giovedì 10 febbraio 2011

Scuola del Vangelo 2010/11 - XIII incontro: Gesù e le folle




Dopo i discepoli, di cui abbiamo già parlato all’inizio dei questi nostri incontri, la presenza più rilevante accanto a Gesù, nei vangeli, è quella delle folle. Queste sono come la prospettiva nella quale si inserisce l’operato di Gesù, lo sfondo di tutti i Vangeli: Gesù vive, parla, opera per le folle, davanti alle folle. È l’ambito naturale della predicazione e dell’azione di Gesù.
Questo elemento è significativo perché indica come Gesù abbia come scopo preciso raggiungere le folle, ma è altrettanto vero che sono le folle a cercare Gesù. Lo vedremo meglio in seguito. Per ora vorrei proporre un po’ di dati che ci aiutano a capire.
La folla è presentata assieme a Gesù circa 125 volte nei Vangeli (contro le circa 180-190 volte dei discepoli). Matteo è l’evangelista che lo sottolinea con maggior frequenza (40 volte), poi Marco (35) e Luca (34). Giovanni, pur essendo il Vangelo più esteso, presenta Gesù assieme alle folle solo in 16 passi.
Il tipo di rapporto di Gesù con le folle è descritto dai Vangeli in 8 modi diversi: quattro sono atteggiamenti e azioni della folla verso Gesù, e quattro descrivono l’attitudine di Gesù verso la folla.


1. La folla cerca Gesù (cioè segue, interroga, chiede guarigione, ecc…)
2. La folla reagisce positivamente alle parole e alle opere di Gesù (loda, dà testimonianza, esulta , si stupisce, ecc…)
3. La folla è ostile a Gesù (critica, minaccia, ecc…)
4. La folla rende difficile l’incontro con Gesù

5. Gesù ha compassione della folla
6. Gesù insegna alla folla
7. Gesù fa miracoli alla folla (sfama, guarisce)
8. Gesù congeda la folla


Vediamo ora questi punti uno per uno, cercando di trarne alcune indicazioni utili per la nostra vita.

La folla cerca Gesù


Il dato che emerge di frequente dai vangeli è che tanta gente va incontro a Gesù, lo segue, lo cerca. Di conseguenza incontriamo Gesù quasi sempre attorniato dalla folla. Tanto che a volte deve fare fatica per avere un momento di solitudine per pregare
(Lc 4,42: “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via.”,

Lc 9, 10-11: “Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono.” ecc…)

o per stare con i discepoli in disparte

(cfr. Gv 6,24: “Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.”

Mc 3,7 : ”Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea.” ecc…).
Eppure anche in questi momenti in cui è circondato, come assediato dalla moltitudine, Gesù non si nega e la incontra volentieri

