venerdì 29 marzo 2024

Adorazione della croce - venerdì santo - anno B - 29 marzo 2024

 



Dal libro del profeta Isaia 52, 13 - 53, 12

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?

È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.

Salmo 30 - Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.

Ma io confido in te, Signore; +
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.

Dalla lettera agli Ebrei 4, 14-16; 5, 7-9

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. [ Cristo, infatti, ] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
Per questo Dio lo ha esaltato
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

Gv 18, 1-19, 42

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo giunti all’epilogo della passione. Gesù è portato in tribunale, condannato e infine ucciso in croce.

Gesù in punto di morte pronuncia una parola un po’ enigmatica: “è compiuto” e poi spira. Cosa voleva dire?

La sua missione è compiuta? Non sembra, tutti i discepoli sono fuggiti, cosa resta del suo messaggio evangelico, dopo che sarà morto?

L’unica cosa che sembra compiuta in questo momento è lo smascheramento dell’inadeguatezza e della falsità di tutto ciò ai quali gli uomini affidano la loro vita.

La giustizia di Pilato fallisce: sa che Gesù è innocente, ma non lo salva e lo lascia andare alla deriva nel mare in tempesta degli odi e rivalità delle fazioni giudaiche. Platealmente se ne lava le mani.

La religione fallisce: i capi dei giudei agiscono secondo le norme religiose, giudicano e condannano secondo il diritto e vogliono eliminare il Dio che proclamano di venerare.

La società, cioè la folla, è contraddittoria e rincorre dall’ultima suggestione: prima lo acclama, poi lo vuole morto.

I suoi più vicini, diciamo la famiglia, prima a parole proclamano di essere pronti a morire per lui, poi fuggono spaventati.

Niente cerca di arginare l’odio e la violenza del tutto ingiustificati e arbitrari che si scagliano contro Gesù, né la giustizia statale, né la religione, né l’ordinamento sociale, né la famiglia. Questo avviene perché nessuna di queste cose, nessuna persona, mettono al centro di tutto l’uomo. Non lo fa la giustizia statale, la religione, la società, la famiglia. Mettono al centro le loro logiche, leggi, consuetudini, ma non l’uomo.

Eppure Pilato in un momento di lucidità, aveva riconosciuto in Gesù l’uomo. Dopo averlo fatto flagellare, dato in pasto alla soldataglia che lo schernisce, lo colpisce, lo ridicolizza con un manto di porpora e una corona di spine, egli presenta Gesù alla folla gridando “Ecco l’uomo!

Ma chi riconosce che quello è un uomo! Nessuno.

Perché chi si riconosce nella persona che ha davanti, chi vede in lui un uomo come se stesso, in carne e ossa, sentimenti, speranze, sofferenze come le proprie non riesce a condannare, colpire, ridicolizzare, uccidere.

Per poter fare questo bisogna cancellare il volto umano da chi abbiamo di fronte, farne un “Non-uomo”, che può assumere diversi nomi: un caso, un nemico, un estraneo, un colpevole, un senza nome, un senza diritti.

Gesù ha compiuto lo smascheramento delle tante false verità, false giustizie e false certezze che negano che chi hanno difronte è un uomo come me.

Care sorelle e cari fratelli, la passione di Gesù mette a nudo ciascuno di noi nei tanti ruoli che rivestiamo: sociali, familiari, politici, professionali, istituzionali, religiosi, ecc… in ognuno di essi ci riconosciamo nell’uomo indifeso e colpito, ingiuriato e scartato che abbiamo di fronte?

Compiamo anche noi davanti alla croce lo smascheramento delle false lenti che ci impediscono di riconoscere nel crocefisso l’uomo che sono io, che siamo tutti. Scopriamo una fede che prima di valutare, giudicare, e distinguersi dall’altro sa riconoscersi in lui, nei suoi bisogni, nelle sue speranze, nelle sue fragilità e debolezze, nei suoi difetti e nelle sue grandezze. Scopriremo la profondità dell’umanità che Dio ci dona, un’umanità che sa soffrire e gioire con ogni uomo che soffre e gioisce e che non si accontenta di inquadrarlo in uno schema o in un giudizio, non pensa di aver già capito. Scopriremo una umanità che ci unisce, ci lega all’altro, non ci divide, che rende ciascuno parte della mia famiglia

Davanti alla croce impariamo la vera religione, quella che mette sempre al centro l’uomo crocefisso e in lui vede il criterio per riconoscere in ogni persona il fratello, la sorella che Dio vuole donarci.

 

giovedì 28 marzo 2024

Messa in Coena Domini e Lavanda dei piedi - Anno B - 28 marzo 2024

 

 


Dal libro dell’Esodo 12, 1-8. 11-14

«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».

 

Salmo  - Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi 1 Cor 11, 23-26

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni 13, 1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».  

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo di Giovanni che narra l’ultima cena di Gesù con i discepoli inizia con una notazione importante: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” Possiamo dire che questo è il “titolo” di tutto il racconto della passione, morte e resurrezione di Gesù: il Signore va incontro alla sua morte perché ha voluto bene a quelli che aveva scelto di amare ed ora è il momento di mostrare loro cosa vuol dire voler bene fino alla fine, cioè fino in fondo.

Per questo i suoi gesti e le sue parole sono misurate e piene di significati profondi, Gesù vuole vivere intensamente quegli ultimi momenti con i suoi e trasmettergli tutto quello che sente più importante per loro.

Una notazione dell’evangelista Giovanni ce lo fa capire bene: “Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, …” Tutto è nelle sue mani, cioè Gesù ha chiaro che dipende da lui toccare il cuore degli uomini, dare loro la prova tangibile di quanto Dio gli vuole bene, e quanto il suo amore può cambiare tutto, anche le realtà più pesanti e inamovibili, come quella pietra che sarà rotolata sopra la sua tomba. Niente può resistere alla forza del voler bene di Dio, ma i suoi discepoli, la gente di Gerusalemme, i sapienti di Israele lo capiranno, ci crederanno?

