sabato 29 febbraio 2020

I domenica del tempo di Quaresima - Anno A - 1 marzo 2020


 

Dal libro della Genesi 2, 7-9; 3, 1-7

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

 

Salmo 50 - Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; +
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 12-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.... Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.  Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

 

Lode a te, lode a te, o Signore nostro re,

tu che sei di eterna gloria! Lode a te, lode a te.
Non di solo pane vive, l’uomo ma di ogni parola,
che esce dalla tua bocca, o Signore nostro Dio.

Lode a te, lode a te, …..


Dal vangelo secondo Matteo 4, 1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. 

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo cominciato mercoledì scorso con il segno delle ceneri il tempo di Quaresima che ci conduce verso la Pasqua. La cenere è un segno austero e semplice che ci ricorda la nostra fragilità. La cenere ricorda la “polvere del suolo” con il quale Dio impastò l’uomo, come abbiamo ascoltato dal racconto della creazione della Genesi. In questa apertura del tempo di Quaresima cenere, polvere, terra ci richiamano la realtà della nostra fragilità proprio mentre le notizie inquietanti sulla diffusione del corona-virus agitano gli uomini e le donne un po’ in tutto il mondo e in Italia in modo particolare. Possiamo dire che all’improvviso, in modo inaspettato e imprevedibile, le persone si sono scoperte vulnerabili, attaccabili in maniera subdola e invisibile da qualcosa da cui è difficile difendersi proprio perché non si vede e non si sa dove sia. Persino una potenza economica e politica come la Cina è stata messa in ginocchio da questa minaccia, ed ha dovuto mettere in atto misure drastiche che hanno cambiato la vita a diversi milioni di persone. Sì, veramente in questo tempo riscopriamo con forza che l’uomo è fatto di quella “polvere del suolo”, come ogni anno il mercoledì delle ceneri ci viene a ricordare.

Davanti a questa realtà noi possono reagire in modi diversi. Molto spesso la coscienza della propria fragilità ci spinge a negarla rafforzando le difese nei confronti degli altri, aumentando le distanze, allargando quel fossato che fa vedere in ogni altra persona un potenziale nemico, un pericolo da isolare. Ma proprio qui è il paradosso, perché la nostra fragilità che ci fa così tanta paura è dentro di noi e non possiamo tenerla fuori.

Oppure la fragilità diviene il motivo per giustificare i compromessi e l’accontentarsi di poco: come posso, io che sono polvere, confrontarmi con i grandi problemi del mondo, assumermi la responsabilità di sostenere gli altri nel dolore e nelle prove della vita. Essere piccoli e deboli ci spinge ad accontentarci delle piccole soddisfazioni private e limitate, a circoscrivere il proprio orizzonte a un mondo piccolo e alla nostra misura, senza ambizioni, senza passioni, senza slanci.

Eppure, se vediamo bene, la cenere deposta sul nostro capo è accompagnata dall’invito: “Convertiti e credi al vangelo!” Cioè il ricordo della nostra debolezza è proposto come la base per cambiare visione e fondare una nuova fiducia nell’unica cosa che allo stesso tempo ci protegge e ci rende forti, il Vangelo, quell’annuncio di salvezza che Gesù è venuto ad annunciarci. E quella cenere, a ben vedere, viene dagli ulivi dell’ingresso a Gerusalemme con i quali abbiamo accolto il Signore la domenica delle palme. Esse ci collegano cioè in modo diretto e forte a quella Signoria umile e forte che il Signore vuole esercitare su noi, suo popolo, entrando, acclamato da tutti, nella città, il luogo della vita del popolo.

Anche Gesù, abbiamo ascoltato oggi dal Vangelo, è posto dal diavolo davanti alla tentazione di cercare nella forza di questo mondo la protezione alla debolezza di cui si è voluto rivestire con la nostra stessa carne. Il maligno gli propone di nutrirsi di un cibo che si trova facilmente, ma che non soddisfa la fame vera. Esso illude con la falsa sazietà che è il successo, il benessere, le sicurezze, che nascondono, ma non sfamano il bisogno di trovare il senso profondo e vero della propria vita.

Il maligno poi gli offre di mettersi al sicuro dalla responsabilità del proprio agire, dando la colpa al destino, alla forza del male, o addirittura all’indifferenza di un Dio lontano.

Infine il diavolo propone a Gesù di esercitare il proprio dominio sugli uomini per evitare di essere sopraffatti dalle loro domande e bisogni.

Per resistere alle lusinghe del maligno Gesù non usa la propria forza, ma l’arma potente che c’è, la Parola di Dio e gli risponde facendo sua la sapienza della Scrittura.

Anche a noi la Quaresima offre di farci forti di quest’arma potente per rispondere alla tentazione dell’indurimento del cuore e del compromesso giustificatorio, come espedienti per porre al sicuro la nostra debolezza.

Sì, facciamoci forti della sapienza del Vangelo e gli angeli del cielo, come fecero con Gesù, soccorreranno la debolezza della nostra cenere e polvere, debolezza umana e fragilità fisica, dandoci il vero nutrimento che è il modo di voler bene di Dio, sostenendoci nell’assumerci la responsabilità del bene dei nostri fratelli e sorelle, fornendoci quel potere, debole ma più forte del male, che è rispondere col bene al male.