(Lc 9,11: “Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure” ecc…).
Emerge una domanda irrefrenabile della folla, che è disposta a camminare molto, a restare a lungo fuori casa (Mc 8,2: “ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare.”), ad affrontare innumerevoli difficoltà pur di incontrarlo e stare con lui. Questo bisogno è riassunto efficacemente nella frase di Luca: “Gesù fu accolto dalla folla, perché tutti erano in attesa di lui.” (Lc 8,40). Questa espressione va al di sopra del fatto contingente di una volta o dell’altra, ma sta ad indicare una attesa di tutta l’umanità, il bisogno di qualcosa che le manca e che solo lui può darle.
Cosa attendono, cosa cercano? Si può riassumere la domanda della folla in tre cose: parole, guarigione, (Lc 5,15: “folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie”; a cui corrisponde Lc 9,11: “le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure”; Lc 6,19: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”),
vedere i segni compiuti (Gv 12,18: “Anche per questo la folla gli era andata incontro, perché aveva udito che egli aveva compiuto questo segno [cioè la resurrezione di Lazzaro]”; Gv 6,2: “lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi.”;; Lc 8,35: “La gente uscì per vedere l'accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l'uomo dal quale erano usciti i demòni”).
Forse anche noi dovremmo imparare a vivere come Gesù con le folle sullo sfondo della nostra vita. Cioè accorgersi ed essere sensibili alla realtà di tanta gente che ha bisogno e cerca. Noi già facciamo fatica ad accorgerci dei singoli che sono davanti a noi e a dargli importanza, figuriamoci delle folle, che nella loro sfocata presenza non si impongono, anzi. A noi ciò che è largo fa paura e suscita subito il desiderio di fuggire dietro la giustificazione che i problemi troppo larghi ci superano e non ci riguardano.
Dovremmo imparare a confrontarci con la domanda larga che viene da un popolo, con una prospettiva ampia, anche perché come dice il Vangelo “tutti siamo in attesa di lui”.
Dovremmo imparare a riflettere sulla nostra città, ad averla sullo sfondo della nostra vita e preoccupazioni, ad avvertirne l’inquietudine, a sentirne le domande profonde, a soffrire dei suoi dolori e gioire delle sue gioie. Dovremmo fare nostre le parole del Concilio: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (Gaudium et Spes, 1). Non è facile, anche perché la folla non si esprime sempre in modo chiaro, spesso lo fa in modo scomposto e contraddittorio. Vediamo la follia di certi fenomeni, purtroppo largamente presenti anche a Terni, come la droga, lo sballo del sabato sera, lo struscio serale di tanti giovani, il bullismo nelle scuole, ecc… Ma anche tanta solitudine, la fragilità del legami familiari e di amicizia, ecc… Dovremmo sentire con dolore l’assurdità di queste che sono espressioni patologiche di una ricerca di una vita diversa, di emozioni non grigie e banali, del desiderio di stare con gli altri, desideri buoni ma che non trovano la via per essere soddisfatti.
Pensiamo ad esempio al caso della protesta giovanile che a dicembre ha infuocato il centro di Roma: sono espressioni di rabbia per un futuro incerto in una vita dal cielo chiuso, che si esprime anche nella vita quotidiana nella piccola violenza o in una spietatezza esibita di fronte a chi è più debole.
Ci sono poi anche le folle nascoste che non riescono ad uscire di casa, come ad esempio gli anziani, specialmente quelli in istituto, una vera folla di disperati di solitudine in attesa della morte.
Ma poi l’orizzonte potrebbe essere ancora più largo e contenere anche le folle di tutto il mondo, che in qualche modo la globalizzazione ci porta a conoscere e incontrare. Pensiamo agli immigrati: sono rappresentanti del dolore di mondi ontani, della solitudine delle famiglie lasciate dalle badanti, o portano con sé l’eco delle guerre e delle miserie di Africa e Asia, ecc…
Gesù così viveva: sempre con la folla attorno, presente, viva, piena di domande, e non la fuggì, né si nascose dietro l’impotenza.
Dicevo all’inizio che Gesù vive per la folla e con la folla, è come proteso verso di essa, ma anche che è la folla che lo cerca, perché sente che da lui può aspettarsi una risposta alle sue domande e problemi. E’ il bisogno dell’uomo che cerca e si incontra con la salvezza che è il Signore: è questo il lieto annuncio, il Vangelo che Gesù è venuto a portare.
Chiediamoci allora: come mai le folle non cercano noi cristiani, ma si buttano a capofitto su risposte fasulle alle loro domande e problemi? Forse perché noi nascondiamo il Vangelo che ci è stato comunicato, oppure perché nemmeno noi ci crediamo tanto e, di conseguenza, non lo viviamo. Infatti la folla cerca, allora come ancora oggi, parole e segni di salvezza-guarigione. Non ascoltandone di vere e non vedendone di autentici si accontenta di quello che gli assomiglia di più: la moda, lo sballo, la salvezza individuale, il successo, il benessere, ecc…
C’è bisogno che noi impariamo a parlare come faceva Gesù: non con slogan, o frasi fatte; non in modo paternalista, come chi sa già tutto e insegna le soluzioni; non facendosi ripetitori dei maestri della sapienza del mondo, la televisione, i giornali, la saggezza comune, ecc… Per poterlo fare bisogna avere familiarità col Vangelo e imparare a parlare come Gesù: più si sta in sua compagnia, più si legge e si medita il Vangelo e più il nostro parlare si conformerà ad esso. Bisogna imparare ad avere parole di speranza che aprono prospettive nuovo e ridanno il futuro a chi lo vede chiuso.
Bisogna imparare a parlare con le parole della propria vita, perché le parole traggono forza e credibilità se accompagnate dal viverle in prima persona, come dice Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità” (1Gv 3,18-19).
Chi è disorientato non ha bisogno di consigli, ma di qualcuno che sia disposto a camminare con lui nella direzione giusta: “E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.” (Mt 5,41).
C’è bisogno che noi compiamo i segni di Gesù: le guarigioni, la liberazione dai demoni, le resurrezioni …
La folla accorre da Gesù per vedere Lazzaro tornato in vita (Gv 12,9): chiamare col suo nome chi è morto per tutti è restituirgli la vita: “Lazzaro, vieni fuori”. Pensiamo ai poveri o agli anziani che sono soli e nessuno li chiama per nome.
La gente accorre per vedere l’indemoniato guarito: “La gente uscì per vedere l’accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni, vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù” (Lc 8,35). Quanta gente è come posseduta dal demone dell’agitazione per sé e fa cose assurde per obbedire al padrone del mondo che li sconvolge. L’amore guarisce e ridona la pace e la veste. Chi lo vede resta colpito, e si fa lui compagno del malato verso Gesù: “La gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati” (Mt 14,35). La guarigione spesso è già nel farsi compagni di Gesù: “Molta gente lo seguì e là egli li guarì” (Mt 19,2).
Dice l’evangelista Luca che “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti” (Lc 6,19). C’è una forza che il cristiano può comunicare, la forza del Vangelo vissuto con fiducia in Gesù: “Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.” (Mt 10,1); “A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1,12).

Nessun commento:

Posta un commento