Gesù porta tutto il peso di questa responsabilità, del motivo per il quale il Padre lo ha mandato sulla terra, per questo i suoi gesti, le sue parole sono gravi e solenni.

D’altronde Gesù ha sempre agito così, in ognuno dei suoi numerosissimi incontri lungo tutta la sua vita. Ha preso sul serio la vita di ciascuno, non ha tralasciato nulla di quello che poteva fare per comunicare loro la buona notizia dell’amore di Dio, quella novità che cambia tutto nella vita delle persone, se ci credono e si fidano. Molti lo hanno capito e sono usciti trasformati dall’incontro con lui, come persone diverse. Altri invece sono rimasti freddi e scettici, ed hanno continuato a guardare con malizia Gesù e tutti gli altri, per difendersi, per sentirsi migliori, per paura di rimetterci qualcosa.

Nel racconto della passione vediamo come nessuno prende sul serio Gesù, quello che dice e che fa.

Pilato affronta quel caso spinoso cercando solo di uscirne fuori indenne, con il minimo dei fastidi. Capisce che Gesù è innocente, ma teme l’opinione dei capi dei giudei, non vuol far fare brutta figura al potere romano, ma vuole anche evitare sommovimenti di popolo e rivolte. Fa l’equilibrista per evitare di cadere a gambe all’aria.

Erode, l’altro potente della scena, pensa a divertirsi. Il suo potere è più di facciata che reale, gioca ad avere un ruolo nella sua piccola corte surreale e con Gesù non vuole compromettersi.

Gli apostoli, che erano quelli che lo conoscevano meglio e che gli volevano bene, sono disorientati e spaventati. Gerusalemme li mette in soggezione, i potenti capi dei giudei e i romani smascherano il loro senso di inferiorità. Pietro è addirittura intimorito da una serva che lo riconosce nel cortile della casa del sommo sacerdote. Devono fare i conti con eventi che prendono una piega che non si aspettavano, non erano pronti a prendere decisioni così ultimative. Eppure Gesù glielo aveva detto, li aveva preparati. Alla fine scelgono di fuggire.

La folla lo ha udito insegnare nel tempio, ha visto i suoi miracoli. Quando ha avuto fame ha mangiato il pane e i pesci che Gesù aveva moltiplicato. Pochi giorni prima lo ha accolto come un salvatore al suo ingresso trionfale a Gerusalemme. Ma ora si è stancata di lui, sta esagerando a mettersi contro i potenti, cosa conta di ricavarne mettendosi a sfidare tutti? E poi ora non ha più quell’aura di vincitore, di successo, e i perdenti stanno antipatici alle folle che li rinnegano volentieri.

Invece Gesù prende così sul serio tutti, ha a cuore quello che fanno, che fine faranno, se ne preoccupa e vorrebbe che comprendessero il senso di quello che sta per accadere.

Per questo, giunto alla sala per la cena di pasqua prende un asciugatoio, un catino e lava i piedi agli apostoli. Capisce l’agitazione del loro cuore, li vede incerti, spaventati, profondamente turbati. Non capiscono quello che accade, non sanno che decisioni prendere. Ma lui li ama non perché sono giusti, perfetti, santi, ma perché hanno i piedi sporchi e il cuore ingombro di pensieri pesanti. Vuole lavare loro via la sporcizia e i pensieri cattivi, fargli comprendere che li capisce e gli vuole bene nonostante tutto, anzi proprio perché ne hanno un grande bisogno.

Pietro non capisce questo modo di voler bene, tiene alle forme: un capo deve fare il capo e non umiliarsi. Interpreta quel suo voler bene come una pericolosa debolezza e questo lo spaventa ancora di più. Avrebbe preferito un capo risoluto e bellicoso capace di farsi rispettare, pronto ad armarsi per mettersi in salvo. Invece Gesù sceglie, ancora una volta, la via del voler bene, fino alla fine.

Care sorelle e cari fratelli, anche noi oggi siamo colti alla sprovvista da Gesù nell’ultima cena. Veniamo carichi delle nostre sicurezze, quello che abbiamo capito, quello che abbiamo costruito e saputo ottenere dalla vita. Allo stesso tempo sentiamo che il mondo attorno a noi non è più quello di prima, è sconvolto da tanta violenza, dalle guerre, dall’impazzimento di molti, e questo ci fa paura. Per questo vorremmo da Gesù essere rassicurati, difesi, tranquillizzati, come Pietro. Vorremmo un capo che infonda coraggio e sicurezza, e lui invece ci vuole lavare via tutte le nostre certezze, come sporcizia di cui disfarsi. Ci vuole vulnerabili come lui, indifesi davanti alle sfide del mondo e delle persone come è lui, capaci di farci ferire dal bisogno di molti, come ha sempre fatto lui. Ci vuole togliere le ultime difese che ci siamo faticosamente costruiti per tenere alla larga il male che si manifesta nel bisogno di tanti e che ci mette così a disagio. E noi resistiamo, proprio come Pietro, difendendo le nostre convinzioni, le nostre abitudini, i nostri modi di fare acquisiti in anni di esercizio paziente per raggiungere un equilibrio di stabilità.

Gesù fa questo perché prende sul serio Pietro, gli apostoli, le folle, i sapienti giudei e ciascuno di noi, e non fa finta di non accorgersene, cosa che sarebbe più che giustificabile vista la sua di situazione, ben più grave di quella di tutti gli altri. Il Signore sa che “tutto è nelle sue mani”, come dice l’evangelista Giovanni, e che se non ci convince lui che l’unica difesa e l’unica forza è il suo stesso voler bene fino alla fine nessuno al mondo potrà mai insegnarcelo.