Allora sì, fratelli e sorelle, che impareremo ad essere audaci nei nostri sogni e aspirazioni, a realizzare quell’argine al male che è voler bene senza paura di rimetterci, a desiderare con tutta la nostra forza che non vincano le logiche malvage e perverse del mondo che isolano chi sta male, lo indeboliscono col pregiudizio, scartano chi non ce la fa sotto il peso della povertà, della malattia, del dolore, delle guerre.

Cari fratelli e care sorelle, ricevendo la cenere sul capo abbiamo varcato la soglia della Quaresima che è la soglia della casa del Padre nella quale è accolto sia il figlio minore, che se ne era fuggito lontano, quanto il figlio maggiore, che era rimasto in casa, ma aveva raffreddato il proprio cuore fino a non riconoscere più la bontà del suo padre misericordioso. Facciamoci attrarre da quel Padre buono, paziente, che ci attende nonostante tutto, che non rinuncia a imbandire la mensa perché sia celebrata la festa del nostro ritorno. Accogliamo allora con severità ma anche con gioia l’annuncio della Quaresima, perché la coscienza rinnovata della nostra debolezza ci spinga a rivestirci della forza del Signore, e a corrergli incontro come al padre buono e misericordioso della nostra vita.  


Preghiere
 
O Signore ti ringraziamo perché ci doni la sapienza del Vangelo per resistere ai suggerimenti del tentatore. Fa’ che sappiamo riporre in essa la nostra fiducia.

Noi ti preghiamo


O Dio donaci la forza di resistere alla tentazione di una vita spesa senza ricordarmi di te e preoccuparmi per i fratelli. Fa’ che ciascuno di noi sappia mettere in pratica le parole del vangelo.

Noi ti preghiamo
 
 

Aiutaci o Signore in questo tempo di Quaresima a riconsiderare le scelte della nostra vita, perché sappiamo riformarla secondo il tuo esempio e insegnamenti.

Noi ti preghiamo

 

Guida i nostri passi o, Padre del cielo, fuori dal deserto di vita nel quale il mondo ci trattiene. Fa’ che sperimentiamo la gioia e la bellezza d’incamminarci seguendo te verso i pascoli erbosi che il Vangelo ci indica.

Noi ti preghiamo
 
 

Guarda con amore o Padre alle vittime dei conflitti che insanguinano tanti paesi della terra, perché chi è nel dolore sia consolato e chi ha perso la vita sia accolto nel tuo abbraccio amorevole.

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio con il tuo amore tutte le vittime delle ingiustizie, i dimenticati e i miseri. Accogli la loro invocazione di un tempo di riconciliazione e pace, perché chi è nel dolore sia consolato,

Noi ti preghiamo.


Proteggi dal male o Signore tutti coloro che sono perseguitati per la loro fede in te, proteggi chi soffre a causa del vangelo e del suo amore per la giustizia.

Noi ti preghiamo

 Guida i tuoi figli o Dio del cielo perché con il loro operato e le loro parole siano testimoni credibili del Vangelo e indichino a chi ancora non ti conosce la strada che conduce alla gioia dell’essere tuoi discepoli.




Noi ti preghiamo

mercoledì 26 febbraio 2020

Mercoledì delle Ceneri - Anno A - 26 febbraio 2020





Dal libro del profeta Gioele 2,12-18
Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo,
indite un’assemblea solenne,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
«Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra
e si muove a compassione del suo popolo. 

Salmo 50 - Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,20-6,2
Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Oggi non indurite il vostro cuore,
ma ascoltate la voce del Signore.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! 

Dal vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».


