foga autodistruttiva e di scorgere una speranza possibile per il nostro futuro.

Come per i 36 giusti della tradizione ebraica, questi santi del nostro tempo sono anonimi, cioè operano senza clamore né bisogno di megafoni, eppure la loro azione è decisiva e grandiosa, di portata cosmica. Questo fatto ha significati profondi: il primo è che la santità è una via possibile per tutti, non solo per pochi eroi eccezionali: ognuno può essere un argine alla forza autodistruttiva del male riaffermando le ragioni del bene lì dove egli si trova, sfidato a farsene carico.

Il secondo significato è il fatto che è il bene ad essere “normale” e non una virtuosa eccezione. L’accettazione della “normalità” del male come dimensione naturale del vivere umano porta a pensare al bene come qualcosa che esula dalle possibilità ordinarie, isolandolo, appunto, nel caso straordinario. Questo giustifica la partecipazione di ciascuno all’opera del male e lo solleva dalla responsabilità di contrastarla.

Oggi festeggiando tutti i santi ci chiediamo: può esistere ancora a lungo il mondo senza uomini giusti, umani, argine al dilagare scomposto del male autodistruttivo delle guerre? Quanto ancora riusciremo ad andare avanti senza sbranarci l’uno con l’altro se non ci fosse il richiamo muto ma potente di persone che non cedono al male come la normalità del proprio vivere?

Cari fratelli e care sorelle, oggi ricordando tutti i santi non ricordiamo immagini oleografiche e distanti o eroi ineguagliabili, ma la vita di chi ha deciso che è il bene ad essere la normalità e che non si può continuare a distruggere se stessi, gli altri, il mondo e la natura tollerando che tutte le energie autodistruttive, dalla più banale dell’antipatia e dell’arroganza a quella più eclatante della guerra e del terrorismo, corrodano l’umanità e la umilino fino a rendervi irriconoscibile l’immagine che Dio ha voluto imprimervi, la sua. Preghiamo allora oggi perché ciascuno accolga la presenza di Dio fra gli uomini che trova nella generosità altruistica il marchio che gli angeli imprimono a salvezza di quanti, amati dal Padre, se ne fanno portavoce e testimoni. 


Preghiere 

  

Aiutaci o Dio, Signore nostro, a comprendere il bene che tu desideri per l’umanità intera, affinché impariamo a non sfuggire la decisione di farcene fattivi collaboratori,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni i nostri passi nelle difficoltà della vita, perché, come fanno i Santi in ogni tempo, sappiamo lottare contro il male e tenere viva la speranza fiduciosa nella forza del bene che con il tuo aiuto prevale,

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Dio onnipotente tutti coloro che macchiano la propria vita con i compromessi con il male e l’orgoglio del volersi salvare da sé, fa’ che sappiamo essere discepoli tuoi, o maestro di mitezza e di misericordia,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Padre per tutti coloro che con fatica e impegno lavano la propria vita nel sangue del dolore dei fratelli e delle sorelle. Benedici la loro tribolazione perché produca frutti di bene per tutta l’umanità,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Signore Gesù a riconoscerti Signore e Salvatore della nostra vita, perché anche noi, accostandoci al trono della tua croce, impariamo la beatitudine dell’amore per gli altri,

Noi ti preghiamo

  

Dona o Dio pace al mondo intero, guarisci le piaghe della violenza e argina la corrente di odio che sovrasta i popoli e le nazioni. Rendi ciascuno di noi un operatore di riconciliazione e un costruttore di pace vera,

Noi ti preghiamo.

  

Ascolta o Dio il grido del povero, in modo particolare ti invochiamo per chi è malato e senza casa, per chi è umiliato dall’ingiustizia e schiacciato dal dolore. Dona a tutti guarigione e salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Benedici e proteggi o Padre misericordioso tutti coloro che annunciano e testimoniano il tuo Vangelo. Rafforza il nostro papa Francesco, perché le sue parole entrino nei cuori e guidino i passi di chi è stanco e affaticato,

Noi ti preghiamo

lunedì 30 ottobre 2023

XXX domenica del tempo ordinario - Anno A - 29 ottobre 2023

 


Dal libro dell’Esodo 22,20-26

Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

 

Salmo 17 - Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza, +
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,5c-10

Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 22,34-40

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

 

Commento

 

Nel brano tratto dal libro dell’Esodo abbiamo ascoltato un frammento delle numerose leggi che Dio offrì al popolo di Israele, sul monte Sinai, nel corso del lungo viaggio nel deserto che lo portò ad uscire dalla schiavitù in Egitto per giungere alla libertà della Terra Promessa.