Gesù infatti non è inerme davanti al pericolo, davanti alla forza del male e al cumulo di violenza che lo sovrasta, solo che non combatte con le armi del mondo, ma con quelle di Dio. Armi che non offendono e non uccidono, armi che salvano se stessi dal farsi strumenti di violenza e allo stesso tempo difendono chi offende dal divenire strumento di violenza. Armi che vogliono combattere il male, non le persone che lo fanno, annientare gli odi, non gli odiatori, sconfiggere l’aggressività, non gli aggressori. Queste armi sono il suo modo di voler bene “fino alla fine”.

Anche noi facciamoci prendere sul serio da Gesù, per quello che siamo. Non nascondiamo il nostro peccato, infedeltà, pigrizie e freddezze. Accettiamo che il Vangelo spudoratamente ci lavi proprio lì dove siamo più sporchi, anche se questo ci dà fastidio. Impariamo da Gesù il suo modo tutto speciale di prendere sul serio chi incontra, tutti, ciascuno per chi è veramente.

Davanti alla forza del male che in questi giorni di passione mostra il suo volto minaccioso e spaventoso, lo stesso volto che ancora oggi mostra a tante persone vittime della violenza e dell’ingiustizia, della miseria e delle guerre, spogliamoci delle corazze dell’indifferenza e della nostra sicurezza e rivestiamoci, come Gesù, della sua mitezza e vulnerabilità, della capacità di prendere sul serio il bisogno di tutti di essere amati e consolati, curati e sostenuti, di riconoscere in ogni persona il volto del fratello e della sorella, dell’amico che Dio vuole regalarci. Viviamo quello che lui oggi ci ha detto: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

  

Preghiere 

 

 O Signore Gesù che ti chini sui piedi dei tuoi discepoli, insegnaci la tua umiltà nel servizio affettuoso ai fratelli e alle sorelle,

Noi ti preghiamo

  

O Cristo che ami i tuoi fino alla fine, aiutaci a scegliere per gli altri e a voler bene a tutti in modo gratuito e senza condizioni,

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo o Signore perché ci inviti a nutrirci del tuo corpo e sangue per ottenere la salvezza, fa’ che ci accostiamo al tuo altare con animo generoso e grato,

Noi ti preghiamo

  

Sostienici nella nostra debolezza o Dio, fa’ che ti restiamo accanto come discepoli desiderosi di imparare da te ad amare fino alla fine senza chiedere nulla in cambio,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio del cielo per le nostre sorelle e i nostri fratelli, perché in questi giorni della tua passione e morte attendano tutti con perseveranza e fiducia la tua resurrezione

Noi ti preghiamo

  

Guarisci o Signore chi è malato, sostieni chi è debole, salva l’oppresso, difendi dall’aggressione del male chi è vittima della guerra e della violenza,

Noi ti preghiamo.

 

 Proteggi o Dio del cielo tutti i tuoi figli ovunque dispersi, raccoglici in un’unica famiglia senza divisioni di lingua, cultura razza, perché il tuo nome proclamato con fede ci renda tutti fratelli e sorelle,

Noi ti preghiamo

  

Donaci o Signore il tuo amore, perché come figli ti restiamo vicini fin sotto la croce e non fuggiamo impauriti,

Noi ti preghiamo

 

 

sabato 23 marzo 2024

Domenica delle palme - Anno B - 24 marzo 2024

 



Dal libro del profeta Isaia 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,

per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Passione di Gesù: Mc 14,1-15,47

 

Care sorelle e cari fratelli, le letture della liturgia di oggi si aprono con le parole di Isaia: “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.”

Sono parole impegnative, il profeta si sente investito del compito grave di parlare al popolo che viveva esule lontano dalla patria e aveva perso speranza in un futuro migliore. Anche noi viviamo in un tempo di sfiducia: le guerre vanno avanti e sembrano inarrestabili. Ogni giorno ci si prospettano drammi enormi che investono interi popoli, e chi non accetta di fare l’abitudine a tutto ciò non può che sentire venire meno la speranza che il futuro possa portare un miglioramento delle situazioni presenti, anzi tutto fa presagire un aggravamento generale.

Davanti a tutto ciò come è possibile trovare “parole da indirizzare allo sfiduciato”? Dove trovare motivi di speranza?

Il profeta Isaia propone una via: volgere la nostra attenzione e ascoltare il Signore come fa il discepolo, cioè come chi vuole imparare da lui ed in lui ha fiducia, per poter parlare come un discepolo.

Varchiamo oggi con questa nostra celebrazione le porte della Settimana Santa di passione, morte e resurrezione del Signore. Sono giorni sui quali il dolore della passione e la morte in croce gettano un’ombra pesante.

La narrazione della passione che ci offre l’evangelista Marco si apre con la descrizione della congiura ordita ai danni di Gesù dai capi del popolo e dai sacerdoti del tempio: “i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire.” Poco dopo, sempre Marco, ci descrive come essi riescono a ordire il piano per realizzare il loro desiderio: “Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all'udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.” È come una tenaglia che si stringe attorno a Gesù, non risparmiando nemmeno la cerchia dei suoi più intimi, i dodici. È un quadro sconfortante.

Ma fra questi due passi evangelici si apre come uno squarcio: la narrazione dell’unzione di Betania. Gesù è a pranzo in casa di un personaggio assai discutibile, un lebbroso, che in quanto tale non andava frequentato. Gli si avvicina una donna sconosciuta che lo tocca, cosa altrettanto disdicevole, e compie un gesto che nessuno si aspetta: unge il capo di Gesù con un profumo prezioso.

Tutto appare sbagliato: il luogo, le persone, il gesto. Perché Gesù accetta che tutto ciò avvenga? Molti lo notano, e i discepoli stessi sono fortemente contrariati. Ma Gesù invece non solo la lascia fare, ma anzi esprime un grande apprezzamento per quel gesto e lo esalta, tanto da dire: “perché la infastidite? Ha compiuto un'azione buona verso di me. … ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto.

