sabato 17 febbraio 2024

Mercoledì delle Ceneri - 14 febbraio 2024

 


Dal libro del profeta Gioele 2,12-18


Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo. 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il profeta Gioele pone a se stesso e al popolo di Israele a cui si rivolge una domanda: “Chi sa che [il Signore Dio] non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?” È una domanda che contiene una speranza e una preghiera: “Signore cambia idea su di me e sul mondo, ridonaci la possibilità di sperare e facci intravedere il bene che solo tu puoi donarci!”

Facciamo nostra questa preghiera oggi, in tempo di guerra.

Guerre combattute e sanguinose, qui vicino a noi, come in Ucraina e in Terra Santa, e anche lontano, in tutto il mondo. Ma più passa il tempo e più le notizie e le immagini delle distruzioni e delle morti diventano un sottofondo normale, abituale del nostro vivere quotidiano: chi ci fa più caso?

È la terribile abitudine che fa diventare in qualche modo “accettabile” la guerra, che invece non lo è, non potrà mai esserlo. Più se ne parla e meno la guerra viene messa in discussione; casomai si questiona sul tipo di armi da usare, sul coinvolgimento di questo o quell’esercito, sulle strategie militari adottate. Poche voci si alzano per dire che la guerra va fermata ad ogni costo, e vengono tacciate di disfattismo o, nel caso migliore, di essere illuse utopiste che non tengono conto della realtà.  

Cari fratelli e care sorelle, quando la guerra diventa accettabile bisogna avere paura. Quando in un popolo, in una nazione si giunge a pensare che in taluni casi si possa, anzi si debba imbracciare le armi e fare la guerra, vuol dire che già si prepara il terreno perché questo possa avvenire anche in casa propria. Come quando si compra un’arma: implicitamente si ammette che un giorno la si potrà usare e si ucciderà qualcuno: già ci si prepara a divenire un assassino.

Accettare la guerra come un’opzione possibile è come tenere un’arma pronta nel cassetto: per ora è silente, ma domani potrebbe esplodere colpi mortali.

Questa non è un’esagerazione, né allarmismo, è la storia che si è realizzata tutte le volte in cui la bellicosità delle parole e l’aggressività degli atteggiamenti hanno preceduto, e non di molto, lo scoppio sinistro delle armi. Si inizia col lamentarsi della propria condizione, si individua un nemico, lo si demonizza, si anestetizzano i freni inibitori che le generazioni che hanno vissuto le guerre passate ci tramandano, si invoca la situazione di emergenza, si individua il punto di non ritorno, e facilmente poi scatta il grilletto della guerra.

Per questo non possiamo accettare che i “preliminari” della guerra attecchiscano anche in noi, che le “ragioni” del combattere divengano nostra coscienza comune, che armarsi, maneggiare strumenti di morte, accumulare arsenali e aumentare le risorse ad essi dedicati siano una prassi ordinaria che non suscitano scandalo. Non possiamo accettare che si pensi che esiste una guerra giusta e un motivo valido per sparare, bombardare, uccidere.

Davanti alla guerra spesso vediamo vacillare la fede: “Se Dio esiste perché la consente? Se ci ama perché non ferma le morti e le distruzioni?” sentiamo dire attorno a noi o anche dentro di noi.

La risposta a questo interrogativo ci viene oggi dalle parole del profeta Gioele che abbiamo ascoltato. Egli rivolge a Dio un’invocazione perché cambi atteggiamento e mandi il bene, che oggi è la pace. Ma subito prima aveva rivolto al popolo l’invito di Dio: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male.” Cioè Dio il dono della pace, della vita felice e della gioia del bene ce lo ha già offerto con abbondanza, ed è in quella fraternità universale che ha iscritto nel dna della nostra coscienza comune nel momento nel quale ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Sì, nel profondo del cuore di ciascuno è scritto un comune senso di umanità che invita a condividere ciò che è necessario per vivere, a mettere a frutto il progresso e le capacità di ciascuno per costruire il bene comune, ad applicare nel proprio agire la giustizia, l’uguaglianza e la solidarietà.

Siamo noi che rifiutiamo questo dono e ci rivolgiamo altrove per realizzare falsi simulacri di sicurezza e pace fondati sul dominio, sulla supremazia, sull’accumulo di risorse oltre il necessario e sull’uso facile delle armi per difenderle ed aumentarle.

Per questo Dio esorta a tornare a lui e a volgere il cuore al modo di vivere umano che lui ci ha proposto fin dalla creazione, fin dalle origini dell’umanità, senza indurirlo nell’accettazione del male come normale e, addirittura, necessario.