Oggi quella terra è duramente segnata da tanto dolore. Il terrorismo omicida ha seminato morte nella terra di Israele, con l’eccidio del 7 ottobre scorso, e poi da allora fino ad oggi la ritorsione israeliana ha distrutto vite e case, scuole, ospedali, chiese e moschee in Palestina, come ben sappiamo.

Eppure quella era la terra promessa da Dio ai suoi figli perché potessero vivere in pace e prosperità, crescendo come figli di quell’Abramo con il quale Dio aveva stretto un patto eterno di alleanza.

Oggi i discendenti del patriarca Abramo, ebrei, musulmani e cristiani, hanno fatto di quella “terra promessa” una “terra maledetta”, sconsacrata dallo spargimento del sangue del fratello e della sorella. A questa maledizione partecipano non solo i suoi abitanti che fisicamente oggi si combattono  e si uccidono e distruggendo quei territori, ma tutti quelli che in tanti modi diversi, diretti e indiretti favoriscono l’esplosione della violenza, con i finanziamenti economici e la fornitura di armi, con l’appoggio politico ad una e all’altra parte, con la propaganda che mira a sminuire il dolore degli uni o quello degli altri.

C’è bisogno di un nuovo esodo spirituale dalla terra della schiavitù della guerra, dell’odio e della violenza, verso una nuova terra promessa in cui sia possibile vivere la pace! E questo è un esodo al quale tutti siamo chiamati a partecipare, proprio perché nessuno è immune dallo spirito bellicoso che questi ultimi anni ha attecchito nelle nostre società.

Questo esodo, come fu per Israele il cammino dall’Egitto alla Palestina, è un cammino lungo e difficoltoso, irto di ostacoli e pericoli, ma che fu sempre accompagnato da Dio, tappa dopo tappa. Sì, il viaggio di esodo dallo spirito bellicoso e aggressivo verso la terra resa santa dalla pace di Dio segue le tappe della sequela del Dio di Abramo. Non c’è altra strada o scorciatoia possibile.

Oggi abbiamo ascoltato nella prima lettura come uno dei modi con i quali Dio accompagna Israele è il dono della legge. La legge di Dio, come quella degli uomini, pone un limite all’individuo e alle comunità: egli non è onnipotente, la sua volontà non può essere esercitata in modo illimitato. Nelle parole appena lette vediamo che il limite che Dio impone è quello della compassione, cioè della capacità di riconoscere come proprio il dolore, la gioia, la speranza e il bene vissuto e cercato dall’altro. Questo significa riconoscere nell’altro un fratello e una sorella non solo il cui bene mi sta a cuore, ma bene del quale coincide con il mio bene.

Con queste prescrizioni Dio manifesta una preoccupazione e un’attenzione paterna che non solo non ammette che chi ha bisogno di un aiuto debba umiliarsi e soffrire fino a restare senza la coperta per ripararsi dal rigore del clima notturno, ma anche non accetta che qualcuno possa divenire così insensibile da infierire su chi ha bisogno fino a ignorarne la sofferenza.

Quanta distanza da quello che vediamo accadere in questi giorni! Oggi il proprio dolore diventa motivo e giustificazione per infierire sull’altro e imporre altrettanto dolore, e anche di più. È la logica stravolta della guerra: il mio male subito diventa motivo per cercare il male dell’altro, l’esatto contrario di quello che osservavamo prima.

Con il brano evangelico che abbiamo appena ascoltato Gesù porta a compimento quella legge della compassione donata da Dio a Israele nel deserto.

Egli fonde l’amore dell’uomo per Dio e per i fratelli in un unico grande primato, quello del voler bene all’altro. La vita cristiana ci insegna infatti che non c’è amore per gli uomini se non si ama Dio e, allo stesso tempo, per poter amare Dio non si può non voler bene agli uomini.

Gesù torna a dirci che la strada per arrivare a Dio incrocia necessariamente quella che porta agli uomini. È, si può dire, il senso ultimo dell’incarnazione: non possiamo amare Dio che ci si fa vicino a noi in Gesù, se non amiamo, in lui, anche l’uomo che egli fu. Ed è così frequente dimenticarlo! A volte preferiamo separare in Gesù l’uomo da Dio, come a farne un superuomo totalmente diverso da noi, o un puro spirituale, tanto da ritenere impossibile imitarlo e seguirne l’esempio.

Invece amando Gesù tutto intero, vero Dio e vero uomo, impariamo che solo amando il fratello e la sorella scopriamo in essi l’immagine stessa di Dio.