I discepoli notano che quel profumo era molto prezioso, si poteva usare meglio il denaro, e poi che bisogno c’era di gesti così plateali? Quella donna però ha capito Gesù meglio di tutti loro che lo conoscevano da tanto tempo e stavano sempre con lui. Ha capito il momento difficile che il Signore sta vivendo, a un passo dall’arresto. Ha sentito il desiderio di esprimergli la sua vicinanza, senza risparmiare, facendo tutto quello che poteva per dargli il meglio possibile, il profumo più prezioso. Ha vinto la vergogna, le convenzioni sociali, la paura del giudizio per farsi vicina a lui e prendersi cura di un corpo vulnerabile, che lei già vedeva destinato ad essere colpito, piagato, ucciso.

Se vogliamo quella donna compie un gesto inutile, non può salvare Gesù, non può evitargli tutto quello che accadrà, eppure in mezzo a quella congiura che si prepara nel buio, alle spalle del Signore, accende uno squarcio di luce fatta di tenerezza. Le sue attenzioni, il profumo, le carezze sono l’unico gesto di umanità in mezzo a tanta durezza, spregiudicatezza, odio, indifferenza, condanna.

Per questo Gesù afferma che quel gesto rimarrà per sempre come un esempio di umanità che non è vinta dalle tenebre di quelle ore piene di violenza.

Care sorelle e cari fratelli, quella donna ha saputo farsi discepola del Signore della passione. Lo ha ascoltato e guardato, lo ha capito, non ha lasciato morire la sua umanità nel realismo brutale, nel senso di inutilità, nella paura, nell’indifferenza. Ha vissuto la speranza che quel corpo anche se destinato ad essere colpito, maltrattato, ferito, ucciso fosse degno di essere onorato ed amato, di giungere circondato dal profumo del suo amore al momento della prova più dura e difficile.

Quella donna è stata una discepola, più dei dodici, per questo non ha perso la speranza in Gesù, ha creduto nelle sue parole che parlavano di un amore che non poteva essere messo a tacere né ucciso dall’odio degli uomini. Quella donna, come dice Isaia, ha ascoltato Gesù e ancora parla a noi sfiduciati e rassegnati, tristi davanti ad un tempo in cui il male è più forte di ogni speranza, in cui la guerra sembra un destino senza fine per popoli allo stremo.

Impariamo anche noi ad essere discepoli come quella donna, debole e sottoposta a giudizi pesanti, non perdiamo il desiderio di compiere gesti di tenerezza per i corpi martoriati di chi oggi è ancora vittima delle violenze del mondo. Facciamoci in questi giorni di passione di Gesù suoi discepoli, ascoltatori attenti e sensibili delle sue parole, dei suoi gesti, per capire il suo animo, per diventare capaci di compiere ancora oggi in questo mondo oscurato dalla violenza i gesti di tenerezza e di affetto che ridanno speranza agli sfiduciati, che restituiscono gioia a chi è triste, che rafforzano la speranza in chi è senza futuro, che non si arrendono alla brutalità.

Gesù è morto alle soglie del sabato, e per questo il suo corpo è stato deposto nella tomba senza poter essere preparato per la sepoltura, come era tradizione.

La pietà di quella donna non evita a Gesù il dolore della morte ma prepara il suo corpo alla resurrezione. Sia questo vero anche per noi, perché con la nostra tenerezza e attenzione da discepoli e amici sappiamo preparare la resurrezione all’amore delle vite dei tanti che ancora oggi sono minacciati da destini segnati dal dolore e dalla morte. Sia questo il nostro desiderio e impegno in questi giorni di passione e morte del Signore Gesù, perché rispondiamo con l’audacia dell’amore alla sfiducia della rassegnazione al male e prepariamo così il corpo del Signore per la sua resurrezione.

 

Preghiere 

 O Signore Gesù in questi giorni di passione, morte e resurrezione ti preghiamo di aiutarci a seguirti per essere testimoni del tuo amore. Fa’ che non fuggiamo spaventati e distratti, presi da noi stessi e dai ritmi abituali, ma come discepoli seguiamo te, nostro unico maestro buono.

Noi ti preghiamo

  

O Padre misericordioso apri il nostro cuore all’ascolto della Scrittura. Fa che siamo discepoli attenti e fedeli, vicini a Gesù e capaci di vincere con la tenerezza dell’amore il buio della violenza.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che non hai considerato un privilegio l’essere simile a Dio, ma ti sei fatto uomo come noi, fa’ che accogliamo in noi il seme del tuo amore e, anche se non capiamo subito tutto, sappiamo vivere i tuoi gesti di amore per ogni fratello e sorella.

Noi ti preghiamo

  

O Cristo che vieni ad ammaestrarci perché non perdiamo la nostra vita su strade che non portano a niente, indicaci in questi giorni della settimana santa come restare accanto a chi soffre senza fuggire.

Noi ti preghiamo

 

O Dio della pace, dona salvezza e consolazione a tutti coloro che ne hanno bisogno. Ti preghiamo per i malati, per chi soffre, per chi è solo e dimenticato, per chi è vittima della guerra e della violenza. Fa’ che trovino la vita nuova della resurrezione.

Noi ti preghiamo.

 

 O Dio ti ricordiamo tutti coloro che in questa settimana si raccoglieranno per ascoltare il Vangelo della passione e per pregarti. In comunione con tutti i cristiani del mondo invochiamo protezione per quelli che sono minacciati, audacia per quelli che sono timidi, e per tutti la benedizione di una vita santa.

Noi ti preghiamo

 

 

sabato 16 marzo 2024

V domenica di Quaresima - Anno B - 17 marzo 2024

 


Dal libro del profeta Geremia 31, 31-34

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

 

Salmo 50 - Crea in me o Dio, un cuore puro.

 Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; +

nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

Dalla lettera agli Ebrei 5,7-9

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria!
Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore,
e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni  12,20-33

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, Gesù è da poco entrato in Gerusalemme, come ricorderemo domenica prossima, accolto dalla folla festante che gridava “Osanna!”, che significa “Il Salvatore!” Quella folla lo riconosce in quel momento di entusiasmo e affida a lui le proprie speranze. Alcuni di quelli che acclamano e agitano rami mentre lui passa forse avevano assistito, pochi giorni prima, alla resurrezione di Lazzaro. Avranno pensato: se Gesù riesce a resuscitare un uomo dalla morte saprà anche liberare il popolo dalla schiavitù opprimente dei romani, e per questo lo acclamano salvatore.

Ma anche alcuni greci, ci dice il Vangelo oggi, vogliono vedere Gesù. Avranno sentito parlare di lui in città, ma a loro non basta una notizia di seconda mano, ascoltarlo da lontano mischiati alla folla, vogliono incontrarlo di persona, parlargli a tu per tu.

Anche noi siamo alla soglia della settimana santa in cui ci uniremo, domenica prossima, al coro di quelli che lo acclamano “Salvatore”. Nella folla, assieme a tanti, proclameremo che è da lui che attendiamo la salvezza, e che alla sua signoria vogliamo sottometterci. Ma questo non basta.

Come fecero quei greci c’è bisogno che anche noi usciamo dalla folla confusa. Nella folla basta poco per passare dall’ “Osanna!” della domenica delle palme al “Crocifiggilo!” del venerdì successivo. Non basta assistere da lontano ai suoi miracoli, sentire le sue parole sovrastate dal rumore della vita quotidiana, nella confusione.

Anche noi, come quei giudei greci, dobbiamo uscire dalla folla e chiedere a Gesù di incontrarlo di persona, cioè di ascoltarlo nella quiete di uno spazio riservato solo a lui nella nostra giornata, di rispondergli con la nostra preghiera personale, semplice e sincera, di gioire delle sue guarigioni, del perdono offerto largamente, della resurrezione di Lazzaro, rivivere questi eventi in prima persona. Allora sì che quell’ “Osanna!” della domenica delle palme diviene un’invocazione sincera, cioè il riconoscimento che senza di lui siamo perduti, che abbiamo bisogno di ascoltarlo e di seguirlo, senza restare in mezzo alla folla a guardandolo passare mentre se ne va via.

Alla richiesta dei greci Gesù risponde che anche a loro si manifesterà, ma forse non come si aspettano: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.” I greci probabilmente si aspettano di essere accolti, di ragionare con lui e di ricevere una spiegazione della sua dottrina per capirla meglio. Ma Gesù dice loro che c’è un solo modo di incontrarlo veramente, da vicino, e questo modo è per tutti lo stesso, nell’ora della glorificazione. Ma la glorificazione alla quale accenna Gesù è la croce: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” e Giovanni aggiunge: “Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Ma cosa vuol dire? Come è possibile che la gloria di Gesù consista proprio nel momento della sua massima umiliazione e sofferenza, la morte in croce? E come è possibile che proprio questa possa essere attraente per tanti, come dice Gesù?

Per spiegarlo egli usa l’immagine del chicco di grano: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Infatti nel mondo il chicco di grano ha un valore in sé, assieme a molti altri è la ricchezza del coltivatore. Così l’uomo: è un valore per quello che è, lo si giudica nelle sue capacità, doti, virtù. Per Gesù invece il chicco vale molto solo se, seminato sotto terra, produce una pianta capace di svilupparsi e dare ancora più frutti. Così l’uomo: vale per quello che saprà essere e fare per gli altri, non aumentando se stesso, attraverso la propria crescita e lo sviluppo delle doti e capacità di autoaffermazione, ma usando il proprio per suscitare nelle vite altrui un bene che è ancora più grande, il quale così si moltiplica e cresce nelle loro vite.

Per il modo di pensare comune questo significa perdere: se il chicco di grano è sepolto in terra non vale più niente, è come morto, scompare. Così l’uomo, se usa il proprio tempo, le proprie capacità e risorse per gli altri cosa resta per sé? È quello che è accaduto a Gesù: ha speso tutta la sua vita per la gente che ha incontrato e cosa ne ha ricavato? La morte in croce.

Per il pensero di Dio invece il chicco se non si immerge nel terreno rimane sterile, ma se consuma le proprie energie vitali dentro il terreno produce tanto frutto e il suo valore cresce, la sua utilità aumenta. Così per l’uomo, il suo valore si misura sul bene che ha saputo produrre immergendosi nel terreno della vita del mondo per arricchire gli altri. Così ha fatto Gesù: vivendo per gli altri fino a dare la vita ha ricevuto in cambio la vittoria sulla morte e la vita che non finisce.

Cari fratelli e care sorelle: è con questo paradossale e misterioso modo di essere che Gesù si mostra ai greci che volevano conoscerlo, perché questa è la sua gloria, la bellezza di essere pienamente umano, ma anche di essere Dio nel modo più generoso e vicino a noi possibile.

Fratelli e sorelle domenica prossima apriremo la Settimana santa di passione, morte e resurrezione del Signore acclamando Gesù “Osanna, il Salvatore!”, facciamo che quelle non siano solo parole vuote. Usciamo dalla folla e incontriamolo personalmente, imitando il suo farsi chicco di grano che trova il suo autentico valore non in se stesso, ma nel suo spendersi per il bene degli altri, tanto da amarli fino alla fine e da donare loro la vita che non finisce.

 

Preghiere 

 

O Padre misericordioso fa’ che come il chicco di grano moriamo a noi stessi per mescolarci alla terra della vita degli uomini. Donaci di crescere e dare frutto, irrigati dalla tua Parola e riscaldati dal tuo amore.

Noi ti preghiamo

  

Signore Gesù che hai dato la vita per noi considerandoci tuoi amici, fa’ che sappiamo usare le nostre forze per edificare il bene di tutti. Fa’ che non viviamo come orgogliosi proprietari della vita che tu ci hai donato, ma che la moltiplichiamo nella generosità altruista.