Commento

Cari fratelli e care sorelle, la celebrazione di oggi si è aperta con le parole dal libro del profeta Gioele: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Con queste parole oggi il Signore invita anche noi a tornare da lui. Tornare, sì, perché noi lo abbiamo già conosciuto, si è fatto vicino a noi, ci è venuto incontro, ha compiuto l’esodo dal cielo per farsi nostro prossimo, a Natale. Ed ora lui è cresciuto, è adulto, e ci si rivolge con l’autorevolezza dell’adulto. Ma anche noi siamo adulti, e se davanti ad un bambino è facile intenerirsi, davanti ad un altro adulto è diverso. Nella coscienza dell’adulto è insita l’idea dell’autosufficienza. Infatti se da bambini si ha sempre bisogno dei genitori per tutto, e poi da giovani cominciamo ad assaporare il gusto dell’indipendenza, senza però poterla sperimentare fino in fondo, ecco che da adulti, finalmente, possiamo dire a noi stessi e agli altri che siamo capaci di decidere la nostra vita secondo i nostri desideri e gusti, senza doverne rendere conto a nessuno. Sì, l’adulto è nell’età del potere e chi è prima di lui, i bambini e i giovani, e dopo di lui, gli anziani, non possono godere del senso di indipendenza e del potere che lui ha il diritto di rivendicare per sé. È il gusto che dovette provare quel figlio più giovane della parabola nel dire a suo padre: ora posso decidere io, ora posso andare dove voglio e godere delle mie risorse secondo i miei gusti e desideri. Ed è quello che fece, ed è quello che facciamo, ciascuno di noi: adulti ci godiamo l’età adulta che sa di poter fare a meno di un padre.
Per questo Dio oggi dice a ciascuno di noi: “ritornate a me con tutto il cuore!” Sì Dio è quel padre misericordioso che scruta l’orizzonte e non perché aspetta che arrivi uno qualsiasi, ma proprio quel figlio che se ne è andato, aspetta che torni il figlio “con tutto il suo cuore” di figlio.
La Quaresima è questo tempo di attesa del Padre.
Noi, egocentrici, la pensiamo sempre dalla nostra parte: pensiamo a quello che noi dobbiamo fare, alla Quaresima come ad un tempo austero, di sacrificio, di fatica, di penitenza, ed è vero, ma pensiamolo oggi invece come il tempo in cui Dio fa qualcosa: ci aspetta. E lo fa come un padre. Possiamo intuire i sentimenti di quel padre dal fatto che, ci dice il vangelo, scruta l’orizzonte e vede il figlio tornare quando quello è ancora lontano. Dio ci aspetta, ma non come un re che aspetta i sudditi che lo riveriscano, ma come un padre trepidante, pieno di preoccupazione: forse si è pentito di averci lasciato andare via, ma cosa poteva fare? Eravamo così baldanzosi, convinti di noi, sicuri che il nostro futuro era in nostro pugno. Doveva forse dirci di no, imprigionarci, ricattarci, negarci il futuro felice di cui ci sentivamo padroni? No, non lo avrebbe fatto mai, perché voleva dire far diventare quel figlio un perdente, lamentoso e recriminatorio per non aver potuto fare quello che aveva in mente, per non esser potuto diventare l’adulto che si sentiva. Forse per un attimo quel padre avrà pensato di mandare i suoi servi a riprenderlo, a riportarlo a lui con le buone o le cattive, ma no, lui vuole riavere un figlio, non un servo in catene. Ci rispetta, ci ama troppo per fare questo.
In questo tempo di Quaresima Dio ripensa a tutto ciò, e aspetta, e spera di rivederci spuntare dietro la collina: chissà che non abbiamo capito che lontani dal suo amore si vive peggio? Chissà che non abbiamo sperimentato l’amarezza di non essere più figli amati in casa del padre, ma servi dei potenti di questo mondo che schiavizzano, sfruttano e lasciano con la fame?
Questo tempo di Quaresima pensiamolo così, come il tempo di Dio che aspetta, preoccupato, speranzoso, inquieto, il suo figlio.
Come non tornare da lui? È vero abbiamo fatto tanta fatica a costruirci indipendenti e autonomi, a dirci che finalmente avevamo quello che volevamo, a goderci i risultati delle nostre fatiche, ma a che costo: come orfani, senza più un padre e senza più fratelli e sorelle, senza una casa di famiglia.
Ma forse noi potremmo dire: questo discorso non fa per me, io non mi sono allontanato, non ho rinnegato il Signore come Padre, tant’è che sono qui nella sua casa a pregare! E infatti quel padre aveva anche un altro figlio: questi non si era allontanato da casa. Era fedele e obbediente: faceva tutto quello che il padre comandava. Eppure anche lui era molto lontano da suo padre, forse ancora più dell’altro fratello: lo giudica ingiusto, non gli ha mai detto grazie per tutto quello che fa! È aspro e amareggiato contro di lui, non ha un cuore da figlio. Questo secondo fratello è vero, non si è mai mosso di casa, ma resta fuori dalla porta: vede, sente quello che avviene dentro, la festa dei figli a mensa col padre, ma non vi partecipa. Eppure sa cosa avviene, sa come si sono vestiti e cosa è servito a tavola, e questo lo allontana ancora di più dal padre, non gli viene proprio voglia di entrare!
Tante volte anche noi siamo così. È vero siamo rimasti a casa, ma fuori dalla porta, non varchiamo la soglia della casa del padre, restiamo estranei, pronti e recriminare, cioè a sentirci nel giusto, non godiamo della festa gioiosa dei figli che stanno col padre nell’abbondanza. Anche questo secondo figlio deve tornare al Padre e forse, paradossalmente, il viaggio che deve compiere è ancora più lungo, tortuoso e faticoso, perché è tutto interiore: dall’orgoglio all’umiltà, dal lamento alla gratitudine, dalla rivendicazione per sé al gioire del bene altrui, dalla freddezza al calore umano, dall’estraneità all’essere figlio e fratello.
Cari amici oggi questo mercoledì delle ceneri è quella soglia che il fratello giovane si è lasciato alle spalle e che quello grande non vuole varcare, essa c’introduce al tempo benedetto della Quaresima nel quale riscoprire la gioia di essere figli di un padre buono, di essere messi a parte della gioia dell’amore fraterno, di godere di una mensa in cui non mancano i frutti buoni della generosità di Dio: il suo perdono, la preoccupazione per ciascuno, la sovrabbondanza del suo amore per ogni uomo.
  