Cari fratelli e care sorelle, mettiamoci in cammino per il nuovo esodo verso la terra santa della pace. Lo sforzo di ciascuno è utile e necessario, e camminando nel popolo di Dio il nostro entusiasmo e la nostra determinazione trascinerà altri nella direzione giusta. Dio ci accompagna e ci guida, sostiene gli uomini e le donne di buona volontà col dono della pace, come promisero gli angeli alla nascita di Gesù.

 

Preghiere 

 

O Dio che ci hai amato per primo, e ci accompagni fin dal seno di nostra madre nel cammino della vita, fa’ che ricambiamo il tuo affetto amando te e i fratelli,

Noi ti preghiamo

  

O Dio fa’ che impariamo a comprendere il Vangelo vivendolo e a comunicarlo testimoniandolo. Rendici discepoli attenti e pronti a metterlo in pratica,

Noi ti preghiamo

 

O Signore misericordioso, abbi pietà del peccato della divisione che troppo spesso ci isola da tutti. Facci scoprire la bellezza di un amore che ci apre alla fraternità e ci fa incontrare in te il nostro Padre comune.

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù salva quanti in queste ore sono nel pericolo a causa della guerra e della violenza, dona pace ai paesi sconvolti dai conflitti,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Dio quanti sono nel bisogno e insegnaci ad amarli come fratelli e sorelle, perché riconosciamo nel loro volto quello di Gesù umiliato e perseguitato,

Noi ti preghiamo

  

Rafforza o Padre del cielo le mani di quanti operano per la pace fra gli uomini e vivono la solidarietà con quanti sono nel bisogno. Perché la loro opera provochi tanti a farsi operatori di bene,

Noi ti preghiamo.

  

Ti invochiamo o Dio, guida e proteggi papa Francesco da ogni male. Sostienilo nel compito gravoso di essere pastore e testimone del Vangelo, donagli parole che scaldino i cuori all’amore per te e per il prossimo,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio la tua Chiesa ovunque diffusa nel mondo. Soprattutto dove i discepoli di Cristo sono perseguitati e dove la violenza li costringe alla fuga,

Noi ti preghiamo

 

sabato 21 ottobre 2023

XXIX domenica dfel tempo ordinario - Anno A - 22 ottobre 2023

 


Dal libro del profeta Isaia 45,1.4-6

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri».

 

Salmo 95 - Grande è il Signore e degno di ogni lode.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,1-5b

Paolo e Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.  Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Risplendete come astri nel mondo,
tenendo alta la parola di vita.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 22,15-21

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?» Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci mostra Gesù che insegna a Gerusalemme, mentre le autorità religiose non nascondono il loro fastidio per quell’uomo che pretendeva di avere un modo nuovo di insegnare la fede antica di Israele, diverso dal loro.

Alcune di quelle persone colte e autorevoli contestano Gesù cercando di coglierlo in contraddizione su di un tema spinoso, quello del tributo imposto dagli odiati romani, i potenti colonizzatori di quei tempi. Ogni possibile risposta conteneva un tranello: se avesse detto che non bisognava dare il tributo si sarebbe proposto come un rivoluzionario che istigava alla ribellione contro il potere costituito; se invece diceva che era giusto darlo avrebbe offeso il desiderio di libertà dei giudei. Dare una risposta era veramente difficile.

In fondo quante volte anche noi ci sentiamo stretti fra scelte opposte e inconciliabili? È giusto fare qualcosa per gli altri, ma ci sono le responsabilità nei confronti dei miei. È giusto essere generosi, ma bisogna anche essere prudenti e limitarsi. Sappiamo cioè che bisognerebbe agire in un certo modo, ma motivi altrettanto seri ci consigliano di non farlo. È l’eterno dilemma che conduce alla conclusione che il Vangelo non lo si può vivere a pieno, che è qualcosa di impossibile da realizzare nella vita concreta, che bisogna accontentarsi di compromessi e aggiustamenti, di una via mediana.

Gesù davanti al dilemma che gli viene proposto risponde non con un compromesso equilibrato che non scontenti nessuno, piuttosto, parte dalla constatazione che l’immagine che è impressa sulla moneta è quella di Cesare, simbolo del potere in quel tempo, e conclude che non vale la pena competere con il potere di questo mondo in ciò che lui stesso ha inventato per rafforzare il proprio dominio. La moneta, infatti, altro non è che un dischetto di metallo, oggi addirittura un pezzo di carta, che diventa uno straordinario strumento di potere perché ha impressa un’effigie. Attraverso di essa si esercitano il dominio, il possesso, l’asservimento, lo sfruttamento delle cose e delle persone. Grazie ad essa l’uomo ha la pretesa di affermare che tutto ha un prezzo, e che la vita è un mercato nel quale tutto si può comprare o vendere e che lo scopo primario dell’esistenza è guadagnare. Per questo Gesù dice che non vale la pena sottomettersi a questo potere di compravendita e passare la vita a cercare di contenderselo: lasciate a chi crede che la felicità sia nel contendere agli altri questo potere, cioè simbolicamente a Cesare, la falsa soddisfazione di esercitarlo mercanteggiando su tutto.

