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domenica 12 maggio 2013

Ascensione - 12 maggio 2013


Dagli atti degli apostoli 1,1-11

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché temibile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.


Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28; 10,19-23

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza. Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo gior­no, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la festa di oggi ha del paradossale, festeggiamo infatti il fatto che Gesù ha lasciato la terra ascendendo al cielo. Da quel giorno la terra ci appare infatti “vuota di Dio”. E’  quell’assenza, cui abbiamo già fatto cenno altre volte, che caratterizza l’esistenza umana da quel giorno di cui ci racconta il Vangelo di Luca: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.

Sì, la presenza di Dio fra gli uomini non è qualcosa di scontato o naturale. Dio Padre non si presenta come uno spirito che aleggia un po’ qui e un po’ là, ma come una persona, sempre disponibile a incontrare l’uomo, anzi desideroso che quell’incontro si verifichi, tanto da provocarci incessantemente ad incontrarlo e a stare con lui, ma non sempre presente, lo vogliamo o meno, in mezzo a noi. L’ascensione di Gesù ci indica proprio questa realtà fondamentale, e cioè che Dio si fa presente a chi lo invoca, lo cerca, persino a chi lo forza e in qualche modo lo “obbliga” a venire a sé, ma non è presente per natura. D’altronde era così anche nella Palestina di Gesù: quanti, pur vivendo accanto a lui, non lo hanno incontrato e lo hanno volutamente ignorato? Addirittura molti lo hanno voluto togliere di mezzo fisicamente e definitivamente, crocifiggendolo.

Ma il mondo, senza Dio, è destinato a crollare su se stesso. Il vangelo di Matteo infatti ci narra come, alla morte di Gesù, “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono” (Mt 27,51-52). È questa l’esperienza che facciamo anche noi: quando una società, un gruppo o anche un individuo si chiude a Dio e lo elimina dalla propria vita, il suo mondo vacilla e crolla. Per questo ci si affanna a cercare certezze che ci diano un senso di solidità: ruoli sociali, beni materiali, forza e piacevolezza fisica, ecc… in un mondo che vacilla ci si affida alla forza illusoria delle certezze per trovare un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere giù. Ma serve? Fino a quando dura e poi, sono vere certezze?

Ci chiediamo allora cosa possiamo fare e a cosa possiamo affidarci per avere un terreno solido su cui poggiare.

Il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprenderlo. Innanzitutto: “Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio.” Cioè il Signore, come abbiamo ripetuto spesso in queste domeniche dopo la Pasqua, non è vinto dalla forza di chi vuole eliminarlo. Il suo amore non è sconfitto, anzi vince la morte, scardina la tomba in cui lo si voleva circoscrivere e limitare. Il modo con  cui gli uomini hanno sempre cercato di far fuori Dio dal mondo è quello di dimostrare l’impotenza del suo amore. Paradossalmente l’uomo ha sempre cercato, e ancora lo fa, di dimostrare che l’amore di Dio non c’è perché egli non eliminerebbe le situazioni in cui l’uomo è chiamato a viverlo. Cioè si accusa Dio di non voler bene all’uomo perché lo lascia in balia del male e del dolore, mentre in realtà sono proprio le situazioni di male e di dolore che provocano l’uomo a desiderare e invocare la presenza di Dio e a chiedergli di essere aiutato a vivere il suo amore. Dio stesso infatti non ha evitato il dolore, ma lo ha vinto. Gesù non ha scansato la morte, ma l’ha resa impotente con la forza del suo voler bene fino in fondo, sempre e comunque. È questa la via che indica anche a noi: il suo amore che si fa presente accanto a noi non consiste nel porci al riparo del male, ma nel darci la forza di vincerlo col bene e con l’amore. In ciò si manifesta la sua presenza potente e gloriosa. Si tratta di quel “battesimo in Spirito Santo” che Gesù promette, cioè l’immersione nella forza travolgente del suo amore, non per renderci invulnerabili e insensibili al male, come supereroi mitologici, ma sensibili e pronti a farsi carico del male, come Gesù, perché certi che la presenza di Dio nel suo Spirito ci rende vittoriosi e ci dona la vita vera che non finisce.