Preghiere 

O Signore, accoglici umili e pentiti, perché lasciando te ci siamo allontanati dalla fonte del bene e della felicità. Perdona il nostro orgoglio,
Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Padre del cielo perché attendi ciascuno di noi e scruti i cuori per cogliere i segni del nostro ritorno a casa. Fa’ che presto ci incamminiamo verso di te,
Noi ti preghiamo



Accogli o Signore quanti oggi rivolgono il pensiero a te, ascoltano la tua Parola e ricevono il segno della cenere. Riunisci tutti gli uomini nella famiglia dei tuoi figli,
Noi ti preghiamo


Per quanti sono ancora legati alle schiavitù dell’orgoglio degli adulti. Per quanti rifuggono dall’umiltà e affermano la propria autosufficienza. Fa’ che presto scoprano la bellezza dell’essere figli,
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Dio per i nostri fratelli poveri. Per quanti soffrono per la durezza del male e ti invocano come salvatore. Consola e sostieni chi è nel dolore e guidaci incontro a loro come fratelli e sorelle pieni di amore,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Padre che la tua famiglia sia senza divisioni e rivalità, unita dal vincolo dell’amore reciproco e della carità fraterna, sotto la guida amorevole del nostro papa Francesco,
Noi ti preghiamo.


sabato 22 febbraio 2020

VII domenica del tempo ordinario - Anno A - 23 febbraio 2020


 
 
 

Dal libro del Levitico 19, 1-2. 17-18

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».
 
Salmo 102 - Il Signore è buono e grande nell'amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.


Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.  

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3, 16-23
 
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.



Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 

 
Commento

Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura ascoltati oggi contengono tutti e tre l’invito ad essere santi. Lo dice esplicitamente il libro del levitico: “[Dio disse a Mosè] Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi”; poi Paolo riprende: “santo è il tempio di Dio, che siete voi.” E infine l’evangelista Matteo ci riporta le parole di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Ma cosa vuol dire essere santi e dunque perfetti davanti a Dio, addirittura perfetti come lui stesso?


Il brano del libro del Levitico si apre con un’affermazione che avrà sconvolto gli ebrei che se la sono sentiti proclamare: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.” In sintesi è l’invito di Dio ad essere come lui, ma come si può pensare una cosa del genere? Ed anche alla nostra mente sembra una proposta esagerata. Subito dopo, il Signore spiega a Mosè in cosa consiste questa perfezione-santità che ci può rendere simili a lui: è il suo modo di voler bene. Prosegue infatti Mosè nel riportare le parole di Dio: “Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso.” In poche righe Mosè riassume i tratti del voler bene di Dio: non solo non odiare il fratello, ma sentirsene responsabile, tanto da farsi carico del male che scorgessimo in lui, prendendoci la briga di estirparlo con tenacia. Non farlo infatti sarebbe addirittura un peccato, tanto quanto compierlo. Infine l’uomo che vuol bene come Dio non può desiderare il male di un altro uomo, anche quando questo sarebbe una giusta retribuzione per un torto subito (la vendetta), anzi questo deve essere dimenticato e non se ne deve serbare memoria (il rancore).   

Quanto è diverso questo voler bene rispetto al modo di vedere le cose degli uomini!

Se infatti è accettabile l’invito a non odiare, anche se è difficile metterlo in pratica, ci sembra assolutamente non dovuto assumersi la responsabilità del male compiuto dagli altri: che c’entro io? Ma per Dio il peccato di noi uomini non è stato motivo di abbandonarci in balia del male, piuttosto si è assunto in prima persona la responsabilità di cancellare un male non suo, un peccato di cui non aveva responsabilità, mandando il suo figlio ad indicare di persona la via per liberarci da questa schiavitù, con una definitività e coerenza che lo ha portato fino a morire per questo. In una parola, conclude Mosè, il voler bene di Dio è rivolto agli altri in una misura massima, cioè quella che desideriamo per noi stessi.

L’evangelista Matteo ci riporta alcune parole di Gesù che confermano quanto detto da Mosè nel Levitico e cioè che l’imitazione di Dio ci permette di assomigliargli vivendo il suo stesso amore. Esso sostanzialmente consiste per Gesù nel dare a chi abbiamo accanto la priorità assoluta, prima persino della ragionevole attenzione al proprio interesse. Gli esempi che Gesù propone sono evidenti. Egli ci dice che la ragionevolezza naturale ci porta a dire che è giusto rispondere con il male al male: “Occhio per occhio e dente per dente.” Chi fa del male merita male ed è giusto aspettarsi che gli venga inflitto.