Aggiunge poi di rendere invece “a Dio quel che è di Dio.” Ma se ci è abbastanza chiaro cosa appartiene alla sfera del potere dei “Cesare” di ogni tempo, che cosa è “di Dio”?

Nel sentire moderno tutto è dell’uomo: i suoi pensieri, le sue azioni, i suoi beni, le sue doti, le sue conquiste, le sue opere, ecc… possediamo le spiegazioni, i meccanismi, i processi con cui tutto si realizza, dal pensiero ai sentimenti, ai fenomeni naturali semplici e complessi, alle funzioni organiche. Possediamo persino i processi vitali, dato che la tecnologia li sta sempre più efficacemente controllando e surrogando. Anche l’intelligenza, cioè ciò che distingue l’uomo nel regna naturale delle creature, può essere artificiale. Tutto è in nostro possesso perché è sotto il nostro controllo, in nostro potere! Cosa resta “di Dio”?

Il libro della Genesi con le sue immagini semplici e chiare pone le basi di una diversa visione del mondo e dell’uomo. Nel suo racconto l’uomo e tutto quello che ha a sua disposizione non è propria opera o possesso, ma è una creazione di Dio che gli viene gratuitamente affidata in custodia. Dio ha impresso sul creato la propria immagine, come Cesare ha fatto sul denaro. L’immagine di Dio impressa sulla natura che egli ha creato è la bellezza, l’armonia, la bontà, e, dopo averla fatta esistere, Dio ce l’ha offerta. Attraverso questo dono Dio dimostra che non esercita un possesso geloso sul creato, ma ha il potere generoso del dono e dell’amore gratuito per esso nel suo complesso.

Per questo niente della nostra vita e del creato è un possesso di cui l’uomo possa vantarsi di essere padrone assoluto, nemmeno i beni acquisiti, insegna la dottrina cattolica, perché tutto ha impresso l’immagine di Dio e l’uomo ne è solo il custode e l’amministratore per il bene di tutti. La vita di nessuno si compra e si vende, neppure con la somma più grande del mondo. Su di essa ciascuno esercita un potere relativo, è a propria disposizione, possiamo usarla per il bene comune, ma non la possediamo. Ne è la prova evidente ciò che dice Gesù: “chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?” (Mt 6,27)

Non possiamo acquistare la nostra vita e non possiamo venderla, l’unica cosa che possiamo fare della nostra vita è donarla. Per questo Gesù dice “rendete a Dio”, cioè restituite a lui quello che lui vi ha donato.

Cosa vuol dire restituire a Dio la vita che ci ha donato? 

Nella parabola dei talenti chi nasconde il proprio tesoro e lo sotterra per paura, credendo così di mettersi al sicuro dai rischi di rimetterci, può ridare indietro solo quanto ha ricevuto, ma chi invece l’ha messo a frutto investendolo e usandolo per gli altri, lo restituisce al Signore moltiplicato. È come ha fatto Dio con la sua vita: l’ha donata, moltiplicandola per tutto il numero degli esseri viventi, così a noi è chiesto di moltiplicare la nostra vita facendola tornare a Dio aumentata nel donarla agli altri cioè regalando agli altri il dono ricevuto, il tempo, le energie, le capacità.

Rendere a Dio ciò che di lui abbiamo, cioè la vita, non significa dunque preservarla e metterla al sicuro, ma rischiare nel regalarla. La vita regalata si moltiplica e ritorna a Dio. La vita gelosamente conservata e messa al sicuro dietro la cassaforte di un cuore irraggiungibile deperisce e muore.

Ecco che allora questo brano del Vangelo, semplice e scarno, racchiude una grande verità. E cioè che della nostra vita dobbiamo rendere conto non solo alla fine, ma ogni giorno su come la spendo, se facendo fruttare i doni ricevuti, o sprecandoli nell’inutilità, se l’ho umiliata, oppure l’ho esaltata nella sua bellezza più profonda e autentica, come una fiamma che se comunicata aumenta la sua luce e il suo calore.