Questo, fratelli e sorelle, è il modo con cui possiamo vincere il “vuoto di Dio” cui facevo cenno e che a volte ci sgomenta davanti al mondo. Gesù infatti, prima di ascendere e lasciare i suoi col suo corpo, presenta loro la prospettiva larga del Regno di Dio e l’esigenza di coinvolgere nella sua costruzione tutti gli uomini della terra. È quel traguardo di vita eterna e piena in cui Dio si fa compagno e abita con gli uomini, come dice Giovanni descrivendo la Gerusalemme celeste che vede scendere dal cielo. Potremmo dire, schematicamente, che Gesù sale al cielo perché il cielo possa scendere sulla terra, perché tutto il mondo sia trasfigurato in un luogo di pace e gioia piena.

Come giungere a questo traguardo? Domenica prossima celebreremo la Pentecoste, cioè l’invasione dello Spirito che riempie il vuoto e colma ogni assenza di amore. C’è bisogno però di prepararci a questa irruzione potente dell’amore di Dio, non guardando impotenti il cielo, come fecero gli apostoli dopo l’ascensione di Gesù, sgomenti del vuoto lasciato; non restando nel villaggio dei propri pensieri e preoccupazioni, nell’orizzonte circoscritto dell’io; piuttosto, guardando al fratello e  alla sorella, restando dentro la città, mescolati alla vita degli uomini, cioè proprio lì dove più forte si fa sentire il bisogno di quell’amore che sconfigge il male e la morte con la forza del bene. La passione con cui lavoreremo perché il bene si affermi è il modo con cui invocare lo Spirito, ed egli non si rifiuta a chi lo cerca con sincerità d’animo e amore appassionato. Sia questo anche il nostro modo di vivere in questo tempo che ci prepara alla Pentecoste, perché incontriamo anche noi Dio nel suo Spirito che illumina, scalda e dà forza agli uomini.

Preghiere

O signore ti ringraziamo perché desìderi vivere con noi uomini, nonostante il nostro tradimento e peccato. Aiutaci ad accoglierti sempre con gioia,

Noi ti preghiamo


O Dio Padre del cielo e della terra, riempi del tuo Spirito la terra, perché venga presto il tuo Regno di pace, giustizia e gioia senza fine,

Noi ti preghiamo

Donaci o Signore un cuore aperto al soffio dello Spirito e disponibile ad accogliere il Vangelo, perché ovunque noi viviamo possiamo portare consolazione, pace e concordia,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio aiutaci a vivere la passione per il fratello e la sorella, perché nessuno sia per noi estraneo o nemico, ma ogni incontro sia occasione per vivere e testimoniare il tuo amore per gli uomini,

Noi ti preghiamo


Consola o Padre del cielo chi è nel dolore. Per i malati, gli anziani, per chi è senza casa e famiglia, per le vittime della guerra e della violenza, per i prigionieri. Ti preghiamo dona guarigione e salvezza a tutti,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo i Dio per noi tuoi figli, apri, illumina e scalda le nostre vite, perché ripieni del tuo amore sappiamo farci vicini a chi è nel bisogno e soccorrere chi è povero e solo,

Noi ti preghiamo.

Ti invochiamo o Signore, manda il tuo Spirito sulla chiesa dei tuoi discepoli, perché la vita di chi segue la tua via sia sempre conforme al Vangelo e fonte di bene per il mondo,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Padre misericordioso papa Francesco e tutti coloro che guidano il gregge dei tuoi discepoli. Dona ad essi fede ed amore, perché con le parole e le azioni indichino in te la fonte della vita vera e il traguardo della felicità senza fine,

Noi ti preghiamo

 

giovedì 9 maggio 2013

VI domenica del tempo di Pasqua - 5 maggio 2013


Dagli Atti degli Apostoli 15, 1-2. 22-29

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

 

Salmo 66 - Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

 

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino, +
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 21, 10-14. 22-23

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se uno mi ama, osserva la mia parola

e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 14, 23-29

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Commento

Cari fratelli e  care sorelle, la liturgia oggi ci riporta all’ultima cena propo­nendoci un brano tratto dal grande discorso fatto da Gesù ai suoi nel cenacolo. Quelle parole furono pronunciate da Gesù per confortare quella prima piccola comunità di discepoli che di lì a poco sarebbero passati attraverso la grande prova della sua passione e morte.