A questo senso di giustizia umana Gesù contrappone la misericordia di Dio, e lo fa innanzitutto con la sua vita: egli è nato, vissuto, morto e risorto non per salvaguardare il suo interesse, anzi contro di esso, per l’interesse esclusivo di noi uomini, che non ne avevamo nessun diritto o merito. Gesù ha semplicemente risposto ai segni di odio, violenza intolleranza che gli venivano manifestati, spesso duramente, continuando a voler bene. Abbiamo ascoltato: “se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.” Sono affermazioni contro ogni logica, è impossibile capirle razionalmente, sono la stoltezza che il mondo ridicolizza e condanna, ma se uno prova a viverle esse rivelano la loro profonda bellezza, perché ci fanno vivere la fiducia incrollabile di Dio per la forza del bene che prevale su ogni male.

Questo introduce una domanda che spesso ci sorge spontanea: la Scrittura ci parla di santità, ci invita a perseguirla e ci indica anche delle vie concrete da seguire, ma è possibile e applicare a noi quella logica paradossale della perfezione evangelica e delle beatitudini? Non è al di sopra delle nostre possibilità?

Non è una domanda banale, perché su di essa si gioca tutta la vita e determina la scelta di come spenderla. È la domanda che sta alla base del fatto che pur conoscendo il Vangelo tante volte non lo viviamo.  

L’unica risposta possibile è fidarsi di Dio e di chi ha vissuto così, perché intuiamo, e forse talvolta abbiamo sperimentato, che è il modo migliore di vivere. È quel salto della fede che è avere fiducia anche senza certezze e garanzie. Per questo dobbiamo essere grati alla testimonianza dei santi che ci hanno preceduto e hanno fatto, prima di noi, la strada indicata dal vangelo. Ci hanno mostrato cosa è significato per loro, con bontà semplice e spesso ingenua. Il loro seguire il Vangelo è stato la scoperta di un tesoro prezioso che, una volta trovato in un campo, si vende tutto per poterlo acquistare. Sì la santità è il modo più bello di vivere senza sprecare un attimo, un sentimento, un’azione della nostra vita, lasciando che il male la ghermisca e se ne impossessi. Vale veramente la pena allora di vendere tutto quello che non vale, lasciare la sapienza del mondo che ci fa calcolare i rischi e le convenienze, per poter scavare nel campo della vita il suo tesoro più grande: la sapienza del Vangelo.

 
Preghiere

O Signore Gesù che ci hai mostrato con la tua vita la volontà del Padre, donaci il desiderio di imitarti e fa’ che seguendo il tuo esempio diveniamo perfetti nell’amore,

Noi ti preghiamo


Sostieni la nostra debolezza o Signore, perché facciamo fatica a credere che il Vangelo sia il modo di vivere più felice e bello. Confermaci nella certezza che amare i fratelli e te sia ciò che dona all’uomo la vita vera che non finisce,

Noi ti preghiamo

 Aiutaci o Padre del cielo a fidarci della tua Parola, anche quando essa ci sembra troppo esigente e difficile da vivere, perché scopriamo presto che fare la tua volontà è la nostra felicità,




Noi ti preghiamo


Sostieni quanti, o Signore Gesù, cercano di seguire i tuoi insegnamenti, nella mitezza e nella misericordia, volendo bene e perdonando, cercando la pace e portando la concordia fra gli uomini. Dona loro di ottenere il frutto desiderato della conversione del cuore,

Noi ti preghiamo


Sciogli o Dio ogni uomo e ogni donna dalla schiavitù del peccato che ci lega al male e lo fa aumentare. Donaci di divenire operatori di bene, secondo l’esempio dei tanti santi che ci hanno preceduto su questa strada,

Noi ti preghiamo

 
Sostieni o Dio ogni uomo che è nel dolore. Guarisci i malati nel corpo e nella mente, consola chi è solo e oppresso, libera i prigionieri e aiuta chi soffre,

Noi ti preghiamo.


Proteggi o Padre misericordioso il nostro papa Francesco e confermalo nella via di una testimonianza evangelica semplice e autentica. Da’ alle sue parole la forza autorevole che Gesù aveva quando parlava alle folle,

Noi ti preghiamo

 
Benedici o Dio ogni famiglia riunita nel tuo nome, vieni in mezzo a noi a riempire di Spirito Santo i cuori, perché con fiducia e disponibilità restiamo uniti e concordi,

Noi ti preghiamo

sabato 15 febbraio 2020

VI domenica del tempo ordinario - Anno A - 16 febbraio 2020


 
 

Dal libro del Siràcide 15, 15-20

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare. 

 

Salmo 118 - Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 6-10

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto sei Signor,
perché ci hai manifestato

la Sapienza di Dio
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 5, 17-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure uno iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.  Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.  Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.  Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non uccidere”; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.  Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno». 

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la Scrittura oggi ci parla della Sapienza di Dio, e lo fa, in tutte e tre le letture che abbiamo ascoltato, sottolineando come essa non sia qualcosa di astratto, come la conoscenza di qualche regola o una vasta cultura religiosa. No, la Sapienza di cui parla Dio costituisce uno dei modi stessi con il quale Dio si manifesta a noi, è il suo modo di agire che, di conseguenza, propone anche a noi. Conoscere, sapere per la Scrittura non riguarda pertanto la sfera intellettuale o dell’intelligenza, ma piuttosto quella dell’agire bene. Per questo anche il più ignorante, o chi è semplice e umile, davanti a Dio è sapiente, se accoglie il modo di agire di Dio e lo fa suo. Proprio per mezzo dell’ascolto della Parola di Dio possiamo conoscere il suo modo di agire ed entrare più in profondità nella sua mente. Niente infatti di ciò che il Signore ha detto e fatto è casuale o superfluo, ma esprime la sua sapienza.

