Dal libro del profeta Gioele 2,12-18
Così
dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e
dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo
popolo.
Commento
Cari
fratelli e care sorelle, il profeta Gioele pone a se stesso e al popolo di
Israele a cui si rivolge una domanda: “Chi sa che [il Signore Dio] non cambi
e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?” È una domanda che
contiene una speranza e una preghiera: “Signore cambia idea su di me e sul
mondo, ridonaci la possibilità di sperare e facci intravedere il bene che solo
tu puoi donarci!”
Facciamo
nostra questa preghiera oggi, in tempo di guerra.
Guerre
combattute e sanguinose, qui vicino a noi, come in Ucraina e in Terra Santa, e
anche lontano, in tutto il mondo. Ma più passa il tempo e più le notizie e le
immagini delle distruzioni e delle morti diventano un sottofondo normale,
abituale del nostro vivere quotidiano: chi ci fa più caso?
È la
terribile abitudine che fa diventare in qualche modo “accettabile” la guerra,
che invece non lo è, non potrà mai esserlo. Più se ne parla e meno la guerra
viene messa in discussione; casomai si questiona sul tipo di armi da usare, sul
coinvolgimento di questo o quell’esercito, sulle strategie militari adottate.
Poche voci si alzano per dire che la guerra va fermata ad ogni costo, e vengono
tacciate di disfattismo o, nel caso migliore, di essere illuse utopiste che non
tengono conto della realtà.
Cari
fratelli e care sorelle, quando la guerra diventa accettabile bisogna avere
paura. Quando in un popolo, in una nazione si giunge a pensare che in taluni
casi si possa, anzi si debba imbracciare le armi e fare la guerra, vuol dire
che già si prepara il terreno perché questo possa avvenire anche in casa
propria. Come quando si compra un’arma: implicitamente si ammette che un giorno
la si potrà usare e si ucciderà qualcuno: già ci si prepara a divenire un
assassino.
Accettare
la guerra come un’opzione possibile è come tenere un’arma pronta nel cassetto:
per ora è silente, ma domani potrebbe esplodere colpi mortali.
Questa
non è un’esagerazione, né allarmismo, è la storia che si è realizzata tutte le
volte in cui la bellicosità delle parole e l’aggressività degli atteggiamenti
hanno preceduto, e non di molto, lo scoppio sinistro delle armi. Si inizia col
lamentarsi della propria condizione, si individua un nemico, lo si demonizza,
si anestetizzano i freni inibitori che le generazioni che hanno vissuto le
guerre passate ci tramandano, si invoca la situazione di emergenza, si
individua il punto di non ritorno, e facilmente poi scatta il grilletto della
guerra.
Per
questo non possiamo accettare che i “preliminari” della guerra attecchiscano
anche in noi, che le “ragioni” del combattere divengano nostra coscienza
comune, che armarsi, maneggiare strumenti di morte, accumulare arsenali e
aumentare le risorse ad essi dedicati siano una prassi ordinaria che non
suscitano scandalo. Non possiamo accettare che si pensi che esiste una guerra
giusta e un motivo valido per sparare, bombardare, uccidere.
Davanti
alla guerra spesso vediamo vacillare la fede: “Se Dio esiste perché la consente?
Se ci ama perché non ferma le morti e le distruzioni?” sentiamo dire attorno a
noi o anche dentro di noi.
La
risposta a questo interrogativo ci viene oggi dalle parole del profeta Gioele
che abbiamo ascoltato. Egli rivolge a Dio un’invocazione perché cambi
atteggiamento e mandi il bene, che oggi è la pace. Ma subito prima aveva rivolto
al popolo l’invito di Dio: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni,
con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore,
vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande
amore, pronto a ravvedersi riguardo al male.” Cioè Dio il dono della pace,
della vita felice e della gioia del bene ce lo ha già offerto con abbondanza,
ed è in quella fraternità universale che ha iscritto nel dna della nostra
coscienza comune nel momento nel quale ci ha creati a sua immagine e
somiglianza. Sì, nel profondo del cuore di ciascuno è scritto un comune senso
di umanità che invita a condividere ciò che è necessario per vivere, a mettere
a frutto il progresso e le capacità di ciascuno per costruire il bene comune,
ad applicare nel proprio agire la giustizia, l’uguaglianza e la solidarietà.