Si, oggi compiamo un gesto semplice di umiltà: chiniamo il nostro capo davanti a Dio e accettiamo che la cenere sporchi il nostro volto. Sì, c’è bisogno di sporcarsi il volto per riconoscere che abbiamo bisogno che Dio lo ripulisca dalla cenere della nostra arrendevolezza davanti al male, dal grigio dell’abitudine ad accettare l’ingiustizia come prassi normale, dallo sporco di un senso opaco e intorpidito di umanità che ha perso la ribellione contro il male e il rifiuto del compromesso con esso.

Quando riceveremo la cenere sul capo istintivamente ci viene il desiderio di rimuoverla, è giusto, ma quella cenere è solo un segno della cenere depositatasi sul nostro cuore, che lo rende opaco e intorpidito. Quella cenere dobbiamo desiderare di scrollarci di dosso, perché ci impedisce di vedere Dio e di riconoscere nell’altro il fratello e la sorella da amare.

Il tempo di Quaresima che oggi si apre è un tempo benedetto e un dono prezioso, non lasciamolo scorrere invano. Il Signore ci si fa vicino, ci mostra la cenere depositatasi sul cuore col nostro abituarci al male e accettarlo come normale. Ci invita a scrollarcelo di dosso, a tornare alla limpidezza dello sguardo che lui ci ha donato, alla purezza dei sentimenti di generosità e solidarietà che lui ci ha ispirato, a rendere di nuovo il nostro cuore capace di tenerezza e compassione, di umiltà e sottomissione alla sua volontà, perché torni a palpitare come un vero cuore di carne in una vita veramente umana.

 

Preghiere 

 

O Dio Padre di eterna bontà, guarda con misericordia a questa tua famiglia raccolta nel tuo Nome per invocare il perdono e attendere il tuo aiuto. Cancella da noi le nostre colpe e mostraci la via della conversione del cuore.

Noi ti preghiamo

  

In questo tempo di Quaresima che oggi si apre fa’ o Signore che sappiamo intraprendere il cammino di ritorno a te. Fa’ che riconosciamo il nostro bisogno di ripulire il nostro cuore dall’abitudine al male. Donaci uno sguardo limpido e un cuore puro per riconoscere il fratello e la sorella che ci metti accanto,

Noi ti preghiamo



Guarda con amore o Dio ai popoli sconvolti dalla violenza e dalla guerra. Soccorri chi oggi è nel dolore a causa dell’odio fratricida, suscita sentimenti di pietà in chi è accecato dalla sete di potenza, apri i cuori e le menti al desiderio di pace e riconciliazione. Benedici e rafforza quanti arginano il dilagare della violenza con la propria umanità mite e solidale.

Noi ti preghiamo

  

Consola o Padre buono quanti hanno perso tutto a causa dei conflitti e fuggono lontano per cercare pace e salvezza. Fa che la solidarietà dei fratelli e delle sorelle lenisca il dolore e riapra i cuori alla speranza.

Noi ti preghiamo

 


Per quanti cercano motivi di speranza e non trovano un porto sicuro nel quale far riposare il proprio cuore inquieto. Fa’ che noi tuoi discepoli siamo sempre pronti ad accogliere, ascoltare e consolare chi è turbato e disorientato,

Noi ti preghiamo.

  

Ti preghiamo o Dio per il papa Francesco e per quanti sentono la responsabilità di indicare con la propria vita la via del Vangelo a chi non la conosce. Guida le loro azioni e le loro parole con la forza dello Spirito che tutto comprende e tutto ama.

Noi ti preghiamo.

 

I domenica di Quaresima - Anno B - 17 febbraio 2024

 


Dal libro della Genesi 9,8-15

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».

 

Salmo 24 - Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 3,18-22

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Marco 1,12-15

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

 Commento

 Cari fratelli e care sorelle, abbiamo udito come Gesù, dopo essere stato battezzato da Giovanni nel Giordano ed avere così iniziato a manifestare la sua missione in mezzo agli uomini, cioè quella di indicare loro una via di salvezza possibile, viene sospinto dallo Spirito nel deserto dove rimase quaranta giorni. Il deserto, ci ricorda l’evangelista Marco è un luogo inospitale e pericoloso, nel quale la vita è minacciata dalle forze del male: in esso Gesù “tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche.”

Il Vangelo sembra volerci dire dunque che Gesù cominciò la sua missione proprio nell’ambiente più difficile, quello in cui l’umanità è assente e gli esseri viventi sono ostili e selvatici.

Se vogliamo fare un parallelo con il presente, il deserto di oggi sono i luoghi nei quali il dominio della violenza non conosce limite, i Paesi in guerra. In essi gli esseri viventi sono inselvatichiti dall’influenza della forza malvagia del diavolo che suscita nei cuori umani la prassi disumana dell’uccidere, distruggere, annientare. L’altro è visto come un nemico e l’unico scopo è dominarlo, sottometterlo, eliminarlo.

Abbiamo ascoltato dal Vangelo che proprio lì, nel deserto, Satana tentò il Signore Gesù. Cosa vuol dire?