Per questo il libro del Siracide parla dell’importanza delle scelte che compiamo, cioè della nostra responsabilità nell’agire: “Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.” L’autore sottolinea come ciascuno di noi è libero di scegliere, poiché fare il bene richiede di scegliere per il bene, così come agire malvagiamente rivela una scelta compiuta per il male. Soprattutto, stiamo attenti a credere che non scegliere ci ponga al riparo da ogni rischio. Non scegliere significa preferire che le cose restino così come solo, e questo, nella concretezza, il più delle volte significa lasciare il male libero di continuare ad agire senza trovare un argine. Viene altrettanto esclusa ogni idea di destino, cioè che le cose vadano in un certo modo perché qualcun’altro ha deciso per me, o perché era scritto nelle cose stesse. L’agire di ciascuno è libero e responsabile: “A nessuno [Dio] ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.” Non potremo mai incolpare Dio o il destino se il male che compiamo o per il bene che non facciamo, come si fa talvolta parlando del “carattere” o “indole” di una persona come di qualcosa che esula dal suo controllo, perché l’agire è sempre frutto della scelta o di una abitudine lasciata crescere in sé.

L’apostolo Paolo sottolinea un altro aspetto di questa “Sapienza” di Dio: essa non è di questo mondo, cioè non sarà mai il frutto della nostra esperienza o della cultura che apprendiamo dal mondo in cui cresciamo. Spesso noi pensiamo che l’esperienza sia un valore in sé, ma stiamo molto attenti a non lasciare che sia il mondo ad essere il nostro maestro, cioè il “come tutti fanno”. Ben amara è la sapienza di chi sceglie di comportarsi come tutti. No, imparare dalla vita significa guardarla sì con molta attenzione e curiosità, ma con lo sguardo di Dio, cogliendo in essa ogni momento la necessità di scegliere per il bene e di arginare il male. Pe questo abbiamo bisogno costantemente dell’aiuto di Dio, perché solo da lui possiamo apprendere la profondità di un amore che si è incarnato in Gesù: mite, umile, misericordioso e benigno, fino a dare la vita per chi nemmeno lo meritava.

Dice infatti l’apostolo Paolo: “tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.” La sapienza del mondo infatti si riconosce perché ha per scopo affinare le nostre armi per far largo a se stessi e dominare sugli altri. La sapienza di Dio ha come primo scopo il bene comune, e non esiste per essa un bene mio che possa contrastare con il bene degli altri. E delle conquiste della sapienza del mondo, cioè del dominio sugli altri, non resta nulla, sono effimere illusioni di un potere che non dà la vera salvezza che dura. Lo sappiamo bene: quante volte abbiamo visto cadere nella disperazione o nella tristezza estrema proprio chi in virtù del suo benessere o della propria forza pensava di poter fondare su di essi la propria vita? Paolo insiste: “Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.” Sì proprio quelli che si credono nel pieno delle forze e del successo sono portati a togliere di mezzo Cristo perché non appare come colui che può accrescere il proprio dominio. Sono loro che l’hanno crocefisso, e continuano a farlo ancora oggi, perché ne disprezzano il messaggio fondamentale: l’amore per gli uomini e la dipendenza da Dio.

Infine l’evangelista Matteo ci offre un ulteriore squarcio su questo tema, mostrando come il male non nasce dall’azione malvagia, ma c’è già prima e si rafforza dopo di essa, occupando il cuore di chi la compie. Il male infatti prende possesso in chi lo accetto come normale, magari con indifferenza; quando lo si giustifica; quando ne sminuiamo la portata, perché “fanno tutti così”, credendo che possa essere innocuo. Quando facciamo così in realtà il male ha già preso dimora in noi, ed è pronto ad esprimersi nelle nostre azioni malvage.

Fratelli e sorelle, viviamo secondo la vera Sapienza, estirpiamo il male dai cuori appena se ne vede il minimo cenno, la pianticella ancora piccola, senza lasciare che cresca e dia i suoi frutti amari. E dobbiamo fare questo con delicatezza e misericordia, ma anche con tenacia, innanzitutto seminando il bene con le nostre azioni. È questa la vera Sapienza, è così che il Signore Gesù ha agito, è questa l’unica garanzia di una vita felice e piena di buoni frutti. Mettiamoci alla scuola della Scrittura e della vera Sapienza, prima che il mondo divenga nostro maestro e ci porti a sprecare il dono prezioso della vita.