Il giudizio non è solo alla fine, quando non si può più fare niente. Il giudizio è quotidiano. Non fuggiamolo nascondendolo con l’illusione del potere di comprare e vendere tutto, riconosciamoci invece forti solo dell’unico grande potere che abbiamo, quello di donare la vita e, così facendo, di salvarla rendendola duratura per l’eternità.


Preghiere 

  

O Signore nostro, Dio onnipotente, ti ringraziamo per il dono della vita e di tutto quello che abbiamo a disposizione per mantenerla. Fa’ che non la sprechiamo preservando questo tesoro solo per noi stessi,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù, insegnaci a far fruttare il dono della vita spendendola per gli altri e a moltiplicarla rendendola utile a molti,

Noi ti preghiamo

 

Perdonaci o Signore per la tentazione di nascondere e trattenere per noi stessi i talenti e i doni che abbiamo ricevuto. Fa’ crescere in noi un animo generoso e un cuore largo,

Noi ti preghiamo

 

Ti chiediamo, o Padre onnipotente, di farci ascoltare con disponibilità il Vangelo perché facendolo entrare nei nostri cuori e mettendolo in pratica salviamo la nostra vita,

Noi ti preghiamo

 

Ascolta o Dio la preghiera di chi è nel bisogno. Libera tutti quelli che in questi giorni sono colpiti dalla violenza della guerra. Dona a tutti una prospettiva serena per il proprio futuro, pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

  

Soccorri o Padre del cielo quanti fuggono da guerra e miseria cercando un approdo sicuro là dove c’è pace e benessere. Perché ovunque nel mondo le comunità dei credenti divengano casa e famiglia dei senza casa e senza famiglia,

Noi ti preghiamo.

 

Guida o Signore gli uomini di buona volontà perché rendano il mondo più vivibile e giusto. Perché la casa comune del creato sia amato e rispettato da tutti e le sue risorse utilizzate con lungimiranza,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore Gesù i tuoi figli ovunque dispersi, perché riuniti nel tuo nome rendano lode al tuo Nome e con gioia ti celebrino risorto e vivo in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

lunedì 16 ottobre 2023

XXVIII domenica del tempo ordinario - anno A - 15 ottobre 2023

 



Dal libro del profeta Isaia 25,6-10

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». 

 

Salmo 22 - Abiterò per sempre nella casa del Signore.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare, +
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 4,12-14.19-20

Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Signore illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 22,1-14

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nunziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nunziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Gesù usa spesso l’immagine del banchetto per rappresentare il Regno dei cieli, cioè il tempo nel quale egli eserciterà la sua piena signoria, senza i condizionamenti e i limiti del mondo attuale. Il Regno dei cieli è pertanto, come descrive bene la prima lettura dal profeta Isaia, un tempo nel quale è eliminata “la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto”. Un Regno dunque dove il male non ha potere, non esercita più, come fa qui ora, la sua signoria.

In questi giorni abbiamo visto quanto il male sia libero di agire e si impadronisca della vita di tanti. Lo vediamo negli scenari di guerra e terrorismo che si sono aperti in Terra Santa, nelle tante ferite delle guerre che insanguinano ormai da lungo tempo l’Ucraina, la Siria e tanti altri Paesi del mondo con conseguenze enormi di dolore e morte.

Il Regno di Dio è dunque la prospettiva verso la quale Dio vuole che la storia dell’umanità si incammini, e la sua realizzazione sta nella ribellione di ciascuno alla schiavitù del male, delle ingiustizie, della guerra. Ogni azione, ogni decisione di ribellione ad essa per riaffermare le ragioni della pace è un passo in avanti in questo lento, faticoso, ma inarrestabile cammino verso il Regno.

Qualcuno potrebbe dire che questa è una pia illusione: quando mai gli uomini saranno unanimi nel voler eliminare la guerra dalla terra? Troppo debole e fragile la nostra volontà, troppo audace una scelta che ci sembra quasi contro natura, tanto contraddice il normale flusso degli eventi umani. Proprio per questo Paolo afferma, come abbiamo ascoltato: “Tutto posso in colui che mi dà la forza.” Cioè il cammino verso una pace duratura e giusta deve sì compierlo l’umanità, ma la forza per farlo ce la darà Dio se gliela chiediamo, e questo rende possibile la realizzazione del Regno che noi, da soli con le nostre sole forze umane, non potremo mai darci.