Noi ti preghiamo


O Signore accogli nel tuo amore quanti sono vittima della violenza. Riconcilia i cuori di quanti oggi sono preda dell’odio e dona la pace a tutti i popoli che sono in guerra,

Noi ti preghiamo

  

Signore Gesù, sulla soglia del tempo in cui parteciperemo alla tua passione e morte, aiutaci a desiderare con tutto noi stessi di seguirti fin sotto la croce, e non restiamo lontani ed indifferenti, presi dagli affanni dei nostri interessi individuali.

Noi ti preghiamo


O Signore metti nei nostri cuori il desiderio di incontrarti personalmente, ascoltando la tua Parola e rispondendoti nella preghiera. Perché non smettiamo mai di cercarti accanto a noi, dove tu sei vivo e presente, nonostante la nostra indegnità,

Noi ti preghiamo

  

Padre santo, fonte di ogni bontà, non sdegnarti dei nostri peccati, ma purificaci da ogni durezza di cuore, perché la Quaresima sia per noi tempo di rinnovamento e conversione.

Noi ti preghiamo.

 

O Signore ti preghiamo per chi è nella sofferenza e nel dolore: per i malati, per i prigionieri, per chi è senza casa e dignità, per gli oppressi dall’ingiustizia. Dono loro consolazione, protezione dal male e salvezza. Noi ti preghiamo

  

Padre buono ti chiediamo di non far mai mancare il dono dello Spirito santo a tutti i tuoi discepoli che faticano nel mondo per annunciare il Vangelo. Fa’ che nelle situazioni più difficili e nei luoghi più inospitali risuoni sempre alto l’annuncio di salvezza.

Noi ti preghiamo

venerdì 8 marzo 2024

IV domenica di Quaresima - Anno B - 10 marzo 2024

 

 


Dal secondo libro delle Cronache 36,14-16.19-23

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldei] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

 

Salmo 136 - Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

 

Lungo i fiumi di Babilonia, +
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2,4-10

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Dal vangelo secondo Giovanni 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le parole di Gesù che abbiamo appena ascoltato dal vangelo di Giovanni sono rivolta da Gesù a Nicodemo che era andato da lui di notte. Questi era un personaggio importante, “uno dei capi dei Giudei” dice il Vangelo, ed era rimasto colpito dalle opere di Gesù e aveva riconosciuto il lui la presenza di Dio. Eppure va da lui di nascosto, ha paura di farsi vedere mentre parla con un uomo che contestava così duramente l’ambiente religioso e politico di cui lui era un esponente di rilievo. Nicodemo è attratto da Gesù, ma allo stesso tempo e trattenuto dalla paura di essere giudicato e riprovato. È tentato di andare verso di lui, ma non vuole compromettersi.

È la stessa condizione che tante volte anche noi viviamo: sentiamo nelle parole e nei gesti di Gesù una forza di bene che ci attira e intuiamo che la via che indica è buona e bella, ma temiamo che ci porti troppo lontano dal nostro mondo di sempre, dalle scelte di tutti, da come va la vita, e questo ci fa paura e ci trattiene dallo scegliere  decisamente e apertamente per lui.

Gesù capisce il combattimento che c’è nell’animo di Nicodemo e per questo gli prospetta la necessità di compiere una scelta radicale: “se uno non asce dall’alto, non può vedere il regno di Dio. Ad essa Nicodemo contrappone lo scetticismo e la coscienza amara di un destino ormai segnato: “Può forse un uomo entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” Il peso degli anni vissuti, delle scelte fatte, del come ci si è costruiti è per lui come un macigno inamovibile che nessuna forza potrà mai spostare.

Nicodemo rappresenta la mentalità del mondo che incatena ciascuno ad un destino segnato, negando la possibilità di cambiare. È l’idea che non ci si può illudere che si realizzino i sogni di un mondo migliore e sperare che ciascuno possa giocare un ruolo per realizzarlo. È l’idea che è meglio non aspettarsi troppo dalla vita per non restare delusi, che bisogna accontentarsi di piccole soddisfazioni a portata di mano, invece di desiderare per sé e per il mondo il meglio. Questa mentalità incatena l’uomo al suo destino e gli impedisce di alzare lo sguardo al di sopra del presente e di se stesso.

A questa mentalità Gesù contrappone la speranza evangelica che niente è impossibile a chi crede nella forza di un amore come quello di Dio, che non si arrende davanti al rifiuto dell’uomo, e lotta per conquistare a sé ogni persona e ogni pezzo di mondo.

Per credere che questo amore è possibile bisogna alzare lo sguardo, abbiamo ascoltato, e guardare a Gesù crocefisso, lui che è stato innalzato sulla croce perché ha voluto troppo bene a tutti, persino a quelli che lo stavano mettendo a morte, e non si è tirato indietro restando fedele alla sua scelta di voler bene fino alle estreme conseguenze. Abbiamo ascoltato le parole di Gesù: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.” Sarebbe stato facile e direi giusto per Dio rinunciare a voler bene ad una umanità che lo aveva ripetutamente e tenacemente rifiutato, come nel deserto dell’Esodo. Sarebbe stato normale che Gesù ritenesse tempo perso stare a discutere con un notabile come Nicodemo che non aveva il coraggio di andare da lui di giorno e di scegliere per lui senza paure e remore. Sarebbe normale e lecito che Dio ci giudicasse indegni di essere ancora amati, dopo i ripetuti tradimenti e peccati. Ma invece no, Dio continua a volerci bene perché vuole liberarci dalla prigione della rassegnazione alla schiavitù del male, accettato come normale e senza alternativa, per donarci la libertà di voler bene gratuitamente, come lui.