Preghiere

O Dio nostro padre, donaci la vera Sapienza perché ad essa ispiriamo il nostro agire. Fa’ che seguendo gli insegnamenti del Vangelo impariamo ad essere come te, miti ed umili di cuore,

Noi ti preghiamo


Scaccia o Signore dal nostro cuore ogni sentimento di malevolenza e invidia, arroganza e orgoglio, perché purificati dall’amore e rafforzati dalla mitezza possiamo spargere nel mondo semi di bene,

Noi ti preghiamo

 O Signore estirpa le radici di male che avvolgono le vite di molti e producono i frutti amari della violenza e dell’ingiustizia. Dona a tutti un cuore pacifico e un animo riconciliato,


Noi ti preghiamo


 

Ispira o Dio nei cuori e nelle menti di tutti noi la tua Sapienza, perché docili ai suoi insegnamenti sappiamo realizzare il Regno di bene che Gesù ha inaugurato in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo, guarda con bontà o Padre del cielo a tutti coloro che ti invocano: i malati, i sofferenti, i soli e gli abbandonati. Accogli il loro grido di aiuto e vieni in loro soccorso,

Noi ti preghiamo

 

Nei giorni della festa del Santo Valentino, vescovo di questa città e martire per la fede nella forza dell’amore, ti preghiamo, o Dio, perché il volto della nostra città sia trasformato dall’amore e divenga luogo accogliente per chi oggi è escluso,

Noi ti preghiamo.

 

Guida col tuo Spirito santo o Dio i tuoi figli ovunque dispersi, perché riuniti attorno alla tua mensa sappiamo rendere il culto a te gradito dell’amore per i fratelli e della lode del tuo Nome santo,

Noi ti preghiamo


Accogli con bontà o Padre tutti coloro che sono morti. Ricordati del bene che hanno compiuto in vita e cancella l’ombra che il male ha gettato su di loro. Fa’ che possano tutti godere della tua misericordia infinita,

Noi ti preghiamo

sabato 1 febbraio 2020

Festa della Presentazione di Gesù al Tempio - Anno A - 2 febbario 2020


 
 
Dal libro del profeta Malachia 3,1-4

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.
Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».

 

Salmo 23 - Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte, +
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria? +
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte, +
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.


Dalla lettera agli Ebrei 2,14-18

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

I miei occhi hanno visto

la Tua salvezza o Signor:

luce che illumina le genti

gloria del popolo, Israel.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.  

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».  C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.  

Commento

Cari fratelli e care sorelle, sono passati quaranta giorni dal Natale, e celebriamo oggi la festa della Presentazione al tempio di Gesù. Il Vangelo di Luca descrive come Maria e Giuseppe, secondo le prescrizioni della Legge, portarono il bambino Gesù al tempio di Gerusalemme. Era una legge di Israele che voleva significare come il dono di una nuova vita, un figlio appena nato, era qualcosa di così significativo che andava partecipata con Dio, renderla cioè a lui nota perché ne “prendesse possesso”, per così dire. È un po’ quello che anche noi facciamo con il battesimo, rito con il quale accompagniamo per la prima volta un bambino davanti al Signore e invochiamo da lui la liberazione dal male e l’incorporazione nella grande famiglia dei suoi figli.

Nella tradizione dell’Oriente cristiano questa festa viene celebrata come la “festa dell’Incontro” tra Dio e il suo popolo che avviene nel tempio e celebra Gesù come «luce delle genti». È il significato del rito che ha preceduto la Liturgia, con l’accensione delle candele. Infatti con la sua nascita è il Signore che viene incontro alla nostra vita, e lo fa ancora ogni volta nella liturgia che celebriamo. Egli viene a illuminare la nostra vita e la vita del mondo, dove ci sono tanti angoli immersi nel buio. E il buio più fitto e tenebroso è la mancanza di speranza, cioè l’assenza di un motivo per attendere un tempo migliore e per darsi da fare per realizzarlo. È questo il buio più nero che può avvolgere una persona. Ma ecco che oggi la liturgia ci ricorda con forza che il Signore viene incontro al suo popolo per ridare la luce della speranza, perché come ricorda la Lettera agli Ebrei: egli si prende cura non degli angeli, «ma della stirpe di Abramo», cioè di tutti noi. In questa festa Gesù ci viene incontro come un bambino, proprio a significare che la speranza è qualcosa di tenero e delicato, di nuovo, che va coltivato, fatto crescere, come un bambino. La speranza non si fonda su un risultato già ottenuto che possiamo vedere e toccare: spesso noi abbiamo fretta e scambiamo la speranza con qualcosa di già realizzato, già cresciuto, invece no: Dio viene per affidarci un bambino da crescere, non un risultato già ottenuto. A volte questo suscita delusione, ci sembra che Dio non ascolti le nostre preghiere perché non otteniamo subito quanto chiediamo. Ma Dio risponde sempre con un segno del suo amore che è un sogno da far crescere, una speranza a cui affidarsi.

Ma come riconoscere questo bambino fra tante illusioni che il mondo ci prospetta? Egli infatti non si impone all’attenzione, non è qualcosa di eclatante.