La “tentazione” è lo sforzo del male di rendersi accettabile, normale, se non addirittura giusto, stravolgendo il senso di umanità fino a cancellarlo. Il diavolo agisce con Gesù come fa ancora oggi con ognuno di noi, cercando di persuaderci che poi, in fin dei conti, il suo agire nel mondo fa parte della vita e della natura del mondo, è, cioè, del tutto “normale”.

È quello che vediamo accadere ancora oggi quando la guerra invece di essere ripudiata come la forma più perversa del male è invece vista come una prassi accettabile per risolvere le controversie fra gli Stati o per far valere le proprie ragioni. Questo spirito di “normalizzazione del male” si insinua subdolo nei cuori di ciascuno desertificandoli. La pietà diviene allora una forma di debolezza, il desiderio di pace viene tacciato di disfattismo o cedevolezza, il rifiuto di vedere nell’altro un nemico da annientare è condannato come tradimento del proprio popolo.

Chiediamoci, sorelle e fratelli, quanto anche in noi ha agito questa forza “normalizzatrice del male” che mira a rendere accettabile la disumanità della guerra.

Se non sei per la guerra sei dalla parte del nemico, se non imbracci le armi e non ti contrapponi vuol dire che abbracci la causa del nemico.

Gesù stette quaranta giorni alla mercè della forza del male. Ne subì l’assalto e la forza di persuasione che cercava di farselo alleato o, almeno, uno spettatore passivo e silenzioso.

Sappiamo però che Gesù resistette all’assalto del principe del male e attraversò quei quaranta giorni contrapponendo alla sua voce suadente la solidità della sapienza della Scrittura e il primato della volontà di Dio di riaffermare la forza del bene.

Quaranta giorni sono offerti anche a noi, è il tempo della Quaresima che stiamo vivendo. Anche noi siamo trasportati dai venti di guerra nel deserto di umanità della logica bellicosa che giustifica la violenza e ammette la necessità di annientare il nemico. Anche noi siamo tentati di convincerci che non c’è scelta e bisogna uniformarsi alla mentalità del nemico e della guerra; ce lo dicono i media, ce lo suggerisce la propaganda dei belligeranti che chiedono sempre e solo armi, e noi rischiamo di lasciarci trascinare per pigrizia mentale e del cuore, dalla corrente della maggioranza armata.

Gesù però ci mostra che una via diversa è possibile, ed è quella della conversione, cioè di dirigere le nostre menti e i nostri cuori verso una meta diversa, quella pace che viene dal vivere fin da subito la fraternità che non considera nessuno un nemico, nemmeno chi sbaglia, chi è preda degli odi, chi minaccia.

Non sprechiamo questi quaranta giorni di Quaresima, perché essi sono preziosi: viviamoli in compagnia del Signore, per imparare da lui a rispondere al maligno con la forza del bene, con le ragioni della pace.

In mezzo al deserto popolato di belve, ci dice Marco, Gesù non è solo a combattere con la forza persuasiva del male, ma “gli angeli lo servivano.” Neanche noi siamo soli, ma Dio Padre ci mando i suoi messaggeri. Essi sono coloro che ci indicano la sua volontà e che rafforzano la volontà di cercare prima di tutto il bene e di confermarlo con le proprie scelte e azioni quotidiane. Gli angeli sono persone che attorno a noi ci suggeriscono il bene da fare e provocano il nostro cuore a stare dalla sua parte. Sono i poveri che in un mondo imbarbarito ci provocano alla tenerezza e alla compassione; sono i popoli in guerra che con le loro indicibili sofferenze ci dimostrano tutta l’assurdità e inaccettabilità dei conflitti; sono gli operatori di pace che pur tra mille difficoltà riescono a far prevalere le ragioni del bene nel deserto di umanità.

Cari fratelli e  care sorelle, nel deserto lasciamoci servire dagli angeli, non li trascuriamo come presenze inutili o fastidiose. Accettiamo volentieri la loro carica umanizzante e resistiamo alla tentazione, assieme a Gesù, di considerare normale il male e vivibile il deserto. Coltiviamo piuttosto il nostro angolo di mondo facendolo divenire un giardino, facendo fiorire le opere di giustizia e di bontà, rendendolo un luogo dove chi è debole e povero trova ristoro e accoglienza, dove la logica della guerra non attecchisce e il bene suscita altro bene e attrae chi vi passa facendogli sperimentare la forza di guarigione che ha un cuore pacifico.