Care sorelle e cari fratelli, il cammino di Quaresima che stiamo percorrendo è l’itinerario attraverso il quale Gesù vuole strapparci da un senso scontato e rassegnato che noi, il mondo, le persone, niente possa cambiare da come è adesso ed è sempre stato. Vuole farci gustare la dolcezza della sua compagnia attirandoci ad un modo di pensare e di vedere il mondo diverso, a farci credere possibili i sogni di bene e di pace, a farci vincere le paure della delusione e di essere giudicati dagli altri.

Il dialogo fra Gesù e Nicodemo si interrompe nel Vangelo di Giovanni senza far capire se, alla fine, l’amore del Signore vince le sue resistenze prudenti e la sua freddezza. Eppure quelle parole di Gesù che abbiamo ascoltato anche noi oggi sono un seme che è stato gettato nel suo animo, esse lavorarono nel suo intimo e fecero breccia restituendogli la libertà di voler bene anche quando è difficile, scomodo, pericoloso. Ritroviamo infatti Nicodemo alla fine della passione prendersi cura del corpo di Gesù, portando il necessario perché venga sepolto.

In quel prendersi cura del corpo martoriato di Gesù vediamo la maturazione in Nicodemo della scelta di restare con lui e farsi vedere da tutti come un suo discepolo.

Sia questo anche per noi il cammino di questa Quaresima. Accogliamo il seme delle parole che Gesù getta nel nostro animo, facciamolo germogliare conservandolo con cura, perché durante la passione sappiamo vivere la stessa compassione di Nicodemo e vincere la tentazione di distogliere lo sguardo da quell’uomo così duramente perseguitato, perché sappiamo seguirlo fin sotto la croce, senza fuggire il suo dolore, e infine a Pasqua possiamo contemplare che il destino che sembrava segnato con la morte di Gesù è stato rovesciato e la vita del mondo, di ogni persona e di ogni tempo ha vinto la condanna a morte della rassegnazione e della freddezza dei cuori.

  

Preghiere 

 

 O Signore che vai a Gerusalemme per offrire tutto te stesso per la nostra salvezza, ti preghiamo aiutaci ad accompagnarti senza far vincere la nostra freddezza e paura,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù, tu che non hai pensato a salvare te stesso, ma hai lottato fino all’ultimo per salvare i nostri cuori dalla violenza e dal male, aiutaci nei momenti di prova a vincere il maligno che ci vuole prigionieri della paura,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per le tante vittime innocenti della violenza e della guerra le cui vite sono spezzate quotidianamente. Accoglili nel tuo seno e consola quanti oggi sono nel dolore,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni, consola e salva o Dio quanti oggi nel mondo sono prigionieri della morsa della povertà: fa che trovino presto consolazione e sostegno,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per quanti non hanno mai conosciuto il tuo amore e percorrono cammini lontani dalla luce del Vangelo. Illumina le loro menti e scalda i loro cuori perché scoprano la bellezza della vita in tua compagnia,

Noi ti preghiamo

  

Suscita o Dio ovunque nel mondo operatori di pace, perché nutriti dal Vangelo i cristiani siano in ogni luogo capaci di accoglierla da te e comunicarla ai fratelli e  alle sorelle,

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Signore i gesti e le parole del papa Francesco, perché comunichino sempre il tesoro prezioso del vangelo di cui il mondo ha così bisogno,

Noi ti preghiamo

  

Custodisci e proteggi le tue comunità nel mondo o Cristo, perché in ogni luogo siano testimoni di una vita spesa per il bene di tutti, senza timori e freddezze, con l’audacia di voler realizzare i sogni di bene che il Vangelo suscita,

Noi ti preghiamo

sabato 2 marzo 2024

III domenica di Quaresima - ano B - 3 marzo 2024

 


Dal libro dell’Esodo 20, 1-17

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

 

Salmo 18 - Signore, tu hai parole di vita eterna.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi 1,22-25

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Giovanni 2,13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, dice l’evangelista Giovanni che “Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme”. Anche noi ci troviamo nel tempo che precede la Pasqua, e in compagnia di Gesù ci avviamo verso Gerusalemme per essere testimoni degli avvenimenti straordinari che vi accadranno: la passione, morte e resurrezione di Gesù. C’è bisogno di camminare, e per di più in salita, per arrivare a Gerusalemme. E non basta essere venuti fino in chiesa: questo è il punto di partenza verso Gerusalemme, non di arrivo. Da qui, dopo aver ascoltato la Parola di Dio ogni domenica, partiamo per incamminarci durante la settimana verso la Gerusalemme che è la vita in compagnia di Cristo che non è fermo, ma in cammino, come dice il Vangelo di oggi.

Il Signore, abbiamo ascoltato, giungendo nel Tempio di Gerusalemme lo trovò invaso di mercanti e cambiavalute, gente che compiva piccoli commerci. Non erano ladri né truffatori, erano persone che cercavano di guadagnarsi la vita onestamente. Anzi potremmo dire che erano utili, offrendo a chi veniva da lontano la possibilità di acquistare sul posto ciò che serviva per presentare le offerte al tempio o cambiare il denaro nella valuta locale, l’unica accettata per l’offerta rituale al tempio. Cosa c’era di male?

Gesù scaccia quei piccoli commercianti perché non tollera che lo spazio che era stato costruito perché gli uomini potessero incontrarvi Dio venga occupato da altro. Col suo gesto non nega la possibilità di fare mercato, ma non nel luogo dell’incontro con Dio, perché perché questo si realizza nello spazio della carità, cioè dell’amore gratuito, quello spazio che in questo tempo di Quaresima siamo invitati ad ampliare. L’amore di Dio per noi infatti è gratuito, donato senza chiedere nulla in cambio, e Dio lo incontriamo se accogliamo da lui con gratitudine questa gratuità e a nostra volta la offriamo agli altri uomini, senza chiedere nulla in cambio, cioè il contrario del commercio.