Il brano evangelico ascoltato ci mostra Gesù che cerca di spiegare alla gente del suo tempo proprio questa realtà della prospettiva del Regno di Dio come traguardo da raggiungere, e lo fa utilizzando l’immagine di un banchetto. È subito chiaro che è il pranzo più ricco e sontuoso che potremmo mai immaginare: il banchetto di nozze che il re fa per suo figlio. È la pace, la gioia più grande che si possa essere! Tutti sono invitati, ma molti ignorano l’invito. Colpisce la banalità delle giustificazioni: “quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari.” Il rifiuto della pace infatti spesso non avviene per motivi eccezionali, ma la banalità del male si insinua nelle pieghe della vita quotidiana, delle abitudini, fino a far diventare la guerra accettabile e normale. Il re allora insiste con gli altri, ed ecco che finalmente la festa può iniziare. In un brano analogo del Vangelo di Luca il re dice al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi” (14,21) i quali accolgono volentieri l’invito e riempiono la sala.

Cari fratelli e care sorelle, la parabola del banchetto del Regno al quale Dio ci invita descrive bene anche le nostre reazioni. Quanto è facile infatti trattare con noncuranza Dio che ci invita a festeggiare vivendo la pace e la concordia fra gli uomini che caratterizza la sua signoria, il suo Regno. E questo non avviene perché abbiamo da contrapporre nostri grandi progetti alternativi, ma per le piccole cose della vita quotidiana, le abitudini, il campo, gli affari. Esse ci riempiono vita, occhi, cuore e mente, e non ci fanno vedere la prospettiva alla quale Dio ci chiama.

Quando ragioniamo così la pace ci appare un sogno ingenuo, quasi da bambini, mentre noi siamo ormai adulti; è un’utopia, ma noi siamo ormai smaliziati; è una speranza che chiede di avere fiducia, ma noi abbiamo fiducia solo nelle nostre ragioni, in genere solidali con chi è più forte. Eccoci allora chini sui nostri campi, affannati, delusi e pieni di recriminazioni.

Chi è che accoglie l’invito al banchetto? Chi non ha niente a cui aggrapparsi, cioè i poveri, che in questo tempo sono soprattutto quanti soffrono la guerra e quanti la fuggono cercando salvezza lontano. Per loro la prospettiva del Regno di pace è gioia al posto della tristezza, vita invece della morte e distruzione.

Cari fratelli e care sorelle, l’evangelista Matteo sottolinea come a quel banchetto partecipino buoni e cattivi, proprio a significare che l’invito a vivere in pace non è per chi riesce a imporre la propria ragione, ma un dono dell’amore gratuito di Dio. Egli ci vuole tutti partecipi della sua vita ricca e felice, ma oltre a quelli che rifiutano ci sono altri i quali, pur partecipando ad essa, non fanno di quella festa il loro modo di vivere: ne godono, ma non vi partecipano pienamente. È l’esempio di quel convitato che partecipava al banchetto senza l’abito della festa. Quanto disprezziamo la pace noi che la stiamo vivendo da così tanto tempo! Quest’abito è la gratitudine: cioè il rendersi conto che senza quell’invito, senza il dono della pace, senza quel cibo e quella festa, senza il re che nonostante tutto ti invita la tua esistenza sarebbe ben misera e triste. Rendiamoci conto, fratelli e sorelle, che siamo tutti dei poveracci, che se non ci incamminiamo con decisione verso la festa del Regno della pace di Dio restiamo fermi, impantanati nella palude del male e pericolosamente giustifichiamo o rendiamo accettabile l’orrore della guerra. Chiediamo invece a Dio la forza di incamminarci e di giungere un giorno al banchetto dove il re in persona, sulla porta, attende e accoglie quanti si sottomettono alla sua signoria e vivono la vera pace.

 

Preghiere 

  

Ti ringraziamo o Signore per l’invito che ci fai a partecipare alla festa del Regno di pace che tu vuoi sia imbandito per tutti i popoli della terra. Fa che con gioia celebriamo il banchetto del tuo amore,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Dio la durezza del nostro cuore e l’indifferenza con cui disprezziamo l’invito a gioire del dono della pace. Fa’ che sia sempre per noi motivo di grande gioia,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio del cielo perché non preferiamo la normalità banale della vita ordinaria alla straordinaria novità del Vangelo,

Noi ti preghiamo

  

Accogli o Dio nel banchetto della tua pace tutti i popoli oggi in guerra, perché in amicizia e solidarietà l’umanità intera possa condividere la gioia del dono del tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre buono tutti quelli che sono nel pericolo e nel dolore. Per le vittime della guerra e chi è duramente colpito dalla forza del male: dona a tutti salvezza e guarigione

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Gesù in modo particolare quelli che vivono nelle strade delle nostre città, perché povertà e solitudine non li schiaccino sotto un peso insopportabile e siano consolati dal calore accogliente dei fratelli e delle sorelle,