 

Preghiere 

 

O Dio che sei nostro Padre, unisci la forza del tuo amore alla nostra fragilità con l’arco dell’Alleanza fra cielo e terra. Fa’ che accogliendola la viviamo fiduciosamente,

Noi ti preghiamo

  

In questo tempo di Quaresima suggerisci a ciascuno di noi o Signore le scelte buone nella vita di ogni giorno. Manda il tuo santo Spirito ad illuminarci il cammino e a scaldarci il cuore, perché procediamo alla luce della Parola

Noi ti preghiamo

 

Non lasciare o Dio che costruiamo la nostra esistenza secondo il disegno del male, ma fa’ che ci fondiamo sulla roccia del Vangelo per rafforzare l’unità di tutto il genere umano,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Padre misericordioso tutti quelli che nella propria vita danno spazio all’odio e alla violenza contro il fratello e la sorella. Aiutali a resistere alla tentazione e a decidere per il bene. Dona a tutti la tua pace

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre chi è più debole. Aiuta chi è maggiormente esposto alla durezza della vita e ne subisce le ingiurie. Guarisci chi è malato, sostieni chi è nel dolore, salva chi è minacciato dalla violenza e dalla guerra,

Noi ti preghiamo

  

In questo tempo di Quaresima, o Dio, suscita carità, preghiera e digiuno nella vita dei tuoi discepoli, perché nell’amore per i fratelli troviamo la strada che conduce all’incontro con te,

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Padre i tuoi figli ovunque dispersi. Dona coraggio e tenacia a chi è incerto e raccogli attorno alla tua mensa tutta la famiglia umana,

Noi ti preghiamo

 

Dona coraggio e amore a papa Francesco e a tutti quelli che annunciano il vangelo a chi non ti conosce. Fa’ che la vita dei tuoi discepoli sia sempre una buona notizia di pace e riconciliazione,

Noi ti preghiamo 

sabato 10 febbraio 2024

VI domenica del tempo ordinario - Anno B - 11 febbraio 2024



 

Dal libro del Levitico 13,1-2.45-46

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: "Impuro! Impuro!". Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento».

 

Salmo 31 - La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia.

Beato l'uomo a cui è tolta la colpa

e coperto il peccato.

Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto

e nel cui spirito non è inganno.


Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»

e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.


Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!

Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,31 - 11,1

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,

Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Marco 1, 40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Oggi nel mondo viene celebrata la giornata del malato e le letture di questa domenica ci invitano a soffermarci su questo tema complesso e che spesso evitiamo, per paura: la malattia. Sempre oggi celebriamo S. Valentino come nostro patrono, cioè come colui di cui ci sentiamo debitori di una eredità di fede e di amore che rende la nostra vita più vicina al Vangelo. Valentino è noto come taumaturgo e suscitatore di amore, e le due cose sono profondamente legate.

Talora il tema della malattia ci viene proposto dai casi di persone che sono costrette a una vita ridotta alle minime funzioni vitali. In questi casi emerge spesso la posizione di coloro che vorrebbero porre fine ad una vita così indebolita dalla malattia e resa, così si dice, “inutile” e “insopportabile”, attraverso l’eutanasia, proposta, paradossalmente, come soluzione alla malattia grave.

Per comprendere i termini di questa questione partiamo da ciò che la Scrittura oggi esprime molto bene. E cioè il fatto che la malattia non è solo dolore fisico e psicologico, ma porta con sé anche isolamento e solitudine profonda. Abbiamo ascoltato dal libro del Levitico come nell’antico Israele chi si ammalava di lebbra era costretto a vivere fuori dai centri abitati e a gridare “Impuro! Impuro” per far allontanare chiunque si avvicinasse. Alla durezza del male si aggiungeva così l’allontanamento e l’abbandono. Se in quel tempo tali misure si spiegavano con l’arretratezza della medicina, purtroppo ancora oggi spesso si verifica lo stesso. Persiste infatti l’idea che chi è malato sia portatore di una tristezza contagiosa, vada evitato come qualcuno la cui compagnia impedisce la gioia.

Ma questa fuga da chi ci ricorda la malattia è una fuga da una dimensione costitutiva dell’uomo: la nostra debolezza. Il rifiuto di essa ci illude di poter godere di un benessere senza fine, ma in realtà ci fa rifiutare qualcosa di fondamentale. Anzi, il Vangelo ci viene a dire che proprio la debolezza della natura umana, che si esprime anche nella malattia, se accettata senza paura ci insegna a riporre la fiducia non in sé stesso, ma innanzitutto in Dio e nei fratelli. Sì, l’uomo che rifiuta di ammettere la propria debolezza rifiuta anche di aver bisogno dell’altro, la dipendenza da esso, la necessità di voler bene a qualcuno e di essere amato. Chi nega la fragilità e ne fugge ogni espressione, come la malattia, esclude da sé quel bisogno dell’altro che è il fondamento di ogni vera amicizia e rapporto di amore. Infatti, una falsa idea di amore sostituisce al genuino bisogno dell’altro il desiderio di possesso esclusivo, che apparentemente gli assomiglia ma è in realtà l’opposto, e i risultati sono sotto gli occhi di tutto: violenza fino, a volte, alla morte. Se infatti il bisogno dell’altro ci fa desiderare il suo bene sopra tutto il resto, il desiderio di possesso vede solo il proprio benessere, identificandolo nel dominio sull’altro.