Gesù, che sa che lascerà col suo corpo il mondo e parla della presenza di Dio nella vita del credente e della comunità, perché sa quanto è facile che i suoi discepoli, una volta da soli, si dimentichino di lui e siano come riassorbiti dalla vita di prima. Questo è sen­za dubbio uno dei rischi della nostra stessa vita e di ogni esperienza religiosa. Il rapporto con Dio è il cuore della vita di ogni uomo, ma spesso esso non trova posto nelle nostre giornate, perché preferiamo riempirle di tutt’altro.

Alcuni dicono: Dio è ovunque, non c’è bisogno di andare in chiesa per pregare. Certo, ma noi rischiamo così di dimenticare che Dio è una persona e che si è incarnato e che i luoghi non sono indifferenti. Esiste una dimensione fisica che è rilevante, come lo è per i nostri rapporti personali. Non è lo stesso se una persona la incontro al bar, per la strada, in mezzo al caos e al frastuono, oppure in casa, in un luogo tranquillo e in cui è piacevole stare. Lo stesso è per il nostro incontro con Dio. Infatti fin dall’inizio della storia dell’umanità, Dio si è sempre preoccupato di indicare il luogo della sua presenza in mezzo agli uomini. Nel tempo difficile del viaggio del popolo di Israele nel deserto, quei lunghi 40 anni di cammino, Dio è sempre stato presente in mezzo al suo popolo e il luogo della sua presenza era l’arca dell’alleanza racchiusa nella tenda. Poi una volta arrivati nella terra promessa Dio abitò nel tempio nella città santa di Gerusa­lemme. Con la nascita di Gesù è lui stesso che diventa il luogo in cui Dio è presente fra gli uomini, in modo pieno, e tale resta per tutti i tempi. 

Ma come facciamo, a tanti secoli di distanza, a sentire vicina e reale questa presenza di Gesù in mezzo a noi? Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci offre una risposta a tale domanda: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Dio cioè abita non più in una tenda accanto al popolo o nel tempio al centro della città ma direttamente “presso” di noi. E’ voler bene a Gesù che ci fa essere assieme a Dio. Ma come facciamo ad amare uno che non si vede? È sempre il vangelo che ci indica come: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”. Voler bene a Dio si esprime dunque principalmente nell’ascoltare e nel vivere la sua Parola.

Ma allora quanto sono preziose le occasioni in cui possiamo accostarci alla Parola di Dio! Prima fra tutte la Liturgia. La domenica a Messa infatti tutto ruota attorno alla Parola di Dio: le preghiere stesse della Liturgia sono intessute di Parola di Dio, la Scrittura viene letta e commentata, perché tutti possano farla scendere e restare nel proprio cuore, e infine quelle stesse parole ripetute rendono presente tra di noi il corpo e sangue di Gesù. Se noi partecipiamo alla Messa Dio starà con noi, e non solo la domenica, ma per sempre.

E’ una indicazione semplice e concreta che ci rende tutti in grado di vivere assieme a Dio, perché oggi, a differenza dell’antico Israele, il luogo della presenza di Dio (qui risiede la straordina­rietà del cristianesimo!) è la vita stessa di chi ascolta e met­te in pratica il Vangelo. Chi ascolta e mette in pratica il Vangelo infatti rende presente Dio in ogni momento e in ogni luogo in cui si vive.

È l’esperienza che facevano le prime comunità cristiane, di cui abbiamo sentito nella prima lettura: Paolo, Barnaba, Sila, Barsabba, sono tutti discepoli che hanno dato ascolto alla Parola del Signore Gesù e l’hanno vissuta. Per questo le loro parole e la loro stessa presenza suscita la fede delle comunità presso le quali si recano e sana i dissidi e le divisioni che il male vuole suscitare nel loro seno. Così possiamo essere anche noi. La presenza di cristiani che ascoltano e vivono il vangelo cambia non solo la loro vita personale, ma le persone che incontrano e i luoghi in cui vivono.  