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Dio tutti coloro che nel mondo annunciano la novità del Vangelo e la vivono nella gioia. Fa’ che la testimonianza di una vita spesa per amore degli altri raggiunga ogni uomo e ogni donna e tocchi il loro cuore,

Noi ti preghiamo

  

Accompagna sempre con benevolenza o Padre gli sforzi degli operatori di pace, perché non manchi mai nel mondo chi fa’ il bene e lotta per la giustizia,

Noi ti preghiamo

 

venerdì 13 ottobre 2023

XXVII domenica del tempo ordinario - Anno A - 8 ottobre 2023

 

 


Dal libro del profeta Isaia 5,1-7

Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.   

 

Salmo 79 - La vigna del Signore è la casa d'Israele.

Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo, vedi e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,6-9

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.  Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.  Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».  Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».  E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, mercoledì scorso, 4 ottobre, abbiamo festeggiato la memoria di S. Francesco di Assisi. La nostra città, ed anche la nostra parrocchia, è stata visitata da Francesco e oggi celebriamo la memoria di questo figlio della terra umbra che ci è caro, tanto umile e piccolo agli occhi del mondo, quanto grande a quelli di Dio.

Il Vangelo di Luca ci riporta le parole di Gesù: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” Sì, le cose di Dio sono nascoste se le cerchiamo con lo sguardo “esperto” e “sapiente” di chi sa come va il mondo e come comportarsi, di chi la sa lunga, e sono invece visibili a chi si fa piccolo e umile e le cerca sbarazzandosi del peso ingombrante delle “sapienze” del mondo.

È quello che fece Francesco. Conosciamo la sua storia, e vorrei sottolineare alcuni tratti che mi sembrano particolarmente significativi per noi e per il nostro tempo.

Sappiamo che Francesco era un giovane di successo, ricco e ambizioso: desiderava primeggiare nel gruppo dei coetanei “bene” della sua città, attraverso gli eccessi e l’uso dei soldi per attrarne la benevolenza, ma anche desiderava mettersi in luce con le sue gesta militari, come cavaliere.

Il giovane Francesco coltivava queste ambizioni seguendo le mode e i canoni della sua epoca: era normale per i giovani del suo ambiente borghese. Era questa la mentalità del suo mondo, così come anche oggi la mentalità comune del nostro mondo ci suggerisce alcuni modelli di successo ottenibile attraverso gli eccessi, la stravaganza, l’esibizione della ricchezza. Io credo che a noi non risultino particolarmente attrattivi questi modelli appariscenti, e preferiamo la via modesta, bassa, dai toni dimessi e non vistosi, senza ambizioni esagerate.

Eppure Gesù aveva detto: “Chi tra voi vuol diventare grande sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti.” (Mc 10,43) Cioè Gesù non condanna il desiderio di primeggiare, la voglia di essere considerato “grande” e “il primo”, solo mette in guardia dalle vie che il mondo suggerisce e ne indica di nuove: il servizio e l’umiltà.

Così a Francesco, ed oggi anche a noi, Dio non indica la via della moderazione di una vita parsimoniosa e modesta, al contrario esorta a restare eccessivi nel voler bene e a esagerare nel mettersi al servizio degli altri, a partire dagli ultimi. Cioè, in sintesi, Dio apprezza che qualcuno ambisca a primeggiare nell’avere la benevolenza e l’amicizia degli altri, ma non di quelli che contano per trarre vantaggio, ma di quelli di cui nessuno si occupa.

Francesco cominciò a capire e a vivere tutto ciò dopo un lungo cammino interiore del quale i biografi ci riportano due tappe fondamentali.

La prima fu quando Francesco incontrò alcuni lebbrosi: “il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo.” (Testamento, Fonti Francescane 110) Ovvero Francesco, sulla spinta del Signore, cioè seguendo il suo esempio e insegnamento, non fugge, come aveva sempre fatto, l’incontro con quelli che all’epoca erano gli ultimi degli ultimi, i lebbrosi, e avvicinandosi ad essi sperimenta la “dolcezza” del volergli bene, una dolcezza spirituale ma anche concreta, una felicità diversa.

E poi, più tardi, vagando per le campagne di Assisi si imbatte nella chiesetta di S. Damiano e lì ebbe un dialogo con il crocefisso che gli parlò. Quel Gesù maltrattato e ferito con crudeltà assomigliava così tanto ai lebbrosi feriti e umiliati di cui era diventato amico, tanto che da immagine abituale e scontata (chissà quante volte aveva visto un crocefisso!) diventa una persona che gli parla. Il Vangelo di Gesù letto attraverso l’esperienza dell’incontro con i poveri parla alla sua vita, al suo mondo, non è più una lettera muta del passato.