Ecco che dunque, paradossalmente, fuggendo da ciò che crediamo ci renda tristi, cioè le manifestazioni del nostro bisogno dell’altro, in realtà fuggiamo dalla possibilità di voler genuinamente bene e di essere di conseguenza felici.

Nel vangelo ascoltato oggi vediamo come la debolezza non solo ammessa, ma addirittura gridata dal lebbroso, gli apre la via della salvezza dal male. Il grido del lebbroso è una ribellione davanti ad un destino che lo condanna a restare schiacciato dalla forza del male: «Se vuoi, puoi purificarmi!», è la richiesta di trovare in Dio un alleato nella propria battaglia. La salvezza viene per il malato, e per ciascun uomo che porta in sé il segno della debolezza e fragilità (sia che lo ammetta, sia che lo rifiuti), da quell’affidarsi alla volontà di amore di Dio: “Tu lo vuoi!” afferma il malato, manifestando così tutta la sua fiducia in lui.

E il primo segno di guarigione è proprio la rottura dell’isolamento: dice il Vangelo infatti che Gesù “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse…” Sono come tre passi della vittoria sul male: la compassione, che rende possibile l’incontro umano e ricuce l’isolamento dell’uomo. La paura della malattia e della debolezza è vinta con la partecipazione profonda a quel dolore, quasi un contagio voluto, perché il male condiviso perde la sua forza e diventa meno duro e diviene vincibile nell’alleanza con Dio e i fratelli e sorelle.

Poi c’è il gesto concreto che annulla la distanza fisica e ricostruisce la fraternità, perché l’amore non è mai solo un sentimento, ma si fa concretezza di gesti.

E infine la parola mette in comunicazione i cuori, consola e guarisce, moltiplica le forze per vincere il male.

Cari fratelli e care sorelle, in fondo quella lebbra è anche la nostra malattia quando ci rifiutiamo di riconoscerci bisognosi degli altri, la fuga dalla nostra fragilità che ci rende bisognosi del Signore e dei fratelli. E la guarigione viene anche per noi proprio dal grido di quando, ammessa il nostro bisogno, chiediamo a Dio la guarigione dalla paura che ci isola e ci rende meno umani. Questo grido è la preghiera.

Gesù completa la sua guarigione invitando il malato ad essere grato per il bene ricevuto, gli dona cioè, in sovrappiù, la salvezza: “va’, invece, … e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Anche per noi il Vangelo è una buona scuola per vincere la paura della debolezza e rivestirci di quella forza divina che ci rende capaci di voler bene e di essere amati al di là della radice di debolezza che abbiamo dentro, ed anzi proprio grazie ad essa. Proprio essa infatti ci spinge a confidare non più solo in noi stessi, perché del bisogno dell’altro si nutre l’amore e del desiderio di rispondervi che rende le persone felici.

 

Preghiere 

 

In nome e sull’esempio di Valentino, patrono della nostra città, ti preghiamo o Signore perché la tua volontà di bene si realizzi presto per tutti gli uomini. Fa’ che chi è malato riceva consolazione e cura, chi è solo compagnia, chi è debole sostegno e conforto.

Noi ti preghiamo

  

 

O Dio che non hai avuto timore di mostrarti a noi nella debolezza della sofferenza fisica, della persecuzione e del rifiuto da parte di tutti, fa’ che mai nessun uomo sia disprezzato perché fragile nel corpo e nella mente, perché povero, straniero o senza casa.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo che hai attraversato il mondo guarendo i malati e scacciando gli spiriti cattivi dalla vita degli uomini, ti preghiamo per tutti coloro che sono colpiti dal male. Dona la grazia della guarigione, il conforto nel dolore e la salvezza da ogni male.

Noi ti preghiamo

 

 

O Padre clemente e misericordioso, perdona la durezza dei nostri cuori quando giudichiamo una vergogna aver bisogno del tuo aiuto o disprezziamo chi ci chiede il nostro. Esaudisci la preghiera di chi è bisognoso di sostegno.

Noi ti preghiamo


O Signore, accogli tutti quelli che soffrono da soli, senza la vicinanza affettuosa di persone amiche. Fa’ che tutti coloro che non possono più esprimere la loro volontà di vivere abbiano qualcuno che al loro fianco infonda fiducia e speranza.

Noi ti preghiamo

 

O Padre che scruti nei cuori di ciascuno, perdona la paura che ci fa fuggire davanti alla debolezza e alla malattia. Fa’ che anche noi, come il lebbroso del Vangelo, ti invochiamo affidandoci alla tua volontà di bene per guarire il nostro corpo e il nostro cuore.