Il Vangelo ce o spiega parlandoci di un uomo anziano di nome Simeone, che era «in attesa della consolazione di Israele», cerca cioè i segni di speranza per il suo popolo, e per questo si lascia guidare dallo Spirito di Dio, non si rassegna allo spirito di questo mondo, che pensa che nulla può cambiare e tutto nella storia e nella vita è destinato a ripetersi nel peggio. Simeone riconosce il Signore Dio in quel bambino perché attende e cerca, nonostante l’età avanzata e le tante delusioni forse già attraversate. Ecco allora la prima cosa necessaria per riconoscere Dio che ci viene incontro: restare in attesa, in ricerca, nonostante tutto, di motivi di speranza.

E poi il Vangelo dice che Simeone si reca al tempio «Mosso dallo Spirito», proprio lì dove è divenuto familiare con il Signore che vi abita. Per noi il tempio della presenza del Signore è la Parola di Dio e lì dobbiamo tornare per ricevere, come Simeone, la profezia che non moriremo prima di vedere il Messia, il Cristo. Quell’uomo anziano si lascia condurre da una profezia, cioè non si rassegna e dimostra di avere un cuore attento, vigile, perché non è invecchiato dietro ai propri lamenti, ma continua a nutrirsi della Parola di Dio. E quando vede Gesù Simeone lo prende tra le sue braccia: Gesù si lascia prendere in braccio da coloro che aspettano e cercano una speranza per la propria vita e per la vita di questo mondo.

Una volta riconosciuto Gesù Simeone prorompe in un canto di gioia pieno di stupore e riconoscenza per il dono ricevuto, il compimento della sua vita: «Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Eppure, potremmo dire, gli occhi di Simeone non hanno visto Gesù cresciuto, non hanno ascoltato il suo Vangelo proclamato, né la resurrezione dalla morte, ma egli guarda lontano. Illuminati dalla Parola di Dio, i suoi occhi non si fermano ai risultati nel presente, ma vedono anche ciò che non è ancora visibile, ed egli lo confida a Maria, in un modo un po’ incomprensibile, per la situazione nella quale avviene. Quel bambino, dice Simeone, sarà un segno di contraddizione, cioè che non segue lo scontato corso della vita come tutti si aspettano, e per questo sarà allo stesso tempo motivo di gioia profonda ma anche di sofferenza: gioia della speranza comunicata, ma anche fatica di un cammino difficile per realizzarla. Per questo leggiamo le parole di Simeone a Maria come un annuncio della croce, cioè che la realizzazione di un mondo nuovo che deve passare attraverso il dono pieno di sé per amore, come è appunto la croce.
A confermare questa profezia c’è un’altra figura che emerge come una seconda testimone, anch’essa anziana, la profetessa Anna, una vedova che ha ottantaquattro anni. Anche lei riconosce nel bambino il Messia e inizia a narrare la buona notizia a quanti sono presenti nel tempio. Ecco come avviene l’incontro tra il Figlio di Dio e il suo popolo: due anziani, l’umile Simeone e la vedova Anna, lo riconoscono, gli umili e i poveri accolgono la luce di quella vita che dona a tutti una speranza, e per questo lodano e ringraziano Dio e iniziano a comunicare questo vangelo a tutti. E in quell’incontro si rivela la forza del futuro con Dio che nasce con Gesù ancora bambino! Nella vita di due anziani e nell’incontro tra le generazioni passa la speranza del Vangelo che si comunica di cuore in cuore.

 

Preghiere

O Signore ti invochiamo, donaci uno sguardo puro che guarda al futuro con speranza. Insegnaci a cogliere i segni che permettono di credere nell’amore che tu vuoi a ciascuno di noi.

Noi ti preghiamo

 

Perdona Signore il realismo con cui giudichiamo le persone e le realtà e che non ci fa cogliere la forza di cambiamento che il Vangelo ci affida, affinché siamo sempre operatori di speranza.

Noi ti preghiamo
 
 

Guida o Signore quanti sono nel buio e cercano una luce che illumini il loro cammino. Ti preghiamo perché tutti possano ascoltare la chiamata a vivere la speranza del Vangelo.

Noi ti preghiamo


Fa’ o Padre del cielo che ogni tuo discepolo sia testimone di speranza e lavoratore infaticabile per la sua realizzazione. Non permettere che vinca delusione e scetticismo, ma si ravvivi in ciascuno di noi la fiducia in te.

Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Signore per quanti oggi sono nel dolore e soffrono nel corpo e nello spirito. Per i malati, gli anziani, i soli, chi è senza casa e famiglia. Fa’ che ognuno trovi in te consolazione e protezione dal male.

Noi ti preghiamo

 
Proteggi o Padre quanti vivono minacciati dalla guerra e dalla violenza. Dona pace ai popoli che oggi sono nella sofferenza e apri cammini di riconciliazione e dialogo.

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco nel suo impegno di percorre e mostrare a tutti la via del Vangelo per i nostri tempi.

Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore Gesù quanti ti invocano nel mondo, specialmente quanti lo fanno nel pericolo e minacciati dalla persecuzione. Fa’ che presto tutti possano liberamente vivere e annunciare il tuo vangelo di pace.

Noi ti preghiamo