Care sorelle e cari fratelli, Francesco è un uomo grande e un esempio anche per noi. Come dicevo all’inizio, i suoi occhi seppero leggere e capire il messaggio di salvezza del Vangelo in profondità, ma non per la sua cultura o intelligenza, ma perché lo ascoltò e lo lesse con gli occhi dei piccoli e dei poveri. Sembra strano ma, come fu per Francesco, anche noi non riusciremo mai a sentire parlare il nostro Dio, ferito e maltrattato sulla croce, se non dopo averlo incontrato nelle persone dei più poveri. Non esistono altre vie o scorciatoie.

Al tempo di Francesco i lebbrosi, come accennavo, erano gli ultimi: venivano giudicati male, perché la malattia era vista come frutto delle loro colpe; erano temuti ed evitati per paura del contagio; erano tenuti fuori dalle mura cittadine, esclusi dalla vita sociale. In qualche modo è quello che oggi si fa con i migranti. Anch’essi sono accusati di minacciare il nostro mondo ricco, sono temuti per il contagio delle loro disperazioni, esclusi e tenuti lontani da reticolati, muri e leggi sempre più restrittive.

Oggi non possiamo riconoscere Gesù, uomo giudicato male e perseguitato dagli uomini del suo tempo, se non riconosciamo il suo volto in quello di ogni immigrato che incontriamo per strada, giudicato male e perseguitato dagli uomini del nostro tempo. Essi, assieme a tutti gli altri poveri, sono la via maestra per incontrare Dio, un dono alle nostre società perché Dio possa benedirci, cioè dire bene di chi li ama e li accoglie.

Come molti di voi sanno in questa Parrocchia da molti anni i migranti sono accolti, aiutati e amati in tanti modi concreti. Vorrei qui leggervi il messaggio di una persona che proprio pochi giorni fa ha cominciato a fare ad essi scuola di italiano nella stanza accanto a questa chiesa. Mi sembrano parole che ci fanno capire bene come i migranti possano divenire una benedizione che apre gli occhi ad una comprensione più profonda del Vangelo: “Ti vorrei ringraziare per l'opportunità che mi hai dato. Nel mio lavoro non considero i soldi il fine ma lo strumento che mi consente di avere una famiglia, pagare i dipendenti e poter offrire un buon servizio ai miei clienti. Ieri è stato diverso. Finalmente (perché da anni ci pensavo) ho sperimentato come lavorando gratis con l'umiltà per poter aiutare qualcuno si riceve in cambio un dono che nessuna moneta può comprare! Grazie.”

 

Preghiere 

O Signore ti ringraziamo per la testimonianza che ci giunge dalla vita di Francesco di Assisi. Aiutaci ad essere come lui umili servitori dei fratelli e delle sorelle e amici dei poveri.

Noi ti preghiamo

   

Aiutaci o Dio del cielo a vivere con gratitudine il dono della Bibbia. Fa’ che ascoltandola e vivendola fedelmente sappiamo vincere il peccato, la tristezza e il vuoto,

Noi ti preghiamo

 

Aiuta o Signore quanti vivono con sofferenza schiacciati dal peso della povertà. Per le famiglie in difficoltà, i disoccupati, per chi è straniero, senza casa e sostegno,

Noi ti preghiamo

  

Soccorri o Padre del cielo i popoli che sono in guerra e sconvolti dalla violenza fratricida. Fa che non manchi loro il tuo sostegno nel pericolo e il dono prezioso della pace,

Noi ti preghiamo

 

Guida o Dio e illumina i passi di coloro che annunciano il Vangelo con le loro parole e azioni. Fa’ che l’esempio di chi è tuo discepolo indichi a tanti la via verso il Regno,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore Gesù perché quanti fuggono da violenza e miseria trovino accoglienza nelle nostre città. Tu che, appena nato, sei dovuto fuggire in terra straniera dalla persecuzione di Erode, proteggi chi oggi compie viaggi rischiosi per terra e per mare.

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Dio tutti i cristiani che vivono in difficoltà per la persecuzione o la durezza della vita. Fa’ che il conforto del tuo amore li incoraggi a restare fedeli al tuo nome e li sostenga nelle prove,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore Gesù per il nostro papa Francesco che alla guida del tuo gregge ti celebra risorto e vicino alle nostre vite. Aiutalo ad essere un padre buono e un testimone credibile del Vangelo,

Noi ti preghiamo