Noi ti preghiamo

 

O Cristo amico degli uomini, sostieni i cristiani in tutto il mondo perché la loro vita sia testimonianza della guarigione che il Vangelo opera nella vita dei discepoli del Signore. Sostiene la Chiesa in tutti i luoghi, specialmente dove è debole e perseguitata.

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo o Signore per la testimonianza dei santi che, come Valentino, hanno saputo vivere non per se stessi e obbedendo solo alla propria volontà, ma come figli e discepoli del Vangelo. Fa che lo Spirito santo scenda su tutti noi come amore generoso e senza fine.

Noi ti preghiamo

V domenica del tempo ordinario - anno B - 4 febbraio 2024

 


Dal libro di Giobbe b 7, 1-4. 6-7

Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».

Salmo 146 - Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro, +
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 9,16-19.22-23

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io

Alleluia, alleluia alleluia.

Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 1, 29-39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi si è aperta con l’affermazione di Giobbe: “L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? … I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.” Sono le parole di un uomo duramente provate dalla malattia e dalla conseguente miseria, ed esprimono bene come appare la vita osservata dal punto di vista di un povero. È lo stesso grido di dolore che alzano al cielo i tanti poveri del mondo che sperimentano la durezza di una vita che appare loro senza speranza di salvezza.

In realtà Giobbe ha conosciuto momenti felici e di agiatezza economica e conforto familiare, ma poi ha sperimentato come tutto ciò è minacciato dai rovesci della vita, imprevedibili e inattesi, ma sempre possibili: una malattia, una crisi dei rapporti familiari, una crisi economica, incidenti, cause ambientali, ecc… Caduto in disgrazia Giobbe esprime non solo e  non tanto uno sfogo scomposto contro la cattiva sorte, quanto una consapevolezza maturata a partire dalla sua storia, una coscienza della fragilità umana che ha potuto constatare proprio nel passaggio vissuto dalla “normalità” felice e spensierata alla mancanza di tutto.

Se la Scrittura in molte occasioni, come nel brano ascoltato oggi, ci pone davanti questa realtà di fondo della fragilità e finitezza dell’uomo, non è per minacciarci e farci paura, ma perché è questa la realtà profonda della vita di ciascuno: in quanto esseri umani siamo fragili e in balia degli eventi della vita. A nulla serve distogliere lo sguardo per non pensarci, facendo finta di niente.

Non dobbiamo aver paura di prendere coscienza di tutto ciò, poiché la Scrittura mentre da un lato svela con una luce impietosa questa realtà, contemporaneamente offre la vera risposta a questo dramma esistenziale: la salvezza che viene dall’affidarci a Dio. Giobbe stesso, dopo aver espresso con drammatico realismo la sua condizione, giunge ad esprimere con assoluta certezza che in Dio trova la propria salvezza: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.” (19,25-27)

Cari fratelli e care sorelle, nel naufragio, in mezzo alle onde agitate della vita, l’uomo cerca di aggrapparsi a ciò che trova sotto mano: un relitto, uno scoglio, qualunque cosa. Ma spesso l’appiglio è incerto, scivoloso o impossibile da afferrare stabilmente. Se si è fortunati ci si può anche adattare a vivere su uno scoglio, ma ben presto si rischia di morire di fame e di sete, o sennò si impazzisce di solitudine. Ma la Parola di Dio è una scialuppa di salvataggio che Dio ci porge perché, affidandoci ad essa, raggiungiamo quel porto sicuro di cui Giobbe esprime la certezza: “Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.

Questa consapevolezza è la stessa che anche l’apostolo Paolo esprime nelle parole che rivolge ai cristiani di Corinto: “annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” Cioè Paolo sente che l’annuncio della buona notizia che c’è una salvezza nel mare agitato della vita è qualcosa di così importante che è per lui una necessità imprescindibile annunciarlo a tutti! Per riuscirci fa di tutto: “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno.”

Paolo però va ancora oltre e confessa che questo suo impegno di annuncio del Vangelo è il modo con cui egli può vivere quello stesso Vangelo e partecipare della salvezza che esso comunica: “Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. In qualche modo afferma che è proprio nel cercare la salvezza degli altri che egli trova la propria.

In questo Paolo vive l’imitazione perfetta del Signore Gesù, al quale sulla croce i passanti rivolgono sprezzanti l’invito “Salva te stesso!” (Lc 23,37), senza rendersi conto che proprio la croce, accettata per confermare fino alla morte la salvezza annunciata e predicata, lo avrebbe condotto alla “salvezza”, per sé e per tutti noi, cioè la sua resurrezione.