Siamo
noi che rifiutiamo questo dono e ci rivolgiamo altrove per realizzare falsi
simulacri di sicurezza e pace fondati sul dominio, sulla supremazia, sull’accumulo
di risorse oltre il necessario e sull’uso facile delle armi per difenderle ed
aumentarle.
Per
questo Dio esorta a tornare a lui e a volgere il cuore al modo di vivere umano
che lui ci ha proposto fin dalla creazione, fin dalle origini dell’umanità, senza
indurirlo nell’accettazione del male come normale e, addirittura, necessario.
Si,
oggi compiamo un gesto semplice di umiltà: chiniamo il nostro capo davanti a
Dio e accettiamo che la cenere sporchi il nostro volto. Sì, c’è bisogno di
sporcarsi il volto per riconoscere che abbiamo bisogno che Dio lo ripulisca
dalla cenere della nostra arrendevolezza davanti al male, dal grigio
dell’abitudine ad accettare l’ingiustizia come prassi normale, dallo sporco di
un senso opaco e intorpidito di umanità che ha perso la ribellione contro il
male e il rifiuto del compromesso con esso.
Quando
riceveremo la cenere sul capo istintivamente ci viene il desiderio di
rimuoverla, è giusto, ma quella cenere è solo un segno della cenere
depositatasi sul nostro cuore, che lo rende opaco e intorpidito. Quella cenere
dobbiamo desiderare di scrollarci di dosso, perché ci impedisce di vedere Dio e
di riconoscere nell’altro il fratello e la sorella da amare.
Il
tempo di Quaresima che oggi si apre è un tempo benedetto e un dono prezioso,
non lasciamolo scorrere invano. Il Signore ci si fa vicino, ci mostra la cenere
depositatasi sul cuore col nostro abituarci al male e accettarlo come normale.
Ci invita a scrollarcelo di dosso, a tornare alla limpidezza dello sguardo che
lui ci ha donato, alla purezza dei sentimenti di generosità e solidarietà che
lui ci ha ispirato, a rendere di nuovo il nostro cuore capace di tenerezza e
compassione, di umiltà e sottomissione alla sua volontà, perché torni a
palpitare come un vero cuore di carne in una vita veramente umana.
Preghiere
O
Dio Padre di eterna bontà, guarda con misericordia a questa tua famiglia
raccolta nel tuo Nome per invocare il perdono e attendere il tuo aiuto.
Cancella da noi le nostre colpe e mostraci la via della conversione del cuore.
Noi
ti preghiamo
In
questo tempo di Quaresima che oggi si apre fa’ o Signore che sappiamo intraprendere
il cammino di ritorno a te. Fa’ che riconosciamo il nostro bisogno di ripulire
il nostro cuore dall’abitudine al male. Donaci uno sguardo limpido e un cuore
puro per riconoscere il fratello e la sorella che ci metti accanto,
Noi
ti preghiamo
Guarda
con amore o Dio ai popoli sconvolti dalla violenza e dalla guerra. Soccorri chi
oggi è nel dolore a causa dell’odio fratricida, suscita sentimenti di pietà in
chi è accecato dalla sete di potenza, apri i cuori e le menti al desiderio di pace
e riconciliazione. Benedici e rafforza quanti arginano il dilagare della
violenza con la propria umanità mite e solidale.
Noi
ti preghiamo
Consola
o Padre buono quanti hanno perso tutto a causa dei conflitti e fuggono lontano
per cercare pace e salvezza. Fa che la solidarietà dei fratelli e delle sorelle
lenisca il dolore e riapra i cuori alla speranza.
Noi
ti preghiamo
Per
quanti cercano motivi di speranza e non trovano un porto sicuro nel quale far
riposare il proprio cuore inquieto. Fa’ che noi tuoi discepoli siamo sempre
pronti ad accogliere, ascoltare e consolare chi è turbato e disorientato,
Noi
ti preghiamo.
Ti
preghiamo o Dio per il papa Francesco e per quanti sentono la responsabilità di
indicare con la propria vita la via del Vangelo a chi non la conosce. Guida le
loro azioni e le loro parole con la forza dello Spirito che tutto comprende e
tutto ama.
Noi
ti preghiamo.