E’ questa la forza di cambiamento e di novità che la resurrezione di Gesù ci comunica. Ma quanto sono forti le obiezioni che ci vengono spontanee davanti alle parole del Vangelo! Pensiamo che sono parole troppo difficili ed esigenti, che non sono per noi gente comune, che non ci conviene viverle perché ci si rimette e rischiamo di finire male. Eppure proprio da quelle parole ci viene la salvezza della nostra vita che è godere della compagnia del Signore che veglia su di noi e ci preserva da ogni male.

Noi spesso ci lamentiamo della nostra vita e del male in cui sembra sprofondare sempre più il mondo: tutto è confuso e senza prospettive di bene. Ma l’Apocalisse di Giovanni ci offre una visone diversa: “L’angelo mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, … Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

È la prospettiva in cui vive il cristiano dopo la Resurrezione di Gesù. C’è una luce che illumina il buio e guida i nostri passi. È l’amore vissuto concretamente e profondamente a farci essere non solo vicini o alla presenza di Dio, ma addirittura una famiglia con lui, concittadini e coabitanti.

Cari fratelli e sorelle, siamo alle soglie della grande festa di Pentecoste che ricorda il dono dello Spirito ai discepoli e che ci richiama la necessità di aprirci anche noi al dono dello Spirito che è l’amore di Dio. Lo Spirito è Dio, perché, come dice Giovanni, “Dio è amore”. Facciamo spazio dentro di noi allo Spirito di amore. Esso è concreto, fatto di gesti, preoccupazioni, decisioni, lavoro, impegno. Voler bene a un figlio, lo sanno bene le madri e i padri, è un gran lavoro, non solo sentimento. Così, vivere l’amore non è solo un sentimento o una ispirazione, ma è lavoro, impegno, azione concreta. Ricevere il dono dello Spirito non significa allora mettersi in estatica attesa di ispirazione ma darsi da fare. Lo Spirito viene in chi ne ha bisogno per sostenere il suo sforzo di amore per gli altri. Chi non fa nulla che bisogno ne ha?

Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri, in maniera stabile e manifesta. Ascoltiamo l’invito della sua Parola a farci operatori del suo voler bene, senza limiti né resistenze, a tutti ed in ogni momento, e Dio abiterà con noi con la forza del suo Spirito, il calore e la luce della sua intelligenza d’amore.

 

Preghiere

O Signore nostro Dio ti ringraziamo perché torni ogni domenica a visitarci e resti assieme a noi. Aiutaci ad accoglierti con cuore aperto e disponibilità.

Noi ti preghiamo

O Padre del cielo che hai accompagnato con il tuo amore senza fine la vita degli uomini fin dal primo giorno, resta con noi anche in questo tempo difficile in cui tanti uomini e tante donne hanno bisogno della tua guida e del tuo sostegno.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore Gesù per i ragazzi che oggi ricevono per la prima volta il tuo corpo e sangue. Dona loro di restare sempre tuoi figli docili e discepoli fedeli.

Noi ti preghiamo


Perdona o Dio la durezza del nostro cuore ogni volta che rifiutiamo di seguire il tuo insegnamento. Aiutaci ad ascoltare il Vangelo con attenzione e a viverlo con docilità.

Noi ti preghiamo

 
Aiuta o Padre misericordioso tutti gli uomini che ti invocano nel momento del bisogno: per gli ammalati, gli anziani, per chi è senza casa e famiglia, per chi è prigioniero e vittima della guerra e della violenza. Sostienili nella difficoltà,

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Signore quanti annunciano e vivono il Vangelo. Fa’ che presto ogni uomo e ogni donna della terra possa ascoltare l’annuncio della salvezza che sei venuto a portare al mondo.

Noi ti preghiamo.


Ti preghiamo o Padre del cielo per tutti i nostri cari, per chi ci è a cuore. Guida chi è disperso, incoraggia chi è confuso e incerto, sostieni chi è nel bisogno,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Spirito di Dio il Santo Padre Francesco, perché con l’umiltà e la semplicità delle sue parole e azioni ispiri in tutti i cristiani il desiderio di esserti più vicini,

Noi ti preghiamo