Il brano del Vangelo si conclude con Gesù che ha appena compiute le opere del Vangelo che annunciano la salvezza e allo stesso tempo la realizzano, guarendo e liberando dal male tanti che lo cercano, ed allora parte per recarsi in altri villaggi e incontrare altra gente. Sì, il Signore non cerca successo e riconoscimenti, non vuole godersi la buona fama appena guadagnata compiendo miracoli a Cafarnao, lo spinge invece piuttosto l’ansia di raggiungere tutti e permettere a tutti di ascoltare e sperimentare l’efficacia salvifica della sua Parola. Anche noi facciamo nostra questa ansia, l’ansia di Gesù e di Paolo perché chiunque ci incontri trovi in noi la testimonianza di come incontrare il Signore sia veramente la buona notizia che tutti attendono per far fronte alla fragile natura della nostra vita.

 


Preghiere 

 

O Signore ti preghiamo perché impariamo a mettere la nostra vita al servizio del Vangelo per costruire un futuro buono per tutti,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Signore l’egoismo con cui spesso viviamo, cercando solo il nostro personale vantaggio. Aiutaci a vivere con un orizzonte più largo, dove ci sia attenzione per il bisogno di tanti,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per questa nostra città, perché viva una nuova stagione libera dall’incertezza e dal vuoto di prospettive ed impari ad essere un luogo accogliente e solidale con tutti, a partire dai più deboli.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per i più giovani, perché scoprano la bellezza della vita generosamente spesa per il bene di tutti e, attraverso la testimonianza di noi adulti, gustino la gioia del vangelo,   

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Signore tutte le persone colpite dalla guerra e dalla violenza. Apri i cuori di chi oggi si affida alle armi e rendili capaci di desiderare e costruire un futuro di pace, 

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio tutti quelli che fuggono da miseria e violenza per cercare altrove un futuro migliore. Ti preghiamo per i migranti che affrontano viaggi pericolosi, per chi è vittima del traffico delle mafie, per chi muore in mare,

Noi ti preghiamo.

  

Guida e sostieni o Dio Padre onnipotente tutti coloro che annunciano il Vangelo e conquistano, giorno per giorno, spazio al tuo amore misericordioso. Fa’ che presto tutti gli uomini della terra ti conoscano e possano invocare il tuo nome,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che la tua Chiesa sia sempre più il luogo in cui la presenza del tuo amore diventa buona notizia per tanti. Indica a ciascuno di noi la via per restarti più vicini,

Noi ti preghiamo

 

IV domenica del tempo ordinario - Anno B - 28 gennaio 2024

 


Dal libro del Deuteronomio 18, 15-20

Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».

 

Salmo 94/95 - Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio +
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Meriba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
pur avendo visto le mie opere».

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 7, 32-35

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

 

Dal vangelo secondo Marco 1, 21-28

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafarnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, le parole del vangelo di Marco che abbiamo appena ascoltato descrivono i primi passi della vita pubblica di Gesù: dopo aver ricevuto il battesimo per mano di Giovanni e dopo aver trascorse nel deserto quaranta giorni tentato dal demonio, Gesù chiama un piccolo gruppo di discepoli, gli apostoli, perché stiano con sé. Con questi brevi tratti Marco ci offre la cornice all’interno della quale rappresenta come Gesù avvia il suo compito di proclamare la buona notizia della salvezza che è venuto a portare.

Il brano che abbiamo ascoltato descrive come Gesù non elabori una nuova dottrina e non fondi una nuova religione. Egli infatti di sabato entra nella sinagoga e partecipa al culto che la piccola comunità ebraica di Cafarnao rende a Dio. Eppure quando comincia a parlare il suo insegnamento suscita una reazione stupita negli ascoltatori. Egli offre a chi lo ascolta una spiegazione della Scrittura che li spiazza. Dice il Vangelo che “erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.”

Gli scribi erano uomini colti, formati nelle scuole dei maestri del tempo, ma il loro parlare, a quanto dicono, risulta privo di autorità, cioè non riesce a superare la barriera di diffidenza e scontatezza che spesso si innalza davanti a qualcuno che ci parla di cose che pensiamo di conoscere già bene, come la Scrittura e le altre questioni della fede. Probabilmente essi sono in grado di dare spiegazioni erudite, di fare esposizioni dettagliate dei significati. Gesù invece parla “come uno che ha autorità”, cioè le sue parole si fanno prendere sul serio, non scivolano via senza porre domande o almeno far emergere dentro di noi il dubbio e la meraviglia.

Questi due diversi “risultati” descrivono bene anche il nostro atteggiamento davanti alla Parola di Dio. A volte infatti davanti ad essa cerchiamo magari sì di capirla e conoscerla meglio, ma solo per una curiosità esteriore, per la ricerca di appagare il nostro gusto estetico di una conoscenza intellettuale. La si ascolta come si ascolterebbe una buona musica ad un concerto o come si guarderebbe un bel dipinto in un museo.