Fratelli e sorelle, quello che accadeva al Tempio avviene anche nella nostra vita. Lo spazio del nostro cuore viene occupato dalla logica del commercio che si impossessa di tutto, anche del voler bene. Nella logica del mercato tutto si vende e si compra, anche l’amore degli altri, il loro interesse, la mia stima e io mio interesse: ogni volta che offriamo attenzione per convenienza, o facciamo qualcosa perché questo ci procuri un contraccambio, senza rimetterci. Se non c’è questa convenienza perché dovrei darmi da fare? Se non sono in obbligo o in debito, perché dovrei fare qualcosa per un altro? Se il prezzo da pagare per un’azione in favore di qualcuno non è ragionevole, perché dovrei rischiare di rimetterci? Un ragionamento che non riguarda, ovviamente, solo le risorse finanziarie o materiali, ma anche il nostro capitale affettivo, le emozioni, i sentimenti.

È la naturale logica del commercio, del comprare e vendere per guadagnare. Anche i nostri commerci, come quelli del tempio, sono onesti: chiediamo il giusto prezzo, senza pretendere più di ciò che è corretto. Non siamo ladri, speculatori o profittatori, ma solo oculati e onesti commercianti dei nostri sentimenti che pensiamo non vadano sprecati.

Gesù proprio questo contesta: se occupiamo lo spazio della nostra vita con la logica e la pratica dal commercio non c’è più posto per la gratuità dell’amore di Dio, per la sua generosità disinteressata, cioè non c’è più posto per Dio.

La gratuità ci fa paura: temiamo di perdere tutto. Per questo fin da piccoli siamo stati abituati a impostare i nostri rapporti e affetti ad una sana e onesta contabilità. Abbiamo imparato che lo spreco dei nostri sentimenti è una follia, che il dono gratuito del proprio tempo, affetto, amicizia, perdono, attenzioni e cure è irrazionale e controproducente. Così si rischia di fare la fine di Gesù: solo, abbandonato, tradito, lui che aveva beneficato tanti; messo a morte, lui che aveva ridato la vita a tanti senza chiedere niente in cambio.

Abbiamo ascoltato le parole di San Paolo: “noi annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani.” Il Vangelo infatti per chi vive immerso nella logica del commercio, nella paura di rimetterci, è scandalo e stoltezza, e mette d’accordo tutti, pure pagani e giudei che non avevano nulla in comune. Ma la croce di Gesù, vista con gli occhi della fede alla luce della sua resurrezione, dice Paolo, “è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” Sì, la stoltezza e la debolezza di un amore come Dio ce lo offre, gratuito, è la vera potenza e sapienza, perché restituisce a chi lo vive il volto umano che assomiglia a quello di Dio, non più stravolto e contratto nella paura, ma aperto e disteso nella pace del cuore.

Gesù oggi sferza la nostra vita con la sua frusta. Il suo amore gratuito infatti se lo accogliamo colpisce come una frusta le spalle di chi del proprio fa commercio. La sua generosità che nulla chiede in cambio fa andare a gambe all’aria le bancarelle dei nostri onesti scambi, rovescia le monete con cui teniamo il conto dei nostri meriti e crediti nei confronti degli altri e persino di Dio.

A noi oggi decidere cosa fare: chinarci a raccogliere la mercanzia e riaprire la bancarella più in là, oppure lasciar perdere questo modo di ragionare, farsi prendere dalla passione di Gesù, goderci la libertà dell’amore donato gratuitamente in quel bel tempio libero dalla logica del mercato?

In questo tempo benedetto di Quaresima impariamo a vivere l’amore di Dio, gratuito e generoso. Come i discepoli, i quali: “Quando poi fu risuscitato dai morti, … si ricordarono … e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” anche noi, pellegrini verso Gerusalemme, prepariamo il nostro cuore perché la Pasqua ci ricordi le sue parole e crediamo alla Scrittura che ci indica la via della potenza e sapienza di Dio, cioè del suo modo così speciale di voler bene.

  

Preghiere 

 

O Dio che doni tutto te stesso senza chiedere nulla in cambio, aiutaci a uscire dalla logica del mercato per abbracciare la gratuità del voler bene a tutti senza interesse.

Noi ti preghiamo

  

Padre buono, aiutaci a tenere la nostra vita sgombra dalle rivendicazioni, dal conto dei crediti e dei debiti, dalla recriminazione, per essere liberi di voler bene sempre e a tutti, come Gesù ha fatto con noi.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù guidaci in questo tempo di Quaresima perché ci prepariamo fin da adesso a seguirti nell’ora difficile della tua passione. Fa’ che non prevalgano le nostre paure ma sappiamo accompagnarti con fedeltà fin sotto la croce.

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo Signore per la forza che ci doni per vincere le tentazioni. Guida i nostri passi sulle vie della generosità e della solidarietà con tutti, perché compiamo il bene che hai preparato per ciascuno.

Noi ti preghiamo

 

O Padre di eterna bontà, dona la pace al mondo intero. Ti preghiamo per tutti i Paesi in guerra, perché nessuno muoia e soffra più per la violenza. Guida gli uomini che oggi si combattono sulle vie della riconciliazione che rivela in ciascuno il volto del fratello e della sorella.

Noi ti preghiamo

 

 Ti preghiamo, o Signore, accompagna il nostro papa Francesco e donagli la salute del corpo e la pace del cuore. Fa’ che le sue parole e il suo esempio spingano i cuori dei tuoi discepoli sulle vie del Vangelo.

Noi ti preghiamo.

 

 Signore ti preghiamo per tutti i malati, per i tribolati, per chi è nel dolore. Sostienili nel tuo amore e dona sollievo nella sofferenza. Suscita accanto a chi sta male un angelo di consolazione.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per tutte le comunità cristiane disperse nel mondo che vivono e annunciano il vangelo. Dona loro la forza del tuo Spirito perché le loro parole e azioni conducano tanti ad incontrarti risorto.

Noi ti preghiamo