Le parole di Gesù però non soddisfano questo tipo di curiosità, perché esse scavano dentro con la loro semplicità estrema e diventano domande rivolte a sé, una consapevolezza nuova di sé e del mondo, una destabilizzazione che fa vacillare certezze e convinzioni, o comunque le mette in discussione senza dare nulla per scontato e avviando la necessità di una ricerca in profondità nel proprio intimo e nella realtà che ci circonda.

Per questo i discorsi di Gesù ricevono sempre un’accoglienza di tipo diverso, a seconda di chi li ascolta, a seconda della disponibilità o meno di far entrare le sue parole nel proprio vissuto, e non solo nelle orecchie o, al massimo, nell’intelletto.

Quel giorno a Cafarnao una voce si fa interprete del fastidio per un parlare troppo “invadente”, che fruga nelle pieghe della vita e cerca la via per entrarvi con un messaggio importante. È la voce di qualcuno che l’evangelista Marco definisce: “un uomo posseduto da uno spirito impuro.” Un uomo cioè nel quale lo spirito del mondo comanda e decide, imponendo i suoi canoni e i suoi interessi, dando la scala di valore di ciò che conta nella vita. E in questo spirito del mondo non c’è posto per la semplicità ingenua e misericordiosa del Vangelo di Gesù, per il suo desiderio di far vincere il bene, di portare la giustizia e far vivere tutti come fratelli e sorelle di una stessa famiglia. Per questo suscita fastidio e, come capita spesso quando non si sa cosa dire ma si vuole imporre il proprio modo di vedere, grida contro Gesù. Egli dice: “Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!” implicitamente riconosce che il Vangelo di Gesù ha il potere di incrinare il pensiero “normale” del mondo, la sua sapienza illusoria, e sa anche che questo Vangelo viene da Dio, ma non accetta che esso metta in discussione il sistema ben costruito del pensiero mondano.

Gesù però non è intimorito e non sovrasta con grida più forti gli strepiti di quell’uomo. Egli colle sue parole dona calma al cuore e fa tacere il ruggito interiore di insofferenza e contrapposizione: “Taci! Esci da lui!

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa parlavamo, celebrando la festa della Parola di Dio, della centralità della Scrittura nella vita dei discepoli. Ad essa dobbiamo accostarci con l’atteggiamento giusto, di chi è pronto a lasciarsi stupire e a far tacere i nostri giudizi, le convinzioni e le conoscenze che automaticamente vogliono neutralizzare il messaggio evangelico come qualcosa di scontato e inutile.    

A Cafarnao quel giorno il fastidio di alcuni si trasformò presto nello stupore di tutti, perché hanno modo di constatare concretamente come la Parola di Dio è efficacie e cambia la realtà. Non è solo un discorso, che si pronuncia  e lascia tutto come era. No, essa scava dentro, rinnova il modo di vedere e giudicare e incide sulla realtà interiore ed attorno a noi.

Essi dicono : “Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!” Lasciamo agire la Parola di Dio dentro di noi e lo spirito di questo mondo, il modo di pensare che non accetta la purezza semplice di un amore disinteressato e gratuito come quello di Dio, verrà scacciato, lasciando posto alla purezza di chi, ingenuamente e con entusiasmo pensa che la propria felicità è nel rendere gli altri felici, soprattutto quelli che oggi sono nel dolore.

  

Preghiere 

  

O Signore ti ringraziamo perché ci inviti a vivere secondo la larghezza del tuo amore e a non giudicare con le leggi dure del mondo. Donaci di essere all’altezza della chiamata a divenire tuoi imitatori.

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Padre del cielo ad assaporare con gioia il gusto del vangelo perché la nostra vita sia ricca di sapore e piena di significato,

Noi ti preghiamo

 

O Cristo che sei la vera luce, fa’ che sappiamo illuminare col Vangelo le strade del mondo, perché orientiamo i nostri passi verso di te.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo, o Signore misericordioso, perché non vinca in noi la rassegnazione e il realismo, ma con audacia guardiamo a te per imparare ad essere uomini e donne capaci di voler bene.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore o Dio a noi tuoi figli, perché sappiamo far entrare la vita dei fratelli in noi, senza giudizio né condanna, ma con misericordia e disponibilità sappiamo comprenderli e voler loro bene,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore ad essere uomini e donne di pace, perché con l’azione e la preghiera sappiamo riaffermare le ragioni della riconciliazione e del perdono che vincono ogni odio fratricida.

Noi ti preghiamo.


Ti preghiamo o Dio per tutti coloro che sono nel bisogno: per i prigionieri, i malati, gli anziani, chi è senza casa e famiglia. Dona loro guarigione e salvezza dal male.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi i tuoi discepoli o Dio, e chi, come papa Francesco, li accompagna verso di te col proprio esempio. Dona loro coraggio e proteggili perché il vangelo sia sempre annunciato e il tuo nome benedetto in ogni luogo.

Noi ti preghiamo